della sua carriera tennistica dal 2010 in avanti.
Djokovic ufficialmente in crisi by Marco di Nardo
I segnali c'erano ormai da qualche mese, ma la crisi del numero 1 al mondo, il serbo Novak Djokovic, è ora un dato di fatto, dopo la sconfitta subita nella semifinale del Masters 1000 di Shanghai contro Roberto Bautista-Agut. Fino a pochi mesi fa sembrava impossibile poter pensare ad una situazione simile arrivati al mese di ottobre: il successo al Roland Garros sembrava potesse essere l'ostacolo più difficile nella rincorsa verso il Grande Slam, ed invece si è trasformato nell'inizio di un incubo per il serbo, che dopo quella vittoria tanto attesa non è più riuscito ad esprimere il suo tennis, dando vita al periodo più difficile
Proprio così, perché da quando Djokovic è diventato per la prima volta numero 1 del mondo, ossia da metà del 2011, è praticamente rimasto il migliore per tutti questi anni. Solo per un breve periodo nel finale del 2012 era stato scavalcato da Roger Federer, tornando comunque in prima posizione mondiale nella classifica di fine anno, e aveva poi perso la leadership per un altro periodo tra la fine del 2013 e la prima parte del 2014, quando era stato superato da Rafael Nadal. Ma anche nel 2013, quando terminò l'annata tennistica al numero 2 del Ranking Atp, Novak vinse il premio di ITF World Champion, vincendo l'Australian Open e le Atp World Tour Finals, e dimostrando quindi di essere tutt'altro che in crisi. Sostanzialmente, pur non essendo sempre stato il numero 1 a livello di classifica, dal 2011 in avanti Djokovic è comunque sempre stato l'uomo da battere, considerato da tutti l'avversario più temibile su tutte le superfici. In questo momento, invece, nonostante la classifica veda il serbo ancora in prima posizione, la sensazione è quella di un Djokovic in grande difficoltà, e dall'altra parte c'è un Andy Murray in uno stato di forma eccezionale, certamente più temibile rispetto al serbo per tutti gli avversari. Lo stesso Novak ha ammesso che sta attraversando un periodo molto difficile sia dal punto di vista personale che tennistico, ed è chiaro che le due situazioni siano tra loro connesse. Ma ciò che preoccupa maggiormente, è il fatto che il serbo al momento non sembra essere in grado di reagire a queste difficoltà: si fa infatti fatica a pensare che in tutti questi anni da numero 1 Djokovic non abbia avuto altri momenti di
difficoltà, ma probabilmente nelle altre situazioni era riuscito a mascherarli meglio, riuscendo comunque a ottenere buoni risultati anche nelle avversità. In questo caso non è certamente avvenuto lo stesso, perché oltre alle stesse ammissioni del serbo, ci sono dei risultati tutt'altro che positivi sul campo: terzo turno a Wimbledon, primo turno alle Olimpiadi di Rio, la finale persa nettamente agli U.S. Open, e infine la sopracitata sconfitta contro Bautista-Agut nella semifinale di Shanghai. Il dato allarmante è quello relativo al ranking degli avversari che lo hanno sconfitto: l'unico Top-10 è Stanislas Wawrinka nella finale di New York, mentre Sam Querrey, che lo ha eliminato a Wimbledon, Juan Martin del Potro, alle Olimpiadi, e appunto Bautista, autore dell'eliminazione del serbo a Shanghai, erano rispettivamente al numero 41, 141 e 19 in classifica al momento delle sfide, a conferma del fatto che per battere Novak in questa fase non bisogna necessariamente essere uno dei primi della classe. Oltre ai problemi di Djokovic, come abbiamo detto, c'è anche un Murray che per la prima volta sembra aver trovato la continuità per raggiungere la vetta della classifica mondiale. Ogni volta che il serbo non riesce ad arrivare in fondo, cosa che negli ultimi tempi accade abbastanza frequentemente, il britannico ne approfitta per accorciare le distanze nel ranking. Sicuramente non la miglior situazione, per un giocatore che sta attraversando un periodo di crisi, vedere il suo principale rivale arrivare quasi sempre fino alla domenica in ogni torneo. Infatti in questa seconda parte di stagione, dal Roland Garros in avanti, il numero 1 e il numero 2 non si sono mai affrontati, ma Andy ha vinto 5 tornei (Queen's, Wimbledon, Olimpiadi, Pechino e Shanghai), raggiungendo anche la finale a Cincinnati, a dimostrazione del
fatto di aver imparato ad approfittare dei forfait o delle sconfitte premature del rivale; nello stesso periodo Novak ha vinto solo il Masters 1000 del Canada. Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che da qui alla primavera del 2017 Djokovic difende quasi solo vittorie di tornei (Parigi-Bercy, Atp World Tour Finals, Doha, Australian Open, Indian Wells e Miami), è facile capire che con poco più di 2000 punti di distanza dal serbo, Murray ha una chance
incredibile per compiere il sorpasso, se non in questo finale di 2016, all'inizio della prossima stagione. Un situazione quindi molto difficile per Novak Djokovic, chiamato alla sfida piÚ difficile della sua carriera: lasciarsi alle spalle tutti i problemi, almeno quando è sul campo, e continuare a vincere e divertirsi.
L'inizio della fine by Federico Mariani
Per la prima volta da giugno 2003 sia Federer sia Nadal lasciano sguarnita la topfour. Lo svizzero si rivedrà solo nel 2017, Nadal sta decidendo se copiarlo e saltare il resto dell’anno. Il tramonto pare incombere su due delle carriere più leggendarie della storia, ma il tennis è più forte e continuerà anche senza loro due Lunedì 10 ottobre il vero appassionato di tennis, quello che ogni lunedì sbircia gli aggiustamenti del ranking prima di cominciare la settimana, deve aver avvertito un grande vuoto scorgendo il vertice della lista lasciato sguarnito nelle prime quattro posizioni quelle che hanno un peso specifico decisamente elevato dai nomi di Roger Federer e Rafa Nadal. Un colpo al cuore per chi coi due semidei si è innamorato del Gioco o per chi vi si è riavvicinato, magari riassaporando in loro quell’appeal emozionale già provato coi grandi degli Anni ’80. I numeri glaciali ma al tempo stesso equi si limitano a certificare uno scenario già consolidato nella sostanza che soltanto un eccesso di romanticismo faceva finta di non vedere. È ormai troppo
tempo che si sproloquia sul cosiddetto ricambio generazionale, la fine di un’era e contestualmente l’alba di un’altra e ora che il fatidico momento sembrerebbe alle porte molti dubbi assalgono gli appassionati, spaesati dall’inedita assenza di Roger e Rafa. Risalendo a ritroso il calendario, difatti, occorre puntare il dito al giugno 2003 quando un ragazzo svizzero col codino e un tennis mozzafiato si affaccia tra i primi quattro del mondo, dopo il Roland Garros e dopo la finale del Foro Italico persa clamorosamente tre a zero contro Felix Mantilla. Come tutti sanno, neanche un mese dopo quel ragazzo legittimerà quanto recitato dal ranking trionfando a Wimbledon e da lì, in buona sostanza, non si arresterà più fagocitandone altri sedici Slam e soprattutto vien da dire rivoluzionando in modo irreversibile il concetto di tennis prendendo per mano lo sport tanto amato e trasportandolo a un piano superiore. Poco dopo il ragazzo svizzero verrà raggiunto da un bambino di Manacor col fisico da uomo e la verve di un veterano. La
loro rivalità sembra creata da una mirabile penna, tanto è perfetta. I due si incastrano come pezzi di un puzzle, così diversi e così attraenti. Ciò che fa difetto a uno è un punto di forza dell’altro, e viceversa. È tutto persino troppo bello per il circuito Atp che saluta il duopolio con un certo entusiasmo, specie sotto il profilo economico.
Dopo le sberle asiatiche, con incredibile onestà Rafa si è detto dubbioso sul proseguo della stagione con una possibilità tutt’altro che remota di fermarsi (anche lui) fino a fine anno. <<Ho bisogno di parlare con mio zio e con il resto del team. A volte la soluzione è allenarsi, svolgere un processo di allenamento. Questa potrebbe essere un'opportunità per farlo>>.
Da quel giugno del 2003 sono trascorsi più di 13 anni e in mezzo ci sono state 54 prove del Grande Slam, più della metà (31) vinte dai due semidei. Federer ha deciso drasticamente di fermarsi dopo la semifinale di Wimbledon e saltare il resto dell’anno per ripresentarsi in Australia nel 2017, dopo aver subito il primo intervento chirurgico di una lunga carriera
Diventa, dunque, uno scenario piuttosto credibile quello di assistere a un rush finale privo sia di Federer sia di Nadal.
fatata e dopo non aver preso parte al Roland Garros primo Major del nuovo millennio senza Roger dopo 65 cartellini timbrati con assurda regolarità.
è precipitato al sesto posto, Federer al momento è ottavo ma sicuramente abbandonerà la top-ten entro la fine del 2016. È estremamente difficile lanciarsi in pronostici attendibili per l’inizio del 2017, così come è difficile e forse ingenuo fantasticare su possibili ritorni di fiamma. Molto più utile sarebbe cominciare ad abituarsi alla prossima assenza di Roger e Rafa, e in fondo è giusto così perché i campioni passano ma il Gioco resta. Per Federer e Nadal la fine è già cominciata, per il tennis no.
Nada, invece, si è ritirato al termine di una triste conferenza stampa nel suo feudo parigino, non è andato a Wimbledon, non ha più vinto un torneo dopo la fiammata illusoria a Montecarlo e, al rientro sul circuito, ha raccolto sconfitte poco onorevoli con Del Potro, Nishikori, Coric, Pouille, Dimitrov e Troicki.
