Beyond Taste - Oltre il Gusto Magazine Edizione Natale 2020 - Inverno 2021

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massimo@italtouch.com mobile: 971 (0) 50 928 9958 Telephone: +971 (0) 4 887 9909

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MAST HEAD

Copyright 2020 by Beyond Taste – Oltre il Gusto Magazine. All rights reserved. No part of this magazine maybe reproduced or used in any manner without the written permission of the Publishers. Graphic Design: Alba Graphic Design Studio, Madrid, Spain. Advisory Board of Directors & Director of Technical Solution: Author Philippe Germain. Founder, Publisher & Editor in Chief: Margaux Alexandria Cintrano. Co Publisher, Author & Italian Translator: Maurizio Pelli. Official Photographer: Giovanni Panarotto. Official Spansh Editor in Chief: Sommelier José Luis Del Campo Villares. Collaborating Photographers: Photographer Giovanni Panarotto Photographer Philippe Germain Photographer Gigi Montali Photographer Claudio Mollo Staff Collaborating Authors, Journalists and Reporters: Journalist Margaux Cintrano Author Maurizio Pelli Author & Sommelier José Luis Del Campo Villares Cybartender Luca Coslovich Massimo Vidoni Livia Riva, La Dame du Vin Private Chef Mimi Houston Anna Maria Mengole Author Corrado Passi

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Fotografia di Giovanni Panarotto 6


Publisher Page

Edizione Natale 2020 – Inverno 2021 Pagina Editoriale a cura di Margaux Alexandria Cintrano Un’ indulgente sintonia con il clima Natalizio delle Festività In questa edizione, Natale 2020 - Inverno 2021, trasporteremo i nostri lettori in un piacevole viaggio tra le più eleganti e innovative cucine internazionali, partendo dagli Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Italia, Francia, Spana, Portogallo, Romania, Stati Uniti, Sud Africa, India sino ad arrivare in Giappone. Un’edizione con una particolare attenzione fotografica mirata ai contenuti e alle decorazioni, uniche e originali, dedicate all’incantevole stagione delle Feste Natalizie 2020 Capodanno 2021 sino all’Epifania, nella speranza che…”I Re Magi”, portino in dono dei vaccini sicuri, per finalmente porre termine alla Pandemia. Sentiti ringraziamenti a tutti i collaboratori della rivista. Fotografo Giovanni Panarotto, Fotografo Philippe Germain, Fotografo Gigi Montali, Fotografo Claudio Mollo, Cybartender Luca Coslovich, Cristiana Van Der Schaaf, Massimo Vidoni, “The Truffle Man”, Private Chef Mimi Houston, Sommelier José Luis Del Campo Villares, Restaurateur Giorgio Bernasconi , Chef Riccardo Farnese, Carlo Giordano Chiarva, Livia Riva La Dame du Vin, Autore Corrado Passi, Viviana Filocamo, Casa Vyc, Food Critic Roberto Mostini, Chef Ivano Ricchebono, Fotografo Paolo Picciotto, Anna Maria e Davide Mengoli Executive Chef Keiichi Hashimoto, Master Chef Lawrence Gomes, L’Executive Chef Philippe Bossert dell’Hotel Radisson Nofa, Arabia Saudita, e lo Chef Multi Michelin José Avillez del Restaurant Belcanto, Lisbona, Portogallo. Il nostro miglior augurio, in questi tempi globalmente difficili, di un buon 2021, sperando che possa regalarci salute, successo, felicità e una pronta ripresa economica. Cordiali saluti Margaux Alexandria Cintrano & Maurizio Pelli editori - Madrid

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Fotografia di Giovanni Panarotto 8


Co-Publisher Page

Edizione Natale 2020 - Inverno 2021 Co Publisher Page a cura di Maurizio Pelli editore

Interviste Carlo Giordano Chiarva - Aralia Ginger Coffee Giorgio Bernasconi - Ristoratore Chef Riccardo Farnese - “Da u Titti” Marco Lolli - “Vivere a Dubai”

Articoli “Un Mare di Champagne” di Maurizio Pelli editore “Cena di Gala - Chaîne dès Rôtisseurs” di Maurizio Pelli editore “The Cook” di Roberto Mostini “Keep calm and drink Champagne” di Livia Riva

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felixlobassorestaurant.it 10


Contents

Photographer Giovanni Panarotto & Chef Beppe Maffioli

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Pastry chef Alessandro Nicolis

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Photographer Philippe Germain

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Photographer Gigi Montali

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Maurizio Pelli: Event Un Mare di Champagne - Diana Grand Hotel

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Maurizio Pelli: Event Cena di Gala - Grand Chapitre D’Italie - Association Mondiale De La

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Cybartender Luca Coslovich

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Cristina Van Der Schaaf - Horeca Culinary School, Bucharest, Romania

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Massimo Vidoni, “The Truffle Man” - Italtouch, Dubai

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Private Chef Mimi Houston

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Sumiller José Luis Del Campo Villares - Grand Reserves & Reserves from La Rioja

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Sumiller José Luis Del Campo Villares - Champagnes for The Christmas Holidays

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Sumiller José Luis Del Campo Villares - Wine and Dessert Pairings at Christmas

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Maurizio Pelli: Restaurateur Giorgio Bernasconi

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Maurizio Pelli: Chef Riccardo Farnese

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Maurizio Pelli: Carlo Giordano Chiarva - Aralia Ginseng Beverages

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Livia Riva, La Dame du Vin

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Author Corrado Passi

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Maurizio Pelli: Official Tourist Guide Marco Lolli, Dubai

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Viviana Filocamo, Casa Vyc and Photographer Claudio Mollo

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Roberto Mostini: ***Michelin Starred Chef IvanoRicchebono & Photographer Paolo Picciotto

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Anna Maria and Davide Mengoli - Salento with love

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Executive Chef Keiichi Hashimoto - Restaurant Le Sorcier

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Executive Chef Lawrence Gomes

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Executive Chef Philippe Bossert - Hotel Radisson Nofa, Saudi Arabia

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Two Michelin Starred Chef José Avillez, Restaurant Belcanto, Lisbon, Portugal

Pag. 140

Publisher Margaux Cintrano: The Cheeses of Spain

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Gastronomie De La Chaîne dès Rôtisseurs

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Giovanni Panarotto intervista Chef Beppe Maffioli

Intervista e fotografia di Giovanni Panarotto

Dove sei nato e cresciuto? Sono nato a Brescia e cresciuto a Borgosatollo dove ancora vivo. Cosa o chi, ti ha spinto a studiare l’arte culinaria e quali scuole hai frequentato? Quali sono state le tappe fondamentali nella tua formazione professionale? Da piccolo passavo molto tempo ad osservare e aiutare mia mamma che, come tutte le mamme degli anni 70, passava molto tempo ai fornelli con la radio di sottofondo. Per una magica coincidenza un giornalista Beppe Maffioli spiegava e insegnava le sue ricette. E ‘stato quasi naturale e spontaneo decidere di iscrivermi all’Istituto Alberghiero Caterina de Medici di Desenzano. E fin da subito - allora era possibile - ho iniziato a lavorare nei ristoranti i fine settimana e fare le stagioni estive. Dopo la maturità sono stato a Londra al Caffè Royal nella Brigata dello Chef Charlie Mercier, dove ho avuto la fortuna di conoscere in serate di rappresentanza numerosi chef che all’epoca trasformarono la cucina classica nella cucina di ricerca, la Nouvelle Cuisine; era stimolante vedere lavorare questi maestri. Nel 1993 ho iniziato l’avventura al Carlo Magno a Collebeato, il luogo che per me è casa. Grazie al maestro Iginio Massari, ho fatto numerosi stages: l’Albereta dal maestro Gualtiero Marchesi, La Terrazza con lo chef Enrico Derflingher, Da Vittorio con la famiglia Cerea. Un’altra tappa importante è stata la scuola Cast Alimenti, dove sono passati e continuano a passare grandi maestri nazionali e internazionali a presentare la loro vita, il loro stile. Giornate veramente intense di emozioni e professionalità. Il Natale è un momento molto speciale dell anno. Di cosa ti servi, e quali sono le caratteristiche in base alle quali scegli i prodotti da usare nelle tue creazioni di stagione ? Come dicevo il Carlo Magno e’ la mia casa, e mi piace fare sentire anche i clienti a casa.Specialmente a Natale il ristorante diventa un posto molto caldo e accogliente, l’atmosfera deve creare il calore della famiglia, dello stare insieme. Per quanto riguarda i menu’ scelgo sempre piatti semplici composti da pochi ingredienti con materia prime di grande qualità e magari del territorio, soprattutto di piccoli agricoltori e allevatori locali. E’ l’ottima qualità della materia prima con la conoscenza delle tecniche e l’esperienza che rende speciale un piatto. Il Natale ha comunque un richiamo ai profumi della tradizione. Qual è la tua filosofia culinaria? Semplicità e onestà. Con la tecnica e l’esperienza, riesci a offrire un’emozione sincera nel piatto, non solo di gusto ma anche di cuore, dove la forza dell’equipe ti permette di esprimerti. 13


C’è un qualsiasi grande chef con il quale vorresti collaborare e perché? Devo dirti che sono tanti, anche tra amici e colleghi; ogni volta che entro nelle loro cucine vedo preparazioni ...”geniali” e vorrei stare in cucina a lavorare con tutti loro. Quanto influisce nel creare una tua carta la formazione avvenuta a fianco di personaggi che per te risultano essere ancora un riferimento? Influisce molto! Creare una carta vuol dire considerare tanti fattori, vorrei proporre tante idee ma poi devo selezionarle e qui è la parte difficile. Quanto è importante l’estetica nella presentazione di un piatto? Da sempre c’è molta attenzione anche all’estetica. La scelta delle forme, delle consistenze, della disposizione, la scelta della contenitore richiedono tempo e studio.

Credo che prima ci si emoziona con la vista, poi con i profumi che la preparazione sprigiona, infine con le consistenze durante la masticazione...

Parlami di una fantasia gastronomica nei tuoi sogni e perché? Avere la possibilità di creare programmi di educazione alimentare ai bimbi fin da piccoli, portarli al ristorante per educarli al buon gusto, per conoscere i prodotti, i sapori, il piacere della condivisione, la sostenibilità, ... il buon gusto; forse saremmo tutti più sensibili e attenti alla felicità di tutti. Questo dal ricordo del tempo passato in famiglia. Hai scritto del libri, blogs o altre pubblicazioni? Ho scritto 4 libri. Il primo dedicato al Carlo Magno, i piatti degli inizi di questa avventura. Il secondo e il terzo sulle tecniche di cottura e l’utilizzo dei materiali di cottura per ogni specifica cottura. L’ultimo sul branch internazionale, una tipologia di pranzo sempre più richiesta. Quali sono le tue aspirazioni lavorative per il 2021 e cosa ci ha insegnato, secondo te, questa brutta esperienza legata al Covid 19? Per il 2021 mi auguro che porti salute per tutti. Se c’è quella si potranno affrontare le problematiche che inevitabilmente il Covid lascerà. Sento i clienti che hanno voglia di tornare a trovarsi con la famiglia e gli amici al ristorante. Dovremo recuperare quanto perso dal punto di vista economico per non lasciare a casa nessun dipendente. Sono abituato a rimboccarmi le maniche e lavorare sodo e anche stavolta ci metterò entusiasmo ed energie. Cosa ci ha insegnato questa brutta esperienza ? E’ presto per dirlo, penso però che le persone che erano brave e oneste prima del Covid lo siano ancora di più e chi ha la fortuna di avere una famiglia serena ne ha consolidato la sua importanza.

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Autore e fotografo Giovanni Panarotto

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Alessandro Nicolis, diversità. di Alessandro Nicolis fotografia di Giovanni Panarotto Non esiste nulla di più normale della diversità! Questo Natale è diverso dagli altri, sarà un Natale alternativo. I miei corsi accademici sono diversi, le nostre giornate sono gestite in modo inatteso e diverso. Per questo Natale, vorrei che anche voi vedeste la mia visione della diversità, come normalità. Questo augurio è alla base delle mie creazioni, motivo per il quale collaboro con il centro “DiVento” di Villafranca, un luogo dove le persone che potreste ritenere diverse, producono creazioni speciali e molto particolari. La diversità è la normalità! Ecco perché ogni Natale è diverso! Nelle mie creazioni in cucina, mi sono sempre lasciato ispirare dalle emozioni, dalla paziente convinzione che l’errore potrebbe essere un’opportunità e dalla cura dei dettagli. La constante voglia di lasciarmi guidare dalle opportunità della vita, mi ha permesso di condividere parte del mio percorso, con le persone apparentemente diverse, perché disabili. Dagli oggetti creati con le loro mani ho rivisto quella “perfetta imperfezione” che lascia spazio alla creatività degli oggetti pieni di cura. Rivedo nelle loro opere e nei loro piatti fatti a mano, la stessa cura che ricerco creando i miei dolci. Per questo mi sono innamorato del loro modo di lavorare. Mi ricordano che è normale fare le cose in modo diverso, è normale essere diversi e che conseguentemente può essere normale vivere questo Natale in modo diverso. Un sentito ringraziamento agli artigiani del DiVento. Auguri di diverso buon Natale!

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Auteur et photographer Philippe Germain

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Un palais plein d´Êtoiles

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www.visionsgourmandes.com

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Langhe tra vino e terra Articolo e fotografia di Gigi Montali “Un paese non dice la sua storia; la contiene come le linee di una mano”. E così è per il paesaggio, tanto più quello delle Langhe, protetto da un imprimatur dell’Unesco. Una verità che Italo Calvino scrive e mai come nel paesaggio di questa area del Piemonte questa definizione è più azzeccata. Partiamo alla scoperta di questa regione con l’idea di bearci con il paesaggio e di gustare i suoi sapori migliori, punto di partenza è stato il paese di La Morra, dalla sua bellissima terrazza si domina il paesaggio sottostante, le colline sono tracciate da linee parallele che disegnano le colline delle Langhe in figure geometriche precise. Cosa c’è di meglio che gustarci un buon bicchiere di Nebbiolo mentre ci guardiamo il paesaggio sottostante. Il cielo si riflette all’interno del bicchiere di vino, come in un’alchimia ci ricorda che è un frutto di questa terra, di questa natura, dove l’uomo ha disegnato e plasmato la terra. Riprendiamo il nostro viaggio alla scoperta di paesi i cui nomi ci ricordano il buon Vino: Barbaresco, Barolo, Novello; siamo ormai alla fine della stagione della vendemmia, l’ultima uva da raccogliere è l’uva nebbiolo, che deve essere raccolta dopo le prime nebbie, i grappoli sono belli, quest’anno sarà una buon’annata per il vino! Lungo il percorso ci fermiamo anche in luoghi che sono intrisi di storia, uno di questi è Grinzane Cavour.Un territorio, questo, dal forte impatto storico e culturale. Gli ha dedicato un servizio anche Alberto Angela nel suo “Meraviglie – La penisola dei tesori”. Il nome del piccolo borgo, che conta meno di duemila abitanti, è stato cambiato solamente nel 1916, per rendere omaggio allo statista Camillo Benso Conte di Cavour, che di Grinzane fu Sindaco per ben 17 anni. Cavour oltre che grande statista che contribuì al risorgimento Italiano, riuscì a gestire gli eventi politici che assieme all’impresa dei Mille portarono alla formazione del Regno d’Italia, fu anche il primo a sperimentare nelle cantine la produzione del famoso vino Barolo. Il nostro itinerario prosegue verso le alte langhe, qui si coltiva un vitigno per produrre l’ALTA LANGA” igp-dop, vini spumanti, ottenuti esclusivamente con la rifermentazione in bottiglia, solo i terreni calcareo argillosi di quest’area conferiscono ai vini i classici profumi di mela, pera, pesca, miele, fiori gialli, burro, nocciole, confetti e crema, con buon rapporto sapidità e freschezza e struttura 33


di medio corpo. Il vino matura nelle storiche cantine di Canelli, noi abbiamo visitato quella storica di Contratto, ora patrimonio UNESCO, è un vero tesoro, unico nel suo genere. Questa enorme cattedrale sotterranea si estende per più di 5000 metri quadrati; scavata nella marna che compone la collina alle spalle della piccola città di Canelli, arriva a raggiungere una profondità di 32 metri. Qui abbiamo fatto il Tour guidato con la degustazione dei vini dell’Alta Langa.

In questo viaggio alla ricerca della storia e dei sapori non potevamo dimenticare di visitare la distilleria Levi, a Neive nel 1925 Serafino Levi creò la sua distilleria, era equipaggiata, allora come oggi, con un alambicco a fuoco diretto, il figlio Romano dal 1935 alla sua morte nel 2008, continuò a produrre le sue grappe di cui artisticamente ne disegnava anche le etichette. Ora la casa-distilleria dei Levi, è un Museo vivo e produttivo della Grappa, una vera e propria isola del tempo, in cui il Genius Loci di Romano Levi, aleggia ovunque nell’arte, nei modi e nei tempi di lavoro, negli oggetti semplici ed essenziali, nei profumi e nella serenità. Finiamo il nostro percorso nelle langhe per andare a vedere un altro luogo dove il paesaggio riesce ancora ad incantarci. Saliamo a Sale San Giovanni, nell’alta Langa Cuneese. Qui dal mese di Giugno ad Agosto, le colline intorno al paese si tingono di diverse sfumature di viola, ecco i campi di lavanda. In questo viaggio abbiamo scoperto un altro angolo della nostra bella penisola, dove oltre che alla bellezza dei luoghi, ci ricorderemo per i sapori e i profumi. La nostra Italia non ci finisce di stupire !

