Tennis world italia n 45

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Un uomo solo al comando: a Parigi Nadal firmerà la terza “Decima”? Alessandro Mastroluca

Dieci, cinquantuno, settantuno. Nei numeri si scrive la storia del re del rosso. Nessuno come Rafa Nadal domina sulla terra battuta. Nessuno come il maiorchino, primo a vincere dieci volte uno stesso torneo, a Montecarlo e Barcellona, dove è imbattuto nelle finali. Anche se per vincere i primi due tornei stagionali sul rosso ha sconfitto un solo top 10, ha celebrato il trionfo catalano sul campo che porta il suo nome contro Thiem, e battuto avversari con una classifica media di 46,5: non esattamente un'impresa, nemmeno per questo Nadal. Caduto il primato di trofei sul rosso vinti del poeta Vilas, resta l'eredità di un campione che ha dominato sulla superficie più sfiancante quanto nessun altro è riuscito a fare. Ha vinto il 91,69% delle partite giocate mentre il rosso gli tingeva i calzini. Un record che fa impallidire anche l'84,02% di vittorie di Djokovic sul duro o l'86,86% di successi sull'erba di

Federer, pur capace di batterlo per tre volte di fila come mai prima. In 87 tornei giocati, prima di Madrid, Nadal sulla terra battuta ha conosciuto appena 34 sconfitte e conquistato il titolo in quasi il 60% dei tornei giocati sulla sua superficie migliore. E non a caso continua a chiedere che il Masters si giochi sul rosso, o almeno a rotazione anche nelle condizioni a lui più congeniali. I 71 tornei vinti in carriera, quinto nell'era Open (tre titoli ogni dieci eventi disputati), le 29 vittorie su 34 partite in stagione nei primi quattro mesi dell'anno, restituiscono la misura di un giocatore ritrovato. Di un'evoluzione che ha ripreso a marciare in avanti, di fisico e di testa, dopo almeno un paio di stagioni di stasi, se non di regresso. Rispetto al 2016, tra

gennaio e aprile Nadal è il top-10 che ha visto aumentare di più la possibilità di ottenere il primo punto al servizio. Una percentuale che finora sfiora il 66%: un giocatore che inizia due turni di battuta su tre con un quindici di vantaggio è in grado di tornare a generare negli avversari un po' di quella soggezione ormai perduta nel 2016. Era il peggiore dei top player un anno fa, in questa particolare graduatoria che vede oggi in testa Roger Federer. Quest'anno, con un tennis più in sintonia con un fisico provato, Nadal sta prendendo una strada diversa. Certo, non ha e non avrà la velocità di gambe e di braccia di quattro o cinque anni fa, ma è tornato a ricorrere con buona frequenza al dritto anomalo, naturale e indicativo termometro della condizione


fisica e mentale. La reattività nella coordinazione occhiopiede restituisce un Nadal meno conservativo rispetto alle ultime due stagioni, più vicino al campo e di nuovo praticamente imbattibile quando parte davanti. In 34 partite giocate prima di Madrid, ha ottenuto 29 vittorie: di queste, 27 iniziando con un set di vantaggio. È un Nadal che tatticamente torna all'antico, secondo la tendenza comune di una stagione con i primi quattro grandi tornei dell'anno divisi fra Federer e Nadal come nel 2006. Undici anni però sono molto più della fotografia di te stesso che vai via. Sono pezzi di vita che diventano viaggio, un viaggio che porta ancora un po' più lontano.

Questo Nadal e questo Federer testimoniano quanto sia centrale la capacità di ripensarsi, di ricrearsi, di rigenerarsi. Un continuo movimento, che non snaturi i punti di forza ma assecondi il progredire del tempo e lo renda un alleato, non un nemico in più. Due campioni di resilienza, di applicazione, due icone di quella passione per il gioco e la competizione che fa trovare sempre una via nuova per far meglio. Ma ogni luce, per quanto abbagliante come le prime storiche “Decime” nella storia del tennis mondiale, non può nascondere le ombre. Ombre che si innestano dentro le vie di fuga e le prospettive di una stagione in chiaroscuro. Un anno quasi caravaggesco nella chiarezza cruda con cui espone i difetti, le zone d'ombra, quei

luoghi dell'anima in cui nessuno arriva mai e che in campo però si vedono. Si percepiscono nel dritto tornato ballerino e difensivo di Murray, che come Angelique Kerber ha aspettato così tanto di diventare numero 1 da non avere le spalle abbastanza forti per reggerne lo status, il peso e le conseguenze. Con la paura, è evaporato in una nuvola rossa tutto il lavoro fatto e rifatto con Lendl per costruire un movimento proattivo, per creare nella testa dello scozzese una fiducia diversa nella ricerca della palla e di un colpo risolutivo che prima non aveva. È sempre la testa che guida le gambe, se non c'è brillantezza mentale le gambe non girano. E senza le gambe, diventa inutile parlar di tattiche, di sottigliezze


strategiche, di piani di gioco. In quei casi, un giocatore con la natura dubbiosa di Murray smette di scegliere e torna a farsi scegliere, si limita alle sicurezze che tolgono responsabilità. E così finisce per perdere di più. Diverso l'orizzonte di Djokovic, più complesso l'intreccio di motivazioni che l'ha condotto a una scelta nient'affatto inusuale. Di fronte alle difficoltà, ha cambiato l'allenatore. Via Vajda, via tutto lo staff, si avvia la fase della rivoluzione. Resta, qualcuno nota, il guru della pace e dell'amore, che però c'era anche prima, c'era anche nei primi sei mesi da record dell'anno scorso. È cresciuta, questo sì, la centralità che il

nuovo Nole gli assegna. È un Djokovic rilassato, che disserta di pensiero positivo, di visioni olistiche, del corpo come un tempio. Niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma, dunque. La questione, e la risposta come avrebbe detto un altro guru, il Quelo cialtronesco con il volto di Corrado Guzzanti, è dentro di te. Djokovic ha spostato il suo centro di gravità permanente, ha smesso di assorbire energia positiva dal contesto della competizione. La famiglia, la sbandata vera o presunta per un'altra donna, le priorità di vita che hanno soppiantato una carriera appagante e meno stimolante: è il combinato disposto di questi fattori ad

aver deviato il percorso di umanizzazione di RoboNole. Un percorso di sviluppo sostenibile, di ricerca di fonti alternative di energia, l'ha reso anche meno pronto e forse meno determinato a reagire alle situazioni negative. È un Djokovic piatto, anche troppo, che ha trovato dentro la forza per reggere alle bombe, per guardare avanti, per inseguire un sogno. E ora da quello stesso fuoco sacro, che ora ha lasciato solo troppa cenere e qualche ruggine, ha bisogno di ripartire. La stagione che porta alle Next Gen Finals di Milano, dunque, si sta trasformando in un anno bifronte. È il 2017 di Kyrgios, continuo e convinto dopo la convocazione in Davis, di Zverev che conquista Monaco, del primo titolo in carriera di Coric. Ma la next generation non è ancora pronta a far vincere il futuro sul moderno quando conta di più. E il moderno sa ancora di antico. Un tempo che Nadal interpreta ancora meglio di tutti sul rosso. A Parigi, l'uomo da battere, sarà ancora lui.



Gli incredibili numeri di Nadal nel 2017 Marco Di Nardo

Era difficile poter immaginare che nel 2017 potessero ribaltarsi completamente i valori in campo, per quanto riguarda il tennis maschile. Invece è accaduto qualcosa che sembra aver riportato tutti indietro di circa 10 anni: Roger Federer ha dominato la prima parte della stagione, vincendo Australian Open,

Indian Wells e Miami, e Rafael Nadal non sta lasciando scampo ai suoi rivali sulla terra rossa. Ed è proprio lo spagnolo, se possibile, a sorprendere di più, perché nelle ultime due stagioni era apparso solo la copia sbiadita del giocatore capace di battere chiunque per un decennio di tennis sui campi in polvere di mattone. In realtà già nella passata stagione il maiorchino aveva dato segnali positivi, vincendo Monte-Carlo e Barcellona, ma il successivo ritiro per infortunio durante il Roland Garros, lo aveva fatto ripiombare nel vortice negativo iniziato nel 2015. E invece quest'anno si sta finalmente rivedendo il Nadal degli anni migliori, quel cannibale che sulla terra

rossa appare davvero imbattibile per tutti gli avversari, e che sulle altre superfici è comunque capace di difendersi in maniera egregia. Impressioni che sono confermate dagli straordinari numeri dell'iberico nel 2017, che andiamo quindi ad esaminare. Dopo aver vinto il primo set La statistica di Rafa nei match in cui ha vinto il primo parziale quest'anno, è davvero impressionante. Dopo la sconfitta arrivata contro Milos Raonic a Brisbane, nel primo torneo della stagione, Nadal ha vinto tutti i suoi incontri partendo da un vantaggio di un set, per un totale di 32 vittorie e 1 sconfitta. Se il


sconfitta (95%), con lo svizzero che ha però giocato la metà dei tornei rispetto allo spagnolo (4 contro 8). Rafa in questo modo si sta anche riavvicinando a Djokovic per quanto riguarda la classifica nell'Era Open, con l'82.4% (840 vittorie e 179 sconfitte), contro l'82.7% del serbo (767-160).

discorso si riduce alla terra rossa, il maiorchino ha vinto il primo set in tutti gli incontri disputati fino a questo momento tra MonteCarlo, Barcellona e Madrid (15 su 15), e ha poi sempre vinto queste partite, per uno score di 15 vittorie e nessuna sconfitta. Per quanto riguarda la statistica in carriera relativa all'Era Open, Nadal è al terzo posto, dietro a Novak Djokovic e Bjorn Borg, con 739 vittorie e 42 sconfitte (94.6%). Percentuale di successo Passando alla graduatoria relativa a tutti gli incontri nel 2017, Nadal è al secondo posto, con una percentuale di successo del 87.2%, grazie a 34 incontri vinti e appena 5 persi. Davanti c'è Roger Federer, con 19 vittorie e 1

