Education online - AMBIENTE - Kit studenti Scuola secondaria 2 grado - Missione Pianeta Terra

Page 1

EDUCATION ONLINE

APPROFONDIMENTO INSEGNANTI SCUOLA SECONDARIA SECONDO GRADO

MISSIONE PIANETA TERRA UOMO E AMBIENTE


La scheda si rivolge a insegnanti e formatori di scuole secondarie di secondo grado per fornire alcuni approfondimenti teorici a complemento del percorso Missione Pianeta Terra.

A partire da alcuni aspetti riguardanti il cambiamento climatico e le sue conseguenze, una serie di brevi attività per riflettere con gli studenti sulla relazione tra uomo e ambiente. Il percorso Missione Pianeta Terra, accompagnato dalla sezione Approfondimenti per insegnanti, si prefissa i seguenti obiettivi: • • • •

stimolare una visione sistemica e integrata delle complesse relazioni che legano uomo e ambiente; favorire la consapevolezza sul proprio stile di vita e la capacità di renderlo più sostenibile; valorizzare le capacità di attuare azioni e comportamenti responsabili ed ecosostenibili; rielaborare in modo creativo le tematiche affrontate, incrementando la capacità di relazione con altri ambiti disciplinari.

parole chiave

In copertina Edward Burtynsky, Cave di marmo di Carrara, Cava di Canalgrande N. 2, Carrara, Italia, 2016 ©Edward Burtynsky

> Abitudini quotidiane > Antropocene > Combustibili fossili > Fotografia > Oceani > Tecnosfera


Missione Pianeta Terra

Tra scienza e arte. Gli oceani dell’Antropocene

Le nazioni partecipanti al progetto BLUEMED www.bluemed-initiative.eu Mari e oceani sono molto importanti per il nostro Pianeta: in essi ha avuto origine ogni forma di vita. Questi luoghi producono il 50% di tutto l’ossigeno che respiriamo, assorbono gran parte della CO2 che emettiamo e regolano il clima della Terra.

l’obiettivo di studiarne le caratteristiche ambientali e di aprire nuove strade di sviluppo sostenibile e partecipato. Se infatti, negli ultimi anni, l’opinione pubblica ha rivolto grande attenzione alle tematiche dell’Antropocene, il dibattito ha riguardato principalmente le terre emerse, meno il mondo marino.

Gli oceani coprono il 70% della superficie terrestre, eppure rappresentano una frontiera ancora poco esplorata: solo il 19% dei fondali oceanici è stato mappato. Per questo motivo non è sempre possibile valutare le conseguenze a medio e lungo termine dell’utilizzo di questi territori.

Fin dall’antichità il Mediterraneo è una zona complessa per ragioni geopolitiche e di rilevanza economica e culturale. Questo mare relativamente piccolo, pari all’1% delle acque terrestri, interessa il 30% di tutto il traffico marino mondiale e il 25% dei trasporti di petrolio. Presenta inoltre la più alta concentrazione di porti globale (450) ed è il secondo mercato al mondo per le navi da crociera. L’area del Mediterraneo è stata visitata da oltre 350 milioni di turisti nel 2019, cifra che mette sotto pressione le coste già sovrappopolate e le infrastrutture di gestione dei rifiuti e degli scarichi. Nonostante questo affollamento di persone, commerci e trasporti, rimane una zona di elevata bio-

Fabio Trincardi, direttore del dipartimento di Scienze del sistema Terra e tecnologie per l’ambiente presso il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), è un geologo marino e divulgatore, coordinatore di BLUEMED, un progetto internazionale promosso da nove Paesi che affacciano sul Mediterraneo, con 3


Missione Pianeta Terra

Edward Burtynsky, Tetrapodi N. 1, Dongying, Cina, 2016 © Edward Burtynsky

diversità, con 236 aree marine protette, 400 siti UNESCO e una varietà unica di storie, culture e paesaggi.

