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TERRE LONTANE RICHARD MOSSE DISPLACED
Richard Mosse è un giovane fotografo irlandese che ama esplorare il mondo e raccontarne le storie. È appassionato di tecnologia e spesso utilizza nei suoi progetti fotocamere e pellicole particolari. Alcune di esse riescono a percepire un determinato stato della natura e lo mettono in evidenza attraverso il colore. Altre, invece, sono capaci di rilevare il calore delle persone a molti chilometri di distanza.
Mosse impiega anche strumenti scientifici per osservare i cambiamenti della natura e per fotografare ciò che è invisibile all’occhio umano. Attraverso immagini realizzate con queste particolari tecnologie, ci racconta realtà complesse, presenti in diverse parti del mondo. Alcuni fotografi, chiamati fotoreporter, utilizzano la fotografia come strumento per raccontare cosa accade sul nostro Pianeta e permettere a quantepiù persone possibili di conoscere le diverse realtà che lo popolano. I fotoreporter viaggiano molto e a volte si trovano in contesti difficili e pericolosi. Il loro lavoro è fondamentale per comprendere storie e realtà lontane da noi. Grazie alle loro fotografie, scopriamo e vediamo direttamente i luoghi e le persone coinvolte e ci sentiamo più vicini a loro.
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Richard Mosse, Still from Incoming #88, Lesbos, Greece, 2016 Private Collection SVPL
> Esplorazione > Fotoreportage > Migrazione > Tecnologia
Terre lontane
conoscere Dal 2010 al 2015, Richard Mosse esplora le terre della Repubblica Democratica del Congo (RDC), nell’Africa centrale, da anni scenario di conflitti che causano numerose vittime. Questi avvenimenti tuttavia, sono spesso sconosciuti ai più perché poco raccontati dai mezzi di comunicazione di massa. Mosse decide di fotografarli in modo diverso per farli conoscere al mondo intero. In che modo lo fa? Con una tecnologia molto speciale.
È un processo grazie al quale la vegetazione si colora di rosso. Questa tecnologia nasce in ambito militare per individuare truppe o accampamenti nascosti e mimetizzati nella natura. Mosse la utilizza invece per attirare il nostro sguardo e porre l’attenzione su importanti storie del nostro tempo. Ci invita a conoscere i luoghi e le persone di queste terre lontane e spesso dimenticate.
Nell’immagine qui sotto, ad esempio, vediamo un paesaggio che sembra surreale, come se ci trovassimo in un sogno. La fotografia fa parte della serie intitolata Infra, in cui l’artista realizza immagini utilizzando una fotocamera con una pellicola particolare, la Kodak Aerochrome, in grado di riconoscere il verde della clorofilla e di trasformarlo in diverse tonalità di rosso: più la pianta è ricca di vita più il colore sarà brillante.
Richard Mosse, Hombo, Walikale, dalla serie Infra, 2012. Courtesy of the artist and carlier | gebauer, Berlin/Madrid
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Richard Mosse, Still from Incoming #88, Lesbos, Greece, 2016. Private Collection SVPL
tutto da zone colpite da guerre, persecuzioni, violazione dei diritti umani, effetti del cambiamento climatico e da una povertà estrema e seguono due rotte principali: dai Paesi del Sud del mondo a quelli del Nord e da oriente a occidente.
In progetti successivi, l’artista ha voluto raccontare un altro tema di grande attualità: l’immigrazione. Le migrazioni sono un fenomeno che interessa il mondo intero da millenni e che nasce dalla necessità dell’uomo di spostarsi, muoversi verso altri territori, alla ricerca di condizioni di vita migliori.
L’Europa è una delle mete più desiderate. Ma per i cittadini non europei, ottenere un visto o un permesso di soggiorno non è facile. Per questo motivo, molti migranti entrano in Europa in modi irregolari e poco sicuri.
All’inizio del Novecento, circa cento anni fa, molte persone provenienti da diversi Paesi europei, oggi tra i più sviluppati al mondo, come l’Italia, la Spagna, l’Inghilterra o il Belgio, hanno sentito la necessità di migrare. In quegli anni, per molti, la meta erano gli Stati Uniti d’America. I migranti, dopo un lungo viaggio in nave, spesso in terza classe, sbarcavano al porto di New York e, dopo aver superato i controlli della dogana (un’attenta analisi dei documenti e del loro stato di salute), potevano iniziare una nuova vita oltreoceano. La loro integrazione nella società americana è stata spesso faticosa, ma in molti casi ha avuto successo e conseguenze positive. Oggi i grandi flussi migratori provengono soprat-
Richard Mosse si è recato nei luoghi di passaggio dei migranti in rotta verso l’Europa per raccontare le loro condizioni e renderle visibili al mondo. Per farlo, non ha utilizzato una semplice macchina fotografica, ma ha portato con sé un dispositivo fotografico molto speciale: la termocamera.
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conoscere La termocamera, come ci suggerisce la parola stessa, contiene in sé la parola ‘termo’ che significa ‘caldo’, percepisce il calore delle cose e ce lo mostra utilizzando diverse tonalità di grigio. Più la temperatura è calda, più il colore che vediamo si avvicina al bianco. Per lo stesso principio, più la temperatura è fredda più i colori si avvicinano al nero. Questa tecnologia, nata anch’essa in ambito militare, è infatti in grado di rilevare il calore del corpo di un uomo fino a 30 km di distanza e, per questo motivo, è usata per il controllo e la sorveglianza.
I migranti viaggiano per giorni e notti, percorrendo migliaia di chilometri, a piedi, con automobili o altri mezzi di fortuna e affrontano numerosi pericoli. Molti sono bambini o ragazzi, alcuni accompagnano i propri genitori nella traversata in mare aperto, altri partono da soli, nella speranza di raggiungere le coste europee.