Contro i Top-10 Una statistica che dimostra quanto Nadal sia tornato ad essere protagonista, è quella della percentuale di vittorie contro i Top-10. Rafa fino a questo momento ha vinto 7 incontri su 10 contro i migliori 10 del Ranking, con il 70% di successo. Negli ultimi anni, quello dei match contro i giocatori di alto livello era stato proprio uno dei principali problemi dello spagnolo, che invece quest'anno è tornato a battere anche Djokovic, riducendo lo svantaggio negli scontri diretti (24-26 lo score attuale), e interrompendo una striscia di 7 partite e 15 set consecutivi persi contro il serbo. Nei Masters 1000 Altri numeri strepitosi del Rafa versione 2017, riguardano i Masters 1000. Il maiorchino ha vinto fino a questo momento 17 match su 19 in questa categoria di eventi, perdendo solo contro

Roger Federer, a Indian Wells e Miami. Con i titoli vinti a Monte-Carlo e Madrid, ha inoltre raggiunto i 30 successi, eguagliando nuovamente il rivale Djokovic, e riprendendosi il primato in comproprietà con il serbo. Con un eventuale successo a Roma, lo spagnolo tornerebbe quindi ad essere il giocatore più vincente nella storia dei Masters Series/1000. Al set decisivo Anche negli incontri terminati al parziale decisivo, Nadal nel 2017 ha ricominciato a vincere con buona continuità, portando a casa 2 dei 3 incontri al quinto set giocati all'Australian Open, e 3 dei 4 terminati al terzo set negli altri tornei, per un totale di 5 vittorie e 2 sconfitte in questa situazione di particolare pressione fisica e mentale. Nei Masters 1000 la statistica è ancora più positiva, con 3 vittorie in altrettanti incontri al set decisivo (contro Philipp Kohlschreiber a Miami, Kyle Edmund a Monte-Carlo e Fabio Fognini a Madrid). Numeri quindi molto positivi per Nadal, in una stagione in cui è attualmente il numero 1 della Race to London, e in cui ha ottime chances di tornare al numero 1 del mondo. Ma è soprattutto la


convinzione con cui lo spagnolo entra in campo, e la capacitĂ di giocare al meglio nei momenti decisivi, che ci fa pensare di poterlo rivedere presto in alto, con la possibilitĂ di conquistare il suo decimo titolo al Roland Garros.



Djokovic: crisi solo mentale? Marco Di Nardo

Ormai non si può più parlare di un semplice periodo di crisi. Novak Djokovic è in costante difficoltà, dal punto di vista tennistico, da quasi 12 mesi. Il serbo, dopo aver trionfato all'Open di Parigi 2016, non è più stato in grado di confermare il livello di gioco espresso nel periodo in cui ha dominato la scena tennistica mondiale. Così, a distanza di un anno, ci ritroviamo a commentare un giocatore che da numero 1 incontrastato, ha perso il primato alla fine della scorsa stagione, e a maggio del 2017 è solo il numero 17 della Race to London, la classifica che tiene contro dei risultati ottenuti nella stagione in corso. Si è parlato tanto dei problemi di Djokovic in questo periodo, e lo stesso vincitore di 12 prove dello Slam si è spesso espresso sui motivi del suo netto calo dal punto di vista dei risultati in campo. Novak ha ammesso di aver avuto problemi personali, e questo sembra poter dimostrare una differenza così importante tra il giocatore che ha vinto il Roland Garros, e quello che poco dopo ha fatto fatica anche a vincere partite contro tennisti teoricamente di livello molto più basso. Ma a distanza di mesi, la questione dei problemi personali non può essere più considerata l'unica causa del vistoso calo di Djokovic: se l'inizio della crisi è coinciso con quei problemi ammessi dal campione serbo, questo sembra poi aver portato ad una serie di modifiche, anche nel modo di allenarsi, che oggi non gli permettono ancora di tornare ai livelli di gioco espressi in un passato ormai non più così recente. D'altronde era stato lo stesso Boris Becker, allenatore di Novak dal 2014 al 2016, a rivelare come il suo allievo non si fosse più allenato come avrebbe dovuto, dalla vittoria del Roland Garros in avanti. Ma sono anche le statistiche a confermare come le difficoltà del serbo non possano essere solo di natura mentale. Djokovic, infatti, nelle ultime due annate, è stato praticamente imbattibile al set decisivo: nel 2016 ha vinto 9 partite su 10 al parziale decisivo, con l'unica sconfitta arrivata prima del periodo della crisi, ossia al primo turno del

Masters 1000 di Monte-Carlo contro Jiri Vesely; nella prima parte di questa stagione, sicuramente fallimentare dal punto di vista dei risultati, il record al terzo set (o quinto set nei match al meglio dei 5) è di 8 vittorie e appena 2 sconfitte. Sostanzialmente, dal post Open di Parigi 2016, Djokovic ha vinto 11 partite su 13, tra quelle terminate alla frazione decisiva, a dimostrazione di come in campo il serbo non sia sicuramente in difficoltà, almeno nei momenti importanti, dal punto di vista mentale. Al contrario, la condizione fisica di Novak appare molto peggiorata rispetto a un anno fa. Quei recuperi incredibili che gli permettevano di ribaltare l'esito degli scambi, quasi non si vedono più, e anche la risposta al servizio non è più quella dei migliori tempi. E quei pochi match persi al set decisivo in questo periodo, sono stati quelli più duri


dal punto di vista fisico, ossia l'unico terminato al quinto parziale, contro Denis Istomin all'Australian Open, e quello dei quarti di finale di Monte-Carlo contro David Goffin, con il belga che lo ha costretto a scambi interminabili e ad altissimo ritmo per tutto l'incontro, e il serbo che è apparso molto stanco in diverse situazioni. Sembra quindi logico pensare che alcuni cambiamenti nella vita di Djokovic, abbiano portato questo grande campione a dover rivedere il proprio programma di allenamento, e questo ha portato ad un calo dal punto di vista dei risultati, che si riflette anche sulla psiche del serbo, che in molte situazioni sembra essere fuori dal match dal punto di vista mentale. Nei momenti decisivi, però, il serbo riesce ancora a trovare grandi soluzioni, che gli permettono nella maggior parte dei casi di portare a casa diversi incontri combattuti, situazione che però non riesce a salvarlo quando c'è bisogno di un

match di livello più alto dal punto di vista fisico e della continuità. Il definitiva, il problema del serbo sembra essere non solo mentale, ma c'è una importante componente fisica, probabilmente legata alla situazione mentale, che a lungo termine diventa il principale motivo della crisi. Perché se la situazione psicologica può cambiare abbastanza velocemente, recuperare le capacità atletiche del passato è molto più difficile. Ma se Djokovic vuole tornare a vincere, deve cercare di lavorare proprio su questo. L'improvviso cambio di tutto il suo team,compreso lo storico allenatore, in questo senso, potrebbe aiutarlo. Ma bisogna anche vedere se sono cambiate le priorità nella vita del serbo, e se il tennis resta una delle voci ai primi posti della graduatoria.


La fantastica storia di Roger Federer Akshay

Ci sono molti aggettivi che possono essere usati per descrivere Roger Federer. Il campione dei record, vincitore di 18 titoli Grand Slam e che è in lista per vincere il suo 19mo, Federer è rispettato e amato dai suoi fan e seguaci ed è considerato un vero dio del tennis. La sua scioltezza in campo e la sua naturalezza mentre distrugge i suoi avversari e segna punti su punti non lo rendono un immortale che può essere sconfitto dal più potente dei servizi.

Dagli anni di dominio, dal 2003 al 2012, alle fatiche del 2013, i fan non hanno mai lasciato solo lo svizzero. Infatti, migliaia di fan decantano il suo nome quando scende in campo con la sua importante aura e la sicurezza che trasmette e che fa di Roger Federer una personalità che rimarrà nella storia dello sport.

Come meglio immortalare questa leggenda se non mostrando un cartellone, grande quando una stanza, e mostrare al mondo che devi essere Roger Federer per “essere Roger Federer”. Il suo cartellone ha su scritte le parole “Shh!! Silenzio, Genio al lavoro!!” ed è la quarta versione che si fa vedere ai suoi match tra la folla. Questo cartellone è stato disegnato dai suoi fan da tutto il mondo dopo una discussione su rogerfederer.com. La prima volta che il cartellone ha visto la luce è stato ai Sony Ericsson Open del 2006, fatto di tessuto rosso e nastro adesivo bianco che è stato usato per la scritta. Il cartellone è stato considerato letteralmente come una torcia olimpica, passando di mano in mano ai fan

durante gli anni. Un gruppo ristretto di 15 fan è stato designato per prendersi cura del grande cartellone: ovunque Federer va, il cartellone lo segue. Ad Indian Wells la persona su cui cadeva la responsabilità era Kathy Woodward, una scrittrice freelance di Pasadena che ha di recente sventolato il cartellone al torneo


quest’anno e l’ha poi spedito in Francia per la stagione Europea. La prima versione del cartellone è stata presentata a Roger nel 2007 ai Miami Open. Il secondo cartellone, sempre in tessuto e con le parole dipinte a mano, è stato ritirato nel 2009 dopo essere stato autografato da giocatori di primissimo livello. Agli Australian Open del 2010, dove Federer vinse il suo 16mo titolo Grand Slam, il terzo cartellone debuttò e fu presentato a Roger Federer nel 2012. Dal 2012 ha viaggiato per il mondo e i fan vogliono che quest’ultimo duri fino al ritiro del maestro, al suo ingresso nella Hall of Fame del tennis e ad una possibile apertura di un museo

in futuro. Date le sue grandi dimensioni il cartellone non è ammesso a Wimbledon o agli US Open, ma dei tenaci fan sono riusciti a farlo entrare nell’Arthur Ashe Stadium a New York in un’occasione. Da dove arriva però lo slogan? E’ stato ispirato da un articolo del 2006 del San

Diego Tribune dopo che Fedex vinse il Pacific Life Open e da allora ha viaggiato per oltre 17000km intorno al mondo. Roger Federer ne ha anche fatto un libro con foto dei fan con il cartellone e il “Genius Banner Oath”, che ha richiesto 5 mesi per essere compilato dai fan di tutto il mondo. Alcuni altri cartelloni sono stati fatti per Roger Federer durante il suo regno, tra cui uno che riporta la scritta “..e Dio creò Roger Federer”. Non sono però solo i cartelloni che sono stati usati per mostrargli l’affetto del pubblico, ma il merchandising prodotto in tutto il mondo ha sempre giocato un ruolo speciale per il campione.

