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APPROFONDIMENTO INSEGNANTI SCUOLA SECONDARIA PRIMO GRADO
ARCHIVIO DI QUARTIERE MAST.
La scheda si rivolge a insegnanti e formatori di scuole secondarie di primo grado, per fornire alcuni approfondimenti teorici a complemento del percorso Archivio di quartiere.
A partire dalla storia della Fondazione MAST e dalla sua relazione con il quartiere in cui sorge, una serie di brevi attività per riflettere con gli studenti sulla relazione tra fotografia e architettura. Il percorso Archivio di quartiere, accompagnato dalla sezione Approfondimenti per insegnanti, si prefissa i seguenti obiettivi: • • • •
riconoscere e apprezzare gli aspetti più caratteristici del patrimonio ambientale e urbanistico nel proprio territorio; sviluppare la riflessione sul passato e sul presente, creando relazioni tra le immagini di una società diversa dalla nostra e l’attualità; ideare e progettare elaborati ricercando soluzioni creative originali, ispirate anche dallo studio dell’arte e della comunicazione visiva; sviluppare capacità espressive e di analisi socio-urbana attraverso l’uso della fotografia.
parole chiave
In copertina: Veduta esterna della Fondazione MAST
> Architettura > Archivio > Città > Fotografia > Quartiere > Riqualificazione urbana
Archivio di quartiere
MAST e dintorni: il quartiere Santa Viola
Quartiere Santa Viola, veduta storica
che comprende i quartieri Barca e Santa Viola, divisi da Viale Palmiro Togliatti. Il quartiere Santa Viola, delimitato da Porta San Felice e dal corso del fiume all’altezza di Pontelungo, prende il nome da un luogo di culto presente in quest’area a partire dal 1941. Fin dall’Ottocento la zona rappresenta un graduale passaggio dalla città alla campagna, occupata da numerose tenute agricole. In quest’area hanno luogo attività legate all’estrazione di sabbia e ghiaia dal fiume Reno, poi trasportate nei cantieri edilizi della città. Lo spostamento dalla campagna al centro è gestito dai ‘birrocciai’, uomini che si dedicano al trasporto di materie prelevate dal fiume e di merci su piccoli carri. In questa zona si trovano anche numerose residenze estive di famiglie dei ceti sociali più alti, molte delle quali oggi sono andate distrutte.
Fondazione MAST è un’istituzione internazionale, culturale e filantropica, basata sulla Tecnologia, l’Arte e l’Innovazione. Nata a Bologna nel 2013, la Fondazione intende favorire i progetti che fanno leva su identità e creatività allo scopo di sviluppare nuove idee e di creare nuove connessioni. Fondazione MAST sorge accanto alla sede di Coesia in un complesso multifunzionale con una superficie di 25.000 mq destinato ai collaboratori dell’azienda, ma aperto anche alla collettività in una continua sperimentazione di integrazione tra impresa e comunità. L’acronimo MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) esprime le linee guida che hanno ispirato la progettazione e la realizzazione dell’intero complesso, che si pone come centro di aggregazione e di scambio tra l’azienda, il quartiere periferico e la città. Il nome stesso rimanda al corrispettivo inglese della parola mast che indica l’albero maestro da cui dipende la navigazione, termine scelto per sottolineare la sua vocazione a farsi guida ed elemento portante per la comunità.
Durante il corso del Novecento il quartiere Santa Viola assume grande importanza come sede produttiva per lo sviluppo del settore della meccanica e della metallurgia della città di Bologna. Nel 1908 è fondata la Fonderia Parenti, piccola azienda che si fa motore della nascita e crescita di un ricco tessuto di imprese del settore meccanico, che caratterizza l’economia di Bologna dei primi del
MAST sorge nell’area del Reno, un’ampia zona il cui nome fa riferimento al fiume che attraversa la città di Bologna e 3
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Progetto di un primo ampliamento dello stabilimento G.D
le e della distinzione tra centro e aree periferiche. Negli anni del boom economico, il quartiere Santa Viola subisce un’ulteriore crescita manifatturiera, con l’apertura di nuove aziende.
Novecento. Questo momento storico e la nascita di numerosi laboratori modificano notevolmente l’aspetto del quartiere stesso, rendendolo centro di industrie specializzate. La Prima guerra mondiale determina un momento di crescita per le industrie del quartiere grazie alla conversione della produzione di numerose aziende da civile a bellica, come accade presso la fabbrica di proiettili per cannoni e mortai dei Prati di Caprara.