L’artista ha utilizzato uno strumento normalmente impiegato per controllare, difendere o attaccare un territorio, per raccontare la condizione di molte persone che, con grande fatica, sentono la necessità di cambiare vita, affrontando un viaggio lungo e pieno di insidie.
Nell’ immagine qui sotto, tratta dal video Incoming, vediamo il mare e, in lontananza, le sagome di alcune persone in acqua. Raggiungere le coste europee, stipati a centinaia su piccole imbarcazioni e gommoni non sicuri, è per molti l’unica opzione possibile. Ma, proprio per le condizioni molto precarie del viaggio, succede che alcune imbarcazioni si rompano o facciano naufragio e non arrivino a destinazione. Allora, una volta avvistate le persone in mare, altre imbarcazioni si occupano di salvarle e di portarle sulla terra ferma.
Il desiderio di un futuro migliore per sé e per la propria famiglia dà ai migranti il coraggio e la forza di lasciare tutto e partire per questo pericoloso viaggio.
Richard Mosse, still from Incoming #94, 2016. Private Collection SVPL
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Richard Mosse, Grid (Moria), 2017, Prodotto nel campo profughi di Moria, Lesbo, Grecia, 2016-2017 Courtesy of the artist and Jack Shainman Gallery, New York
Dopo un viaggio così lungo e pericoloso, cosa succede quando finalmente i migranti riescono a raggiungere le coste? Non è facile incominciare una nuova vita in un altro Paese se si arriva in modo irregolare: le autorità devono valutare, caso per caso, tutti coloro che richiedono un permesso di soggiorno in Europa e i migranti aspettano molti mesi prima di ottenerlo.
l’artista ha scattato le immagini che ha raccolto in una installazione dal titolo Grid (Moria), composta da 16 monitor con video realizzati con la termocamera. Nell’immagine qui sotto si vedono le persone che vivono nel campo, disposte in fila, in attesa di un pasto. Vivere per lungo tempo in questi luoghi così inospitali rappresenta l’ultima fase di un viaggio estenuante: i migranti sperano ogni giorno di poter essere accolti in un Paese dove iniziare una nuova vita.
Durante questa lunga attesa sono ospitati nei cosiddetti ‘campi profughi’, strutture nate come soluzioni temporanee di accoglienza, ma dove spesso si trovano a vivere per mesi o anche anni in situazioni difficili, esposti al freddo in inverno o a temperature molto calde in estate, nella sporcizia, senza cure mediche e senza acqua potabile.
Le immagini suggestive di Mosse mostrano un fenomeno drammatico del nostro tempo, raccontandoci le condizioni di tante persone che sognano e lottano per un futuro migliore.
Le condizioni estreme di vita nei campi sono state raccontate da Richard Mosse, con l’uso della termocamera, nel progetto Heat Maps: una serie di grandi fotografie panoramiche che mostrano alcuni dei principali campi profughi d’Europa. Tra questi il campo di Moria, sull’isola di Lesbo, in Grecia, dove 6
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conoscere Nelle sue ricerche più recenti, raccolte nelle serie Ultra e Tristes Tropiques, Mosse approfondisce la drammatica situazione in corso da anni nella foresta amazzonica, in Sud America.
satelliti e droni, è possibile monitorare gli incendi e l’avanzamento della deforestazione. Questi strumenti fotografici hanno la capacità di registrare elementi della luce non visibili all’occhio umano.
Quella amazzonica è la foresta pluviale più grande del mondo, un luogo prezioso ricco di biodiversità. Accoglie milioni di specie di piante e animali ed è definita il ‘polmone verde’ della Terra. Gli alberi che la compongono regolano il clima dell’intero Pianeta, assorbendo miliardi di tonnellate di anidride carbonica e regalandoci ossigeno. L’intera foresta garantisce la proliferazione e la sopravvivenza di milioni di animali e di circa 350 comunità indigene.
L’apparecchiatura utilizzata da Mosse per realizzare alcuni dei suoi lavori è la stessa usata dagli scienziati: una macchina fotografica multispettrale in grado di fotografare i raggi ultravioletti, ovvero raggi di luce provenienti dal sole. Mosse ci invita a osservare, con estrema attenzione, dettagli e sfumature, per ricercare con lo sguardo quello che l’immagine nasconde, conducendoci dentro le storie del nostro tempo.
Gli scienziati e le grandi aziende agricole hanno adottato particolari tecnologie per monitorare e controllare lo stato di salute della foresta: attraverso telecamere e macchine fotografiche speciali, installate su
Richard Mosse, Katydid with Nepenthes, dalla serie Ultra, 2019 Courtesy of the artist and carlier | gebauer, Berlin/Madrid
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fare Molti bambini sono costretti a lasciare la loro casa e il loro Paese, con la speranza di crescere in un contesto migliore insieme alle loro famiglie.
Se dovessi partire per un Paese lontano, che cosa porteresti con te?
1.
Immagina di trasferirti in un Paese lontano, in una nuova casa e con tante persone da conoscere. Individua un solo oggetto per te particolarmente significativo che vorresti portarti appresso, per sentirti ‘a casa’ e per aiutarti a raccontare la tua identità e provenienza alle persone che incontrerai.
2.
Scatta un massimo di 3 fotografie con una macchina fotografica digitale o uno smartphone, per mostrare l’oggetto. Ricorda: scegli punti di vista e ambienti diversi in cui fotografarlo per descriverlo al meglio.
3.
Inserisci le immagini all’interno di un file Word o PowerPoint, raccontando in poche righe di che oggetto si tratta, perché è così importante per te e in che modo potrebbe farti sentire al sicuro in situazioni nuove e difficili.
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