Appunti di Mara Torricelli
ovvero LA NASCITA DEL TEATRO
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I LUDI Il “teatro” latino è nato nelle campagne (ai primordi di Roma), come recita spontanea, mimica: i giovani e i contadini, in occasione di importanti ricorrenze del calendario agricolo, quali l'aratura o la mietitura, concludevano le loro fatiche celebrando delle feste, cioè dei ludi (da LUDUS,I= gioco, divertimento). Il termine ludi riassume in sé l'insieme delle processioni, dei sacrifici, delle gare, equestri o atletiche, e di ogni altra azione rituale compiuta in onore degli dèi e per divertimento degli uomini nel corso di una determinata festa. I Ludi(giorni di festa in onore degli dei) furono istituiti già all’origine di Roma: Numa Pompilio, il secondo re di Roma, fu il primo che li istituì. Il MIMO. Tra le azioni rituali che completavano il cerimoniale di queste ricorrenze, o delle feste c'era, molto spesso, una recita spontanea (mimare qualcosa, scambiarsi battute spesso anche oscene, e molto vivaci ecc.). Con l’intento di provocare LA RISATA; SI MIMAVANO LE AZIONI DI QUALCUNO, dileggiandolo, perché le persone ridessero. Era una rudimentale forma di teatro spontaneo.
propiziatorio
I ludi, la risata, avevano un intento : si pensava che ridere allontanasse il male…e il male, in quei cupi tempi antichi ce n’era tanto!
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Ridi buffone, per scaramanzìa…così la morte va via! (da “Il carrozzone” di R.Zero)
Che si trattasse di feste poste all'inizio del lavoro dei campi o della cura delle vigne, oppure di feste poste a conclusione del ciclo (mietitura, vendemmia), il rituale era interamente incentrato sul tema della fecondità: che dal seme messo a dimora venisse un buon frutto e una buona annata! Valeva sia per gli esseri umani, che per gli animali, che per le piante. Infatti, dal momento della semina in poi, era necessario tenere lontano le calamità: il maltempo, le piante nocive, i parassiti, gli animali ostili in genere. Ma anche carestie, pestilenze, malattie. In queste ricorrenze, dunque, si facevano sacrifici di animali, libagioni o offerte di fiori alla divinità, ma soprattutto si recitavano
fabulae) mimiche e comiche, piene di battute (più o
scenette (
meno vivaci e oscene): il fine era quello di provocare la risata, e, tutto questo, aveva valore «apotropaico» (letteralmente «che allontana i mali»)...Se si riusciva a far ridere gli dei -si pensava- essi si sarebbero distratti dal mandare malattie e carestie agli uomini.
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FESCENNINI, ATELLANE, SATURAE Abbiamo solo stralci di raccolte di queste fabulae satiriche, (molto frammentarie, perché non scritte!) riunite in tre raccolte che prendono il nome di Fescennini Atellane e Sature In tutte, importante era la componente mimica, cioè una recita spontanea, senza copione, simile alla “commedia dell’arte”. La mimica era una forma di movimento, di danza. Ludere , infatti, significa anche danzare…
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FESCENNINI I Fescennini sono una raccolta di battute divertenti che hanno due probabili etimologie: 1)
La derivazione di una città : Fescennia (città del Lazio
settentrionale) 2)
La derivazione da fascinum= malocchio
Le FONTI più moderne, però, assemblano insieme le due fonti: “Corchiano è un comune in provincia di Viterbo, a 60 km da Roma, era l’antica e mitica città falisco-romana di Fescennia, nome derivante dal termine FASCINUM (malocchio) Ne parla Festo, grammatico del secondo sec.d.C. (nella sua opera De Significatione Verborum Liber VI .8) Un vero e proprio dizionario della lingua latina. Così li descrive Festo:“I cosi chiamati Versi Fescennini che vengono celebrati ai matrimoni sono riferiti alla città di Fescennia o per questo motivo nominati poiché ritenuti proteggere- tener lontano, il Fascinum (Malocchio)” Proprio da quest'ultima tesi emerge la valenza apotropaica del genere: secondo gli antichi il grottesco (le maschere, la gestualità) propiziava la fertilità...” https://core.ac.uk/download/pdf/83548122.pdf)
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Alcune FONTI letterarie, ci confermano che i versi fescennini erano spesso “pesanti” e che le battute alcune volte si erano trasformate in diffamazione sfrontata. Qualcuno, preso di mira dalle battute, si rivolse, evidentemente, alla legge. Infatti, una legge apposita (forse dalle XII Tavole) mise una “censura” e minacciò di punire “col bastone” coloro che offendevano, mettendo un freno alla fescennina licentia, come dice Orazio nell’Epistola II, 1, 152-154: quin etiam lex / poenaque lata, malo quae nollet carmine quemquam….describi «fu fissata per legge una pena, che impediva di definire qualcuno con versi offensivi»
ATELLANA La raccolta delle Atellane, invece prende probabilmente nome dalla città di Atella (in Campania, non distante dall'odierna Aversa), dove era molto forte questa usanza, detta “farsa”. 6
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La sua importanza è dovuta alla presenza delle MASCHERE, nome che viene da “persona, ae” che significa, appunto, maschera. Le personae, quelli che oggi noi chiamiamo personaggi, erano caratterizzate ciascuna da una propria psicologia. Le maschere erano per lo più realizzate con cortecce d'albero, terre policrome e tela cerata (erano molto scomode da portare, le sue parti in rilievo penetravano ben presto nella carne provocando fastidiosi disagi agli attori). I personaggi della commedia atellana erano quattro: Maccus, Buccus, Pappus e Dossennus: MACCUS, da una radice italica mala, maxilla che sta per "uomo dalle grosse mascelle" era un personaggio balordo, ghiottone, sempre innamorato, e per questo spesso beffeggiato e malmenato. Sulla scena era caratterizzo da un vestito bianco, la testa coperta da un copricapo di origine siriaca, il cosiddetto tutulus, una sorte di caratteristico "coppolone", che forse indossava perché calvo e con la testa appuntita, e da una maschera a mezzo viso che gli copriva il naso adunco. Per la sua somiglianza con Pulcinella, secondo una vecchia disquisizione che ha dato origine ad una controversia mai sopita fra gli studiosi antichi e moderni, è considerato il progenitore della popolare maschera partenopea.
