Tennis World Italia n. 54

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Djokovic-Nadal: si ripropone la sfida per il numero 1 All'inizio del 2018 in pochi avrebbero scommesso in un finale di stagione come quello a cui stiamo assistendo. Rafael Nadal e Roger Federer, vincitori di tutti i tornei dello Slam del 2017, sembravano essere gli unici in grado di poter lottare nuovamente per la leadership mondiale, con un Novak Djokovic ancora lontanissimo dal suo miglior rendimento. E la prima parte di stagione aveva confermato le previsioni, con lo svizzero vincitore dell'Australian Open, e lo spagnolo ancora una volta campione dell'Open di Francia. Fino al mese di giugno, Federer e Nadal si sono scambiati lo posizione numero 1 e 2 della classifica per più volte, lasciando pensare che si potesse riproporre un testa a testa come quello dell'anno passato, durato fino all'ultimo torneo della stagione regolare. Dal torneo di Wimbledon la situazione si è invece ribaltata. La prematura sconfitta di Federer, arrivata ai quarti di finale contro il sorprendente Kevin Anderson, ha allontanato lo svizzero da quello stato fisico e mentale quasi perfetto in cui si era trovato nell'ultimo anno e mezzo. Contemporaneamente, è risorto Djokovic, che è tornato a vincere un torneo dello Slam, dopo aver battuto in una splendida semifinale Rafa Nadal, con il punteggio di 6-4 3-6 7-6 3-6 10-8. Dal successo di Wimbledon, il serbo si è riavvicinato ad essere quello dei giorni migliori, e nel giro di altri due mesi ha conquistato prima la vittoria nel Masters

1000 di Cincinnati, poi un altro trionfo a livello Slam con il successo agli U.S. Open. Nadal è rimasto molto competitivo, riuscendo in questo periodo a vincere l'altro Masters 1000 nordamericano, quello di Toronto, e ottenendo una buona semifinale a New York. Federer, al contrario, è apparso più distante dai suoi rivali dal punto di vista del rendimento, e nell'ultimo Slam della stagione è stato sorprendentemente sconfitto agli ottavi di finale da John Millman, non certamente il più temibile degli avversari per un giocatore del suo livello. Attualmente la classifica mondiale vede ancora Nadal al numero 1, con Federer al secondo posto e Djokovic numero 3. Ma nella Race to London, l'unico in grado di insidiare lo spagnolo è proprio il serbo, che è distante appena 1035 punti da Rafa, mentre Roger è indietro di ben 2680 punti (ed insegue anche Juan Martin del Potro, terzo giocatore nella classifica stagionale). Si ripropone quindi la sfida per il numero 1 tra


infortuni, il giocatore di Manacor avrebbe forse già chiuso la pratica per la leadership alla fine del 2018. Anche Djokovic è stato il numero 1 per quattro volte (2011, 2012, 2014 e 2015), ma al contrario del rivale, è riuscito a restare al vertice per periodi più lunghi di una singola annata. Il serbo, non è però mai rientrato da un periodo così lungo senza successi come quello che ha avuto tra la fine del 2016 e tutta la prima parte del 2018, riuscendo poi a

Nadal e Djokovic, che sembrano gli unici davvero in grado di lottare per questo traguardo, anche prendendo in considerazione i recenti risultati. Ma chi è davvero favorito? Nadal, nella sua carriera non ha mai terminato due stagioni consecutive in vetta alla classifica mondiale, nonostante sia stato il numero 1 per ben quattro volte (2008, 2010, 2013 e 2017). Dovesse riuscirci quest'anno, sarebbe quindi la prima volta, ma il fatto che non sia mai accaduto, mette in luce uno dei problemi dello spagnolo, ossia quello di non riuscire a giocare con continuità per lunghi periodi a causa degli infortuni. Anche quest'anno, Rafa è stato costretto per due volte a ritirarsi durante un match a livello Slam: è accaduto durante il quinto set dei quarti di finale dell'Australian Open contro Marin Cilic (con il croato avanti 2-0), e nella semifinale degli U.S. Open contro del Potro (alla fine del secondo set, con l'argentino che aveva vinto i primi due parziali). Senza

tornare più in alto di tutti in classifica. Anche per lui, sarebbe quindi in qualche modo una novità un eventuale sorpasso su Rafa entro la fine della stagione. Questi due anni di successi dello spagnolo, in ogni caso, hanno riportato Nadal avanti nei confronti del suo avversario come numero di Masters 1000 conquistati in carriera: al momento, sono 33 quelli vinti da Rafa, contro i 31 di Novak. Ma potrebbero essere proprio questi tornei a fare la differenza nel finale di stagione, con Shanghai e Parigi che precederanno le ATP Finals, in cui Djokovic potrebbe avvicinarsi ulteriormente o addirittura superare il rivale, prima di giocarsi tutto a Londra. Anche i confronti diretti tra i due potrebbero avere una grande importanza, nel caso in cui dovessero essercene. Djokovic è al momento avanti per 27-25 nei precedenti, l'ultimo dei quali è stato quello di Wimbledon, già citato in precedenza. Ma anche Rafa ha dei ricordi molto belli che riguardano le vittorie sul rivale: le due vittorie sulle tre finali che hanno disputato agli U.S. Open (2010 e 2013, mentre nel 2011 vinse Novak), oltre alla storica semifinale vinta per 9-7 al quinto set al Roland Garros 2013. Bisogna però sottolineare come i due possano affrontarsi


in questa ultima parte di stagione solo sul cemento, e solo sulla distanza dei 2 set su 3: conta poco quindi il fatto che Nadal sia avanti addirittura per 6-1 negli scontri diretti all'Open di Francia, e che abbia vinto gli ultimi due a livello di Masters 1000 (in cui si è giocato al meglio dei 3 set, ma sulla terra rossa); Djokovic, al contrario, può contare sul fatto di aver vinto gli ultimi 7 incontri sul cemento e sulla distanza breve, dato ancora più importante se si considera che in questi match non ha perso alcun set (14-0 lo score in favore del serbo). Nonostante in questo momento sia Nadal a comandare la classifica, è quindi molto difficile individuare un favorito per la prima posizione mondiale, essendo Djokovic molto più adatto a questa parte di stagione, mentre lo spagnolo in questo stesso periodo non è mai stato il dominatore dei primi mesi dell'anno. Inoltre, andranno valutate le condizioni fisiche di Rafa, che nel suo ultimo match ufficiale è comunque stato costretto a ritirarsi per problemi fisici. Per tutti questi motivi, sarà un finale di stagione appassionante, in cui prevedere chi avrà la meglio è davvero difficile. Marco Di Nardo



Caso Williams - Sessismo e teatrino: finale surreale in cui vince chi perde Nella ricetta per essere grandissimi va spuntata la voce “non saper perdere”. Per loro il disgusto della sconfitta, spesso, supera la libidine della vittoria. Serena Williams appartiene al club di chi è grande al punto che una sua sconfitta adombra la vittoria altrui. Così non dovrebbe essere, ma così è stato: nella surreale finale femminile degli Us Open la furibonda sceneggiata dell’americana ha oscurato la sfavillante vittoria di Naomi Osaka. L’ingombrante sagoma di Serena mentre punta il dito a Carlos Ramos con la bava alla

assistita – peraltro ammesso dallo stesso

bocca e l’occhio lucido è per tutti la polaroid

coach nel post-partita -, Ramos se ne

della serata dell’Arthur Ashe Stadium. Non

accorge e punisce Serena con un warning

Osaka, vent’anni, campionessa degli Us

per coaching. Scelta severa, eccessivamente

Open con una prestazione sublime alle

pignola, ma limpidamente corretta secondo

spalle e un futuro abbagliante davanti a sé. E

le regole. «Bastava dire di smetterla e avrei

ciò è tanto inevitabile quanto sbagliato,

smesso» dice Mouratoglu, ma non funziona

ingiusto, vigliacco. Fortunatamente il tempo

esattamente così. A tal proposito, va

laverà il ricordo del triplo warning, delle

rimarcato che l’avvertimento verbale prima

sceneggiate, delle fantascientifiche accuse,

del warning è cosa buona e giusta ma è

mentre cristallizzerà per sempre la vittoria

anche un qualcosa che l’arbitro non è tenuto

della giapponese – la prima, uomini inclusi,

assolutamente a fare: non sta scritto in

in un Major – ma non oggi, non ancora

nessun regolamento, infatti, che il giudice di

almeno.

sedia debba prima avvertire il giocatore e

Occorre un passo indietro per ripercorrere i

punirlo solo in seguito col warning in caso di

fatti. Il “play” va schiacciato a inizio secondo

infrazione reiterata. Per cui, il

set dopo una frazione dominata da Osaka e

comportamento di Ramos è più che

terminata per 6-2. In avvio Patrick

conforme alle regole.

Mouratoglu fa un evidente segnale alla sua

Atto numero due: Serena riesce a sterzare –


o almeno così pare – la partita scappando

di lei come le battaglie per l’uguaglianza dei

sul 3-1. Un rovescio sepolto a metà rete le

sessi, la parità di trattamento e l’essere

costa il controbreak (3-2) con Serena che

madre. Si erge a modello di “mamma in

disintegra la racchetta. Altro warning,

carriera” senza comprendere che con tale

stavolta per “racket abuse” e conseguente

comportamento sta offendendo quello che

polemica con Ramos. Dal 3-2 l’americana si

dice di rappresentare.

fa riprendere e subisce un nuovo break.

L’epilogo è surreale, le parole post-match

Atto finale: sul 4-3 in favore della giapponese

peggio addirittura. Osaka vince nel

– con Osaka che dispone del servizio –

menefreghismo generale, senza prendere

Williams perde completamente la testa,

nell’immediato i meriti che le spettano, con

piange, urla, minaccia, accusa Ramos di

pubblico, media e Twitter (sic) concentrati su

essere un “ladro” e, de facto, un sessista e

Serena. Con un turno di battuta straordinario

pretende da lui delle scuse assurde e

Osaka fissa il punteggio sul 6-4 finale,

ovviamente non dovute. Verbal abuse e

Williams la omaggia nello speech a fine

penalty game, impeccabile da un punto di

match in un palco che non premia Ramos –

vista legislativo. Osaka sale sul 5-3 senza

come avviene sempre nelle finali Slam –

giocare e l’Arthur Ashe diventa un catino

schierandosi, dunque, dalla parte della

infernale schierato in toto dalla parte di

propria giocatrice errante. Una macchia

Serena che tira in ballo questioni più grandi

grave per il torneo.