Mediterraneo, tonnellate di rifiuti plastici finiscono ogni anno in mare attraverso le fiumare, fiumi che rimangono secchi per molti mesi e i cui greti sono spesso trasformati in discariche illegali che, con le piene stagionali, si riversano in mare.

Studiando la storia di questi luoghi possiamo comprendere il modo in cui le azioni dell’uomo sul Pianeta producano importanti cambiamenti. Analizzando i delta dei principali fiumi del Mediterraneo (Ebro, Rodano, Po e Danubio) è possibile osservare come la loro estensione sia diminuita, soprattutto a partire dal Secondo dopoguerra. La costruzione di dighe, trattenendo sedimenti lungo il corso del fiume, porta i delta fluviali a ritirarsi. In concomitanza di un generale innalzamento del livello dei mari, la presenza di minori quantità di sedimenti rende ancora più severa l’erosione delle coste, già fortemente urbanizzate e cementificate nel territorio del Mediterraneo.

A partire dal Secondo dopoguerra i fondali oceanici sono stati utilizzati come discariche adatte a ospitare rifiuti pericolosi. Tra il 1946 e il 1993 diverse nazioni hanno smaltito in questo modo le proprie scorie nucleari, senza una reale consapevolezza dei processi che regolano il fondo del mare e della resistenza dei contenitori utilizzati. Anche nel Mar Mediterraneo sono stati depositati rifiuti radioattivi o altamente tossici, spesso illegalmente e la mancanza di informazioni condivise e di mappe universalmente riconosciute dei fondali può creare gravi problematiche. Al largo di Milazzo, ad esempio, la pratica della pesca a strascico su fondali dove precedentemente erano stati smaltiti rifiuti petrolchimici, ne ha provocato lo spargimento su un’area molto vasta.

I fiumi sono anche veicolo di numerose sostanze inquinanti provenienti da scarichi industriali e agricoli e di rifiuti solidi che terminano la loro corsa negli oceani. La cosiddetta isola di plastica del Pacifico, o Pacific Trash Vortex, è uno dei risultati di questo processo più noti all’opinione pubblica internazionale. Si tratta di un accumulo di rifiuti di plastica galleggianti, trasportati dalle correnti in una precisa regione del Pacifico già a partire dagli anni Ottanta del Novecento. La sua superficie è attualmente pari a quella della penisola iberica e un fenomeno analogo è stato osservato anche nell’Oceano Atlantico. Nel

La pesca a strascico è pericolosa anche per altre ragioni. Modificando la forma dei fondali e riducendo la complessità morfologica e la biodiversità di specie animali e vegetali, provoca la distruzione di ecosistemi complessi e l’impoverimento dei mari che si traduce in un grave danno per i pescatori. Negli ultimi decenni la presenza di pesce nel Mediterraneo è diminuita a tal 4


Missione Pianeta Terra punto che quasi il 50% di quello consumato dai Paesi di questa regione deve essere importato.

menti tecnocratici tra grande industria, scienza, politica ed economia, che rende possibile la nuova frontiera degli scavi oceanici. Attraverso fotografie, video e oggetti d’archivio, tra il 2016 e il 2018 Linke documenta diverse situazioni in tutto il mondo, con un focus su quanto sta accadendo in Papua Nuova Guinea. In questo Paese, infatti, l’attività estrattiva minaccia gli ecosistemi, lo stile di vita e la salute delle popolazioni locali, nonché il loro diritto all’autodeterminazione economica e politica. Al momento, diverse aziende estere stanno elaborando programmi per l’estrazione di minerali dai fondali delle acque nazionali e Linke ha documentato le contro-iniziative delle comunità locali, preoccupate per l’impatto di queste azioni. Le sue immagini ricordano la storia della colonizzazione della Papua Nuova Guinea, raccontando gli attuali squilibri nei rapporti di potere globali.