Negli ultimi decenni sono state attivate strategie di riqualificazione e creazione di centri culturali, tramite un processo di promozione dei saperi tecnici e di servizi di welfare, come quelli proposti dalla Fondazione MAST. Oltre alle attività di associazioni e centri di aggregazione, anche la riqualificazione del Centro Sportivo Pontelungo ha permesso la realizzazione di uno spazio polifunzionale dedicato ai giovani.
Nel corso del Novecento si insediano in questa zona nuove industrie: tra queste G.D che, nata nel 1923, ottiene un grande successo nella produzione di motocicli, con risultati anche in campo agonistico. Nel 1939 l’azienda è rilevata da Enzo Seràgnoli che, insieme al cugino Ariosto, converte la produzione di G.D, orientandola verso il settore delle macchine confezionatrici. Affermatasi negli anni grazie alle innovative tecnologie messe in campo per il confezionamento di caramelle e poi di tabacco, oggi G.D è leader nel settore delle macchine per il packaging e fa parte del Gruppo Coesia, holding che comprende 21 aziende di soluzioni industriali.
La storia e la tradizione manifatturiera del quartiere si manifestano ancora oggi nell’attività di produzione delle aziende e nelle forme di aggregazione che si sono sviluppate attorno ad esse. Il quartiere Santa Viola vive attualmente una fase di cambiamento, a partire da una progettazione volta a creare una più stretta relazione con la città. Questa zona, così ricca di storia e tradizione produttiva, mira a essere inserita in un tessuto sociale, culturale e urbanistico che dia vita a nuove connessioni e opportunità per il futuro della città e dei cittadini.
La nascita e la crescita di diverse realtà produttive hanno portato a un aumento di abitazioni operaie, che segna una lenta ma progressiva diminuzione delle aree agrico4
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domande per gli studenti Quando visiti una nuova città o un nuovo quartiere ti interessi alla sua storia? Cosa puoi imparare dal suo passato? Qual è il rapporto tra città e campagna nella crescita dei centri urbani? In quali modi la presenza di attività e industrie può modificare l’aspetto di un quartiere?
attività didattica Scrivi un breve testo che presenti la storia del tuo quartiere o della zona in cui abiti. Fai alcune ricerche sulle sue origini e chiedi a parenti e amici di raccontarti storie e aneddoti che possano arricchire con dettagli e curiosità le informazioni che hai trovato.
consigli di lettura Quartieri. Viaggio al centro delle periferie italiane, graphic novel di Adriano Cancellieri e Giada Peterle, Becco Giallo Editore, 2019
Sitografia: Di Cillo, Erica, Quartieri Bologna: storia e curiosità sotto le due torri [Link] Lugaresi, Nicola, Storia e memoria di Bologna, Quartiere Santa Viola [Link] Russello, Stefano, I nomi e la storia dei quartieri di Bologna [Link] Santa Viola, Collaborare è Bologna [Link] Storia di G.D [Link] Zona Industriale Santa Viola [Link] 5
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Paesaggi Urbani L’architettura raccontata attraverso la fotografia
Édouard Baldus, Le Panthéon, anni Sessanta dell’Ottocento
La diffusione dell’immagine del paesaggio urbano, tramite disegni, dipinti e incisioni, avviene a partire dal XVII secolo con l’avvento del Grand Tour, il viaggio di formazione attraverso l’Europa, intrapreso dalle classi benestanti e aristocratiche, importante occasione di studio e di scoperta della cultura artistica antica e rinascimentale. L’Italia, con la sua stratificazione storica, evidente soprattutto nell’architettura, è tra le mete preferite di questo viaggio, volto
in gran parte alla riscoperta della cultura classica greca e romana. Le immagini delle città cominciano ad essere diffuse attraverso i disegni, i dipinti e le grafiche che i viaggiatori comprano, o realizzano, durante i lunghi soggiorni, che diventano testimonianze capaci di accrescere e diffondere l’immaginario dei luoghi. Si crea così un vastissimo mercato di stampe, con la riproduzione dei luoghi simbolo del Grand Tour, come Venezia, Firenze, Roma e 6
Archivio di quartiere Nel 1851 è istituita in Francia la Mission Héliographique, di cui fanno parte cinque fotografi: Édouard Baldus, Hippolyte Bayard, Gustave Le Gray, Henri Le Secq e Auguste Mestral, i cui lavori sono destinati a completare le ricerche e gli studi degli architetti che operano su committenza del governo francese, per consentire il restauro dei più importanti edifici storici nazionali.
