Federer domina, ma Nadal punta al numero 1 Marco Di Nardo
La fine del 2016 aveva messo in mostra come qualcosa fosse cambiato: Novak Djokovic, dopo un dominio lungo diverse stagioni - il serbo era stato Campione del Mondo ITF dal 2011 al 2015, pur non essendo stato sempre numero 1 del Ranking ATP di fine anno, superato da Rafael Nadal nel 2013 - si era trovato per la prima volta dopo tanto tempo a dover affrontare un periodo di crisi. Ad approfittarne era stato Andy Murray, che si era preso il primato mondiale a suon di vittorie. Eppure in pochi si sarebbero aspettati che nella prima parte del 2017 le difficoltà del serbo potessero addirittura aumentare. Ma non solo, perché oltre alla crisi di Djokovic, è iniziata anche quella del nuovo numero 1, quel Murray che nel finale della scorsa stagione sembrava essere imbattibile. In uno scenario del genere, non potevano che essere Roger Federer e Rafa Nadal a riprendere in mano la situazione. Due campioni che nell'ormai lontano 2005 erano il numero 1 e numero 2 del mondo, e che nel 2017 sembrano ancora essere lontani dalla fine delle rispettive carriere. A stupire una volta di più il mondo del tennis è però stato soprattutto Re Roger, che a quasi 36 anni ha messo a segno una tripletta prestigiosa come quella rappresentata dai successi ottenuti all'Australian Open e nei primi due Masters 1000 dell'anno, ossia Indian Wells e Miami. Una tripletta che lo svizzero aveva realizzato
addirittura nel 2006, ben 11 anni prima. L'unica sconfitta subita da Federer in questi primi mesi del 2017, è stata quella degli ottavi di finale dell'ATP 500 di Dubai, maturata a sorpresa contro Evgeny Donskoy. In realtà, prima dell'Australian Open era arrivata anche un'altra sconfitta, in tre-break, contro il giovane Alexander Zverev, ma si trattava della Hopman Cup, competizione a squadre riconosciuta dall'ITF, ma non dall'ATP, in cui comunque Roger era tornato in campo dopo circa 6 mesi di inattività, ed era normale aspettarsi delle prestazioni leggermente sotto la media da parte dell'elvetico. Per il resto, 19 vittorie, più altre 2 proprio alla Hopman Cup di Perth, per un totale di 21 successi su 23 incontri, e 19 su 20 a livello ATP, di cui gli ultimi 11 consecutivi tra Indian Wells e Miami. Ora però lo svizzero ha bisogno di riposo, come
egli stesso ha dichiarato, ed ha infatti deciso di saltare tutti i tornei sulla terra, ad esclusione del Roland Garros. Il suo strepitoso avvio di stagione, gli ha comunque permesso di accumulare un vantaggio di oltre 1800 punti nella Race sul primo degli inseguitori, che è proprio Nadal. Ma è possibile pensare ad un ritorno di Federer al numero 1 del Ranking? Come detto, Roger salterà quasi tutta la stagione sul rosso. Ma soprattutto, è ragionevole pensare che possa mantenere questo ritmo per tutto l'anno? E' senza dubbio difficile dare una risposta, ma è altrettanto vero che in quest'ottica il vero favorito per il numero 1 a fine anno, in questo momento sembra essere Rafa Nadal. Il maiorchino non ha ancora conquistato alcun titolo nel 2017, ma è stato il giocatore più costante, raggiungendo 3 finali (Australian Open, Acapulco e Miami), e
giocando un ottimo tennis. E' il numero 2 della Race, e ora inizia proprio la parte di stagione in cui può fare la differenza, ossia quella dei tornei sulla terra rossa, che inizierà con il Masters 1000 di Monte-Carlo, per poi cercare l'assalto al decimo trionfo al Roland Garros. Il 2017 ci ha quindi già regalato tante belle sorprese, come la finale Federer-Nadal in Australia e a Miami, e il prepotente ritorno dei due giocatori di tennis più importanti che abbiamo avuto nel nuovo millennio. Federer è stato il dominatore di questa prima frazione stagionale, Nadal potrebbe essere quello della successiva. E probabilmente saranno proprio loro a giocarsi, ancora una volta, il trono della classifica mondiale. Per lo svizzero e per lo spagnolo, oltre che per tutti gli appassionati, è davvero una grande occasione. E forse anche irripetibile.
Nadal, la tigre che non morde piu' Valerio Carriero
Melbourne, Acapulco, Miami. Passa per queste tre città probabilmente l'identikit del 'nuovo' Rafael Nadal, in quell'indecifrabile limbo del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto tra chi non credeva possibile anche solo affacciarsi in una finale Slam e chi considera oro colato il suo avvio di 2017 da secondo nella Race. La verità, come si suol banalmente dire, sta nel mezzo. Che Rafa ci stia provando per l'ennesima volta è innegabile. Dopo la presa di coscienza di fine 2016 in cui ha dichiarato forfait per gli ultimi tornei della stagione, l'ex numero 1 al mondo ha finalmente affiancato a zio Toni un'altra figura, quel Carlos Moya che conosce sin dagli albori della carriera e dall'ormai celebre esibizione in cui il campione del Roland Garros del '98 ebbe poco da scherzare con un Nadal appena tredicenne. 'Effetto Moya' o indipendentemente da questo, Rafa ha sì ritrovato competitività e continuità ma ha spesso dato l'impressione di non aver debellato del tutto i propri demoni. Ogni finale persa è un
gancio durissimo sotto il mento, sempre più duro da incassare. La più importante, per peso specifico-opportunità-storia-e un'infinità di altri fattori, resta inevitabilmente quella di Melbourne. Avanti di un break nel quinto set, con l'opportunità di chiudere finalmente il Double Career Grand Slam e scrollarsi di dosso Sampras contro l'avversario di sempre, battuto con regolarità disarmante nel corso della carriera. Gli déi del tennis hanno però voltato le spalle a Rafa, rispedendolo in una marea di dubbi poi riverberatisi nel prosieguo. L'esempio più eclatante è la finale persa ad Acapulco contro Sam Querrey un avversario che, per quanto solida sia stata la prestazione fornita in tale circostanza, avrebbe sollevato – in altri tempi - il trofeo davanti a Nadal solo in un universo parallelo. Il morso della tigre di Manacor viene dunque ulteriormente rinviato. Un digiuno che però rischia di diventare insostenibile per un (ex) cannibale. “Rafa è troppo severo con se stesso” ha detto Moya in una recente intervista. Nadal si perdona poco, figurarsi passi falsi in finale. Forse basterebbe poco per sbloccarsi, Acapulco avrebbe dato una mano, gli Australian Open ovviamente ancor di più. Ed invece, sull'asse Indian Wells-Miami, l'iberico ha incassato altre due