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BUCCUS, da bucca, una forma popolare latina che sta per "uomo dalla bocca grossa" era un personaggio prepotente ed infido, continuamente in conflitto con i contadini che tiranneggiava. Era caratterizzato da un’enorme bocca che si stira in un ghigno smisurato; per il resto era caratterizzato da un profilo pingue (come il maccus), che era ottenuto dagli attori con vistose imbottiture sul ventre allo scopo di accentuarne il carattere informe. PAPPUS, dal greco pappos impersonava un vecchio babbeo e vizioso… era pertanto raffigurato vestito in modo discinto e con una facies consona alla sua fama di vecchio libidinoso. DOSSENUS, nome dalla radice etrusca ennus e tuttavia riconducibile al latino dossus - dorsum, che sta per gobba, è il saccente proprietario terriero ambizioso e vanitoso, un po' mago e un po' filosofo, astuto e sempre affamato. La statuina capuana lo raffigura giustappunto con la gobba, un’enorme bocca e l'aria di chi ostenta sapienza.
UTILITA’ delle maschere. L’introduzione delle maschere portò una grande utilità agli “attori” italici: un mimo, un attore, poteva facilmente rappresentare più ruoli. 8
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In latino, maschera significa “persona”, perché ogni maschera è un personaggio. Che maschera in latino si dicesse “persona” ci fa già pensare a diverse possibili funzioni; oltre a quella già vista di persona, ae, come personaggio fisso, maschera) possiamo pensare anche a per-sonare= far passare il suono attraverso qualcosa. Questo ci porterebbe all’utilità della maschera come amplificazione della voce dell’attore. Se così fosse, si può pensare che i mimi italici abbiano avuto un pubblico sempre più vasto, tanto che sarebbe tornato utile uno strumento per amplificare la voce.
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TESTIMONIANZE LETTERARIE sulle maschere Fedro, favola : Vulpes ad personam tragicam Personam tragicam forte vulpes viderat: " O quanta species " inquit "... cerebrum non habet! ".
Una volpe aveva visto, per caso, una maschera tragica (=adatta per la tragedia): "Oh quanta bellezza" dice"......(però) non ha cervello!" I significati e le deduzioni che se ne ricavano sembrano molto chiari: •
la morale: non sempre quello che è bello, è anche buono
•
la particolare fama di cui godevano gli attori: persone che si
vestivano e mascheravano da esseri che poi non erano. Come dire che le maschere, semplicemente celano e fanno credere, ma non sono la realtà. Altrettanto significativa è la stessa favola nella versione di Esopo (scrittore greco a cui Fedro si ispira per molte favole):
"Una volpe, penetrata in casa di un citaredo ed avendo esaminato ogni cosa fra le sue suppellettili, trovò una testa di una maschera comica, opportunamente preparata. Ma sollevatala con le proprie mani disse: " che bella testa! Però non ha il cervello". La storiella è per gli uomini grandiosi di corpo e stolti di mente"
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SATURA Significativo è capire il nome di una di queste raccolte: la Satura. Il nome Satura, ha il significato di ricco, pieno: il termine “lanx satura” si potrebbe tradurre “piatto pieno di primizie da offrire agli dei”, per avere in cambio il loro favore. Conosciamo, dalla storia un evento in cui ci fu bisogno di una Satura... E’ una data. Secondo molti è la data ufficiale della nascita della letteratura latina. La peste del 365 a.C. L'evento decisivo per l'introduzione ufficiale delle rappresentazioni teatrali nelle feste (dette, come sappiamo, ludi) a Roma cade nel settembre del 365 a.C. In quell'anno - racconta lo storico Tito Livio (VII, 2)- era scoppiata in città una violentissima pestilenza. Per scongiurare un'ira divina che pareva implacabile, si fece ricorso, in un primo tempo, alla cerimonia del lectisternium...si fecero venire dall’ Etruria dei ballerini (ludiones, chiamati anche “istriones”). Gli istriones, muovendosi al suono del flauto, eseguirono «con somma grazia» una danza di purificazione: un esempio di performance mimico-musicale utilizzata in una circostanza religiosa 11
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a difesa della comunità. Mimo, musica e ballo si univano fra loro. Si tramanda che i giovani romani, sino ad allora dediti a private ed estemporanee improvvisazioni fescennine, avessero preso allora ad imitare i ballerini etruschi, provando a muoversi come loro. E, unendo ai propri rudimentali versi alterni e alla propria mimica, l'abilità e l’eleganza di movimenti (accompagnati dalla musica) di cui quegli stranieri avevano dato esempio, crearono un nuovo genere di spettacolo, detto satura, che in breve s'impose ai gusti del pubblico e fu ufficialmente accolto nell'ambito dei ludi.
