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APPROFONDIMENTO INSEGNANTI SCUOLA PRIMARIA secondo ciclo
CON GLI OCCHI DELLA NATURA UOMO E AMBIENTE
La scheda si rivolge a insegnanti e formatori di scuole primarie (secondo ciclo), per fornire una serie di approfondimenti teorici a complemento del percorso Con gli occhi della natura.
A partire da alcuni aspetti riguardanti il cambiamento climatico e le sue conseguenze, una serie di brevi attività per riflettere con gli studenti sulla relazione tra uomo e ambiente. Il percorso Con gli occhi della natura, accompagnato dalla sezione Approfondimenti per insegnanti, si prefissa i seguenti obiettivi: • • • •
stimolare una riflessione sul concetto di interdipendenza tra uomo e ambiente; valorizzare l’importanza della biodiversità in natura e il concetto di ecosistema; favorire la riflessione sugli impatti positivi e negativi delle attività antropiche sugli ecosistemi; ideare e progettare elaborati, ricercando soluzioni creative originali, ispirate anche dallo studio dell’arte e della comunicazione visiva.
parole chiave
In copertina Edward Burtynsky, Cave di marmo di Carrara, Cava di Canalgrande N. 2, Carrara, Italia, 2016 © Edward Burtynsky
> Antropocene > Cambiamento climatico > Ecosistema > Foresta > Inquinamento > Terzo paesaggio
Con gli occhi della natura
Manifesto del Terzo Paesaggio. Verso un giardino planetario
Giardino Sedum, a cura di Gilles Clément, Saint-Nazaire, Francia, 2009 - 11
Gilles Clément, paesaggista francese, ha realizzato parchi e giardini famosi in tutta Europa.
condandone il ritmo e la crescita. Nel 1997 pubblica Il Giardiniere planetario, libro in cui riporta episodi professionali e aneddoti della sua vita privata che ne hanno definito il pensiero e l’approccio alla progettazione del paesaggio. Quest’ultima è tesa a superare i limiti dell’estetica tradizionale, per abbracciare una nuova concezione di giardino, in cui tutte le tipologie di piante sono accolte, anche quelle definite comunemente ‘erbacce’.
Nel 1977 Clément acquista un lotto di terreno nella zona della Creuse, in Francia, destinato a diventare il suo giardino privato. In questo spazio, vicino ai luoghi della sua infanzia, costruisce una casa con le sue mani e disegna un giardino in cui la natura possa crescere spontanea, in tutte le sue forme. Clément crea qui un ideale laboratorio in cui mettere in pratica le sue teorie e la conoscenza di flora e fauna, dando spazio alla sperimentazione e a una serie di riflessioni che, successivamente, saranno raccolte nel volume Giardino in movimento, pubblicato nel 1991. Clément non interviene sul giardino utilizzando sostanze chimiche o disboscando la fitta vegetazione che lo abita, ma crea passaggi e percorsi che non intacca il corso della natura, instaurando un dialogo con le forme preesistenti e asse-
Nasce da questa pratica la consapevolezza di un ‘giardino in movimento’, in cui le piante possano spostarsi e viaggiare, libere di andare contro le regole che le vorrebbero rinchiuse in aiuole e prati. Per Clément, il giardiniere deve innanzitutto riflettere sugli equilibri biologici tra piante e animali, facendo dell’estetica e dell’ordine una questione secondaria. L’uomo non deve opporsi ai cambiamenti e 3
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Giardino Sedum, a cura di Gilles Clément, Saint-Nazaire, Francia, 2009 - 11
ai mutamenti della natura, ma osservarli e studiarli, scoprendone le relazioni.
boschive, è frutto di un attento progetto antropico, in cui ogni area è definita dalla sua possibilità di utilizzo.
Il ‘giardino in movimento’ porta Clément alla teoria del ‘giardino planetario’, una riflessione che orienta il paesaggista verso i campi dell’ecologia e dell’etica. Il Pianeta, come ambiente ecologico unitario, spazio in cui ognuno è ospite e cittadino, subisce i gesti dell’uomo che hanno ripercussioni sull’intero ecosistema. Il giardino, metafora del nostro Pianeta, è uno spazio chiuso, finito, che non si spinge oltre i limiti della biosfera. Ogni individuo diventa ‘giardiniere’ e, come tale, deve occuparsi del suo futuro, assumendosi le responsabilità di ciò che accade.