Ciò che era utopia si sta trasformando inevitabilmente in realtà e i numeri per nulla romantici ne sono validi testimoni. Coi sorpassi di Nishikori prima e Raonic poi, Nadal
Del Potro vs Cilic Una sfida nel destino by Beatrice Gollini Se ci colleghiamo al sito Atp e leggiamo le statististiche ufficiali sui match tra Juan Martin Del Potro e Marin Cilic troviamo 10 risultati che corrispondono alle partite che i due hanno giocato contro nel circuito professionistico. La storia però, ci racconta molto di più sui due giocatori e sul loro legame nei campi da tennis e nella vita. Del Potro è nato a Tandil, Argentina, il 23 Settembre 1988 ed appena 5 giorni dopo, il 28 Settembre dello stesso anno, a circa 12 mila km di distanza, a Medjugorje in Croazia, è venuto alla luce Marin Cilic. Per quanto riguarda l’entrata nel circuito professionistico internazionale, per i due tennisti il debutto è arrivato con diversi anni di distanza: Cilic, infatti, ha conquistato il primo punto ITF nel settembre 2001 in Bosnia in occasione del Mostar Open, mentre DelPo ha fatto registrare il suo nome nel suddetto cirucito nell’agosto 2003 in un torneo Futures di Buenos Aires. Nel corso di quegli anni i due, preparandosi ai tornei più importanti, si sono affrontati diverse volte nel circuito giovanile ed uno dei match più importanti nel quale si sono sfidati è stata la semifinale dello Junior Orange Bowl. Correva l’anno 2002 e Juan Martin superò con un netto 6-1 6-3 Marin in un incontro del quale, ancora oggi, è possibile vedere gli highlights. Il tandilese, poi, trionfò in finale eliminando il russo Tchekhov 6-2 7-6. Sempre tra le date che accomunano i due giocatori compare il 2005, anno nel quale entrambi debuttarono nel circuito ATP: Cilic
partecipò al torneo di Umago, in Croazia, nel mese di luglio perdendo all’esordio contro il belga Kristof Vliegen. Del Potro, invece, si fece notare nel mese di Febbraio a Viña del Mar, Chile, dove venne eliminato al secondo turno da Fernando González dopo aver battuto lo spagnolo Albert Portas. Ancora oggi i due giocatori hanno molte caratteristiche in comune. Del Potro ha conquistato 18 titoli Atp e vanta come miglior risultato in carriera la vittoria Us Open 2009, Cilic ha qualche titolo in meno, 15 in totale, ma anche lui ha trionfato a Flushing Meadows nel 2014. Anche per quanto riguarda il best ranking, a separare i due giocatori sono state poche posizioni: DelPo è arrivato nella posizione numero 4 l’11 Gennaio 2014 mentre Marin ha toccato l’ottavo gradino del circuito il 13 Ottobre 2014. Sempre tra i punti in comune tra i due ci sono l’altezza, entrambi sfiorano i 2 metri, l’età, il rovescio a due mani ed i guadagni che per il tandilese hanno raggiunto i 16 milioni
e per il croato più di 15. Per quanto riguarda invece i faccia a faccia nel cirucito Atp, i due si sfidarono per la prima volta solo nel 2009, in Australia, dove ad avere la meglio fu l’Argentino in quattro set, e l’ultima volta al Master 1000 di Parigi nel 2013 dove ad avere la meglio fu sempre Del Potro che negli scontri diretti con Cilic è avanti 8-2. La prossima sfida tra i due sarà in Croazia in occasione della finalissima di Coppa Davis, trofeo che la nazione di Cilic ha già sollevato, a differenza dell'Argentina di Del Potro, sempre sconfitta nelle 4 precedenti finali. È pur vero però che tra le caratteristiche non comuni tra i due, oltre alla questione titoli a squadre, c’è anche quella relativa all’affetto del pubblico: l’Argentino, soprattutto ora che è rientrato dal lungo infortunio al polso, è amatissimo dal pubblico di tutto il mondo mentre il Croato non può vantare un seguito di questo tipo.
"Lasciate che i ginnasti, i corridori, i nuotatori abbiano il loro momento di gloria" E' di Sam Querrey, uno che a Rio 2016 non si è nemmeno presentato, il pensiero più 'olimpico' dell'anno. "Penso che le Olimpiadi debbano rappresentare il posto in cui il tuo sport possa trovare la sua massima espressione: se vinci le Olimpiadi, non c'è niente di meglio" spiega l'americano, che il suo momento di gloria lo ha già vissuto nell'ultima edizione di Wimbledon: "Penso che nel tennis, se chiedi a chiunque, sia meglio vincere uno Slam". Sfido chiunque a dargli torto. Difficile ricordare Nicolas Massu vincitore ad Atene 2004 rispetto a uno
Controsenso Olimpico by Adriano S.
qualsiasi dei vincitori Slam degli ultimi 12 anni. Sfido lo stesso Nicolas Massu a preferire quell'oro a una fantomatica ed ipotetica vittoria in uno Slam, e un Cilic o un Johansson a scambiare a posteriori il loro unico insperato Slam con una medaglia d'oro olimpica. Il tentativo di equiparare il torneo olimpico a un Masters 1000, con tanto di carnet punti a disposizione, aveva reso più logica, esclusivamente da un punto di vista tennistico, la presenza del tennis ai Giochi. D'altra parte poco romantica, anti-etica, contro lo spirito olimpico. La scelta di eliminare i punti Atp dalla competizione ha messo a nudo i limiti di un torneo in antitesi con i criteri di un'Olimpiade, innescando una lunghissima catena di ritiri, che
il comodo alibi della Zikafobia ha aiutato ad alimentare. Un interessante punto di vista è stato recentemente espresso da Todd Martin: "Il tennis alle Olimpiadi figura come uno sport individuale, come al Roland Garros o a Wimbledon; perchè non creare un format a squadre ad hoc?" Avere una Davis e una FedCup in miniatura, oltre a impreziosire l'Itf, renderebbe il torneo più interessante, più patriottico, più olimpico. Privo di controsensi.
Nick Kyrgios come John McEnroe (ma in negativo!) by Giorgio Giannaccini
Nick Kyrgios sempre più vicino a John McEnroe, ma in negativo. E sì, perché questa volta l'ATP non è riuscita più a tollerare l'ennesima scenata del genio australiano in quel di Shanghai contro Mischa Zverev, e se in un primo momento la stessa associazione dei tennisti professionisti lo aveva “solo” multato di 16.500 dollari, di cui 10.000 per “mancanza di impegno”, altri 5mila per gli insulti a uno spettatore e infine 1.500 per condotta antisportiva, ecco che pochi giorni dopo la punizione è diventata ancor più severa, il tutto poi esplicato in una semplice nota dell'ATP, che diceva chiaramente: “A seguito del completamento della sua indagine sul comportamento di Nick Kyrgios nella sconfitta al secondo turno del torneo di Shanghai, il giocatore è stato riconosciuto colpevole di aver commesso comportamenti gravi e contrari alla integrità del gioco. Perciò Kyrgios riceve una multa aggiuntiva di US $ 25.000, ed è sospeso dai tornei ATP per otto settimane, a partire dal 17 ottobre 2016, fino a domenica 15 gennaio 2017. Tuttavia, la sospensione sarà ridotta a tre settimane a patto che il giocatore inizi un piano di cura sotto la direzione di uno psicologo dello sport, o un piano equivalente approvato dalla ATP. In questo caso Kyrgios potrà tornare a giocare da lunedì 7 novembre 2016. Kyrgios era già stato multato per un totale di US $ 16.500 per violazione del Codice di comportamento ATP dai supervisori a
Shanghai. L'ulteriore indagine si è resa necessaria per un'ulteriore visione dei fatti e per analizzare i commenti fatti durante la conferenza stampa post-partita da Kyrgios”. Punizione severissima che, appunto, è stata indotta più che altro dalle parole poco rispettose dell'aussie nella conferenza stampa post-match, nella quale aveva asserito che “delle ATP Finals non me ne frega niente”, oltre ad aggiungere che “gli spettatori non sono tenuti a vedermi, possono anche non entrare allo stadio”, questo per rimarcare la bontà del suo comportamento in campo. E' anche vero che però, pochi giorni dopo dal comunicato dell'Atp, è poi venuta la replica di Kyrgios che, a freddo, aveva in fondo capito di averla fatta grossa a Shanghai: “Vorrei scusarmi aveva esordito - di nuovo per ciò che è successo a Shanghai, la stagione è stata lunga e complicata dal momento che ho dovuto far fronte a diversi infortuni e ad altre situazioni difficili in estate
(l'esclusione dalle Olimpiadi, ndr). Lo swing asiatico è stato particolarmente difficile e dopo la lunga settimana di Tokyo e il viaggio intorno al continente, a Shanghai ho ceduto mentalmente e fisicamente. Questa non è una scusa, e so molto bene che devo scusarmi coi miei tifosi di tutto il mondo e con gli organizzatori di Shanghai. Mi dispiace finire l'anno in questo modo senza potermi giocare la chance di andare alle ATP Finals, capisco la decisione dell'ATP e userò questo periodo per migliorare in campo e fuori. Sono veramente dispiaciuto e non vedo l'ora di tornare l'anno prossimo”. Una vicenda insomma che potrebbe concludersi meno drasticamente se Kyrgios accetterà di farsi seguire da un psicologo dello sport con una sospensione che, quindi, verrà ridotta solo a tre settimane. Vale anche la pena notare come Chris Kermode, presidente dell'ATP, nelle sue decise parole contro il
comportamento di Kyrgios abbia comunque lasciato una carezza finale allo stesso australiano, dicendo: "Il comportamento di Nick è stato inaccettabile, non ha mostrato rispetto per il tennis e per i suoi tifosi eppure, continuava pur sempre a dire - . Prendiamo queste questioni in maniera molto seria, e Nick si è scusato. Lui è un talento fenomenale, speriamo che questo periodo fuori dalla competizione possa essere costruttivo e che con un sostegno (uno psicologo, ndr) possa tornare con una mentalità migliore". Ora che la bufera si sta calmando, ci si chiede se veramente il talento australiano riuscirà ad uscire definitivamente da questa storia con la testa giusta e pronta per provare finalmente a mettere a frutto quel potenziale enorme finora fin troppo altalenante ed inespresso. Il novello McEnroe, per potenziale e temperamento, non può più continuare così, e la stessa scenata di Shanghai vale la pena ricordarlo è stata deleteria ai fini della qualificazione alle ATP Finals, dove se era vero che con la vittoria del torneo 500 di Tokyo della settimana precedente si era messo in carreggiata appunto per la qualificazione, è altrettanto vero che lo scivolone di Shanghai contro il minore, tennisticamente parlando, degli Zverev lo ha automaticamente buttato fuori dal torneo più prestigioso dell'anno. Ora sta a Kyrgios - in vista del prossimo anno scegliere due alternative per la sua giovane carriera: o navigare nell'alone del grande talento incompiuto Gulbis docet su tutti!-, o adempiere al proprio futuro da predestinato del tennis, un po' come fece, in fondo, anche quel tale John McEnroe... nei difficili momenti in cui, però, riusciva a giocare senza perdere la brocca in campo!
