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Coro Femminile e Orchestra del Teatro alla Scala Direttore

Zubin Mehta

14, 16 e 17 ottobre 2020 Stagione Sinfonica Autunno 2020



Stagione Sinfonica Autunno 2020

Coro Femminile e Orchestra del Teatro alla Scala

Zubin Mehta Direttore

Daniela Sindram Contralto

Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala Maestro del Coro e del Coro di Voci Bianche

Bruno Casoni

EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA


TEATRO ALLA SCALA Mercoledì 14 ottobre 2020, ore 20 – Fuori abbonamento Venerdì 16 ottobre 2020, ore 20 – Fuori abbonamento Sabato 17 ottobre 2020, ore 20 – Serata riservata alla Promozione Culturale

SOMMARIO PAGINA 5

“Ciò che mi narra Dio” Paolo Petazzi PAGINA 17

Gustav Mahler. Cronologia della vita e delle opere Franco Pavan PAGINA 23

Zubin Mehta PAGINA 24

Daniela Sindram PAGINA 25

Bruno Casoni PAGINA 26

Coro femminile del Teatro alla Scala PAGINA 27

Orchestra del Teatro alla Scala PAGINA 28

Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala PAGINA 30

Teatro alla Scala


PROGRAMMA

Gustav Mahler Sinfonia n. 3 in re min. Prima parte I. Kräftig. Entschieden Seconda parte II.Tempo di Menuetto III. Comodo. Scherzando. Ohne Hast IV. Sehr langsam. Misterioso V. Lustig im Tempo und keck im Ausdruck VI. Langsam. Ruhevoll. Empfunden

(Durata del concerto: 1 ora e 45 minuti ca.)


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“Ciò che mi narra Dio” Paolo Petazzi

Emil Orlik, Gustav Mahler, 1903.

La Terza Sinfonia fu portata a termine nel volgere di due soli anni (1895-96): tra il giugno e l’agosto 1895 Mahler scrisse gli abbozzi di cinque movimenti (dal secondo al sesto), che strumentò nell’inverno e nella primavera successivi, per dedicarsi quindi nell’estate 1896 al solo, gigantesco primo tempo, finito il 6 agosto 1896; la strumentazione fu terminata il 22 novembre 1896. Già nel 1896 Nikisch diresse a Berlino il secondo tempo, che così isolato conobbe una notevole fortuna. La prima esecuzione completa della Terza fu diretta da Mahler a Krefeld il 9 giugno 1902, ed ebbe dal pubblico accoglienze trionfali (condivise solo da una parte della critica). Sulla concezione della sinfonia e sul suo “programma” possediamo nelle lettere di Mahler del 1895-96 e nelle conversazioni con Natalie Bauer-Lechner testimonianze particolarmente numerose e significative, che lo spazio non consente di riportare in misura adeguata. L’ultima formulazione dei titoli (poi eliminati) della sinfonia e dei singoli movimenti si trova nella lettera a Max Marschalk del 6 agosto 1896: Sogno di un mezzogiorno d’estate I parte Introduzione: Pan si desta. N. 1: L’estate irrompe (corteo di Bacco). II parte N. 2: Ciò che mi narrano i fiori del campo. N. 3: Ciò che mi narrano gli animali del bosco. N. 4: Ciò che mi narra l’uomo. N. 5: Ciò che mi narrano gli angeli. N. 6: Ciò che mi narra l’amore. Mahler pose molta cura nel definire i titoli attraverso successive stesure; ma già nella lettera citata li chiama soltanto una “piccola guida”, un “indicatore” lungo le vie e i paesaggi della Terza Sinfonia: alla fine li trovò riduttivi e li eliminò. Gli anni della Terza sono decisivi per il compiuto definirsi delle idee di Mahler sui programmi e per la sua concezione della composizione sinfonica come co-