È il quarto episodio spiacevole che vede Serena Williams coinvolta in qualche modo con chi rappresenta le regole in campo. Curiosamente, tutti hanno avuto nell’Arthur Ashe il loro teatro dal 2004 con Capriati, al 2009 con Clijsters e due anni più tardi nella finale persa contro Stosur. Va da sé che si tratta di tutte partite perse da chi viene universalmente riconosciuta – a ragione, sia chiaro – come la più grande giocatrice di sempre, nonostante il ventiquattresimo titolo che varrebbe l’aggancio a Margareth Court non sia ancora arrivato. Lei, che durante e dopo la finale ha cercato il paragone col tennis maschile cercando un’assurda disparità di trattamento, potrebbe anche aprire gli occhi e rendersi conto che non si è mai vista una leggenda – come lo è lei d’altronde – come Federer, Nadal, Djokovic e Murray comportarsi in modo simile. Serena ha dato del ladro al giudice di sedia, ha detto che non si sarebbe mai comportato in questo modo se avesse avuto a che fare con giocatori uomini, ha detto di non aver mai barato in vita sua, ha preteso le scuse, ha sbandierato il fatto di essere madre, donna, ci è mancato poco non tirasse in ballo il colore della pelle. Ha messo su un teatrino disgustoso che, anziché essere condannato, ha trovato favori trasversali nel pubblico; una condotta che è stata punita in modo ridicolo con 17mila dollari di multa. Che sono niente rispetto ai secoli di lotte sociali che Serena Williams ha banalizzato col suo comportamento. Molte giocatrici, ex giocatrici, giornalisti e

icone come Billie Jean King si sono schierate dalla parte di Serena e, dunque, contro Ramos, colpevole (al massimo) di essere eccessivamente pignolo. È triste che la migliore di tutte debba reagire in questo modo per cosa poi? Per giustificare una sconfitta?! Difficile da credere. È ancor più triste, tuttavia, parlare ancora oggi della vinta e non della vincitrice. Federico Mariani



Il paradosso Osaka: quando vincere non è la cosa più importante Di Naomi Osaka si sa ancora poco, di Serena Williams si sa già troppo. Ed è questo il paradosso. Che la storia non insegna e che la storia non impara. Che in funzione di un'informazione mordi-e-fuggi una ragazzina giapponese di 20 anni che vince a Flushing Meadows stuzzica. Ma non abbastanza. E allora per giustificare un crollo (tecnico e tattico) che mai avrebbe accettato e che mai avrebbe consentito ha giocato la carta del femminismo. Vivaddio senza estrarre dal mazzo quella del razzismo. La giocatrice più vincente e carismatica della storia ha incolpato Ramos che non ha fatto altro che applicare il regolamento - e proprio Osaka. La ragazzina con il poster di Serena in camera. Carismatica, timida, impacciata, schiva e riservata. Forte. Osaka è diventata tante altre cose. Tutte insieme. La più giovane a vincere un torneo dello Slam da Sharapova (!) e la prima giapponese della storia a riuscirci. A 20 anni. Senza perdere un solo set. Ha la storia di una piccola predestinata abituata ai grandi palcoscenici e alle responsabilità. Basti pensare che il giapponese lo parla a mala pena. Perché? La stragrande maggioranza del tempo lo ha speso e lo spende in Florida. Dove è cresciuta e continua ad allenarsi. Quando ha lasciato casa? A 4 anni.



Datato 2014 primo successo nel circuito maggiore (peraltro contro Sam Stosur) 2018 il primo sigillo. A Indian Wells Osaka ha messo in fila Sharapova, Radwanska, Vickery, Sakkari, Pliskova e Halep prima di liquidare nello scontro Under-21 Kasatkina. Anche se a fine partita non sa bene cosa dire, né tanto meno come gestire le emozioni, prova. "This is probably going to be the worst acceptance speech of all time" conclude. E anche a New York ha rifiutato le domande. Ha fatto parlare il campo, ha costruito con estrema minuzia ogni singolo quindici, ha dribblato i probleimi. Nel furibondo litigio di Serena con Ramos ha fatto da semplice spettatrice. Poi, in conferenza stampa, si è sciolta. "Mi sono scusata col pubblico perchè sapevo quanto desiderasse che Serena vincesse il 24esimo Slam. Quando sono entrata in campo mi sono sentita una persona diversa. Non una tifosa di Serena, ma una giocatrice di tennis pronta ad affrontare un’altra giocatrice. Ho sentito un po’ di pressione solo all’inizio della partita, durante il riscaldamento. Ma dopo, quando è iniziata la partita, mi sono concentrata sulla pallina, non su chi la stava colpendo. Alla fine, quando mi ha abbracciato a rete, mi sono sentita di nuovo come una bambina". L'allieva ha impartito alla maestra una piccola lezione di tennis e una grande lezione di stile. Prima di abbracciarla, e di vivere la cerimonia di premazione, non ha fatto altro che abbassare la visiera e asciugare qualche lacrima. Senza isterismi. La stellina giapponese ha dimostrato di avere il talento, la personalità, la tigna. Tutt'al più anche un pacchetto di soluzioni estremamente vario. Rispetto alle coetanee,

comunque, anche un più adeguato grado di mautirtà. A 20 anni non si è solo tolta lo sfizio di scalzare Nishikori dal trono. O di restituire, piuttosto che dare, al tennis in Asia una dimensione. A 20 anni ha scritto una pagina indelebile del tennis. Eppure non stuzzica. Ed è paradossale. by Giorgio Perri



Djokovic è tornato cannibale: è lui il GOAT?

quello che sarebbe stato il triste e nostalgico ritiro di un campione caduto ormai da anni, in

Il clamoroso exploit degli ultimi mesi ha consentito a Nole di scrivere altri record.

storia del tennis. In tanti, forse, avrebbero sottolineato qualche suo neo, qualche

pochi avrebbero comunque mancato di ritenerlo uno dei più grandi giocatori della

Basta per essere considerato il più grande di sempre?

piccola mancanza di troppo per poterlo

Se la carriera di Novak Djokovic, come

l’avrebbe avuto eccome. Ebbene, cosa dobbiamo dire adesso della

sembrava scontato soltanto sei mesi fa, fosse progressivamente scivolata verso un orgoglioso e fatiscente “anonimato”, e dai vertici assoluti avesse fatto precipitare il serbo a lottare per un posto nei primi 10 o per qualche titolo 250 utile giusto a ritoccare ed arrotondare il suo nutritissimo palmares, ed infine lo avesse accompagnato verso

davvero considerare il GOAT: ma un posto nell’empireo dei tennisti più forti di sempre ce

carriera di Novak Djokovic? Adesso che anche quelle poche caselle bianche sono state in gran parte spuntate? E non bisogna pensare soltanto alla vittoria di Cincinnati, grazie alla quale il serbo è diventato il primo tennista di sempre a completare il Career Golden Masters (chissà quanto dovremo aspettare per il bis, visto che Roger e la terra


non si parlano da un po’, Rafa e l’indoor non si sono mai piaciuti e Andy ha un’anca che è già tanto che gli permetta di continuare a giocare), nè ai due trionfi a Wimbledon e agli Us Open, che hanno consentito a Nole di colmare in parte quello che altrimenti sarebbe stato un gap troppo vistoso con Federer e Nadal in termini di vittorie Slam, specie dopo i nuovi allunghi dello svizzero e dello spagnolo negli ultimi due anni. Forse la prova più grande che Djokovic ha superato, dimostrando di poter reggere il confronto con gli altri due mostri anche su questo piano, è stata quella di tornare grande dopo una caduta. Come Federer e Nadal, anche il serbo è risorto dalle proprie ceneri ed è tornato a vincere (o, come a New York, a stravincere) dopo aver attraversato la fase più dura e difficile della sua carriera. Se il Djokovic corsaro del 2015 e del 2016 non aveva mai conosciuto una crisi di


gioco e di identità (il fatto che non fosse riuscito a vincere ininterrottamente dal 2011,

Masters, unicum nella storia; il Novak Slam del biennio 15/16 (nessuno ci riusciva dai

anno della sua esplosione, è più dovuto ai meriti degli altri - Murray e Federer nel 2012,

tempi di Rod Laver); la possibilità, che non appare affatto remota, di scalzare Nadal e

Nadal e Murray nel 2013, Wawrinka e Cilic nel 2014 - che non ad un suo effettivo calo),

tornare numero 1 per incrementare la già cospicua collezione di settimane passate da

quello del 2018 è un giocatore che ha dovuto

re del ranking mondiale; e si potrebbe

rimettere tutto in discussione e che ha costruito un altro sè, con il quale è

continuare più o meno all’infinito, citando presenze consecutive nella semifinale di

comunque riuscito a vincere. Come ha dichiarato lui stesso dopo il successo su Del

questo Slam o nella finale di quell’altro Masters 1000, e così via. Un’altra statistica

Potro, non c’è da fare confronti tra questo e quel Djokovic: quel Djokovic non esiste più, è stato sostituito da questo, che in pochi mesi ha monopolizzato più o meno tutti i tornei che ha disputato. E ciò rende ancora più monumentale il ruolo già straordinario che

impressionante, in cui Djokovic primeggia nettamente anche su Nadal (Federer qui è fanalino di coda), è il rapporto tra i match che il serbo ha vinto dopo aver annullato match point e quelli che ha invece perso dopo aver avuto match point: qualcosa come 400%

Nole riveste nella storia del tennis. Poi arrivano i numeri e le statistiche, che non guastano mai: 14 Slam come Sampras, che fino a pochi anni fa appariva irraggiungibile; secondo giocatore dell’Era Open (dopo Federer) a vincere almeno tre volte tre Slam diversi (6 titoli in Australia, 4 a Wimbledon e 3 a Flushing Meadows), a sottolineare una inverosimile capacità di adattamento alle diverse superfici; 50 “titoli principali” (14 Slam + 31 Masters 1000 + 5 Atp Finals), lo stesso numero di Nadal (che ha tre Slam e due 1000 in più in bacheca ma che non ha mai vinto il torneo di fine anno) e ad appena tre trofei da Federer (che vanta sei Slam in più, quattro Masters 1000 in meno e si è laureato “Maestro” in sei occasioni), ma con una media di titoli vinti per tornei giocati superiore agli altri due (specialmente allo svizzero); il già menzionato Career Golden

(186% Nadal, appena 89% Federer), dato che testimonia l’enorme difficoltà che gli avversari hanno da sempre avuto sia di chiudere le partite contro di lui che di


rimontarlo. Ovviamente i numeri non bastano e non

parte l’oro olimpico, che peraltro avrà modo di rincorrere anche a Tokyo 2020, Djokovic

basteranno mai a definire il GOAT. Nè basta l’amore della gente: il più forte di sempre,

non può vincere “altro”, ma può senz’altro vincere “di più”; e parlo esclusivamente di

ammesso che esista, non deve essere confuso nè con chi ha vinto di più, nè con chi

titoli Slam. I tre Major di distanza da Nadal e soprattutto i sei da Federer non sono pochi.

è stato il più amato. La questione in sè del

Non credo che sia per lui necessario

GOAT e della sua individuazione, con tutti i fenomeni che circolano adesso come in

agganciare Federer per poter essere considerato, numeri alla mano, il più grande

passato e con tutte le difficoltà legate ad un loro effettivo confronto, è di lana caprina;

di sempre; sarà però sicuramente fondamentale ridurre il margine, magari

così come è inutile chiedersi se Djokovic sia effettivamente il più grande di tutti. Ben più interessante è invece domandarsi: Djokovic ha fatto abbastanza per poter essere ragionevolmente ritenuto il più forte di sempre?

raggiungendo o superando Nadal. Nole ha dalla sua il tempo, e, con esso, anche la possibilità di rivedere la propria programmazione: come Federer, il serbo dovrà dare la precedenza agli appuntamenti più importanti, in particolare agli Slam,

Non è facile rispondere a questa domanda; qualche mese fa forse avrei detto più no che sì, ma adesso credo che gli basti davvero poco perchè la risposta sia affermativa. A

perchè è da lì che passa il giudizio complessivo sulla sua carriera. E, come Federer, anche Djokovic ha la possibilità di farlo, perchè ormai anche lui è entrato a far parte di quella ristrettissima elite di campioni che hanno la possibilità di giocare solo per i record. Strano a dirsi, ma cambierebbe poco per lui vincere un altro Masters 1000, o addirittura altre Finals, o tornare numero 1 del mondo; cambierebbe tanto invece se si regalasse “un altro giro di Slam”. Almeno un altro Roland Garros, un altro Us Open: solo ed esclusivamente per i record, solo ed esclusivamente per colmare davvero l’unico tassello che ancora la matematica può rinfacciargli. by Andrea Aniello


Quanto è lontano il miglior Murray? Due anni fa Andy Murray era all'apice della propria carriera tennistica. Dopo una rincorsa durata per diversi anni ai tre più grandi giocatori del nuovo millennio, ossia Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic, lo scozzese era riuscito finalmente a trovare il suo spazio tra i campioni di questo sport, scavalcando tutti i suoi rivali e prendendosi la posizione numero 1 nella classifica mondiale alla fine del 2016. Poi il difficile 2017, caratterizzato da problemi

fisici e da risultati molto negativi, e la decisione di fermarsi a partire dal periodo post Wimbledon fino al termine della stagione. Il riposo avrebbe dovuto permettergli di recuperare dai problemi all'anca destra. Purtroppo per Andy, una volta rientrato in campo a dicembre per il

Mubadala World Tennis Championhip, i guai non erano finiti: il giocatore britannico faceva fatica a muoversi, ed era piuttosto semplice capire che non avrebbe preso parte alla prima parte del 2018, con i tornei ufficiali del mese di gennaio. A quel punto, l'unica soluzione era l'intervento chirurgico all'anca, che però significava restare fermo ancora per diversi mesi, sperando di riuscire a tornare in campo per i tornei estivi sull'erba, superficie preferita dallo scozzese. Dopo l'operazione e la nuova pausa obbligata, nel mese di giugno Murray è finalmente tornato in campo in un match ufficiale, a distanza di quasi un anno

dall'ultimo incontro disputato, ovvero quello dei quarti di finale di Wimbledon 2017 contro Sam Querrey. Nel torneo del Queen's, che il britannico aveva già vinto in cinque occasioni, il sorteggio lo ha opposto a Nick Kyrgios, avversario difficile ma comunque sconfitto per 5 volte in altrettanti precedenti.