Napoli e sono molti i viaggiatori che familiarizzano con l’immagine dell’Italia ancora prima di giungervi. Sulla base di questo mercato di immagini, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, si diffonde un nuovo vedutismo di tipo fotografico. La fotografia, grazie alla resa più fedele e dettagliata del reale e ai tempi ridotti di produzione, prende il posto del disegno, della pittura e dell’incisione, nella documentazione dei luoghi. Il racconto del Grand Tour, a partire dalla metà dell’Ottocento, diventa principalmente fotografico. Come per la stampa in precedenza, si diffonde un fiorente mercato di fotografie che porta all’apertura di numerosi atelier nelle principali città europee (tra questi: lo Studio Anderson a Roma, lo Studio Sommer a Napoli, quello dei Fratelli Alinari a Firenze), per soddisfare la richiesta dei viaggiatori. In questo periodo crescono il vedutismo architettonico fotografico e la documentazione e mappatura fotografica dei centri delle città europee, per fini storici e conservativi. Uno dei primi viaggiatori che immortala fotograficamente il paesaggio italiano è John Ruskin, il quale, con la tecnica del dagherrotipo, documenta ciò che resta dell’antico nei centri storici, prima degli interventi di restauro.
Molto diverso è l’approccio operativo e poetico dei fratelli Alinari, i primi a costruire in Italia, con la fotografia, un’immagine di unità nazionale. Gli Alinari descrivono in maniera analitica e sistematica il territorio culturale italiano fornendo al concetto di paesaggio una nuova valenza che intende essere oggettiva, definendo parametri fissi nel processo di racconto. Nel 1852 Leopoldo Alinari apre un piccolo atelier fotografico a Firenze e nel 1854 è fondata la società dal nome Fratelli Alinari, di cui fanno parte anche i due fratelli Giuseppe e Romualdo. Gli Alinari diffondono fotografie omogenee tra loro, riprese da operatori diversi lungo il territorio nazionale, grazie alla definizione di schemi di lettura dello spazio ripetuti, a favore di una immagine che intende essere oggettiva e riconoscibile. Proprio da questo stile e da queste fotografie, nasce e si sviluppa la cartolina, che diventerà uno dei più diffusi
Studio Alinari, Duomo di Firenze, anni Sessanta dell’Ottocento
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Bernd e Hilla Becher, ‘Gravel Plants’, da Typologies series 1960 -70
sistema architettonico seriale sul paesaggio e sulla sua percezione. Bernd e Hilla Becher riprendono un approccio fotografico classificatorio, mantenendo uno sguardo freddo e oggettivo nella resa dei loro paesaggi industriali. Un progetto sistematico di catalogazione che, come nel caso degli Alinari, mantiene uno stile narrativo e compositivo molto riconoscibile, caratterizzato dall’uso del bianco e nero e da un linguaggio essenziale, con tagli frontali che mostrano manufatti industriali ripresi sempre in giornate nuvolose, per evitare i contrasti del sole sulle superfici. Se nel lavoro degli Alinari il tratto identitario del paesaggio è definito dall’unicità dei complessi architettonici dei centri storici delle città, raccontati con un preciso sistema narrativo, nella ricerca dei Becher la perdita identitaria dei luoghi è resa attraverso la ripetizione seriale dei complessi industriali, fotografati sia in Europa che in America. Ai Becher non interessa la fotografia del singolo corpo architettonico, ma la relazione e il confronto con edifici industriali affini, raccontati in serie e per tipologie. Una catalogazione apparentemente senza fine, indice di un tratto specifico crescente del paesaggio contemporaneo.