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struzione di un intero mondo e come Naturlaut, “suono della natura”. Per esempio a Natalie Bauer-Lechner, nel giugno 1895, disse parlando della Terza: “La chiamo sinfonia, e non è proprio una definizione esatta, perché non si attiene per nulla alla forma tradizionale. Ma per me sinfonia significa costruire un mondo con tutti i mezzi tecnici a disposizione. Il contenuto sempre nuovo e mutevole determina la sua forma”. Di particolare importanza è una lettera del 18 novembre 1896 al critico e musicologo praghese Richard Batka (18681922), redattore della “Neue musikalische Rundschau” di Praga dal 1896 al 1898, che aveva chiesto a Mahler notizie e dati sulla sua attività. Mahler sottolinea fra l’altro che la Terza non era mai stata eseguita, se non limitatamente a un piccolo frammento, il secondo tempo, “piccolo modesto pezzo” che, isolato dall’insieme, lo avrebbe fatto considerare un “cantore della natura”: Che questa natura nasconda in sé tutto ciò che esiste di terribile, grande e anche amabile (ciò appunto volevo esprimere nell’intera opera in una sorta di sviluppo evolutivo) non lo capisce ovviamente nessuno. Mi colpisce sempre in modo singolare il fatto che i più quando parlano di natura pensano sempre a fiori, uccellini, profumo del bosco ecc. Nessuno conosce il dio Dioniso, il grande Pan. Dunque, con ciò Lei ha già una sorta di programma, cioè una prova di come faccio musica. Essa è per me sempre e in ogni caso soltanto suono della natura (Naturlaut)! […] Non riconosco altro genere di programma, almeno per le mie opere. Se qualche volta ho dato loro dei titoli, ho voluto solo fornire qualche indicazione per il sentimento (Empfindung), dove deve trasformarsi in immagine (Vorstellung). Se la parola è necessaria, c’è la voce umana che, articolata, può realizzare i propositi più audaci, unendosi alla parola che chiarifica! Ma ora è il mondo, la natura come tutto, che per così dire viene destata da un imperscrutabile silenzio al suono.

Il mondo, la natura come tutto, una visione di cosmica totalità ispirano dunque la Terza Sinfonia, e la musica di Mahler è sempre e soltanto suono della natura. Naturlaut in questo contesto ha un significato molto ampio: abbraccia l’insieme dei vocaboli musicali che consentono di dar voce alla “natura come tutto” e di costruire con la sinfonia un intero mondo con ogni mezzo disponibile. Non sono vocaboli descrittivi, ma si caricano di tutte le associazioni dirette o indirette che appartengono alle marce, alle danze, alle tradizioni popolari, o colte, o di consumo, ai diversi mondi musicali che hanno rapporto con le reminiscenze mahleriane. Sono materiali che portano in sé la forza evocativa intrinseca al loro apparire in qualche modo noti, se non, come spesso si disse, banali: voci di una totalità aperta, non compatta e non conciliata, dove trovano posto tutti i linguaggi e nel contesto colto irrompono gli stili subalterni. L’ideale della sinfonia come mondo, implicito nella complessa ed eccentrica struttura della Seconda, si impone nella Terza in modo esplicito e coerente. Nei titoli stessi si coglie, come ebbe a osservare Dieter Schnebel, un’immagine ingenua, ma sinceramente sentita, di un utopico progetto di totalità dei linguaggi musicali, dove si incontrano marce, canti di bambini, solennità sacrale, stilemi dialettali o popolareggianti.