Nel 2008 un gruppo di fan Australiani ebbe addirittura l’idea di creare la prima arca mobile convertendo un van, un Tarago del 1988, per consegnare la posta dei fan. L’idea fu un successo sia tra i fan che tra i media sin dall’inizio.


titoli e vittorie con grazia e umilta ̀ e continuare ad ispirare i suoi estimatori. Roger ha continuato ad avere successo incredibile nel tennis perche ́ si e’ aperto ai cambiamenti.

Roger Federer Nick Bollettieri

Sono stato in giro per il mondo il tennis per 60 anni. Personalmente ho assistito ai match di molti grandi giocatori come Rod Laver, John McEnroe, Jimmy Connors, Pete Sampras, Andre Agassi, Rafa Nadal, Arthur Ashe, Poncho Gonzalez, Lew Load, Chris Evert, Martina Navratilova, Billie Jean King, Margaret Court, Maureen Connolly, Serena Williams, Venus Williams, Monica Seles, Justine Henin e altri. Tra i grandi che ho avuto il privilegio di vedere, c'e ̀ un giocatore che si distingue sia sul campo che fuori dal campo, per il suo gioco, per

tutto quello che fa fuori dal campo, per la sua capacita ̀ di ispirare sia sul campo sia fuori dal campo. Perche ́? Dio ha benedetto Roger con il talento e la capacita ̀ di essere un modello dentro e fuori dal campo; e Roger ha accettato ed abbracciato questo suo ruolo. Ci sono solo poche persone (e voglio dire veramene pochi( che possono vincere Grandi Slams e Master 1000, essere un figlio modello, un coniuge e genitore, essere un vero gentiluomo e donare anche a bambini in difficolta ̀. Roger non solo e ̀ stato in grado di fare tutto questo fin dai quando aveva 20 anni , ma anche adesso, all'eta ̀ di 35 anni, ha continuato a conquistare

Non e ̀ facile per un campione che ha gia ̀ vinto tanti grandi tornei di slam , apportare modifiche al proprio gioco, anche se questo gioco gli ha dato cosi ̀ tanto successo. Tuttavia, e ̀ proprio quello che Roger ha fatto. Ha scelto una nuova racchetta con una testa piu ̀ grande e piu ̀ morbida. Questo lo ha aiutato a gestire colpi di topspin e ha dato piu ̀ incisivita’ a tutti i suoi colpi. Ha anche iniziato a stare con i piedi piu ̀ vicino alla linea di base, anticipando la palla. Il suo gioco e ̀ diventato molto piu ̀ aggressivo, per cui ora cerca di avvicinarsi alla rete subito e di chiudere il punto. Ha un servizio molto preciso. Il piatto corde piu ̀ grande gli ha reso piu ̀ facile il servizio, senza sacrificare la precisione. Ha mantenuto in qualche modo la sua agilita’ in campo, all'eta ̀ di 35 anni. E’ ancora esplosivo e puo ̀ muoversi in campo come un giaguaro. Il suo incredibile diritto non ha perso nulla, i suoi dropshot e volee sono diventati piu ̀ efficaci nel corso degli anni, e Roger sa


esattamente quando utilizzarli. Fuori dal campo, Roger si e ̀ circondato di persone che condividono i suoi principii, la disciplina, gli ideali e la passione per il gioco. Il suo team sa gestire bene la programmazione dei tornei, con un calendario non troppo fitto. Roger ha anche una vita familiare felice e sana, facendola diventare una priorita ̀ nella sua vita. Inoltre, Roger si impegna a sostenere alcune Associazioni impegnate nel sociale e soprattuto nei bambini. Ha istituito la Roger Federer Foundation che fornisce servizi educativi a centinaia di migliaia di bambini , in Africa. Poiche ́ l'istruzione e ̀ fondamentale del nostro mondo, non ci puo ̀ essere un progetto migliore che fornire supporti educativi per i bambini che non dispongono di tali opportunita ̀. Ben fatto, Roger! Ci sono solo pochi giocatori nella storia del tennis che ammiriamo : un modello sia sul campo sia fuori come Roger Federer. Per informazioni su IMG Academy contattare Fiorella Bonfanti cell. 348/0357450 email fbsports57@gmail.com




Maria Sharapova: Un’icona della moda del tennis Akshay

‘Con il tempo ho imparato che quello che conta in un vestito è la donna che lo indossa’, disse Yves Saint Laurent. Per raggiungere qualcosa, dobbiamo puntare molto in alto. Alcuni dicono: punta al cielo e raggiungerai il tetto, punta al tetto e rimarrai per terra. La moda dice che Maria Sharapova, l’incarnazione della moda nel tennis, rende giustizia a questo detto. Innegabilmente la moda del tennis ha avuto un lungo corso negli anni. l’apparenza naturale e femminile di Maria è sempre stata la migliore. Lei adora indossare lunghi orecchini in campo e non ha paura di superare il limite quando si parla di outfit unici. In un’intervista le è stato chiesto se le piacesse essere una fashion leader o se seguisse qualcuna, e ha risposto di no a entrambe le domande: lei non vuole nè seguire nè iniziare. E’ interessante essere unica ma lei consiglia che bisogna indossare quello che si considera comodo e non quello che è alla moda. Le star dello sport non sono sempre a braccetto con la moda. A volte la


collaborazione sembra essere forzata, oppure il risultato semplicemente non è abbastanza fashion. Comunque quando un atleta come Maria Sharapova è riconosciuto come un’icona del fashion, vale la pena dare un’occhiata da vicino per vedere cosa attira di più l’attenzione e che la gente nota. Verosimilmente non c’è nessun altro giocatore nella WTA tour che personifica la simbiosi fra performance e stile in campo con tanta efficacia come Maria. Fuori dal campo, Maria ha fatto una serie di copertine sportive posando con costumi da bagno, ed è stata scelta come la testimonial di molte fashion houses. Sharapova in collaborazione con Cole Haan sono usciti con la loro collezione personale di borse e calzature qualche anno fa. Hanno iniziato con disegni, tavole di legno e ispirazioni dalle star del tennis. Maria ha infuso dettagli della sua personalità giocosa in ogni dettaglio della linea, dalla lingua cerata delle scarpe agli straps incrociati a catena delle borse e delle scarpe. Maria sul campo promuove il megabrand sportivo Nike. Il suo kit include alcune gonne molto chic, vestiti e scarpe costruiti per correre in giro per il campo. Sharapova ha detto che preferisce usare colori dai toni neon nei suoi design, che sono


molto più in voga oggigiorno. Lo stile personale di Maria è tutto concentrato su colori a pastello decorati con delicati gioielli. E’ anche la testimonial degli orologi Tag Heuer ed è apparsa in molti dei loro cartelloni stampati con alcuni dei loro design eleganti al polso. La celebrità del tennis ha detto che lei indossa il modello 32mm di acciaio e ceramic diamond della linea del marchio svizzero. Maria ha anche la sua giusta quota di critiche riguardo i suoi vestiti. Nel 2008 la russa 154esima al mondo, Alla Kudryavtseva, disse che lei riesce a battere Maria grazie al suo outfit. La ventenne ha aggiunto candidamente che non le piace la sensibilità alla moda della Sharapova. Forse per sottolineare la rivalità con la sua frase sullo stile, le sue testuali parole sono state: “non mi piace come si veste. Ve la dico così: è stato una delle mie motivazioni per batterla”. Ignorando tutto questo, Maria Sharapova è ancora quella che riesce ad alzare la temperatura sul campo da tennis. Non è solo il suo gusto e la sua sensibilità che la porta a essere apprezzata da molti, ma anche la sua sicurezza e la sua natura modesta che la distacca dalle altre donne del mondo del tennis. Con il suo caratteristico urlo quando colpisce la palla, scambio di battute con i media dello sport, o il suo charm nel persuaderci a non comprare una camera digitale, lei è la portavoce dell’atleta femminile in cui bisogna riconoscersi.



Maria Sharapova: tra etica ed estetica

Alessandro Mastroluca L'etica e l'estetica. I principi e la ricchezza. L'opportunità e lo stile. Masha divide, polarizza attenzioni, estremizza reazioni. I tifosi, soprattutto italiani, si schierano e in gran parte contro Sharapova. La vicenda delle wild card al Foro Italico, l'invito non concesso a Schiavone, lo schiaffo morale di Tiriac, diventano l'occasione per esacerbare l'ennesimo dualismo che condiziona la vita sportiva degli

appassionati. Guelfi e ghibellini, pro e contro Masha, come se l'invito alla siberiana avesse tolto il posto a Francesca. La questione, ovviamente, è più complessa, coinvolge ruolo, appeal e scopo delle prequalificazioni, ed è ancora principio contro business. Ma questa è un'altra storia. Quella di Sharapova, ripresa a Stoccarda contro Roberta Vinci, è ripartita con le lacrime per la prima vittoria e i dubbi per le prime sconfitte. Al primo terzo set giocato si è arenata contro Mladenovic, alla Caja Magica, diventata "cimitero delle big" nelle prime giornate, ha mostrato un lato umano, troppo umano contro Mirjana Lucic-Baroni, prima di alzare bandiera bianca a

quella Bouchard che si era avventurata in una critica aspra dondole dell’imbrogliona. Ogni risultato, ogni prestazione e controprestazione finiscono per essere, comunque, il vessillo di una fazione: se perde, vuol dire che prima il meldonium lo prendeva davvero, e per migliorare le prestazioni; se vince, c'è chi è pronto a pensare, anche solo a sospettare, che la pratica non sia affatto finita con i due anni di squalifica. Un giornalista inglese, dopo il nuovo esordio, ha posto l'unica domanda che davvero contasse, la domanda che tutti avrebbero voluto fare: se assumevi il meldonium per ragioni mediche, e ora è proibito, con cosa l'hai


sostituito? Mutatis mutandis, il suonatore Jones al mercante di liquori. La non risposta di Masha, l'appellarsi comprensibile e giustificabile alla privacy, come ogni silenzio parla a tutti con una lingua e con un messaggio diverso. La non risposta di Sharapova, che ha detto di aver comunicato alla WTA la nuova sostanza ma senza ulteriori specifiche, è lo schermo di una campionessa del business. Una donna in carriera che sulle confezioni delle Sugarpova ha fatto scrivere “senza meldonium”. Altro che ragioni del cuore, gli affari sono affari. Ma in questa stagione di transizione senza stelle vere, senza Azarenka e Serena per