Se queste forme mimiche spontanee, mescolandosi alla tradizione teatrale greca, portata dalle colonie del sud Italia, ci fa pensare ad una ripresa del teatro greco (addirittura che Roma abbia copiato dal teatro greco), per quanto riguarda la Satira, si può dire invece che essa è nata in Italia, da circostanze diverse e da caratteristiche diverse. Infatti, in Grecia il nome satira rimanda ai Satiri, emblemi dalla commedia greca, mentre in Italia, il nome Satira sembra molto più vicino all’aggettivo “saturo”= pieno, completo. E’ per questo che, Quintiliano dirà: "Satura quidem tota nostra est" con orgoglio nel I sec d.C. (Institutio oratoria, x.1.93, ) : la satira è, di certo, TOTALMENTE ROMANA. Il divertimento era 12
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diventato arte. A questo parere di Quintiliano, si aggiunge quello Orazio che afferma che le battute italiche avevano una grande “vis comica” che chiamerà: ITALUM ACETUM (Saturae I,7,32), cioè una vivacità ed un’impronta tipicamente italiche (non greche) . xxx
Di tali forme teatrali, sono i fescennini, che, da allora, non sono mai passati di moda: quando, in una Roma più sviluppata, le leggi civili (come nel mondo odierno) cominciarono a censurare certe battute, la Satira rimase una forma artistica di “nicchia” e i giovani cittadini romani...tornarono ai fescennini di un tempo. «Poiché il divertimento s'era a poco a poco trasformato in arte, la gioventù riprese, secondo l’uso antico, a scambiarsi buffonate espresse in versi...» (Tito Livio VII,2,11).
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DOVE SI RECITAVA? I PRIMI TEATRI IMPROVVISATI erano di legno e non ne è rimasta traccia. Gli apporti greci al teatro romano avvengono attraverso la Magna Grecia, la ricchezza delle sue città e l'intensa vita culturale che le anima. La vivacità delle farse fliàciche, nei provvisori teatri di legno, le prime traduzioni di tragedie e commedie dal greco al latino, l'arrivo delle prime compagnie di attori professionisti dalla Grecia con le loro maschere ed i loro copioni tratti dai classici antichi, segnano gli inizi del teatro che arriverà a Roma. Ma non bisogna dimenticare i contributi altrettanto essenziali degli Etruschi e dei popoli autoctoni dell'Italia. Lo storico Tito Livio fa risalire agli Etruschi l'ingresso dei primi attori a Roma e dagli Etruschi i Romani accettano termini fondamentali del lessico teatrale come hystrio (attore) e persona (maschera). All’inizio non c’era un vero e proprio teatro, ma, come si è detto, si recitava in modo improvvisato e spontaneo, per le strade, nelle campagne. I primi teatri, infatti, furono probabilmente di legno. Solo nell’Italia del sud, grazie all’influenza greca, i teatri ci ricordano quelli classici.
teatro basilicata
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La costruzione dei grandi teatri di pietra con le loro monumentali scenografie fisse caratterizza Roma e tutte le città romanizzate d'epoca imperiale. Ogni città che emerge per le sue ricchezze costruisce al centro del proprio spazio urbano, accanto ai templi e al foro, un edificio pubblico per gli spettacoli - teatro, anfiteatro, circo, stadio, odeon - e talvolta più d'uno.
teatro Aosta
Attorno al solo bacino del Mediterraneo si conservano più di un migliaio di questi edifici. Vitruvio nel suo De Architectura (I sec. a.C.) descrive i primi teatri di pietra romani di età augustea. A differenza di quelli greci, i teatri romani si presentano come edifici a pianta semicircolare, costruiti su terreno pianeggiante - cioè non appoggiati ad una collina come quelli greci, chiusi da mura perimetrali che collegano le gradinate per gli 15
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spettatori (cavea) con la scena monumentale (scaenae frons) e il palcoscenico (pulpitum). Questa soluzione permette di erigere i teatri in qualsiasi luogo e dunque anche nel centro delle città, facendoli diventare uno degli edifici pubblici principali della collettività. La «forma chiusa» del teatro romano, che rende possibile la copertura dell'intero edificio con tendoni (velarium) per riparare dal sole gli spettatori, si prefigura così come il prototipo dell'edificio teatrale moderno.”
(http://www.archimagazine.com/mteatroantico.htm)
FINE
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