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Nella prima parte della sinfonia si intende suggerire l’idea di un processo della natura (il passaggio dalla materia inanimata all’essere animato) e di un conflitto (l’Estate irrompe e combatte contro forze ostili). Nella seconda parte invece si ha una serie di quadri statici nettamente distinti, una dispersione centrifuga, corretta però dall’Adagio conclusivo, che si pone come momento unificante e punto d’arrivo. Pan si desta. L’estate irrompe (Primo tempo) Secondo Adorno, a proposito del primo tempo Richard Strauss disse che gli faceva venire in mente l’immagine di migliaia di lavoratori socialisti in marcia nel Prater per celebrare il primo maggio: l’osservazione, probabilmente ironica, pone in luce la “pesantezza” e le potenzialità di violenza giacobina di una pagina fondata su diversi tipi di marcia. Nella lettera del 6 luglio 1896 ad Anna von Mildenburg, Mahler osserva: “L’estate avanza marciando: si suona e si canta come non puoi neppure immaginare! La musica nasce da ogni parte”. Da ogni parte: un aspetto decisivo del primo tempo riguarda proprio il suo estendersi e dilatarsi in ogni direzione, e ciò è determinante per comprendere lo svolgimento formale, solo a grandi linee legato agli schemi della forma sonata, entro i quali si realizza il paradosso di una organizzata disorganizzazione, di una frantumazione e frammentazione che a tratti sfiora il caos, in un percorso assai libero. L’impulso formale, nota Adorno, è “l’idea di una sorgente musicale che si muove nello spazio”. E il processo definito da Mahler come passaggio dalla natura inanimata a quella animata, o con altre immagini poetico-filosofiche affini (Pan si desta) appare in termini concretamente musicali come il passaggio da una statica marcia funebre all’avanzare di marce militari. La fanfara iniziale degli otto corni all’unisono portava l’indicazione “Der Weckruf” (l’appello a destarsi) che Mahler poi cancellò. Il carattere davvero singolare di questa idea dipende dalla sovrapposizione di reminiscenze provenienti da due fonti diversissime: il tema del corno nel Finale della Prima di Brahms (di per sé carico di forte capacità evocativa e di associazioni semantiche), e la canzone studentesca patriottica Ich hab’ mich ergeben, un tempo molto conosciuta e citata fra l’altro nella Ouverture accademica di Brahms. Cancellando l’indicazione “Der Weckruf” Mahler non eliminava l’evidenza delle associazioni che il tema suscita all’ascolto con il vigore e il risoluto andamento marziale; ma evitava di ridurle al troppo angusto significato di un programma, con il quale sarebbe impossibile conciliare la complessità del ruolo che questo tema con le sue varianti assume nel primo tempo. Le analisi concordano nell’interpretare la struttura del primo tempo alla luce della forma sonata con introduzione-esposizione-sviluppo-ripresa (con lo sviluppo che inizia a battuta 369 e la ripresa a battuta 643), dove la ripresa, sensibilmente modificata rispetto all’esposizione, conferisce una certa compattezza architettonica a elementi che nel corso dell’esposizione e poi nello sfrenato dilatarsi dello sviluppo sembravano tendere in direzione opposta, verso la frammentazione e la complicità con il caos. Le prime 163 battute (la

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Gustav Mahler nel 1903.