alterne pause maternità, senza Kvitova, con una Kerber sempre meno calata nel ruolo di numero 1 e di gestirne gli oneri, l'assenza prolungata ha aumentato l'importanza di Sharapova per tutto il circuito. Tutti parlano di lei, quando gioca e quando non gioca, tutte parlano di lei. E nei giudizi velenosi delle rivali, Bouchard su tutte, si può vedere non solo il sospetto che sempre accompagna chi torna dopo una squalifica (chiedere per credere al recidivo Odesnik). C'è una quota di timore per una giocatrice che, dopo due anni, comunque torna ed è competitiva, che non ha punti da difendere e dopo un torneo ha avvicinato la top 250. La vendetta, e nessuna come Sharapova lo sa, è un piatto da consumare freddo. La vera questione, però, adesso è un'altra: Masha avrà la possibilità di cucinarlo? “Per i giovani, per i bambini, aiutare chi è stato trovato positivo non va bene” diceva Halep. Ma non c'è giocatore che non si sia espresso sul tema della stagione. E non c'è dubbio che l'attenzione abbia aumentato la pressione sugli organizzatori del Roland Garros, chiamati a decidere se invertire l'iniziale posizione della federazione francese sulla wild card alla

siberiana. La difesa del principio etico, comprensibile in un ambiente che ha preso una posizione inequivoca di fronte ai dubbi intorno a Nadal e agli sportivi spagnoli dopo l'Operacion Puerto, non può certo stupire. Come non stupisce l'altezzoso distacco dei Championships, che non cambiano la politica che ha guidato ogni scelta a Wimbledon, nella buona e nella cattiva sorte. “L'evento è più importante dei singoli giocatori” dicevano nel 1973, all'epoca del boicottaggio e della peggiore crisi che l'ATP abbia mai dovuto attraversare nella sua storia. “Wimbledon è uno spettacolo più grande del ritorno di Sharapova” dicono oggi. La differenza, come la ventilazione in certe datate radiocronache, è inapprezzabile. “Non è facile esprimersi su Sharapova”, ha detto a Sport 360 Kokkinakis, che qualcosa sa di cosa significhi trovarsi al centro dell'attenzione per una controversia extra-sportiva. “Una volta ho fatto i complimenti a Dimitrov, il suo ex, dopo il fidanzamento con Nicole Scherzinger e ho dovuto rispondere a un'armata di tifosi di Sharapova. Se davvero hai


barato, per me non dovresti avere una wild card. Ma d'altra parte capisco la posizione del Roland Garros e dei tornei che la vogliono in tabellone”. E in questa storia di sfumature, con il direttore del torneo di Auckland che già annuncia la volontà di invitarla scatenando altre polemiche, anche se peraltro potrebbe avere a quel punto la classifica per entrare direttamente in tabellone, la sottigliezza è solo apparentemente semantica. Masha, che per Anne Keothavong, capitano britannico di Fed Cup, sarebbe in teoria una delle possibili favorite per il titolo al Roland Garros, ha scontato la squalifica, è una giocatrice come le altre ora. È stata positiva al meldonium, ha pagato la sua pena per il doping. Ma ha barato? Per gli stessi giudici dell'ITF no. Ma tra l'etica e l'estetica la distanza già cresce.



Roger Federer e Stanislas Wawrinka: migliori amici nel tennis?

diverse, sembra che funzioniamo bene insieme. Io sono estroversa, mi piace uscire e parlare molto. Angie è una persona che, invece, si trattiene. C’è un feeling molto positivo tra di noi e questo è fantastico perché ci siamo scontrate 15-20 volte quando eravamo nei juniores.”

Fare amicizie nello sport competitivo è una cosa molto difficile e richiede di lasciare da parte le rivalità in campo e il gossip fuori campo. Per questo le professioniste del tour WTA hanno più difficoltà degli uomini del tour ATP a stringere un legame con le loro controparti femminili. Un esempio di questo può essere Maria Sharapova, che probabilmente non piace così tanto alle sue compatriote. Tuttavia ci sono alcune donne nel tennis la cui amicizia ha resistito alla prova del tempo ed è stupendo vedere come la loro rivalità in campo passi in secondo piano quando si parla di amicizia. Alcune di queste donne sono Victoria Azarenka e Alona Bondarenko, Andrea Petkovic e Angelique Kerber, Svetlana Kuznetsova e Anna Chakvetadze, Sorana Cristea e Ana Ivanovic, ecc.

Anna Chakvetadze e la sua relazione con Elena Vesnina e Svetlana Kuznetosova. L’ormai ritirata professionista russa e ex n°5 al mondo ha avuto una carriera corta. A causa delle sofferenze portate dalla Sincope Neurocardiogenica e un persistente problema alla schiena, questa giocatrice di punta ha dovuto ritirarsi presto, nonostante la sua relazione con le compagne russe le cui carriere sono state molto più floride. Con i social network che molto spesso ospitano foto delle tre con come descrizione: “Le amiche con cui sono cresciuta”, l’amicizia del trio rimane sopra tutto il

Akshay

Sorana Cirstea e Ana Ivanovic: La rumena Sorana Cirstea condivide un profondo legame con la giocatrice serba Ana Ivanovic. La loro amicizia è così profonda che Cirstea una volta commentò: “Siamo così simili in tutto che a volte non dobbiamo neanche parlarci per sapere cosa stiamo provando. E’ così bello avere una persona come lei e spendere così tanto tempo insieme ai tornei. E’ così bello avere qualcuno che puoi considerare famiglia.” Angelique Kerber e Andrea Petkovic Le compagne tedesche sono amiche da ormai parecchio tempo. Il fatto che il loro rapporto che hanno sia stato buono fin dall’inizio le ha permesso di vincere le partite con convinzione. In un’intervista ad USA Today nel 2013, parlando del contingente tedesco ai Sony Open, Andrea Petkovic spese solo buonissime parole per la sua compagna: “Angelique Kerber è una mia grande amica, è venuta ad allenarsi con me dove vivo dopo una serie di sconfitte e poi è arrivata alle semifinali degli US Open del 2011. Condividiamo molte cose ed è divertente perché abbiamo personalità molto


resto.

ad una line-up di star all’Hopman Cup nel 2013).

Stanislas Wawrinka e Roger Federer Gli svizzeri n°1 e n°2 al mondo ad oggi condividono un’amicizia impeccabile nonostante la competizione e la rivalità che il gioco comporta. Dopo la primissima vittoria di Stan al Grand Slam, Roger Federer si assicurò di fargli i complimenti e di dargli il benenuto nell’elite del Grand Slam.

Andy Murray e Ross Hutchins Tra le amicizie più strette nel mondo del tennis i due membri della Davis Cup hanno condiviso una grande amicizia per gli ultimi 16 anni. La rivelazione shock di Ross Hutchins riguardo il suo linfoma ha causato scompiglio, ma le speranze rimangono alte e Andy non fa altro che pregare per la salute del suo amico. Dopo che Murray ha sconfitto Grigor Dimitrov al Brisbane International nel 2013, ha dedicato la sua vittoria al suo amico. Preso dall’emozione, Murray ha dichiarato: “Starai bene, riuscirai a superare anche questa.”

Novak Djokovic e Ana Ivanovic Questi due compagni serbi sono amici da quando avevano 4 anni. La loro relazione è rimasta forte sin da allora. Nonostante gli sporadici lamenti di Ana riguardo le imitazioni imbarazzanti che lui le fa, ammette che l’unico motivo per cui le fa è per darle fastidio. I due hanno viaggiato insieme sin dai giorni dei junior e provano sempre a giocare insieme non appena ne hanno il tempo (i due hanno partecipato


Mischa e il ritorno del serve and volley Alex Bisi

Quante volte abbiamo sentito dire:”Ah quanto mi mancano i tempi del serve e volley, ora è tutto scambi da fondo.”? Un numero infinito di volte, i nostalgici rimpiangono il gioco di tocco, ma cʼè ancora unʼesponente che lotta contro lo strapotere degli scambi prolungati, Mischa Zverev, fratello maggiore del più quotato Alex. Ora che inizia la stagione su terra, il suo gioco è un poʼ più penalizzato, ma se

analizziamo lʼinizio di stagione di Mischa avremo numeri importanti sulle caratteristiche di gioco del giocatore che in Australia ha eliminato Andy Murray, finalista nel 2016. Proprio a Melbourne, ha effettuato serve & volley nellʼ88% dei suoi punti di servizio(119/135), vincendone il

59%.Interessante notare che ha vinto solo il 48%(48/71) dei punti dalla linea di fondo, che dimostra quale sia la sua caratteristica di gioco più efficace. Nei 5 incontri disputati in Australia ha giocato più punti in serve&volley che dalla linea di fondo, per la precisione 289 su 459 di volo, e 169 su 348 dalla linea di fondo. Il buon inizio di 2017 gli è valso il suo best ranking,il 27 febbraio alla posizione 30. Per lui nessun titolo finora in carriera in singolare,mentre in doppio vanta 3 affermazioni, la più recente con il fratello Alex a Montpellier, le altre a

Tokyo ed Halle nel 2008 assieme al russo Youznhy. Ora per il 29enne tedesco inizia un periodo dove il suo gioco risulta meno efficace, in attesa dellʼerba estiva e del cemento estivo dove potrà far di nuovo valere il suo gioco di tocco.