A torto, il mare profondo e i fondali sono stati per molto tempo considerati zone sicure, immutate e immutabili su cui depositare rifiuti altamente tossici e adagiare cavi per i sistemi di comunicazione globali. La conoscenza di questi ecosistemi ha ricevuto grande impulso dallo sviluppo delle nuove tecnologie di rilievo idrografico e geofisico e oggi è possibile studiarli in modo più approfondito, anche al fine di attuare azioni di tutela. Come la scienza, anche l’arte può aiutare a maturare una nuova consapevolezza sul presente e muovere il senso comune a un’azione di salvaguardia dell’uomo e dell’ambiente. Armin Linke (Milano,1966) è un videomaker e fotografo italiano che da anni lavora sulla trasformazione del paesaggio e sulle forze economiche e politiche che la promuovono.

Prospecting Ocean documenta la fascinazione e l’alienazione che circondano le moderne tecnologie di mappatura, visualizzazione e sfruttamento delle risorse marine. Realizzate con speciali veicoli sottomarini a controllo remoto e altri strumenti tecnologici all’avanguardia, le immagini e i video di Linke svelano un denso intrico di macchinari e tubazioni sommersi, utilizzati per estrarre e distribuire risorse preziose. Attraverso il suo lavoro, possiamo approfondire e conoscere meglio il sistema marino e comprenderne la fondamentale importanza.

Il progetto fotografico Prospecting Ocean è il frutto di tre anni di approfondite ricerche. Nel 1967 l’ONU ha dichiarato che il ‘mare aperto’, inteso come le aree che si trovano al di fuori delle giurisdizioni nazionali, è un patrimonio comune dell’umanità. La Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, entrata in vigore nel 1982 e riconosciuta da 167 Stati, si impegna a distribuire i proventi ricavati dalle risorse estratte in mare aperto in modo omogeneo. Nonostante questo, numerose nazioni violano regolarmente gli accordi, rivendicando sovranità su aree marine remote, sotto i cui fondali si trovano giacimenti di petrolio o gas naturale. L’opera svela luoghi, situazioni e processi di norma invisibili e inaccessibili al pubblico, ricostruendo la fitta rete di collega-

Armin Linke ha partecipato a Foto/Industria 2019, Biennale dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro, promossa dalla Fondazione MAST. Clicca qui per vedere la sezione dedicata al progetto Prospecting Ocean

Armin Linke, Prospecting Ocean, ‘The University of Texas, visualisation room at the Institute for Computational Engineering and Sciences (ICES) Computational Research in Ice and Oceans Group (CRIOS)’, Austin, Texas, 2018 © Armin Linke 5


Missione Pianeta Terra

domande per gli studenti Conosci altri esempi di azioni dell’uomo con un forte impatto sul mare? Quali iniziative e tecnologie potrebbero essere efficaci per tutelare il mare? Con quale scopo il progetto di Armin Linke combina l’arte e la scienza?

attività didattica Come Armin Linke, prova anche tu ad approfondire tramite una ricerca le attività di estrazione o la presenza di cavi sottomarini attorno alle coste italiane.

consigli di visione

Mission Blue, un docufilm di Robert Nixon e Fisher Stevens, 2014, 95’

Bibliografia Zanot, Francesco (a cura di), Foto/Industria 2019. IV Biennale di fotografia dell’industria e del lavoro. Tecnosfera, 2019 Sitografia National Ocean Service, U.S. Department of Commerce [Link] Progetto BLUEMED [Link] Videografia Trincardi, Fabio, I mari dell’Antropocene, talk alla Fondazione MAST, 17/12/2019 Trincardi, Fabio, talk a Labirinto d’Acque 2018 [Link] 6


Missione Pianeta Terra

Tra scienza e arte. L’insostenibile fascino del cemento

Piano INA-Casa a Matera, 1948-55 Public Domain

Il cemento è un materiale fondamentale per lo sviluppo della civiltà umana ma, nel corso del tempo, ha contribuito a rendere più pesante l’impronta dell’uomo sull’ambiente. Il calcestruzzo è un composto di sabbia, aggregati (di solito ghiaia o ciottoli) e acqua, mescolati con un legante, il cemento, a base di calcare cotto in una fornace. La moderna forma industrializzata del legante, detta ‘cemento Portland’, è stata brevettata nel 1824 a Leeds da Joseph Aspdin. Con l’aggiunta di barre d’acciaio, questa mistura permette di ottenere il cemento armato, materiale che ha rivoluzionato ingegneria e architettura rendendo possibile la costruzione dei grattacieli.