Foto e testo di Gigi Montali (novembre 2020)

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Un Mare di Champagne 2020, dentro l’evento, ottava edizione. di Maurizio Pelli editore fotografia: Consorzio Macramé “Il trait d’union” che lega la Città di Alassio allo Champagne, non è la vicinanza della soleggiata cittadina balneare ligure alla Francia, come si possa pensare, ma ha radici logistiche più remote. Nel 1872, fu realizzato il collegamento ferroviario Londra - Genova, voluto, desiderato e in parte finanziato dal - filantropo - botanico ricco - influente uomo d’affari Sir Thomas Hanbury. Grazie all’Antica Ferrovia Genova - Ventimiglia, la Riviera di Ponente fu collegata con turismo internazionale di alto livello. Con Sir Thomas, giunse in riviera anche la ricca e sofisticata nobiltà inglese e con loro lo Champagne, tanto che Alassio all’epoca, nei mesi estivi potè annoverarsi tra le località con il più alto consumo di bolle francesi. Questo trend iniziato nella seconda metà dell’ottocento proseguì durante la prima metà del secolo scorso, attirando il “bel mondo” internazionale; motonavi e panfili privati, ancoravano nelle baie di Ponente mentre gli idrovolanti ammaravano al Porto Vecchio di Sanremo. La passione per lo Champagne è rimasta Riviera, tanto che “Un Mare di Champagne” 2020, è giunto alla sua ottava edizione. L’evento fu ideato da un gruppo di sette ristoratori alassini nel 2012, che costituirono il “Consorzio Macramé” – “Dire Fare Mangiare”, con l’intento di riunire gli appassionati di Champagne, fare conoscere i produttori - importatori e promuovere gli operatori del settore in Liguria. Un evento che ho sempre apprezzato al quale ho avuto il piacere di partecipare più volte, sino dalle precedenti edizioni svoltesi al “Grand Hotel di Alassio” che alle ultime al “Diana Grand Hotel” come questa dello scorso settembre, tutte rigorosamente in riva al mare. Questa edizione era in calendario come di consueto per lo scorso giugno, a causa delle restrizioni Covid19, venne posticipata al 20 e 21 settembre, appena in tempo prima delle prossime restrizioni che scattate tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Nonostante le mascherine, le restrizioni di pandemica routine, le conseguenti apprensioni e paure da contaminazione Covid19, l’evento non ha perso il suo consueto charme, anzi ne ha accresciuto l’interesse, l’entusiasmo del pubblico e ancora di più lo spirito di degustazione. Sarà per l’euforico effetto che lo Champagne regala, per la bella giornata di sole o la panoramica terrazza sul mare, l’evento si è svolto in un gradevole spirito goliardico di rituale danza di degustazione attorno ai banchi degli espositori.

Nel mio caso, dopo i Millesimè e i Gran Cru delle Maison più famose, solitamente amo avventurarmi tra gli Champagne delle 37


piccole e meno note case che non conosco, alla ricerca di qualcosa di inedito che mi possa piacevolmente sorprendere. 41, le “Maisons de Champagne”, 120, le etichette e 3 le “Masterclass”, un tasting Champagnes molto impegnativo sulla terrazza del Diana Grand Hotel, letteralmente, in riva al mare. Un bel pomeriggio iniziato con la brezza dal mare regalata dal cielo appena annuvolato e terminato sotto un caldo sole. Tra una degustazione e l’altra, girando tra espositori non poteva mancare un’adeguato supporto di specialità alimentari di rilievo; dal Culatello Brozzi, alle ostriche Cadoret, dalla mortadella Favola al salmone Upstream e molte altre specialità . Tra i piatti preparati al momento dagli chef, il più gradito dai partecipanti, tra i banchi dell’aerea food dell’evento, fu senza dubbio il risotto della Tenuta Margherita. Le due giornate dell’evento iniziarono domenica sera con la “Champagne Gala Night” nell’elegante terrazza del Diana Grand Hotel, protagoniste della cena le pregiate etichette, che verranno riproposte nelle degustazioni e masterclass del lunedì. Cena di Gala firmata dallo Chef Giuseppe Di Iorio, una Stella Michelin di “Aroma Restaurant” e dal Resident Chef Ivano Ricchebono, una Stella Michelin, del “The Cook” di Genova. Special guest, l’Executive Chef alassino Massimo Viglietti, del “Taki Gourmet” di Roma. A chiusura, le raffinate proposte del maestro pasticcere - Pastry Chef Alessandro Dalmasso (AMPI). Come nelle precetti edizioni, dopo la cena di gala, le degustazioni di Champagne e delle specialità gastronomiche del lunedì pomeriggio, si sono svolte le tre previste masterclass tenute dai guru nazionali dello champagne: Roberto Beneventano e Alberto Lupetti, considerati tra i maggiori conoscitori di champagne al mondo, e Leo Damiani, direttore commerciale e marketing Champagne Perrier-Jouët Italia. Primo relatore, Roberto Beneventano, Masterclass: Chardonnay Champenoise: l’importanza dei Crus di Provenza.

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Vieille France Cuvée brut Blanc de Blancs; Steinbrück Cuvée brut Blanc de Blancs; Steinbrück Cuvée Marie Jeanne Grand Cru Blanc de Blancs; Paul Louis Martin Cuvée Vincent Grand Cru Bouzy Blanc de Blancs 2012. Secondo Relatore, Alberto Lupetti, Masterclass: Champagne, un’eccellenza…in crescita. Sebbene sia un mito e sinonimo di eccellenza nel mondo del vino, la Champagne, non è mai stata così in forma come oggi. Insieme ad Alberto Lupetti e con l’assaggio di sette cuvée emblematiche scopriremo i perché di questo ‘stato di grazia’… Charles Heidsieck Brut Réserve; André Beaufort Réserve (Polisy); AR Lenoble Mag 15 Blanc de Blancs; Jean-Philippe Trousset Blanc de Noirs; Drappier Brut Nature; Vilmart Grand Cellier d’Or 2015; Pol Roger Sir Winston Churchill 2009. Terzo Relatore, Leo Damiani, Masterclass: alla scoperta delle Cuvée De Prestige Champagne Perrier- Jouet Belle Époque, due annate a confronto. Un affascinante percorso attraverso differenti cuvée Belle Époque, per comprendere le potenzialità di questo grande champagne. PJ Belle Epoque 2007 e 2012; PJ Belle Epoque rosé 2006 e 2012; PJ Belle Epoque Blanc de Blancs 2004 e 2006. Nonostante il particolare momento di giustificate paure pandemiche - complicati spostamenti di persone difficoltà nel reperire il personale - logistiche difficoltà di trasporto merci – mandatorie sanificazioni e disposizioni Covid19, anche questa ottava edizione, si è conclusa con un successo. Spero di poter partecipare anche alla prossima “nona edizione” di Un Mare di Champagne 2021, degustando in riva al mare, possibilmente a Virus morto e sepolto. La Rappresentante del Consorzio Macramé e ristoratrice alassina Barbara Porzio, alla conclusione dell’ottava edizione rende noto: “Se alla Champagne Gala Night sono state registrate le presenze dell’anno scorso, non è stata da meno la giornata del lunedì nella quale gli organizzatori hanno dovuto prendere un’importante decisione per la sicurezza di tutti. Abbiamo dovuto dimezzare il numero dei visitatori. Le numerose richieste ci portano a pensare che avremmo eguagliato, se non addirittura superato i numeri dell’anno scorso”. Il grande amore per il territorio: ecco cosa ha spinto sette imprenditori della ristorazione di Alassio a unire le forze e dare vita al Consorzio Macramé - Dire Fare Mangiare. È il 2012 quando il gruppo Macramé segue 39


una grande intuizione dando forma a “Un Mare di Champagne”. Un’occasione di incontro tra le più prestigiose Maison e gli operatori italiani della ristorazione e dell’accoglienza, gli appassionati, i sommelier, la grande stampa per conoscere e apprezzare questo grandissimo vino ma anche per accendere un faro sul territorio. Nasce così la prima edizione di Un Mare di Champagne che, anno dopo anno, cresce e si consolida affermandosi come l’evento più importante nel panorama italiano interamente dedicato allo Champagne e certamente l’unico nel suo genere. Chef stellati, eccellenze del territorio e tanti calici dei più prestigiosi Champagne”.

Forti dell’esperienza e del successo di Un Mare di Champagne, nel 2018 il Consorzio Macramé ha organizzato la prima edizione di Alassio in Bolla, evento esclusivamente dedicato ai metodi classici italiani, che si è subito confermato un successo di pubblico e produttori. Il Consorzio Macramé, inoltre, si fa ambasciatore della gastronomia di qualità attraverso eventi, collaborazioni e iniziative sul territorio ma anche al di fuori dei confini della Liguria. Pur mantenendo le singole peculiarità ed unicità, il Consorzio Macramé si muove come un’entità unica, svolgendo una vera e propria attività di marketing e di promozione turistica, con un occhio di riguardo, ovviamente, al food & wine”. Barbara Porzio.

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Chaîne dès Rôtisseurs - 52° Chapitre D’Italie, Cena di Gala - Villa Rossi - Lucca, dentro l’evento. di Maurizio Pelli editore fotografia - Chaîne dès Rôtisseurs

La Confrérie de la Chaîne des Rôtisseurs è la più antica associazione mondiale della gastronomia, fu fondata da Re Luigi IX nel 1248, quando concesse ai migliori chef di Francia il diritto di costituire una corporazione. A quel tempo, la maestria nell’arrostire alla perfezione le carni più pregiate, era considerata la migliore dote di un cuoco. Solo i più abili “Rôtisseurs” dopo anni di attesa, potevano ambire all’ammissione. Raggiungere i vertici interni della gerarchia, richiedeva molte qualità e notevoli sforzi. Un solo “Bailli”, in stile cavalleresco, fu designato al comando di ogni regione. A Parigi risiedevano il “Grand Bailli” e il “Grand Chancelier” che a Corte rivestivano il rango di Ambasciatori. Regole severe, passione per l’arte culinaria, per il progresso e l’innovazione, senza mai dimenticare i legami tra i confratelli, assicurarono lo sviluppo della confraternita attraverso i secoli. Con l’avvento della Rivoluzione Francese del 1789, la Chaîne fu sciolta causa gli stretti legami con la nobiltà ed ebbe una battuta d’arresto.

Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1950, tre prominenti chef e due influenti giornalisti gastronomici, riuscirono a creare le basi per la rinascita della Chaîne. In ricordo degli antichi fasti della confraternita e della tradizione dell’arte culinaria ricostituirono l’associazione annettendo oltre agli chef, anche ristoratori, buongustai, vignerons, appassionati della buona cucina, dell’eleganza della tavola e dello stile di vita france-

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se. Con le insegne di “Cuoco”, rispettivamente di “Maestro Rosticciere” e “Maestro della Tavola”, furono e sono oggi onorate le personalità di merito, per anni di eccellenza gastronomica dedicati al servizio dei propri ospiti. L’istituzione del “dîner amical” fu inizialmente sviluppato in Francia, nel 1951, con primo Bailliage Nazionale Svizzero divenne internazionale. Oggi la Chaîne des Rôtisseurs è presente in più di ottanta Paesi del mondo, annoverando più di venticinque mila confratelli, tra personalità di spicco della politica, dell’economia e della cultura. Inizialmente il termine maschile di “confratello” fu interpretato in modo restrittivo, in seguito anche le “Dame de la Chaîne”, furono ugualmente ammesse a farne parte. Oltre la promozione dell’arte culinaria e della buona tavola, la Chaîne des Rôtisseurs promuove l’amicizia e la comprensione tra i popoli. Motivo per il quale tutti i “Bailliages” organizzano dei “Grands Chapitres” nazionali e internazionali, dove oltre alla sontuosità delle cene vengono evidenziate le attrattive culturali di un Paese, di una regione o di una singola città. Stimolando così gli chef residenti a performare il meglio delle loro cucine, ai ristoratori associati appartenenti alla Chaîne di offrire il migliore servizio sulle tavole più elegantemente imbastite e ai sommelier di proporre la migliore selezione di vini locali. Una combinazione perfetta che permette di riunire gli appassionati della gastronomia e dell’alta cucina provenienti da tutto il mondo e da tutte le regioni del Paese ospitante. Un ideale momento di incontro e contatto per condividere, disquisire amichevolmente tra confratelli la passione per buona tavola. Le cene si svolgono in un piacevole clima goliardico, sedut ai tavoli in ordine casuale, un tabellone esposto all’ingresso delle sale da pranzo, riporterà il nome del confratello e il numero del tavolo assegnato, dove dovrà accomodarsi. Entrai a fare parte della Chaîne nel 2013, in seguito all’invito alla cena “Christmas Festivity Dinner” nel 2012 a Dubai, dove, durante gli anni a seguire partecipai regolarmente a molti eventi negli Emirati Arabi Uniti. Casualmente, le miei due ultime cene della Chaîne si svolsero in Italia, la prima fu in occasione del Merano Wine Festival 2019, nella giuria di “Emergente Sala” con “Witaly” (cena che descrissi in un articolo dell’edizione Primavera 2020) dove fu presente il Bailli D’Italie Dr Roberto Zanghi - Bailli Déléguée - President Conseiller Magistral, di Parigi.

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Sabato 3 ottobre, si svolse la “Cerimonia di Intronizzazione” - investitura dei nuovi confratelli e delle promozioni degli associati del cinquantesimo Grand Chapitre D’Italie - Association Mondiale de la Gastronomie - Confrérie de la Chaîne dès Rôtisseurs - Bailliage National D’Italie svoltasi nella Chiesa di San Francesco a Lucca. Cerimonia di investitura presieduta dal Bailli Délégué, Dr. Roberto Zanghi, in qualità di membro del “Conseil Magistral” in rappresentanza del presidente Yam Atallah. Durante la serata del sabato, ebbe luogo la “Cena di Gala” negli splendidi saloni affrescati del piano nobile della cinquecentesca Villa Rossi Burlamacchi. Oltre duecento i commensali partecipanti, tra gli italiani, presenti anche i confratelli provenienti dal Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Principato di Monaco, Russia, Svezia, Svizzera e dagli Emirati Arabi Uniti. Le cene a Dubai e negli Emirati che solitariamente si svolgono nelle strepitose futuristiche “location”, degli Hotel a 5 stelle, regalano sensazioni inedite e diverse. Vivendo in assenza di un rapporto diretto con il passato, quando capita una cena di gala come questa, svoltasi nella culla del Rinascimento Italiano che fu di Leonardo Da Vinci, immersi nei secoli che furono, si apprezza e si gode appieno di ogni più piccolo dettaglio. Cibo vino e cultura ai massimi livelli, cena di gala curata del Michelin Starred Chef Fabrizio Girasoli e dello Chef Giuseppe Scarpellini. Quattro gli intermezzi musicali tratti dalla Tosca, La Boheme e Gianni Schicchi, di Giacomo Puccini eseguiti, tra i saloni, dalla bravissima soprano Pucciniana Sara Cortolezzis. Gli intermezzi si concludono con un arrangiamento per archi dell’inno della Chaîne. Musica a cura dell’Aggregazione Italiana per la Cultura e l’Arte Ensamble “Spirito Nuovo” di Venezia, presieduta da Matteo Gobbo Trioli e patrocinata dalla “Fondazione Corte Medicino” di Lucca di Elettra G. Livreri e Giuseppe Frisella. Senza dubbio, tra le più belle, eleganti e sfarzose cene di gala alle quali ebbi il piacere di presenziare durante i miei otto anni, in veste di Confrère de la Chaîne. L’impeccabile “dressage” della “mise en place de la table”, il rigoroso “dress code” black-tie per i cavalieri e abito lungo per le dame, corredato dalle insegne e medaglie, hanno creato una perfetta atmosfera “vintage rétro”. Una coreografica scenografia, che accompagnata dalla musica lirica, ha piacevolmente “tele trasportato” i confratelli, per qualche ora, nei fasti dei 47


secoli scorsi. Evento “clou” di questo cinquantaduesimo Grand Chapitre D’Italie, perfettamente riuscito grazie all’attenta e competente regia organizzativa della Bailli de la “Chaîne Toscana Francigena” Dr Elettra Giovanna Livreri coadiuvata dalla Vice Chancelier Dr Marzia Frascatani. Una serie di eventi molto complessi e particolarmente impegnativi, dovendo garantire la sicurezza a oltre duecento partecipanti e al considerevole numero di addetti e personale coinvolto, causa le restrizioni imposte dal protocollo sanitario della pandemia Covid19. Nonostante, la determinazione degli ufficiali del “Bailliage Nazionale” affrontò qualsiasi avversità. Nel rigoroso rispetto delle regole, fu possibile organizzare le quattro giornate del “Grand Chapitre D’Italie”, che si rivelò come “Grande Festa” all’insegna della fratellanza internazionale, della convivialità, della cultura, della grande musica lirica, e come di rigore da nostro “Statuto” della grande cucina e del buon vino. Vive la Chaîne! Maurizio Pelli - Officier Maître Rotisseur du Bailliage des Émirats Arabes Unis.