Lucas Pouille: il nuovo Noah o un altro Tsonga? Giorgio Perri

Il sogno di una notte di mezza estate catapultato nel ventunesimo secolo. A 365 giorni dalla disfatta che fa vacillare un'intera generazione. L'indifferente cielo di New York - che osserva in maniera beffarda i vincitori e i vinti - non lascia scampo a nessuno. Ed è la citta che non dorme mai a togliere il sonno agli eroi, a spezzare gli incantesimi, a distruggere le speranze. Il fitto mare nero che maestoso domina l'Arthur Ashe Stadium - e che nelle calde nottate settembrine si lascia stuzzicare dal gusto della rivalsa - non disdegna le sorprese e le favole degli impavidi. La Grande Mela ha battezzato anche Lucas Pouille, noto al pubblico italiano per più di un motivo. Non è un predestinato, non ha il fascino del maledetto, non è nemmeno un talento straordinario. Ma Lucas ha l'espressione di chi ha qualcosa da dimostrare, gli occhi di chi vuole vincere, il coraggio di chi vive con la

necessità di migliorare. E' il 2016 maledetto di Nadal, che ha ancora impresse nella mente le immagini di Fognini. Ma è solo con un balzo indietro nel tempo che il lungo e lento processo di maturazione di un ragazzino che imbraccia la racchetta in mano a 8 anni trova pace. E che spacca il cielo in due come un fulmine a ciel sereno. Quando inizia ad allenarsi a Grande-Synthe, quando non va mai oltre la piazza numero 21 del ranking a livello juniores, quando per un problema con il visto si ritrova chiuso 7-8 in una cella uzbeka, Lucas perde il bandolo della matassa e vacilla. Una carriera frammentata e spezzettata da indecisioni si incanala su

binari più favorevoli sul finire del 2013, quando passa a Losanna una settimana con Stan Wawrinka. Ma non è solo il cielo di New York. Sono anche le luci artificiali di Parigi-Bercy, le statue che circondano il Pietrangeli, i prati di Church Road. All'ottava apparizione in un tabellone ATP trova Fabio Fognini e con il più grande squillo in carriera si guadagna il test più prestigioso possibile. Contro Federer. Non vince, non fa nemmeno partita pari, ma esce ridimensionato dal torneo di casa e mattoncino dopo mattoncino costruisce le basi per un futuro vincente. Lucas è un giocatore duttile, ben


piazzato fisicamente, in grado di fare male con i colpi in uscita dal servizio. Si rivela capace - giorno dopo giorno - e competitivo su tutte le superficie, così quando con un colpo di fortuna viene ripescato a Roma - nel 2016 - diventa il secondo lucky loser della storia a issarsi fino alle semifinali con un torneo che si interrompe per mano di Murray. Il 22enne legittima i progressi con un miracoloso quarto di finale a Wimbledon. Alla prima volta sull'erba spezza la difesa di Del Potro ed esce vincitore da una sfida che finisce 10-8 al quinto con Tomic: diventa il primo da Yannick Noah a raggiungere due quarti di finale prima dei 23 anni. Ma non è tutto.

Perchè il grande cerchio fa un giro completo in America. C'è soprattutto Flushing Meadows. La sfida con Nadal che apre le porte del paradiso. Lucas diventa definitivamente un giocatore coraggioso, tignoso, che nel match più importante in carriera prende la rete 63 volte e recupera un break di svantaggio nel set decisivo. Un giocatore affamato e senza paura, rinvigorito dalla prospettiva di dare una svolta a una carriera in rampa di lancio. Ed è quella vittoria che fa da sfondo al primo titolo in carriera, a Metz, qualche mese dopo. Evidenti sono anche i progressi che stanno accompagnando Pouille nel 2017. Un Pouille che tira

forte, che ha nel dritto un'arma potentissima, che nella stessa misura ha un equilibrio di fondo incommensurabile. Sulla terra di Budapest ha centrato il secondo titolo in carriera e a 23 anni ha estratto dal mazzo tutte le carte in regola per diventare uno dei migliori giocatori del circuito. Ormai stabile nei primi 20, la preda è diventata predatrice. La Francia si gode l'ennesimo gioiellino di un lotto che con Monfils, Gasquet e Tsonga - continua ad avere nel futuro un posto di tutto rispetto. In prospettiva, e sulle basi di un circuito a caccia di nomi nuovi e di conferme, Pouille si frappone perfettamente nella generazione di mezzo. Tra Kyrgios, Zverev, Nishikori e Dimitrov. Con uno stile di gioco spumeggiante e un armamentario piuttosto vario. Il punto di domanda è, quindi, di natura prettamente logistica: il futuro regalerà al tennis mondiale un nuovo Noah o dovrà accontentarsi di un altro Tsonga?


I più grandi fratelli nel Tennis Akshay

Il tennis è un gioco i cui le relazioni di amore e odio fra giocatori sono possibili, grazie alla natura di questo sport duro, competitivo e affascinante. I rapporti personali sono una pietra d’angolo dell’essenza di questo gioco, e i giocatori non possono condividere completamente un rapporto di amore con il loro avversario, o di odio assoluto e competitività. Comunque ce ne sono alcune che fanno venire in mente una relazione amichevole, ed è quella che esiste fra fratelli. Il mondo del tennis ha

fatto da testimone a varie coppie di fratelli che condividono entrambi i rapporti di rivalità in campo e cameratismo fuori. Fra i fratelli più famosi, i nomi che vengono in mente prima sono le sorelle Williams, Venus e Serena, e chiaramente anche i fratelli Bryan. Le sorelle Williams Nel 2002 Serenza Williams era classificata

numero 1 nel WTA, e la sua sorella maggiore era seconda. John Mcenroe disse: “è una storia che non si era mai sentita. Non era mai successa nel tennis e non penso neanche in qualsiasi altro sport, che il primo e il secondo debbano affrontarsi uno contro l’altro ed essere così vicini e apparentemente tanto affezionati”. Classificate fra le 100 celebrità più ricche e potenti dalla rivista Forbes, entrambe le sorelle hanno mostrato una grande forza e aggressività in campo sin dal giorno in cui hanno iniziato a farsi notare. A partire da quando erano bambine, durante le sessioni di allenamento il loro padre Richard Williams evitava di farle giocare partite competitive una contro l’altra, dato che temeva che avrebbe rovinato la reputazione della famiglia.

A causa del loro ranking, ci sono state occasioni in cui le due sono capitate una contro l’altra, ma si è notato che in questi momenti Venus abbia giocato partite senza vitalità e energia. Richard Williams è stato anche accusato di falsare le partite e decidere prima quale delle figlie dovesse vincere. Lui ha comunque negato queste accuse e disse che chiedeva solo alle loro figlie di dare il massimo. Alle semifinali di


Wimbledon 2000, quando Serena perse la partita contro Venus, scoppio a piangere. Il loro padre disse che per Serena perdere equivalesse a morire. Le sorelle sono sempre state una contro l’altra in 8 finali di Grandi Slam. Comunque, se considerate assieme, le sorelle Williams giocano anche i doppi e sono la coppia numero 1 con 13 titoli del Grande Slam inclusi un Career Golden Slam con 3 medaglie olimpiche. La loro capitalizzazione netta, in premi in denaro, è di 102,7 milioni di dollari.

Insieme questi due fratelli sono rimasti in testa per un tempo da record di 355 settimane. Con 15 titoli di Grandi Slam in doppio e la medaglia d’oro delle olimpiadi del 2012, questi alumni dell’università di Stanford all’età di 35 anni stanno ancora giocando il più bel tennis ad oggi, e si spera che possano continuare così per gli anni a venire.

I fratelli Bryan Mike e Bob Bryan, i gemelli omozigoti (primi nel loro genere nel tennis a questo livello) sono leggende nei doppi. Mike è il più vecchio dei due, con circa 2 minuti di più, ma è più basso

Marat Safin e Dinara Safina Entrambi ex n. 1 al mondo e il primo duo fratello-sorella ad avere raggiunto questo risultato, si sono ritirati dal mondo del tennis relativamente presto nelle loro rispettive carriere. Marat Safin, conosciuto per i suoi sfoghi emotivi in campo e per il suo stile di gioco, è stato definito il giocatore più

dell’altro di circa 3 centimetri. Hanno un’abilità apparentemente innata di comunicare fra di loro, rendendoli dominanti in campo. Con la mossa caratteristica di sbattere il petto in salto uno contro l’altro quando vincono un punto, i fratelli Bryan condividono anche una passione fuori dal campo, ovvero la musica. Sono entrambi parte di una band rock n’ roll chiamata “the Bryan Brothers band”.

talentuoso del tardo decennio ’90 e primo 2000. All’età di 19 anni, quando Marat vinse contro Pete Sampras vincendo tutti i set nella finale degli US Open a Flushing Meadows nel 2000, si guadagnò molti cuori e una forte base di tifosi, tutti che idolatravano il suo stile di gioco non tradizionale e un ancora più strano posizionamento in campo.


Alto 1.92 metri, il Safinator era conosciuto per i suoi scatti d’ira in campo e chiaramente per il suo amore per la sorella, più piccola di 6 anni, Dinara. Quando è stata incoronata come prima nel ranking WTA ed era stata sommersa da un marea di critiche, Marat sostenne la sorella al cento percento dicendo: “Non ha fatto lei il ranking. Prendetene atto e lasciatela stare”. Il ritiro di Safina è stato annunciato da Marat a causa di un infortunio cronico alla schiena; giocò gli Open della Malesia del 2011 e decise di finirla lì. Lei ha comunque deciso di prendersi più tempo prima di ritirarsi definitivamente dallo sport. Safina era famosa anche per la sua rivalità in campo con Svetlana Kusnetsova e Elena Dementieva.

Huber. Jaime è conosciuto come giocatore britannico, mentre Andy si definisce sia britannico che scozzese, a volte tendendo più verso la componente scozzese. Con un totale approssimato di 33.9 milioni di dollari in premi totali fra entrambi, i fratelli hanno davvero un forte legame, sia di amore fraterno che a volte di odio, fuori dal campo. All’età di 10 anni, Jaime ha tirato un pugno sulla mano sinistra di Andy per averlo stuzzicato tanto. Il colpo ha lasciato un bozzo permanente sull’anulare di Andy, e l’unghia non gli è più cresciuta sin da allora. Jaime Murray comunque non è mai stato geloso del successo del suo fratello più piccolo. Dopo la sua vittoria agli US Open del 2012, Jaime ha commentato dicendo

Jaime Murray e Andy Murray Citato come uno dei 4 grandi del tennis maschile, Andy Murray è decisamente il fratello Murray più famoso. Ma Jaime, quarto classificato nel doppio inglese, è riuscito a scolpirsi il proprio posto fra i vincitori di questo sport. Ha vinto Wimbledon in doppio misto nel 2007 con Jelena Jankovic, ed è arrivato secondo agli US Open del 2008 con Liezel

che Andy meritava il trionfo dopo tutto il duro lavoro e dedizione. Avendo giocato con quasi 14 diversi partners solo nel 2013, Jaime Murray spera di non rimanere nel mondo del tennis come il fratello dimenticato di Andy, e con l’avere portato a casa un titolo di Wimbledon i Murray sono praticamente una squadra, con la presenza ubiquitaria di Judy Murray ad ogni singolo match che i suoi figli giocano.