prima sezione dell’Introduzione) contengono i caratteri e il materiale della gigantesca costruzione, in uno stato tuttavia per lo più embrionale e disgregato, e presentano anche il fondamentale contrasto tra l’impulso al movimento e le zone statiche, d’attesa, o di greve lentezza. Si potrebbe dire, in termini schematici e semplificati, che le sezioni successive rappresentano espansioni dei materiali dell’introduzione, proiettati in molteplici direzioni. Altrettanto vale per i grandi blocchi contrastanti che dovrebbero costituire lo sviluppo, e che liberamente ritornano su varianti di idee già udite; la libertà del procedere mahleriano in questo pezzo asseconda con immediatezza gli impulsi al movimento e alla dilatazione. Secondo tempo Dopo la prima parte della sinfonia Mahler voleva una lunga pausa o addirittura un intervallo, uno stacco necessario, data l’evidenza del contrasto tra primo e secondo tempo. Mahler vedeva con preoccupazione la fortuna di questa pagina isolata dal contesto cui appartiene. La sua grazia delicata si colloca in una dimensione ambivalente: fa pensare alla stilizzazione di un minuetto, alla gentilezza lontana e un poco velata di una danza arcaica; ma evoca anche, in modo più diretto, il mondo delle danze di sala. L’orchestra si piega a sonorità cameristiche, a un delicato trascolorare. Il Tempo di Menuetto presenta uno schema assai semplice, alternando la sezione iniziale, di andamento moderato (A), con una seconda sezione dal piglio più vivace (B), secondo lo schema ABABA, realizzato peraltro anche qui con raffinate varianti. La rarefatta chiusa si spegne con un movimento verso l’acuto, su sonorità eteree. Terzo tempo Caratteri più inquietanti presenta il terzo tempo. Esso ingloba il materiale di un Lied, Ablösung im Sommer (“Cambio della guardia in estate”) che Mahler aveva composto (solo nella versione per canto e pianoforte) tra il 1888 e il 1890, su testo tratto da Des Knaben Wunderhorn: il cambio della guardia di cui si parla è quello tra il cuculo e l’usignolo, che canterà al posto del primo alla sua morte, ed è descritto con crudele indifferenza. Nell’atteggiarsi ingenuo e amabile, nella scorrevolezza del Lied si colgono ambivalenze gelide e sinistre. “Mit Humor” scrisse Mahler all’inizio del Lied, e a Natalie Bauer-Lechner a proposito dello Scherzo disse nell’estate 1899: “È il pezzo più sguaiato e insieme il più tragico [...] solo la musica può condurci misticamente dall’uno all’altro in un’unica svolta”. E ancora: “C’è un umorismo panico così orribile che si è colti più dal terrore che dalla voglia di ridere”. Il Lied Ablösung im Sommer è rielaborato sinfonicamente nella prima sezione (A) dello Scherzo. Una seconda sezione (B) si basa su materiale nuovo, che non appartiene al Lied, e precede il ritorno variato e amplificato di A, dopo il quale inizia una transizione verso quello che dovrebbe essere il Trio dello Scherzo, la pagina di cui è protagonista la cornetta del postiglione. In realtà questo episodio appare due volte, con diversa estensione, e il terzo

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tempo presenta un disegno asimmetrico, che non corrisponde a quello di uno Scherzo (Mahler evita questo titolo, di cui farà invece uso nella Quinta, nella Sesta e nella Settima Sinfonia) e che, semplificando e omettendo le transizioni, si può riassumere nello schema ABACABCA (dove C è l’episodio con la cornetta del postiglione). Per due volte il moto incessante si arresta per lasciar posto a una struggente melodia di carattere popolare, molto simile a un passo della Rhapsodie Espagnole di Liszt e del Capriccio brillante di Glinka. È una reminiscenza inconsapevole, come diverse analogie con canti popolari sottolineate da Rudolf Stephan, Monika Tibbe, Vladimír Karbusický. Mahler sembra appropriarsi dei caratteri idiomatici del canto popolare per dar voce a una situazione musicale che nel fluire dello Scherzo rappresenta una cesura netta, si contrappone come una voce radicalmente “altra”. La forza evocativa della melodia intonata (“come da una grande lontananza”) dalla cornetta del postiglione si lega a un’aura struggente, sembra venire da un lontano passato, può contenere anche riflessi autobiografici, ma soprattutto è la voce di una dimensione altra, di intatta, vagheggiata e perduta bellezza. Segna cesure radicali nel decorso del pezzo, e al suo svanire verso la fine il movimento dello Scherzo riprende precipitoso in crescendo, sfociando in gesti concitati, in una sorta di crollo, seguito da una coda dalle sonorità singolarmente secche e aspre. Il canto della mezzanotte (Quarto tempo) Nel quarto tempo il contralto solista intona i versi che chiudono il penultimo capitolo di Così parlò Zarathustra (dopo essere apparsi nella “Seconda canzone di danza” della Parte III): è il momento che più esplicitamente collega la Terza a suggestioni nietzschiane. Data l’amicizia di Mahler per Siegfried Lipiner, che nell’ambiente viennese era tra i più noti seguaci di Nietzsche, non dovrebbe essere troppo sorprendente l’inclusione nella Terza di un testo dallo Zarathustra; ma per Mahler si tratta della sola occasione in questi anni, oltre al Finale della Seconda, in cui egli rinuncia ai prediletti versi del Wunderhorn. La scelta di questo testo non comporta una compiuta adesione al pensiero di Nietzsche, ed è difficile definire con precisione in che modo il compositore ne poté accogliere suggestioni, data anche la sua propensione a un libero sincretismo. Sul testo di Nietzsche Mahler non rinuncia a intervenire con l’atteggiamento “usurpatorio” di cui ebbe a parlare Hans Mayer: interrompe la continuità degli undici versi e li articola in due parti (separate da un interludio strumentale) con la ripetizione, dopo sei versi, dell’invocazione “O Mensch!”, che sintatticamente non ha senso (non si capisce perché venga inserita nel discorso diretto della “profonda mezzanotte”, cui era stata premessa), ma ha una precisa funzione musicale, serve a creare una sorta di seconda strofa. Mahler violenta anche la punteggiatura dell’originale, riempiendolo di punti esclamativi. Il rapporto della musica di Mahler con il testo e con la densità del suo tono poetico-oracolare non appare definibile con univoca immediatezza. È una pagina immersa in un clima di solennità sacrale, dapprima severa e di vago sapore arcaico, poi risolta in accenti lirici di sottolineata dolcezza, dopo i