Mischa e Alexander, fratelli e figli d'arte! by Giorgio Giannaccini
C'è sicuramente una famiglia di tennisti che sta monopolizzando questa stagione tennistica, tra chi sta lottando per diventare il prossimo numero uno al mondo e chi, invece, sta tornando ai suoi livelli migliori. Stiamo parlando dei fratelli Zverev, di Mischa, il più grande, e Alexander, il più piccolo, nato dieci anni dopo, e figli di Alexander Senior Zverev, ex tennista pro ai tempi dell'Unione
Sovietica poi trasferitosi in Germania, allenatore di entrambi che vanta, nella sua ex carriera da pro, un best ranking pari al numero 175 del mondo, nonché una partecipazione agli Australian Open del 1985 e una, l'anno dopo, a Wimbledon. Il primo dei figli, Mischa, classe 1987 deve il suo maggior risultato proprio alla nostra Italia, visto
che lo ottenne agli Internazionali d'Italia del 2009, raggiungendo un onorevole quarto di finale poi perso contro il numero 2 del mondo Roger Federer per 7-6 6-2, in un torneo che lo vide partire dalle qualificazione e battere tra gli altri anche l'ex numero 1, Juan Carlos “Mosquito” Ferrero, fino a stendere anche il ceco Thomas Berdych e l'allora top ten Gilles Simon. Proprio quell'anno otterrà il suo best ranking, la posizione numero 45 del mondo, e nonostante una finale persa a Metz l'anno dopo contro un vendicativo Gilles Simon, la sua presenza nel tennis che conta sarò solo un breve assolo, fatto con un gioco assolutamente fuori dagli schemi, mancino, con il rovescio bimane, ma
spesso dedito al puro serve and volley, un gioco, insomma, d'altri tempi che pochi anni dopo non pagherà più. Alexander invece, nonostante non abbia ancora vent'anni essendo nato nel 1997 -, è il più noto dei due fratelli nonché volto nuovo del tennis mondiale. La sua, infatti, è una ascesa precocissima cominciata già nella stagione
scorsa, e malgrado la giovanissima età, è già stato additato dagli addetti ai lavori come il prossimo numero uno del mondo, qualcosa che sembra a dir poco pazzesco. In comune col fratello, tennisticamente parlando, ha ben poco: Mischa è mancino mentre Alexander è destro, e se il maggiore dei due fonda come già detto - il suo tennis nell'attacco e nel gioco di volo, è altrettanto vero che il minore è un giocatore moderno capace di sparare vincenti a fondocampo con entrambi i fondamentali.
settimana dopo a Rotterdam. Sembra strano, ma gli scalpi veri dovranno ancora arrivare: Alexander comincia ad alzare l'asticella del suo gioco quando, dopo aver battuto David Goffin a Monaco di Baviera, decide, qualche tempo dopo, di estromettere, sempre in Germania, ad Halle, Roger Federer dal torneo battendolo con un combattuto 7-6 5-7 6-3, e poi, ma è storia più recente, battendo in finale a San Pietroburgo il numero 3 del mondo, nonché fresco vincitore degli Us Open, Stanislas Wawrinka per 6-2 3-6 7-5.
Eppure è solo il più piccolo degli Zverev quello che sembra orientato realmente sulla fertile
A Pechino, inoltre, fa fuori dal torneo il numero 10 del mondo, l'austriaco e grande speranza del tennis mondiale Dominic Thiem.
strada del successo. Già quest'anno, a inizio stagione, era stato scelto per rappresentare la Germania alla Hopman Cup in coppia con Sabine Lisicki. Eppure, malgrado sia poi andata male la Hopman Cup, di scalpi importanti ne ha fatti il ragazzino teutonico: basti pensare al 7-6 7-6 rifilato a Marin Cilic a inizio stagione in quel di Montpellier, o a quello di Gilles Simon la
Il cammino di Mischa invece è senza dubbio meno glorioso di quello del fratello più giovane, nel suo 2016 ha all'attivo un Challenger vinto a Sarasota, in Florida, contro il minore dei fratelli Melzer, Gerald un altro tennista sbocciato proprio quest'anno con una perentoria entrata nei top 100 -, ma anche un secondo turno conquistato agli Us Open, partendo dalle qualificazioni, nonché un quarto di finale a
Shenzen, in Cina, dove ha estromesso dal torneo l'italiano Fabio Fognini, prima di cedere a Richard Gasquet con un tirato 7-6 7-6. Infine, ed è storia recentissima, in quel di Shanghai ha fatto perdere la testa per primo a uno svogliato Nick Kyrgios, che in appena 49 minuti, con un passivo pesante di 6-3 6-1, è dovuto tornare anzitempo negli spogliatoi, e poi a Novak Djokovic, che poi si è salvato più con l'esperienza che per il gioco espresso, infatti, perso il primo set 6-3, è poi riuscito con le unghie a vincere il tie break del secondo parziale, e infine a chiudere i giochi per 6-3 al terzo set, ma che spavento però per il serbo numero 1 al mondo! Ora invece che la stagione sta volgendo alla fine, staremo a vedere se i due Zverev riusciranno nella prossima annata a spiccare il volo: per Alexander dovremo però attendere ancora un po' di tempo per vedere se riuscirà a rispondere alle attese di diventare il prossimo numero uno impresa a di poco ardua - del ranking Atp, quanto a Mischa, invece, staremo a vedere se riuscirà a superare il suo best ranking e, cosa più importante, a costruirsi una nuova carriera, questa volta duratura, nel tennis che conta davvero.
Borg-McEnroe 1980
Risveglio
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
by Remo Borgatti
La prima immagine che vidi mi fece capire che stavo sognando. Mi era del tutto incomprensibile come avessi potuto addormentarmi nel bel mezzo del match più importante della mia vita ma così era e la faccenda diventava ulteriormente più buffa, se non addirittura imbarazzante, perché proprio non c’era verso di svegliarsi. La vita è parecchio strana, a volte. Anzi, spesso. Imprigionato com’ero in quel sogno bizzarro, e quanto fosse bizzarro e surreale potevo dedurlo da ciò che la televisione stava fedelmente trasmettendo, non restava che arrendersi e attendere con pazienza di tornare alla realtà. I sogni, lo saprete meglio di me, sono spesso un’accozzaglia confusa e disordinata di immagini che si susseguono senza una logica apparente. Eppure, ciò a cui stavo assistendo attraverso il monitor era troppo anche per un sogno! Pensate: Bjorn Borg era sotto il seggiolone del giudice e stava… Ebbene sì: stava protestando! Ma quando mai? Pazzesco! Come vi dicevo, mi ero addormentato di colpo un attimo dopo il trentaquattresimo e ultimo punto di quel maledetto tie-break che avevo seguito quasi interamente in piedi perché di stare seduti sul divano proprio non se ne parlava. Troppo emozionante. Borg aveva avuto sette palle per aggiudicarsi il torneo per la quinta volta consecutiva e quel diavolo rosso di McEnroe le aveva annullate tutte.
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
Alcune in modo a dir poco incredibile. La prima, ad esempio, con il passante di rovescio. Certo, perché sull’erba l’orso cambiava pelle e andava a prendersi i punti a rete per anticipare le intenzioni del monello di Wiesbaden e fargli tirare colpi a cui non era abituato. In buona sostanza, il mondo capovolto. Nell’occasione, il McEnroe difensore ebbe la meglio sul Borg attaccante. E anche in quella dopo, con l’americano che aveva chiuso lo scambio con un dritto al volo da metà campo. Mai visto prima una roba del genere! Questo era successo in precedenza, sul 5-4 e 40-15 per lo svedese. Poi era arrivato il gioco decisivo e lì solo un esorcista avrebbe potuto liberarmi dal demone dell’agitazione. McEnroe aveva servito una seconda centrale sul 5-6 e Bjorn era riuscito a spostarsi sul dritto e rispondere anomalo. Carica di rotazione, se avesse superato la rete la palla sarebbe divenuta imprendibile ma “Johnny Mac” l’aveva intercettata con la punta della sua Wilson e per la terza volta era riemerso dall’abisso in cui l’aveva spinto lo scandinavo.
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
In vantaggio 7-6, Borg si era proiettato a rete sfidando di nuovo il rovescio del rivale e ancora una volta la mancina dell’americano aveva confezionato una magia. In quel momento pensai che non si può sfidare la sorte così tante volte e che il campione scandinavo, per cui batteva il mio cuore di tifoso, non avrebbe avuto altre opportunità. Invece… Invece mi sbagliavo di grosso. Bjorn ebbe il quinto Championship Point sul 10-9, e sbagliò la risposta, e il sesto sull’11-10. Lì accadde l’inverosimile. Sulla seconda timida di Borg, McEnroe rispose con ancor maggiore circospezione indirizzando un flebile dritto tagliato sul rovescio dello svedese il quale, a sua volta, contro-tagliò ma non trovò l’ispirazione per attaccare e arretrò lasciando il campo all’avversario. Forse stupito da tanta generosità, John si produsse in un rovescio in back che mandò la pallina a baciare il nastro prima di scavalcarlo beffardamente e ricadere mollemente nella metà campo scandinava. Fu in quel preciso istante che capii quanto gli
dei del tennis mi avessero voltato le spalle. Impassibile, Bjorn si guadagnò una settima chance nel punto seguente ma di nuovo McEnroe si salvò, stavolta con una volee incrociata impeccabile:12-12. Non ce ne fu un’altra. Da quel momento in avanti, l’americano collezionò una manciata di setpoint e quando Borg affossò in rete la tremolante volee di dritto del 16-18, crollai di colpo. Tutto questo, come vi spiegavo in partenza, succedeva a Wimbledon prima che mi addormentassi e adesso il mio delirio stava trasportando i medesimi attori altrove, in un non ben precisato impianto al coperto a spanne direi il Madison Square Garden ma non ci metterei la mano sul fuoco. Riconosco l’uomo sul seggiolone dai baffoni ottocenteschi che porta: è Mike Lugg, inglese, uno dei giudici di sedia più famosi nel circuito. L’ho appena sentito ripetere un paio di volte la frase: «The ball was out» ed è proprio questo il motivo del contendere. Una palla di Borg che il linesman ha ritenuto fosse buona mentre lo stesso Lugg l’ha chiamata fuori. Voi vi starete chiedendo: «Tutto qui? E cosa c’è di tanto speciale?» Di speciale, di unico, di impossibile c’è che Bjorn Borg, l’uomo di ghiaccio, si è sciolto. Ecco perché questo non può essere che un sogno. Lo svedese si avvicina al seggiolone e, dall’allestimento di vasi e fioriere a bordo campo, ho la conferma che siamo a New York. Borg chiede spiegazioni e le riceve, ma non è affatto convinto. «L’ho vista bene ed era chiaramente fuori» dice Lugg. Borg lo guarda inespressivo e con la sua Donnay lo invita a interpellare il giudice di linea. Inutilmente. Un giudice di sedia non può tornare indietro da un over-rule e lo scandinavo dovrebbe saperlo, ma non sembra
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sentire ragioni. «Domandi al giudice di linea» è il suo mantra. Mike Lugg gli suggerisce di tornare al suo posto e ribadisce che il punteggio è 4-3. Dunque, siamo in un tie-break. Forse nella mia strana trance sto rielaborando quello di Wimbledon, in cui è successo praticamente di tutto, e inconsciamente ho voluto aggiungervi l’unica cosa che mancava. La regia del canale televisivo che trasmette il match ripropone al rallentatore il colpo del contendere; si tratta di un passante di dritto che scavalca McEnroe e plana nei pressi della linea di fondo. Per me è buona tutta la vita. Dall’ottima ripresa si vede che, quando tocca terra, la palla rimbalza nella zona più scura del campo, quella cioè all’interno delle righe. Penso che Lugg si sia sbagliato ma non è un match-point e non c’è nessuna ragione apparente per cui Borg debba arrabbiarsi tanto. Oddio: arrabbiarsi è una parola grossa! Sta semplicemente invitando Lugg a interpellare colui che ha giudicato buona la sua palla. I suoi occhi sono freddi come sempre mentre la combinazione braccio-racchetta persevera nell’indicare il punto giù in fondo in cui si trova il suo alleato con una ripetitività ossessionante. Il pubblico inizia a mormorare e piove qualche fischio mentre McEnroe, come il sottoscritto, non crede ai suoi occhi e inganna il tempo fingendo di sistemare le corde della racchetta e facendogli rimbalzare sopra le palline. Se fosse vera, sarebbe una scena surreale: Borg nei panni dell’alunno indisciplinato e McEnroe in quelli del capoclasse. Ma quando mai? Poi la voce di Lugg, amplificata dal microfono, sovrasta la cacofonia di sottofondo e annuncia: «Warning Mister Borg, time delay! Delay of game penalty!»