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A Natale, anche i cocktail sono più buoni!

Fotografia di Emanuela Nocito Articolo di Cybartender Luca Coslovich Molti lo amano, altri non lo sopportano. Per gli uni e per gli altri la fatidica data si avvicina, con tutti i problemi di vicinanza che questo “indimenticabile” 2020 porterà con sé. Ma, c’è un modo per migliorare a tutti il Natale in arrivo: un buon drink da bere sotto l’albero. Può aiutare a digerire il cenone (e qualche parente) oppure inebriarci prima di sedere a tavola, per un aperitivo diverso dal solito. Che accada prima o dopo, l’importante è passare le feste nel miglior modo possibile, confinati o meno.

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“The Snow flake” - Alessandro Borelli Un drink che proviene dall’Inghilterra, preparato da Alessandro Borelli (con il quale ho avuto il piacere di lavorare al Westin Palace di Milano) Ingredienti: 50 ml di Darnley’s Gin, 25 ml di acqua di acero e bacche * 15 ml di limone fresco, 15 ml di liquore allo zenzero Metodo: Shake & Double Strain Bicchiere: calice vintage Decorazione: abete Douglas bruciato, fragola, zucchero a velo (vetro esterno) preparare un infuso con tè forte ai frutti di bosco (1 bustina di tè -350 ml di acqua calda) e sciroppo d’acero e lasciate riposare per una notte (rapporto 1 a 1) Note di degustazione: fruttato, speziato, leggermente affumicato Dopo 7 meravigliosi anni passati dietro il banco bar del Westin Palace di Milano, Alessandro approda allo Sheraton di Edimburgo per l’apertura del primo “Gin Bar” in Scozia chiamato “One Square”. Quattro anni e piu’ di 100 gin in bottigliera con il titolo di 2016 Bar Manager of the Year agli Scottish Hotel Awards. Gintastic! Attualmente lavora come Group F&B Manager per Dine Scotland LTD con due ristoranti e due bar in centro ad Edimburgo e con l’imminente apertura del Dine on the Mile Restaurant & Chambers Bar presso il Radisson Collection sempre ad Edimburgo.

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“XXX-Mas” - di Francesca Gentile È la proposta natalizia che ci arriva da Montecatini Terme, creazione di Francesca Gentile, un drink Elegante, raffinato, sensuale, seducente…xxx-mas scalda l’anima nelle serate uggiose prenatalizie…avvolge il palato e ti conquista! Un po come una donna affascinante, apparentemente semplice, al primo sorso rimani affascinato dalla sua complessità! Ingredienti: 60 ml Select 20 ml Liquore di cannella -Giardini d’Amore Metodo: Stir and strain Bicchiere: Coppetta Garnish: Crusta di Cioccolato fondente e polvere d’oro Francesca, classe 1985, laureata in scienze politiche ed internazionali, è la Proprietaria del “Funi1898” sito in Montecatini Terme, locale dal sapore raffinato, elegante ma informale, un po’ retrò ma moderno, incastonato nella splendida, nonché ultracentenaria, Funicolare.La miscelazione classica si fonde con quella creativa grazie anche al bagaglio che si porta dentro dai suoi numerosi viaggi da fotoreporter internazionale. Profumi e sapori del mondo vengono sapientemente racchiusi nei drink, esattamente come il suo occhio rapiva e catturava, con l’obiettivo, i colori e le emozioni del mondo, i suoi cocktail sonol’espressione della sua personalità e portano la sua firma, per lei, sono i suoi ricordi personali, messi a disposizione dei suoi ospiti! Lei definisce il Funi 1898 la sua sfida più importante e riuscita, lo definisce infatti “il viaggio della vita”.

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“Great Grandfather” - Luca Coslovich Mi piacciono le storie, meglio se sono vere. Purtroppo spesso il marketing porta a creare ed inventare storie per prodotti che non ne hanno una. Ho conosciuto un buon prodotto, con una bella storia (vera) ed ho deciso di proporlo in un after dinner natalizio. Il prodotto in questione è l’Amaro Mentha. La storia è quella di Luigi Fassio, che agli inizi del “900 produceva e vendeva i suoi liquori nei bar dell’elegante Torino. Dai taccuini ritrovati dalla nipote, Monica Buzio, la ricetta di questo liquore. Ingredienti: 30 ml. Amaro mentha 30 ml. Drambuie 1 espresso 30 ml. Cognac Preparazione: shaker con ghiaccio, servire in coppetta vintage decorando con chicchi di caffè

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“Regina Vittoria” - Errico D’Ambrosio Dal primo Barman del Hotel Première di Abano terme 5*, da Errico D’Ambrosio ci arriva un drink dedicato alla figlia: Ingredienti: 1/4 creme de cassis 1/4 vermouth rosso 1/4 amaro Averna 1/4 Campari Shakerare con ghiaccio e servire on the rocks. Guarnizione arancia o limone a scelta e aggiungere dei lamponi che fanno risaltare l’amaro. Interessante la scelta di dividere il cocktail in frazioni (come si faceva quando io ho iniziato), e che potrebbe mettere in difficoltà più di un giovane “mixologist”.

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“Smell of snow” - Thomas Martini Harris bar, un nome una garanzia. In quello di Firenze opera dal 2013 , con successo il bar manager Thomas Martini, nato a Livorno classe 1981 , ha iniziato giovanissimo affiancando grandi professionisti del settore, proseguendo la carriera soprattutto in hotel 5 stelle ma anche in golf club esclusivi e ristoranti stellati, scegliendo soprattutto posti molto classici e storici, tipologia di strutture nelle quali si è appassionato e specializzato facendo dello stile classico il suo segno distintivo. La sua proposta natalizia prevede: Ingredienti: Rum bianco Bitter all’arancia Aperol Sciroppo di bitter Panna in sospensione Servito in coppa Martini e decorato con fiori edibili secchi sul bordo del bicchiere, peperoncino sfogliato e ciliegia rossa. E anche quest’anno, siamo pronti per le feste sotto l’albero, con i soliti buoni propositi e nuovi drink, che magari renderanno anche noi più buoni. 56


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www.horecaschool.ro

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Selling Caviar and Truffles during the Pandemic RobSouthey Article By Massimo Vidoni Photography by Italtouch, Dubai

The unforeseen disruption of the year 2020 due to COVID-19 has brought a drastic negative change to most businesses worldwide and on the other hand, new opportunities to some. We are no exception to the adverse effects and have felt its impact and we’ve done necessary measures to prevent even greater damage. In the latter part of 2020, luckily in the U.A.E. Government started to set precautions for re-opening and things started to slowly loosen up from months of strict lockdown and we have seen and felt the promising normalcy in the country. With the testing of vaccines being rolled out, to the reopening protocols set by the government, we saw the strong bounce back of the food and hospitality industries in Dubai. As a company recovering from the effects of this pandemic, we are quite surprised by the sharp increase in the sales of truffles and caviar considering its priced value. We are always sold out for these products and had to re-order several times to accommodate all the orders coming in especially the caviar that needs to be imported in a very meticulous way due to CITES permits. The unexpected increase of the demand for these products have brought us “A Happy Problem”, as it’s quite overwhelming and we are ecstatic about it. We have been receiving orders for kilos of caviar and truffles, not just within the country but surprisingly even outside U.A.E. like Riyadh, India, Maldives, and Oman etc.

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We are all very active in the office nowadays being extra careful and attentive to all orders to make sure that our clients are accommodated, satisfied and happy with our products and services. We at Italtouch, are proud to say that we have fully recovered from the COVID-19 effects and we really hope and pray that the upcoming year will be great for everyone. Massimo Vidoni a.k.a “The Truffleman Man�

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Fruits and chocolates How to have a merry christmas and a happy new year

Article & Photography by: Private Chef Mimi Houston.

Fruit is one of the most versitile foods on the planet, it can be eaten fresh, baked in pastries, cooked in preserves, or fermented into spirits, as in this case, Champagne. Someone once asked me, why do we drink Champagne, and I replied: “Just because” and there were cheers in the room. It is well known that alcohol makes people lose their inhibitions, but SOME alchohol such as Champagne, not only does so, it also boosts one´s mood. It is made from red and white grapes, which contain antioxidants and we know antioxidants are good for us. Champagne has come to symbolize all things celebatory; weddings, graduations or New Year’s Eve at midight because it is an elegant choice. From the beginnng of 2020, we have been and contiue to be facing a global virus pandemic, and our way of life has changed considerably. Scientists and 1st responders work tirelessly to save lives while our loved ones die in the hospitals without family members holding their hands; riots and looters are rampaging, and it doesn’t seem like there’s much to celebrate. However, there are, more parents working from home, multi-tasking while children finish the day of learning also from home. Oh yes, we are celebrating small victories, a 24-hour triumph if you wish, a great reason to open that bottle of Champagne “reserved for the holidays.” Champagne, cheers! Here are three Champagne Cocktails to tease your taste buds featuring Champagne by Christian Briard https://www.facebook.com/ChampagneChristianBriard/ @ChampagneChristianBriard and get you ready for the holidays

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Apple Pie – apple cider, cinnamon schanapps, Champagne, rim glass with cinnamon and sugar Pomegrante and Ginger – pomagrante juice, Crème de Canton, Champagne Midnight Sparkler – Crème de Voilette, orange juice, lemon juice, gin, Champagne, rim glass with sparkling sugar. Champagne coctails pair delicously with chocolates. Chocolate – literally means “Food of the gods”, adored by mortals in all of its forms from hot drinks to decadent mouthwatering, drool worthy gourmet dishes with health benefits, so I’ve been told. Featuring here are two chocolate desserts. White Chocolate cup – Filled with cream cheese mousse, top with freeze dried raspberries Milk Chocolate Yule Log Back in medieval times, the Yule Log was an entire tree originated from Nordic traditions, chosen and brought into the house with the largest end of the log to be placed into the fire hearth while the rest of the tree stuck out into the room. This log would be lit from the remains of the previous year’s log carefully and slowly fed into the fire through the twelve days of Christmas, with any remainings of tree barks, twigs and branches to be stored away for next year’s burning. This custom of Yule log spread across Europe and different countries using various trees, Oak in England, Birch in Scotland while in France it is Cherry. In France, the log is cut down, sprinkled with wine (so that it smells nice when it is lit) and a bit is burnt each night, and if there’s left over it is kept until next Christmas.

Today, Yule Log is known to the world as a delicious yummy chocolate dessert named after the old Winter Solstice festivals in northern Europe and eaten on Christmas Day. I hope I have inspired you to try new things and make your own tradition. I wish you a Very Merry Christmas and a Happy New Year!

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La larga crianza en los vinos de Rioja

Autor: Sumiller José Luis Del Campo Villares. Photo Copyright: Las Bodegas de La Rioja. Hoy vamos a dar un paseo por una de las Denominaciones de Origen más reconocidas a nivel internacional por la calidad de sus vinos, como es la Rioja. Y nos queremos fijar en un perfil de vinos que son los que mejores calificaciones y reconocimientos reciben, como son los vinos de larga crianza o paso por barricas. Según el proceso tradicional de envejecimiento seguido, en el vino de Rioja se establecen cuatro categorías: • Genérico. Esta categoría garantiza el origen y añada del vino. Suelen ser vinos en su primer o segundo año, que conservan sus características primarias de frescor y afrutado. Esta categoría también puede comprender otros vinos que no encajan en las categorías de Crianza, Reserva o Gran Reserva, aunque hubiesen sido sometidos a procesos de envejecimiento, por no estar estos certificados por el Consejo Regulador. • Crianza. Son vinos al menos en su tercer año que han permanecido un año como mínimo en barrica de roble. En vinos blancos el período mínimo de envejecimiento en barrica es de 6 meses. • Reserva. Vinos muy seleccionados con una crianza mínima entre barrica de roble y botella de tres años, de los cuales uno al menos en barrica seguida y complementada con un envejecimiento mínimo en botella de 6 meses. En vinos blancos el período de crianza es de 2 años, de los cuales como mínimo 6 meses en barrica. • Gran Reserva. Son vinos de grandes cosechas que han sido criados durante un período total de sesenta meses con un mínimo de dos años en barrica de roble y 2 años en botella. En vinos blancos el período de crianza es de 4 años, de los cuales 6 meses como mínimo en barrica. Hoy vamos a hablar de las dos últimas categorías, Reserva y Gran reserva.

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Reservas de Rioja No todas las bodegas elaboran en Rioja este perfil de vino, pero las que lo hacen suelen recurrir siempre a los vinos de coupage, es decir, aun siendo mayoritaria la presencia de Tempranillo, siempre llevan pequeños porcentajes de otras uvas tintas, entre las que nos encontramos con la Graciano, Mazuelo y Garnacha principalmente. Vamos a intentar dejaros una buena oferta de vinos Reserva que seguro que se ajusta a todas vuestras preferencias. Nuestra primera recomendación es el vino Viña Tondonia Reserva Tinto 2007, un vino elaborado por Bodegas R. López de Heredia - Viña Tondonia, y del cual esta es la última añada en el mercado. Un clásico que nunca falla. Tempranillo, Garnacha y Graciano. Un Reserva de muy larga crianza ya que pasa 72 meses antes de salir al mercado, con estancia en barricas de roble americano usadas. Pese a que tiene muchos mese de crianza no es un Gran Reserva porque está en barrica menos tiempo del exigido. Un vino excelente siempre. Como segunda recomendación os acercamos el vino Navajas Reserva 2010, un vino elaborado por Bodegas Navajas que ya tiene la añada del 2011 en el mercado. 95% Tempranillo y 5% Mazuelo. Pasa 20 meses en barrica, lo que lo sitúa en el segmento de Reservas. Un vino realmente diferente, con carácter, con un color rojo rubí de capa media-alta, nariz compleja combinando fruta madura con especiados y balsámicos y una boca carnosa, amplia, muy expresiva y con un postgusto largo y sereno. Otro vino excelente sin duda. La tercera recomendación es vino Roda Reserva I 2014, elaborado por Bodegas Roda. Os lo recomendamos porque se aleja algo del toque tradicional de los reserva riojanos y trae un corte más moderno con 3% Garnacha Tinta, 7% Graciano y 90% Tempranillo, pero con tan solo 14 meses en barricas de roble francés. 40% nuevas y 60% usadas. El resto del tiempo, 30 meses, los pasa en crianza es afinándose en botella. Un reserva diferente pero que muestra la tipicidad del terroir riojano a la perfección. Un vino excelente. Y como cuarta recomendación de reservas, os acercamos un vino blanco, el Viña Tondonia Reserva Blanco 2004, elaborado por Bodegas R. López de Heredia - Viña Tondonia. Un vino elaborado con Viura (90%) y Malvasía (10%), procedentes de los viñedos que posee la bodega y con una crianza en barrica de 6 años, que nos deja un vino con una nariz muy compleja, tremendamente fino y elegante, pero a la vez con una gran presencia de fruta. Una boca suave, consistente, con buena estructura y un paso elegante y vino. Excelente vino blanco, ¡¡no solo hay tintos en Rioja!!

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Grandes Reservas de Rioja Vamos al segmento de los Grandes Reservas. Aquí hay una mayor oferta de vinos incluso, con enorme calidad. Nuestra primera recomendación son dos vinos elaborados por la misma bodega, La Rioja Alta, S.A., como son el Gran Reserva 890 2005 y el Gran Reserva 904 2007. El primero con 6 años de estancia en barricas, elaborado con Tempranillo (95%), Mazuelo (2%) y Graciano (3%). Rojo cereza, con borde anaranjado, abierto, de capa media. Nariz muy intensa, clásico bouquet de Rioja con notas especiadas, balsámicas de cuero curado, cacao, tabaco, vainilla con un fondo de fruta confitada. En boca es elegante, con buena estructura, equilibrado, con taninos sedosos y cremosos y una vivaz acidez final. El segundo con 4 años en barricas con 10% Graciano y 90% Tempranillo. Rojo cereza con ribete rubí teja. Nariz muy compleja, fruta en licor (cereza), especiados (vainilla), notas de pastelería, cacao, tabaco rubio y fondo con notas balsámicas y de hierbas aromáticas. Excelente equilibrio en boca, amplio, muy sabroso, con un elegante paso de boca, amable y delicado, taninos dulces y viva acidez. Final largo y complejo. Nuestra segunda recomendación es otro clásico de Rioja, el Imperial Gran Reserva 2011, elaborado por CVNE. 10% Graciano, 5% Mazuelo y 85% Tempranillo, con 24 meses en barricas de roble francés y americano. Intenso color granate cereza picota. Nariz con gran complejidad, con aromas de fruta en compota, regaliz de palo, y los procedentes de la crianza y envejecimiento, tales como aromas especiados y balsámicos. Toques a vainilla, toffe y chocolate. Su paso por el paladar es amable y sedoso con una personalidad marcada por la finura del tanino. Nuestra tercera recomendación es el vino Castillo de Ygay Gran Reserva Especial Cosecha 2010 elaborado por Bodegas Marqués de Murrieta. Elaborado en añadas excepcionales con 85% Tempranillo y 15% Mazuelo y una crianza de 24 meses en barricas de roble americano y francés de 225 litros. Nariz compleja con fresa y frambuesa madura, aromas de clavo y nuez moscada, hojas de té, cueros finos y grafito. En boca, se trata de un vino profundo, fresco y refinado; con un largo final y taninos aterciopelados. Una añada histórica.