Andy ha giocato un discreto incontro, ma è uscito sconfitto per 2-6 7-6 7-5, dimostrando

dovuto soffrire per portare a casa la partita, seppur non sempre contro avversari di

di non essere al 100% della condizione, e lasciando dei dubbi sulla sua partecipazione

altissimo livello. Ci si chiede quindi quanto è lontano quel Murray che nel 2016 aveva

al torneo di Wimbledon. Dopo la sconfitta al secondo turno nell'evento della settimana

dominato la seconda parte di stagione, e quanto tempo ci vorrà per rivederlo a quei

successiva, l'ATP 250 di Eastbourne, Murray

livelli, o almeno ad una condizione che gli

ha deciso di non prendere parte ai Championships, continuando a palesare uno

permetta di competere con i migliori giocatori del mondo.

stato di forma non perfetto. Nei mesi successivi, il numero 1 del 2016 è

Stan Wawrinka ha avuto una situazione simile a quella dello scozzese, restando

tornato in campo a Washington, dove ha vinto tre partite consecutive al terzo set prima di dare forfait nei quarti di finale, ha perso al primo turno del Masters 1000 di

fermo per molti mesi, ma dal suo rientro ha già fatto vedere di non essere lontanissimo dal massimo rendimento. Seppur in maniera altalenante, il giocatore svizzero ha infatti già

Cincinnati e al secondo turno degli U.S. Open. Nel complesso, dal suo rientro a giugno, Murray ha vinto 5 partite e ne ha perse 4, ma è uscito solo una volta dal campo senza cedere alcun set (contro Stan Wawrinka al primo turno di Eastbourne), mentre nelle altre occasioni ha sempre

giocato partite molto interessanti, eliminando per due volte al primo turno di uno Slam (prima a Wimbledon e poi agli U.S. Open) Grigor Dimitrov, che pur non avendo giocato un grande tennis nel 2018, è comunque un Top-10 e il detentore del titolo alle ATP FInals: Stan ha inflitto al bulgaro un parziale


di 6 set consecutivi nelle due sfide in cui si sono affrontati (ha perso solo il primo set del match di Wimbledon, poi vinto per 1-6 7-6 7-6 6-4), dimostrando di poter ancora giocare ad alti livelli nelle grandi occasioni. Altra situazione paragonabile a quella di Murray, ha visto protagonista Novak Djokovic. Il serbo si è fermato dopo il torneo di Wimbledon 2017, è rientrato all'inizio del 2018, poi si è sottoposto ad un intervento chirurgico, ed è nuovamente tornato in campo. Rispetto allo scozzese, Djokovic è però riuscito a tornare in campo in tempi più ristretti - forse anche troppo presto, penalizzando i suoi risultati nei primi tornei, come ammesso dal giocatore stesso - e soprattutto è riuscito a tornare a giocare il suo miglior tennis, vincendo Wimbledon e U.S. Open.

Rispetto ai due rivali, Murray è quindi molto più indietro, e non ha ancora dato certezze sulla sua possibilità di tornare ad un livello accettabile per quello che è il suo standard. I segnali attuali non sono troppo positivi, perché dal rientro ancora non si è vista una buona versione dello scozzese, ma nemmeno così negativi, considerando le pessime condizioni in cui era apparso a fine dicembre nell'esibizione di Abu Dhabi. La speranza è quindi quella di vedere qualche ulteriore miglioramento in questo finale di stagione, per poi avere nuovamente il vero Andy Murray nel 2019. by Marco Di Nardo



MELOCCARO E IL MITO FEDERER Descrivere a livello professionale il ruolo di Stefano Meloccaro in una parola può essere per alcuni versi complicato. È un ottimo giornalista su Sky Sport, conduttore radiofonico su M2O, negli ultimi anni ha formato un duo super con Rosario Fiorello a Edicola Fiore, è stato tra i concorrenti di Celebrity MasterChef Italia e, decenni fa, anche animatore e maestro. Ma chi è realmente Stefano Meloccaro? Lo abbiamo chiesto proprio al diretto interessato in una recente intervista esclusiva. "La realtà è che io sono un giornalista, un giornalista sportivo - afferma il 54enne di Rieti -. Poi dopo fortunatamente qualche piccola abilità in più viene anche comoda per fare il mio lavoro. Aver fatto il maestro di tennis è utile per fare ragionamenti sul tennis. Aver fatto anche i villaggi turistici è una cosa che ti aiuta ad avere un po' più di scioltezza davanti alle telecamere. Tutte le esperienze che fai nella vita servono. Aver lavorato con Fiorello ti dà un valore aggiunto incalcolabile quando torni a fare anche le cose più normali. Sarà banale dirlo, ma nella vita devi saper fare un bel po' di cose che poi alla fine diventano comode in tutte le situazioni". Una carriera da giornalista di prestigio che ha toccato uno dei suoi punti più alti nel 2013 quando per analizzare le partite di tennis ha fatto coppia con Ivan Ljubicic, ex numero tre del mondo diventato poi a fine 2015 allenatore di Roger Federer. Meloccaro non rimase per nulla sorpreso dall'annuncio. "Fui il primo a dire questa cosa - racconta -. Quando Ivan arrivò a Sky, io una settimana dopo che lo avevo conosciuto, gli dissi queste testuali parole: 'Sai Ivan che secondo

me tu per come ti ho conosciuto io e per il tipo che sei, potresti fare con Federer quello che Brad Gilbert fece con Andre Agassi'. Cioè trasformarsi da suo collega e amico a suo allenatore'. Lui fece una risatina a mezza bocca e disse, 'Eh sì magari magari'. Questo Meloccaro sembra un fesso qualsiasi ma invece qualcosina di tennis ne sa e ne capisce!" Ljubicic non rilascia mai interviste, quindi sulla loro collaborazione si sa molto poco. Meloccaro però è in grado di rivelare una sua conversazione con 'Ljubo': "Mi ha parlato di Federer come della persona più disposta ad imparare e più umile che abbia mai conosciuto. E questo si vede sul campo. A 35, 36, 37 anni Federer è ancora capace di mettersi in discussione, di cambiare modo di giocare se serve, di cambiare qualcosina nei colpi e questa cosa colpì molto Ivan perché non si aspettava una tale umiltà da un giocatore così titolato". Una partnership diventata "ufficialmente" vincente nel 2017


quando Roger ha vinto Australian Open, Indian Wells, Miami, Halle, Wimbledon, Shanghai e Basilea. Non di certo una sorpresa per Meloccaro, che rifacendosi alla conversazione di prima con Ljubicic ha aggiunto: "Ivan prima di essere allenatore di Federer è stato suo collega, poi è diventato suo amico, poi suo ottimo amico. Se tu hai un amico che fa il tuo stesso lavoro probabilmente ogni tanto una chiacchierata ce la fai". Portare Federer al Sunday Morning di Sky? "È un sogno. Non sarà proprio facilissimo". Risuona spesso il nome Federer nella carriera di Meloccaro, che è anche scrittore. Sono diversi i libri da lui pubblicati, l'ultimo 'Studio Tennis' in cui spiega come il 20 volte campione Slam ha salvato la sua vita. "È un piccolo monologo teatrale che io ho messo su, partendo da questa suggestione che

vinto, io non avrei avuto una carriera... Perché io ho cominciato a fare il giornalista quando Federer ha cominciato a vincere. La mia assunzione a tempo indeterminato dipese dal fatto che Federer vinse contro Sampras a Wimbledon. E da lì parte una lunga discussione-fantasia con questi incroci di vita di cui sto tentando, con grande umiltà e low profile, di fare un monologo quasi teatrale". Meloccaro ha avuto modo di parlare a tu per tu con Federer nei tornei più importanti del panorama tennistico internazionale. Tra i due si è creato un rapporto così speciale da portare in un'occasione Meloccaro a fare una domanda particolare e molto curiosa al campionissimo svizzero. "Una volta a Wimbledon sui campi di allenamento ho chiesto a Federer se giocava qualche minuto con lui", svela Meloccaro ai microfoni di

Federer mi abbia salvato la vita perché se Federer non fosse diventato così forte a tennis e non avesse vinto tutto quello che ha

Tennis World Italia. E Federer cosa ha risposto? "Mi guarda in faccia, la racchetta, le scarpe, pare perplesso. Mi mette una


mano sulla spalla e mi dice 'le scarpe sono ok, la racchetta ce l’hai… vabbè continua ad allenarti, magari un giorno o l’altro facciamo due tiri'". Nella sua lunga carriera Meloccaro ha intervistato veri signori come Federer, Nadal e Djokovic e giovani sfrontati come Alexander Zverev. La differenza è percepibile in "termini di età nel senso che più i ragazzi sono giovani - a 18, 19 anni non sei così consapevole, così bravo, non hai esperienza e tendi ad essere meno comunicativo - poi Federer è un fenomeno in comunicazione. È l'interlocutore perfetto perché ti mette a tuo agio e non dà mai risposte banali o scontate. Ma anche Nadal è molto bravo. Djokovic è una persona con cui farei interviste di ore. Zverev al momento è ancora un po' chiuso, un po' è carattere e un po' l'età". Se Federer non dà risposte banali, lo stesso si può dire per Meloccaro, a cui abbiamo posto un quesito molto intrigante e diventato incredibilmente popolare negli ultimi mesi: fresco degli ultimi successi a Wimbledon e US Open, può Djokovic superare i 20 Slam di Federer? "Certo che può, se continua a giocare come sta giocando è pazzesco, perché è cattivo quanto era cattivo prima, sanguinario come lo era prima, è tornato fisicamente a posto e ha anche scoperto quanto è brutto quando non vinci più. Secondo me è una cosa che può sicuramente succedere. È alla sua portata ma attenzione, deve vincere sette Slam ancora per superare Federer. E c'è anche Nadal di mezzo e tutti gli altri. Non sarà

sicuramente facile, ma la risposta è sì, ha tutte le possibilità avendo sei anni di meno di Federer per lottare con lui e anche con Nadal". Infine sulla situazione attuale del giornalismo. Vale la pena provare oggigiorno a diventare un buon giornalista? "Vale sempre la pena provare a seguire le proprie passioni - assicura Meloccaro -. Devi avere una grande passione. Devi essere malato, devi avere voglia di imparare, devi essere molto molto curioso, devi essere un po' pazzo perché per i primi tempi non guadagnerai nulla anzi forse ci rimetterai soldi. Però nel mondo di oggi l'unica speranza che c'è per fare qualsiasi cosa è quella di avere amore e passione per quello che si fa. Perciò se hai amore e passione per il giornalismo, devi provare a fare il giornalista". Gatto Luigi