sconfitte per mano di Federer, a Key Biscayne ancora in finale. Ma allarghiamo ancor di più l'analisi. Dopo il nono sigillo al Roland Garros nel 2014, Nadal ha perso 7 delle 12 finali giocate. Negli ultimi tornei vinti, Rafa ha superato nell'atto conclusivo Monaco, Troicki, Monfils, Fognini e Nishikori, mentre ha ceduto il passo a Querrey, Murray, Djokovic (due volte) e Federer (tre). La differenza di caratura tra le due categorie (eccezion fatta, non ce ne voglia, per il buon Querrey) è abissale. In queste sette finali perse, Nadal ha portato a casa la miseria di soli tre set: uno a Basilea nel 2015, due a Melbourne qualche mese fa, in entrambe le occasioni contro Federer. È perciò evidente la difficoltà dell'ex numero 1 al mondo contro gli altri “fab 4”, come se in testa frullasse il pensiero di non essere all'altezza e partire già battuto. Forse utopia o forse no, perché a differenza del pensiero diffuso Rafa è ben lungi dall'essere la macchina perfetta dal punto di vista mentale. Ogni sconfitta, a quasi 31 primavere, è sempre più pesante da digerire. Ogni sconfitta è un'occasione mancata per cercare di cancellare l'alone di incertezze delle ultime stagioni e riportarsi in auge, per regalarsi un lieto fine che probabilmente la sua carriera costellata da infortuni meriterebbe. E ogni premiazione, in cui è costretto a complimentarsi con l'avversario per il successo guardando da qualche metro di distanza lo sberluccichio dei trofei sollevati da altri, non fa altro che alimentare dubbi. Basterebbe poco, in questi mesi lo ha già dimostrato, ma per Nadal questo passo sembra essere così complesso. Eppure sarà costretto a farlo prima o poi, questo maledetto passo. Quantomeno per sopravvivere nel circuito e spezzare il digiuno con il morso numero 70.
Kyrgios vale l'MVP Federico Mariani
Em vi pi! Em vi pi! Se chiedessero a Nick Kyrgios di chiudere gli occhi e immaginare il suo nirvana sportivo, probabilmente risponderebbe di trovarsi in un palazzetto dall’altra parte dell’oceano con una palla a spicchi in mano e quel motivetto riservato ai migliori che riecheggia nelle orecchie. Questo dice il suo background, un retaggio che lo estrapola a piene mani dal contesto tennistico come si è abituati a intenderlo e lo pone in modo diametralmente opposto rispetto al resto della ciurma. Ciò, tuttavia, oltre a essere un apparente limite, è anche il suo punto di forza: Kyrgios è totalmente estraneo, meravigliosamente diverso, ma anche dannatamente necessario al futuro del Gioco. È un unicum di cui il circuito deve cibarsi per sopravvivere. Eppure dopo la disfatta casalinga di Melbourne con la clamorosa sconfitta patita contro il nostro Seppi e le critiche selvagge che ne sono conseguite qualcosa si è acceso nella psiche del grecomalese: il tennis pare aver scalato la classifica delle priorità di Kyrgios ritagliandosi quel
posto che merita. Il marzo 2017 può rappresentare l’alba di una nuova era: l’australiano ha battuto due volte consecutivamente Djokovic (riuscendo peraltro nell’impresa del tutto inedita di vincere “la prima volta” sia con Nole sia con Federer sia con Nadal) e a Miami la sua corsa si è fermata a un passo dal traguardo al termine di un match incredibile lungo tre ore e tre tie-break contro Roger Federer. Nel mezzo, altre due vittorie dal peso specifico elevato contro Sascha Zverev, il più futuribile della tanto inflazionata NextGen. Nello swing nordamericano Kyrgios ha mostrato i muscoli, alzato il volume del suo tennis e ribadito e stavolta ce n’era bisogno di
essere il più forte di quelli che verranno, ma forse anche di quelli che già ci sono. Kyrgios è un giocatore unico, improbabile verrebbe da dire. Ha due fondamentali completamente in antitesi tra loro, ma entrambi clamorosamente efficaci: il ragazzone di Canberra abbina a un dritto dalle rotazioni accentuate fino all’esasperazione, un rovescio quasi integralmente piatto. Il servizio è una sentenza quasi sempre, mentre il talento e la sensibilità del braccio gli permettono di incedere a volte in modo esagerato nel ghirigoro. Ma queste sono tutte caratteristiche
arcinote per un giocatore che si presentò al pianeta tennis entrando dalla porta principale, quella del Centre Court di Wimbledon battendo un Nadal ancora al vertice del ranking. Le qualità, dunque, non sono mai state in discussione, ciò che invece ha rubato l’occhio nell’ultimo mese è stata l’attitudine fuori e dentro il rettangolo di gioco impeccabile, illibata, quasi da secchione. Una sfaccettatura amplificata ulteriormente dai quarti di finale del World Group di Coppa Davis dove Kyrgios, nell’insolita veste di uomo-squadra, ha trascinato i suoi alla vittoria di prestigio contro gli Stati Uniti incamerando i decisivi punti contro Isner e Querrey a
Brisbane. Lo sguardo dell’ultimo Kyrgios cela convinzioni e intenzioni differenti: alla sfacciataggine del bullo di quartiere, l’australiano sta accoppiando un’evidente volontà di prendersi ciò che gli spetta per concessione di Madre Natura. E se Kyrgios volesse davvero concentrarsi al 100% sul circuito, diventerebbe quasi impossibile stoppare la sua ascesa. Passando alla trattazione dei volgari numeri per provare a stimare dove sarà il talento di Canberra a fine anno, occorre rimarcare l’esiguità delle cambiali in scadenza da qui a fine anno: oltre ai titoli (reletivamente minori) di
Atlanta e Tokyo, a livello Slam Kyrgios difenderà appena due terzi turni (Bois de Boulogne e Flushing Maedows) e gli ottavi a Wimbledon, mentre per quanto riguarda il circuito Masters 1000 il clou del 2016 fu un misero quarto di finale a Madrid e tanti piazzamenti irrilevanti. Ora l’australiano occupa la decima piazza della Atp Race e, verosimilmente, ci si deve imporre di considerare un fallimento una sua ipotetica assenza alla prossima edizione delle Finals londinesi. Non vederlo chiudere l’anno tra i primi 8 del mondo sarebbe, a dir poco, delittuoso. Il ragazzo che vedeva il
tennis come un ripiego d’oro ma pur sempre un ripiego pare aver lasciato il posto a un furore rinnovato: alcuni suoi atteggiamenti vivaddio - non cambieranno mai, oggi però Nick vuole diventare ancora l’MVP, ma del tennis.