decori Liberty tipici dell’epoca. Nel corso degli anni Trenta, il cemento si afferma come nuovo materiale della modernità. Percepito da ingegneri e architetti come solido, resistente e particolarmente igienico, è impiegato per la costruzione su larga scala di interi quartieri abitativi, scuole e ospedali, ma anche per gli edifici monumentali. È però con la Ricostruzione del Secondo dopoguerra che il cemento diventa il materiale più diffuso in Italia: il Paese non può permettersi ingenti quantità di acciaio necessarie per la costruzione di grandi opere, ma dispone di sabbia e acqua in abbondanza. Gli ingegneri italiani, guidati da Riccardo Morandi, imparano quindi a ottenere dal cemento gli stessi risultati che avrebbero avuto con l’acciaio.

In Italia, il cemento armato compare nei primi anni del Novecento per la costruzione dei magazzini nei porti di Genova e Trieste. In seguito, il materiale è impiegato nella realizzazione di edifici industriali, spesso nascosto sotto i 7


Missione Pianeta Terra

Paolo Monti, Servizio fotografico (Milano,1961), 1961 CC BY-SA 4.0

Il più grande progetto di edilizia pubblica mai conosciuto in Italia, il piano ‘INA-Casa’, è approvato nel 1949 con l’obiettivo di costruire molto rapidamente nuovi alloggi per la popolazione rimasta senza un tetto a seguito della distruzione della guerra. In meno di 15 anni, sono completati oltre 2 milioni di vani abitativi, creando un paesaggio urbano unificato lungo tutta la penisola. I quartieri sono progettati per risultare accoglienti e le abitazioni hanno elementi comuni grazie ai materiali utilizzati: cemento armato lasciato a vista in alcuni punti, ringhiere di ferro ai balconi e infissi colorati. Superata la necessità di dare un alloggio a chi lo ha perso a causa dei bombardamenti, l’edilizia popolare rimane fondamentale per accogliere gli emigranti che dalle campagne si spostano nelle città, un movimento che interessa 25 milioni di italiani tra il 1949 e il 1969.

armato si rivela fondamentale per dare al grattacielo una forma slanciata e, al tempo stesso, resistente ai venti. L’estetica del cemento è celebrata anche dagli edifici costruiti per le Olimpiadi di Roma del 1960, tra cui particolarmente iconico è il Palazzetto dello Sport, con progetto strutturale di Pier Luigi Nervi, che aveva lavorato anche al grattacielo Pirelli. L’edificio a pianta circolare è costituito da una cupola sorretta da una corona di 36 cavalletti, la cui copertura è formata da 1620 elementi prefabbricati in cemento armato. Negli stessi anni inaugura l’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino e la sua struttura avveniristica è celebrata da una campagna pubblicitaria, diretta dal regista Pietro Gherardi. Se da un lato il cemento e la sua estetica sono celebrati, dall’altro inizia a crescere tra giornalisti, scrittori e intellettuali la consapevolezza dei danni provocati da questo materiale. Nel 1955 il settimanale L’Espresso pubblica un’inchiesta dal titolo ‘Capitale corrotta = nazione infetta’ mettendo in luce la speculazione edilizia e la connivenza della politica. Il cemento sembra legare tra loro politici, burocrati, amministratori e aziende in un vincolo di inte-

Uno dei simboli del progresso e del miracolo economico degli anni Sessanta, è rappresentato dal grattacielo Pirelli di Milano. L’edificio, progettato dall’architetto Gio Ponti per gli uffici dell’azienda di pneumatici Pirelli, è completato nel 1960. Una squadra di otto tra i più famosi ingegneri dell’epoca lavora alla progettazione strutturale dell’edificio, alto 127 metri, e l’uso del calcestruzzo 8