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Nuestras últimas recomendaciones son dos vinos muy curiosos como El Puntido Gran Reserva 2006 elaborado por Viñedo de Paganos y el Prado Enea Gran Reserva 2011 elaborado por Bodegas Muga. El primero, elaborado en la Rioja Alavesa con Tempranillo 95% y Graciano 5%, con solo una estancia en barricas de 18 meses de roble francés y americano pero con muchos años en botella dejando un vino color cereza con ribetes violáceos, aromas a fresa madura y recuerdos de frutas tropicales, y una boca fresca y agradable. El segundo, un gran clásico de Rioja con 80% Tempranillo y un 20% entre Garnacha, Mazuelo y Graciano, expresión fiel de los grandes clásicos riojanos. Solo se elabora en las mejores añadas, como fue la 2011. Color cereza, capa alta y densidad media. Nariz fresca y compleja, aromas de frutos del bosque, moras y ciruelas, con notas de cacao, vainilla y un sutil aroma tostado Un paso fresco al paladar y una acidez muy bien integrada. Agradable y fascinante textura en boca y con un largo y persistente final. Limpio y fresco con gran potencial de envejecimiento.

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Vuelven las burbujas por Navidad

Autor Sumiller José Luis Del Campo Fotografia: La Designation de Champagne, Reim, Francia Si se acerca la Navidad, todos sabemos que llega el tiempo de las burbujas, o sea, de los vinos espumosos. Champagnes, Cavas, Proseccos o cualquier otro tipo de vino espumoso seguro que es bien recibido en las mesas navideñas. Hay que reconocer que muchos son los que creen que todos los vinos espumosos son más o menos iguales, incluso hay quién llama a todos estos vinos directamente ‘champagnes’. Pero lo cierto es que el mundo de los vinos espumosos es realmente complejo, diferente al de restos de vinos y en el podemos encontrarnos con infinitas posibilidades que se pueden adaptar prácticamente a todos los paladares. Solo hay que conocer nuestros gustos porque luego la oferta de vinos espumosos es casi interminable. Si hablamos de escoger Champagnes, lógicamente nos orientaremos a aquellos vinos espumosos elaborados en la zona francesa de la Champagna, aunque hay algunas zonas limítrofes en las que los vinos, por ahora, tienen el permiso para denominarse también champagnes. Si miramos el mapa, esta zona Champaña-Ardenas, el núcleo principal está en el departamento del Marne, donde están las tres cuartas partes del total de viñedo, en el entorno de las ciudades de Reims y Epernay, separadas por una pequeña cadena montañosa (las Montañas de Reims). Aquí nos encontramos con más de 34.000 hectáreas repartidas en 319 pueblos. La Champagna se divide en cuatro subzonas (Montañas de Reims, Valle del Marne, Cote de Blacs y Cote des Bars), dos de ellas con el cultivo principal de Pinot Noir, una con la Chardonnay y otra con la Meunier, las tres uvas principales (una tinta y dos blancas) destinadas a la elaboración de los champagnes franceses. Diferentes suelos, diferentes uvas y diferentes coupages para elaboración de los champagnes que permiten encontrar, sin lugar a dudas, uno de estos vinos que se adapte perfectamente a nuestros gustos. Pero todos estos vinos espumosos deben ser elaborados por el Método Champegnoise, en donde la segunda fermentación se realiza en la botella. Después de agregarse el licor de tiraje se las coloca en pupitres, y se les realiza un movimiento rotativo, hasta que las botellas quedan con el cuello hacia abajo. Esto permite que los sedimentos que se producen durante la segunda fermentación se depositen en su cuello. Este proceso puede durar varias semanas, incluso meses. Tras esta segunda fermentación, se realiza el degüello, en donde se despiden los sedimentos y se pierde un poco de líquido que es reemplazada por un licor llamado de expedición, compuesto por un vino edulcorado, que se dosifica de acuerdo a la categoría o el grado de sequedad que se desea, dando origen a los diferentes tipos de vino: • Nature: sin azúcar agregado. • Brut Nature: hasta 3 gramos de azúcar por litro • Extra Brut: hasta 6 gramos de azúcar por litro • Brut: hasta 15 gramos de azúcar por litro • Extra Dry (seco): entre 15 y 20 gramos de azúcar por litro • Dry o Seco: entre 20 y 35 gramos por litro • Demi-Sec o Semi-seco: entre 35 y 50 gramos de azúcar por litro • Doux o Dulce: más de 50 gramos de azúcar por litro

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Nuestros Champagnes recomendados Dentro de la amplia oferta de champagnes, todos ellos de excelente calidad, nuestras recomendaciones son: Bollinger R.D. 2004, un Gran Reserva elaborado con Chardonnay y Pinot Noir, elaborado por la Maison Bollinger en la Montagne de Reims, de viñedos de viñedos en un 88% Grands Crus y el resto Premiers Crus. Los suelos son arcillo-arenosos con presencia de piedra caliza. Es un champagne con 3 gramos por litro de azúcar, un Extra Brut. Las siglas R.D. significan “recién degollado“ y la fecha de degüelle figura en la contra-etiqueta. Es un champagne maduro, complejo y delicado. En nariz destaca su distinguido aroma a fruta blanca confitada, notas florales y de bollería fresca. La entrada en boca es elegante, con textura sedosa y fina burbuja. Solo se elabora en aquellas añadas en las que la calidad de las uvas es excepcional. Gran capacidad de guarda. Perrier Jouët Belle Epoque 2012. Es la cuvée de prestigio de Perrier-Jouët, notable maison de Champagne fundada hace más de dos siglos. Comenzó a elaborarse en 1964, siempre con una composición similar de 50% Chardonnay, 45% Pinot Noir y 5% Pinot Meunier de grands crus. Elegancia, estructura y prodigiosa complejidad. Un champagne magnífico, que solo se elabora en las mejores añadas. Se añeja en las cavas de la bodega al menos durante 10 años antes del obligado degüello de las botellas. La Grande Dame 2008 Brut, un champagne elaborado por Veuve Clicquot con 92% de Chardonnay y 8% de Pinot Noir procedentes 8 viñedos propios de Grand Cru, con entre 6 y 12 g/L de azúcar (Brut). Un champagne que nos deja aromas sutiles de miel, frutas frescas del huerto y brioche, seguidos de un paladar amplio y carnoso de cuerpo medio a completo, con una mousse espumosa, ácidos maduros. Un final con sensaciones de viveza y fugacidad.

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Nuestros espumosos españoles recomendados Un Cava y un vino espumoso. Nuestra recomendación en cava es este Gramona III Lustros Finca Font de Jui 2012 (Corpinnat) de Cavas Gramona. Es probablemente uno de los Brut Nature con más crianza de nuestro país. Elaborado 65% Xarel.lo y 35% Macabeo. En vista presenta un color pajizo de ribetes dorados. La nariz con buena intensidad y gran expresividad. Fruta de hueso madura, melocotón, albaricoque, fruta blanca, manzanas. Hierbas mediterráneas: romero, tomillo. Toques florales. Notas de crianza: frutos secos, avellanas, nueces, corteza de pan tostado, café y notas especiadas. De entrada en boca contundente, de gran estructura a su paso por el paladar. Burbujas finísimas que se funden en el vino dejando una textura aterciopelada. Gran frescura y verticalidad, con un final de boca de sensaciones minerales Y nuestro vino espumoso recomendado es este Izar-Leku Hondaribi Zuri 2015, un vino espumoso elaborado con 92% Hondarribi zuri y un 8% Hondarribi beltz, con dos años y medio de fermentación en botella y crianza sobre sus lías. La mano de Artadi está detrás de este vino espumoso de color pálido con reflejos dorados y velados verdes esmeralda. En nariz presenta notas de cítricos, sutiles notas de hierba fresca y hierba buena, delicados aromas tostados, con un marcado final de piedra de sílex. En boca, amplia y jugosa sensación con volumen y untuosidad. Burbuja fina, envolvente y cremosa.

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FotografĂ­a Oriol Balaguer 84


Los postres navideños y sus maridajes

Autor José Luis Del Campo Villares Fotografia: Las Bodegas Varidadas Los postres son uno de los puntos más importantes en las próximas mesas navideñas. Son el colofón a la comida o la cena y abren el momento de la sobremesa con lo cual son muchos los que les dan una gran importancia en el momento de planificar los menús. Todos los países tienen sus postres típicos navideños, con lo que hoy queremos acercaros algunos de ellos y daros alguna propuesta de maridaje con vinos para que los podáis acompañar y haceros una experiencia enogastronómica inolvidable. Y al hablar de postres navideños, debemos incluir los dulces típicos de estas fechas, que en ocasiones son los protagonistas ya en sí mismos, mientras que en otras son acompañados por otros productos, como helados, mermeladas, chocolates, … Nosotros hoy os sugerimos posibles maridajes con diferentes vinos partiendo de estos típicos dulces navideños repartidos por todo el mundo. Postres y dulces navideños maridados con vinos El Trifle británico es un postre típico de Navidad muy versátil, muy colorido y lleva varias capas. Partiendo una base bizcocho muy esponjoso lleno de crema custard, frutas, frambuesas, moras o gelatina. A veces se aromatiza con un poco de vino. Es un postre fresco, que se le puede dar un toque de acidez. Por ese motivo, nuestra sugerencia de maridaje es un vino elaborado con PX, o sea, Pedro Ximénez, ya que su dulzor natural y textura en el paso por boca es una explosión de sabores y contraste con una postre como este. Otro postre típico de la Navidad nos llega del país vecino, de Francia. Se trata del Tronco de Navidad o Bûche de Noël. En forma de tronco, nos encontramos con un esponjoso bizcocho con crema de mantequilla de chocolate y un bizcocho genovés. Hay quien lo prepara con mazapán e incluso con helado, lo cual le da múltiples opciones de maridaje. Ante este postre, con mucho chocolate, se nos ocurre un maridaje con vino espumoso del estilo ‘Nature’, sin azúcares añadidos. Las burbujas limpian el paladar en cada sorbo y aportan la acidez de las uvas y azúcares naturales, nada añadidos. Un contraste muy interesante sin duda. ¿Quién no conoce el Panettone? Ese dulce navideño italiano que empieza a aparecer nada más que se oyen los primeros villancicos. Un dulce que se ha extendido por todas las mesas del mundo, es de los dulces navideños más internacionalizados. Este bollo brioche compite con polvorones, mazapanes y turrones. Hay quién lo acompaña con una buena taza de chocolate o le echa diferentes tipos de mermeladas pero ¿y con que vino? El que tenga relleno y de que tipo, o el que se acompañe con otros productos/sabores, condiciona mucho. Si queremos maridar el típico Panettone, el más sencillo, nos decantamos en esta ocación por un Prosecco Rosado italiano. Combinación perfecta.

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Muchos igual no lo conocéis por su nombre original, Makowiec (típico de Polonia), pero en cuanto lo veáis en foto, sabéis en seguida de que dulce os estamos hablando. Seguro que a muchos se os viene a la cabeza el brazo de gitano. Es un bollo enrollado que ofrece toda una explosión de sabores en su interior ya que admite multitud de rellenos. Los más clásicos llevan una crema de semillas de amapolas, pasas, naranja, nueces, almendra, azúcar y zumo de limón entre otros ingredientes. Os imagináis la carga cítrica que llevan sensaciones ácidas y dulces, con predominio de las primeras, con lo cual nos apetece un maridaje con algún vino que aporte un porcentaje de dulzor interesante. Nosotros nos decantamos en esta ocasión o por un Palo Cortado, un vino generoso, seco, que ha tenido crianza biológica y posterior crianza oxidativa (siendo mayor esta segunda en tiempo) o bien por un PX de añada, como es este PX de 1965 de Toro Albalá. Además son vinos que nunca saben igual, lo que se nos antoja una sorpresa en el paladar en cada trozo de este dulce y el sorbo de esto vinos. Otro de los muy extendidos dulces/postres navideños repartidos por medio mundo, mucho por el centro de Europa, es el Christstollen, originario de Alemania. El Christstollen es un pan servido como postre en Navidad que tiene formas que recuerdan a un niño recién nacido envuelto en sus pañales (ese es el consejo que dan los cocineros cuando se elabora). Por esta razón se cubre de polvo de azúcar. Hay múltiples variantes de este postre, admitiendo frutos secos, mazapán, fruta como melocotones por ejemplo. Un postre que ofrece también una gran versatilidad de vinos para su maridaje. Por su procedencia y textura en boca, creemos que lo ideal sería un vino blanco con cierto residuo dulce que choque con la acidez de las uvas, con lo que algún Riesling alemán también, nos parece una ideal combinación.

Fotografía Oriol Balaguer

El Pandoro es otro de los típicos dulces navideños que se ha extendido por medio mundo, como su paisano el Panettone. Un dulce italiano, de origen en la ciudad de Verona. La forma del Pandoro es muy característica y diferenciadora de cualquiera de los otros dulces de esta época. Troncocónica, con relieves en forma de estrella, normalmente de ocho puntas. La masa, de tipo brioche, posee un color amarillento en su interior, debido al predominio del huevo y la vainilla entre sus ingredientes. También contiene harina, azúcar, mantequilla, manteca de cacao y levadura. A diferencia del Panettone, no se rellena, con lo cual es de textura seca en el paladar y no demasiado dulce frente a otros postres. Ponemos para maridar una Manzanilla Pasada en Rama, que nos parece perfecta.

Más dulces y postres navideños españoles Aquí puede que el producto estrella de nuestras mesas navideñas sea el Turrón, además de los navideños Mazapanes y Polvorones. A estos dos debemos añadirle un dulce que está en todas las casas españolas para acabar las Navidades. No es otro que el más que famoso ‘Roscón de Reyes’. La enorme variedad de elaboraciones, ingredientes, tipos de texturas que admiten los turrones hoy en día, convierte a su maridaje con vinos en una ‘obra de ingeniería’.

Fotografía Claudio Mollo

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Si vamos a los turrones tradicionales, un espumo Brut, Brut Nature, Seco e Semiseco, son sin duda opciones que nunca fallan, aunque hay que reconocer que dependiendo del turrón hay probablemente opciones mejores de maridaje. Aquí solo os podemos recomendar que probéis diferentes alternativas. Mazapanes, ¿quién no conoce su textura cuando los mete en la boca? Admiten tanto el acompañamiento de un vino dulce como uno que tenga importante acidez. O contrastan ‘el bocado’ o lo potencian, cualquier opción es posible y todas ellas interesantes. Os recomendamos algún vino elaborado con la variedad Moscatel o Moscatel de Alejandría, vinos que pueden llevar un dulzor natural pero que chocan con la acidez de las uvas con las que se elaboran. Polvorones. Quién haya metido un polvorón en la boca, ya sabe bien a lo que se enfrenta. Por lo tanto, huir de vinos densos, de alto contenido en azúcar, glicéricos, porque como se mezclen con el polvorón en la boca, el peligro de que se haga una masa única intragable es realmente factible. Por último llegamos al ‘rey’ de nuestros dulces navideños, el ‘Roscón de Reyes’. El azúcar que se le echa por encima condiciona el maridaje, lo mismo que el tipo de relleno que lleve, de nata, de crema pastelera, de chocolate, mermeladas de sabores, … El maridaje de un roscón es ‘una aventura’ ya que admite prácticamente de todo y siempre se le puede sacar aportes espectaculares. Si nos admitís una recomendación, mejor un vino espumoso, ya que el carbónico de sus burbujas os ayudará a limpiar el paladar después de cada trago y quedar limpio para otro trozo de roscón.

