Education online - AMBIENTE - Kit insegnanti Scuola secondaria 1 grado - Archeologie domestiche

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APPROFONDIMENTO INSEGNANTI SCUOLA SECONDARIA PRIMO GRADO

ARCHEOLOGIE DOMESTICHE UOMO E AMBIENTE


La scheda si rivolge a insegnanti e formatori di scuole secondarie di primo grado, per fornire alcuni approfondimenti teorici a complemento del percorso Archeologie domestiche.

A partire da alcuni aspetti riguardanti il cambiamento climatico e le sue conseguenze, una serie di brevi attività per riflettere con gli studenti sulla relazione tra uomo e ambiente. Il percorso Archeologie domestiche, accompagnato dalla sezione Approfondimenti per insegnanti, si prefissa i seguenti obiettivi: • • • •

favorire un approccio complesso alle problematiche ambientali; valorizzare la diversità dei materiali e il loro impatto sull’ambiente; stimolare una riflessione su concetti chiave riguardo inquinamento, rifiuti e impronta ecologica; ideare e progettare elaborati ricercando soluzioni creative originali, ispirate anche dallo studio dell’arte e della comunicazione visiva.

parole chiave

In copertina Edward Burtynsky, Cave di marmo di Carrara, Cava di Canalgrande N. 2, Carrara, Italia, 2016 © Edward Burtynsky

> Archeologia > Consumismo > Plastica > Rifiuti > Tecnofossili > Tecnosfera


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La plastica: soluzione a mille problemi o problema senza soluzione?

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L’uomo abita il pianeta Terra da un periodo di tempo relativamente breve: circa 200 mila anni. Dal punto di vista evoluzionistico, quella umana è l’unica specie che ha smesso di adattarsi alle condizioni geografiche e atmosferiche dell’ambiente, rendendolo più congeniale alle proprie esigenze e condizioni di vita.

Le tracce dell’azione umana sono indelebili tanto sulla superficie terrestre quanto nelle profondità oceaniche. Tecnofossili come cemento, plastica, manufatti di alluminio, residui delle esplosioni atomiche e altri oggetti creati dall’uomo sono tracce derivanti dall’azione umana e resistenti alla decomposizione.

Oggi sono molti i parametri che mostrano il progresso della civiltà umana, ma altrettanti i fattori che evidenziano come l’uomo del futuro dovrà adattarsi alle conseguenze della sua evoluzione. I cambiamenti climatici e gli effetti che derivano dalla sua azione e dal suo essersi costruito una personale nicchia ecologica, hanno condotto la specie umana verso un nuovo tempo: l’Antropocene.

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Ufficio fotografico Montecatini, Gino Bramieri pubblicizza casalinghi in Moplen, 1965 Link risorsa

Natta è brevettata dall’azienda fiorentina Montecatini con il nome di Moplen, materiale che porta una vera e propria rivoluzione nella vita quotidiana delle persone, dando così inizio all’epoca della plastica. Nel 1963 Giulio Natta e Karl Ziegler ricevono il premio Nobel per la Chimica, per le loro ricerche sui polimeri. Le ricerche di Natta e Ziegler portano a nuovi studi mirati a trovare materiali dotati di resistenza e rigidità tali da consentirne l’utilizzo in sostituzione dei metalli, per approdare a ulteriori sviluppi tecnici durante gli anni Novanta.

Materiale di recente invenzione, la plastica è uno dei tecnofossili più comuni e usati dall’uomo. Negli anni Venti del Novecento iniziano i primi esperimenti per dare vita a materiali prodotti a partire dal petrolio. Già nel 1935, Wallace Carothers, chimico statunitense, insieme al gruppo di ricerca dell’azienda DuPont, specializzata in prodotti chimici, realizza le prime fibre di nylon, la cui invenzione segna l’ascesa delle fibre sintetiche nell’industria tessile. Durante la Seconda guerra mondiale si diffonde l’utilizzo del PET (polietilene tereftalato), impiegato a partire dal 1973 nella produzione di imballaggi alimentari e, dal 1977, per la realizzazione di bottiglie di plastica.