È il primo avviso di ritardo di gioco. Aumentano i fischi ma Borg è pressoché immobile. Allora Lugg lo invita di nuovo a tornare al suo posto, inutilmente. Finché arriva il penalty-point. 5-3 McEnroe! Per essere una visione onirica, ammetto che è straordinariamente dettagliata. La regia ripropone la moviola del punto incriminato e si rafforza in me la sensazione che Lugg l’abbia fatta grossa ma, ora lo so perché finalmente è apparso lo score, questo è il tiebreak del secondo set e lo svedese ha vinto il primo. Insomma, nulla di compromesso. Ecco perché penso stia diventando una questione di principio. Infatti il tempo passa inesorabile e adesso Bjorn sta parlando con un altro uomo che non conosco. Probabilmente è il supervisor o il direttore del torneo. Un signore distinto, leggermente stempiato e con gli occhiali, giacca azzurra e camicia chiara con cravatta bordeaux; i due parlottano ma Borg non si convince e alla fine Lugg è costretto ad applicare di nuovo il regolamento. Altro punto di penalità: 6-3 McEnroe. Se Borg non si rimette a giocare verrà squalificato. E forse questo strano sogno finirà, io mi sveglierò e continuerò a guardarmi la finale di Wimbledon. Invece lo scandinavo fa un segno rivolto a McEnroe e torna a fondo campo. Tocca ancora lui a servire, perché i due punti in cui avrebbe dovuto farlo John non si sono giocati. L’americano ha tre set-point e sono curioso di assistere alla reazione di Borg. L’ho visto giocare centinaia di volte e sempre, sottolineo sempre, in totale controllo dei suoi nervi. Sbaglia la prima e sulla seconda inizia uno scambio di palleggi che si chiude con un rovesciaccio di Borg in corridoio. Un set pari, si va al terzo. Chiudo gli occhi e spero che sia
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finita qui. Invece è appena cominciata. Il terzo set parte con Borg al servizio e al secondo punto, sul 15-0, la situazione potrebbe precipitare di nuovo. Prima sulla linea, John si sta già spostando dall’altra parte ma arriva la chiamata out. In un primo momento Bjorn soprassiede, poi si dirige verso Lugg e gli chiede qualcosa. Oddio, ci risiamo? No, solo un rapido chiarimento prima di mettere in campo la seconda sulla quale, volontariamente, Mac spara la risposta in tribuna. Standing ovation del Madison Square Garden. Niente da dire: è veramente un sogno incredibile. McEnroe attacca il rovescio bimane dello
anche tanto da soffrire. In avvio di quinto game, sul 2-2, McEnroe si produce in un lob chirurgico e Borg lo ripaga nel quindici successivo con un passante di dritto in corsa. Non ci sono quasi mai punti banali. Dietro ogni giocata dell’uno e dell’altro c’è un piano. Una filosofia. Tutto sembra scorrere tranquillo finché, sul 4-4 e deuce, lo svedese mette un rovescio profondissimo nei pressi della riga e costringe l’avversario a una ribattuta debole a metà campo, chiusa da un dritto anomalo vincente. Lugg non chiama il punteggio e dopo qualche secondo annuncia che il punto deve essere rigiocato perché la palla precedente era fuori. Borg pensa di essere vittima di un complotto e concede il bis, portandosi sotto il seggiolone
svedese e addomestica due volee alla sua maniera: 30-30 e poi 40-40 ma alla fine Borg tiene la battuta. Si gioca sul tappeto sintetico ma le dinamiche sono simili a quelle di Wimbledon. Quando riesce, Borg segue la prima mentre Johnny Mac palleggia solo se non può fare altro. Vedere questi due uno contro l’altro è sempre una delizia, anche in sogno, ma se sei tifoso c’è
del giudice. Altro conciliabolo, anche se stavolta l’atteggiamento dello scandinavo sembra più rilassato. Quasi rassegnato. Mentre Lugg gli spiega la dinamica dell’accaduto, Bjorn fa il giocoliere con le palline ma non sembra intenzionato a prenderla persa. Finché torna a farsi vedere l’uomo con la giacca azzurra e stavolta bastano le sue poche parole a convincere Borg.
Si riparte dal 40-40 ma in meno di un minuto Bjorn è 5-4. È fin troppo ovvio che ho trasposto nel mio strano sogno la finale di Wimbledon, ambientandola a New York, perché diversamente non si capirebbe il motivo di tanto accanimento da parte dello svedese. D’accordo, potrebbe essere la finale del Master ma ugualmente non sarebbe la giustificazione per il suo comportamento, che potrò raccontare solo a Liv e ai ragazzi quando tornerò alla realtà e se il sogno non svaporerà in un baleno come spesso accade. Non succede più nulla di rilevante fino all’inevitabile tie-break. Qui, nel terzo punto, McEnroe cerca di pungere il rovescio di Borg con la battuta ma Bjorn si sposta e risponde di dritto e si avventa come un fulmine sulla stopvolley dell’americano, infilandolo con un altro dritto in allungo: 2-1 per lo svedese. Naturalmente, se è davvero un sogno vincerà Borg. Altrimenti sarà un incubo. McEnroe stecca due rovesci costringendo Borg ad attaccare nei punti successivi. Il 3-1 è frutto di un lob fuori misura di John ma il contro minibreak si materializza con un bel passante dello statunitense. Tutto da rifare. Forse è incubo. No, è un sogno! Prima a uscire di SuperMac e spettacolare risposta incrociata di rovescio di Borg che mette letteralmente in ginocchio John: 4-2 e si cambia campo. Poi McEnroe si fa invischiare in uno scambio da fondo e quando sceglie di attaccare il nastro prima accomoda la sua palla sul passante dell’avversario, quindi respinge la successiva volee. Altri due errori di rovescio e Borg vince sette punti a due, in scioltezza. Magari fosse tutto vero! Chiudo gli occhi e quando li riapro il sogno è cambiato.
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C’è una signorina vestita di bianco e con la cuffia in testa che mi sta fissando. Alle sue spalle il televisore in cui ho visto BorgMcEnroe, rimasuglio del sogno precedente. Che caos! «Signor Olsen, è in grado di sentirmi?» chiede la donna. «È sveglio?» Faccio segno di sì con la testa. La donna sorride. «Grazie al cielo! Avviso subito il dottor Erlander!» Poi esce dalla mia visuale. Sono confuso. Sono a letto, sdraiato, e un paio di tubi partono dal mio avambraccio e terminano in altrettante bottigliette. Flebo? Questo è un incubo. Dei peggiori. Poi torna la donna, evidentemente un’infermiera, con il dottore. È lui a rivolgersi a me, stavolta. «Riesce a parlare, signor Olsen?» Apro la bocca ma non esce nessun suono. Così
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il dottore si affretta ad aggiungere: «Non si sforzi, va bene così. Stia tranquillo, il peggio è passato». Non capisco. Il peggio? Il peggio di cosa? Poi metto a fuoco l’orologio elettronico appeso al muro e non è tanto l’orario a incuriosirmi, quanto la data. Così, pur con uno sforzo sovrumano, sussurro: «Ma che giorno è oggi?» «Il 15 gennaio!» risponde la donna. «Di che anno?» «1981.» Ma… Ma allora, quello che ho visto in televisione era vero! Borg e McEnroe al Madison Square Garden di New York! Il Master di fine anno, che in realtà viene giocato all’inizio della stagione successiva. Realtà? Quale realtà? «Signor Olsen, il 5 luglio scorso ha avuto un
infarto ed è rimasto in coma vigile per più di sei mesi. Ci vorrà del tempo, ma si riprenderà.» Il 5 luglio? Il giorno della finale di Wimbledon, certo! Quella interrotta quando Borg ha messo in rete la volee del 16-18 nel tie-break del quarto set. Quindi, chi avrà vinto quella sfida? Faccio per domandarlo all’infermiera, poi mi trattengo. A quanto ne so, sono vivo per miracolo. Un altro infarto sarebbe fatale. Domani. Glielo chiederò domani. Per ora preferisco non sapere.
Attaccante o Difensivo? by Federico Coppini
Devi avere un piano di gioco La partita è una lunga lotta con diversi momenti importanti e cambiamenti. Se i giocatori sono di pari livello raramente si ha una completa dominanza di uno sull’altro. Generalmente l’incontro è caratterizzato da sottili differenze nella forza fisica e mentale. Essere alla pari all’inizio del match non vuole dire esserlo anche alla fine. Con I giocatori di attacco che hanno un forte servizio degli eccezionali colpi di approccio e di volo si dovrebbe far durare il punto più a lungo possibile, tenendolo lontano dalla rete. Cercare dei vincenti in risposta o dei passanti
definitivi renderà la nostra sconfitta più rapida. Tenere la risposta in campo, giocare delle palle basse per limitare l’approccio a rete, costringerlo a delle volee difficili che ci consentiranno di giocare un lob offensivo o un passante. Con un giocatore difensivo il punto può non finire mai, e può diventare frustrante il non riuscire mai a chiudere il punto con la palla che torna sempre indietro. Tirare forte, cercare degli aces e dei vincenti, è quello che non andrebbe fatto con tali giocatori. Essi prosperano sul tuo ritmo e sulla tua potenza. Generalmente sono bene allenati e possono resistere sul campo anche per molte ore. Se hai dei buoni, sicuri e profondi colpi da fondo, puoi mettere in crisi questi giocatori difensivi. Ciò che funziona all’inizio della partita non è detto che sarà quello che poi alla fine ci farà vincere. Durante la partita si possono trovare colpi che per qualche motivo
mancavano all’inizio. Il giocatore esperto osserva e tiene a mente come gioca il suo avversario e quali colpi evita. Se l’avversario gira attorno al suo rovescio e tira un vincente di diritto,abbiamo due opzioni, tenerlo nell’angolo del rovescio, oppure giocargli sul diritto. Il servizio può venire meno, e spesso i grandi battitori hanno un calo nel secondo e terzo set e questo ti permetterà di essere più aggressivo in risposta.