La fatica di essere Fognini Giorgio Perri
La vita si pone al di sopra dell'arte nella stessa misura in cui la motivazione si innalza a verità e indica la strada ai comportamenti. Freud sosteneva che in ogni individuo operassero due pulsioni, Eros e Thanatos, vita e morte. Oltre a proporre un meccanismo di difesa, Freud sosteneva un modello strutturale per descrivere le spinte motivazionali: attraverso "L'es, L'Io e il Super Io" Freud studiava con interesse l'inconscio dell'essere umano per coglierne le sfaccettature e capirne i comportamenti. Con un po' di fortuna in più, un ragazzino ligure dai tratti marcati e dall'ego sproporzionato avrebbe messo in crisi uno dei più grandi pensatori del diciannovesimo secolo, uno in grado di influenzare tutta l'arte e la letteratura del secolo successivo. Fabio Fognini, dall'alto della sua straordinaria illogicità, sarebbe stato un soggetto di studio meraviglioso. Nell'Olimpo di Federer, nella morsa di Nadal e nelle apparenti difficoltà dei primi due giocatori del mondo, l'azzurro ha trovato un piccolo posto nel mondo in uno dei tornei più prestigiosi dell'anno. Ha anche trovato un modo - piuttosto anomalo - per far parlare di sé. L'assenza in Davis, dovuta alle fatiche nordamericane, ha avuto delle ripercussioni. L'Italia - sulle spalle di Paolo Lorenzi - non è riuscita a opporre troppa resistenza, ma sarebbe stata una sfida complicata anche con "Fogna" al 100%. Miami, però, racconta qualcosa. Corre l'anno 2013. In tre settimane di ordinaria follia Fognini monopolizza la terra tedesca, vince i primi due titoli della sua carriera e raggiunge la finale anche a Umago. Un'esplosione annunciata che non porta alla conclusione sperata: succede qualcosa, succede
a Monte-Carlo, succede nel 2014 e succede con Jo-Wilfried Tsonga. In un lungo, interminabile e insopportabile susseguirsi di risultati memorabili e passi falsi, il numero uno d'Italia che a un certo punto subisce il sorpasso - non trova pace. Jo-Wilfried Tsonga lo ritrova anche a Indian Wells, qualche settimana prima di spostarsi in Florida, con tre anni di ritardo. Spesso ci si ritrova a combattere con il destino, spesso si ha come la sensazione di non poter far altro che assecondare i propri bisogni. Delle volte può essere produttivo, delle volte può rivelarsi catastrofico. Il Fognini che abbraccia la moglie, che bacia il pancione, che in maniera un po' provocatoria ammette di non aver più il tennis in cima alle priorità, è un Fognini più tranquillo, più responsabile, più maturo. Il
ragazzo timido che in campo si trasforma e che combatte per essere la miglior versione di se stesso lascia spazio a un uomo conscio di avere dei pregi e dei difetti senza rinunciare agli istinti, quelli che - nel bene e nel male guidano i sentimenti. Fin dove può spingersi Fognini, quindi, lo sa solo Fognini. Perché non esistono vittorie della svolta, non per quelli che fanno della sregolatezza l'arma migliore. A volte può essere un picco in Davis, a volte può essere un successo contro Nadal, a volte non è nemmeno importante. Perché pretendere di associare la parola normalità a Fognini risulta spesso controproducente. La vittoria con Tsonga in California, quindi, non sa di vendetta e non sa nemmeno di rinascita, perché la vittoria con
Tsonga in California si limita a restituire al mondo un giocatore che la Top 10 - agognata e accarezzata nel 2013 - può conquistarla anche solamente metaforicamente. Fognini, con la semifinale a Miami - la seconda in carriera dopo quella ottenuta a Monte-Carlo nel 2013 - non si è limitato a riguadagnare terreno nel ranking, ma a dare una reale percezione del suo valore anche sul cemento. Lo stesso cemento che, alle porte della stagione sulla terra, può giocare un ruolo fondamentale in ottica futura. Per rinascere e trovare un equilibrio, per scavare a fondo e sfoderare delle armi di difesa dentro e fuori dal campo.
David Nalbandian, il genio incompreso Akshay Kohli
David Nalbandian ha dovuto dare l’addio al mondo del tennis professionistico a causa di un infortunio alla spalla, ponendo la fine ad una illustre carriera dopo essere stato nei Tour per 13 anni. Le parole semplicemente non possono descrivere quanto questo argentino sia stato un personaggio influente nella mia vita di giocatore di tennis! Mi ricordo che non avevo un rovescio forte quando
giocavo nei juniors, e mio padre mi ha detto solo una cosa: prova a copiare il tuo giocatore preferito e vedrai i risultati! Beh, nonostante non l’avessi fatto molto durante gli allenamenti, il mio rovescio mi stava davvero svantaggiando; allora mi sono seduto su una sedia e ho chiuso i miei occhi per visualizzare come Nabaldian colpiva i suoi rovesci. David Pablo Nalbandian iniziò a giocare a tennis quando aveva 5 anni e ha collezionato alcuni risultati impressionanti da Junior, vincendo il Junior US Open nel 98 (battendo Roger Federer) e finendo alle finali del French Open Juniors. Ha anche raggiunto le semifinali del Junior Wimbledon nel 99 e ha finito la sua carriera di
Junior come terzo al mondo nel singolo e sesto in doppio. Tutto quello che l’argentino è riuscito a vincere è qualcosa che poche persone possono replicare, e il suo rovescio è qualcosa di incomparabile. Per 13 lunghi anni Nalbandinan ha dedicato anima e corpo al tennis, fino alle sue ultime partite professionistiche giocate a Miami, dove ha perso contro Jarkko Nieminen. Le sue ultime partite sono state una serie di sfide di addio con il suo vecchio amico Rafael Nadal. L’argentino ha citato il suo infortunio alla spalla parlando della sua scelta: “io posso giocare quasi tranquillamente dei matches, ma la mia spalla non mi lascerebbe continuare la mia
