Education online - UNIFORM - Kit studenti Scuola secondaria 1 grado - Gli oggetti che siamo

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KIT STUDENTI SCUOLA SECONDARIA PRIMO GRADO

GLI OGGETTI CHE SIAMO UNIFORM INTO THE WORK / OUT OF THE WORK


La mostra Uniform Into the Work/Out of the Work ci accompagna alla scoperta di uniformi e divise, della moda e della rappresentazione della propria identità.

Le parole ‘uniforme’ e ‘divisa’ indicano un modo di vestire in grado di fornire diverse informazioni sulle persone che le indossano, come il lavoro che svolgono e il ruolo sociale che ricoprono. Sebbene le due parole siano utilizzate come sinonimi, alla loro radice troviamo due differenti aspetti: uguaglianza e diversità. L’uniforme ci racconta di qualcosa che ha ‘la stessa forma’, che si assomiglia; la divisa, invece, rimanda a qualcosa di diverso, che si distingue. Questi due termini sono spesso legati all’ambito lavorativo, militare e sportivo, ma non solo. Il titolo della mostra Uniform Into the Work/Out of the Work propone infatti una riflessione sul tema dell’uniforme come strumento che definisce l’identità di un individuo o di un gruppo, sia nel contesto lavorativo che in quello della società. Vedremo come, all’interno di alcune serie fotografiche, le uniformi usate nella vita di tutti i giorni possono raccontare professioni, storie e identità dei personaggi ritratti.

parole chiave In copertina: Paola Agosti, Giovane operaia ferraiola in cantiere, 1978 © Paola Agosti

> Globalizzazione > Identità > Moda > Ritratto


Gli oggetti che siamo

conoscere

Irving Penn, Pescivendolo, Londra, dalla serie Small Trades,1950 © Condé Nast, courtesy Pace Gallery, New York

Questa immagine è stata realizzata da Irving Penn, un famoso fotografo di moda, che ha lavorato molti anni per la rivista Vogue. Nel 1950 il fotografo realizza una serie di ritratti tra Londra, Parigi e New York che intitola Small Trades, ‘lavori umili’. La serie fotografica documenta le professioni di artigiani, commercianti e lavoratori, fotografati con gli abiti e gli strumenti del loro mestiere.

una mano tiene un pesce, nell’altra uno strofinaccio, proprio come se avesse appena lasciato il banco su cui ogni giorno lavora. Il suo volto, la sua espressione e la posa raccontano molto di lui e dell’orgoglio che prova nel mostrarsi con gli abiti e gli oggetti della sua professione. Nel ritratto di Penn tutti gli elementi concorrono a creare l’identità di questa persona: non solo comprendiamo di che cosa si occupa, ma percepiamo i suoi pensieri e le sue emozioni.

In questa immagine il soggetto è immortalato su uno sfondo neutro, lontano dal luogo di lavoro e porta con sé gli abiti e alcuni oggetti che lo caratterizzano. In 3


Gli oggetti che siamo

conoscere

Marijana nata a Knjazevac, Serbia-Montenegro nel 1983

Suratno nato a Ponorogo, Indonesia nel 1973

Barbara Davatz, dalla serie Le apparenze non contano. Ritratti dal mondo globalizzato della moda, 2007 © Barbara Davatz

Come Irving Penn, anche la fotografa svizzera Barbara Davatz realizza ritratti di lavoratori. Nella serie Le apparenze non contano. Ritratti dal mondo globalizzato della moda, l’artista fa riferimento allo slogan ‘Le apparenze non contano’, stampato sui sacchetti per gli acquisti di H&M, nota catena di moda a basso prezzo, che produce e vende tantissime copie dello stesso prodotto in tutto il mondo.

to lavorativo e la sfera privata scompare.