QUALE STRATEGIA -Ogni colpo è importante perché potrebbe essere l’ultimo -Anticipare le occasioni -Avere l’istinto ad avanzare piuttosto che
arretrare -Essere mentalmente preparati per tutto l’incontro -dimentica subito il vincente che il tuo avversario ha appena tirato -Prendi tempo ad ogni occasione, per essere preparato al colpo -Cerca di servire profondo. La prima mette pressione a chi risponde, la seconda a chi serve. -Gioca in mezzo, profondo e consistente -Muoviti e cerca sempre la posizione di equilibrio del corpo -Sforzati di eseguire i colpi in maniera corretta -Visualizza mentalmente i tuoi colpi, le immagini mentali producono risultati fisici
Realtà o Fantasia
locali, e se vinto, sarai stato probabilmente anche invitato a giocare ad eventi nazionali a livello juniores.
Ahh, la vita da giocatore di tennis professionista! Il sogno di guadagnarsi da vivere facendo lo sport che si ama. Ora, immagina di essere così bravo che i tuoi premi sono case in posti di mare, Lamborghini, assegni multimilionari e fan che ti adorano in tutto il mondo! Chi potrebbe desiderare una situazione migliore?
A volte ti sarai ritrovato a dover viaggiare durante i giorni festivi e forse anche per il tuo compleanno. La tua vita familiare è cambiata e, anche se sembra divertente all’inizio, ci saranno momenti in cui semplicemente odierai questo gioco. Non è certamente un gioco low cost: se i tuoi genitori non sono ricchi, potrebbero aver dovuto fare una ipoteca sulla casa di famiglia (o anche una seconda) per darti questa opportunità.
by Nick Bollettieri
I fatti, comunque, parlano forte e chiaro. In tutti gli sport sia individuali che di squadra degli Stati Uniti, ci sono meno di 5000 atleti professionisti che davvero si guadagnano da vivere con gli sport competitivi. Detto questo, solo una piccola percentuale di questi 5000 individui raggiungono lo status di superstar e riescono a godersi lo stile di vita descritto prima.
Essendo nel mondo dei maestri di tennis da quasi 60 anni, ho avuto l’esperienza di innumerevoli viaggi, allenamenti che sembrano infiniti, le risate e le lacrime di un aspirante tennista. Come amatore si passa da tornei locali per poi arrivare a quelli regionali, nazionali e internazionali. Il fallimento in uno di questi livelli ostacolerà la carriera verso il riconoscimento mondiale. Mentre il successo a ognuno di questi livelli offre nient’altro che l’opportunità di confrontare le proprie capacità contro i migliori giocatori delle categorie più alte. Ti sarai allenato vicino casa, probabilmente frequentando una scuola di tennis e forse passando un periodo in alcune accademie a tempo pieno. Avrai viaggiato per fare tornei
Gli allenatori privati, i viaggi e gli hotel necessari per diventare un giocatore nel ranking nazionale possono costare fra gli 80.000$ e i 150.000$ all’anno. La famiglia media guadagna 53.000$ ogni anno, quindi puoi immaginare l’immenso sacrificio che i tuoi genitori stiano facendo. Se sei una giovane ragazza, spesso uno dei tuoi genitori ti accompagna a questi tornei. Un’altra spesa! E, comunque, la conseguenza sfortunata e
inaspettata di questo sostegno della famiglia è che altri fratelli sono spesso lasciati in secondo piano. Lungo il percorso, se hai avuto successo nei vari livelli del ranking amatoriale, dovrai affrontare la scelta fra due opzioni: il college o il Pro Tour. Quindi, decidi di provare il Tour. Fai il botto e ti guadagni un ATP ranking fra 750 e 900. Gli sponsor non hanno interessi in giocatori con un ranking così basso, ma hai ancora la spinta dei fondi per il college quindi continui ad andare avanti. Fermiamoci un attimo in questo punto e guardiamo le conseguenze di questa tua decisione. Una borsa di studio di quattro anni all’università di buon livello è fra 25.000 e 60.000$ l’anno. Il valore di queste borse si traducono in un regalo nei quattro anni fra 100.000$ e 240.000$. Ma, se includi il costo degli allenatori, viaggi e attrezzature, il valore di una laurea di 4 anni arriva a 500.000$.
Sappiamo che la maggior parte dei giocatori di tennis con una borsa di studio sportiva si laurea in 4 anni. Quindi, dopo 4 anni hai una laurea universitaria e potrai scegliere una carriera e iniziare a vivere il sogno americano.
Secondo il dipartimento di statistica degli stati uniti, l’atleta professionista medio guadagna oltre 43.000$ all’anno. Ovviamente, superstars come Kobe Bryant, mettendo a canestro giusto due palle, guadagna più che l’operaio medio americano in un anno. Quindi, adesso, diamo un occhio alla seconda delle due opzioni. Ovvero decidi di fare il tuo tentativo nel Tour. I numeri qua sotto sono medie, ma ti daranno un’idea delle necessità annuali per un giocatore nel circuito: a. Coaching (viaggio) $ 70,000 b. allenamento fisico $ 12,000 c. training psicologico $ 1,000 d. tuoi viaggi $ 60,000 Totale: $143,000 supposizioni: a. numero di tornei ogni anno: 20 b. costo per ogni giocatore ai tornei: $ 3,000 c. stipendio dei coach $50,000 + Bonus d. viaggio dei coach ai tornei: $20,000 e. allenatore top a 1.000$ al mese: $12,000 entrambi i valori, sia delle borse di studio sia del costo per giocare al Tour sono stati calcolati nel 2009, quindi entrambi i numeri sono sicuramente più alti oggi. Prendi ad esempio il giocatore ATP Nicholas Mahut. Famoso per avere recentemente giocato la partita più lunga della storia del tennis contro John Isner, nel 2009 Nicholas era classificato n.164. ha guadagnato 144.290$
quell’anno, ma le sue spese erano di 143.000$. I suoi guadagni al netto delle tasse quell’anno sono stati di 710$, tolto ogni supporto che può aver avuto. Oggi, Nicholas è classificato come n.69 e i suoi guadagni complessivi nella sua carriera sono quasi 5.5 milioni di dollari. Irina Falconi ha frequentato il Georgia Tech per due anni ma non ha finito la laurea. È diventata professionista nel 2010 e ha raggiunto la posizione n.385 nel ranking WTA. Il guadagno complessivo nella sua carriera erano più di un milione di dollari. Il ranking più alto che abbia mai raggiunto era 67esima al mondo, e tutto ciò che aveva guadagnato era appena sopra un milione, esclusi i finanziamenti di supporto. Irina si è dimostrata l’eccezione alla regola. Le probabilità di guadagnare abbastanza da vivere bene come tennista professionista, considerando il numero di giocatori che competono, è meno dell’1%. Considera anche che la durata media di una carriera di tennis è di sette anni. Serena Williams, d’altra parte, non ha frequentato il college. È diventata professionista nel 1995 e ha raggiunto la prima posizione nel ranking WTA. I suoi guadagni, calcolati nel 2009, erano poco sopra i 32 milioni di dollari. Serena, uno di quei ‘rari fenomeni’ di cui abbiamo parlato, è ancora la numero uno quando è stato scritto questo articolo. Adesso il suo guadagno complessivo è la cifra inimmaginabile di 74 milioni ed è ancora la migliore giocatrice al mondo. E questi guadagni non includono gli oltre 50 milioni ricevuti in sponsorizzazioni. Quindi, quanto è difficile avere una esperienza di bilancio in positivo nei Pro Tour? E l’approccio americano che prendono i nostri giocatori verso una carriera nei college è la
strada giusta? Il mondo del tennis oggi è dominato dagli europei: Federer, Nadal, Djokovic, Murray, Wawrinka, Berdych e Nishikori. C’è solo un uomo americano nei migliori 20: John Isner come 13°. Dal lato femminile invece, dopo Serena i nomi sono Halep, Sharapova, Muguruza, Kvitova, Radwanska, Kerber e Pannetta. Andy Murray ha frequentato la Schiller University e, dei giocatori nominati, nessuno ha frequentato il college nè in America nè altrove. Quindi la domanda è: “rinunciare al college è il modo migliore di diventare un giocatore di tennis di fama mondiale? O coprirsi dai rischi e prendersi una laurea universitaria, dandogli la precedenza, è la strada più saggia?”. Questo mi ricorda un commento fatto una volta dal mio vecchio amico Arthur Ashe. Lui chiese a un ragazzo cosa sarebbe voluto diventare da grande. Il ragazzino rispose: ”Voglio giocare in
dei ragazzi Americani fra i 10 e i 18 anni erano considerati obesi. Mentre nel 2014, 7 uomini e 10 donne erano nel top100, e il 33% dei ragazzini erano obesi. Pochi possono dire che l’essere in forma, la resistenza e la forza non siano elementi chiave nel tennis del 21esimo secolo. Ho provato a affrontare questo grave problema qualche anno fa aprendo ‘Camp Kaizen’ in Vermont. Era ideato per aiutare le ragazze obese ed era produttivo, ma purtroppo non sono riuscito a ottenere abbastanza fondi per mantenere il campo economicamente sostenibile.
NBA ed essere come Michael Jordan”. Arthur gli sorrise e gli rispose “è più facile che diventi il proprietario della squadra per cui gioca Michael Jordan. Puoi tranquillamente diventare un dottore o un avvocato, ma Michael Jordan è un fenomeno di cui se ne trova uno su un milione”. Ma c’è un’altra considerazione. A differenza del Basket e del Calcio, il tennis è uno sport uno contro uno. Non ricevi uno stipendio fisso se attraversi un brutto periodo. Non hai una squadra da miliardi di dollari che ti offre un bonus multimilionario in base a quanto potrai aiutare il team in futuro. Comunque, tutta la nazione degli Stati Uniti sta subendo una epidemia di obesità giovanile che non sembra accennare a fermarsi. Uno studio recente, pubblicato nella rivista Tennispro, mostra una tendenza preoccupante. 35 uomini e 50 donne americane erano nei migliori 100 nel 1978. A quel tempo solo il 13%
Il futuro del tennis americano è sotto un microscopio adesso. La USTA sta facendo ogni sforzo possibile per fare in modo che questo sport cresca negli Stati Uniti. Si è deciso di aprire un nuovo complesso con 100 campi fuori Orlando, Florida, e questo offre grandi possibilità. Insieme ai più completi complessi di allenamento di tennis in tutto il mondo, anche il panorama generale è cambiato. I giocatori di talento e i loro coach sono i benvenuti per poter sfruttare le significative risorse della USTA. Martin Blackman, il nuovo direttore dello sviluppo del gioco, è un leader capace e intelligente. Conosco Martin sin da quando era un ragazzo e ho la massima fiducia che lui farà una gran differenza. Inoltre, sotto la direzione del nuovo direttore generale della USTA Katrina Adams, si stanno buttando le fondamenta per una nuova strategia. Dall’introduzione dello sport per i bambini di 5-6 anni alle possibilità di allenamento a livelli massimi per giocatori delle competizioni, una nuova strategia è stata innestata nell’amministrazione. Ora abbiamo un gruppo di giovani giocatori promettenti che stanno crescendo. Madison Keys, Coco Vandeweghe, Christina McHale, Michael Mmoh, Taylor Fritz, Tommy Paul, Jared
Donaldson, Reilly Opelka, Noah Ruben, e Frances Tiafoe sono fra quelli che promettono di essere le future star americane. Chiaramente, il futuro del tennis americano sembra brillante.
se sei convinto di tentare la fortuna nel Tour, semplicemente vai e conquista! Se sei convinto che tu sei quella persona su un milione, continua con i miei migliori auguri!