carriera. Non posso giocare in questo modo a livelli professionistici. È dura perchè devo annunciare il mio ritiro dallo sport che mi ha dato così tanto. E gli sono grato”. Ha giocato tantissime partite, e gliene mancavano solo 17 per arrivare a avere 400 vittorie (383 vinte e 192 perse nella sua carriera). Estoril Open (primo titolo) anno: 2002 campo: terra rossa in Outdoor ATP Ranking: 47 Avversario nella finale: Jarkko Nieminen Punteggio della finale: 6-4, 7-6(5) premio: $68,300 Cosa ha reso questa vittoria così speciale? Il primo titolo è sempre il più memorabile, e le vittorie contro il terzo al mondo Juan Carlos Ferrero e l’ex campione del Rolan Garros Carlos Moya, giocate sulla terrarossa, hanno reso la vittoria del primo titolo ancora più dolce! Master Finale Anno: 2005 Campo: indoor ATP Ranking: 12 Avversario nella finale: Roger Federer Punteggio della finale:
6-7(4), 6-7(11), 6-2, 6-1, 7-6(3) Premio: $1,400,000 Il 2005 è stato un anno di successi per l’argentino, anche prima di vincere lil Master Finale. Entrò in questo evento d’elite dopo che Andy Roddick si ritirò per un infortunio. Nonostante avesse perso il suo Opening Match contro Federer, è riuscito a vincere la finale con una entusiasmante maratona di 5 set contro lo svizzero. La parte migliore della finale è stata quando Nalbandian rimontò dopo aver perso i primi due set, fino a vincere al tie break, in una partita
durata 4 ore e 33 minuti. ATP Masters Series di Madrid (il titolo più impressionante) Year: 2007 Campo: indoor ATP Ranking: 25 Avversario nella finale: Roger Federer Punteggio della finale: 1-6, 6-3, 6-3 premio: $400,000 Entrato in questo torneo senza essere scelto come testa di serie, l’argentino ha avuto un inizio lento vincendo le prime due partite in tre set. Ma dopo aver battuto il suo compagno argentino Juan
Martin del Proto al terzo turno, ha dimostrato di cosa era capace! Ha continuato, battendo i tre migliori giocatori al mondo di fila fino alla conquista del titolo di Madrid. ATP Masters Series Paris (ultima volta nelle finali dei tour mondiali) Anno: 2007 Campo: Indoor ATP Ranking: 21 Avversario nella finale: Rafael Nadal Punteggio della finale: 6-4,
6-0 premio: $400,000 E’ stata la sua ultima fiammata nel 2007 che ha permesso a Nalbandian di finire nella top ten del mondo per il quinto anno di fila. L’argentino era in forma incredibile durante questo torneo e ha perso solo un set in tutto il torneo. Battere Federer e Nadal senza lasciargli vincere neanche un set è un successo unico, soprattutto quando quei due erano le due forze dominanti
nel circuito ATP. Molta gente si ricorda solamente degli scatti d’ira di Nalbandian e delle controversie in cui si è ritrovato, ma sapendo tutto quello che il magico argentino ha vinto, nessuno può disprezzarlo!
A David Pablo Nalbandian: in bocca al lupo e che abbia una vita post-ritiro di successo!
vinto i titoli”. Lʼamericano è stato una macchina per vincere con 14 titoli Major insieme allʼonore di essere stato primo al mondo per 286 settimane, secondo solo al maestro svizzero Roger Federer.
Pete Sampras, il maestro del servizio Akshay Kohli
Il tennis ha dato spazio ad una serie di leggende, ma nessuna come lʼamericano Pete Sampras. Lʼex numero 1 al mondo, conosciuto anche come “Pistol Pete” annunciò il suo ritiro nel 2002 dopo aver finito la sua carriera nel miglior modo possibile: vincendo gli US Open. È un giocatore che ha ottenuto rispetto ovunque abbia giocato, ed è un peccato che la
gente abbia visto solo il suo fallimento sulla terra rossa anzichè concentrarsi su quello che questʼuomo è riuscito a raggiungere nella sua illustre carriera. Come disse giustamente Aristotele: “Siamo quello che facciamo ripetutamente. Lʼeccellenza, quindi, non è un atto ma una abitudine”; vi riporto allora un articolo sul giocatore che è riuscito a ottenere molto più di quanto qualsiasi altro ex numero uno sia mai riuscito a fare, Pete Sampras. “Non ho mai voluto essere quello più bravo, o il più colorito o il più interessante. Volevo essere quello che ha
Il fatto che abbia vinto sette titoli a Wimbledon ci dà unʼidea di quanta confusione creasse il suo servizio, un servizio che può essere facilmente definito come il migliore di tutti i tempi. Il californiano di origini greche ha dominato la sua epoc grazie al suo servizio e alla sua voleʼe Il suo gioco non era monodimensionale, dato che il suo servizio era sorretto da un perfetto rovescio a una mano e da un fantastico dritto. Lʼunico ostacolo che questo americano ha sempre avuto è stato il French Open, un major che non ha mai vinto; la sua migliore performance è stata una semifinale nel 1996. Qualsiasi cosa possa scrivere non darei giustizia a quello che questo artista dello sport ha ottenuto nella sua carriera, quindi proverò a riassumerlo nel modo più veloce ma accurato possibile! Ricordo una
frase famosa che una volta Sampras ha detto: “Io mi sono realizzato giocando. Ho giocato per dimostrare delle cose a me stesso, e a nessun altro. Il libro dei record non importa. Non ho davvero bisogno di provare niente se non a me stesso”. Il suo più grande rivale È anche importante riconoscere il giocatore che, a sua detta, gli ha fatto tirare fuori il meglio: Andre Agassi. I due avevano stili di gioco differenti ed erano abbastanza forti da potersi battere lʼun lʼaltro a seconda del giorno, ma alla fine fu Sampras che è rimasto in testa con un totale di 20 partite vinte contro 14. Sampras ha sempre rispettato Agassi, e una volta disse: “giocare contro Andre è stato davvero speciale. Lo dico adesso più che mai perchè ho un grandissimo rispetto per lui. È stato probabilmente il miglior giocatore contro cui abbia giocato. Cʼè stato un momento negli Juniors in cui cʼera competizione, ma abbiamo continuato senza problemi”. “Ci spingevamo lʼun lʼaltro, avevamo bisogno uno dellʼaltro”.