Dalla metà del Novecento a oggi, la plastica è entrata in ogni campo della produzione per le sue numerose qualità e la sua estrema versatilità. È inattaccabile da muffe, batteri e parassiti e per questo ampiamente utilizzata in ambito medico e chirurgico. Funge inoltre da barriera per l’assorbimento dell’umidità, preservando i prodotti dalla penetrazione di ossigeno, luce e odori esterni, prolungandone conservazione e freschezza; è leggera e necessita di minore energia per essere trasformata rispetto a vetro e alluminio.

Nel 1954 il chimico italiano Giulio Natta ottiene il polipropilene, un tipo di plastica realizzata a partire dal propilene, seguendo le ricerche di Karl Ziegler, chimico tedesco che negli stessi anni crea il polietilene. Quello che Natta realizza è un polimero, composto da molecole tutte uguali legate tra loro, che rendono questo materiale eccellente: duttile, flessibile, idrorepellente. La scoperta di

Negli ultimi anni è cambiata la percezione di questo ma4


Archeologie domestiche teriale, considerato oggi il principale responsabile dell’inquinamento ambientale. Questa considerazione è legata alle difficoltà che si incontrano nel riciclare la plastica, ma anche al modo sconsiderato in cui è abbandonata o gettata, senza seguire la raccolta differenziata dei rifiuti.

maggiore di plastica che di pesci. Dal momento della sua immissione sul mercato a oggi sono stati prodotti 9,2 miliardi di tonnellate di plastica e tra qualche decennio saranno probabilmente più del doppio.

A differenza di tanti altri materiali naturali che, se immessi nell’ambiente, si dissolvono, la plastica è destinata a conservarsi per centinaia o migliaia di anni. Essendo infatti un prodotto artificiale, la natura non ha ancora selezionato microrganismi in grado di digerirla. Non essendo biodegradabile, non si distrugge, ma si disgrega in microplastiche, frammenti piccolissimi che possono raggiungere la grandezza di un terzo di millimetro. Le microplastiche si trovano nell’acqua dei mari e si depositano nei fondali degli abissi, oltre a essere ingerite dagli organismi marini. Ogni anno sono riversati nei mari e negli oceani 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici che creano isole di macroplastiche, generate da correnti oceaniche. Cetacei e tartarughe scambiano spesso questi rifiuti per meduse e ingerendoli muoiono soffocati. La pesca non controllata e i rifiuti riversati nelle acque, portano gli scienziati a prevedere che nel mare, entro il 2050, ci sarà una quantità

Perché percentuali così alte di plastica non sono ancora state riciclate? Perché, per le loro caratteristiche, alcune tipologie di plastica non possono essere riutilizzate. Tra queste: poliaccoppiati (materiali diversi associati insieme), plastiche di differenti tipologie abbinate tra loro e altri materiali come, ad esempio, il polistirolo. Riciclare la plastica non è un processo semplice e la raccolta differenziata fatta dai cittadini non è sufficiente: esistono infatti tante differenti tipologie di plastica, il PET delle bottiglie, il polietilene pesante dei contenitori di detersivi, il polipropilene di diversi imballaggi e molti altri. Non potendo essere riciclate, queste plastiche sono bruciate e utilizzate come combustibile all’interno di cementifici, che diventano veri e propri inceneritori. Almeno il 40% della plastica prodotta dal 1950 a oggi è stata utilizzata nella realizzazione di prodotti per contene-

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della raccolta e del recupero del prodotto una volta diventato rifiuto e di organizzare un sistema idoneo a raccogliere e recuperare la materia. La responsabilità estesa dei produttori, cioè l’idea che chi inquina paga, è uno strumento economico fondamentale per l’economia circolare: in Italia questo ha permesso un aumento della percentuale di plastica riciclata, il 44%, mentre il 40% finisce in cementifici e inceneritori per il recupero energetico. Nel sistema italiano la responsabilità è condivisa tra produttori di materie plastiche e chi le commercializza come packaging dei propri prodotti. Dal 2018 chi produce imballaggi in plastica difficilmente riciclabili, è tassato maggiormente così da incentivare le aziende a produrre packaging di un solo tipo e di un solo colore. È quello che è accaduto in Giappone: la decisione di produrre esclusivamente bottiglie trasparenti in PET per contenere i soft drink ha portato a un riciclo del materiale del 90%.