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Giorgio Bernasconi, da avvocato di successo a ristoratore per passione di Maurizio Pelli editore fotografia: Ristorante Piazza Repubblica Giorgio Bernasconi, una mia vecchia conoscenza - amicizia, risalente al secolo scorso, dai remoti tempi del “Collegio Gallio” che furono. Giorgio da sempre non solo ospitò gli amici, ma cucinò per loro, tanto che con il passare del tempo, lo costrinsero ad aprire un suo ristorante. “No, scusi, ma Lei non faceva il barista in un film con Diego Abatantuono?”, chiedono gli avventori. “Sì, certo, era Eccezzziunale Veramente Capitolo Secondo!”, Giorgio spesso finii sui set dei film, per caso impersonò il proprietario di un bar, “Da Bastianello” a Milano. “Tutto nacque così, altrimenti non saremmo qui io e lei a mangiare questo bel risotto con l’osso buco o da settembre, a gustare qualche piatto dal menu del tartufo, da sempre la nostra specialità”. Così Giorgio risponde ai clienti che lo riconoscono. Giorgio Bernasconi, classe 1956, fu comasco solo per breve tempo, viaggiò molto e attraversò molte vite, da padre e nonno di grandi e piccoli, l’ultima figlia, Olimpia, ha dieci anni, marito ed ex marito. Da manager di un’importante impresa di costruzioni, avvocato di attori - cantanti - calciatori e imprenditori a creatore di una linea di orologi e gioielli. Da proprietario di una piccola società di elicotteri per passione a pilota di rally e campione di poker sportivo, il primo italiano nel 2007 ad aver vinto una gara europea di “Poker Stars” a Montecarlo - Principato di Monaco. Ma, il “fil rouge” trasversale, è sempre stata la sua passione per il buon cibo, la cucina, i sapori naturali, la bellezza della tavola e l’arte del ricevere con classe e familiare discrezione. Il lusso silenzioso e costante di un professionista, può essere e divenire “ristoratore ideale” in una città come Milano dove tutto corre veloce. Ma, cosa c’entra tutto questo con “Eccezzziunale Veramente”? C’entra, c’entra. Diego Abatantuono e gli altri amici, conoscendo la sua passione per la cucina e l’ospitalità, erano frequentemente ospiti a casa sua per cena. Due Televisioni, una per i rossoneri capitanati da Diego, e l’altra per loro interisti. Mentre Giorgio era ai fornelli, da quella sera e per tutto il tempo delle riprese, tutta la troupe, con suo piacere fu ospite fissa nella sua casa. Un giorno, con molta dolcezza, la sua compagna Michela, proprietaria di un’azienda che produce ottime paste, lo mise alle strette e gli fece capire che non si poteva continuare in quel modo, e così fu che senza indugio, Giorgio pensò di aprire un suo ristorante! Da più di dieci anni, la combriccola enogastronomico - notturna, si stabilì permanentemente al ristorante “Piazza Repubblica” in Via Aldo Manuzio – 11, a venti metri da Piazza della Repubblica, vicino alla “Stazione Centrale” di Milano. In realtà la genesi del suo ristorante ebbe diversi risvolti. “Questo è il mio inno alla vita, durante il 2010 ho avuto una figlia, venne a mancare mia madre e mandai a quel paese un brutto male. Decisi cosi, di dedicarmi quello che molti avrebbero desiderato possedere: un ristorante! È una grande 89


espressione di te stesso, se ci riesci... Fermo restando, che continuerò a esercitare la mia professione di Avvocato nel mio studio a Milano”. “Al ristorante Piazza Repubblica, tutto il personale ha ricevuto un mandato, che probabilmente è una delle nostre principali doti: accogliere e servire i clienti con arte e con molta discrezione, seguendo e memorizzando le loro esigenze, per principio di ospitalità, non solo in funzione di un loro possibile ritorno”, spiega Giorgio. Le portate servite ai tavoli sono sapientemente create e presentate da chef Alex Brambilla, giovane milanese, allievo prediletto di Chef Sergio Mei, ex “Maître a Penser” del “Four Season” di Milano, suo grande amico. “Uno dei nostri investimenti più importanti è mirato sulla scelta dei prodotti e degli ingredienti, tutta la materia prima in genere, tra le mie passioni c’è anche l’arte della coltivazione in campagna, ragione per la quale ho creato l’orto del ristorante, che seguo di persona”, precisa Giorgio e prosegue “Lo stile dell’accoglienza e la qualità del cibo sono le migliori pubblicità internazionali. Ospitiamo clienti da tutto il mondo chi ci vengono a trovare ogni anno. Tra i quali il presidente degli industriali del Brasile, cenò qui, in incognito con la famiglia, quando ritornò a Milano in visita ufficiale, si presentò da noi con una delegazione di cinquanta persone, Marc Jacobs e la sua tavolata di ventotto commensali, furono rimasti così soddisfatti che lasciarono una mancia da capogiro”.

Alla fine, dopo tanti anni, con percorsi totalmente diversi la nostra passione comune ci ha portati allo stesso punto d’arrivo. L’avresti mai pensato 50 anni fa, seduti sul pulmino che ci portava in collegio? Sicuramente no, ma come questa anche tante delle varie e diverse faccende di cui mi sono occupato nella mia vita Da avvocato a patron ristoratore, il passo è breve? Il passo è breve se lo intendiamo in senso inverso, perché da Avvocato e buon Italiano quasi tutti gli affari nella mia vita sono nati o si sono conclusi davanti buon pasto in un buon ristorante, anche se allora ero cliente… Tra le tue diverse professioni - occupazioni, qual è stata la più utile per affermarti un “ristoratore di successo”? Ognuna ha fatto la sua parte, come per un buon cocktail. Forse, proprio questa varietà, mi permesso di costruire, in dieci, anni un qualcosa di bello.

È privilegio di pochi poter fare professionalmente quello più si ama e possedere qualcosa che nel tempo si ha desiderato. Come ci sei riuscito? Con costanza, perseveranza e presenza anche fisica continua. Aiutato dalle mie pubbliche relazioni nei diversi settori; artistico, sportivo, manageriale e professionale. Aprire il tuo ristorante al centro Milano, fu per scelta o per caso? La scelta di Milano centro fu il primo punto certo. L’alternativa della cascina in campagna, con un grande camino, risultò tanto affascinante quanto utopistica. 90


Raggiungere un’obiettivo e conquistare pozioni è senza dubbio soddisfacente, da molti è considerato un “sogno irrealizzabile”. Per altri è solo un tassello in più da inserire nel percorso. Conoscendoti, quali sono i tuoi progetti futuri? Sono molto contento e appagato di quanto costruito in dieci anni, grazie a un grande staff e alla preziosa collaborazione del mio amico Chef Sergio Mei, che in questa occasione pubblicamente ringrazio. Devo ringraziare anche Facebook, il social network che quotidianamente mi ripropone tanti momenti felici, di grande cucina, convivialità e divertimento che resteranno per sempre nella memoria digitale. Di progetti si vive, tanti resteranno tali, basta il piacere del loro pensiero, anche se qualcuno spero ancora di concluderlo. L’unico, che mi sta veramente a cuore, è quello di potere vedere crescere insieme alla mia compagna Michela, la mia piccola Olimpia di dieci anni, sorellina degli altri miei figli Carolina e Niccolò.

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Chef Riccardo Farnese & Sommelier Chiara Viola, “Da u Titti”, un’affiatata ristorazione di coppia

di Maurizio Pelli editore fotografia - Ristorante Da u Titti Chef Riccardo Farnese, Varesino, classe 1988, cresce nelle cucine delle nonne, dove, già precocemente scoprì la sua passione per la cucina. Da loro scoprì ogni segreto, scavò nelle origini delle loro cucine regionali, una veneta l’altra abruzzese, assaporando e rispettando la tradizione della cucina italiana. Frequentò l’Istituto Alberghiero del “Collegio De Filippi” di Arona, offrendosi durante le vacanze, come stagista nei più noti e ambiziosi ristoranti, prima Hotel “Villa Crespi” a Orta San Giulio, poi “Da Vittorio” a Brusaporto. Dopo la maturità, frequentò diversi corsi al “Etoile Academy Campus” di Tuscania, dove approfondì due delle sue grandi passioni; la pasticceria e la panificazione. Chef Riccardo, ambisce ad apprendere il più possibile, inizierà subito una serie di importanti esperienze, come lavorare la materia prima più semplice, quella della terra. Si trasferisce a San Cassiano in Alta Badia, entrerà nelle cucine del ristorante “St. Hubertus” tre stelle Michelin con Chef Norbert Niederkofler dell’Hotel “Rosa Alpina” e in seguito al ristorante “La Siriola”, due stelle Michelin con Chef Matteo Metullio all’Hotel “Ciasa Salares”. Dalla montagna scende al mare, Chef Riccardo approda in Liguria, al “Hotel Ristorante Claudio” a Bergeggi, di patron Claudio Pasquarelli, una stella Michelin, dove Riccardo impara a conosce, cucinare e amare il pesce. Dal pesce alla carne, collabora per un anno con un macellaio, per apprendere e capire i diversi tipi e tagli delle carni. Seguiranno cinque anni come chef al Hotel Relais Chateaux & Golf Resort La Meridiana” a Garlenda, dove impara a gestire ordini, il personale e a condurre una cucina nella sua completezza. Durante l’ultimo anno, conosce la sommelier Chiara Viola, oggi sua moglie. Decisero così di unire “cucina & vini” e di condividere tutte le loro esperienze per costruire qualcosa insieme, che rispecchiasse l’idea e la visione della ristorazione di entrambi. Alla ricerca della location più adatta, immersi nel verde degli ulivi, giunsero al piccolo borgo medioevale Lingueglietta - Imperia, uno tra i più belli d’Italia. Saliti alla piazzetta affacciata al mare, che gode uno dei più spettacolari panorami della riviera di ponente, ne rimasero incantati. Da quattro anni, aprirono “Da u Titti”, un piccolo e curato ristorante con una magnifica terrazza vista mare, che gestiscono insieme. Dove propongono una delle migliori interpretazioni avanguardiste, di inedita evoluzione della classica cucina di terra e di mare di tradizione ligure. Una cucina audace, creativa e mai scontata che rispetta la stagionalità, attenta alle materie prime e alla freschezza giornaliera dei prodotti. Tutte le paste fresche, il pane, le focacce e i grissini sono fatti in casa, tutte le sere prima di iniziare il servizio. Cinque motivati giovani collaboratori, suddivisi fra sala e cucina, completano lo staff del ristorante. Sommelier Chiara, non solo gestisce la cantina, ricca di circa 180 etichette tra Champagne, vini italiani e francesi, ma si occupa anche della Sala. Con pacato garbo, descrive ai clienti, i piatti di una cucina non facile interpretazione, con passione, fantasia e tantissimo impegno. Insieme, tutti i giorni, portano avanti il loro progetto con entusiasmo e passione. Da u Titti, il menu cambia ogni 60 giorni, sempre tenendo conto della disponibilità e la stagionalità dei prodotti che il mare e le colline liguri propongono.

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Recentemente, poco prima che divampasse la pandemia Covid19, ebbi il piacere di cenare da u Titti, grazie a un invito “secretato” di Roberto Mostini, che fino al momento dell’arrivo al ristorante, certo di sorprendermi, non fece alcun cenno riguardo a Chef Riccardo e alla destinazione finale: “E sorpresa fu! Dopo la finezza di esecuzione dei bon-bon di gamberi rosa, della terrina di gallina e fegato grasso, seguito del cannolo di finanziera di coniglio, castagne e nocciole e della sardenaira 2.O, già intuii l’intento di segretezza del noto gastronomo Mr Roberto Mostini. La sorpresa, fu il presente di qualcosa di inedito, di abbinamenti non immaginati e fuori dai canoni. Come l’animella, liquirizia e nocciole. Un ossobuco freddo? Sì, una battuta al coltello di filetto di Fassona, con la sapidità regalata dalla spuma del midollo, reinserita nel cavo del suo osso con senape, zucca grigliata e cipolla fritta. Una lepre in salmì che saltò prepotentemente nel piatto dei fusilli, mitigata dai mirtilli rossi e dalla dolcezza della cipolla brasata. Meno sorprendenti sarebbero stati i pansotti di prescinseua, finferli e vongole, se non fossero stati tirarti con un fondo di pollo arrosto! Il maiale proposto in tre differenti preparazioni; la testina fritta con la maionese affumicata sorpresa dal dolce - piccante della mostarda di chinotti di Savona. La costina “reverse” al BBQ, con la parte croccante sotto per non compromettere la croccantezza dalle salse chili e mais irrorate sopra. La guancia alla birra, patata americana e il croccante alle arachidi. Sorpresa fu anche lo Champagne, “L’Âme De La Terre” 2006, Millésimé, Françoise Bedel, mai testato prima”

Lingueglietta, fu per scelta o per caso? In quel momento storico, 4 anni fa, si presentò la scelta di tre possibili location; Alassio, Seborga e Lingueglietta. Appena arrivati, immediatamente ci innamorammo della terrazza. Ragioniamo molto con il cuore e con la pancia, quel posto sarebbe stato nostro! I tuoi stage e tue esperienze formative, iniziano con la cucina di terra, passano per la carne, fino all’immersione totale in quella di pesce, sembra siano state programmate per cucinare tra la collina e il mare, esattamente dove avete deciso di aprire il vostro ristorante. Coincidenze? Assolutamente sì, pura coincidenza. Mi è sempre piaciuto sia il mare che la montagna. Cerchiamo di fondere i due elementi che si ritrovano nei nostri piatti.

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Aprire un locale e lavorare “in coppia”, anche se affiatati, non è cosa facile da gestire. Pro e contro? Mia moglie Chiara è il prolungamento delle mie braccia e della mia testa. Senza di lei, la nostra attività, non avrebbe continuità. È parte fondamentale del nostro ristorante. Ovviamente, qualche screzio ogni tanto può capitare…siamo umani! Cambiare il menu ogni 60 giorni, al posto delle convenzionali stagioni, è stata una scelta dettata dalla particolare disponibilità dei prodotti liguri? Più che in base alla disponibilità, è perché mi piace cambiare spesso i piatti. Ho costantemente bisogno di stimoli nuovi. Esentato dalle incombenze di curare sala e cantina, egregiamente assolte da tua moglie Chiara, come investi il maggior tempo a disposizione, più alla sperimentazione in cucina o alla ricerca dei prodotti? In primis, fu alla ricerca dei prodotti, non siamo liguri, siamo foresti! Conseguentemente abbiamo cercato prima di conoscere produttori e prodotti della zona, poi, con il tempo e l’esperienza, mi sono dedicato alla sperimentazione e agli abbinamenti in cucina. Progetti futuri? Continuare a dare il massimo e andare sempre avanti, amiamo questo lavoro! E tutto quello che verrà lo affronteremo con il sorriso e con la nostra immancabile voglia di fare ristorazione.

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Carlo Giordano Chiarva, un’appassionata missione per il “Caffè al Ginseng”. di Maurizio Pelli editore fotografia: Aralia Ginseng & Coffee Drink Carlo Giordano, piemontese, si trasferì in a Ravenna in Romagna alla metà degli anni novanta. Dopo aver conseguito il diploma di ragioneria e congedatosi dal servizio militare, iniziò subito il suo percorso commerciale, dedicato principalmente alla vendita. Spese i primi anni come dipendente, grazie ai risultati ottenuti e alla sua predisposizione al settore, presto divenne un agente di commercio autonomo. Il tempo di capitalizzare e si dedicò all’imprenditoria, da vent’anni, è il legale rappresentante di “Aralia”, la sua azienda. Dopo aver trattato diversi generi di articoli, negli ultimi anni si dedicò prevalentemente ai prodotti food & beverage e alle relative attrezzature, decidendo di contribuire allo sviluppo del mercato del Caffè al Ginseng, prima a livello nazionale, poi europeo, espandendosi infine a quello internazionale. Oggi, Carlo ottiene ottimi risultati sviluppando l’e-commerce; trattative telefoniche, per corrispondenza, usando il sistema operativo Windows - Internet - Posta Elettronica - Skype e tutti i principali “social network” della comunicazione online. Una scelta vincente, che ha aumentato in maniera esponenziale la clientela e sostanzialmente le vendite. Risultato ottenuto grazie a due anni di collaborazione con una delle più note società leader del settore, specializzata nella realizzazione di siti web, posizionamento e web marketing. Motivato dalla passione per il suo lavoro, con l’obbiettivo del conseguimento dei risultati, non trascura la cura dei dettagli e il rispetto per la clientela, da sempre stimoli che alimentano il suo percorso professionale e umano. Sempre lieto di poter approfondire le esigenze di clienti e consumatori, mettendo a disposizione le sue informazioni e la sua esperienza, per contestualmente crescere professionalmente insieme. Misurarsi con il mercato e le aziende in continua evoluzione, per Carlo significa mettere in pratica quanto finora appreso, preferendo considerarsi “partner” più che semplice fornitore. La sua è una filosofa di coerenza tra tradizione e innovazione, amore per le cose belle e rispetto per la natura. Condividere il valore aggiunto organizzativo per trovare le soluzioni problematiche delle gestioni dei suoi clienti, considerando la sua disponibilità e flessibilità come punti di forza. Valori essenziali di collaborazione in questo settore in continua evoluzione e sviluppo. Crea così il “Ginseng Coffee DrinkTm”, dalla famosa radice dalla quale si possono ottenere molti prodotti alimentari, dalle innumerevoli proprietà benefiche. Ultimo ritrovato in fatto di moda “da bar”, una bevanda solubile, che può essere servita in tazza piccola o grande come l’orzo, il the, la cioccolata, normalmente calda o anche shakerata guarnita da panna montata e spolverata di cacao amaro. Una bevanda poco più costosa di un normale caffè, che velocemente si è diffusa nei bar di molte città, complice la tendenza del consumatore più esigente continuamente attento alle novità e attratto dalle mode orientali, sempre più seguite sia in Italia, in Europa e nel mondo. Oggi, il caffè al ginseng è servito in molti ristoranti, bar e punti di ristoro. Una miscela d’impatto unica, di “gusto e vitalità”; amarognola, di gradevole profumo, di sapore lievemente caramellato e dal colore nocciola. Grazie alla bassa percentuale di caffeina presente ha trovato un ampio mercato come “corroborante’, in alternativa al classico caffè conquistando sempre più consumatori. Carlo Giordano non si ferma al settore di mercato conquistato dal suo Ginseng Coffe, ma ne elabora l’aspetto energetico e salutistico della bevanda sviluppando “Aralia Ginseng & Coffee Drink” considerando la nostra alimentazione mediterranea, ricca di grassi che possono avere un effetto positivo o negativo sul livello del colesterolo e nel sangue, secondo la loro classificazione di saturi o insaturi. 98


Dagli studi effettuati è stato dimostrato che gli acidi grassi di tipo “trans” sonoi più dannosi di quelli saturi, poiché alzano il livello del colesterolo LDL e non quello HDL, aumentando così il rischio cardiovascolare. Oggi, Carlo offre un prodotto che contiene una quantità inferiore allo 0,05% di acidi grassi trans, il suo prossimo obbiettivo e quello di realizzare una nuova versione totalmente priva sia di grassi che di grassi-oli idrogenati. Un caffè al ginseng privo acidi grassi trans, con un estratto di ginseng pari all’1% e caffè solubile pari al 12% aumentando la capacità dell’organismo di adattarsi meglio alle numerose richieste fisiche e mentali della vita quotidiana. Infine Carlo crea anche “Royal Bitter Taste”, dedicato a chi segue una dieta, un prodotto senza acidi grassi trans, con un estratto di ginseng all’1% e caffè solubile, in questa proposta, pari al 20%, meno dolce ma ugualmente gradevole, salutistico e leggero dal retro gusto amabile leggermente amararognolo.