Ma torniamo al nostro parlare di realtà o fantastia.
Negli anni 80 e 90 di solito incoraggiavo i miei migliori allievi a diventare professionisti quando ancora portavano il pannolino. Ora, preferisco veder loro indossare un completo prima di diventare professionisti.
La verità è che le possibilità di guadagnarsi da vivere entrando dei migliori 100 è una cosa per una persona su un milione. Io consiglio di andare al college a quasi tutti. Come Arthur Ashe aveva risposto al ragazzino, una laurea può essere la chiave per avere una vita di successo. Per quanto riguarda la mia idea, consiglio di far girare le probabilità a proprio favore appendendo la racchetta al chiodo. Poi
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Il duro mestiere di fare l’allenatore
gioco per i giocatori è alta. In quanto sport individuale, è importante costruire una squadra di supporto, e costruirla bene e il primo investimento è l’allenatore.
Riuscite a immaginarvi Phil Jackson intestare la fattura a Kobe Bryant per i suoi servizi da allenatore? O che ne dite di Bill Belichick chiedere a Tom Brady di firmargli la sua busta paga? Diversamente dal mondo degli sport professionistici di squadra, nel tennis professionista i giocatori sono direttamente responsabili per l’assunzione, il licenziamento e lo stipendio di loro allenatori. Quindi se siete un allenatore nel circuito professionistico,
Il tennis è un affare “senza proprietario”. Per l’allenatore professionista, non c’è la rete di sicurezza. Si è un contraente individuale al 100% senza proprietario o direttore generale che separa dal giocatore. Contratti a lungo termine non esistono a meno che non si abbiano legami di sangue, che possono anche soffrire di occasionali ricadute. Normalmente gli accordi sono fatti in termini mensili o annuali, soggetti a finire basandosi su scarsi risultati, scarso gioco o giornate vuote e andate male in ufficio.
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by B. Gilbert
pensateci su pria di urlare contro il vostro giocatore, perché nel tennis, il giocatore è la banca. Nel corso degli ultimi, gli allenatori professionisti hanno visto lo sport passare da un’operazione per gente comune a un’industria gigante. Tutto è diventato più grande: i luoghi, i premi, la copertura dei media. La posta in
I contratti da allenatore sono individuali così come i giocatori, e si concentrano dove si trova il giocatore e sul loro potenziale. Nel circuito professionale, questo si può tradurre in qualsiasi cosa, da un accordo con una stretta di mano a un documento di 30 pagine. Per gli allenatori è una scommessa. Si può solo immaginare il futuro, ma più informazioni si hanno, meglio lo si può immaginare. Se si trova
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un buon giocatore che si pensa abbia potenziare e lo si riesce a far esordire, si è a posto. Si può andare sul sicuro e tradizionale con una paga di base, o si può investire sul proprio giocatore. Io sono un po’ un giocatore d’azzardo. Mi piace investire sul giocatore, così come voglio che il giocatore investa su di me. Si tratta di credere in quello che si fa e credere nel giocatore. Io cerco il talento, lavoro duro e voglia di fare, e sono disposto alla possibilità di investire. C’è un enorme fattore di rischio, ma non più del rischio che il giocatore si assume con me. Se il giocatore perde, perdo io; se vince, la giornata finisce bene. Leva via la tensione. È molto più gratificante di collezionare buste paga. Mi piace
essere parte del gioco e avere qualcosa in ballo. È semplicemente il modo in cui preferisco fare affari. I giocatori non pagano al loro allenatore solo un salario. Si fanno carico anche di tutte le spese di viaggio, gli extra e l’entourage occasionale. Viaggiare tra le 30-35 settimane può davvero far male al portafoglio del giocatore. È pesante
per i giocatori bassi in classifica o per qualcuno che fatica a trovare fondi. La maggior parte degli allenatori si affidano a un contratto su base settimanale, ma ci sono un paio di cose che rendono le cose più interessanti. La mia preferita, rispetto al monte premi, significa che l’allenatore prende una percentuale dei guadagni del giocatore invece di avere uno stipendio fisso. I bonus degli slam vengono pagati quando il giocatore raggiunge i quarti di finale o la finale di un torneo. Il bonus per la classifica quando il giocatore arriva nei top 20. Se avete questa opzione o ottimismo da aggiungere all’accordo, non solo il vostro giocatore sarà in ottima forma, ma anche voi avrete un bell’incentivo.
Il successo in campo di solito attrae supporters in termini di denaro per il giocatore, ma l’allenatore difficilmente vede quel denaro. Gli allenatori possono comunque fare un accordo con i loro giocatori. Al prossimo programma televisivo buttate un occhio a cosa sta indossando l’allenatore di solito porta lo stesso logo del giocatore. Gli ex giocatori che sono diventati allenatori
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possono anche mantenere gli stessi sponsor del loro periodo da professionisti e fare accordi collaterali mentre passano alla loro nuova carriera. Diversamente da questi casi, è molto raro che l’allenatore riceva sponsor esterni.
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L’allenatore è anche alla mercè del livello di abilità e salute del giocatore. Gli infortuni si traducono in zero gioco, che significa niente stipendio. Questo ovviamente non va bene per il giocatore, tantomeno per l’allenatore. È tutta una questione di prevenzione e preparazione. Avere un buon allenatore può fare la differenza dentro e fuori dal campo, quindi è un solido vantaggio avere l’uomo giusto dalla vostra parte.
Il livello degli allenatori va piuttosto in profondità nel circuito professionistico. C’è un intero gruppo di persone con il potenziale di aiutare un giocatore a diventare N.1. I macinatori: gli allenatori che hanno giocatori classificati tra il 150-450 posto. I giocatori a questo livello a malapena guadagnano qualcosa, ma hanno cuore e potenziale.
Possono assumere un allenatore con meno esperienza con un budget ristrettissimo nella speranza di trovare la loro strada al successo. Di solito si tratta di accordi basati sui bonus degli incentivi. L’allenatore può prendere uno stipendio di 500$ a settimana, senza spese, stanze condivisi e che paga il suo biglietto aereo. Questa è “fratellanza”, e ci sono molti casi in cui alcuni di questi inizi modesti si trasformano in qualcosa di lucrativo lungo il percorso. Il bonus importante di questo assetto arriva se il giocatore irrompe nella top 50. Se si riesce a portare il proprio giocatore fino alla top 50 in meno di un anno, è stato fatto un gran lavoro. Quelli che tirano le fila degli accordi: i
giocatori a metà classifica, tra il 25esimo e 75esimo posto. Questo è il momento in cui inizia ad arrivare il vero guadagno, e in cui i giocatori sono capaci di tirare fuori grandi risultati. Gli allenatori possono incassare dai 1000 ai 2000$ a settimana, più i bonus, con tutte le spese pagate. Arrivano con molta più esperienza a livello del circuito. Questo è il momento di considerare anche l’approccio con
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i bonus dei montepremi e i bonus della classifica a fine anno nel contratto. Se un giocatore classificato a circa il 25esimo posto vince un torneo, il suo premio può essere tra i 100.000$ e 250.000$, l’allenatore prendendo il 10%, prende più della sua paga normale. Non dimentichiamoci del bonus sulla classifica a fine anno. Se il giocatore inizia l’anno classificato 25esimo e riesce ad arrivare fino alla top 10-12, può portare un solido 100.000$ in più alla fine dell’anno. Allenatori d’elite: quelli dei top 20. Ora parliamo di tennis serio. A questo livello di gioco, i contratti vanni più in profondità con tutti i dettagli. È il sogno di ogni allenatore, allenare un giocatore con il potenziale di
diventare N.1 Nel tennis ci si arriva vincendo Slam. È il massimo in questo sport. Ci sono quattro tornei major ogni anno nel tennis professionistico. Questi sono il fulcro per i giocatori della top 20, e fare bene in uno di questi tornei si traduce in soldi in banca. Sono l’Australian Open, il Roland Garros, Wimbledon e gli US Open. Questi sono gli eventi principali
della nostra professione e la piattaforma per diventare leggenda. I giocatori a questo livello cercano un allenatore di alto calibro che li segua, o che li tenga al top. Gli allenatori più prestigiosi e con esperienza prendono i lavori migliori. Se siete fortunati abbastanza da essere assunti da un top 10 o 5, può essere piuttosto lucrativo. A questo livello, un allenatore può tirare su il 15% del montepremi, più i bonus. Con un giocatore che guadagna fino a 10$mln all’anno, questo può essere un affare estremamente redditizio. I contratti sono negoziati molto attentamente. I vari accordi dipendono in base ai risultati e all’esperienza dell’allenatore, così come alla percentuale di
successo, classifica e potenziale del giocatore. Tutto aumenta: la paga, l’emozione, la concentrazione, l’impegno e lo stress. Vincere è tutto. Come allenatore, prendo tutto questo molto seriamente. Il denaro può annebbiare la visione degli sport professionistici, ma alla fine non ho mai incontrato un giocatore di successo che si
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preoccupasse veramente più del denaro che della vittoria. Non importa il clamore, nessun denaro può prendere il posto di un torneo. Non c’è bisogno che siate un atleta per capire questa sensazione; ce l’avete nel sangue o non ce l’avete. Ed è qui che entro in gioco come allenatore. Se volete la vittoria, farò tutto quello che posso per essere sicuro che siate preparati per il momento del trionfo.
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Anche se la maggior parte degli allenatori professionisti è finanziata dai giocatori, ci sono alcune posizioni disponibili attraverso federazioni organizzate. La United States Tennis Association, la Lawn Tennis Association e la French Federation offrono ai giocatori agli inizi una maniera economica di viaggiare con un
allenatore designato. Assunti e designati dall’associazione governativa, gli allenatori possono osservare i progressi individuali o di un gruppo di giocatori promettenti. In passato, questi lavori erano riservati ad allenatori disposti a prendere uno stipendio più basso in cambio di maggiore sicurezza lavorativa. Ma le cose stanno cambiando visto
che le federazioni nazionali stanno capendo che è un buon investimento assumere i migliori allenatori per velocizzare i progressi e portare il loro paese in prima linea. Quando Rafael Nadal vinse Wimbledon, aveva il Re e la Regina di Spagna tra i palchi insieme a 13.1 mln di spettatori alla tv. Mi piace questo trend, e credo che le organizzazioni che stanno preparando le star di domani avranno un effetto significativamente positivo sul tennis. Portare supporto finanziario aprirà il tennis a gruppi di atleti, che punterebbero altrimenti a un altro sport. Il tennis non è economico, così il supporto finanziario di giocatori e allenatori farà una profonda differenza per il futuro del gioco.