Se gli atleti professionisti devono seguire un rigido regime alimentare per rendere ai massimi livelli le nostre stelle del tennis non sono della stessa filosofia. Da Bjorn Borg, che mangiava cheeseburger e beveva birra nel bel mezzo di un torneo a Suzanne Lenglen, che era abituata a bere tra le varie partite, le star del tennis hanno strani modi di prepararsi ad un match. Fuori dal mondo del tennis, i fan credono che le loro star preferite seguano un regime molto rigido quando si parla di cibo. Infatti la maggior parte crede che tutti i giocatori siano come

Patty Schnyder ossessionata dal succo d’arancia? L’ex n°7 al mondo Patty Schnyder fu parte di una generazione d’oro dalla Svizzera che iniziò con Martina Hingis e continua tuttora con Roger Federer e Stanislas Wawrinka. La svizzera ebbe un grande potenziale, ma sembrava avere altre cose a cui pensare. Patty era seguita dai media tutto il tempo e si innamorò di un uomo di mezza età che si definiva “terapista naturale” e che sosteneva di aver trovato la soluzione perfetta per farla diventare la numero 1 al mondo. Il suggerimento era di diventare vegetariana e bere moltissimo succo d’arancia. Sempre questo terapista sosteneva di aver trovato la cura all’AIDS, giusto per far capire di che personaggio stiamo parlando.

Novak Djokovic e che quindi non si avventurino oltre le diete prescritte dai dietisti. Anche io ero parte di questo club, solo per essere sorpreso quando ho scoperto delle diete di certi incredibili giocatori. Mentre alcune di esse sono inusuali, altre sono come veleno per qualsiasi astro nascente. Ecco una lista delle 5 diete più strane delle nostre star del tennis.

Le bevute di Suzanne Lenglen La leggendaria francese Suzanne Lenglen fu una ribelle: in un tempo in cui le donne indossavano ancora i corsetti in campo, lei si rifiutò. Infatti mostrò anche le caviglie ogni tanto, causando un certo clamore al tempo. Se questo non bastasse, la ciliegina sulla torta fu la sua abitudine di BERE sul campo. Ebbene sì, la

Le strane diete nel Tennis Akshay


Lenglen era solita portarsi una fiaschetta di brandy che sorseggiava tra i match. La cosa sembra l’abbia aiutata dato che sembrava giocare meglio una volta che il brandy avesse fatto il suo effetto. Il viaggio di Martina Navratilova: dai Big Mac alle verdure al vapore. Mentre Martina Navratilova rimane probabilmente la migliore giocatrice di tennis di tutti i tempi con 59 titoli Grand Slam a suo nome, tutto questo non è accaduto in una notte. La Navratilova infatti sviluppò una passione per il fast food quando si mosse dalla Cecoslovacchia agli Stati Uniti. Ad un certo punto fu 10 kg sovrappeso, tanto da guadagnarsi il nome di “Grande Larga Speranza”. La Navratilova, tuttavia, diede una

svolta alla sua carriera abolendo i cheeseburger e mangiando solo verdura al vapore durante la sua carriera. Menu fisso per un titolo Wimbledon: il segreto di Goran Ivanisevic Il trionfo di Goran Ivanisevic a Wimbledon nel 2001 e una delle storie più romantiche di un trionfo al Grand Slam. Il croato ha mancato il

titolo tre volte in passato e nel 2001 decise di non lasciarselo sfuggire ancora. Oltre a non lavarsi per tutta la durata del torneo, Goran si concedette sempre e solo lo stesso menu: dopo un antipasto di zuppa di pesce c’era agnello e patatine, seguito da gelato con cioccolata calda. Il tutto nello stesso ristorante, per 15 giorni di fila. Bjorg “uomo di ghiaccio” Borg: impassibile anche nelle sbornie? Il leggendario svedese Bjorn Borg fu soprannominato “uomo di ghiaccio” per via del suo freddo temperamento in campo. Questo si riflette anche nella sua capacità di essere impassibile agli effetti dell’alcool del giorno dopo. Secondo il controverso libro “Show Circuit” di Michael Mewshaw, che si basa sulle

sue esperienze con le più grandi star degli anni ’80, Borg beveva grandi quantità di birra, mangiava cheeseburgers e occasionalmente si faceva di cocaina nelle notti senza fine durante i tornei.


DI PALERMO:” il tennis segue le leggi di mercato” Federico Mariani

Intervista esclusiva rilasciata da Giorgio Di Palermo, membro del board Atp, a Tennis World Italia durante il Monte-Carlo Rolex Masters Chris Kermonde, il patron dell’Atp, è l’unico uomo al di sopra di Giorgio Di Palermo. Ciò fa del romano l’italiano più importante nel palcoscenico del tennis mondiale al maschile. Tra le mani Di Palermo, assieme ad altri cinque componenti del board Atp e ovviamente dello stesso presidente, passa il futuro del circuito maschile, ma ciò non comporta per nulla una sorta di inaccessibilità, anzi. Con la disponibilità che lo contraddistingue si è prestato a scambiare con Tennis World Italia quattro chiacchiere vestite da intervista solo per il registratore acceso. Di Palermo ha spiegato come funziona il vertice dell’Atp, ha discusso delle più spinose questioni del tennis odierno e ha parlato del futuro del Gioco, sia imminente che in ottica del lungo periodo.

Come funziona il board Atp di cui fai parte? La governance dell’Atp è una struttura dove siedono sia i giocatori sia i direttori dei tornei, come se fosse un’organizzazione in cui coabitano lavoratori e datori di lavoro, Confindustria e sindacati, attori e impresari. Io sono uno dei tre rappresentanti del consiglio direttivo ­ o board ­ dei giocatori. Io sono quello che rappresenta l’Europa, accanto c’è quello per le Americhe e un altro per il resto del mondo, e così funzionano anche i rappresentanti dei tornei che vengono divisi in tre macroaree. Il presidente dell’Atp, infine, è il settimo componente del consiglio per assicurare un numero dispari e la maggioranza in

caso di voto. Quindi c’è soltanto un uomo gerarchicamente al di sopra di te nel tennis? Sì, anche se tutti i componenti del consiglio hanno parimenti un voto a testa. Tutto ciò che concerne il funzionamento del circuito Atp passa attraverso le decisioni del board: calendari, le classifiche, formato del circuito, regolamenti. Come sei arrivato al vertice? Ho lavorato per 12 anni come tour manager dell’Atp, ovverosia colui che gira nei vari tornei per assicurare che la competizione sia regolare, colui che si occupa di tabelloni, orari. Mi occupavo della fase organizzativa


durante il torneo e della fase informativa riguardo i giocatori. Ciò mi ha permesso di conoscere il mondo dei tornei e dei giocatori in modo molto più approfondito rispetto a quando lavoravo in Italia per la Federazione. Ho avuto molto di conoscere tre generazioni di giocatori dal 1996 al 2008 e poi quando i tantissimi viaggi mi hanno logorato ho deciso di occuparmi di altro candidandomi come rappresentante dei giocatori europei nel board. Importante ricordare che quelle che ricopro è una carica elettiva e che sono stati i giocatori a eleggermi tramite il player council, composto da 10 giocatori di ogni categoria dell’Atp

. Come riuscirà a sopravvivere il tennis nel dopo Federer? Pensi che lo svizzero possa replicare l’effetto-Michael Jordan nella Nba? Il tennis ce la farà a sopravvivere e anche bene. Occorre ricordare che Federer e Nadal hanno avvicinato tanta di quella gente al tennis che questa rimarrà fidelizzata al prodotto e vorrà scoprire chi saranno le nuove leve che sostituiranno i campioni di oggi. Qualcuno se ne andrà, ma saranno senza dubbio più quelli che resteranno perché innamorati ormai del Gioco. Per te è giusto assegnare wild card alla Sharapova? Se fossi il direttore di un

torneo lo riterresti immorale farlo? È un problema giuridico: le wild card sono uno strumento in mano a chi dirige e organizza un evento. Indignarsi di fronte agli inviti a Sharapova lo considero esagerato. Non sta a me decidere se è immorale, posso dire che sicuramente è lecito e quindi non posso schierarmi contro chi decide di invitarla Qual è la tua posizione riguardo l’equal prize money tra uomini e donne? Penso che ci siano due tipi di discussione, una sociale e attinente all’entertainment. A livello sociale la discussione è già chiusa e in tutti i paesi civili dove l’uguaglianza della paga è un elemento sacrosanto, non sta né in cielo né in terra che ci siano delle discriminazioni di ogni genere basate sul sesso, religione e razza. Allo stesso modo, tuttavia, credo che l’entertainment si regga su altre leggi che non hanno niente a che vedere con le leggi sociali. Sarebbe come pretendere lo stesso cachet per i modelli uomini e le modelle che sfilano in passerella. Un modello uomo non prenderà mai quanto Naomi Campbell e Claudia Schiffer. Chiunque pretendesse questo, sarebbe deriso perché le ragazze che


sfilano in passerella meritano più soldi degli uomini pe ragioni di mercato in quanto il mercato ha deciso che in quel mondo le donne devono essere pagate più degli uomini. Io credo che il tennis sia l’unica forma di entertainment del mondo nel quale una considerazione sociale viene declassata al livello di paga da entertainment. Chiunque fa spettacolo ­ e il tennis come gli altri sport è una forma di spettacolo oltreché un’azienda ­ è soggetto a leggi di mercato quindi, per rispondere alla domanda, credo che tennis debba aderire al modello dell’entertainment e non a quello sociale. Quindi se un domani le

donne attirassero più pubblico, avessero più appeal e vendessero più biglietti, sarebbe giusto pagarle più degli uomini. Certo, perché è sempre il mercato a decidere. Ci sono degli sport in cui le donne meritano e percepiscono una paga maggiore, non credo che il tennis oggi sia tra questi. Il tennis è caratterizzato da regole più rigide, ferme e all’apparenza immutabili rispetto ad altri sport. Per è questo è un punto di forza in quanto sinonimo di successo, o di debolezza? Questa è una delle domande più belle e interessanti da porsi nell’ambito dei cambiamenti al vaglio per il futuro. Ritengo che sia

importante rimanere aderenti alle esigenze del pubblico del tennis, soprattutto al pubblico giovane. I ragazzi delle nuove generazioni sono abituati a fruire in modo diverso di sport, cinema, musica e spettacolo con una disponibilità molto più vasta. Oggi l’offerta è talmente ampia che occorre interrogarsi su cosa possiamo fare per i giovani appassionati. Sono comunque dell’idea che sia un vantaggio il fatto che il tennis finora non abbia cambiato praticamente nulla. Che il tennis non si sia mai fermato a chiedersi “cosa possiamo cambiare per attirare più pubblico?” è un chiaro segnale di forza. Credo, altresì, che se