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quali le ultime battute riportano alla situazione iniziale. Secondo Hans Heinrich Eggebrecht, c’è una corrispondenza profonda tra i legami riconoscibili nei materiali musicali di questo pezzo e l’idea centrale dei versi di Nietzsche, quella dell’inscindibilità dell’intreccio fra dolore e piacere, che qualche pagina prima nello Zarathustra troviamo ad esempio enunciata così: “Avete mai detto di sì a un solo piacere? Amici miei, allora dite di sì anche a tutta la sofferenza. Tutte le cose sono incatenate, intrecciate, innamorate” (trad. di Mazzino Montinari). Questa interpretazione di Eggebrecht ha fra l’altro il pregio di non pretendere di tradurre in precisi termini concettuali il significato di ognuno dei materiali del pezzo, come tenta di fare invece William McGrath nel capitolo sulla Terza di Dionisian Art and Populist Politics in Austria. Il materiale musicale di entrambe le sezioni in cui Mahler articola il testo si trova anticipato nella Introduzione del primo tempo. L’inizio sembra voler trasfigurare musicalmente la suggestione della parola tief (profondo), ricorrente in ben sette versi: in una dinamica che non va oltre il piano si definisce un timbro scuro e austero, con accordi di sapore vagamente arcaico. Dopo le battute introduttive, un moto uniforme nel registro grave funge da statico sfondo al canto dei primi sei versi: è una situazione di arcana immobilità, sulla quale la voce e i fiati alternano brevi frasi e lunghi silenzi e le frasi melodiche sembrano prendere forma lentamente, quasi a fatica, o meglio, riprendendo le parole del testo, come la voce di chi si desta da un sogno profondo. Dalla profondità immota del pedale che fa da sfondo alla prima parte ci si distacca all’inizio del breve interludio strumentale, dove subito i violini presentano una melodia (anticipata anch’essa nel primo tempo) sorprendentemente simile a La Paloma di Sebastián Yradier. Si tratta verosimilmente di una coincidenza, o di una reminiscenza, che interessa perché aiuta a capire la natura dell’idea mahleriana, che il compositore vuole di una dolcezza molto sottolineata, tratta da vocaboli di sapore noto e ben definito (in tal senso può essere significativa la coincidenza con Yesterday di John Lennon e Paul McCartney, forse anch’essa frutto di una reminiscenza dalla Paloma): si crea una contrapposizione netta all’arcana staticità rituale dell’inizio. Su questa melodia saranno intonati i versi conclusivi: la seconda parte ripete il percorso dall’arcana immobilità (in cui si ripiomba con la ripetizione, creata da Mahler, della duplice invocazione “O Mensch!”) all’estrema dolcezza melodica; ma qui la grave staticità meditativa della prima parte sembra attenuarsi e sciogliersi e la musica fluisce più libera, con una qualità di suono più calda e luminosa. Il percorso della seconda parte è differenziato da quello della prima e lo presuppone, pur presentando un processo analogo fino al punto culminante, “Doch alle Lust will Ewigkeit! Will tiefe, tiefe Ewigkeit” (Ma ogni gioia vuole eternità! Vuole profonda, profonda eternità). Le ultime battute però ci riportano alla condizione di amorfa immobilità da cui si era partiti. In questo ritorno è possibile leggere, con McGrath, una pessimistica suggestione da Schopenhauer. Quinto tempo Alla solitaria meditazione segue una pagina che ci trasporta nella sfera della ingenuità infantile: i titoli ai quali Mahler aveva pensato erano “Che cosa mi

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Gustav Mahler con la figlia Anna Justine nel 1909.