Il tennis è uno sport per atleti veri. È una sfida sia mentale che fisica, non c’è una stagione di pausa e non ci sono compagni di squadra che vi coprano le spalle una giornata no. Si ha una finestra di 10-15 anni per dare tutto quello che si ha. Si vince o si perde. Serve cuore. Questo è il motivo per cui amo allenare per vivere. È più di un affare, è una passione. È una vita ai limiti, non la scambierei per nulla al mondo.
Adattarsi alle condizioni di gioco come qualità mentale by Federico Coppini
“Io con le palline nuove non ci gioco mai, per forza ho fatto schifo!”
“Gioco sempre il pomeriggio e ieri sera sono entrato in campo alle 10, come facevo a rendere!” Potrei continuare, ma mi fermo qui. Questo per dire che spesso partiamo dal presupposto che il tennis si debba giocare nelle condizioni di gioco per noi ideali, o almeno quelle usuali nelle quali ci alleniamo, dove per condizioni di gioco intendo superficie, giorni e orari, palline, condizioni meteo (temperatura, umidità, luce). A volte addirittura vorremmo che anche l’avversario rientrasse in una delle tipologie di giocatore che ci consente di esprimerci al meglio. Quante volte avrete sentito dire ad esempio frasi del tipo “mi stavo per ritirare, quello lì alza tutto, come si fa…”. Bene, allora vi do una notizia: il tennis viene giocato in una serie condizioni differenti sulle quali incidono una serie di fattori, in parte prevedibili e in parte meno. Meglio farsene una ragione. Ovviamente tutti i giocatori hanno delle condizioni di gioco “ideali”, ma non è che queste vanno considerate come normali. In proposito è il caso di approfondire due aspetti. Il primo. Se ci fate caso, molte delle situazioni legate alle condizioni di gioco che vi mettono a disagio sono prevedibili. Ad esempio, potete conoscere la marca delle palline usate in un torneo prima di presentarvi al primo turno. Allo stesso modo nella maggior parte dei casi conoscete il circolo dove andrete a giocare, e di conseguenza il tipo di superficie sulla quale dovrete
giocare. Allora prima di presentarvi ad una partita ufficiale cercate di capire come saranno le condizioni di gioco (nei limiti del possibile) e confrontatevi con esse prima di scendere in campo. Ad esempio prendete un tubo di palline dello stesso tipo usato al torneo e giocateci un paio d’ore, oppure allenatevi all’aperto invece che al coperto se sapete che il torneo a cui vi siete iscritti si giocherà all’aperto. Probabilmente sarete più sicuri quando vi troverete al affrontare il match. Questo peraltro rappresenta un concetto valido per l’allenamento in genere, a prescindere cioè dalla situazione contingente. A più di un maestro ho consigliato di cambiare condizioni di gioco durante l’allenamento oppure durante il programma settimanale. Per esempio, e sempre rimanendo al tema palline, può essere una buona idea usare di tanto in tanto palline più usate del solito per allenare giocatori che stanno lavorando sulla spinta. Il giocatore si allena così a svolgere gli esercizi anche nelle condizioni di gioco a lui sfavorevoli, prendendo confidenza anche con queste e aumentando così la propria fiducia in
quell’aspetto del gioco che ritiene più debole. La stessa cosa può essere fatta su tante altre cose, prima fra tutti sugli elementi distraenti. In generale quello di mettersi nelle condizioni a noi non favorevoli per migliorarsi e migliorare il nostro gioco è un atteggiamento estremamente positivo. Secondo aspetto. Per quanto ci si possa preparare, a volte ci troviamo davanti a condizioni di gioco che non ci mettono a nostro agio. A questo punto la cosa da fare è accettare la cosa e cercare di dare il nostro meglio in quelle condizioni. Cercate dunque di trovare soluzioni di gioco efficaci in “quella” data situazione e di non recriminate per ciò che non è stato e non sarà. Con questo atteggiamento riuscirete ad offrire un rendimento migliore e avrete la possibilità di crescere sotto altri punti di vista che non siano quelli strettamente mentali. A tal fine è molto utile avere un buon salf-talk, ma di questo parlerò un'altra volta. Buon lavoro.
cielo. Noi apparteniamo alla terra – siamo polli”. Cosi’ l’aquila visse e mori’ come un pollo, perche’ questo e’ cio’ che credeva di essere. Il potere delle convinzioni e’ di gran lunga l’energia piu’ forte e creativa dell’universo. Le nostre convinzioni dettano le nostre azioni, che a loro volta dettano i nostri risultati. La vita e’ creata momento per momento sulla base di cio’ che crediamo e Il potere illimitato delle convinzioni by Federico Coppini Un uomo trovo’ un uovo di aquila lo mise nel nido di una gallina nell’aia. L’aquila nacque con la nidiata di pulcini e crebbe con loro. Per tutta la vita l’aquila fece quello che facevano i polli dell’aia, pensandol di essere un pollo dell’aia anche lei. Grattava la terra per trovare vermi e insetti. Chiocciava, batteva le ali e si sollevava in aria per brevi distanze. Passarono gli anni e l’aquila divento’ molto vecchia. Un giorno vide un magnifico uccello nel cielo senza nuvole sopra di lei. Scivolava silenziosamente in graziosa maesta’ fra le forti correnti di vento, quasi senza battere le sue forti ali dorate. La vecchia aquila guardo’ in alto con soggezione. “Chi e’ quella?” domando’. “Quella e’ un’aquila, il re degli uccelli”, gli disse il vicino. “Appartiene al
che ci puo’ permettere di andare oltre i nostri piu’ folli sogni. Lo scegliere le vostre convinzioni coscientemente e intenzionalmente puo’ rafforzare notevolmente la qualita’ della vostra vita – fisicamente, finanziariamente, socialmente, emotivamente – e sicuramente lo fara’. Se volete essere tenaci creatori della vostra realta’, dovete coscientemente scegliere di credere in cio’ che vi da’ potere. Sapete che se mettete un pesce rosso in un lago continuera’ a nuotare nello stesso cerchio? Perche’? Perche’ ha accettato di credere che, se nuota piu’ lontano, sbattera’ il naso. Lo ha sempre fatto in questo modo. Qualsiasi altro modo e’ “impossibile”. Ecco un altro esempio divertente del potere della convinzione in azione. Prendete un acquario e dividetelo a meta’ con una lastra di vetro trasparente. Prendete un barracuda (che chiameremo Barry) e un muggine (che chiameremo Molly). Mettete un pesce da ciascuna delle due parti della lastra di vetro e osservate. Dopo un attimo, Barry si
lancera’ a folle velocita’ per mangiare Molly, ma “bum” non riesce a raggiungerla, anche se riesce a vederela cosi’ chiaramente. Imperterrito, Barry continuera’ a provare. Dopo qualche giorno Barry avra’ il naso dolente, senza peraltro essere riuscito ad avvicinarsi a Molly per mangiarla. Barry assocera’ Molly al dolore e non piu’ a una potenziale leccornia. A questo punto togliete la lastra di vetro: Barry si lascera’ morire di fame mentre Molly nuota a pochi centimetri da lui! Conosce i suoi limiti, e non nuotera’ al di la’ di essi. Sono lo stesso tipo di limiti che noi ci costruiamo nella mente. La nostra verita’ diventa la nostra realta’. Analizziamo quest’idea piu’ da vicino. La maggior parte delle persone sara’ d’accordo che il nostro potenziale e’ essenzialmente illimitato. Che ne pensate? E allora perche’ non ce lo dimostrate nella vostra vita? Il problema e il motivo per cui la maggior parte delle persone non dimostra l’illimitato potenziale e’ perche’ le loro azioni sono temperate dalle loro convinzioni limitatrici. A causa di una credenza che ci limita, noi sfruttiamo solamente una piccola porzione del nostro potenziale che, a sua volta, ci fa intraprendere un’azione limitata che produrra’ risultati limitati. D’altra parte, se sviluppate poteri che vi rafforzeranno, sfrutterete maggiormente il vostro potenziale, userete una parte maggiore della vostra innata creativita’ e
agirete di piu’. Questa convinzione, unita all’azione, produrra’ grandi risultati e questo, a sua volta, rafforzera’ le vostre credenze fortificanti. Le persone di successo danno per scontato che il successo e’ il prodotto naturale dei loro sforzi. Wayne Dyer scrisse un libro dal titolo “Transformation, You’ll See It When You Believe It” (Trasformazione, la vedrete quando ci crederete). Quando comincerete a credere nel vostro successo, vedrete il risultato nella vostra vita. Quando comincerete a credere nella vostra capacita’ di raggiungere le vostre
mete, vedrete che le cose in cui credete si manifesteranno sul piano fisico. Quello in cui credete e’ cio’ che ottenete. E quanto di buono o di cattivo avete gia’ ora nella vostra vita, e’ stato creato dal vostro attuale sistema di convinzioni. La buona notizia e’ che potete cambiare il vostro sistema di convinzioni – si’, potete cambiare cio’ che credete di voi stessi, il mondo, tutto – e creare la vita che volete. Ricordate il vecchio detto? “Whatever you can conceive and believe, you can achieve” (quello che concepite e in cui credete, potete ottenerlo). LE CONVINZIONI HANNO IL POPTERE DI CREARE E DISTRUGGERE Recentemente 500 persone appartenenti a un culto del Giudizio Universale chiamato Movement for the Restoration of the Ten Commandments of God, si sono suicidate in Uganda. Prima di loro lo avevano fatto anche i discepoli di Jim Jones in Guyana, i Branch Davidians di Davide Koresh, e i seguaci del culto della Porta del Cielo. Non giudichiamo. Forse hanno ragione, forse le loro anime sono state trasportate a un veicolo spaziale che viaggiava nella coda di una fiammeggiante cometa. Non so! Ma possiamo vedere che queste persone sono pronte a non fermarsi davanti a nessun ostacolo grazie al loro comando implicito e indiscusso sulle loro convinzioni. Avere una buona idea e’ il primo passo
verso il crearsi una vita di successo. Credere pero’ e’ qualcosa di diverso. Ecco un esempio: puoi avere l’idea che ci sono molti modi di far soldi. Ma se non credi intensamente che farai soldi, non riuscirai mai a fare quanti soldi dici di volere. In altre parole, credere in qualcosa e’ sapere per certo che cio’ che vuoi puo’ avvenire e avverra’. Non c’e’ il minimo dubbio
che avverra’ – tu hai una fiducia completa e unica e sai che avverra’. Se non credi non puoi capire – Sant’Agostino A molte delle persone con le quali parlo manca questo elemento nella vita di ogni giorno. Faranno tutto quello che ritengono necessario a conseguire i loro scopi, ma non riusciranno a inserire l’elemento del credere nel loro sistema. L’ironia e’ che siamo nati credenti, e siamo stati educati a non credere. Se non vedete una cosa, vuol dire che non e’ reale – ecco quello che ci hanno insegnato. Quando comincerete a credere senza l’ombra di dubbio che cio’ che volete puo’ accadere e accadra’, la vostra vita cambiera’ in modi che non avete mai ritenuto possibili.
