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Sergio Artini, medico di professione e artista per passione

fanno intendere di una religiosità sofferta, tutt’altro che consolatoria, in coerenza con le parallele elaborazioni di tipo filosofico e letterario. L’immagine di un homo viator (uomo in cammino), di un pellegrino dell’assoluto, si staglia sulla copertina dell’ultimo romanzo di Sergio Artini “Lontananze da percorrere. In compagnia di Luigi Pareyson” (2017), quasi a voler accompagnare lettore e protagonista della storia sul cammino di speranza additato dal grande filosofo dell’esistenzialismo cristiano. Accanto al disegnatore dal segno icastico ed emozionale, esiste anche l’Artini colorista, dei paesaggi e delle nature morte sperimentati con la tecnica della pittura ad olio, tenacemente perseguita nei brevi stacchi dal suo lavoro ordinario nell’esiguo spazio del retro ambulatorio. Questa produzione è da riferirsi perlopiù agli anni Sessanta. Così una recensione dell’epoca: “[...] Gli oli di Artini hanno il colore che si infittisce nervosamente in di Piazza d’Arogno (piazza di Trento attigua al Duomo, ndr) e i miei coetanei andavano ghiotti delle mie figure a matita, a pastello, ad acquerello...”. Nel 1960, anno del suo esordio letterario con il “Diario di un medico”, dai chiari riferimenti autobiografici, a tre anni dal suo insediamento nella condotta tionese, dopo l’università pavese, avviene pure l’esordio pittorico presso l’aula magna del palazzo comunale del capoluogo giudicariese con una mostra personale in duetto con l’amico-collega Lino Lorenzin, medico in quel di Stenico. L’esposizione, organizzata dalla locale Pro Loco, assume il carattere di un im- portante evento culturale in un contesto ancora poco reattivo su quel versante, dopo i decenni delle tribolazioni e delle privazioni. Impeccabile la recensione su un quotidiano locale a firma di Marcello Armani che sa cogliere il senso e lo spirito di simile iniziativa: “[...] L’esperienza professionale di un medico per il contatto con gli aspetti più umani della gente, lo mette nella condizione di capire, forse più di altri, problemi dello spirito e di notarne i contrasti e le contraddizioni con la vita meccanica che ci circonda e ci disorienta...Per Artini l’esigenza di spiritualità è addirittura programmatica e nell’accorata angoscia di rag- giungere tale scopo rinuncia ad ogni esibizionismo tecnico: lo provano le sue figure, indubbiamente le più congeniali al suo temperamento le quali mancano di peso sia tonale che di gravità, rimanendo isolate in un vuoto che non ne disperde ma ne accentua l’emotività”. Sulla brochure della mostra si legge: “Nella pittura di Artini c’è il tentativo di esprimere sentimenti e passioni esistenziali: a volte le figure e paesaggi ne risultano piegati, perfino deformati da questa fondamentale esigenza”. È la deformazione profondamente drammatica dell’espressionismo, che mai però raggiunge esiti figurativi dai toni tragici e disperanti; è la deformazione di un “Miserere”nostrano (vedi l’originale di Georges Rouault), dei corpi e dei volti in cerca di luce e di redenzione. Emblematico di questa espressività lo straordinario bozzetto che compare sulla copertina de “L’ora del Getsemani” (1985) , già da solo riassuntivo del contenuto del bellissimo romanzo. Nella galleria artiniana, spesso usate a corredo della parte narrativa, sfilano le immagini di un’umanità povera non solo materialmente ma soprattutto spiritualmente. I titoli di alcune tavole, “Ricco e povero”, “La mensa del povero”, “La clarissa”, “Il prigione”, “La caduta”, “La crocefissione”, pennellate cariche di espressione, in contrasti tonali che si sovrappongono rapidi ed intensi. L’impasto delle tinte è caldo e spontaneo soprattutto nel giallo e nel verde che si ritrova a fare da protagonista nelle nature morte e nel paesaggio. Artini è giunto alla sua pittura attraverso una valutazione critica di una realtà oggettiva, che pur non deformando o mutando la concretezza della sua rappresentatività, si colloca in una visione di sofferta commozione interiore”. Commozione interiore, passione per l’uomo è la lezione di questo medico umanista, inesausto cercatore di bellezza e di verità.

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