re merci, dalle materie prime ai prodotti finiti. Il packaging è realizzato in modo molto specifico, con l’impiego di diverse tipologie di plastiche che offrono ottime soluzioni dal punto di vista applicativo, ma rendono complicati i processi di riciclo o impossibile il riutilizzo. Considerare, a partire dal design, la possibilità di riciclare questi prodotti potrebbe aumentare le opportunità di un’economia circolare. Sempre più spesso incontriamo imballaggi di plastica che mostrano la dicitura: ‘Plastica riciclabile al 100%’. Il fatto che questo materiale sia riciclabile non significa che sarà effettivamente riciclato. I sistemi di riciclo non sono infatti in grado di far fronte alla crescente quantità di rifiuti prodotti. Se nel passato la Cina si faceva carico dello smaltimento delle plastiche di America ed Europa, oggi i rifiuti hanno trovato nuove rotte: Malesia, Thailandia, Vietnam, Paesi privi di infrastrutture che permettano di raccogliere separatamente la plastica e avviarla a impianti di riciclo. L’aggiornamento della Convenzione di Basilea, il trattato internazionale più completo sui rifiuti pericolosi, voluta dalle Nazioni Unite, ha imposto che chi spedisce i propri rifiuti deve essere autorizzato dal Paese di destinazione. In Europa, invece dal 1994 la Direttiva U.E. sugli imballaggi prevede l’obbligo per il produttore di sostenere i costi

Entro il 2029, l’Europa ha come obiettivo il riciclo del 90% dei rifiuti plastici e, per questo motivo, dal 2024 vigerà l’obbligo di creare bottiglie con tappo indivisibile così da evitare la sua dispersione nell’ambiente. A partire dal 2021, inoltre, l’Unione Europea vieterà la produzione di cannucce, stoviglie di plastica e bastoncini cotonati. Questi provvedimenti potranno aumentare il riciclo e lo smaltimento della plastica, ma oggi la scienza è alla 6


Archeologie domestiche ricerca di alternative al suo utilizzo, impiegando fibre vegetali biodegradabili o compostabili.

consumatori dovranno investire sull’acquisto di prodotti sfusi e sulla ricarica di contenitori riutilizzabili, privilegiando quindi un modello economico circolare, basato sul riuso e sul riciclo.

Esistono ad esempio bioplastiche ricavate da biomasse come l’amido di mais, grano, tapioca e patate, valide alternative alla plastica di origine fossile. Le bioplastiche offrono il vantaggio di essere biodegradabili, oltre che compostabili, dissolvendosi in breve tempo, senza causare danni all’ambiente. Le ricerche scientifiche hanno portato anche alla produzione di plastica in legno liquido, un materiale biodegradabile e riciclabile, esteticamente simile alla plastica, ricavato da trucioli e scarti della lavorazione del legno. Sono inoltre state prodotte plastiche di origine animale, che utilizzano scarti dell’industria alimentare, come le piume di gallina, solitamente incenerite, o derivanti dalle proteine del latte vaccino. Questi materiali presentati non sono soluzioni completamente efficaci alla sostituzione della plastica. Per salvaguardare la Terra è necessario ripensare i propri comportamenti e le proprie abitudini quotidiane riducendo l’utilizzo di imballaggi e oggetti monouso e privilegiando materiali più duraturi come vetro, ceramica o acciaio, o riutilizzabili come stoffa, carta o fibre naturali. Sia le aziende produttrici di beni di largo consumo che i singoli

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domande per gli studenti Come immagini il mondo prima dell’avvento della plastica? Quali sono le qualità positive della plastica? Quali gli aspetti negativi del suo utilizzo? In che modo si può ridurre l’utilizzo della plastica?

attività didattica Scegli un oggetto o un imballaggio di plastica che hai utilizzato e che vorresti gettare. Pensa ad almeno un altro uso per dargli una seconda vita. Fotografa l’oggetto e scrivi un breve paragrafo descrivendo come lo hai riutilizzato.

consigli di lettura Plasticus Maritimus. Una specie invasiva, un libro illustrato di Ana Pego, Bernardo Carvahlo, Isabel Minòs Martins, Editore Topipittori, 2020