Missione Pianeta Terra ressi difficile da sciogliere: le grandi opere sono importanti per la crescita economica anche se si tratta di costruzioni o eventi discutibili dal punto di vista ambientale.

biente e per il paesaggio. Anche Italo Calvino riflette sulla società italiana degli anni del miracolo economico nel romanzo La speculazione edilizia (1963), opera in cui il protagonista sembra tradire i propri ideali di sinistra mettendosi in società con uno spregiudicato costruttore, ma si rivela far parte di una medesima dialettica del ‘nuovo’, che sembra avere ammaliato tutti gli italiani.

Il cinema dell’epoca racconta la speculazione edilizia e il suo impatto sulla società. Ettore Scola dipinge un efficace ritratto dei palazzinari di Roma nel celebre C’eravamo tanto amati (1974), mentre qualche anno prima Francesco Rosi vince il Leone d’Oro alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con Le mani sulla città (1963), che mostra la speculazione edilizia in atto a Napoli. Il film ha una tale risonanza sulla cultura dell’epoca che il titolo entra a far parte del linguaggio comune. Pier Paolo Pasolini è uno dei primi intellettuali a interessarsi alla violenta deturpazione del paesaggio provocata dall’uso del cemento. Nell’estate del 1959 Pasolini percorre in automobile tutta la penisola. Il reportage, La lunga strada di sabbia, racconta di un’estate italiana ancora pura e incontaminata, anche se sulla costa adriatica scrive di un odore di calce inconfondibile.

A partire dagli anni Sessanta paesaggisti, storici dell’arte e archeologi si scagliano contro il violento saccheggio del patrimonio storico, artistico e paesaggistico del nostro Paese. La conservazione dei centri storici delle città e della morfologia caratteristica del territorio diventano tematiche sempre più discusse, anche in vista della costruzione di grandi infrastrutture come autostrade, trafori, viadotti, ponti e gallerie. Il primo grande cantiere è quello dell’Autostrada del Sole, che collega Milano a Napoli attraverso 760 km che hanno comportato un ingente sforzo ingegneristico e costruttivo a causa dei territori spesso montuosi o impervi.

Ad oggi, il 51% delle coste italiane risulta cementificato, a testimonianza della mancanza di salvaguardia per l’am-

In questo clima è inaugurata una infrastruttura simbolo del boom del cemento: il viadotto Polcevera di Genova,

Palazzetto dello sport in costruzione, Roma, 1956 ca. 9


Missione Pianeta Terra

Copertina della Domenica del Corriere, ponte Morandi, 1967

progettato da Riccardo Morandi e interamente costruito in cemento armato. Il ponte è inaugurato nel 1967, diventando famoso in tutto il mondo per la sua forma elegante e unica. Lo stesso Morandi è preoccupato per il terreno instabile su cui si trova il ponte e per questo motivo avvolge i tiranti di ferro in una guaina di cemento armato precompresso, sottolineando la necessità di manutenzione. L’infrastruttura, tragicamente crollata il 14 agosto 2018, mostra le gravi mancanze di gestione ma anche i limiti di questo materiale.

Gli edifici costruiti in cemento a partire dall’inizio del Novecento sono stati pensati come eterni, ignorando il modo in cui questo nuovo materiale sarebbe invecchiato, diventando un tecnofossile, ovvero un oggetto di produzione umana che rimarrà sul Pianeta per migliaia di anni. Il processo di invecchiamento dei manufatti è motivo di interesse non solo da parte di architetti e ingegneri, ma anche di artisti tra cui David Claerbout (Kortrijk, Belgio, 1969). L’artista, come tanti prima di lui, è affascinato dall’idea di rovina. Anche a distanza di secoli è possibile riconoscere i profondi cambiamenti lasciati sul paesaggio da città che non esistono più, anche se per la loro costruzione sono stati utilizzati materiali degradabili, come il legno, oppure poco lavorati, come la pietra. L’utilizzo di tecnofossili come cemento e acciaio per la costruzione di edifici e città più moderne lascerà tracce ancora più profonde e durature.