Un finale perfetto Il 34esimo incontro di questa epica rivalità fra i due giocatori, e anche lʼultima, è stata una dimostrazione incredibile durante la finale degli US Open, nel 2002. Annacone, il coach di Sampras di allora, disse: “Penso veramente che vederli giocare sia stata poesia. Mi sono sentito come se, nel caso non avesse vinto Pete, non avrebbe potuto vincere nessuno. Era lʼunica soluzione, a causa del rispetto che aveva per Andre. Era una situazione perfetta”. Mentre Sampras disse:
“contro Andre si è chiuso il cerchio. Visto da fuori, dopo aver perso a Wimbledon poteva sembrare una assoluta sorpresa il fatto che fossi arrivato così lontano. Ma io non ero sorpreso affatto”. Perfino il coach di Agassi del tempo, Darren Cahill, disse che sapeva che Agassi era stanco ma non avrebbe ceduto facilmente “Fisicamente Andre era arrivato un pò sotto tono a quella partita, ma sapevamo che sarebbe stata una di quelle epiche battaglie. Pete ha servito incredibilmente per un
paio di set”. Cahill aveva ragione, dato che Sampras era stato semplicemente inarrestabile nel servizio: si è fatto strada attraverso i primi due set senza molti problemi. “Il suo gioco può farsi valere al momento giusto” disse Agassi dopo la partita. “è ancora bravo, e il suo modo di giocare rimane pericoloso. Chiunque dica qualcosa di diverso è semplicemente un ignorante”. Agassi grazie alla sua perfetta risposta al servizio, si prese il terzo set; sembrava tornato giovane e subì la minaccia del servizio di Sampras nella prima parte del quarto set. Sul
2-2, Sampras aveva in mano la parte decisiva della partita, un gioco che vide 7 deuce protrarsi oltre 12 strazianti minuti. Cahill disse: “Andre ottenne un break point e rispose al servizio di Pete sui suoi piedi. Pete quindi colpì una demi-volèe appena al dilaʼ della rete, salvando il break point. È stato un gran tiro, ma dal nostro punto di vista sembrava che lʼaria fosse stata risucchiata via dal campo del nostro giocatore”. “Una volta che Pete vinse quel punto e si riprese il servizio, la natura di quel set (e la partita) cambiarono. Lui cavalcò lʼonda fino alla fine”.
Sampras ha vinto quella finale 6-3 6-4 5-7 6-4 e divenne il tennista più anziano che vinse un US Open sin dai tempi di Ken Rosewall nel 1970. Valutando quel trionfo, lʼamericano ammise quanto fosse fiero di essere arrivato fino a lì. Disse: “la gente non mi prendeva in considerazione, ma io credevo in me stesso. Ho riavuto la mia sicurezza che crebbe sempre di più. Ho vinto il mio primo major e il mio ultimo nel posto che mi ha cambiato la vita”. “Eʼ stato il modo migliore per concludere la carriera”.
Lʼamore è ovunque: I giocatori di tennis e i loro partners Akshay Kohli
Oggigiorno i giocatori sono piuttosto aperti sulle loro relazioni e i rispettivi partners spesso sono seduti in tribuna, tifando per il proprio amato. Guardiamo qualche partner/moglie/marito di alcuni giocatori di tennis del passato e di oggi.
Ana Ivanovic e Bastian Schweinsteiger La tennista serba Ana Ivanovic ha sposato il giocatore di calcio tedesco Bastian Schweinsteiger l’anno scorso. La loro relazione è stata palesata in pubblico durante gli Open della Francia nel 2015, quando Schweinsteiger è stato visto tifare per la Ivanovic durante le sue partite. La coppia si è recentemente trasferita a Chicago dato che Schweinsteiger è stato trasferito alla Chicago Fire FC e la Ivanovic ha annunciato il suo ritiro lo scorso anno
Roger e Mirka Federer Roger Federer ha incontrato sua moglie Mirka alle olimpiadi di Sidney nel 2000. Hanno poi stretto ancor di più la loro relazione nel 2009, quando hanno avuto i primi dei gemelli.
Novak Djokovic e Jelena La coppia si è incontrata da ragazzi nelle scuole superiori, e hanno iniziato a vedersi nel 2005. Si sono sposati nel luglio 2014, appena dopo che la star del tennis aveva vinto la sua seconda corona di Wimbledon. Sono diventati dei genitori orgogliosi quando il loro figlio Stefan nacque nel tardo ottobre 2014.
Andy Murray e Kim Sears Andy Murray ha incontrato Kim Sears ad una festa per gli US Open del 2005, e si sono sposati nellʼaprile 2015. Hanno dato alla luce il loro primo bambino, una femminuccia, lʼanno scorso.
Rafael Nadal e Maria Francisca Perello Rafael Nadal e Maria Francisca Perello si sono innamorati nel 2005. Nonostante Perello non è vista spesso vicino al campo durante gli incontri del compagno, Nadal ha fatto regolarmente riferimenti al grande supporto che ha ricevuto dalla sua ragazza durante gli anni.
Tomas Berdych e Ester Satorova Tomas Berdych e Ester Satorova si sono fidanzati nel 2011, dopo che Berdych aveva rotto con la sua ragazza storica, la giocatrice WTA Lucie Safarova. Nel luglio 2015 si sono sposati. Definita come la tennista WAG più hot, Satarova trova tempo per assistere alle partite del suo partner nonostante i numerosi impegni da modella.
David Ferrer e Marta Tornel David Ferrer e Marta Tornel sono stati presentati dal coach di Ferrer, Javier Piles. Nonostante a nessuno dei due piacciano i riflettori, Tornel è stata con lui per quasi una decade, sostenendo il suo uomo per tutto il tempo nei momenti positivi come negativi. I due si sono sposati nel dicembre 2015.
Lleyton Hewitt e Bec Cartwright Lleyton Hewitt and Bec Cartwright si sono incontrati nel 2000 quando hanno giocato assieme in un match d’esibizione. Si sono fidanzati nel 2005, meno di quattro mesi dopo che Hewitt aveva rotto con un’altra stella del tennis, Kim Clijsters. Alcuni mesi dopo si sono sposati e ora hanno tre bambini.
Nick Kyrgios e Ajla Tomlianovic Uno dei giocatori di tennis più controversi di oggi, Nick, ha espresso pubblicamente il suo amore per la fidanzata Ajla. Nonostante la coppia abbia rinnegato la loro relazione per molto tempo, i due sono molto innamorati e non sono spaventati di manifestarlo in pubblico
Tommy Haas e Sara Foster Tommy Haas e Sara Foster si sono conosciuti per sbaglio nellʼappartamento di un amico nel 2004, e questo incontro casuale si è trasformato in una storia romantica. Lei ha iniziato a assistere alle sue partite nel 2007 ed è diventata una delle più grandi fan del marito. La coppia ha avuto il primo figlio nel 2010.
Pete Sampras e Bridgette Wilson Dopo qualche anno di corteggiamento, Pete Sampras e lʼattrice Bridgette Wilson si sono sposati nel 2000 e hanno dato il benvenuto al loro primo figlio Christian Charles, nel 2002. Un altro membro della famiglia si è aggiunto nel 2005. Il contributo più ricordato della Wilson alla carriera tennistica di Sampras è stato il suo supporto inarrestabile durante i suoi ultimi giorni nel circuito tennistico, cosa che lo ha ispirato per vincere il suo ultimo Slam agli US Open nel 2002.