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Da rappresentante di commercio a imprenditore il passo è breve? Dipende dai punti di vista, l’agente o rappresentante di commercio è per sua natura giuridica “libero professionista, ovvero un lavoratore autonomo. Anche l’imprenditore svolge il proprio lavoro in autogestione e indipendenza. Tuttavia il carico di responsabilità decisamente diverso, l’agente di commercio organizza il proprio lavoro sulla base dei contratti sottoscritti con le aziende mandanti rappresentate. L’imprenditore deve “fare impresa” deve occuparsi di ogni aspetto dell’attività della sua Azienda. Nello specifico, per quanto mi riguarda, all’epoca avevo intrapreso la libera professione quale agente di commercio per l’azienda presso la quale ero stato dipendente per alcuni anni, con il ruolo di assistente alle “Vendite Italia”, pochi mesi dopo, con alcuni patner, decidemmo di costituire la prima società imprenditoriale, presso la quale avevamo una doppia responsabilità, in primo luogo in qualità di soci e allo stesso tempo come agenti generali per conto della medesima. Quando ha deciso di fondare la tua azienda? L’azienda Aralia fu costituita a fine 2009, sulla base di due esperienze precedenti, ambedue imprenditoriali. Aralia nacque quasi per gioco, come sfida, poiché uscivo da realtà analoga con un certo bagaglio culturale acquisito. Il ginseng, o meglio, creare un caffè al ginseng, fu per passione o per necessità? La realizzazione “nulla si crea e nulla si distrugge” della versione Royal Bitter Taste, senza zucchero saccarosio e con una percentuale di punto dolce inferiore all’1% per porzione, fu un’intuizione che nacque dalla passione per il mio lavoro e dalle esigenze di mercato. Proprio in quel periodo iniziò la richiesta dei prodotti salutari, da parte dei consumatori sempre più attenti ed esigenti in materia di benessere, rispetto per il proprio corpo e la propria salute. L’e-commerce, come ha cambiato il “settore vendite” nella tua azienda? Il commercio elettronico è oggi piuttosto imprescindibile, soprattutto per prodotti alimentari di consumo nelle confezioni monodose. Abbiamo in corso il progetto e la realizzazione di e-commerce di una certa importanza, occorrerà ancora un po’di tempo per il lancio, complici ahimè, le complicazioni derivanti dalla pandemia Covid 19.

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Curare l’aspetto salutistico e dietetico dei tuoi prodotti è motivato da esigenze di mercato o da un tuo personale desiderio? Come accennavo al punto precedente, la motivazione principale è sempre il rispetto per il prossimo, anch’io sono un consumatore, uno dei tanti milioni del mondo. L’Amore e la cura di quello che facciamo ogni giorno, può solamente produrre buoni frutti, per una soddisfazione reciproca. È molto piacevole ricevere complimenti per i nostri prodotti, specialmente da parte di chi non consumava Aralia Ginseng Caffè, causa la disinformazione, o dopo aver assaggiato prodotti similari esageratamente zuccherati. “Non credevo, non conoscevo il vostro Bitter senza zucchero, è veramente una ottima bevanda”, sentirlo affermare da un nuovo cliente acquisito è una soddisfazione di grande appagamento e piacere, aldilà degli aspetti puramente economici. I tuoi nuovi progetti saranno legati sempre al ginseng, o hai già in mente qualche nuovo ingrediente da sviluppare? Il mondo del ginseng è in costante sviluppo, specialmente all’estero, dove esistono ancora molti Paesi da conquistare. Il futuro sarà sempre più legato ai prodotti dagli aspetti salutistici, in grado di trasferire benefici effetti al corpo umano. Dal sistema nervoso centrale, all’apparato circolatorio cardiovascolare e al tessuto muscolare, tutto in funzione della sempre maggiore longevità raggiunta dall’uomo. Da qui, l’esigenza costante di creare nuove bevande e alimenti sani e genuini. Con i nostri fedeli tecnici ed il reparto “Ricerca & Sviluppo” stiamo approntando alcuni nuovi prodotti, attualmente coperti dal segreto industriale e proprietà intellettuale. Noi di Aralia, guardiamo costantemente al futuro, cercando sempre di mantenere integri tutti i valori della nostra buona tradizione alimentare Italiana.

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Keep calm and drink Champagne: Tutto in una giornata memorabile Articolo e fotografia di Livia Riva Questo virus ha modificato tutte le nostre abitudini e, nonostante ci abbia fatto, e continui a farci soffrire, ha anche enfatizzato le nostre più grandi mancanze. Una di queste è sicuramente viaggiare. Mi sono messa quindi nella posizione di chi vorrebbe comunque fare un viaggio in Champagne, con la magica aria del Natale e senza alcun impedimento, concentrando tutto in un giorno da vivere come una favola. Vi lascio qualche consiglio per godere appieno del vostro tempo e del vostro piacere di essere in una delle terre del vino più belle del mondo. Sia che arriviate in aereo, treno o auto, la città da cui potete spostarvi meglio verso ogni villaggio agricolo è Reims. E non perché sia la più vicina, semplicemente perché è la più viva, la più popolosa e quella dove ci sono il maggior numero di locali come bar, ristoranti, brasserie e alberghi. A Reims ci sono anche le sedi delle più grandi Maison de Champagne e le 5 uniche crayères al mondo, che sono: Ruinart - Taittinger - Veuve Clicquot Ponsardin - Pommery - Charles Heidsieck Si tratta di enormi gallerie sotterranee scavate nel gesso (craie) ai tempi gallo-romani che utilizzarono questa pietra per costruire la città. Nel corso dei secoli sono servite da rifugi, ripari, nascondigli fino a quando, all’inizio del 1700, Nicholas Ruinart capì che questi cunicoli che si espandevano sotto la città per un totale di circa 200 chilometri, ad una profondità di 25/30 metri, costituivano un luogo perfetto in cui lasciare a maturare le bottiglie di champagne, con luce, temperatura e umidità costanti durante tutto l’anno. Alcune sono aperte al pubblico, altre invece si possono visitare privatamente solo su appuntamento e solo se si è professionisti del settore. A proposito, non consiglio mai di andare in Champagne durante i week-end perché molte delle maison e dei vigneron sono chiusi e non potrebbero ricevervi. Dopotutto sono giorni di riposo anche per loro! Scegliete quindi il vostro Hotel fra le varie possibilità offerte. Io consiglio, in funzione del budget di spesa: “Hotel de la Paix”, proprio in centro a Reims, “Holiday Inn ReimsCity Centre”, di fronte all’Hotel de la Paix, con prezzi leggermente più economici. Oppure, se non avete problemi di costi, andate diretti al “Relais Les Crayères”, dove, all’interno troverete anche un ristorante stellato “Le Parc” e il bistrot altrettanto sorprendente “Le Jardin”.

Una volta posata la vostra valigia, inizierette a godere di una delle più belle visite che potreste fare in 102


Champagne: Le Crayères di Taittinger. La Maison Taittinger fu costruita sulle macerie della basilica di St. Nicaise, distrutta nel diciannovesimo secolo. Visitando queste gallerie, a mio avviso, le più belle fra le cinque che ho citato insieme a Charles Heidsieck, sembra di sprofondare nel cuore di una Chiesa, con tutta la sacralità che questo comporta. Ecco che ci si accosta nel silenzio più rigoroso e si ammirano le ripide scale, i soffitti a volta, i fori dai quali gli uomini entravano per prendere il gesso, le pupitres tutte allineate con tantissime bottiglie di “Comtes de Champagne”, la cuvée de préstige de Taittinger, che stanno affinando con ancora gli lieviti nella bottiglia. Insomma, un mondo magico e incantato come buon auspicio per la notte magica del Natale. Una volta finita la vostra visita e la degustazione da Taittinger, vi verrà sicuramente fame. E allora andate immediatamente da Aline e Eric a “Au Bon Manger”, proprio vicino a “Place du Forum”. E’ una gastro omia, ma di quelle belle, piene di cose buone, gustose, rare e curate. Foie gras, un grande assortimento formaggi provenienti da produzioni minuscole, charcuterie di ogni tipo, salmoni canadesi e scozzesi affumicati appositamente per loro. Un piccolo paese del Bengodi. Aline, inoltre, ha solo vini e Champagne biologici e/o biodinamici e, quando siete da lei, correte il rischio di incontrare un sacco di vignerons produttori perché sono tutti suoi amici. Nel pomeriggio, dopo aver goduto di queste leccornie, potreste fare un salto al nr. 5 “Rue Coquebert”, sempre a Reims. Previo appuntamento, potete fare una visita privata alla magnifica “Maison Krug” e godere di una delle sue mitiche cuvée ascoltando della musica appositamente scelta. Infatti è da un po’ di tempo che Krug propone, in base alla composizione dei propri Champagne, dei brani sapientemente studiati e, fra una Grande Cuvée, un Vintage e un Collection, il fisico e lo spirito si ritemprano in un batter d’occhio ammirando la parete colorata con le innumerevoli bottiglie utilizzate nell’assemblaggio della Grande Cuvèe. Krug è tutto un mondo a sé. Usciti da quella magia, facendo solo due passi, possiamo entrare in un’altra dimensione incantata e visitare, proprio nella via lì dietro, la “Maison Roederer”, quella che produce il mitico Cristal. La sede è un insieme di tante costruzioni con cortili adiacenti e corridoi sontuosi che portano da una parte all’altra dell’edificio. Qui l’atmosfera è fin più seria e compressa rispetto a Krug, ma solo osservando le pareti colme delle grandi bottiglie di cristallo, agghindate con etichette ed effigi dorate, il sorriso viene spontaneo. La bottiglia di Cristal (una volta fatta in cristallo trasparente, da qui il nome) è unica al mondo: inconfondibile e inarrivabile, nonostante i tentativi di bieca imitazione. 103


Le grandi botti della cantina evocano un passato fatto di bottiglie straordinarie, fasti e cene meravigliose alla corte dei re. Degustare un Cristal, e conoscerne l’evoluzione nel corso dei secoli, è come appropriarsi di un pezzo di storia delle grandi Maison di Champagne. Una meraviglia! Il pomeriggio è finito e quindi, dopo un breve cambio d’abito in Hotel, possiamo uscire per un aperitivo molto “easy” in uno dei wine bar più in voga degli ultimi tempi: Wine Bar by “Le Vintage” a Place du Forum. Qui Nicolas e Gilles Papavero, due fratelli di origine italiana, vi faranno assaggiare tra le migliori bollicine francesi di piccoli vigneron ancora sconosciuti e di grandi maison ormai collaudate. Ma state attenti, perché un bicchiere tira l’altro e bisogna rimanere sobri per la cena, perché voglio portarvi in un posto meraviglioso: il ristorante “Le Parc”, all’interno del Relais Chateaux Les Crayères. E’ cucina classica francese, lo chef è Philippe Mille, e il servizio è impeccabile. La carta dei vini è lunghissima e non c’è che l’imbarazzo della scelta. Le sale non sono grandissime e il tavolo più bello è quello situato nel bovindo che si affaccia sul parco, un respiro di grande classe. Le voci sono tenui e le luci soffuse. I movimenti del maître e dei suoi assistenti sono precisi, diretti e mai affettati. Il menu “Promenade en Champagne” è un inno all’eleganza e alla grazia dei piatti golosi che si susseguono in modo composto. Un’esperienza magnifica che sublima tutti i sensi e, nel nostro immaginario, ci fa venire voglia di riprendere a viaggiare, il più presto possibile, per godere di tutte queste meraviglie. Torniamo a vivere, mondo, e facciamolo con tanto Champagne! Santé…!

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Woodstock Articolo di Corrado Passi Fotografia di Mauro Magagna

Il treno, appena emerso dal ventre metropolitano, sfiora la facciata di una casa rossa, di mattoni. Rallentiamo. Appaiono, in successione, muri verniciati di bianco sporco, lucidi e artificiali, la trama irregolare dei tetti, l’insegna Conveyancers, un caffè. È un’alba liquida, come la metropoli a quest’ora, con gli sguardi di silenzio della gente ed i suoi gesti cauti. Old Biscuit Mill: quando una parola perde il suo significato, essa acquista una nuova vita, un linguaggio diverso, più profondo. Nel beccheggio del treno abbiamo provato a cercarlo, questo significato negato, l’unica forza di un inizio del giorno di mattoni e asfalto sbrecciato, di cielo e nuvole sottili. È un tempo amniotico, quello del mattino capetoniano; esso, a tratti, regala l’impercettibile piacere di un ritorno graduale alla vita, come questa città che rilascia energia a poco a poco, un primo respiro. Tra gli occhi e le scarpe degli altri, ci muoviamo senza fretta. Si respira, ed il rumore di ferro e rotaie, di fianco a noi, è già un suono consueto, udito milioni di volte; è il primo segnale di vita aerobica, un urlo primordiale dal quale scaturisce una traccia, un lampo, un odore. Il rumore delle auto e dei bus si addensa facendosi più opaco, come la luce diafana del mattino: non c’è più, lungo la strada principale che ricorda un villaggio gallese, il tempo che tutti conosciamo. Lenti, senza accelerazione, camminiamo in mezzo alla gente, nella città che è ruota metallica e acciaio e vetro, e, infine, viottolo torto. C’è, in alto, un grande ombrello, il cielo.

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Esso comprende tutto ciò che abbiamo appena veduto, e ci spinge a cercare le parole adatte per chiamare quest’alba tardiva che è già quasi giorno ed assomiglia a ieri, o prima ancora, mentre leggiamo i nomi delle strade laterali per trovarvi un senso e annusiamo l’aria di mare. Ognuno, qui, sembra viva e si muova secondo la sintassi che gli è propria, la luce da cui nasce ogni mattino. Sentiamo, tutti noi, di appartenere alla grande madre, la Montagna che, in questo luogo, è da sempre solo una favola rassicurante e transitoria, una cattedrale nel turchino nel cielo. Il murale è graffiato, occhi e narici di un fumetto che sbuffano fuoco e fiamme e seguono la nostra cadenza lungo la curva; è disegnato sul retro di una fila interminabile di townhouse convesse, interrotte solo dalla via laterale che taglia la testa al mostro prima che possa raggiungerci. Si spengono le ultime luci del mattino. Tutto intorno sono vicoli, lievi e dolci, di cui non ci eravamo accorti. Il giorno inizia ad animarsi e, d’un tratto, rende queste strade una fantasia trasgressiva. Siamo, a due giorni dal Natale australe, in un labirinto nel quale mille volte ci siamo persi e poi ritrovati seguendo le insegne dipinte a mano, una terra atavica ed insensibile alla città nuova, alla sua nervosa verticalizzazione, agli steli di vetro che, come i nostri occhi, anelano al cielo turchino. Woodstock si è svegliata. Una sirena infrange il mormorio della strada. Dietro una finestra, illuminati, si muovono leggeri passi di danza.