mezzi di comunicazione visiva, in grado di alimentare l’immaginario della cultura paesaggistica e artistica italiana. Gli Alinari portano avanti una sperimentazione tecnica aggiornata, utilizzano le lastre all’albumina per la ripresa di interni, che consentono di avere immagini più chiare e ricche di particolari, e le lastre al collodio per la ripresa in esterno. Una scelta tecnica e stilistica che risponde alla richiesta da parte del pubblico di immagini nitide, definite e dettagliate. A partire da una panoramica della città (realizzata da un’altura o dall’alto di un edificio), passano successivamente a una lettura dettagliata della cattedrale e delle sue parti, per seguire con altri monumenti simbolo della città e chiudere il racconto fotografico con le opere scultoree. Questo approccio di lettura del contesto urbano attraverso la fotografia subisce un nuovo importante cambiamento negli anni Trenta del Novecento con Walker Evans, tra i primi a documentare e raccontare le periferie industriali, aspetto importante per capire il senso delle nuove città. Negli anni Sessanta è invece l’attività fotografica dei coniugi Becher, dedicata allo studio dei mutamenti del panorama contemporaneo, sempre più caratterizzato da un’alta standardizzazione e omologazione legata all’economia post-industriale, a mostrare l’impatto di un nuovo
Il fenomeno della globalizzazione del paesaggio urbano, che determina processi di trasformazione e omologazione dei territori, è raccontato anche in Italia, negli anni Cin8
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quanta e Sessanta da Paolo Monti, e negli anni Settanta da Luigi Ghirri, che considera la traccia dell’identità nazionale nel paesaggio e nella tradizione dell’immagine, attraverso cui si costruisce un immaginario anche fotografico. La fotografia per Ghirri è un sistema di narrazione e relazione con i luoghi, necessaria per mostrare il segno dell’uomo contemporaneo e il suo legame con l’eredità storica e iconografica del passato. Il viaggio diventa per Ghirri la possibilità di attivare un processo di conoscenza, attraverso la fotografia. Il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta in
Italia porta a una nuova definizione del paesaggio, determinando un equilibrio inedito tra natura e cultura. Questo spazio di confine diventa un territorio di riflessione e di interrogazione sul quale si concentra il lavoro Viaggio in Italia (1984), progetto corale di 20 fotografi (17 italiani e 3 stranieri) coordinato da Ghirri, in cui gli autori restituiscono la nuova immagine del paesaggio nazionale, lontana dalla tradizione iconografica consolidata delle foto cartoline degli Alinari. Si crea così un nuovo immaginario, in divenire, in cui si perde l’immediata riconoscibilità dei luoghi, dalle periferie
Luigi Ghirri, Formigine, Modena, 1982
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Gabriele Basilico, Milano. Ritratti di fabbriche, 1978-80 © Gabriele Basilico
esaggio promossa dal governo francese, condotta da un gruppo di 28 fotografi, di cui fa parte anche Basilico, unico autore italiano. Una linea di ricerca che si rifà alle esperienze di indagine e di documentazione fotografica dell’Ottocento, dei paesaggi urbani e di quelli naturali inesplorati, ma anche all’esperienza americana della fotografia sociale della Farm Security Administration degli anni Trenta del Novecento.
alle campagne. Nel 1978 Gabriele Basilico in Milano - Ambiente urbano indaga il nuovo assetto della città e i suoi processi di trasformazione, mentre nel lavoro Milano. Ritratti di fabbriche (1978 - 80), rifacendosi al linguaggio fotografico di Walker Evans e alla linea di ricerca dei Becher, utilizza una cartografia molto analitica per rilevare le aree industriali della città, restituendo l’immagine del tessuto urbano come di un corpo che porta, nelle sue parti, i segni del tempo. Sempre molto attento alla relazione tra i luoghi del lavoro e quelli dello spazio urbano, alla città come sistema organico, fatto di parti esterne e interne connesse tra loro, che ne determinano il funzionamento, Basilico racconta fotograficamente il cantiere di costruzione del MAST, che diventa il simbolo di questa unione tra territorio aziendale e spazio urbano, un contesto in cui l’architettura si fa ponte di congiunzione e di relazione tra il passato e il futuro della città.
Avviato nel 1989 in provincia di Reggio Emilia, il progetto di indagine territoriale Linea di Confine attiva un confronto aperto con autori europei e americani, sul tema del paesaggio e sul ruolo della fotografia documentaria, con lavori fotografici specifici realizzati su aree del territorio emiliano. Le due campagne fotografiche di Linea di Confine dal titolo Via Emilia. Fotografie. Luoghi e non luoghi 1 e 2 (1999-2000) rileggono il paesaggio emiliano utilizzando la categoria di ‘non luogo’ introdotta dall’antropologo francese Marc Augé, in relazione all’espansione del tessuto urbano e alla sua omogeneizzazione. Il progetto collettivo Linea di Confine racconta il divenire dei luoghi nell’era della globalizzazione.