dovesse essere opportuno cambiare qualcosa è meglio farlo quando le cose vanno bene perché quando ci sono delle difficoltà potrebbe essere troppo tardi per rimediare. In giro si sente parlare di modifiche troppo estreme, come ad esempio il ritocco delle dimensioni del campo o giocare senza la seconda di servizio. Mentre secondo me agire sul formato del punteggio potrebbe essere interessante. Anche per rendere il tennis più attraente e utilizzabile dalle Tv, sempre in difficoltà coi palinsesti in uno dei pochissimi sport in cui non c’è cronometro né fine certa. Sì, esatto. E sarà bello capire in che direzione si andrà con le televisioni. Con buona pace dei canali digitali, in tutto il mondo i canali tematici sportivi stanno cominciando ad avere un appeal incredibile. I canali degli sport americani stanno aprendo la strada a un bouquet di offerte talmente mirate che, ad esempio, su Nba Tv si può vedere ogni singola partita. Atp Media e Tennis Tv stanno lanciando questo canale tematico che ptorebbe essere dedicato a tutti gli appassionati e, dall’altra parte, scomparirà il problema di avere un

palinsesto adatto a tutte queste partite dalla lunghezza indefinita. Il problema delle Tv e il tennis era attuale dieci anni fa, non oggi. Farete dei cambiamenti in occasione delle NextGen Finals? Sicuramente. Le NextGen Finals sono il palcoscenico ideale per sperimentare qualcosa, ma non voglio rovinare la sorpresa. Sarà

una splendida manifestazione con ragazzi che stanno bussando alla porta del tennis che conta. Una vetrina per loro, una grande opportunità per l’Italia che vedrà ­ dopo Roma ­ un altro torneo di alto livello e sono orgoglioso di aver contribuito a portare l’evento a Milano.


Le conseguenze di un aumento o una riduzione di massa su una pallina da tennis Dr. Howard Brody

Dr. Howard Brody, professore emerito di fisica all’Università della Pennsylvania, ha ricevuto il premio Educational Merit 2000 della International Tennis Hall of Fame. Fa parte della Commissione Tecnica della ITF, del PTR Advisory Board ed è stato vincitore nel 1996 del premio PTR Stanley Plagenhoef per l’eccellenza nella scienza dello sport. Nel 2006 gli è stato conferito il premio Faculty Emeritus alla Conferenza dei Maestri di Tennis USTA. Il

suo libro piú recente, in collaborazione con Rod Cross e Crawford Lindsey, si intitola La Fisica e Tecnologia del Tennis. Perché una pallina da tennis venga approvata per il gioco dalla ITF, deve avere una massa compresa tra i 56 e i 59.4 grammi. Questo significa che una pallina perfettamente in

regola puó avere una massa di vari grammi superiore o inferiore rispetto ad un’altra pallina perfettamente regolare. Inoltre, durante il gioco, la pallina puó acquisire massa a causa di umidità, polvere o argilla che aderiscono alla sua superficie. E’ anche possibile che una pallina perda massa a causa del consumo del rivestimento. Questo articolo tratta di come queste piccole variazioni di massa influiscono sul modo in cui la pallina si comporta durante il gioco. I cambiamenti nell’aerodinamica della pallina (il suo coefficiente di resistenza aerodinamica) dovuti all’ispessimento o al consumo del rivestimento non saranno discussi in dettaglio. Ci sono essenzialmente due modi in cui un

cambiamento nella massa di una pallina da tennis cambia le caratteristiche di gioco della pallina. Il rapporto tra la massa della pallina e la massa effettiva della racchetta determina la ‘potenza’ inerente di una racchetta, o il suo Coefficiente di Restituzione Apparente (ACOR). Piú la palla è pesante, piú basso è il valore di ACOR del sistema pallina-racchetta, e quindi la


racchetta sembrerà avere meno potenza se la pallina è piú pesante. Questo significa che, a parità di velocità di movimento della racchetta, una pallina piú pesante avrà meno velocità quando esce dal piatto corde. Nella sua traiettoria in aria, la pallina da tennis rallenta a causa dell’attrito con l’aria (continua ad imbattersi in molecole d’aria). Questa forza si chiama forza di resistenza aerodinamica. Sulla pallina, questa forza produce un’accelerazione (in realtà si tratta di una decelerazione) che è direttamente proporzionale alle dimensioni della pallina ed inversamente proporzionale alla sua massa. Data una certa velocità iniziale, una pallina piú pesante perderà meno velocità in aria di una pallina piú leggera. Di conseguenza,

una pallina piú pesante finirà per avere una velocità maggiore quando attraversa la linea di fondo opposta rispetto ad una pallina piú leggera. Analizziamo questi due fenomeni separatamente e poi combiniamoli, visto che gli effetti sono in direzioni oppposte e tendono ad annullarsi a vicenda. La Figura 1 mostra l’ACOR di un’interazione pallina-racchetta in funzione della massa della pallina. Il valore di ACOR è uno dei fattori che influenzano la velocità della pallina in uscita dal piatto corde, Vh. La velocità della pallina è determinata dalla formula Vh = ACOR x Vinc + (1 + ACOR) x VR


Dove Vinc è la velocità incidente della pallina e VR è la velocità della punta della racchetta. E’ chiaro da questa formula che Vh (la velocità della pallina quando esce dal piatto corde) varia con il variare dell’ACOR. L’ACOR di un’interazione pallina-racchetta puó essere misurato sperimentalmente tirando una pallina a velocità nota verso una racchetta libera. ACOR) = VRebound / Vincident La Figura 2 mostra la velocità di un colpo fondamentale quando attraversa la linea di fondo opposta in funzione della massa della pallina, per una velocità iniziale della pallina di 105 km/h e per una velocità iniziale corretta per il cambiamento che la massa della pallina causa nell’ ACOR. Bisogna notare che l’effetto di resistenza dell’aria (ACOR fisso) da solo puó cambiare la velocità della pallina del 10% per un cambiamento di 10 grammi nella massa della pallina. Quando si tiene in considerazione anche il cambiamento in ACOR, la variazione della velocità finale della pallina è all’incirca del 2%

per 10 grammi di cambiamento nella massa della pallina. La Figura 3 mostra la velocità di un servizio al momento in cui attraversa la linea di fondo opposta in funzione della massa della pallina, per una velocità iniziale costante (193 km/h) ed una velocità iniziale corretta per tenere in considerazione il cambiamento in ACOR. Al momento in cui la pallina attraversa la linea di fondo, la sua velocità è importante, ma ancor piú importante è il tempo che il ricevente ha per raggiungere la pallina. La Figura 4 mostra il tempo che ci mette un servizio a 193 km/h ad andare dalla racchetta alla linea di fondo in funzione della massa della pallina. Da notare che quando l’ACOR è preso in considerazione, una variazione di 10 grammi nella massa della pallina varia il tempo del ricevente di solo un millisecondo circa. Conclusione L’aggiunta di qualche grammo di materiale ad



movimento in campo attraverso esercizi mirati.

Quali sono i principi per essere competitivi sulla Terra? Federico Coppini

Movimento Insieme al raggiungimento di una buona solidità tecnica devi migliorare la sequenza scivola-colpisciritorna; con la stessa destrezza su entrambi i lati del campo, con la capacità di muoverti in avanti e indietro, cercando in particolare di avere una

buona stabilità durante l’esecuzione del colpo. Vicinanza alla linea di fondo Personalmente cerco di fare in modo che i giocatori che alleno tengano una posizione il più possibile vicino alla linea di fondo, senza mai arretrare.(con sussidi didattici appropriati a non arretrare) Condizione atletica Per vincere sulla terra è necessario un programma di allenamento mirato sulla condizione atletica, visto che il punto dura mediamente di più. per questo è importante un lavoro giornaliero sul

Pazienza Devi essere allo stesso tempo consistente e paziente. e’ difficile tirare ogni volta dei colpi vincenti: la palla rimbalza lenta e più alta, quindi spesso è più conveniente eseguire un colpo intermedio in top spin piuttosto che un colpo piatto. la sequenza dovrebbe essere: colpo in controllo - colpo che mette in difficoltà chiusura del punto. Attaccare il movimento dell’avversario Dovresti lavorare sull’aprirti il campo, facendo muovere l’avversario su entrambi i lati con colpi profondi alternando colpi più corti e stretti con palle corte e slices. Controllo del centro del campo Sulla terra più che su qualsiasi altra superficie è importante avere il controllo del centro del campo. il servizio dovrebbe essere esterno per il 70% delle volte, in modo da prendere subito il comando dello scambio


dal centro. il primo colpo dopo il servizio dovrebbe essere il diritto (controllo) in modo da comandare lo scambio. quindi il colpo successivo dovrà “fare male” all’avversario che in una posizione di squilibrio rimetterà una palla corta, per poi concludere la sequenza con il colpo finale che chiuderà il punto. Risposta al servizio Dovresti cercare di rispondere alto e profondo in modo da neutralizzare la battuta dell’avversario. Forza mentale La componente mentale gioca un ruolo molto importante per vincere sulla terra. Devi cercare di essere aggressivo e intelligente allo stesso tempo, ma anche implacabile, disciplinato e mentalmente forte per sostenere quella che potrebbe essere una lunga battaglia sul campo in terra


Il mercato delle corde da tennis da circa 15 anni è sempre in continua evoluzione ed espansione. Ogni anno sono decine i nuovi modelli che i produttori presentano al pubblico e ogni anno sono numerose le nuove realtà commerciali che si affacciano a questo mondo. Era già da qualche mese che eravamo venuti a conoscenza della nascita di String-Kong, un nuovo brand di corde e altri articoli legati al tennis proposti in maniera decisamente ironica ed alternativa, e la cosa ci aveva incuriosito. Questa curiosità con il passare dei giorni è cresciuta sempre più, anche perchè sempre più spesso ci è capitato di imbatterci in qualche giocatore sponsorizzato String-Kong

String-Kong, un nuovo brand di corde e altri articoli legati al tennis (specialmente in tornei ITF) o in qualche rivenditore che avesse tra le mani una matassa di questo marchio o che indossasse una loro felpa/t-shirt molto appariscente. Abbiamo così contattato Ivan Buffoni, il proprietario e fondatore del marchio, chiedendo di poter testare qualche loro prodotto. Obiettivo: verificare se, oltre all’apparenza, ci fosse anche “sostanza”. La gamma di corde String-Kong consta di 3 monofilamenti e di 2 multifilamenti. La nostra prima scelta originariamente era caduta sulla Yeti, il monofilamento di punta del brand e sicuramente quello maggiormente indirizzato ad un pubblico di livello medio/alto. Poi però parlando con Ivan ci siamo fatti prima ingolosire e poi convincere dalla sua proposta


di recensire invece la Gorill-one, e in particolare, i nuovi calibri 1.20 e 1.28 che sarebbero stati disponibili al pubblico dal 16 Maggio e che avrebbero affiancato l'1.24 già a catalogo. La Gorill-one è un monofilamento in copoliestere di ultima generazione, disponibile solamente nella colorazione nera, con un particolare rivestimento esterno atto ad enfatizzare il cosiddetto effetto snap-back.