Negli anni Sessanta si sapeva molto poco dell’interazione tra cemento e materiali diversi, così come della corrosione provocata dal clima e dall’inquinamento, dell’ossidazione dei ferri di armatura, della disgregazione e di altre importanti problematiche collegate al suo utilizzo o a miscele prodotte con dosaggi non adeguati. L’Italia è ancora oggi uno dei maggiori produttori di cemento al mondo, anche se la necessità di allontanarsi il più possibile da questo materiale ha portato alla ricerca di soluzioni più ecologiche e sostenibili. La tecnologia oggi ci permette di sviluppare materiali da costruzione di ultima generazione che utilizzano, ad esempio, cenere, polvere di ferro scartata dai processi industriali o perfino composti organici per creare componenti resistenti e flessibili. Anche il cemento può essere prodotto da materiali riciclati.

Con la sua ricerca Clearbout prova a immaginare come gli edifici della modernità potrebbero modificarsi nel tempo e trasformarsi anch’essi in rovine. Nel progetto Olympia, protagonista è il celebre Olympiastadion di Berlino, progettato dall’architetto Werner March e noto per avere ospitato le Olimpiadi del 1936. Secondo l’idea originaria, lo stadio avrebbe dovuto restare in uso per mille anni: tale era infatti la durata attesa dai gerarchi per l’intero ciclo del Terzo Reich. Attraverso lo sviluppo di un complesso software di computer grafica che simula il degrado dell’architettura in 10


Missione Pianeta Terra tempo reale, Claerbout si interrroga sulle ipotetiche trasformazioni dal 2018 fino alla sua totale sparizione. Il software è progettato per prevedere i movimenti del sole nei prossimi mille anni e per mostrare diverse condizioni metereologiche in linea con le medie stagionali tedesche. Con il passare del tempo alberi e vegetazione avanzano sempre più verso lo stadio, fino a soffocarlo completamente. Claerbout astrae l’Olympiastadion dal suo contesto all’interno del tessuto urbano di Berlino, collocandolo in una dimensione spazio-temporale privata della presenza umana e consegnata ai cicli della natura.

David Claerbout ha partecipato a Foto/Industria 2019, Biennale dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro promossa dalla Fondazione MAST. Clicca qui per vedere la sezione dedicata al progetto Olympia

David Claerbout, Olympia (The real time disintegration into ruins of the Berlin Olympic stadium over the course of a thousand years) start 2016, two channel real-time projection, color, silent, HD animation, 1000 years. © David Claerbout, courtesy Studio David Claerbout. 11


Missione Pianeta Terra

domande per gli studenti Come immagini potrebbe diventare la città in cui vivi se non fosse più abitata dall’uomo? Conosci degli esempi in cui la natura ha preso il posto delle creazioni dell’uomo? In quale modo la fotografia e il video possono raccontare il rapporto tra uomo e natura?

attività didattica Cerca, nel tuo quartiere, luoghi in cui la natura sta ricrescendo e occupando spazi artificiali. Fotografa questi angoli e racconta brevemente lo scenario ritratto: che cosa vedi adesso e come potrebbe cambiare la tua zona nel futuro?

consigli di visione La Grande Storia, documentario ‘Cemento: Viaggio nell’Italia del dopoguerra’, 2019 Clicca qui per vedere il documentario su RaiPlay

Bibliografia Watts, Jonathan, ‘Sommersi dal cemento’, The Guardian, in Internazionale n. 1300, 29 marzo/ 4 aprile 2019 Zanot, Francesco (a cura di), Foto/Industria 2019. IV Biennale di fotografia dell’industria e del lavoro. Tecnosfera, 2019 Sitografia Guagnini, Aulo, Una nuova tecnica del costruire: il calcestruzzo armato, Enciclopedia Treccani [Link] Videografia RAI, La Grande Storia, Cemento: Viaggio nell’Italia del dopoguerra, 2019 12


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.