Se non cambiate le vostre certezze, la vostra vita sara’ cosi’ per sempre. E’ questa una buona notizia? – Dr. Robert Anthony Il subconscio risponde al vostro modo di pensare abituale. Essendo totalmente neutrale in senso morale, e’ felice di accettare ogni abitudine, buona o cattiva, come “normale”. Noi inavvertitamente lasciamo che pensieri negativi penetrino nel subconscio in ogni minuto della vita, e poi ci sorprendiamo quando questi pensieri trovano espressione nelle esperienze e nei rapporti giornalieri. Mentre ci possono essere alcune cose che ci succederanno senza che noi abbiamo avuto alcun ruolo nel crearle, la maggioranza di esse e’ gia’ dentro di noi – in attesa della luce del giorno. In altri termini,
se tu pianti e curi il giardino, questo produrra’ fiori, frutti, le cose che coltivi. Se non pianti dei semi specifici, allora gli animali, il vento e altri elementi permetteranno a cose fortuite di penetrarvi, producendo abbondanza di erbacce e vegetazione selvatica, che probabilmente soffochera’ le piante utili. Una cosa e’ certa: qualcosa crescera’ nel giardino. Cosi’ come un giardiniere deve curare il suo
terreno, impedendo alle erbacce di crescere, tu devi curare il giardino della tua mente, liberandola dai pensieri di mancanza, limitazione e negativitaâ&#x20AC;&#x2122;. Devi nutrire e curare i pensieri di felicitaâ&#x20AC;&#x2122;, successo e determinazione. Se curerai il giardino in questo modo, presto scoprirai che sei il principale giardiniere della tua anima. Arriverai alla profonda rivelazione che non sei la vittima delle circostanze, ma il loro architetto. Percheâ&#x20AC;&#x2122; sono i pensieri a cui presti
attenzione quelli che formano il tuo carattere, creano le circostanze, e determinano il tuo destino finale.
Quelli di noi che hanno seguito per anni Novak sanno che molte volte ha dovuto lottare col suo dritto. Djokovic è riuscito, grazie ad un duro lavoro, a trasformare quella che era una sua “lacuna” in una vera e propria arma! Ciò che rende quest'arma molto più pericolosa è il rovescio: questo colpo prima ti “preleva il sangue” sino a farti scoppiare il cuore con la chiusura di diritto. Scopri questo gioco di Novak!
Come colpisce di diritto Novak Djokovic by Federico Coppini
Gioca a tennis sempre e comunque ...diventerai Uomo by Marco Mencaglia
Orgoglioso ed onorato di poter scrivere per questa rivista voglio raccontarvi la mia storia tennistica trascorsa da giocatore, maestro e genitore. Perché vi annoierò con la mia storia? Lo capirete poi!!! Era il 1978 ed io come tanti altri ragazzi mi accingevo a giocare i primi tornei di tennis under 12 perché in quel periodo non esistevano i tornei under 10 (figuriamoci gli under 8) e quindi le prime esperienze di tutti noi, piccoli tennisti, cominciavano con i tornei sopra citati. Ero un bambino molto coordinato ma che aveva cominciato questo sport un po’ tardi rispetto a tutti quelli che mi circondavano. In due anni di gare presi molte batoste inclusi i classici 60 60 da quelli che per erano dei “Miti” e sarebbero diventati, nelle mie fantasie, i più forti del mondo. Passato under 14 cominciai a farmi rispettare almeno nella mia regione ma rimasi sempre dietro e di parecchio ai soliti “noti". Ai tornei Nazionali erano troppi quelli più bravi di me ma io amavo troppo questo sport e non mollai continuando a giocare divertendomi. Da under 16 non mi qualificai neanche per i campionati italiani facendo però tremare nell’ultimo turno di qualificazioni "uno" del gruppo della Nazionale. In quel momento capii che la distanza con loro era diminuita molto e soprattutto mi sorprendeva il fatto che molti di loro non esistevano più perché non giocavano più…perché avevano smesso!!!
Negli under 18 mi presentai da numero 10 del seeding ma persi al primo turno vincendo il titolo di doppio misto (ai miei tempi esisteva questa gara, era molto divertente e socialmente valida e quindi ovviamente abolita). Non raggiunsi mai livelli altissimi ma i miei 5 anni da B1 e le qualificazioni giocate per due anni al Foro Italico furono delle bellissime soddisfazioni. Da Maestro responsabile del settore giovanile under 12 del Tennis Club Parioli ebbi la fortuna di lavorare con 2 ragazzi vincitore uno, finalista l’altro della Coppa Lambertenghi; sembravano 2 promesse ma uno smise a 16 anni e l’altro si perse giù di lì. Da genitore lo scorso dicembre ho portato i figli al Lemon Bowl a Roma. Il piccolo si è difeso con un quarto turno di qualificazioni under 10 ma la femmina under 10 ha perso, nel tabellone principale, 60 60 dalla testa di serie n. 1 che al momento è di un altro livello e grande speranza del tennis Italiano o almeno così dicono. Cosa dire ad una figlia che dedica tanto tempo a questo sport che perde in 35 minuti? Perché vi ho annoiato con queste righe? La carriera di un giocatore è una completa incognita dove i risultati al livello giovanile non garantiscono un domani da "star", in una carriera ad alto livello sono troppi i componenti da assemblare insieme dove solo pochi arriveranno, basti guardare l’albo d’oro di questo torneo o altri simili!! Conoscete Diego De Vecchis? Era quello che da piccolo batteva sempre 6/0 Paolo Lorenzi attuale n. 60 del mondo Conoscete Magi e Pisilli? Erano quelli che da piccoli battevano Pescosolido (ex n. 42) e Santopadre (ex n. 100).
Conoscete Yari Natali? Fognini negli under era sempre dietro. Di questi esempi ne potrei fare a centinaia (uno è in casa mia…la moglie) ma quello che vorrei sottolineare e che tutti potranno avere la possibilità di arrivare in alto; A tutti i tennisti giovani che amano questo sport dico “continuate a credere in ciò che fate perché le soddisfazioni arriveranno comunque e chi non arriverà numero 1 del mondo o nei primi 100 o in seconda categoria non sarà mai un fallito”. L’esperienza accumulata in una carriera servirà per la propria vita sia dal punto di vista professionale se deciderete di intraprendere la carriera di Maestro, sia per la vostra formazione interiore perché quello che ci da questo sport non lo troveremo da nessuna altra parte. Continuate a giocare e divertirvi…!!!!
Dolori alla rotula nei tennisti by Danie Morkel Il dolore alla rotula (o all’articolazione femororotulea) è causato dall’uso eccessivo della cartilagine articolare posta tra la rotula ed il femore. La cartilagine articolare situata dietro la rotula è la piú spessa di tutto il corpo, il che dà un’idea del tipo di forze subíte da questa articolazione. La forza esercitata dal quadricipite sulla rotula nell’estensione del ginocchio o ancora di piú nel rallentarlo in flessione viene trasmessa attraverso la cartilagine articolare della rotula. I meccanismi di estensione del quadricipite, della rotula e del tendine rotuleo sono favolosamente interconnessi. Questo significa che, sebbene la cartilagine articolare non riceva
un impulso nervoso, il ginocchio comincerà a fare male qualora si verifichi un indebolimento da insufficienza della cartilagine articolare. La rotula entra in contatto con il femore solo dai 45-60 gradi di flessione del ginocchio. Il dolore all’articolazione femoro-rotulea colpisce molti praticanti di sport di impatto, soprattutto il tennis. Sebbene l’insufficienza articolare colpisca di solito le persone in età piú avanzata, la sindrome dolorosa femoro-rotulea puó anche colpire i giocatori piú giovani. Nelle giocatrici puó addirittura verificarsi dai 14 anni in poi. Spesso la condizione colpisce entrambe le ginocchia, ma nel tennis puó essere il ginocchio dominante, oppure quello non dominante, a cominciare a dolere dopo le partite e le sessioni di allenamento. Nella sindrome dolorosa femoro-rotulea il ginocchio puó fare male anche nel fare le scale, saltare o correre. Un tipico sintomo della sindrome dolorosa femoro-
rotulea è un ginocchio che comincia a fare male quando l’articolazione è in flessione per lunghi periodi, come al cinema o in aereo. Nei casi piú estremi il ginocchio puó gonfiarsi. Sebbene la cause di questa condizione sia stata attribuita a molti fattori anatomici, in fin dei conti è il sovraccarico cronico della cartilagine articolare che porta a fratture da insufficienza. È molto importante che i giovani tennisti facciano attenzione che il carico sul ginocchio sia fisiologicamente corretto. L’allineamento delle ginocchia gioca certamente un ruolo fondamentale nel sovraccarico della cartilagine articolare femoro-rotulea. Purtroppo, le procedure di chirurgia correttiva non sono sempre efficaci, e generalmente richiedono lunghi periodi di recupero.
forza massima esercitata sul quadricipite, e quindi anche sull’articolazione femoro-rotulea. È importante evitare di fare esercizi tipo squat o affondi in flessione profonda, soprattutto se le ginocchia fanno male durante tali esercizi. Le tenniste non dovrebbero mai fare squat o affondi con i pesi. È importante indossare scarpe buone, ma gli ortesi rigidi possono essere dannosi in alcuni casi. I supplementi di glucosamina aiutano a ridurre l’infiammazione dell’articolazione ed a mantenere l’omeostasi e la dinamica dell’articolazione, ma non possono curare o prevenire lesioni della cartilagine articolare. In conclusione, quando si ha a che fare con il dolore all’articolazione femoro-rotulea, occorre tenere presenti alcuni punti fondamentali:
La prevenzione è dunque fondamentale, specialmente nei giocatori piú giovani. La forza esercitata sull’articolazione femoro-rotulea durante l’impatto sul tallone è certamente molto piú intensa su superfici dure piuttosto che su campi in terra rossa o erba. Esistono studi a sufficienza che dimostrano che l’allenamento eccentrico del quadricipite e del hamstring puó condurre ad una riduzione della
prestate attenzione alle vostre ginocchia, non fate esercizi di squat e affondi, portate scarpe di buona qualità ed allenatevi sempre con giudizio.