Metodo di valutazione

TennisWorldItalia ha testato le corde sia sul campo che in “laboratorio”, senza però dare troppo risalto all'esatta composizione chimica degli armeggi o al loro comportamento sotto stress su macchine diagnostiche, ma valorizzando essenzialmente un elemento ancora fondamentale per questo gioco: il feedback del giocatore. Resta tuttavia il focus sul controllo qualità che spesso, per alcuni marchi, lascia un po' a desiderare.

Controllo qualità 1 (peso)

Abbiamo pesato singolarmente 5 matasse da 200m e 12 confezioni da 12.2m del calibro 1,24 (con i calibri 1.20 e 1.28 non abbiamo potuto fare le stesse misurazioni perchè avevamo solo limitate confezioni test) e i dati sono stati sorprendenti: lo scarto massimo tra la più pesante e la più leggera delle matasse è stato di 1,5gr mentre lo scarto medio è stato poco inferiore a 1gr. Stesso andamento per le confezioni da 12.2m che che hanno fatto segnare uno scarto massimo 0,3gr e uno scarto medio di 0,1gr!

Controllo qualità 2 (diametro)


In questo settore tutti e 3 i calibri si sono comportati in maniera omogenea. Abbiamo preso 4 set per tipo e per ognuno abbiamo fatto 10 misurazioni, di entrambi gli assi per ogni punto. Il risultato è stato una tolleranza massima di +/-0,02mm e un calibro medio che è sempre coinciso con il calibro dichiarato dal produttore, con un'ovalizzazione praticamente nulla del filato.

In campo

Le seguenti valutazioni si basano sulle prove in campo eseguite dai nostri 4 tester: Marco 22 anni 2,4; Pietro 28 anni 3,2; Sabrina 19 anni 3,4; Gino 38 anni 4,3. Ogni giocatore ha provato tutti e 3 i calibri.

Controllo qualità 3 (lunghezza)

La caratteristica che ha immediatamente impressionato tutti i nostri tester è stata la grandissima capacità propulsiva della Gorillone, con un “effetto trampolino” molto marcato. Si riesce infatti a percepire molto chiaramente la corda che si flette un istante di più all'impatto con la pallina e che restituisce, rapidissima (specialmente nell'1.20), tutta l'energia cinetica accumulata. La tipica sensazione che gli Statunitensi definiscono

Installazione

“pocketing”.

Anche qui i 9 set che abbiamo misurato hanno avuto un comportamento speculare: +/- 2cm di tolleranza.

La Gorill-one, a detta di chi incorda, è un monofilamento piuttosto piacevole da installare. Buona la scorrevolezza, non ha memoria di forma significativa e non si intacca minimamente durante l'installazione.

Di questo particolare pocketing beneficia principalmente la produzione di tagli ed effetti. La frazione di secondo che la pallina trascorre in più sul piatto corde, permette infatti una confidenza ed una facilità di esecuzione nei backspin, dropshot, chop e servizi slice tale da


far venir quasi voglia di trasformarsi in una sorta di Harlem Globethrotter della racchetta! Allo stesso tempo però, permette una velocità di crociera piuttosto alta anche con un “filo” di braccio, nonchè una palla sempre pesante e complessa. Un'altra sensazione comune a tutti i tester è stata poi quella di percepire una palla non solo veloce in uscita di racchetta, ma molto rapida e molto “viva” anche dopo il rimbalzo. Quindi sì ad accelerazioni con strisciate lunghe 20cm, ma anche sì a topponi che costringono l'avversario sulla rete di fondo campo.

questi due campi senza registrare cali di spinta apprezzabili. Tenuta di tensione e durata ci sono sembrate due aree di eccellenza per la Gorill-one. Ci aspettavamo un calo dell'1.28 rispetto ai calibri più sottili ma, dati alla mano, la tenuta di tensione è stata, anche se di poco, superiore, nonostante sia stata la versione più a lungo “maltrattata” dai nostri tester di 3a e 2a categoria.

L'impatto non è secco/metallico, ma piuttosto pastoso e avvolgente. Non definiremmo La Gorill-one una corda super morbida, ma nemmeno una cruda super agonistica. Rimane

La Gorill-one è sicuramente una corda di alto

sicuramente un armeggio confortevole, anche grazie allo sweet-spot molto generoso che attutisce e perdona i colpi decentrati (che molto spesso finiscono comunque in campo). Il controllo e le rotazioni sono molto buone per tutto il terzetto, con una menzione particolare per il calibro 1.28 che, offrendo una maggiore tridimensionalità del piatto corde, guadagna in

Conclusioni

livello, con un controllo qualità nel processo produttivo tale da assicurare una risposta

sempre costante e omogenea dell'armeggio,

delle prestazioni decisamente sopra la media e, allo stesso tempo, un campo di applicazione

molto vasto. Non è sbagliato infatti affermare

che possa essere consigliata dal 4a categoria in su. I risultati delle prove sono stati costanti per tutto il range di calibro della corda, con una

piacevole sorpresa per quello di spessore più


ampio del terzetto, anche se a domanda secca ai nostri tester su quale calibro gli fosse

piaciuto di più, 3 su 4 hanno risposto l'1.20.

Questo perchè di potenza e sensibilità non se ne ha mai a sufficienza! Il nostro consiglio è

quindi quello di sceglierla nel calibro più sottile che possa comunque garantirvi una durata

accettabile e compatibile con il vostro gioco/

attrezzo, sfruttando a pieno l'ottimo rapporto qualità/prezzo che la corda offre, sia per

l'acquisto di singola confezione/matassa e sia

per la sottoscrizione di un contratto giocatore/ maestro con l'azienda.

Per saperne di più: www.string-kong.com www.facebook.com/stringkong info@string-kong.com



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La prevenzione nel tennis con i plantari Noene Alessandro Schiasselloni, presidente dellʼUniversità Popolare delle Tecniche Riflesse e Riflessologia, posturologo sportivo e sport mentalist, ha avuto modo di far testare ai propri pazienti le solette Noene e ci racconta la sua esperienza.

Come operatore del “benessere” e “preparatore atletico”, devo dimenticarmi dei messaggi pubblicitari che riceviamo costantemente e concentrarmi, invece, sui reali effetti che i prodotti pubblicizzati hanno sia per la cura che per la prevenzione delle patologie tipiche del nostro corpo. Come “San Tommaso…”, amo testare direttamente ogni innovazione e metodica, dal momento che lo studio delle “scienze motorie” non riguarda solo il passato, ma anche il progresso e le scoperte che verranno fatte in materia di movimento e sistemi passivi di supporto. Dopo il positivo riscontro ottenuto sui pazienti, che hanno necessità di soluzioni per “tutti i giorni” e dopo il netto riscontro positivo nel ciclismo, posso dire con serenità che i prodotti Noene® rappresentano un’efficace risposta a molte problematiche del nostro corpo. Recentemente, ho messo sotto test un’atleta di tennis di 18 anni (Cristiana Ferrando ­ Tennis Club di Rapallo ­ GE) , livello alto, punteggiata ATP che, nonostante sia ancora studente, passa gran parte della giornata ad allenarsi sia



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nel Tennis che in Atletica. L’atleta ha testato i plantari ERGONOMIC-AC2 per le scarpe da tennis e da running usate per l’atletica, le dolette OFP02 per il defaticamento e i sotto-plantari INVISIBILE-SP01 per qualunque pratica sportiva. Durante le fasi di riallineamento passivo notavo sempre enormi stress da compressione nel tallone, usuali negli atleti di tennis. Dolorabilità al tatto e carenza riflessa di poca mobilità nell’articolazione, visto che, anche se inconsapevolmente, il nostro sistema organico ama non soffrire, per cui va a compensare gli stress causando un netto disallineamento del bacino e dolorabilità sui muscoli (glutei e quadrato dei lombi). Dopo un mese di test (gare internazionali ed allenamenti), si è notato un netto miglioramento della condizione fisica e una

riduzione significativa di questi stress articolari e tendinei, nonché delle tensioni riflesse (contratture muscolari) da compensazione. Ormai non ho più dubbi, anzi. Ritengo assurdo non sostituire il plantare delle scarpe da tennis o da running con i plantari Noene ERGONOMIC-AC2. Non si tratta di un effetto placebo, ma di una soluzione meccanica testata, come detto, in molteplici condizioni e su più persone. Per chi è amante del plantare originale, invece, consiglio i sotto-plantari INVISIBLE-SP01. Questo prodotto specialmente, lo indico come modello di riferimento per chi gioca a calcio e sopratutto per i giovani che hanno la grande fortuna di essere elastici. Per questo, il modello INVISIBLE- SP01 è ideale come prevenzione sotto il plantare originale.


Essendo un sostenitore della “prevenzione”, mi chiedo perché rischiare di farsi male quando basta poco per proteggersi. Me lo chiedo ogni volta che mi trovo a ripetere l’importanza di questo concetto. Il punto è: perché bisogna arrivare alla cura per capire che è necessario intraprendere certi percorsi utili, specie quando le Scienze e l’Industria ci hanno messo a disposizione dei prodotti così economici e funzionali? A Voi la scelta, io non ho dubbi. Li uso e li consiglio, ma non posso obbligare la gente a pensare al proprio benessere e, di riflesso, alla resa atletica. Ognuno è libero di fare le proprie scelte, ma come operatore del “benessere” ritengo fondamentale sponsorizzare quei prodotti che rappresentano una soluzione efficace a prescindere dal messaggio pubblicitario che portano con sé. Per questo, prima di spendere mezza parola a favore di un nuovo prodotto, preferisco condurre numerosi test sia a livello personale sia insieme a coloro che seguo durante le mie attività.







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