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raccontano le campane del mattino” oppure “Che cosa mi raccontano gli angeli”. A Natalie Bauer-Lechner (in data 28 giugno 1896) Mahler raccontò di un amico che aveva ricevuto una profonda impressione dal quarto tempo, mentre trovava intollerabile il quinto, “perché troppo leggero dopo tale gravità, e quindi non capiva quel che peraltro pochissimi comprendono, cioè che qui l’umorismo deve solo prendere il posto di ciò che è eccelso, e che non si può esprimere altrimenti”. La sublime e inesprimibile altezza di cui fa cenno Mahler riguarda la redenzione, una condizione di “gioia celeste che non ha più fine”, come si legge nell’ultima strofa della poesia popolare. Essa proviene da Des Knaben Wunderhorn, dove porta il titolo Armer Kinder Bettlerlied (“Canto di bambini poveri che vanno a mendicare”). Anche di questi versi Mahler si è impadronito con qualche intervento, ripensandoli per voce solista, coro femminile e coro di bambini, e conferendo particolare rilievo alla strofa centrale, la terza. Nel testo si parla della felicità degli angeli per la redenzione di Pietro dai peccati, e della beatitudine della gioia celeste senza fine, ma con il tono della fiaba infantile e con vocaboli popolari, eludendo l’espressione diretta, evocando una dimensione presoggettiva. Nella diafana linearità, nelle ambivalenze umoristiche, nei colori freddi e nella spoglia rarefazione la promessa di felicità di questo Lied appare poco rassicurante. Le battute introduttive, con le campane intonate e il “Bimm-bamm” delle voci bianche che ne imitano il suono, definiscono un piano sonoro peculiare, una presenza costante, cui poi, nella terza strofa, partecipano anche il coro femminile e l’orchestra. Al di qua di tale piano sonoro dominano i fiati, in