Sitografia Ritchie, Hannah; Roser, Max, Plastic Pollution [Link] Dusi, Elena, Cemento, plastica e residui atomici. Ecco cosa resterà di noi sulla Terra [Link] Giulio Natta, tratto da Scienza in rete [Link] Giulio Natta, tratto da Enciclopedia dei ragazzi, Treccani [Link] Ferreira, Ana Dias, De-plastizziamoci! ovvero Come spiegare il problema della plastica ai bambini e ai ragazzi [Link] Videografia Demonte, Matteo; Pievani, Telmo; Rocchi, Ciaj, La plastica, il materiale che Dio non creò. Quando Giulio Natta cambiò il mondo, video pubblicato da Corriere della Sera [Link] Bacci, Cecilia Andrea, Ci siamo imballati, inchiesta del programma giornalistico Report, Rai 3[Link] Pievani, Telmo, Il futuro, fino a prova contraria, intervento a TEDxLakeComo [Link] Angela, Piero, Plastica, come si ricicla?, tratto da Superquark [Link] 8


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Le nostre cose. Il consumismo dal punto di vista dell’arte

Yosuke Bandai, A Certain Collector B, 2017 © Yosuke Bandai

Yosuke Bandai è un artista multidisciplinare che utilizza la fotografia come linguaggio espressivo principale, associandola spesso a scultura e video. Nel 2016 Bandai inizia a raccogliere diversi oggetti abbandonati per strada: pietre, pezzetti di legno e di plastica, rifiuti vari, resti di insetti, ecc. L’insieme di questi elementi, alcuni destinati a degradarsi, altri a restare integri per molto tempo, diventa la materia per creare piccole sculture fragili e delicate. L’artista non espone direttamente le sue sculture polimateriche e multicolori, ma le scansiona e le stampa.

L’impatto dell’uomo sul Pianeta è analizzato con grande attenzione dalle discipline scientifiche e, negli ultimi anni, il dibattito è diventato interdisciplinare. Il lavoro di antropologi, filosofi, artisti e scrittori ha fortemente contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica, permettendo di trovare nuovi linguaggi di comunicazione per parlare di queste tematiche. Gli artisti Yosuke Bandai (Tokyo, 1980) e Hong Hao (Pechino, 1965) utilizzano la fotografia per raccontare l’impatto del consumo di beni e materiali, sia sull’ambiente che sulle nostre vite personali. I loro lavori sono intimi e riflessivi e attribuiscono grande importanza all’estetica e alla composizione delle immagini. Entrambi ci mostrano gli effetti del nostro consumo di risorse e materiali attraverso opere quasi diaristiche in cui la ripetizione di azioni quotidiane produce un accumulo di oggetti, trovati per caso da Bandai e scelti con cura da Hao.

Attraverso la scansione, Bandai ottiene immagini bidimensionali che limitano fortemente la nostra prospettiva sugli oggetti. Forme, colori e composizioni spiccano sullo sfondo nero di ciascuna stampa. Il risultato è una serie di 70 immagini, intitolata A Certain Collector B, che l’artista presenta come una collezione fantastica di oggetti, raccolti da una figura immaginaria, ‘un certo collezionista B’, forse un alter ego di Bandai stesso.

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Archeologie domestiche L’autore inizia a concepire l’opera in un momento di difficoltà personale, a causa di un lutto che lo porta a riflettere sulla sparizione definitiva delle persone care. Tra le strategie utilizzate per superare questo momento di dolore, nel corso di lunghe passeggiate raccoglie frammenti di materiali, sia naturali che artificiali, per salvarli dall’abbandono con un gesto estremo e simbolico di riuso. La raccolta di questi frammenti, la composizione delle sculture e la scansione elettronica di ciascun oggetto diventano gesti ripetitivi e meditativi, in cui Bandai trova conforto.

ture appaiono enigmatiche: è spesso difficile riconoscere i diversi elementi che le compongono. Il lavoro di Bandai mostra, indirettamente, le conseguenze delle azioni dell’uomo attraverso piccoli brandelli di materiali ritrovati per caso, senza una storia propria e non identificabili nella loro frammentazione. L’archivio che ne risulta è una collezione di bizzarre sculture, piccole rovine in miniatura e tecnofossili, che testimoniano le tracce lasciate dall’uomo nell’ambiente, con l’obiettivo di trovare una strada simbolica verso l’immortalità.