Esistono però, negli interstizi del paesaggio creato dall’uomo, alcuni spazi indefiniti, privi di una specifica funzione. Questa caratteristica, che li accomuna tutti, offre la possibilità di identificarli come Terzo paesaggio (definizione derivata da ‘Terzo Stato’) inteso come luogo di scarso interesse per l’uomo e che segue quindi una naturale evoluzione, mostrando la propria diversità e offrendo rifugio a quelle specie che non trovano collocazione altrove. Il Terzo paesaggio copre superfici di dimensioni modeste, disperse, come gli angoli perduti di un campo o di aree abbandonate in seguito a una dismissione recente, alle quali Clément riconosce grande valore in quanto parte del nostro patrimonio culturale e spirituale. Il Terzo paesaggio racconta di natura, biologia, territorio e di quanto l’uomo sia determinante nella conservazione e nell’evoluzione del paesaggio. Questi spazi trascurati raccontano l’abbandono dell’uomo e, di conseguenza, la biodiversità.
Nel 2004 pubblica il Manifesto del Terzo paesaggio, ricerca sullo spazio della città e, più in generale, su zone trascurate e abbandonate. Tutto quello che ci appare naturale, prati, foreste, bacini idrici,... è, nella maggior parte dei casi, il risultato dell’intervento dell’uomo. Il paesaggio, con la sua armonica alternanza di zone pianeggianti e aree 4
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Clément invita il lettore a prendersene cura, offrendo una nuova prospettiva per guardare il nostro Pianeta. Per superare la dicotomia tra città e paesaggio è necessario dare nuovo valore a quelle zone abbandonate e dismesse in cui forme di vita resistenti offrono nuove opportunità di ricerca e sperimentazione. La bellezza della diversità, che trova rifugio nel Terzo Paesaggio, è l’obiettivo della ricerca di Gilles Clément e il punto di arrivo di una riflessione che muove la coscienza collettiva.
Progetto del Giardino Sedum, a cura di Gilles Clément, Saint-Nazaire, Francia, 2009 - 11 5
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domande per gli studenti Hai mai osservato ciò che accade in una zona verde incolta e abbandonata? Ci sono piante e animali che in parchi e giardini privati non hai mai visto? Come potrebbe essere un giardino senza le cure di un essere umano? È importante, secondo te, lasciare che la natura si esprima liberamente?
attività didattica Cerca nei dintorni di casa tua testimonianze di Terzo paesaggio, osservale e prova a capire quante diverse piante e animali vivono in quei luoghi. Fai un elenco, scrivendo o disegnando ciò che hai scoperto.
consigli di lettura Esperienze naturali di gioco. Ascolti e ricerche in giardino, di Sabrina Bonaccini, Edizioni Junior, 2018
Bibliografia Clément, Gilles, Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, 2005 Clément, Gilles, Il giardino in movimento, Quodlibet, 2011 Zambon, Lorenza, Lezioni di giardinaggio planetario, Ponte alle grazie, 2014 6
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Edward Burtynsky. Confini e orizzonti tra uomo e natura
Edward Burtynsky, Costa basca N. 3, Geoparco UNESCO, Zumaia, Spagna, 2015 © Edward Burtynsky
Edward Burtynsky (1955), tra i più apprezzati fotografi canadesi, si avvicina alla fotografia da bambino quando, affascinato dalla camera oscura del padre, impara le basi tecniche di ripresa e di stampa. A influenzare lo sviluppo del suo lavoro fotografico sono i luoghi e le immagini degli impianti industriali della General Motors, dove il padre lavora come operaio. Fin da ragazzo è impressionato dall’efficienza del sistema produttivo industriale, in grado di soddisfare le richieste di un mercato globale crescente, la cui immagine si rispecchia nell’estensione dei centri urbani a livello mondiale. Il paesaggio naturale canadese lo spinge presto a riflettere sul contrasto con lo spazio urbano e industriale, che Burtynsky vede come il risultato di un’azione di sottrazione di territori e risorse nei confronti della natura. Per Burtynsky ogni atto di costruzione comporta al tempo stesso una distruzione. Le grandi metropoli sono il segno di questo prelevamento continuo e
crescente di risorse naturali da parte dell’uomo. La sua ricerca fotografica, iniziata negli anni Ottanta, esplora il paesaggio nel suo legame complesso tra industria e natura. L’artista si avvale della collaborazione di alcuni registi per sperimentare nuove modalità di narrazione, come il film documentario, al fine di accrescere la portata del suo messaggio. Nella serie Manufactured Landscapes (2003), prima grande retrospettiva del lavoro di Burtynsky, il filo rosso che lega tutte le immagini è l’effetto dell’industrializzazione sull’ambiente. Nel 2006 la regista Jennifer Baichwal realizza un film documentario su questo lavoro fotografico, primo di una serie di lungometraggi che seguono la ricerca dell’autore: Watermark (2013) e Anthropocene: The Human Epoch (2018). 7
Con gli occhi della natura Nel 2005 Burtynsky realizza China, un lavoro in cui racconta le aree che meglio rappresentano la crescita industriale e tecnologica della Cina, mostrando i processi di produzione all’interno di alcune tra le più grandi aziende al mondo. L’artista esplora inoltre le immense aree urbane e i quartieri dedicati ai lavoratori cinesi dove le tracce del passato, come i vecchi centri abitati da antiche comunità, sono distrutti per lasciare posto a nuove e grandi opere architettoniche e ingegneristiche.