Dal 1984 (anno della mostra Viaggio in Italia) al 1989, prende avvio la ricerca della Mission Photographique de la DATAR, importante operazione di rilettura del pa10
Archivio di quartiere aeree realizzate con il drone in diverse parti del mondo, tramite un sistema di mappatura fotografica ad altissima risoluzione, hanno permesso a Burtynsky di creare dei murales fotografici di grandi dimensioni, risultato di centinaia di fotografie assemblate digitalmente, che rendono l’estensione, apparentemente senza fine, dei paesaggi urbani ritratti, in un rapporto in cui il confine con la natura, vista la crescita esponenziale dei centri abitati, si riduce sempre di più. Queste ricerche fotografiche, che dall’Ottocento a oggi hanno raccontato e presentato l’evoluzione dei contesti urbani, dimostrano chiaramente come l’architettura sia capace di costruire un’immagine e un immaginario dei luoghi, influenzando anche il nostro modo di fotografare. Raccontare l’architettura attraverso la fotografia significa restituire il senso di una storia in divenire che segue il tempo dell’uomo, in relazione a quello ben più antico della natura. Proprio su questo confine di incontro, spesso di scontro, nascono e si costruiscono i paesaggi.
La città come specchio del contemporaneo e spazio di relazione con l’eredità storica è alla base della ricerca fotografica Arquivo Urbano (2013-19) di Délio Jasse, lavoro realizzato nella sua città di origine, Luanda, capitale dell’Angola, abitata da otto milioni di persone, destinate a duplicarsi nel corso del prossimo decennio. Jasse crea le sue immagini sovrapponendo fotografie di strutture architettoniche presenti in città, che rimandano al passato coloniale portoghese e all’imponente piano immobiliare promosso dal governo, realizzando nuove forme di paesaggi urbani contemporanei che riflettono il passato storico della città proiettando l’immagine di un futuro possibile. Fotografie che sono una riflessione sulla memoria urbana in divenire di Luanda e sulla sua possibile identità futura. La prospettiva di una crescita incontrollata dei centri urbani, a livello globale, è tra i temi raccontati nel progetto Anthropocene dal fotografo Edward Burtynsky e dai registi Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier. Le riprese
Edward Burtynsky, Incrocio al mercato di Mushin, Lagos, Nigeria, 2016-18 © Edward Burtynsky
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domande per gli studenti Come definiresti il paesaggio? Perché scegliamo di fotografarlo? Perché è importante avere delle fotografie che documentino e raccontino le diverse forme del paesaggio? A cosa servono le cartoline? Come sono cambiate rispetto al passato e come credi cambieranno nel futuro?
attività didattica Prendi una cartolina della tua città, realizza una fotografia dello stesso luogo con lo strumento fotografico che preferisci (cellulare, macchina fotografica digitale, istantanea, drone o altro) scegliendo liberamente il tipo di inquadratura e l’effetto che vuoi dare. Mettile a confronto e dai un titolo all’immagine.
consigli di lettura In viaggio con Gabriele, di Emanuela Di Lallo, Skira, 2015
Bibliografia Ghirri, Luigi, Lezioni di fotografia, Quodlibet, Recanati, 2017 Newhall, Beaumont, Storia della fotografia, Einaudi, Trento, 2006 Quintavalle, Arturo Carlo, Il territorio della fotografia in Enciclopedia pratica per fotografare, Fabbri, Milano, 1979 Quintavalle, Arturo Carlo, Messa a fuoco, Feltrinelli, Milano, 1983 Quintavalle, Arturo Carlo, Gli Alinari, Edizioni Alinari, Firenze, 2003 Quintavalle, Arturo Carlo; Bianchino, Gloria, I Mille. Scatti per una storia d’Italia, Skira, Milano, 2012 Russo, Antonella, Storia culturale della fotografia italiana. Dal Neorealismo al Postmoderno, Einaudi, Torino, 2011 Valtorta, Roberta, Luogo e identità nella fotografia italiana contemporanea, Einaudi, Torino, 2013 12