Le persone fotografate indossano gli abiti del marchio per cui lavorano: H&M infatti permette ai suoi dipendenti di scegliere e indossare come uniforme da lavoro i capi venduti in negozio. I vestiti che potrebbero indossare nel loro tempo libero diventano così la loro uniforme e, in questo modo, il confine tra l’ambi-

Con questa serie fotografica, Davatz ci invita a riflettere sugli effetti della globalizzazione: mode, tendenze e idee si diffondono in tutto il mondo grazie ai mezzi di comunicazione e alle nuove tecnologie, uniformando le diversità culturali.

Ogni ritratto è accompagnato da alcune informazioni personali sul soggetto come il nome, la data e il luogo di nascita. Questo ci permette di conoscere meglio l’identità e le origini di ogni persona fotografata: sono tutti diversi, ma hanno in comune abiti che appartengono a una moda che si ripete in diverse parti del mondo.

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Gli oggetti che siamo

conoscere Non solo la moda, ma anche gli stili di vita e le culture superano i confini geografici, come è visibile nella serie J_Subs realizzata dal fotografo Oliver Sieber.

tità e la ricerca dell’individualità. L’artista si è particolarmente interessato alle subculture, ovvero a quelle espressioni che si distinguono dalla cultura dominante, come ad esempio le tendenze underground, lo street style e altri movimenti considerati non istituzionali.

Nella fotografia presentata, Sieber ha ritratto Keiko, una giovane ragazza giapponese i cui abiti e l’acconciatura ricordano lo stile inglese Teds degli anni Cinquanta: un modo di vestire nato subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, dalla voglia di ostentare la propria giovinezza e il desiderio di rompere gli schemi con il passato. La fotografia è stata scattata nel 2006, molto tempo dopo la nascita dello stile Teds che continua a vivere ripresa dalle nuove generazioni.

Sieber fotografa persone che appartengono a diversi gruppi, come i Punk e i Cosplayer, che si esprimono attraverso precise scelte estetiche, tra cui il modo di vestirsi e di truccarsi. Se in passato gli abiti erano utilizzati principalmente per proteggere e coprire il corpo, nei secoli sono diventati espressione delle mode e strumento per affermare la propria identità.

Sieber è un fotografo tedesco che documenta la vita e la cultura dei giovani, la musica e la società, l’iden-

Oliver Sieber, Keiko, dalla serie J_Subs Osaka, 2006 © Oliver Sieber

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Gli oggetti che siamo

fare Gli indumenti che scegliamo e indossiamo comunicano molto di noi, diventano uno strumento per definire la nostra identità.

È possibile realizzare un ritratto senza che la persona sia presente nell’immagine? Prova a rappresentare chi sei, quali sono i tuoi gusti, le tue abitudini e la tua storia, utilizzando abiti e oggetti personali per realizzare una composizione fotografica.

1.

Ricerca abiti e oggetti che rappresentino i seguenti aspetti della tua vita: - la tua quotidianità: qualcosa che accompagna sempre le tue giornate - la scuola - la tua famiglia - il tempo libero: qualcosa che ti fa pensare al tuo sport preferito, a un hobby o a qualcosa che ti piace fare - le occasioni speciali: qualcosa che ti ricorda un momento importante.

2.

Scegli uno sfondo adatto per il tuo ritratto come, ad esempio, il pavimento, il tavolo, una coperta oppure uno spazio all’aperto.

3.

Disponi gli abiti e gli oggetti sulla superficie che hai scelto: ti consigliamo di non sovrapporli tra di loro per poterli mostrare nel modo migliore.

4.

Inserisci accanto a ogni abito e oggetto una didascalia, scrivendo su un pezzo di carta una breve descrizione, una parola, un’emozione o un ricordo che leghi l’elemento scelto alla tua identità.

5.

Fotografa il ritratto che hai composto: ti consigliamo di scegliere un punto di vista dall’alto, così da poter inquadrare i diversi oggetti in maniera uniforme. 6


Gli oggetti che siamo

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