Nei lavori di A Certain Collector B, piccoli pezzi di plastica colorata si legano a pietre, frammenti di legno o frutti appassiti, rendendo indistinguibili le varie componenti. L’azione dell’artista ricalca quanto avviene nell’ambiente: materiali prodotti dall’uomo si mescolano a elementi naturali in modo spesso irreversibile. Le immagini di Bandai invitano a considerare il processo per il quale i rifiuti, oggetti considerati inutili o indesiderabili, possono trasformarsi in risorse, raccontando di un mondo sempre più ibrido, in cui è complesso separare l’ambito naturale da quello artificiale. Le forme delle scul-

Yosuke Bandai ha partecipato a Foto/Industria 2019, Biennale dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro promossa dalla Fondazione MAST. Clicca qui per vedere la sezione dedicata al progetto A Certain Collector B

Yosuke Bandai, A Certain Collector B, 2017 © Yosuke Bandai 10


Archeologie domestiche Nel 2001 Hong Hao inizia il progetto fotografico Le mie cose, al quale lavora per 12 anni, periodo che, per la tradizione cinese, rappresenta la chiusura di un ciclo importante nella vita di ciascun individuo. L’opera consiste in una serie di fotografie realizzate a partire dagli oggetti che l’artista ha acquistato e utilizzato nel corso del tempo: da un pacchetto di biscotti a una rivista, ogni oggetto è stato consumato da Hao, diventando di conseguenza uno scarto.

esempio, ci introducono alla sua intimità e quotidianità. Hao sceglie la scansione come tecnica fotografica per catalogare ogni suo consumo in modo oggettivo e sistematico. L’utilizzo dello scanner, inoltre, richiede un procedimento molto diverso da quello della fotografia tradizionale: ciascun oggetto è appoggiato dall’artista direttamente sul dispositivo, annullando completamente la distanza che è invece necessaria per fotografare qualcosa con una macchina fotografica. Secondo Hao, questo procedimento è molto simile a quanto avviene nella vita di ciascuno di noi: i nostri occhi registrano, osservano e desiderano oggetti, ma sono i nostri corpi che, attraverso un contatto diretto, li consumano effettivamente.

Le mie cose documenta i grandi cambiamenti nelle abitudini in Cina, nazione che ha visto un repentino aumento dei consumi individuali negli ultimi decenni. L’acquisto di oggetti, esperienza universale in un mondo globalizzato, è al centro della società contemporanea in cui i desideri dei consumatori sono spesso creati ad hoc dal marketing.

I collage digitali realizzati da Hao rappresentano un inventario della sua esperienza personale nel corso di oltre un decennio, la cui pratica rimanda all’atteggiamento consumistico di ciascuno di noi.

Giorno dopo giorno, Hao ha inserito gli oggetti in uno scanner, creando un diario visivo dei suoi consumi. Attraverso la scansione, l’artista riesce a ottenere immagini che mantengono forma e dimensione originali dell’oggetto. Le singole immagini sono poi assemblate digitalmente per creare collage di grandi dimensioni. Oggetti e involucri sono organizzati per forma, colore o tipologia, creando presentazioni astratte, in cui ciascun elemento si incastra e si giustappone all’altro. Alcuni collage seguono tematiche precise, come nel caso di un’immagine che raccoglie i dorsi dei libri letti dall’artista, altri raccontano dettagli e preferenze di Hao attraverso i suoi consumi. Le immagini delle medicine e degli alimenti da lui acquistati, ad

Hong Hao ha partecipato a Foto/Industria 2015, Biennale dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro promossa dalla Fondazione MAST. Clicca qui per scoprire i progetti dell’edizione 2015

Hong Hao, Contabilità N. 07 B, 2008 © Hong Hao 11


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domande per gli studenti Come sono smaltiti e qual è la destinazione degli oggetti e dei materiali che scartiamo? Che cosa è secondo te il consumismo? In che modo la fotografia può raccontarlo?

attività didattica Nel corso di una settimana utilizziamo centinaia di oggetti. A quali di questi potresti rinunciare? Prova a scriverne una lista.

consigli di lettura ‘Come sopravvivere ai rifiuti’, The Economist, Regno Unito, 12/10/2018 Clicca qui per leggere l’articolo su Internazionale

Bibliografia AA.VV, Foto/Industria. Bologna ‘15, Electa, 2015 Zanot, Francesco (a cura di), Foto/Industria 2019. IV Biennale di fotografia dell’industria e del lavoro. Tecnosfera, 2019 Sitografia Intervista a Yosuke Bandai [Link] 12


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