Andre Agassi e Steffi Graf Lʼamore fra Andre Agassi e Steffi Graf fiorì quando i due si sono incontrati dopo le loro vittorie del 1999 agli Open francesi, nelle loro rispettive categorie. Dopodichè la coppia ha iniziato a passare del tempo assieme in tour, per poi sposarsi nellʼottobre del 2001. Un anno dopo il matrimonio, è nato il loro figlio Jaden e nel 2003 Graf ha dato alla luce una bimba di nome Jaz.
Anna Kournikova e Enrique Iglesias Lʼex tennista russa Anna Kournikova è in una relazione con il cantante spagnolo Enrique Iglesias sin dal 2001. Nonostante siano insieme da più di dieci anni, non hanno ancora espresso lʼintenzione di volersi sposare.
Flavia Pennetta e Fabio Fognini Lʼex tennista e vincitrice del singolo femminile degli US Open nel 2015 Flavia Pennetta si è sposata con il compagno italiano Fabio Fognini, e stanno aspettando il loro primo bambino
Andy Roddick e Brooklyn Decker Andy Roddick e Brooklyn Decker, una modella di costumi da bagno, hanno iniziato a vedersi nel 2007 e un anno dopo hanno annunciato il loro fidanzamento. I due si sposarono nel 2009, tre anni prima del ritiro di Roddick dal mondo del tennis.
Iniziare bene una partita Federico Coppini
Perché iniziare bene una partita è tanto importante nel tennis? I match non possono essere tranquillamente ribaltati? Vediamo insieme per quale motivo chi parte con il piede giusto è già a metà dell’opera.
Iniziare bene con un break
Partiamo con il classico esempio pratico: avete perso lo spareggio e il vostro avversario ha scelto di servire per primo. Dunque, vi accingete a rispondere. Molti giocatori di circolo, a differenza dei tennisti Atp, non sanno che questo è un momento a dir poco cruciale. Chi vuole vincere sa che deve iniziare bene un match fin da subito. Si è preparato mentalmente già da un po’ a questa eventualità e ora sa che bisogna metterla in pratica. Chi ben comincia è a metà dell’opera, dice il detto popolare. Ed è verissimo. Certo, è altrettanto vero che le partite si possono ribaltare ma quanta fatica costa
rimettere sui binari giusti un incontro che sta scappando via? Tantissima e non sempre ci si riesce, questa è la verità. iniziare beneAllora è di fondamentale importanza iniziare bene, aggressivi e solidi, per strappare immediatamente il servizio al tuo avversario di turno.
L’impatto psicologico può essere devastante
Perché stiamo dicendo tutto questo? Alla base di tutto c’è la ferma convinzione che il nostro avversario sia mentalmente debole. E a livello di circolo ciò è particolarmente frequente. Chi comincia una partita perdendo subito il servizio
tenderà ad avere meno fiducia in sé stesso e nei propri mezzi, che, per ipotesi, sono anche maggiori dei vostri. Dovete puntare esattamente a questo, al suo annientamento psicologico. Dovete convincerlo che, almeno per quella giornata, non c’è proprio niente da fare. Le cose dovevano andare così, punto e basta. Per chi è mentalmente poco solido, questa può essere una mazzata quasi definitiva. Aveva giocato bene nel palleggio e si sentiva fisicamente a posto ma voi lo avete annientato. Capite adesso perché iniziare bene è così importante?
Il tennis è mentalmente devastante Federico Coppini
Conoscendo sempre più il tennis mi sto convincendo che sia uno degli sport più devastanti dal punto di vista mentale. Non è un caso che il concetto "Killer instict" sia stato ideato da un allenatore di tennis proprio a sottolineare la necessità di giocare con lo scopo di annientare l'avversario. Non a caso le migliori scuole di tennis, come quella di Nick Bollettieri o di Chris Evert, hanno nello staff anche degli psicologi che si occupano dell'allenamento mentale dei/delle tennisti/e. Le ragioni di questa scelta sono
molte e sono così riassumibili: 1. Il tennis è un gioco in cui al termine di ogni scambio si vince/perde un punto 2. Essere competitivi/e significa essere capaci di sostenere continuamente il proprio gioco indipendentemente dal risultato 3. Perdere una serie di punti in modo consecutivo mette alla prova la capacità di reagire a questa frustrazione con rinnovata convizione verso di sè 4. Bisogna mantenere il proprio tempo di gioco, senza volere chiudere subito lo scambio con un vincente 5. Bisogna avere una routine efficace tra un
game e l'altro che permetta di restare concentrati sull'inizio di quello seguente. 6. Bisogna essere in grado di avere un dialogo positivo con se stessi durante tutta la partita 7. Bisogna ricordarsi che in partita si deve giocare al proprio meglio senza volere strafare 8. Bisogna mettere continuamente in atto le abilità mentali che si è allenato (ripetizione mentale, respirazione, combattività, pensiero tattico) Sono convinto che se ci si allenasse di più a soddisfare queste esigenze del tennis molti più atleti/e raggiungerebbero la soddisfazione e il successo a cui aspirano.