L'ATP DI ANVERSA E GLI INGAGGI PROIBITIVI DI FEDERER, NADAL, DJOKOVIC L'ATP 250 di Anversa è uno dei diversi tornei europei sul cemento indoor in programma in autunno, dal 15 al 21 ottobre 2018. Dopo due buone edizioni nel 2016 e 2017, il torneo belga è pronto per la sua terza edizione che non sarà l'ultima: è da poco stato rinnovato il contratto con l'ATP per altri tre anni, dal 2019 al 2021. Ad annunciarlo è stato lo stesso Dick Norman, direttore del torneo, in un'intervista esclusiva con Tennis World Italia. Nell'entry list ufficiale pubblicata a inizio settembre, il primo nome che compare è quello dell'idolo di casa David Goffin, numero dieci del mondo quella precisa settimana e quindi primo top 10 nella storia ad iscriversi ad Anversa. "David è molto importante per il nostro torneo - ha riconosciuto Norman -. Ha avuto un anno fantastico nel 2017 ed è stato anche votato come personalità sportiva dell'anno in Belgio. È molto positivo per noi avere per la prima volta un top 10". Parlando della promozione del torneo, Norman ha aggiunto: "Siamo stati nei circoli di tennis. Abbiamo fatto tante attività, parlato con la gente, diffuso il prodotto. Lavoriamo duramente per questo e la differenza si vede già. Abbiamo già venduto più biglietti ora che tutto lo scorso anno. E ci sono ancora quattro settimane: di solito nelle ultime due è

dove si vendono la maggior parte di tagliandi". Il sogno di tanti appassionati belgi è sicuramente quello di vedere all'opera dal vivo Rafael Nadal, Roger Federer o Novak Djokovic. Norman non vuole rivelare quanti soldi esattamente servono per portare uno dei tre Big 3 in un torneo "minore" come quello di Anversa - il valore di mercato si aggira intorno al milione di euro - ma non ha problemi a fare un'ammissione onesta e concreta: "Non abbiamo il budget per giocatori come loro". Gatto Luigi



ALLA SCOPERTA DEL MERAVIGLIOSO "1000" DI SHANGHAI Manca sempre meno al Rolex Shanghai Masters, ottavo e penultimo 1000 del calendario in programma dal 6 al 14 ottobre prossimo. È la decima edizione da Masters 1000 per il torneo cinese, che nel 2009 sbarcò nella regular season dopo aver ospitato le ATP Finals nel 2003, 2005, 2006, 2007 e 2008. In un'intervista esclusiva a Tennis World Italia, il direttore dell'evento, Michael Luevano, ha parlato a tutto tondo di ciò che si "nasconde" dietro Shanghai. È stato un confronto aperto e onesto, analizzando pregi ma anche difetti di uno dei tornei più ricchi del circuito con più di 7 milioni di dollari di montepremi nel 2018. Lo scorso anno sembrava tutto fatto per il passaggio di categoria da Masters 1000 a Super Masters, invece bisognerà aspettare almeno fino al 2020 prima di vedere un cambiamento. Angelo Binaghi, presidente della Federazione Italiana Tennis, qualche mese fa aveva spiegato come Andy Murray e Novak Djokovic si fossero opposti all'idea, per evitare problemi di surmenage. È così? "Sì, questo è un argomento molto interessante - ha ammesso Luevano -. Noi Shanghai, Madrid e Roma crediamo che dovremmo essere più in alto, sarebbe positivo per il tennis e i giocatori. Ma il consiglio giocatori ha pesato su questo. Dalle nostre informazioni, molti giocatori hanno sostenuto il piano di avere un torneo da 11 giorni". Anche Rafael Nadal e Roger Federer? "Sì, assolutamente. Ho parlato con

Rafa, era a favore, ho parlato con tutti i membri del consiglio giocatori lo scorso anno tranne Novak e Andy che non erano al torneo (perché infortunati, ndr) e a tutti andava bene". Tutti, tranne appunto che a Novak ed Andy. "Ci sono troppi impegni, non vogliono aggiungerne altri alla loro programmazione, anche se si tratta solo di uno o due giorni, di una o due partite. La speranza è che col nuovo consiglio giocatori agli US Open, potremo riprovarci di nuovo perché siamo molto flessibili col calendario, saremmo disposti a cominciare la domenica e finire il mercoledì. Questo per Shanghai. Non posso parlare a nome di Madrid o Roma, quello è un altro discorso. Ma noi siamo pronti a modificare il nostro calendario, ad arrivare a $10 milioni di montepremi. Abbiamo le strutture adeguate e vogliamo crescere, vogliamo che lo sport cresca in Asia e in Cina. Ci proveremo ogni anno, perché abbiamo una responsabilità verso la Cina, lo sport e il circuito ATP".


l'unica soluzione. Yibing Wu ha vinto gli US Open giovanili lo scorso anno, speriamo che tra un paio di anni possa diventare un giocatore di livello". E poi c'è la problematica questione della mentalità cinese, molto diversa da quella europea o americana: "Quando le partite sono in corso, migliaia di persone vedono gli allenamenti, a differenza di quello che accade negli altri tornei". Federer è l'ambasciatore del 1000 di

Hai parlato dell'aumento di montepremi. Djokovic e Murray potrebbero essere attratti da questo. "Sicuramente. Ricorda, potremmo comprare una settimana aggiuntiva nel circuito ATP. L'upgrade potrebbe richiedere milioni e milioni di dollari. Ma i giocatori dicono 'questa è la mia opinione', e per loro accettare è difficile. Ci sono tanti fattori esterni a condizionare la natura della decisione". L'assenza di pubblico è da sempre uno degli argomenti più gettonati quando si parla di Shanghai. "Nel 2014 abbiamo avuto il record di 152.000 spettatori in sette giorni. Conosciamo la storia dei tornei 1000. Il tennis è a Shanghai da dieci anni, tornate indietro nel tempo e vedete qual era lo scenario negli altri tornei dieci anni dopo la creazione. Qui non abbiamo top player locali, a differenza di Indian Wells, Madrid, Roma o Madrid, tutti con delle superstar provenienti dai propri Paesi. È una sfida e aspettare è

Shanghai. Sia per le edizioni 2017 che 2018 lo svizzero ha girato degli spot prima del torneo di Wimbledon, e chiaramente rivestendo un ruolo determinante nell'economia del torneo - ha un costo. Shanghai è un torneo sostenuto dal Governo cinese che può permettersi spese importanti. Una tra queste proprio ingaggiare lo svizzero, non per partecipare perché nei 1000 e negli Slam l'entrata è obbligatoria, ma appunto per la promozione del brand Rolex Shanghai Masters. "Roger è amato in tutto il mondo - ha spiegato Luevano -. Noi come Master non abbiamo un impegno o un accordo economico in maniera diretta col giocatore. Ma Roger è venuto qui nel 2005 per inaugurare il nuovo stadio, di cui si è subito innamorato. Qui ha vinto quattro volte e questo sarà il suo 13° viaggio a Shanghai. Gli piace la città, ed è un uomo immagine ora che è diventato testimonial Uniqlo. È anche legato da una partnership con Mercedes Benz e Rolex, tutti marchi che lavorano con noi. Penso davvero che senta Shanghai come un suo torneo, ci ha aiutato ad avere successo, grazie a lui il nostro mercato si è aperto e prima di tutto si diverte a giocare e vincere qui. Siamo molto fortunati - ha ammesso -. Qui è incredibilmente popolare,


incredibilmente. Ogni volta che viene, i tifosi impazziscono. Gioca molto bene e quest'anno avrà con sé la sua famiglia. Verrà con Mirka, con i suoi genitori e per la prima volta con tutti i suoi figli". Una notizia curiosa che neanche noi ci aspettavamo. "È sorprendente, nonostante lo scorso anno avesse detto che portare la famiglia al suo fianco anche a Shanghai era un suo obiettivo", dico. "Sì, siamo un po' sorpresi - concorda Luevano -. La programmazione potrebbe cambiare. Sarà negli Stati Uniti per le prossime sei settimane tra Us Open e Laver Cup. Speriamo i suoi

programmi non cambiano, ma non si sa mai".

interesse globale, producendo degli incassi fantastici per il torneo e dandoci una grande esposizione nel mondo. Ogni volta che si affrontano in ogni torneo, è storico. Quindi è stata una grande sorpresa, un onore, che questo sia successo adesso che sono nella parte finale della loro carriera. Hanno una rivalità intima, amano giocare uno contro l'altro e sono amici. Cosa posso dire di Nadal? È un gentleman magnifico, molto umile, sempre pronto a dedicare del tempo ai suoi tifosi. È molto intenso, un vero competitor. È magico perché le persone cinesi sono molto emotive quando incontrano i loro idoli".

Quindi sull'edizione 2017 dove Federer si è imposto in finale su Rafael Nadal: "È stata

Lo scorso giugno parlando a Stoccarda, Federer ha detto che si iscrive a un torneo ATP 250 o 500 solo quando è sicuro di giocare. Ecco perché da ormai otto anni ha

forse l'edizione migliore che abbiamo mai avuto. Abbiamo organizzato cinque Masters

deciso di non prendere alcun impegno con Pechino o Tokyo. Il torneo giapponese lo ha

Cup prima, ma il torneo dello scorso anno con Roger e Rafa in finale ha generato un

vinto nel 2006, poi ha dato forfait nel 2007 e 2009. Sulla prolungata assenza del 37enne


di Basilea in questi due tornei 500, Luevano ha affermato: "Ogni torneo del globo vorrebbe avere l'opportunità di vedere Roger giocare. Ha avuto tante offerte di entità diversa, so che Pechino gli offre tanti soldi, ma in autunno gestisce il calendario, ci sono anche le ATP Finals. È grandioso per noi che gioca Shanghai, non posso dire di sentirmi dispiaciuto che non partecipi a Tokyo o Pechino, ok i tifosi non sono contenti, ma potrebbe arrivare stanco poi da noi. La programmazione di Roger dipende da quanto il suo corpo può giocare nell'arco di una stagione, non dai soldi". Insisto ancora su Federer e chiedo: "Cosa vi siete detti nell'incontro di quest'anno a Wimbledon, avete parlato di quando potrebbe terminare la sua carriera o altre cose interessanti? "Roger è in grado di gestirsi la programmazione e di giocare il tennis che vuole giocare. Sicuramente giocherà il prossimo anno. Ormai ogni volta che scende in campo, batte dei record - dice ridendo -. Nel post-carriera può fare ciò che vuole: essere coinvolto ancora nel mondo dello sport, dirigere un torneo o un marchio importante. Ha anche la fondazione. Fare da coach penso non rientri tra le opzioni, ma non si sa mai. Mi piacerebbe dirti di più, penso che saprà sicuramente quando sarà pronto (al ritiro), ma se rimane in salute come ora, scegliendo selettivamente i tornei, potrebbe giocare un altro paio di anni". Fino alle Olimpiadi di Tokyo 2020? "Forse", ipotizza Luevano. Abbiamo menzionato a inizio articolo i difetti che ha il torneo. Sicuramente i social media. Nel 2017, su Facebook la pubblicità di Federer per Shanghai, condivisa come video

diretto, fu vista da 600.000 persone. Quest'anno non solo su Facebook, ma anche su Instagram e Twitter, hanno pubblicato soltanto il link del video apparso su Weibo. Perché? "In Europa siamo un po' deboli sul lato social, abbiamo delle limitazioni. Ma in Cina su Weibo e le altre piattaforme social abbiamo superato le 2 milioni di visualizzazioni". Non potrebbe Federer condividerlo sulle sue piattaforme social? "Non lo chiediamo. Se un giocatore vuole farlo, ben venga. Sarebbe stupendo se lo facesse, di solito durante Shanghai fa un paio di post, ma non farò questa richiesta a Roger. Fa già tanto per il torneo, per i tifosi, ha molti amici qui e non chiediamo troppo. Sono solo contento che venga a Shanghai". L'ultima parte della nostra lunga chiacchierata è dedicata a tre caratteri "bollenti" come Nick Kyrgios, Alexander Zverev e Fabio Fognini. È ben preparato sull'argomento Luevano, ex manager di una testa calda come John McEnroe, Jim Courier e molte altre leggende. Nonostante tanti anni vissuti da "insider" nel tennis mondiale e tante sfuriate viste in campo, Luevano non può astenersi dall'esprimere il suo disappunto verso Kyrgios, che negli ultimi due anni a Shanghai si è reso protagonista di una figuraccia dietro l'altra. Nel 2016 ha perso in 49 minuti contro Mischa Zverev, appena 48 ore dopo la vittoria a Tokyo, ATP 500. Nel 2017, reduce dalla finale a Pechino, si è invece ritirato a seguito del primo set perso contro Steve Johnson. E in entrambi i casi ha pagato, con squalifica e multa. "Non lo so, è il finale di stagione, è difficile per lui in quel periodo dell'anno, credo sia legato a


