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STORIE DEL NOSTRO TEMPO RICHARD MOSSE DISPLACED
Il fotografo Richard Mosse racconta alcuni dei grandi temi di attualità in modo originale, utilizzando macchine fotografiche analogiche e digitali, ma anche strumenti scientifici e militari da lui riadattati. Convinto che temi quali l’immigrazione, le guerre civili e l’urgenza della crisi ambientale non sempre siano riportati in tutta la loro complessità dai mezzi di comunicazione di massa, Mosse contamina la fotografia di reportage con la ricerca artistica. Il suo linguaggio è capace di comunicare le storie del nostro tempo, attraverso la bellezza e la forza delle immagini. L’artista raccoglie i suoi scatti in serie fotografiche, determinate dall’uso di particolari tecnologie che alterano i colori del reale, presentando storie al confine tra possibile e immaginario.
parole chiave
Richard Mosse, Still from Incoming #88, Lesbos, Greece, 2016 Private Collection SVPL
> Crisi ambientale > Fotoreportage > Guerre Civili > Immigrazione
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conoscere Una delle prime serie realizzate da Richard Mosse, intitolata Infra, è dedicata alla complessa situazione che, dalla metà degli anni Novanta, interessa la regione del Kivu, situata all’estremità orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC), dove si incrociano i confini di Burundi, Kenya, Ruanda, Tanzania e Uganda. Alla fine degli anni Novanta, la RDC è stata devastata da due violente guerre civili, ufficialmente terminate nel 2003, anche se gli scontri tra gruppi armati ed esercito della RDC continuano tuttora. Le cause molto complesse di questi conflitti e dell’attuale situazione di guerriglia sono di natura politica, economica e legate alla presenza di diverse etnie in lotta tra loro.
polazione locale che, da decenni, affronta quotidianamente violenze, attacchi, saccheggi e rapimenti. Le Nazioni Unite stimano che tra il 1998 e il 2008 guerre e scontri abbiano provocato oltre 5 milioni di vittime. Mosse si reca nella RDC per documentare questo conflitto drammatico, uno dei meno raccontati dai mezzi di comunicazione tradizionali. Il progetto è realizzato con una macchina fotografica analogica di grande formato e una pellicola particolare, la Kodak Aerochrome, che può registrare onde elettromagnetiche invisibili all’occhio umano, come i raggi infrarossi. Inventata durante la Seconda guerra mondiale e utilizzata dall’esercito americano per identificare la presenza di nemici e accampamenti militari nascosti nella vegetazione, la pellicola riconosce la presenza di clorofilla delle piante, traducendo le naturali tonalità di verde in una scala di colori che vanno dal rosso scuro al rosa brillante.
La presenza di ingenti giacimenti di minerali preziosi tra cui oro, diamanti e materiali impiegati nella produzione di apparecchiature elettroniche è tra i principali motivi di violenza in questa regione. In particolare il coltan, indispensabile per il funzionamento di telefoni cellulari e computer, e la cassiterite, molto richiesta perché meno inquinante rispetto a piombo e stagno. La ricchezza del sottosuolo del Kivu è oggetto di saccheggio e commercio illegale da parte di bande criminali che esportano e rivendono i minerali all’estero. La situazione è molto difficile per la po-
In questa serie l’artista ci mostra ciò che l’occhio umano non è in grado di percepire. Le sue immagini raccontano l’orrore di un conflitto, svelando un paesaggio inedito ed evocando le emozioni delle persone coinvolte.
Richard Mosse, Hombo, Walikale, dalla serie Infra, 2012. Courtesy of the artist and carlier | gebauer, Berlin/Madrid
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Richard Mosse, Come Out (1966) XXX, dalla serie Infra, 2012 Private Collection SVPL
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Richard Mosse, Still from Incoming #88, Lesbos, Greece, 2016, Private Collection SVPL
Tra il 2014 e il 2016, Richard Mosse documenta una tra le più complesse sfide politiche e umanitarie del nostro tempo, l’immigrazione. Realizza una serie di fotografie di migranti e rifugiati in fuga verso l’Europa, attraverso le rotte che percorrono e i campi in cui stazionano, tra Medio Oriente, Asia Occidentale, Nord Africa ed Europa, interrogandosi sul ruolo dei governi e delle società civili in questo processo. Il risultato sono due lavori dal titolo Incoming e Heat Maps, rispettivamente una video-installazione immersiva e una serie fotografica.
Convenzione di Ginevra del 1951 come ‘persone che vivono al di fuori del loro Paese di nazionalità o di residenza abituale’, e hanno un ‘timore fondato di persecuzione a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche’. I motivi per cui queste persone lasciano il loro Paese d’origine, sono definiti “fattori espulsivi” e possono essere determinati dalla mancanza di un lavoro, da povertà, conflitti, persecuzioni politiche, etniche e religiose, ma anche dal cambiamento climatico.