origine, il suo utilizzo, la distribuzione e lo spreco, spesso fotografando da prospettive aeree. Burtynsky raccoglie non solo l’immagine di fonti naturali, ma anche i rituali di massa che vedono l’uomo, fin dall’antichità, in relazione stretta con questo elemento. Un’altra tematica affrontata riguarda le infrastrutture per la gestione dell’acqua, come le dighe, le centrali idroelettriche, i sistemi di irrigazione, che modificano la conformazione del paesaggio. Nelle immagini di Burtynsky si percepisce l’influenza della pittura di paesaggio inglese di fine Settecento e metà Ottocento, evidente nella scelta di prospettive ampie e di grandi formati, nell’uso espressivo della luce e del colore. I rimandi sono inoltre all’Astrattismo di Vasilij Kandinskij, Piet Mondrian e alla resa materica e informale dell’Espressionismo astratto, visibili nelle riprese aeree. La ricerca attenta della luce, così come la scelta sull’utilizzo del colore e di campi lunghi o lunghissimi, attraverso i quali è possibile vedere l’azione dell’uomo sul paesaggio, sono la cifra stilistica di Burtynsky. L’autore fotografa scegliendo luci velate, fredde, mai troppo forti, per uniforma-
Nel 2009 realizza Oil, una ricerca estensiva, risultato di un decennio di viaggi in tutto il mondo, per approfondire il tema della produzione, distribuzione e uso del petrolio a livello mondiale. Il lavoro si concentra sugli effetti dell’utilizzo del petrolio nella vita dell’uomo e sull’ambiente, mostrando paesaggi alterati dalla sua estrazione e dai processi di smaltimento dei mezzi e delle tecnologie utilizzate per lavorarlo. Con la ricerca Water del 2013 l’autore si concentra invece sulla storia dell’acqua, focalizzandosi sulla sua
Edward Burtynsky, Produzione N. 10 ab, Fabbrica di Cankun, Xiamen City, Cina, 2005 © Edward Burtynsky
Edward Burtynsky, Campi di estrazione del petrolio N. 19 ab, Belridge, California, USA, 2003 © Edward Burtynsky 8
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Edward Burtynsky, Irrigazione a pivot centrale N.11, High Plains, Texas Panhandle, USA, 2011 © Edward Burtynsky
re la resa degli scenari che decide di raccontare. La luce assume un grado simbolico, si lega al paesaggio, amplificandone i segni e le tracce dell’agire dell’uomo. Lo stesso avviene con il colore con cui Burtynsky ottiene campi cromatici che mettono in risalto gli ambienti ritratti. L’utilizzo di macchine fotografiche di grande formato permette a Burtynsky l’impiego di negativi con un alto grado di definizione che gli consentono di realizzare stampe di grandi dimensioni, sfruttando al massimo le possibilità tecniche del mezzo. Lo stesso avviene con l’uso della tecnologia digitale, dal drone ai sistemi satellitari, nella ripresa di prospettive fotografiche aeree, nelle quali la presenza fisica del fotografo in relazione al mezzo è annullata. La stampa di grande formato si trasforma in un ambiente immersivo, che attrae lo sguardo del fruitore invitandolo a un viaggio, visuale e sensoriale.