questo. Lo scorso anno e anche l'anno precedente si è scusato con me, l'ho apprezzato e rispettato molto, ma deve prendersi delle responsabilità. Ho lavorato con dei giocatori che hanno avuto comportamenti scorretti, o comunque discutibili. Ma non ho mai visto uno come Nick Kyrgios. È unico. Un talento straordinario, potrebbe essere numero uno del mondo - forse lo capirà tra un paio di anni - e viene da un grande Paese tennistico come l'Australia. Non so cosa fare, se non vuole giocare, meglio non venire. È una situazione difficile per noi, e non so perché ogni anno succede a Shanghai. Per me è

qualcosa di incredibile. Mettiamo a disposizione tutto per sua mamma, una signora di classe. Per me è un mistero, speriamo che quest'anno possa essere più calmo". Stuzzicati dall'argomento, chiediamo a Luevano un'opinione su Zverev. Dovrebbe essere più umile? "Si, hai ragione. Sascha è

un talento straordinario, ricordo che il suo agente me lo fece vedere a 15 anni e mi diceva: 'Può diventare numero uno del mondo'. Può essere difficile per i giovani gestire il successo. Alcuni ci riescono, altri devono essere un po' arroganti e avere troppa presunzione per poter giocare. Sarebbe bello se tutti fossero come Roger Federer, ma anche Roger, quando aveva 21, 22 o 23 anni, rompeva le racchette. Roger aveva un comportamento terribile, e Nick e Sascha hanno bisogno di quel tipo di atteggiamento per competere ai loro standard. Sarebbe ideale se nei prossimi due anni Sascha potesse concentrarsi sul proprio gioco. È intelligente ma giovane, e ha bisogno di maturità". Infine Fognini, anch'esso protagonista di momenti poco sportivi in campo: nel 2014 fece il dito medio al pubblico cinese dopo la sconfitta contro il numero 553 del mondo Chuhan Wang, mentre nel 2013 disintegrò una racchetta contro Novak Djokovic. "È uno dei miei giocatori preferiti - ha ammesso Luevano sul ligure -. Ci vediamo spesso quando viaggio, a Indian Wells, Wimbledon, Monte Carlo, ed è sempre molto amichevole. So che non è nel modo in cui tutti desiderano, quindi è a suo modo speciale. Sono super felice di vederlo esprimere il suo potenziale quest'anno, è on fire. Credo che tutti tra i top player siano intimoriti da Fabio perché se Fabio si mette giocare, sanno che possono perdere. È passionale, lunatico, ma positivo per il tennis".

Gatto Luigi



ATP TOKYO, IL SOGNO FEDERER E' RIMANDATO

hanno giocato qui 4-5 anni fa". Potremmo rivedere a breve le superstar

Il Rakuten Japan Open si terrà a Tokyo dall'1

potrebbero giocare Pechino o potrebbero tornare a Tokyo. Io accolgo sempre tutti, ogni

al 7 ottobre prossimo nell'impianto Generali Sports Plaza, che per quest'anno sostituirà l'Ariaka Tennis Park, attualmente in fase di ristrutturazione in vista delle Olimpiadi di Tokyo 2020. L'Ariaka Park tornerà ad ospitare l'evento nel 2019. In un'intervista esclusiva con Tennis World Italia, il direttore del torneo Nao Kawatei ha parlato del campo di partecipazione di quest'anno che vede al via due top ten, Marin Cilic e Kei Nishikori,

nell'ATP di Tokyo? "Forse si, forse no. Non so come stanno le cose. L'anno prossimo

giocatore. Siamo sempre pronti a parlare col giocatore e facciamo sempre del nostro meglio. Non dico quali giocatori prendiamo e quali no". Federer è un nuovo ambasciatore Uniqlo, il che poteva far pensare che potesse giocare a Tokyo. Ma anche Djokovic ha sponsorizzato il marchio giapponese dal 2012 al 2017, e non ha mai giocato nel torneo giapponese durante quegli anni: "Lo sponsor del giocatore non conta - ha chiarito Kawatei -. Ma chiediamo sempre ai giocatori di venire in Giappone. Ovviamente se viene, sarebbe bello, ma al momento non è il caso". Un torneo poco conosciuto (sui social network lo si può trovare solo scrivendo in giapponese) lontano dall'attenzione dei media europei che noi abbiamo provato, purtroppo non con grandi risultati a causa dell'estrema riservatezza di Kawatei, a scoprire. Gatto Luigi

più Nick Kyrgios, Stan Wawrinka e Milos Raonic. Nessun Fab 4 ha più giocato a Tokyo dal 2013. Un discorso puramente economico - Pechino offre ingaggi di partecipazione più ricchi - che Kawatei ha preferito non voler analizzare. "Non posso dire nulla - ha detto Kawatei -. Federer non gioca in nessuno dei tornei. Nadal e Murray


ATP SHENZHEN: "IL TENNIS NON PUO' DIPENDERE DA NADAL E FEDERER" Insieme a Chengdu, Shenzhen apre la stagione asiatica nel circuito ATP. Dal 24 al 30 settembre 2018, il torneo cinese vedrà al via giocatori di prima classe come il tre volte vincitore Slam Andy Murray, David Goffin e tanti giovani, da Stefanos Tsitsipas a Denis Shapovalov. Murray ha già vinto il titolo nel 2014, il primo anno di Shenzhen nel calendario maschile. "Andy è uno dei migliori tennisti nonché un campione - ha detto il direttore del torneo Leon Sun in un'intervista esclusiva con Tennis World Italia -. Crediamo che Shenzhen sia una buona opportunità per lui per tornare nel tennis che conta". Lo scorso anno Alexander Zverev fu in gara come prima testa di serie. Perché quest'anno non giocherà? "Abbiamo parlato col suo agente e chiaramente ci piacerebbe che ogni giocatore degli anni precedenti tornasse a Shenzhen. Ma come lo scorso anno, Sascha gioca la Laver Cup e ogni giocatore che prende parte alla Laver Cup arriva tardi da noi. Quindi prendiamo in considerazione tutti coloro che non la giocano". In effetti, a Shenzhen 12 mesi fa Zverev vinse soltanto una partita, salvando match point contro Steve Darcis, prima di arrendersi ai quarti contro Damir Dzumhur. Sun ha parlato anche delle difficoltà che Shenzhen così come altri tornei piccoli fronteggia nel voler raggiungere un accordo con Roger Federer o Rafael Nadal, gli assi

del tennis mondiale. Non c'è soltanto una questione economica di mezzo. "Ogni torneo vorrebbe avere Roger e Rafa. Ma ovviamente a volte per i giocatori migliori è molto difficile prendere parte ai 250 perché sono sempre concentrati sugli Slam e sui grandi tornei. È difficile per loro giocare ovunque. Ma un giorno si ritireranno e non possiamo dipendere da due giocatori. Bisogna costruire un torneo bello offrendo dei servizi efficaci per attrarre la gente". Infine su Tsitsipas, autentica rivelazione della stagione sul cemento nordamericano con la finale raggiunta a Toronto: "Stefanos è un giocatore di talento cristallino, come ha già

dimostrato. È 15 del mondo e in lui abbiamo visto un grande potenziale. Potrebbe diventare una superstar in futuro, e chissà che a Shenzhen non possa conquistare il suo primo titolo in carriera. L'opportunità è ghiotta per lui" Gatto Luigi


DIRE NO A FEDERER? SI PUO': PAOLO BERTOLUCCI Paolo Bertolucci, ex numero 12 del mondo in singolare, è ormai da 20 anni voce tecnica principale del tennis maschile in Italia. Sono cambiate le "spalle" in telecronaca, ma non la classe e la bravura che lo hanno sempre contraddistinto, in campo prima e da esperto di tennis poi. Abbiamo chiesto al "Braccio d'Oro" del tennis italiano cosa rende unica la coppia che forma con Elena Pero su Sky Sport. "Non lo so se è unica - precisa con grande umiltà in un'intervista esclusiva con Tennis World Italia -. Dopo tanti anni c'è un certo feeling e affiatamento, un po' come nelle coppie di doppio: sapere quando è il momento di parlare, di intervenire. Si crea una certa sintonia che evidentemente funziona però non spetta a me dirlo, anche perché io ho commentato per anni con Marianella e ancor prima con Mangiante a Stream che mi hanno aiutato tantissimo e insegnato tante cose. E poi adesso negli ultimi anni con Elena Pero, con la quale mi trovo di certo bene, ma non spetta a me dare giudizi". Gli ascoltatori più attenti si saranno probabilmente posti questa domanda: perché nei tornei di Toronto, Cincinnati, Shanghai, Abu Dhabi Bertolucci non commenta? Forse Sky vuole che ci sia una rotazione dei commentatori? "No no. Io finisco a metà luglio con Wimbledon e quindi due settimane ad agosto o divorzio oppure salto Toronto e Cincinnati, ed è questo il motivo. Shanghai

quest'anno lo faccio, l'anno scorso non l'ho fatto per problemi interni loro. A volte ci sono problemi di budget, a volte ci sono direttori che mi chiedono di farli tutti, altri che invece gestiscono la cosa in maniera diversa. Ma quest'anno tolti Toronto e Cincinnati, per mia scelta, gli altri li faccio tutti".

Una curiosità. Nelle settimane in cui non lavora per Sky, a livello lavorativo, di cosa si occupa? "Scrivo per la Gazzetta. Mi informo, seguo, telefono, sono in contatto con manager, allenatori e giocatori per tenermi informato su ciò che accade dietro le quinte, su ciò che non si vede nei tornei. Vengo a sapere dei problemi con allenatori, con una racchetta, una corda. Di tutte quelle cose lì che fanno parte del mondo del tennis che mi servono per scrivere sulla Gazzetta o più avanti per commentare con Sky".


Per esempio sapeva che dopo Miami, Djokovic stava ipotizzando il ritiro? Lo ha

Può superare i 20 Slam di Federer? Tenendo in considerazione anche i 17 di

detto Filippo Volandri. "No, ma era un momento di debolezza. Anche quelli

Rafael Nadal. "Bisogna aspettare la fine della carriera: a fine della carriera si tirano le

all'interno non ci avevano mai creduto e a me sinceramente sembrava molto strano. Ci

somme. Certo che può arrivare a 20, può arrivare anche a 22, però potrebbe fermarsi

sono cose all'interno di una 'famiglia' che non

anche dove è adesso. Come fai a saperlo.

si possono sapere o perlomeno dovresti proprio far parte del team per sapere certe

Sono giocatori spremuti nel senso che danno tanto e purtroppo arrivano anche gli infortuni

cose. E anche se sai certe cose non puoi scriverle o dirle".

che ti bloccano come è accaduto a del Potro, e saltano tutte quelle che erano le previsioni.