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Marco Lolli, “Vivere a Dubai”; dal turismo personalizzato alle “Start Up” aziendali. di Maurizio Pelli editore

Con vero piacere, posso introdurre ai nostri lettori Marco Lolli, perugino - classe 1962, che dalla prossima edizione diverrà un nostro collaboratore - corrispondente da Dubai, nel settore del turismo internazionale. Già maestro di tennis professionista in giovane età, dopo il diploma di ragioneria, si dedicò all’imprenditoria aprendo due negozi di abbigliamento uomo - donna a Perugia. Collaborò con la società di famiglia operante nel settore edilizio, in seguito, divenne titolare di un’agenzia di compravendita immobiliare rivolta al mercato estero, specializzata nell’offerta di compravendita di proprietà nelle regioni Umbria - Toscana - Marche. Nel 2013 si trasferì negli Emirati Arabi Uniti, dove con la moglie Ioana Maris, guida turistica ufficiale di Abu Dhabi e Dubai, aprirono un’agenzia turistica. Una società specializzata che offre e organizza escursioni per turisti, prevalentemente Italiani. Grazie a contatti stretti con le migliori società locali, l’agenzia amplia l’offerta con i servizi di prenotazione hotel - ristoranti - safari nel deserto - escursioni nautiche - voli in mongolfiera - guida agli acquisti e quant’altro venga richiesto dai clienti. Negli ultimi anni, con successo riscontrato nel settore turistico, l’agenzia ha affiancato una seconda attività di servizi “start up”, dedicata a professionisti e aziende italiane, interessate ad aprire società e sviluppare il business negli Emirati.

Dubai, fu per scelta o per caso? Dubai fu per scelta, seguivo da tempo i siti web, le trasmissioni televesive e tutte i canali informativi riguardo gli Emirati Arabi Uniti, in particolare quelli dedicati a Dubai. Nel 2011, un cliente svizzero della mia Agenzia Immobilire, durante un pranzo mi parlò in maniera entusiastica di Dubai e delle sue potenzialità, decisi così di organizzare un viaggio per valutare di persona. Quali sono state le difficoltà più rilevanti incontrate durante lo sviluppo el tipo progetto negli Emirati? Ci volle molta pazienza per adeguarsi alla lentezza dei tempi della risposta (tipica della cultura araba), nella corrispondenza quotidiana con i nostri fornitori e collaboratori locali. Fortunatamente negli ultimi anni le cose sono cambiate in meglio ino alla sostanziale riduzione di attesa di oggi.

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Quali, i vantaggi rispetto all’Italia? Moltissimi sotto ogni punto di vista, grazie alla semplicità e alla pressoche totale assenza di burocrazia è molto facile avviare un’attività. L’offerta di mille opportunità degli Emirati Arabi Uniti, in termini di business, permette a chiunque arrivi con un progetto “interessante” di poter avere successo, occorre valutarne attentamente l’avvio, crederci e fare un passo alla volta con serietà e detrminazione. Torneresti a fare imprenditoria in Italia? Oggi, assolutamente no! L’Italia è un serbatoio inesauribile di opportunità in tutti i settori, purtoppo da sempre pessimamente gestita, questo scoraggia, ahimè, molti imprenditori italiani e internazionali a investire nel nostro Bel Paese. Progetti futuri? Molti, specialmente nel settore turistico! Con la nostra attività “Vivere a Dubai”, in attesa che la pandemia “Covid19” si esaurisca, siamo gia focalizzati su “Expo Dubai”, evento che inizierà il primo ottobre 2021. Con la previsione di oltre ventisei milioni di visitatori in arrivo, provenienti da tutto il mondo, abbiamo messo a punto moltissime “proposte di viaggio” personalizzate, sia per i privati che per le aziende, avviando collaborazioni con alcuni centri di Studi di Consulenza Italiani - Consorzi - Associazioni di Categoria, interessati durante tutti i sei mesi a visitare “Expo Dubai 2021”.

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I “bianchi” di Casavyc, la Maremma che...

Articolo di Viviana Filocamo fotografia di Claudio Mollo Casavyc è una piccola azienda vitivinicola situata nel sud della Toscana, in Maremma, una terra generosa, che dal punto di vista vinicolo stenta a raggiungere vette assolute proprio per l’eccessiva generosità dei suoi terreni e del suo clima dolce e assolato. Casavyc nasce con lo scopo dichiarato di andare oltre, oltre i muscoli, il calore e il grado alcolico estremo, la volontà di Casavyc è aggiungere eleganza, bevibilità e carattere ai già interessanti “vinoni” Maremmani. Lo slogan dell’azienda è “la maremma che non ti aspetti”, proprio per esaltare la differenza con il resto delle produzioni tipiche. Per raggiungere questo risultato, i proprietari Viviana e Claudio decisero di differenziarsi già dalla scelta del posizionamento dei vigneti a 500 metri di quota. Situati a 200/300 metri più in alto, rispetto alla media locale, dove i vigneti hanno un suolo più pietroso e meno ricco di humus, caratteristiche che grazie al clima più freddo dovuto all’altezza, esaltano i profumi e l’eleganza dei nostri vini. La produzione inizio con i rossi, come logico che fosse in questa zona, con gli autoctoni (Morellino di Scansano) e internazionali (Syrah e Pinot nero), lasciando comunque un piccolo spazio per la sperimentazione dei bianchi. Dopo qualche anno, gli ottimi risultati ottenuti, convinsero Viviana e Claudio proprietari, nonché tecnici, operai e promotori dell’azienda, a mettere in produzione il loro primo vino “bianco”. Un Sauvignon ottenuto in maniera assolutamente artigianale, data l’esigua quantità che non consente l’uso di nessuna tecnologia moderna. Il Sauvignon “Piano Piano Poco Poco” è profumato, varietale, acido, freschissimo, assolutamente non indulgente, non seduto, non troppo caldo e alcolico. Non sembra un vino di Maremma, tanto che la reazione di un produttore Altoatesino, al primo assaggio durante un Vinitaly è stata: “...buonissimo, dove lo avete comprato?”. Morale, in pochissimo tempo è diventato il vino più conosciuto dell’azienda, tanto da motivare Casavyc a intentare un bis, che arrivò nel 2019, un vino originale a partire dalla scelta del vitigno; un Semillon, piantato sei anni prima su un terreno gessoso, come il vitigno detta, caratteristiche che giustificano il suo nome; “Calma e Gesso”. Da subito diede ottimi risultati nelle sperimentazioni sia da solo sia in blend col Sauvignon, anche se inseguito fu scelto un vino monovitigno, solo Semillon secco, molto secco, una spada, un vino tanto “verticale” nella sua eleganza e mineralità, tanto “rotondo” nella sua potenza in bocca, regala sensazioni di acidità, freschezza, mineralità e salinità. Caratteristiche che ne fanno un vino assolutamente unico, fuori del panorama, non solo Maremmano ma anche Toscano. Vini ancora prodotti in poche bottiglie, 1000/2000, uve torchiate “al vivo” ovvero senza pigiatura e diraspatura, con rese minime e tanto tanto amore per i metodi tradizionali o addirittura antichi che permettono un continuo contatto visivo e sensoriale con il prodotto. Guardiamo, controllando l’uva dalle feritoie del torchio, e tocchiamo le bucce per sentirne il grado di umidità durante la torchiatura, questo ci

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consente di mantenere delle pressioni molto limitate per ottenere un’altissima qualità. Evitando di schiacciare bucce e vinaccioli, non vengono usati sistemi di chiarifica chimici ma solo affidati al raffreddamento del vino che favoriscono la decantazione delle scorie. Sono vini “seguiti come figli” ama dire Viviana Filocamo, vero motore di Casavyc, vini che negli anni stanno dando prova di ottima longevità, sinonimo di qualità del prodotto e della vinificazione, come anche il rosé da uve grenache “Vedorosa”, pallido e delicato, al metodo classico da uva pinot nero. “A Riveder le Stelle”, profumatissimo secco e avvolgente, e ai rossi di Sangiovese e Pinot nero, eleganti e originali, frutto di lunghe maturazioni e sapiente dosaggio del legno, stanno confermando Casavyc come “la Maremma che non ti aspetti”. Con dei bianchi così unici, senza compromessi, viene voglia di esagerare e dire; Casavyc: “la Maremma che...non ci credi!”.

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The Cook, Ivano Ricchebuono, il frontman della cucina genovese, l’unica stella Michelin a Genova

Articolo di Roberto Mostini fotografia di Paolo Picciotto

Da frontman a mattatore. Da frontman della cucina televisiva a mattatore del servizio in sala. Ivano Ricchebono, calato nel ruolo come fosse un concierge a disposizione dei clienti nel ristorante The Cook al Cavo, in centro a Genova. Accoglienza e consulenza, custodia del sapere e capacità di relazionarsi con l’ospite in maniera garbata ma ferma, colta e consapevole, forzatamente informato di ogni cosa sia avvenuto in cucina e cosa ti arriverà nel piatto. Una somma di garanzie che solo l’esperienza ti può consegnare, pronta per essere divulgata sotto un sorriso disarmante Gli anni passano e l’inseguimento continua. Più di otto anni fa già stellato con il primo The Cook a Nervi, poi le due esperienze alberghiere al Poggio Hotel e al Grand Hotel, entrambi ad Arenzano, ed poi sceso in centro a Genova in un cadre d’eccezione..

Un vicoletto pedonale contorto e a tratti ripido. Un ingresso defilato di fronte ad un dehors da cui guardare le stelle dalla prossima estate. Nessuno, passando di qui nota per ora il fresco dehors, perché è talmente abbagliante l’interno del The Cook al Cavo che l’occhio rimane subito rapito da quanto le vetrate consentono di vedere, dall’alto o dal basso, salendo o scendendo il Vico Falamonica.

Fuori contesto e quindi ancor più sorprendente perché ti coglie all’improvviso. L’illuminazione a lampioncino consente di evidenziare la disposizione e l’apparecchiatura dei tavoli, di alta classe e incorniciata da pareti e soffitto affrescati da Bernardo Strozzi nel ‘600, all’interno del Palazzo Branca Doria, a due passi due dalla centralissima Piazza De Ferrari.

Ci devi venire a piedi e farti cogliere dallo sconcerto, emozione che prende molti turisti di passaggio che prima si bloccano, poi si riprendono, si avvicinano e i più coraggiosi bussano, immaginando un momento di lusso che vorrebbero si trasformasse in qualche cosa di più informale nella proposta. Chi pensa ad una sala da tè del ‘700, chi spera in uno sfarzoso bar caffè da vivere al tavolo, chi, ancora, lo vorrebbe come un bistrot parigino.

No, qui di compromessi se ne fanno pochi mettendo in scena una cucina d’autore dai profondi significati gastronomici, come Ivano non aveva mai tentato di fare nelle precedenti collocazioni, ma oggi che ha dei soci-collaboratori di questa qualità può finalmente alzare il tiro e rischiare di far saltare il banco, con la consapevolezza di un uomo che piano piano si avvicina ai 50 anni, l’età della maturità certa, perché se la maturità non la trovi tra i 40 e i 50 non la troverai mai più. Avrai perso solo del tempo nella vita. Più che coraggio consapevolezza, nessuna follia, spingendo il piede fino in fondo, progressivamente.

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È la differenza che provi a gestirti da solo piuttosto che farti gestire da chi ti paga uno stipendio. Come si dice in Francia: “Vaut mieux un petit chez-soi qu-un grand chez-les-autres“. Così adesso fai come vuoi caro Ivano, e come sanno fare i preziosi collaboratori, Pochi compromessi, fatto salvo il pranzo lungo i feriali; per il resto tre menù degustazione descritti risparmiando l’inchiostro e anche le parole, lasciando un poco di aura, di alone di segretezza, che poi si svelerà al momento della verifica visiva e gustativa, seguendo un percorso che di banale ha poco o nulla e dove si cercano – e molto spesso si trovano – soluzioni gustative impreviste, a momenti spiazzanti ma non indecifrabili. Qualche piatto? Definizioni semplici, presentazioni altrettanto minimali, che però nascondono molto lavoro. Si chiamano frisceau di baccalà, pesto, carbonara sul mare, acciuga su tela (the dish of the day), il crudo nel mare, latte. Ma non tanto per mettere appetito o con la pretesa di spiegare al tuo palato che cosa proverà, talmente è soggettivo il gusto e quanto è variabile l’operato in cucina; quanto per comunicare un’intenzione di alta cucina alternativa, che se è vero che pesca più sul territorio che in mare ti fa più pensare che masticare. Genova si guarda dal mare, per vedere la terra, dove esiste, ben nascosto, un ristorante che propone una cucina di livello molto alto, più di terra che di mare.

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A great legacy, Salento with love

Article By: Anna Maria Mengoli and Davide Mengoli Photo Copyright: Anna Maria Mengoli & Davide Mengoli Puglia is a large and varied region that has been a crossroads for several civilisations and cultures over the centuries. Salento, which is the best-known area of Puglia, covers the bottom part of the heel: the peninsula dividing the Ionian and Adriatic seas. Salento has been the land for so many cultures, as you can see while you walk through cities and towns. Salento offers culture, archaeological heritage, art and craftsmanship, ancient traditions, amazing landscapes, great food and wine, gobsmacked beaches. A 20-minute train journey from Brindisi takes you to Lecce, the largest city in Salento, the Florence of the South. Seeing Lecce’s wonderful sandstone palazzi and structures throw off the most warming glow as the sun sets in the evening. With its monumental entrances, the historic centre, Piazza Sant’Oronzo, impressive Roman amphitheatre and majestic Baroque churches on every corner, you realize how different Lecce is from the other towns in its province. The Baroque churches, palazzi and balconies are adorned with decoration, so make sure you look up! Even if Lecce is the must-see during your stay in Salento, it is also the perfect starting point to reach many of the beaches that are scattered along the coastline. Although there is a well-established bus service that interlinks many of the beach and coastal destinations, we would recommend hiring a car as the journeys by coach can become crowded. The beaches and translucent sea that are a short distance from Lecce really are special. An example of that is the fabulous beach of Torre dell’Orso, this lovely bay is known for being home to the famous twin rock stacks called Le Due Sorelle, the Two Sisters. Also, nearby in Roca Vecchia, you will find the picturesque Grotta della Poesia (the Cave of Poetry) – one of the most beautiful natural pools in the world and very popular for diving.

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Around 30 miles southeast of Lecce is Otranto, a very ancient town of Greek origin. In Roman times it was important for being the nearest port to the eastern shores of the Adriatic Sea. This old town is small but beautiful, boasting a labyrinth of narrow streets, a dazzling 11th-century cathedral with magnificent mosaic floors and the tiny frescoed church of San Pietro, which is one of the best examples of Byzantine buildings in Puglia. Beyond the old town there are bars and restaurants overlooking the curved bay, providing some lovely alfresco dining options. Just over an hour’s drive from Lecce, towards the southern end of the region, you will find the Marina di Pescoluse, the famous Maldives of Salento. The coastline is low and sandy and the sea appears to increase in vibrancy the closer you get to Pescoluse. Just over half an hour’s drive south west from Lecce you will reach Gallipoli, which is a city of two parts. After passing through the modern part of the city, crossing the ancient bridge connecting new to old, the feel of the place completely changes. The nightlife is lively with numerous bars and restaurants, and street stalls selling natural sponges are open late into the night. The next stop is nearby Porto Cesareo, still on the Ionian coast, slightly to the north. Porto Cesareo belongs to the Protected Marine Area and to the Regional Nature Reserve Palude del Conte e Duna Costiera, one of the largest in Italy. So, if you’re looking for a special destination with a great climate, dreamy beaches, beautiful historic towns, delicious food and wine and fun for all the family... come to the Salento!

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Legend or truth ? Article By: Anna Maria Mengoli & Davide Mengoli Photo Copyright: Anna Maria Mengoli & Davide Mengoli, Salento with love, Puglia.

Don’t be afraid but be respectful of divine creatures! They stretch their arms to the sky in search of a contact they will never reach. Yet those trees one day were able to walk, breathe and shout. They were once children. They were Messapians, yes, they themselves, perhaps one day designated to become proud warriors. The exuberance of adolescence and that typical male swagger was fatal. Epimelid’s nymphs, sweet and beautiful nymphs who were friends with Dionysus, rejoiced in the creation making elegant dance steps. The young Messapian shepherds saw them, abandoned their flock for which they were responsible and challenged the girls, unaware of their nature. “We are able to dance much better than you do,” they exclaimed boldly. “We challenge you!”. The girls began to dance, guided by those arrogant shepherds from whom the rough and raw essence shone through every step. The “challenge” came to an end. The shepherds unjustly claimed their victory in a game. A human cannot challenge a divine creature. Never. the nymphs had revealed their identity. The weight of those few simple words reached the ears of the young shepherds so quickly that they did not have time to escape. The eternal dancers cursed the children who began to turn into olive trees. Terror took hold of them and sculpted itself in the face, just as a thick layer of bark replaced the skin. That place of curse and perennial torment, in the shadow of the sacred stones, where Hercules long afterwards would undertake part in one of his twelve labours against the giants Leuterni. The legend became a warning for all mortals who would have once again intended to challenge the divine. Legend or Truth ? “What we do know is, that there’s always an element of truth in every legend”.