Il termine ‘migrante’ indica una persona che decide di trasferirsi in un’altra regione o Paese, spesso per migliorare le sue condizioni di vita e quelle della sua famiglia. I ‘rifugiati’ sono invece descritti dalla 5
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conoscere Per molti di loro, la situazione nei Paesi di origine è così terribile che correre il rischio di migrare, affrontando pericoli e condizioni di viaggio estreme, è l’unico modo per sperare in una vita migliore.
L’organizzazione Missing Migrants stima che dal 2014 a oggi oltre 20.000 persone siano morte affogando nel Mar Mediterraneo. I più fortunati sono soccorsi dalle navi delle organizzazioni non governative, dalle forze dell’ordine oppure da mercantili di passaggio.
L’organizzazione internazionale Save The Children Onlus ha definito i viaggi di migranti e rifugiati ‘infernali’. Per raggiungere l’Europa, utilizzano tutti i loro risparmi, affidandosi a trafficanti di esseri umani, senza sapere che si tratta di criminalità organizzata. Migliaia muoiono prima di raggiungere le sponde del Mediterraneo, ma per chi riesce a sopravvivere, anche la traversata in mare è rischiosa e disumana. Stipati su barche e gommoni in numeri elevatissimi, si ritrovano in balìa delle onde, spesso senza nemmeno il carburante necessario per arrivare a destinazione.
Nell’immagine qui sotto vediamo una scena di salvataggio in mare. Il gommone su cui viaggiano i migranti appare in tutta la sua precarietà, se messo a confronto con la solida nave a cui è stato attraccato. L’Unione Europea è una destinazione desiderata per molte ragioni. Tra queste il rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo, l’istruzione, la sanità e le prospettive economiche.
Richard Mosse, Still from Incoming #38, Mediterranean Sea, 2016, Private Collection SVPL
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Richard Mosse, still from Incoming #94, 2016. Private Collection SVPL
“Nel campo non c’è acqua potabile, vengono distribuite bottiglie, ogni famiglia ne riceve tre al giorno. Le condizioni del campo sono pessime, fa caldo, non ci si riesce a lavare. Siamo trattati come detenuti. Il cibo non basta per tutti”*
Ciò nonostante, in alcuni casi, migranti e rifugiati in Europa si scontrano con una realtà lontana dalle aspettative, a causa della lentezza dei processi burocratici e della difficoltà a integrarsi con una cultura diversa, spesso senza la vicinanza e il sostegno delle proprie famiglie. Dopo il viaggio in mare, attendono di essere trasferiti verso campi e strutture attrezzate a ospitarli per un breve periodo, ma che si trasformano periodicamente in accampamenti a cielo aperto. Tanto nei campi provvisori quanto in quelli considerati ‘più attrezzati’, le condizioni sono drammatiche, con intere famiglie costrette a vivere in piccole tende, senza acqua corrente né elettricità. Inoltre, l’assistenza medico-sanitaria è estremamente limitata, sebbene molte di queste persone ne avrebbero necessità, avendo subito traumi e violenze sia fisiche che psicologiche nel loro viaggio verso l’Europa.
*Intervista di Annalisa Camilli a Shereen, giovane rifugiata siriana di 16 anni che si trova nel campo di Sindos-Frakapor vicino a Salonicco (Grecia), in Internazionale, 01/06/2016. Clicca qui per leggere tutto l’articolo. 7
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conoscere Costruito in occasione delle Olimpiadi di Atene del 2004 sul sito di un vecchio aeroporto, nel 2016 lo stadio Helliniko Olympic Arena ospitava circa 3.000 migranti, in parte accalcati negli edifici angusti, malsani e non riscaldati del complesso sportivo, in parte in tende montate sui terreni di gioco sommersi dal fango. Le condizioni erano talmente estreme che difficilmente veniva consentito l’accesso ai giornalisti o ai funzionari delle organizzazioni non governative. Queste organizzazioni, spesso indicate con l’acronimo ONG, operano senza scopo di lucro e in completa autonomia da altre istituzioni e da Stati e governi per perseguire i propri obiettivi come, ad esempio, aiutare persone in situazioni di povertà estrema, assicurare assistenza medica a chi non può permettersela e assistere i rifugiati politici.
km di distanza. Mosse ne ribalta funzione e significato, utilizzandola per mostrare sotto un’altra prospettiva situazioni che ritiene poco rappresentate. La termocamera è ingombrante e di complesso utilizzo. Ha un peso di circa 23 kg ed è stata progettata per essere montata su un punto di osservazione fisso, collocato in posizione elevata per controllare ampie porzioni di territorio. Può essere comandata a distanza utilizzando il joystick di una console Xbox. Mosse decide di impiegare questa tecnologia per ritrarre luoghi e persone in modo diverso. Queste immagini attirano la nostra attenzione: osservandole viene spontaneo chiedersi chi siano i personaggi ritratti, da dove provengano, dove stiano andando, quale sia la loro storia, quali le loro difficoltà e i sogni.