Torniamo indietro nel tempo, anni fa ha rifiutato di allenare Roger Federer. "No, non ho rifiutato. Io ero tra i papabili. Sapevo che probabilmente mi avrebbero contattato, ma non ero il solo. Io prima di venire contattato, siccome avevo già fatto il giocatore,

È nelle sue corde ma bisogna che qualcuno gli dia salute per i prossimi anni". Lunga e interessante l'opinione riguardante Roger Federer. "Qualche anno fa avevo detto: 'Non credo che tornerà numero uno perché non può avere la continuità. Potrà

l'allenatore, il capitano nel corso degli anni, e c'è anche una famiglia, non me la sono sentita di andare in giro per il mondo un'altra volta. Ho fatto una scelta di vita. Non c'è solo il tennis nella vita. Sarebbe stata una cosa meravigliosa, stupenda, però avrei sfasciato la famiglia. E sinceramente non me la sentivo. La cosa poteva anche non funzionare e dopo quattro mesi venire sollevato dall'incarico... io cosa facevo? Ho ringraziato prima di venire contattato". C'è poi stato spazio per parlare degli US Open e quindi del 14° Major messo in bacheca da Novak Djokovic: "Era il favorito già alla vigilia insieme a Nadal, quindi non è stata di certo una grande sorpresa. Se vinci a Wimbledon e poi a Cincinnati... mi sembra che le premesse fossero state sufficientemente positive e così è stato. Ha vinto il torneo non dico con facilità ma ha dimostrato la superiorità".

vincere ancora 1/2 Slam - e invece ne ha vinti tre - ma non tornerà numero uno'. E invece ho sbagliato perché poi è riuscito anche a tornare a numero uno, certo approfittando dell'assenza di Djokovic e di Nadal". Da Indian Wells non abbiamo però più visto il Federer brillante del 2017, e Bertolucci trova una spiegazione logica per questo: "Il problema è che quando superi una certa età quello che manca è la continuità. Non tutti i giorni sono uguali e ti alzi delle mattine nelle quali non c'è riflesso, ti senti più debole e a questi livelli paga poi. Niente e nessuno gli potrà precludere prestazioni al massimo livello, quello forse anche fra dieci anni, però è difficile ripetersi il giorno dopo o il turno dopo. Ha perso con Djokovic ultimamente, tutto normale, però per esempio anche a Wimbledon avanti due set a zero si è spento come una candela per mancanza di energia. I grandi tornei ti richiedono 3-4 prestazioni ad alto livello e non so se lui sarà in grado di ripetersi. La


prestazione la offrirà sempre, le prestazioni sarà più difficile".

Su Rafael Nadal, ancora alle prese con un infortunio al ginocchio: "Nel momento in cui sta a posto fisicamente, sulla terra non ha rivali, o perlomeno serve il miglior Djokovic in assoluto per rivaleggiare con lui. Perché altrimenti sulla terra raccatta tutto, cosa che non può fare assolutamente Federer e che può rifare adesso Djokovic". Serena Williams vs arbitro. Da che parte sta lei? "Sto dalla parte dell'arbitro nel senso

che lei ha 'sbroccato' completamente. Il fatto del sessismo non esiste assolutamente, le multe, warning ecc. sono nettamente più a favore degli uomini anche perché sono obiettivamente più indisciplinati rispetto alle donne. La cosa che va disciplinata è il fatto del coaching. O tu lo proibisci completamente e allora io credo che a ogni

match, ogni set, verranno dati dei warning se metti una persona che controlla il coach, oppure lo liberalizzi". Infine una domanda su Fabio Fognini. È il migliore italiano di sempre dopo Adriano Panatta? "Non credo. Barazzutti è stato numero sette del mondo, quindi sarà difficile. Uno dei migliori degli ultimi 40-50 anni sicuramente. Rimane il fatto che probabilmente avrebbe potuto fare qualcosa di più, anche a New York poteva far meglio. Purtroppo il suo è un rendimento altalenante, riesce a toccare delle punte molto alte in cui dimostra di poter valere tra i primi al mondo

per caratteristiche fisiche e tecniche poi non ha la continuità per stare al vertice". Gatto Luigi



L'ATP DI VIENNA NON SMETTE DI CRESCERE I progressi fatti negli ultimi anni dall'Erste Bank Open sono stati importanti. Nel 2015 il torneo austriaco è diventato ATP 500 rimpiazzando Valencia, e negli ultimi anni grandi campioni come Andy Murray o Alexander Zverev hanno giocato. In un'intervista esclusiva con Tennis World Italia, il direttore del torneo Herwig Strakaha parlato della prossima edizione in programma ad ottobre da lunedì 22 a domenica 28. La speranza è ancora quella di portare almeno uno tra Rafael Nadal e Novak Djokovic attraverso una wild card. "E' da tanti anni che parliamo col team di Rafa per portarlo a Vienna. Per tanto tempo ha giocato Basilea ma quest'anno se in quella settimana lui e

Novak decidono di competere, lo faranno a Vienna. Dipenderà dalla loro forma fisica e dalla loro classifica. Potrebbero aver bisogno di punti nella corsa per il numero uno di fine anno". Il numero cinque del mondo Alexander Zverev ha invece scelto Basilea che gli ha offerto più soldi come ingaggio di partecipazione. "E' una cosa normale, rispettiamo la sua decisione - ha confermato Straka -. Spendiamo un milione di euro per gli ingaggi ogni anno, molto di meno rispetto a Basilea. L'assegno dipende più dalla loro popolarità che dalla loro classifica". Gli obiettivi di quest'anno? Arrivare per la seconda edizione di fila a 60.000 spettatori totali, record nella storia dell'evento, e chissà in futuro diventare un Master 1000. "Monte Carlo però vuole


mantenere la sua posizione nel calendario", ha avvertito Straka sull'unico 1000 non obbligatorio tra i nove in programma nel calendario annuale, "e l'ATP non sembra intenzionata ad aggiungerne uno". Il campo di partecipazione vede al via nomi piĂš che interessanti come Grigor Dimitrov, numero sette del mondo protagonista di un 2018 molto negativo, l'idolo della gente Dominic Thiem, John Isner e Kevin Anderson, quattro top ten. Roger Federer rimane invece un sogno proibito, visto che chiaramente opta per il torneo di casa Basilea: "Non andremo mai contro l'evento della sua cittĂ ", ha aggiunto Straka, organizzatore anche di sfide della Coppa Davis e altri eventi sportivi. Gatto Luigi


LA PRIMA VOCE DI SKY TENNIS ELENA PERO SI RACCONTA A TWI Nei 12 tornei che da anni Sky Sport trasmette (i nove Masters 1000, Wimbledon, le ATP Finals, Wimbledon e la tre giorni di Abu Dhabi a Capodanno), Elena Pero si conferma assiduamente la prima voce del canale di Murdoch per il tennis. Già considerata una "veterana" da Rino Tommasi alla fine della finale di Wimbledon 2008, la Pero è spesso in coppia con Paolo Bertolucci, formando un duo super. In un'intervista a Tennis World Italia ha confidato cosa si "nasconde" dietro il suo meraviglioso ma anche complesso lavoro. Come è cambiato il modo di fare

telecronaca? Oggi è più difficile prepararsi perché a differenza di ieri non ci si può permettere errori? Tutti possono controllare servendosi di un telefono o computer. "Sotto questo profilo è cambiato tantissimo - ha riconosciuto la Pero -. In meglio perché sono aumentate enormemente le fonti, una volta che uno ha individuato le fonti affidabili e quali no, ma siccome sono disponibili per tutti diventa fondamentale la possibilità di cercarle tutte e ci vuole un sacco di tempo. Quindi è diventato più facile e più difficile". Essendo una telecronista così popolare, ricevi tanti elogi ma anche critiche. Lo scorso anno sd esempio Fabio Fognini si è lamentato su Instagram durante Wimbledon. Un po' come Caressa, preferisci non comparire sui social


network. Come convivi con tutto questo? "Non credo di dare molta importanza. Sui

Federer, rilascia mai interviste. Se le rilascia, lo fa come capitano di Davis. Non

social network ci sono ma in maniera passiva, sono io a cercare le cose ma non

credo sia compito degli allenatori rilasciare interviste. Ivan è una persona

mi piace espormi anche perché poi immagino che scrivendo qualcosa chi

estremamente intelligente, bravissima, con una lucidità incredibile, fra l'altro in

risponde ha diritto ad avere una replica o attenzione. Le critiche? Tutti hanno diritto

tantissime lingue. È una persona eccezionale e non mi stupisce che

di esprimere le proprie opinioni. Basta che

Federer lo abbia scelto come allenatore.

si rimanga in un ambito di conversazione civile va bene tutto. Basta non farsi

Un po' ci è dispiaciuto ma d'altra parte, ubi maior, ci siamo dovuti rassegnare".

coinvolgere". Nel 2013 ha fatto il suo esordio a Sky Ivan Ljubicic. Due anni dopo è diventato allenatore di Roger Federer, te lo aspettavi? Tra l'altro è un tipo molto particolare visto che non rilascia interviste. Puoi dirmi qualcosa che il pubblico non sa sulla loro collaborazione? "Diciamo che neanche Luthi, che è l'altro allenatore di

Quanto potranno lavorare ancora insieme? Federer nel corso della sua carriera di solito ha cambiato il secondo allenatore ogni 3 anni... "Non so che tipo di contratto ci sia tra di loro che sono estremamente amici, quindi non credo sia una cosa legata soltanto agli affari, al lavoro. Non ho la minima idea di


quanto questa collaborazione durerà anche perché nessuno ha la minima idea di quanto continuerà a giocare Federer". Di cosa ti occupi a Sky nelle settimane in cui non commenti partite? "Come si diceva all'inizio, bisogna rimanere sempre aggiornati e ci sono gli impegni legati al telegiornale. Ci si aggiorna e si lavora per Sky Sport 24". Cosa consigli a un giovane che spera di avere una carriera da giornalista di buon livello? Tu per esempio già ai tempi dell'università eri in contatto con Rino Tommasi... "Nel mio caso sì. La conoscenza della propria materia è molto importante perché è quella che ti fa fare il primo passo. E poi bisogna avere fortuna perché senza di quella oggi come oggi è molto difficile nel senso che non c'è tanto spazio purtroppo come poteva essere

prima e quindi è più difficile trovare posto. Il consiglio è di seguire la propria passione che è quella che ti spinge ad osare, a farti avanti, a farti vedere. Bisogna avere un approccio serio, non andare in onda senza sapere le cose, non andare in onda pensando di essere al bar e dire tutto quello che passa per la testa. Quello vuol dire essere giornalisti". Parliamo infine degli US Open. Chi può battere questo Djokovic? Forse solo il miglior Nadal? "Dipende dalla superficie su cui si gioca. Il miglior Nadal può battere questo Djokovic sulla terra battuta ma sulle altre superfici sembrerebbe abbastanza difficile. Poi ci sono ancora un paio di mesi di tornei e tutto sta a vedere. Djokovic sicuramente arriva più sano, riposato e arrabbiato degli altri. Adesso Nadal ha di nuovo problemi al fisico.