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Chef Keiichi Hashimoto The Wintery Sea, The Snow Covered Fields and Transparent Ice

Interview By: Publisher Margaux A. Cintrano Photo Copyright: Restaurant Le Sorcier, Shunanshi, Yamaguchi, Japan When did your passion to become a Chef begin ? And who or what were the catalysts that stimulated this passion ? At the age of 20, I was very influenced by Pierre Hermés, who had done a cover on a Japanese Food Magazine “Serialozation” around 1998. What were your first experiences in the kitchen ? Firstly, I didn´t want to become a chef. I was working as a waiter at a restaurant. I have always liked dealing with the customers. One day, the Chef got sick, and under those circumstances, it had been my start to work in the back of the house, the kitchen. Very interesting ! Can you tell us about a dish closest to your heart during the Christmas Winter holidays. My “Calling” and my suggestions are stem from the beautiful blue green wintery sea, the pristine white snow, the ice covered lands and the budding green sprouts. What are your plans for the Christmas and the New Year´s Eve menus and servingware ? And which wines are you pairing with what dishes ? Firstly, about servingware, as you know, I always communicate the images of some potters and glass artists. This winter theme, for example are the snow covered fields, clear ice and the beautiful blue greens of the ocean. Among them, the fields are covered with snow and transparent ice, which I plate on our new dishes. For the snow filled dish, I created a “Boeuf au vin rouge”, which is a preparation of Japanese Wagyu and Sake, and for the clear ice glass plate is Mont-blanc. For the Wine pairings, I have been thinking recently of which wines shall pair best with these dishes at this special time of the year. In terms of my favorites, the Bourgogne Vins from the wineries: Anne Gros, Philippe Pacalet, Roche de Bellene, By Nicols Potel, Chales Noellat, Tortochot and as you can see, there is no end to the infinite great wines which come to mind.

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In what direction is Le Sorcier, heading in 2021 ? For example, you have served many timeless elegant dishes in Shunanshi in cobalt blue glass, similar to Murano glass from Venice and many dishes in beautifully unique hand crafted pottery. Is there something new in mind to bring in the New Year 2021 ? 2021, I aim for more “Chic� and yet a calm atomosphere. To take a delicate balance with gorgeousness. Can you share a secret about Le Sorcier with us ? Secret?! Actually, I am creating some pottery by chance to use as self-made plates in 2021. This sounds wonderful. Nothing gives a Chef a greater pleasure than introducing his or her menu, showing his or her servingware and giving a tour of the ambiance of their venue, to guests coming to dine, and to the heart of their restaurant, the kitchen. Thank you once again for all your collaboration with Beyond Taste – Oltre il Gusto Magazine.

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Mother Earth Foods of India Article and photography: Master Chef Lawrence Gomes Aamby Valley City, India I am too young to know the complete world of Indian gastronomy, however, being a native Indian, I myself, am quite surprised by the diversity of Indian foods. One shall find regional food all around. “India is a global platter of spices and cuisine� and the best wayto introduce regional Indian gastronomy, is on a journey through India. In every step you take, you shall encounter, food, spices, and more food. As you go exploring India, you shall also note the great changes in aromas, ingredients and cultures. Indian gastronomy has travelled via its aromas, ingredients and cooking methods every 500 kilometres more or less. In some places of India, people sit on the ground and they eat with their hands. In other regions, people sit on dried leaves or on hand crafted dry leaf mats, and they serve food also in dry leaf lined plates and bowls. There are also regios of India where they cook food in fresh leaves to obtain the freshness of flavours and serve the food on fresh leaves to obtain the maximum fragrances from the fresh leaves. Indians also change their cooking methods and customs according to nature. There are many places in India where they cook everything in clay earthenware pots to develop the maximum in taste and aromas and they also serve the food in clay pots or clay vessels in the shape of handmade mugs. In other areas of India, people are still utilizing stone vessels to cook and they capture the mineral essences and flavours as they also serve the dish on stone plates or in stone bowls. Additionally, there are areas of India that prepare their cuisine in Bamboo to capture the bamboo aromas and they also serve the food in Bamboo bowls and plates. Steel vessels are also utilized to cook and serve in, in addition to copper vessels. There are uncountable ways to cook Indian dishes as a part of their culture and artisanial craftsmanship. In some Indian cultures, the utilization of a homemade clay oven, stone oven, and even bamboo ovens or brick ovens and some dig earth and soil to make an oven, or use wooden log ovens or charcoal carbon ovens to cook their food. The beauty of all these different varieties of creative home made 132


crafted ovens is the open air kitchens. A vital ingredient in Indian cuisines are the salts which include: Sea salt, Rock Salt, Black salt, Sendha salt, Khara salt and Moden packed salt. Depending on culture, and background, there are a wide variety of lard products including: Mustard Seed Oil, Coconut Oil, Sesame Seed Oil, Peanut Oil, Sunflower Oil and Soybean Oil. Spices and Massala are frequently used to prepare a paste similar to a pesto, with stone crushed ingredients and mashed with green chili, ginger, garlic, onion, turmeric and even whole spices and these pastes provide the fresh flavours to numerous dishes. Whole spices are the “pride of India� and in Southern India, the State of Spices, and all 29 states of India are a great source of ingredients, cultures, cooking methods and the art of presentations in Indian gastronomy. Master Chef Lawrence Gomes, has been in theNational and International world of hospitality for the past 32 years. He told me, “Being a Chef never stops just because of a panademic and in these highly challenging and difficult times, he has been involved with numerous Cultural and Tutoring Gastronomic Activities. The world has become more open to the sharing of cultures and foreign cuisines due to the internet and social red. This has enabled Chefs to share skills, knowledge, ingredient information, products, and focus on healthy food, organic and ecological products, medicinal and natural farm to table cuisine and improve homemade cooking.

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Activities during Lockdown: First video of Live Cookery Show Food & Hotel India (FHI) World Carving Competition organized by International Culinary Union (ICU) London ( WinnerMerit) DAV Super Chef India Live Cookery Competition, Daviet Institute (Winne Merit) Awarded Best Carving Chef of 2020 (WCCF) Gold Medal Winner To move on, we are now entering one of the most beautiful regions of India, Aamby Valley, 50 kilometresfrom Mumbai, where Chef Gomes and his team of chefs and hospitality workers, are making reservations, providing multi cuisines, tutoring chefs, planning Indian Weddings and Corporate and Company conferences, launching new products, providing India´s largest Golf Course, Aamby Valley, with special menus and creating tournaments and coporate leisure activites and exclusive shows of a wide variety to locals, business people and tourists. www.ammbyvalley.com / cookindiacook@gmail.com (+ 019 823 510 513)

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Philippe Bossert chef globe-trotter gourmand et curieux

Photo Copyright : The Bossert Collection Philippe Bossert maitre cuisinier de France se passionne pour la cuisine grâce à son père fidèle à une cuisine enracinée à de bons produits et surtout à l’au-thenticité du goût. Il commence alors à cuisiner à l’âge de 16 ans et effectue un stage de trois se-maines à l’Auberge de l’ill chez les Frères Haeberlin, magnifique institution gourmande alsacienne avec 3 étoiles au guide Michelin depuis 50 ans. C’est ici que la route vers l’excellence du chef Bossert commence. Messieurs Paul & Marc Haeberlin le placent chez un de leur ancien élève, Francois Kiener, chef patron de l’Auberge du Schoenenbourg à Riquewhir 1étoile Miche-lin. Philippe a fait ses classes et autres stages auprès de chefs prestigieux tel que le Spoon &Food, Alain Ducasse, Emile jung, Dominique Lestanc, Christian Willer, Jacques Chibois, Michel Trama, Christian Moret, Didier Oudil, Pierre Herme, Patrick Henriroux, Christian Morisset, Philippe Faure Brac, Yannick Alléno. Après une dizaine d’ années passées en France, dont un petit séjour dans les cuisines du Ministère de la Défense du temps de Pierre Joxe. Il manque une suite

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Dans son envie d’évolution et de découverte, il part rejoindre la prestigieuse chaine d’hôtellerie de Luxe Kempinski en Russie à Saint Pétersbourg, Moscou, Djibouti Afrique, l’Océan Indien Seychelles, Londres, Azerbaïdjan, Hollande, Kinshasa Congo, Qatar Doha, Marriott & Hilton au Caire, Cheval Blanc aux Maldives, ouverture de l’ Hotel Choupana Hills sur l’ ile de Madère, Hotel Aqua-pura Douro Valley au Portugal, Hotel Le Mirador Leading hotel of the World en Suisse Le chef Bossert a eu également le privilège de cuisiner pour de grandes person-nalités comme Boris Becker, le président Vladimir Poutine, Sirikit Kitiya reine consort de Thaïlande, le président resident Portugais Anibal Cavaco Silva le Prince Michael de Kent…. Sa principal ambition est de proposer une cuisine d’exception. « La cuisine ne s’apprend pas réellement, on la vit et il faut avoir une folle envie d’offrir. Être cuisinier est un acte d’amour et de partage entre la matière et les hommes qui cultivent, élèvent ou pêchent. La nature regorge de saveurs angéli-ques. Il est important de comprendre que derrière chaque produit il y a un vi-sage, une terre et le respect du labeur qui en découle. Alors notre seul travail est de donner le maximum puis d’essayer d’être à la hauteur de la substance de ces hommes. » Dans cette optique, le chef ff propose une cuisine contempo-raine alliant ses racines Alsaciennes aux saveurs et épices du pays dans lequel il réside en utilisant des produits locaux minutieusement sélectionnés qui combinent plaisir et équilibre visuel.

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Ristorante Belcanto, di José Avillez, tra i 50 migliori ristoranti del mondo

Articolo di Margaux Alexandria Cintrano, editore Fotografia: Ristorante Belcanto Traduzione di Maurizio Pelli editore

Il ristorante Belcanto, di chef José Avillez, è stato confermato al numero 42 della lista dei 50 migliori ristoranti del mondo, organizzata da Restaurant Magazine. L’annuncio è stato dato il 7 ottobre 2020 a Singapore, durante la cerimonia di premiazione. Il Belcanto fa ora parte dei 50 migliori ristoranti del mondo dopo essere stato premiato con il 75° posto nel 2018. Chef Avillez è molto felice e grato per questa distinzione; “È meraviglioso per il team Belcanto, per Lisbona e per il Portogallo vedere il nostro patrimonio gastronomico e il nostro lavoro riconosciuto in questo modo.” Negli ultimi anni, la cucina portoghese ha guadagnato visibilità e questo è un altro segno molto positivo, ha affermato lo chef José. Belcanto di José Avillez è stato inaugurato all’inizio del 2012 e nello stesso anno è stato premiato con una stella Michelin. Nel 2014, ha ottenuto la sua seconda stella Michelin. Nel 2016, il Belcanto è stato completamente ristrutturato, rinnovato e ripresentato con un nuovo format allo scopo di elevare la qualità dell’ambiente e del servizio. Recentemente, come parte della sua continua evoluzione, Il ristorante è stato trasferito in uno spazio più ampio, accanto al suo precedente indirizzo, ancora situato vicino alla piazza Sao Carlos, località privilegiata nel Barrio Chiada, Lisbona. Uno spazio dinamico, unico e curato nei dettagli, dove arte e ricordi si incontrano. José offre una cucina portoghese contemporanea, un viaggio gastronomico straordinario e singolare. Belcanto - Rua Serpa Pinto 10 A – Lisbona – Portogallo. Prenotazione obbligatoria: + 35121320607

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I Formaggi Spagnoli

di Margaux Cintrano editore fotografia: Foods and Wine From Spain traduzione di Maurizio Pelli editore

Il formaggio è tra i più antichi alimenti conservati al mondo, nonché uno dei migliori prodotti che offre la Spagna. Nel settentrione del Paese, si producono tutti i tipi di formaggi, quelli di latte vaccino, sono i più comuni nel nord della Spagna. Nella parte centrale, prevale la produzione dei formaggi di pecora e capra, presenti ovunque, anche nelle regioni di Extremadura, Murcia e nelle sette Isole Canarie. Una grande varietà di formaggi spagnoli è codificata dalle schede di regolamentazione della denominazione di origine. Fenici e Greci, già producevano formaggi durante il loro insediamento nella penisola Iberica. Empéries in Catalogna al nord e Cadice al sud, erano già conosciute località di produzione e commercio delle eccellenti varietà di formaggio di pecora e di capra della Hispania. Nella maggior parte dei casi, la qualità e la varietà dei formaggi spagnoli invitano alla degustazione singola, durante ogni momento della giornata e sono una vera delizia di gusto. Grazie alla loro versatilità, sono ingredienti perfetti sia per le ricette di dolci che per quelle salate, oppure aggiunti nelle insalate e nelle zuppe, apportando una vasta gamma di combinazioni culinarie. 144


Di prestigio internazionalmente riconosciuto, il formaggio ambasciatore della Spagna per eccellenza è il “Cheso Manchego”, di forma cilindrica prodotto con il latte dalla razza ovina Manchega nelle province di Albacete, Ciudad Real, Cuenca e Toledo. Dal sapore acido, forte, gustoso e leggermente piccante nelle sue varietà più stagionate. La stagionatura minima è di 30 giorni, il Manchego denominato “Gran Reserva Dehesa de Los Llanos” è stato insignito “World Cheese Award Championship” nel 2012. La “Torta del Casar”, è un formaggio straordinario, prodotto con latte crudo di pecora e con il caglio vegetale del cardo. Prodotto nelle diverse zone della provincia di Cáceres in Extremadura. Di crosta leggermente dura, internamente molto morbido e di consistenza cremosa, leggermente grasso a volte presenta piccole crepe sulla superficie. Il latte delle razze ovine “Lacha” e “Carranzana” nei Paesi Baschi e nella regione della Navarra, nel nord della Spagna, è la base del formaggio “Idiazábal”. Di forma cilindrica, superficie piatta e compatta con una crosta dura, il suo sapore è leggermente piccante e acido. Il “Cabrales”, tipico della regione delle Asturie, nel nord della Spagna, è prodotto nei “Picos de Europa”. Di crosta grigia e sottile, questo formaggio erborinato di consistenza oleosa e di nota pungente se viene stagionato più a lungo. Si produce in diversi modi; al 100% con il latte di pecora, oppure con le combinazione di latte crudo di pecora e latte di capra. Il latte delle pecore di razza “Churra” e “Castellana” sono la base del formaggio “Zamorano”, della provincia di Zamora in Castilla e León. È un formaggio grasso, con una stagionatura minima di 100 giorni. Cilindrico, di crosta dura e consistenza soda e compatta, dal gusto intenso, persistente e molto aromatico. In Galizia, a Terra Chà, nella provincia di Lugo, si produce il formaggio “San Simón Da Costa”, ottenuto dal latte delle vacche di razza “Rubia Gallega”, della razza “Parda Alpina” e dalle razze incrociate “Holstein”. Un formaggio a forma di trottola e di pallottola, dalla crosta affumicata e dura, dall’interno liscio, oleoso, denso e leggermente compatto. Con il delle capre di razza “Majorera” nelle Isole Canarie a Fuerteaventura si produce il formaggio “Majorero”, compatto, leggermente cremoso e piccante secondo il tempo di maturazione e stagionatura. Il “Mahon – Menorca” è un formaggio tipico delle Isole Baleari, prodotto con latte vaccino al 100%, dalla forma parallelepipeda alla base con angoli arrotondati, di una consistenza semicompatta, sapore burroso, di colore giallo avorio dalla crosta aranciata - rossastra. Tra i formaggi a “Denominazione di Origine”, meno conosciuti, si trovano il “Boffard di Valladolid” , a base di latte crudo di pecora e il “Covap invecchiato di Cordoba”, prodotto con il latte della pecora “Merina”. Concludendo, sono circa cento formaggi spagnoli a denominazione di origine e altri duecento varietà diverse di produzioni rurali in tutto il Paese. Degne di nota le ricotte di latte di capra al 100% di formaggio di latte di pecora al 100% di Girona. Ricotte con le quali si prepara il famoso e caratteristico dolce della Catalogna, simbolicamente denominato “Mel i Mato’” tra dei dolci preferiti di Salvador Dalì e dei fratelli Adrià.

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Mei I Mato’, per 4 - 6 porzioni Ingredienti: 1 kg di ricotta di latte intero, una tazza di zucchero, 3-4 tazze d’acqua, mezza tazza di miele e 2 cestini di lamponi. Esecuzione: setacciate la ricotta con diversi strati di garza inumidita appoggiandola sopra una ciotola. Farcite con la ricotta e raccogliete i lati della garza avvolgetela intorno al formaggio. Metterla a riposare in frigorifero per una notte. Foderare una teglia con un foglio, ungere generosamente la pellicola per evitare che si attacchi. Mescolare in una ciotola, zucchero, acqua e miele, riporre in una casseruola di medio peso e cuocere inizialmente a fuoco lento. Aumentare la fiamma, portare a ebollizione senza mescolare finchÊ il termometro Candy non registra 180 gradi centigradi. Spennellare i lati della casseruola con un pennello da cucina bagnato e girare la padella per circa 3 minuti. Lavorando velocemente, versare una tazza di caramello in una padella e mescola a fuoco medio fino a quando sarà dissolto. Versare immediatamente il caramello rimanente sulla carta stagnola unta e inclinare la teglia per creare un sottile strato di caramello. Lasciare raffreddare completamente. Aggiungere la rimanente mezza tazza di acqua al caramello nella padella, versare lo sciroppo in una ciotola e lasciare raffreddare. Rompere il caramello sulla teglia in pezzi irregolari, prendere il formaggio e formare una dozzina di ovali con un cucchiaio, disporre i lamponi intorno alla ricotta a temperatura ambiente. Posizionare i pezzi di caramello intorno al formaggio. Disporre i lamponi sopra il formaggio.

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