particolare i legni; dagli archi sono esclusi i violini: il colore chiaro, la vitrea limpidezza, la trasparente leggerezza hanno qualcosa di incorporeo, di irreale, con una tagliente, inquietante, perfino minacciosa nitidezza. In questa dimensione si inserisce perfettamente il coro femminile, il cui canto, quasi sempre all’unisono, ha qualcosa del tono da filastrocca, evoca lontanamente una musica da ghironda. Le parole di Pietro nella terza strofa, da ogni punto di vista centrale, come momento di maggior intensità e tensione, sono intonate dal contralto solista: Mahler ha aggiunto due volte l’intervento del coro femminile che lo interrompe con le parole “Du sollst ja nicht weinen” (Non devi piangere), assenti nel testo originale. Sesto tempo Al tono di “profonda serietà” del quarto tempo riconduce il Finale. Spiegando ad Anna von Mildenburg il significato del titolo “Che cosa mi racconta l’amore”, Mahler scriveva il 1° luglio 1896: “Potrei chiamare questo pezzo anche ‘Ciò che mi racconta Dio’. E proprio nel senso che Dio può essere compreso solo come ‘l’amore’. Così la mia opera forma un poema musicale che abbraccia in un crescendo progressivo tutti i gradi dell’evoluzione. Si inizia con la natura inanimata e si sale fino all’amore di Dio!”. Nella concezione complessiva della Terza la molteplice, dispersiva, frantumata varietà si risolve alla fine in una raggiunta quiete, che pur conoscendo momenti di tensione e di oscuramento approda a una apoteosi conclusiva, al di là delle lacerazioni e delle inquietudini dei tempi precedenti. L’Adagio conclusivo parla il linguaggio utopico della liberazione e della conciliazione, o almeno sembra prometterle. Si ricollega al primo tempo attraverso l’idea iniziale, che fa pensare al “Lento assai, cantante e tranquillo” del Quartetto op. 135 di Beethoven; ma è soprattutto una trasformazione “conciliata” della fanfara che apre la sinfonia. Inoltre presenta nel suo svolgimento, nei momenti di oscura tensione, altre reminiscenze del primo tempo. L’idea principale del Finale è una melodia in re maggiore dal respiro lunghissimo, che si espande in intensa cantabilità e si rivela al tempo stesso adatta a inserirsi in un ricco contesto contrappuntistico. Il secondo gruppo tematico in minore (battute 41-50) non ha la stessa consistenza, e funge da elemento di contrasto senza segnare una netta cesura. Ad esso segue una prima elaborazione dei due gruppi tematici. Gli stessi elementi, variati e amplificati, stanno alla base delle sezioni seconda e terza, tra ritorni alla quiete contemplativa, contrasti non marcati ed episodi in crescendo, che culminano in drammatiche reminiscenze del primo tempo. La quarta parte celebra l’apoteosi del primo gruppo tematico e si conclude su sonorità luminose, in un fortissimo che Mahler vuole “non con forza rude; tono nobile, appagato”. Nel Finale il materiale fondamentale sembra crescere su se stesso, amplificandosi, mutando intensità e luce, in un tempo sospeso, in una dimensione prevalentemente statica, in cui pure non mancano momenti di contrasto, di tormentata inquietudine, ma dove i processi di tensione e distensione, di crescendo della luminosità o di rarefazione si collocano in una luce particolare, fino alla visionaria perorazione conclusiva.

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(versi di Friedrich Nietzsche e da Des Knaben Wunderhorn)

Alt O Mensch! Gib Acht! Was spricht die tiefe Mitternacht? Ich schlief, ich schlief! Aus tiefem Traum bin ich erwacht: Die Welt ist tief, Und tiefer als der Tag gedacht. O Mensch! Tief ist ihr Weh, Lust tiefer noch als Herzleid! Weh spricht: Vergeh! Doch alle Lust will Ewigkeit! Will tiefe, tiefe Ewigkeit!

Contralto Attento, Uomo, ascolta! Che cosa dice mezzanotte fonda? Dormivo, dormivo! Da un sogno profondo mi sono destato: il mondo è profondo, più profondo di quel che il giorno ha [pensato. O Uomo, profondo è il suo dolore, il godere è ancor più profondo del soffrire! Il dolore dice: vai via! Ma ogni gioia vuole eternità, vuole profonda, profonda eternità!

Knabenchor Bimm, bamm, bimm, bamm, Bimm, bamm, bimm, bamm...

Coro di fanciulli Bimm, bamm, bimm, bamm, bimm, bamm, bimm, bamm…

Frauenchor Es sungen drei Engel einen süssen Gesang, mit Freuden es selig in dem Himmel klang, sie jauchzten fröhlich auch dabei, dass Petrus sei von Sünden frei! Und als der Herr Jesus zu Tische sass,

Coro femminile Cantavano tre angeli un dolce canto, di gioia beata nei cieli squillante, e lieti essi anche esultavano molto perché Pietro da ogni peccato era sciolto! E quando il Signore Gesù alla tavola [s’accomodò, e con i suoi dodici apostoli cenò,

mit seinen zwölf Jüngern das Abendmahl [ass, da sprach der Herr Jesus: “Was stehst du [denn hier? Wenn ich dich anseh', so weinest du mir!”.

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disse il Signore Gesù: “Stai qui in piedi? [perché? Quando ti guardo, piangi dinanzi a me!”.

Alt “Und sollt ich nicht weinen, du gütiger [Gott…

Contralto “E non dovrei, buon Dio, forse piangere, [io…

Frauenchor “Du sollst ja nicht weinen!”

Coro femminile “Non devi piangere!”