Vediamo cosa decide di fare Federer, tutto quello che funzionava l'anno scorso quest'anno ha funzionato un pochino meno. Bisogna essere molto molto su per battere il Djokovic di oggi". Hai citato Federer. La serie di sconfitte iniziata ad Indian Wells può rappresentare l'inizio del declino? "Chi lo sa. Questo è un discorso che abbiamo fatto un sacco di volte e poi il declino si è sempre trasformato in una nuova ascesa. Meglio essere prudenti. C'è anche da dire che ha 37 anni, quindi è molto difficile gestire la quotidianità. Deve selezionare e nella selezione non è detto che 'imbrocchi' quello che in teoria aveva preparato. Secondo me il declino di Federer lo decide Federer. Se perderà la voglia di allenarsi che ha quotidianamente anche adesso allora sarà lui a decidere". Gatto Luigi


PECHINO E LE ASSENZE DI FEDERER E DJOKOVIC Ogni top player negli ultimi 15 anni ha giocato a Pechino. Tranne Roger Federer, che in quella settimana ha gareggiato soltanto una volta, nel 2006 a Tokyo vincendo il titolo. Il direttore del torneo Thomas Ross ha svelato a Tennis World Italia i motivi dell'assenza dello svizzero. "Il problema con Roger non è la mancanza di interesse nel venire a Pechino, ma la sua programmazione, molto fitta dopo gli US Open con la Laver Cup. Alla sua età in molti starebbero a casa, lui invece gioca anche Shanghai e i tornei europei prima delle ATP Finals. Capiamo perché non riesce a inserire Pechino nel suo calendario, non ci sono problemi. Ovviamente sarebbe pazzesco avere Roger per un anno, noi facciamo sempre la richiesta, ma in modo molto formale. Non abbiamo mai avuto una conversazione seria, né abbiamo fatto offerte. Ha 37 anni. Questa è la realtà". Novak Djokovic non è iscritto quest'anno, ma potrebbe chiedere una wild card: "Novak non ha voluto prendere alcun impegno, ma ne stiamo parlando e rispettiamo il suo diritto di controllare la propria programmazione. Può fare ciò che vuole e se vuole chiedere una wild card, gliela daremo. Non mi sbilancerei nel dire che è una probabilità, ma una possibilità sicuramente. Ha vinto il titolo sei volte su sei partecipazioni, un po' come Rafa a Monte Carlo!", ha detto ridendo. Più di 200.000 persone varcano i cancelli del National Tennis Centre di Pechino, torneo che inizia sabato con il main draw WTA e

lunedì con quello ATP. "Non c'è nessun altro torneo asiatico che si avvicina a questi numeri". Nonostante almeno nelle prime giornate gli spalti siano spesso vuoti: "Abbiamo tre stadi più diversi campi secondari, le persone si dividono", ha spiegato Ross. Obiettivo, diventare Masters 1000: "Ci speriamo. Siamo la Capitale dell'Asia, Shanghai è un torneo fantastico ma noi abbiamo il combined e quindi siamo simili a Indian Wells, Miami, Madrid e Roma. Credo sia solo questione di tempo, perché lo sport continua a crescere in Asia e soprattutto in Cina. Abbiamo le risorse finanziarie e le strutture. Speriamo ci sia un sostegno da parte del circuito. Ti racconto una storia divertente: lo scorso anno del Potro ha giocato qui per la prima volta. Ha


migliori. In contemporanea a Tokyo si svolge il Rakuten Open, che ha un paio di top ten più Kei Nishikori. Lo rispettiamo, è un torneo forte. Ma francamente nessun paragone può essere fatto tra i due appuntamenti, per strutture e tutto quanto". Campione in carica Nadal, su cui Ross può solo spendere belle parole: "Gioca da noi ogni anno. Nel 2016 ha vinto in doppio, molti anni dopo aver trionfato in singolare come teenager (2005, ndr). E nel 2017 è stato spettacolare. È umile, genuino, molto concentrato e rispettoso verso i tifosi". In ogni ATP 500, i giocatori principali ottengono degli ingaggi di partecipazione. "Non è un segreto - ammette Ross -. Per noi gli ingaggi non sono un problema. La

perso ai quarti e a fine match mi ha ringraziato per la wild card datagli sia in singolo che in doppio. Non avevamo mai avuto una conversazione, solo un rapporto da ciao-ciao. Ma era nella player's lounge, a un certo punto è venuto da me e ha detto: 'Complimenti per il torneo, questo non è un 500! Sembra un Masters 1000'. La maggior parte dei giocatori disputano Pechino prima di Shanghai, e molti ammettono che è come se il nostro torneo fosse Indian Wells prima di Miami". Parlando dei motivi che rendono Pechino ormai un appuntamento fisso per i top player stagione dopo stagione, Ross ha aggiunto: "Quando hai un torneo solido, diventa più grande, più forte e migliore ogni anno. In questo modo, non è così difficile attrarre i

maggior parte del denaro che ricevono proviene comunque dal montepremi. Ne beneficiano tutti: i giocatori, il torneo, spettatori e telespettatori". Come praticamente ogni torneo, anche Pechino presenta qualche aspetto negativo: uno tra questi il problema smog e una nebbia perenne anche di giorno. Negli scorsi anni emblematiche le immagini raffiguranti gli spettatori indossare sugli spalti delle mascherine. "In alcuni periodi dell'anno può essere un problema - ha ammesso Ross ma la situazione è migliorata di tanto. Possiamo prendere in considerazione la chiusura del tetto, ma lo scorso anno non siamo mai arrivati vicini a una scelta del genere. 1-2 giocatori hanno detto che per questo motivo giocheranno Tokyo invece di Pechino, ma non potrei essere più felice del campo di partecipazione che abbiamo". Gatto Luigi


Il caso Cornet e le vere regole (auto) sessiste Wta Ci risiamo. Un nuovo polverone al grido di "sessismo!" si è alzato a New York durante la prima settimana degli Us Open, quando l'avventata Alizè Cornet si è resa protagonista in campo di un cambio volante di maglietta. La norma in questione, poi rinnegata da tutti, è molto vaga. Il comma D del regolamento Wta consente alle donne di avere un break per cambiarsi solo previa richiesta al giudice e comunque fuori dal campo. Il comunicato postumo dell'Usta ha tentato di chiarire che tutti i giocatori e le giocatrici possono cambiare la propria maglietta se seduti al cambiocampo. La Cornet però, non era seduta e non ha chiesto al giudice il

permesso di rimanere in reggiseno, sportivo o meno che fosse. Christian Rask nel suo atto che può esser oggettivamente tacciato di pignoleria, più che di bigottismo, è stato accusato inopinatamente di sessismo per aver provato a fare il suo lavoro ed è stato lasciato solo sia da Usta che da Itf e Wta. Va dato onore alla francese di aver smorzato i toni il giorno dopo in conferenza stampa, difendendo l'arbitro dalle accuse e prendendosela con la sua federazione, intervenuta con l'introduzione di un dress code al Roland Garros prima ancora degli accadimenti di Flushing Meadows. Non è venuto in mente a nessuno degli accusatori però che una regola del genere possa essere a garanzia del buon costume delle ragazze, per certi versi


anche educativa, nonchè tentativo di protezione proprio verso commenti

vincere un Premier. Un giorno in più di riposo, stesso numero di set, primi turni

sessisti della controparte maschile più becera. Si dimentica inoltre che la Wta,

facili: ovviamente folle alzare il numero dei set sin dal primo turno nei Major, sarebbe

volente o nolente è un mondo controverso, nel quale Alizè Lim (best

invece intelligente e televisivamente ben accetto far giocare solo la finale al meglio

ranking n 135) ha una linea d'abbigliamento Le Coq Sportif

dei cinque set. I tornei dello Slam diventerebbero speciali anche nel

personalizzata, mentre la numero uno del

femminile, trovando una soluzione che col

mondo ha dovuto faticare per strappare un contratto a Nike.

passare del tempo, alla luce delle richieste dei giocatori, potrebbe garantire

Rimangono punti di vista, piuttosto però che impantanarsi su un evento così raro credo davvero giunta l'ora di focalizzarsi e intervenire su ciò che è veramente sessista, anzi auto-sessista nel regolamento del tennis femminile.

un compromesso anche fra i maschi e porre fine anche alla querelle sui prize money equiparati.

1) Il numero dei set Vincere uno Slam è più semplice che

2) Il coaching Fa francamente tenerezza veder scendere in campo i coach a dar sostegno, prima che consigli, alle giocatrici nei tornei del circuito Wta. Una


regola, fortunatamente non applicata negli Slam, che può esser accettabile solo nel circuito junior: le ragazze, compiuti i 18 anni, non hanno bisogno di un tutor se in grado di intendere e di volere, esattamente come i maschi. Adriano S.



La mentalità vincente nel tennis Molti nel tennis parlano di cosa sia la mentalità vincente. Alcuni la confondono con gli attributi maschili mentre altri la considerano come l’espressione di una fiducia estrema in se stessi, altri ancora pensano che sia questione di carattere e quindi la responsabilità del suo affermarsi dipenderebbe da un fattore innato e non allenabile, infine c’è anche chi ritiene che una bassa condizione sociale determini quella volontà di affermazione che mostrano

1- Non avere aspettative, impegnati a fare

i campioni, la famosa “fame di vincere”.

del tuo meglio

Queste spiegazioni servono a costruire

Ogni giocatore vuole vincere la partita che

un’idea rigida e magica della mentalità

andrà a giocare, ma bisogna mettere nel

vincente e pone il tennista in un condizione

punto più lontano della mente questa idea e

di subire le sue origini, che se non

pensare solo a giocare. Nessuno può sapere

corrispondono a quelle sopradette non potrà

cosa succederà, mentre tutti possono

mai emergere come vincente.

concentrarsi sul presente, sul servizio e sulla

Sulla base della mia esperienza con tanti

risposta. Nelle mani del tennista vi è la

atleti vincenti, di cui 10 vincitori di medaglie

possibilità di impegnarsi al proprio massimo

alle Olimpiadi e di quanto documentato dalla

ma non quella di vincere un punto, quindi il

psicologia dello sport in relazione ai top atleti

focus deve essere totale sul proprio gioco …

la questione è molto diversa e più articolata.

e poi alla fine dello scambio vedere se il

In questo breve articolo voglio fornire alcune

proprio massimo è stato sufficiente o se

indicazioni pratiche che ogni tennista

l’avversario è stato più bravo.

potrebbe impegnarsi a seguire con la certezza di migliorare le sue prestazioni, che

2- Sii paziente, i momenti negativi stanno

ovviamente saranno adeguate al suo livello

arrivando

tecnico, forma fisica e tipo di gioco.

Il tennis è un gioco in cui vince chi fa meno errori del proprio avversario, lo scopo non è


stessi, mentre invece si comportano come quei tifosi che applaudono la loro squadra quando vince e la fischiano quando perde. 4- Gestisci lo stress agonistico e accetta le tue paure Molti ragazzi hanno così paura delle loro paure che preferiscono credere che: “oggi non sentivo i colpi”, “ero rigido, le gambe legnose”, “l’altro ha fatto la partita della vita”. Le ragazze invece sono spesso emotivamente più ondeggianti e si caricano o scaricano in funzione dei punti vinti o persi. Bisogna avere il coraggio di accettare le non sbagliare ma sbagliare meno frequentemente dell’altro. I momenti negativi ci sono in ogni set e non si deve avere la presunzione di credere che non arriverà quel momento. Bisogna accettare questo limite e quando si presenta non bisogna arrabbiarsi o deprimersi ma mostrare pazienza e continuare a giocare in modo attento. 3- Non lasciare che il punteggio determini le tue emozioni I giocatori poco esperti e molti adolescenti si entusiasmano quando giocano bene e perdono il controllo emotivo quando perdono i punti. Sono tennisti che in campo dimostrano poca stabilità nei loro comportamenti. In tal modo, è il loro stato d’animo che determina come giocano. Spesso dico a queste persone che dovrebbero essere il primo tifoso di loro

proprie paure e imparare a gestirle, questa è una delle grandi differenze fra i campioni e gli altri. 5- Pensare al gioco Quale che sia il proprio livello tecnico, il tennista deve pensare a come vuole giocare. Può essere anche un semplice “corri e buttala di là” ma non può non pensare. Questo approccio è particolarmente evidente nel servizio: “in che modo metto in difficoltà la mia avversaria?” “Cosa ho fatto quando vinco i punti”. Vi sono pensieri tecnici e pensieri che aiutano a sostenere la motivazione e un approccio attivo al game. Servono tutte e due. Federico Coppini


IL SELF-TALK: COME IMPOSTARE UN DIALOGO INTERIORE VINCENTE l self-talk, o più comunemente il dialogo con se stessi, è una pratica molto importante in ogni campo della nostra vita. Nel campo sportivo è sicuramente un qualcosa di molto incisivo, e a volte determinante, per la buona riuscita di una competizione. La comunicazione, sia che avvenga tra due parti, sia che avvenga attraverso un dialogo mentale con se stessi, significa mettere in comune due persone.Ovvero, i soggetti A e B devono avere una conoscenza in comune. Se, per esempio, un medico ti parla ma tu non conosci la sua materia, non capirai nulla di quello che ti dice e, pertanto, non potrai dargli un feedback. Questo perché, quando due persone si parlano, ognuna delle parti elabora le informazioni sulla base delle sue conoscenze e del suo vissuto. Quindi, quando le persone dicono ‘non capisco’ molto spesso abbiamo dato per scontato che avessero quel dato tipo di conoscenza. Ecco perché spesso nascono incomprensioni. Ci dovrebbe essere anche una certa rispondenza per affinità in campo sociale. Ad esempio, un medico che parla con un operaio in termini tecnici, deve cercare di adattarsi al livello di una persona che non ha studiato medicina e usare un linguaggio semplice, per farsi capire bene. Lo stesso nel settore sportivo, dove spesso i tecnici danno per scontate alcune terminologie pensando che il genitore le capisca, ma il tecnico ha un certo tipo di conoscenza e formazione e non è detto che il genitore ce l’abbia, poichè nella sua vita spesso fa tutt’altro.