Hai il giusto interesse..quando ti alleni e quando competi? Federico Coppini
Il tennis si gioca innanzitutto con la testa. Non basta essere bravi tecnicamente, se la mente tende a distrarsi. E nell'arco di una partita ci sono molti fattori che possono far perdere concentrazione. Il più importante è la mancanza d'interesse nella competizione. Nessuno dovrebbe mai giocare a tennis pensando di essere competitivo, se non è abbastanza interessato al gioco da sobbarcarsi la fatica di impararlo come si deve. Se non avete voglia di applicarvi anche alla fatica, lasciate perdere subito. Le condizioni di gioco come il caldo, il freddo, il vento, rumori, sono fattori che spesso deconcentrano anche i giocatori professionisti, altro problema quando vi trovate a competere su campi con superfici diverse da quelle sulle quali abitualmente vi allenate . L'unico antidoto per evitare distrazioni è la più assoluta e completa concentrazione sul proprio gioco. La via maestra per rimanere con la mente nella partita è quella di giocare pienamente tutti i set, tutti i game, tutti i punti e infine ciascun colpo all'interno del punto. Un set è solo una sequenza di punti che si possono vincere o perdere, e il giocatore che fa meno errori risulterà il vincitore. Con
questo non dovete cercare il punto ad ogni costo. Chiudete il punto tutte le volte che ne avete l'occasione. Ma non cercate di giocare solo vincenti. Concentratevi su ogni game, ma non al punto tale da dimenticare il punteggio della partita. Infine cercate sul campo di non arrabbiarvi, mantenete il controllo, l'ira è il peggior nemico per la vostra partita e i vostri progressi. La capacità di valutare e raccogliere dati è alla base del successo nel tennis. Un grande giocatore non deve solo conoscere se stesso e i propri punti di forza e di debolezza, ma deve continuamente studiare chi gli sta di fronte. Per poter fare questo, non deve mai essere svantaggiato da evidenti lacune nel proprio gioco; se lo fosse, sarebbe così occupato e preoccupato nel tentativo di nascondere i propri difetti, da non aver più tempo per impensierire l'avversario
La risposta alla prima palla di servizio può essere uno dei colpi più difficili, perché è necessario seguire il percorso della palla che si avvicina rapidamente e reagire pressoché immediatamente. Sebbene il battitore abbia il controllo del colpo, ci sono alcuni indizi visivi che potresti utilizzare per trasformare la tua risposta a tuo vantaggio. Le quattro fasi principali del servizio 'Le fasi principali del servizio sono quattro: la preparazione, il lancio di palla, il contatto e il finale. Le foto che ti propongo ti danno un'idea di come il tuo avversario dovrebbe apparire in ogni fase. Nota che la rotazione shoulder-overshoulder (spalla anteriore sopra la spalla
Come puoi utilizzare gli indizi visivi per neutralizzare la prima palla di servizio? Federico Coppini
posteriore) prima del contatto dà al tuo avversario il controllo definitivo sul posizionamento della palla, mentre le ultime due fasi del servizio suggeriscono dove la palla verrà colpita e indirizzata. IMPUGNATURA L'impugnatura del tuo avversario influenza notevolmente ciò che può fare con il suo servizio in termini di rotazione e velocità. Gli avversari meno esperti usano spesso un'impugnatura (eastern di diritto) che limita le loro possibilità, e questo ti fornisce l'occasione di anticipare meglio il tipo di servizio che stai per ricevere.
POSIZIONE IN CAMPO La posizione del campo da cui il tuo avversario serve (per esermpio vicino al centro della linea di fondo) spesso ti dà un'indicazione della direzione del servizio. Anche questo ti offre un'opportunità di anticipare il servizio e porti in situazione di vantaggio nello sviluppo del punto. LANCIO DI PALLA Il lancio di palla dell'avversario in molti casi suggerisce come questi sia in grado di servire. La posizione della palla a contatto con la racchetta è cruciale nel determinare direzione, rotazione e velocità del servizio. La conseguenza è che gli avversari meno esperti spesso lanciano la palla in un punto (a destra o dietro) che consente loro solo uno o due tipi di servizio, regalandoti un vantaggio evidente quando devi rispondere a una prima palla. DA RICORDARE Guarda l'impugnatura La racchetta è perpendicolare al terreno(continental) o ha una certa angolazione(eastern di diritto)? La posizione dell'avversario Quanto è vicino al centro della linea di fondo? Valuta il lancio di palla Più il lancio di palla è largo, più il colpo del tuo avversario sarà limitato in termini di direzione, velocità e rotazione.
vincere il game con due punti e vincere il set con altri otto punti. Invece di essere avanti a metà partita, potreste andare a zero e il vostro avversario trovarsi avanti a metà partita. Questo mette una pressione incredibile sul risultato di un singolo punto.
Il limite della mente: mantenere il punteggio Il sistema di punti nel tennis aumenta lo stress della competizione in maniera unica perché, durante il match, alcuni punti sono sostanzialmente più importanti di altri. Questo lo rende un sistema di punti “pressante” e fornisce più opportunità di andare nel pallone rispetto agli altri sport. Se siete furbi comunque, questi “grandi punti” con la loro pressione
concomitante possono fornirvi sia tante opportunità quante sfide. Il punteggio è cumulativo durante tutta la gara nella maggior parte degli sport e chiunque abbia il maggior numero di punti alla fine vince. Certo, c’è una grande quantità di pressione in tutti gli sport se il punteggio è vicino alla fine della gara, ma nessuno è continuamente stressante come il tennis. Se state giocando un set serrato, diciamo che siete in vantaggio 5-4 o 6-5 e arrivate al set point, ci sarà un’enorme oscillazione nella partita se vincete quel punto. Se invece lo perdete, ci vorrà molto poco perché il vostro avversario ribalti la situazione. Lui o lei potrebbe
C’è ancora più pressione sui giocatori se il punteggio arriva al 6 pari e devono quindi andare al tiebreak. In un attimo potreste essere ad un punto dalla vittoria del set ma anche a soli tre punti dal perderlo. Lo stesso succede in scala minore ad ogni game. Se arrivate al game point e lo vincete, vi prendete tutto il game mentre l’avversario non ottiene niente di tutti i punti messi a segno nel game che vengono eliminati. Questo accade durante tutto il match, non solo alla fine. Queste caratteristiche del sistema di punti nel tennis rendono l’incontro carico di emozioni, pressione, possibilità di crisi, ma anche di opportunità. È mentalmente più duro degli altri sport. Ed in modo perverso, il giocatore che conduce nel punteggio è quello che sente più pressione. Che cosa si può fare quindi?
Se siete sicuri di voi stessi, affrontare un punto importante, sia che siate in vantaggio o in svantaggio, solitamente non è un problema. Infatti, è spesso una situazione stimolante. Se vi trovate in vantaggio ma non siete sicuri di voi stessi (la maggior parte della gente non lo è), cercate di resistere pensando al punteggio. Lasciarsi coinvolgere molto dal punteggio e vincere i punti importanti vi rende solo nervosi. È ovvio che raramente sarete in grado di dimenticarvi totalmente del punteggio, ma è un problema che potete migliorare o peggiorare, anche se non potete risolverlo del tutto. Perciò continuate a lavorare per spingere il punteggio lontano dai vostri pensieri, anziché concentrarvi su di esso. Trattenetevi dall’evidenziare i punti importanti con pensieri come, “Ok, è un set point; devo vincerlo.” Questo vi renderà solo nervosi. Al contrario, concentratevi strettamente nel giocare il punto successivo meglio che potete. Fate del vostro meglio perdendovi nel guardare la pallina, stando rilassati, creando sensazioni positive ed eseguendo il vostro schema di gioco. Cercate di trattare ogni
punto allo stesso modo, anche se invece non lo sono (immaginate che siano tutti importanti ma nessuno più importante degli altri). Giocate un punto alla volta. Giocate i punti importanti tenendo la testa concentrata su quello che volete fare nei prossimi secondi. Poi immaginate che qualcosa di buono stia per succedere. C’è un aspetto positivo nella pressione dei punti importanti: è possibile che anche i vostri avversari la sentano quando vanno in vantaggio, quindi sfruttate questo aspetto. Se sono avanti nel game, 30-15 o al set point, fateli giocare in
modo che debbano vincere il punto seguente. È probabile che commettano errori. Non cercate punti vincenti subito (a meno che non abbiate un’occasione davvero facile). Assicuratevi che la vostra risposta al servizio rimanga in campo; tenete in campo la prima di servizio; inoltre colpite qualche colpo incrociato in più nello scambio piuttosto che cercare in fretta un lungolinea vincente. Ricordando alcuni di questi consigli durante i punti decisivi potreste riuscire a farli vostri amici anziché nemici.