Per realizzare le immagini che abbiamo osservato, il fotografo non utilizza una macchina fotografica tradizionale, ma una termocamera, tecnologia militare classificata come armamento dal diritto internazionale. Impiegata principalmente per la sorveglianza dei confini e spesso montata su navi e velivoli militari, può percepire il calore di un corpo umano fino a 30
La fotografia diventa così uno strumento per interrogarsi sul destino di persone che non conosciamo e su quello che può essere il nostro ruolo di cittadini nel mondo in cui viviamo.
Richard Mosse, Softball Stadium, Hellinikon Olympic Complex, Athens, Greece, dalla serie Heat Maps, October 2016 Private collection Rotterdam
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Richard Mosse, Katydid with Nepenthes, dalla serie Ultra, 2019 Courtesy of the artist and carlier | gebauer, Berlin/Madrid
Tra il 2018 e il 2019 Richard Mosse esplora la drammatica situazione in corso da anni nella foresta amazzonica, in Sud America. Quella amazzonica è la foresta pluviale più grande del mondo, un luogo prezioso ricco di biodiversità, che accoglie milioni di specie di piante e animali ed è definita il ‘polmone verde’ della Terra. Gli alberi che la popolano regolano il clima dell’intero Pianeta, assorbendo miliardi di tonnellate di anidride carbonica e regalandoci ossigeno. L’intera foresta garantisce la proliferazione e la sopravvivenza di milioni di animali e di circa 350 comunità indigene.
vanzamento della deforestazione. Questi strumenti fotografici hanno la capacità di registrare lunghezze d’onda della luce non visibili all’occhio umano. L’apparecchiatura utilizzata da Mosse per realizzare questi lavori è la stessa che usano gli scienziati. Nella serie Tristes Tropiques l’artista documenta, misura e mappa con l’utilizzo di droni fotografici e di strumenti fotografici multispettrali, alcuni spazi della foresta pluviale brasiliana per rilevare la scala di distruzione di questo ecosistema. Le diverse tonalità di colore mostrano l’azione dell’uomo sull’ambiente: disboscamento, deforestazione, allevamento intensivo, piantagioni di palme da olio, miniere illegali per l’estrazione di oro e minerali.
Le immagini della serie Ultra sono realizzate con una torcia a luce ultravioletta, per mostrare piante e insetti con colori fluorescenti. Queste fotografie risaltano la bellezza e la fecondità della foresta pluviale, facendoci riflettere su ciò che rischiamo di perdere.
Mosse ci invita a osservare, con estrema attenzione, dettagli e sfumature per ricercare con lo sguardo quello che l’immagine nasconde, conducendoci dentro le storie del nostro tempo.
Gli scienziati e le grandi aziende agricole hanno adottato particolari tecnologie per controllare lo stato di salute della foresta. Attraverso telecamere e macchine fotografiche speciali, installate su satelliti e droni, è possibile monitorare gli incendi e l’a9
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fare Con le sue immagini Richard Mosse ci aiuta a comprendere la complessità del fenomeno della migrazione, che da millenni muove milioni di persone in tutto il mondo alla ricerca di condizioni di vita migliori.
Conosci storie legate alla migrazione?
1.
Ricerca tra la tua famiglia, amici o conoscenti, testimonianze di migrazione locale o internazionale che possano raccontare i problemi, le difficoltà ma anche gli aspetti positivi del ricostruirsi una vita in un altro Paese o città.
2.
Realizza una piccola intervista o scrivi con un breve testo la storia della persona che hai individuato e inseriscila in un file Word o PowerPoint. Puoi farti guidare dalle seguenti domande: - Da dove sei partito? - Perché hai deciso di cambiare Paese e città? - Quali erano le tue aspettative? - Quali le paure? - Hai viaggiato da solo o con qualche familiare o amico? - Quali sono state le difficoltà nell’integrarti in un nuovo ambiente? - Hai qualche aneddoto riguardo al viaggio?
3.
Arricchisci il tuo testo con le immagini che ritraggono i protagonisti della tua intervista, i loro Paesi d’origine o alcuni oggetti che raccontino l’esperienza di viaggio. Utilizza immagini provenienti da un album di famiglia oppure scatta tu stesso alcune fotografie per rappresentare la storia.
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