Ma, come fare per farci capire al meglio? Esistono i cosiddetti 5 servitori della comunicazione, che sono: ‘chi’ ‘come’ ‘dove’ ‘quando’ ‘perché’. La comunicazione dovrebbe rispondere a queste domande: chi fa cosa, come deve essere fatto, quando e perché deve essere fatto. Altrimenti si possono lasciare dei dubbi. Per esempio, se diciamo ‘qualcuno questa sera ritiri l’attrezzatura’ non abbiamo detto chi lo deve fare ed è molto probabile che nessuno lo faccia! Si dice che tutto comunichi, anche il silenzio. E bisogna sempre stare attenti, perché la comunicazione viene sempre interpretata da chi la riceve. Se dico a una persona ‘sei uno stupido…’ magari lo sto dicendo scherzando, ma se la persona che lo riceve non è in uno stato d’animo positivo, non la prende come uno scherzo ma come un’offesa, perché è in un momento particolare. Da qui divisioni, contese, disguidi, perché l’emittente non può sapere lo


stato d’animo e dove va a finire la parola che ha

hanno un grande compito. Perché se diciamo a

detto. Che va sempre a segno. In alcuni testi

nostro figlio ‘non sei mai capace di fare niente’,

biblici si dice che la parola è come un sasso. Una

‘sbrigati’, ‘lo faccio io che tu non sei capace’,

volta lanciata non torna indietro e colpisce

‘ecco… lui si che è ordinato’, ‘guarda tuo fratello

sempre.

come è bravo’, tutto questo porta il bambino a credere che sia qualcosa di vero perché se me lo

La parola è: o per costruire o per distruggere.

dice mia madre o mio padre che io sono

Questo è il compito dei genitori e dei coach,

capriccioso, che… che… che…allora io comincio

usare bene le parole. Nel dubbio di dire cose

a creder che sia vero. Per citare ancora la Bibbia,

offensive, meglio tacere!

morte e vita sono in potere della lingua e per usare una metafora schermistica, ferisce più la

Come abbiamo visto, quindi, tutto comunica e

lingua della spada.

i canali che abbiamo per ricevere la

E siccome non abbiamo sempre intorno persone

comunicazione sono due: quello visivo e

che ci aiutano in questo, se abbiamo genitori

quello uditivo. Ora ci concentriamo su quello

all’avanguardia, sapranno incoraggiarci sempre.

che sentiamo e quindi su quello che riceviamo,.che le persone ci dicono e che non

Ecco che, allora, dobbiamo cambiare il nostro

sempre sono cose positive che ci fanno bene.

modo di parlare. Delle voci che ci arrivano

Bisogna vedere cosa ne facciamo di quello che

dall’esterno dobbiamo imparare a prendere

riceviamo – perché magari ci crediamo pure –

quello che ci serve e buttare via quello che

quindi a come le elaboriamo, le crediamo e

non ci serve. Uno può venire a dirci ‘tu non vali

pensiamo che siano la verità. I genitori, qui,

niente’ ma noi sappiamo che non è così, sappiamo che valiamo, che non è così e quindi non ci diamo peso. Diverso è se ci vogliamo credere. Il self talk serve proprio a questo. Noi rispondiamo sempre a degli eventi. Succede qualcosa di bello e di felice e le emozioni sono al top e allora possiamo fare delle affermazioni positive. Il problema avviene quando un evento lo interpretiamo in maniera negativa come ad esempio al mattino, vediamo il traffico e la prima cosa che diciamo a noi stessi è: ‘oggi arriverò in ritardo’ e quindi abbiamo già decretato come andrà la giornata, l’abbiamo interpretato in maniera negativa e quello che esce dalla nostra bocca come risposta immediata è ‘oggi sarà una giornata no’. L’abbiamo decretato noi e quindi, molto probabilmente, sarà una cattiva giornata. Così succede per esempio nello sport quando in un assalto, dopo che abbiamo perso una, due,


tre stoccate ci diciamo ‘oggi non è giornata per

problema è l’evento che è l’unica cosa che

vincere un assalto’, ‘non riesco a fare quello che

noi non possiamo cambiare. Possiamo

faccio sempre in allenamento’, ‘non mi sono

cambiare l’attrezzatura, l’allenamento, ma la

allenato abbastanza’, ‘forse non è il mio sport’.

cosa importante che possiamo veramente cambiare è l’approccio all’evento. Due persone

In base agli eventi, se non vanno in maniera

che affrontano lo stesso evento possono

positiva, automaticamente il tuo

interpretarlo in maniera diversa ottenendo

atteggiamento cambia. Quindi la tua

risultati diversi.

dichiarazione più spontanea è negativa.Perché è un circolo. E allora se perdi

Anche di fronte a una sconfitta possiamo

una gara cerchi di cambiare allenatore, club,

scegliere come reagire. Possiamo dire‘non mi

magari anche sport così come quando non vai

va mai bene niente’, ‘perdo tutti gli assalti’, ‘non

d’accordo con i colleghi di lavoro cerchi di

vado avanti nel ranking’,oppure possiamo

cambiare ufficio, oppure se non vai d’accordo coi

fermarci e pensare a qualcosa di diverso

vicini cambi casa, etc… noi cerchiamo sempre di

riguardo a quella stessa gara.

cambiare gli eventi ma gli eventi non li possiamo

cambiare. Se il traffico c’è, c’è per tutti, se il

Spesso noi vediamo solo quello che vogliamo

vicino è un cretino, rimarrà un cretino, quindi

vedere mentre dovremmo sforzarci di andare

anche se cambi casa ti troverai il cretino del

oltre e assumere un atteggiamento positivo e

nuovo condominio, se cambi allenatore magari ti

quindi affermazioni positive.

accorgi che non era l’allenatore il tuo problema e avrai gli stessi problemi in quella squadra. Ci

L’atteggiamento è fondamentale in una gara.

sono persone che girano in continuazione senza

Sono molti gli atleti le cui testimonianze

risolvere il problema di fondo. Ecco che il

affermano proprio questo. Nel pugilato, ad


esempio, alcuni pugili hanno ammesso di aver

conseguenza la tua affermazione è ‘io ce la farò’.

già perso l’incontro contro Mike Tyson prima

Questo, in sintesi, il ciclo del self-talk, parlare

di combatterlo. Le sue affermazioni infatti,

a se stessi incondizionatamente. Parlare a se

studiate a tavolino, miravano a distruggere

stessi fin dagli allenamenti.

l’avversario prima di affrontarlo. Tyson era molto intelligente sul piano psicologico e tutto ciò che

E questa è una cosa che possiamo fare nello

faceva, dal modi di vestire, di parlare, di

sport ma anche al di fuori, perché ognuno di

atteggiarsi, di aggredire gli avversari prima degli

noi, al mattino quando si sveglia, decidere se

incontri, era frutto di uno studio e di una

affrontare al meglio la giornata o farsi abbattere.

preparazione che andava al di là della preparazione tecnica e atletica.

Concludendo, non possiamo cambiare gli eventi. Se non ci piace la pedana dove stiamo

L’atteggiamento non arriva a caso. Nasce da

tirando, non la possiamo cambiare; se hai il

una consapevolezza, da un pensiero positivo

pubblico contro, non lo puoi cambiare; se il

che non è frutto del caso ma di un

giudice ha interpretato la stoccata in modo

allenamento. Dal pensiero si passa a

sbagliato e ha assegnato il punto all’avversario, non lo possiamo cambiare; l’unica cosa che possiamo cambiare è dentro di noi, quindi il nostro modo di pensare rispetto all’evento. E’ questo il self-talk dell’atleta. Cosa che in molti sport si trasforma anche in un autoincitamento che resta fine a se stesso se appoggiato su un pensiero non costruito su queste basi. E’ un aiuto che ci permette di affrontare al meglio le situazioni quando intorno a noi non ci sono persone che ci aiutano in maniera positiva. L’ideale sarebbe avere un team che costruisce insieme a noi l’ambiente positivo. Ma… nessuna scusa! Ognuno di noi è responsabile di ciò che pensa, di ciò che prova, di ciò che dice.

un’emozione positiva, la voglia di vincere e di fare bene e infine a una dichiarazione positiva. Quando tu dici ‘io ce la posso fare’ significa che hai valutato quella gara, hai pensato che sicuramente troveraoi le risorse per affrontarla al meglio perché hai sicurezza dentro di te, le tue emozioni sono di piena fiducia, il tuo atteggiamento di sicurezza estrema e di

Federico Coppini


Quali sono i principi per essere competitivi sulla Terra ? Movimento Insieme al raggiungimento di una buona solidità tecnica devi migliorare la sequenza scivola-colpisci-ritorna; con la stessa destrezza su entrambi i lati del campo, con la capacità di muoverti in avanti e indietro, cercando in particolare di avere una buona stabilità durante l’esecuzione del colpo. Vicinanza alla linea di fondo Personalmente cerco di fare in modo che i giocatori che alleno tengano una posizione il più possibile vicino alla linea di fondo, senza mai arretrare.(con sussidi

didattici appropriati a non arretrare) Condizione atletica Per vincere sulla terra è necessario un programma di allenamento mirato sulla condizione atletica, visto che il punto dura mediamente di più. per questo è importante un lavoro giornaliero sul movimento in campo attraverso esercizi mirati. Pazienza Devi essere allo stesso tempo consistente e paziente. e’ difficile tirare ogni volta dei colpi vincenti: la palla rimbalza lenta e più alta, quindi spesso è più conveniente eseguire un colpo intermedio in top spin piuttosto che un colpo piatto. la sequenza dovrebbe essere: colpo in controllo colpo che mette in difficoltà - chiusura del


punto.

corta, per poi concludere la sequenza con il colpo finale che chiuderà il punto.

Attaccare il movimento dell’avversario Dovresti lavorare sull’aprirti il campo,

Risposta al servizio

facendo muovere l’avversario su entrambi i lati con colpi profondi alternando colpi

Dovresti cercare di rispondere alto e profondo in modo da neutralizzare la

più corti e stretti con palle corte e slices.

battuta dell’avversario.

Controllo del centro del campo

Forza mentale

Sulla terra più che su qualsiasi altra superficie è importante avere il controllo

La componente mentale gioca un ruolo molto importante per vincere sulla terra.

del centro del campo. il servizio dovrebbe essere esterno per il 70% delle volte, in modo da prendere subito il comando dello scambio dal centro. il primo colpo dopo il servizio dovrebbe essere il diritto (controllo) in modo da comandare lo scambio. quindi il colpo successivo dovrà “fare male” all’avversario che in una posizione di squilibrio rimetterà una palla

Devi cercare di essere aggressivo e intelligente allo stesso tempo, ma anche implacabile, disciplinato e mentalmente forte per sostenere Federico Coppini





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