in atto, che ne amplifica l’impatto iconografico. Il piano estetico si unisce al dramma del reale, creando un livello unico e indissolubile. Tra i fotografi che influenzano il suo modo di guardare e raccontare il paesaggio c’è Ansel Adams, autore che costruisce un’epica del paesaggio americano del Novecento, concentrandosi sulla natura incontaminata, nella quale si perdono i segni e le tracce del tempo dell’uomo. Quella di Burtynsky si riferisce al paesaggio contemporaneo postmoderno, che ne mostra le ferite, le contraddizioni e le prospettive in divenire. Questo approccio fotografico è stato inaugurato all’inizio del Novecento da Albert Renger Patzsch, uno dei più importanti autori della Nuova oggettività tedesca che, tra il 1927 e il 1935, realizza un’ampia serie di fotografie nella regione della Ruhr, rappresentando il nuovo paesaggio industriale europeo in divenire. Il linguaggio di Patzsch è successivamente ripreso dai coniugi Bernd e Hilla Becher che, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, presentano architetture industriali anonime classificandole per tipologie. Queste immagini mostrano un paesaggio sempre più seriale e privo di identità, tema centrale della ricerca del gruppo di fotografi New Topographics che, nella metà degli anni Settanta, raccontano
Il livello di coscienza sullo stato del paesaggio naturale e sull’azione invasiva dell’uomo è reso da Burtynsky attraverso la ricerca fotografica del senso del sublime, inteso come sentimento estetico in cui piacere e terrore convivono. Le immagini di Burtynsky mantengono questo senso, intrecciando due livelli: un alto grado estetico, basato su prospettive di ripresa ampie, e il dramma ambientale 9
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Edward Burtynsky, Residui di nichel N. 35, Sudbury, Ontario, 1996 © Edward Burtynsky
il nuovo paesaggio contemporaneo, specchio di un’economia globalizzata e standardizzata. A partire dalle sue prime ricerche, Burtynsky decide di raccontare il tempo e l’azione dell’uomo sul Pianeta. Il disastro ambientale rappresentato nei suoi lavori non sempre è evidente: in alcuni casi le immagini non rivelano immediatamente il dramma, ma lo restituiscono in un secondo momento, aumentandone la forza comunicativa. Un esempio è la fotografia scattata nel 1996 in Ontario con i residui di nichel. Quello che al centro sembra un fiume rosso di lava che attraversa un paesaggio apparentemente desertico e vulcanico, è in realtà un corso di rifiuti industriali. L’identità di questa fotografia è dunque svelata dalla sua didascalia. I lavori di Burtynsky seguono una linea progettuale articolata e complessa che mette al centro la ricerca dei luoghi da fotografare. Seguendo una prospettiva di analisi storica, antropologica, geopolitica e scientifica, l’autore ricerca in tutto il mondo i siti che manifestano, nel modo più emblematico, il tema individuato.
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Con gli occhi della natura Burtynsky, con i registi Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier, ha dato vita negli ultimi anni a un progetto artistico che racconta, attraverso spettacolari immagini fotografiche, video e un documentario, la cosiddetta ‘Epoca dell’uomo’. Il progetto dal nome Anthropocene riprende il dibattito scientifico in atto e ha condotto gli autori a studiare attentamente le situazioni e le condizioni, a livello globale, che rendono maggiormente evidenti i segni di questa nuova epoca.
murales gli autori hanno inserito dei video, realizzati nei medesimi luoghi, che aprono e ampliano la prospettiva dell’immagine fotografica. Un’opera complessa, articolata su più livelli, che invita a un viaggio reale di scoperta e presa di coscienza sullo stato della Terra. Anche l’arte, come la scienza, può aiutare a maturare una nuova consapevolezza del presente, capace di muovere il senso comune a un’azione di tutela e salvaguardia dell’ambiente e, di conseguenza, dell’uomo.
L’utilizzo di media diversi (fotografia, video e installazioni di realtà aumentata) ha permesso di realizzare una ricerca multimediale capace di rendere la complessità del tema non più traducibile, secondo Burtynsky, attraverso un solo linguaggio artistico. La scelta del drone, dunque di vedute aeree, per la ripresa filmica e fotografica di molti scenari, è stata dettata dall’intenzione di restituire l’estensione dell’impatto dell’uomo. Tramite un sistema di fotogrammetria con cui sono state assemblate migliaia di fotografie ad altissima definizione, Burtynsky ha composto murales fotografici di 6 metri di lunghezza che ricreano gli ambienti all’interno degli spazi espositivi. Dentro a questi
Edward Burtynsky, Discarica di Dandora N. 1, Nairobi, Kenya, 2016 © Edward Burtynsky 11
Con gli occhi della natura
domande per gli studenti Quali sono le differenze tra paesaggio naturale e paesaggio artificiale? Com’era raccontato, secondo te, il paesaggio prima dell’invenzione della fotografia? Perché è importante mostrare e raccontare l’impatto dell’uomo sull’ambiente?
attività didattica
Immagina come sarà il paesaggio naturale nel futuro. Rappresentalo con un disegno o un racconto.
consigli di lettura
Noi siamo qui. Dritte per vivere sul pianeta Terra, libro illustrato di Oliver Jeffers, ZOOlibri, 2017
Bibliografia Burtynsky, Edward; Baichwal, Jennifer; de Pencier, Nicholas, Antropocene, Goose Lane editions, 2018 12