Per poter esprimere al meglio il proprio tennis è indispensabile, innanzitutto, potersi muovere e correre senza fastidi. Stress da compressione dei talloni, stress articolari e tendinei, nonché delle tensioni riflesse (contratture muscolari) da compensazione sono prevenibili con i prodotti Noene.
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Le ultimissime solette sono il risultato di una combinazione all’avanguardia: il materiale Noene® favorisce l’assorbimento e la dispersione dell’impatto, la schiuma rende confortevole la camminata, grazie al Memory Foam e il supporto dell’arco plantare permette un’efficace stabilizzazione del passo. Questa particolare schiuma sintetica flessibile, offre un eccellente confort e si adatta perfettamente
Dal 20 aprile sarà disponibile un nuovo prodotto Noene: le solette ErgoProAC+ alla forma dei piedi, mantiene per tutta la sua durata lo stesso spessore e conserva le sue proprietà e la forma iniziale. Il supporto dell’arco plantare migliora la stabilità, aiuta a correggere la postura ed allinea le giunture nelle articolazioni. L’integrazione totale piede-plantare-scarpa e la traspirazione sono le altre caratteristiche che rendono questa combinazione unica; la traspirabilità protegge infatti dalla formazione di batteri e funghi. Questo prodotto offre, infatti, prestazioni senza eguali sul mercato, garantendo comfort e benessere allo stesso tempo. I PLANTARI NOENE® ERGOPRO AC+ sono ergonomici e flessibili; sono strutturati per
adattarsi a tutti i tipi di calzature con suole neutre, in sostituzione delle solette originali. Grazie alla loro forma biomedicale ed ai vari materiali utilizzati per la loro produzione, questi plantari si adattano perfettamente al piede, bilanciando e distribuendo il peso del corpo.
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NOENE® è l’unico materiale visco-elastico che assorbe e disperde fino al 92% delle onde prodotte dall’energia negativa derivante dall’impatto del piede/scarpa col terreno, sia quando si cammina/ corre o si salta, provvedendo quindi alla protezione delle articolazioni. Il tessuto NOENE® è stato posizionato nei punti di appoggio del plantare per assorbire e disperdere le vibrazioni e prevenire gli effetti indesiderabili dell’impatto sulle aree del tallone e del metatarso. Con la tecnologia Noene® proteggi le tue articolazioni Il quotidiano impatto del piede con il suolo durante la deambulazione è tra le cause primarie delle dolorose infiammazioni articolari. Solitamente si è portati a credere che le articolazioni possano andare in sofferenza solo se sottoposte a sollecitazioni meccaniche derivanti da particolari attività sportive o in conseguenza di traumi. In realtà ciascuno di noi ha necessità di minimizzare quotidianamente gli effetti negativi conseguenti anche al semplice impatto con il suolo nella normale deambulazione. In qualunque momento della giornata, infatti, il nostro corpo riceve “scosse articolari” provocate dall’energia negativa generata dall’urto dei piedi con il terreno. Tali scosse, dai piedi si propagano lungo tutto l’apparato locomotore provocando
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microtraumi che si traducono in dolorose infiammazioni articolari (tendinite, tallonite, fascite plantare, ecc.) o più semplicemente, mal di schiena, stanchezza articolare e gambe appesantite a fine giornata!
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Ecco cosa succede all’apparato locomotore quando corriamo o camminiamo: • Ogni contatto tra il piede e il suolo provoca un’onda di shock. Quest’onda viene chiamata “Energia negativa” • L’energia negativa si propaga lungo tutta l’articolazione ossea. Accumulata passo dopo passo, giorno dopo giorno, produce dei microtraumi in ciascun punto nevralgico del nostro corpo (articolazioni) • La ripetizione di tali onde genera e
sovente favorisce: tendiniti; fasciti plantari; talloniti; fratture causate dalla stanchezza; dolori alle articolazioni dei piedi, delle ginocchia, delle anche, della schiena; cervicale; mal di schiena; ecc. In alcuni casi, semplicemente stanchezza e gambe appesantite! La letteratura scientifica e gli studi più recenti
hanno così evidenziato la certa necessità di combattere questi shock fin dalla sede primaria della loro formazione, ossia a livello dei piedi. Proprio nel solco di queste conclusioni scientifiche si è sviluppata la ricerca Noene®, con il chiaro obiettivo di formulare un prodotto in grado di ridurre gli effetti negativi sulle articolazioni e sulla schiena, degli impatti al suolo. Noene® è un elastomero vibro-assorbente, formato da micro cellule cristalline, che possiede due caratteristiche uniche primarie: • Elasticità: l’elasticità permette di assorbire l’energia
• Ammortizzazione: l’ammortizzazione permette di disperdere l’energia assorbita Da test effettuati secondo le richieste delle norme ISO 8307/2007, è stato dimostrato che l’onda di shock provocata dall’impatto piedesuolo si disperde nella soletta Noene® in una percentuale tra il 94% ed il 99% e, quindi, non
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colpisce il tallone! Nessun materiale riesce ad ottenere dei risultati simili anche se è due volte più spesso! Unici al mondo della categoria ad avere questa certificazione, le solette e i plantari Noene® hanno ottenuto anche il riconoscimento di Dispositivo Medico di Classe 1 da parte del Ministero della Sanità in base alla Direttiva Comunitaria 2007/47/CE.
Un Dispositivo Medico deve possedere una funzione reale, offrire la possibilità di misurare tale funzione e, come minimo, garantire la sicurezza sanitaria del paziente. Pertanto, Noene© corrisponde esattamente alla
definizione di Dispositivo Medico, che richiede il rispetto di regole molto strette e garantisce sull’efficacia e innocuità di tale dispositivo. In quanto Dispositivo Medico, le solette hightech Noene® possono essere prescritte dal Medico e dedotte fiscalmente come costo.