Alt Ich hab' übertreten die zehn Gebot. Ich gehe und weine ja bitterlich.”

Contralto Io che i dieci comandamenti [ho trasgredito? Vado via: ecco, amaramente piango.”

Frauenchor “Du sollst ja nicht weinen!”

Coro femminile “Non devi piangere!”

Alt “Ach komm und erbarme dich über mich!”

Contralto “Ah, vieni, abbi di me misericordia!”

Knabenchor und Frauenchor Bimm, bamm, bimm, bamm, Bimm, bamm, bimm, bamm...

Coro di fanciulli e Coro femminile Bimm, bamm, bimm, bamm, bimm, bamm, bimm, bamm…

Frauenchor “Hast du denn übertreten die zehn Gebot, so fall’ auf die Knie und bete zu Gott. Liebe nur Gott in alle Zeit! So wirst du erlangen die himmlische [Freud’.”

Coro femminile “Se ai dieci comandamenti fosti sordo, su, piega le ginocchia e prega Dio: in ogni tempo ama soltanto Dio! Così otterrai la gioia celeste.”

Knabenchor “Liebe nur Gott! Die himmlische Freud' ist seine selige [Stadt, die himmlische Freud', die kein Ende mehr [hat!”

Coro di fanciulli “Ama Dio soltanto! La gioia celeste è la sua città beata,

Knabenchor und Frauenchor “Die himmlische Freude war Petro bereit’t, durch Jesum und Allen zur Seligkeit.”

Coro di fanciulli e Coro femminile “La gioia celeste è per Pietro preparata, con Gesù e con tutti nell’eternità.”

Bimm, bamm, bimm, bamm...

Bimm, bamm, bimm, bamm…

la gioia celeste, che non ha più fine!”

(Traduzione di Quirino Principe)

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GUSTAV MAHLER CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE Franco Pavan

Gustav Mahler in un fotoritratto del 1892.

1860 Gustav Mahler nasce il 7 luglio a Kaliště, in Boemia. È figlio di Bernhard e di Maria Hermann, secondo di quattordici fratelli. Nel mese di ottobre la famiglia si trasferisce a Jihlava (Iglau), dove Bernhard apre un magazzino di generi alimentari, gestisce un’osteria e ottiene il permesso di aprire una distilleria. Gustav definirà i suoi genitori dissimili come “l’acqua e il fuoco”. 1865 Verso la fine dell’anno il Kapellmeister dello Stadttheater di Jihlava, Franz Viktorin, comincia ad affinare la tecnica pianistica di Gustav, che aveva avviato lo studio dello strumento sotto la guida del violinista Johannes Brosch e su interessamento di Heinrich Fischer. Passione per la lettura e forte legame con il fratello Ernst. 1868 Wenzel Pressburg sostituisce Viktorin quale insegnante di Mahler per il pianoforte. Nel mese di dicembre nasce Justine, la sorella che Gustav sentirà più vicina. 1869 Nel corso del mese di ottobre Gustav viene iscritto al Gymnasium tedesco di Jihlava. 1870 Il 13 ottobre sostiene il primo concerto in pubblico. Heinrich Fischer gli impartisce lezioni di armonia. 1871 Durante l’autunno Gustav si trasferisce a Praga, dove il padre lo iscrive al Neustädter Gymnasium. Vive presso la famiglia Grünfeld, e vi trascorre un periodo assai tormentato. 1874 Ernst, il fratello prediletto, muore il 13 aprile segnando profondamente il giovane Gustav. Il padre evidenzia ancor più un comportamento tirannico e violento. 1875 Il 10 settembre avviene l’iscrizione al Conservatorio di Vienna. Il nuovo insegnante di pianoforte di Gustav è Julius Epstein; inoltre studia composizione con Franz Krenn e armonia con Robert Fuchs. Amicizia con Rudolf Krzyzanowski e Hugo Wolf. 1876 Mahler si dedica alla composizione: scrive una sonata per violino e pianoforte, un notturno per violoncello, un primo tempo di quintetto con pianoforte, il primo tempo e lo scherzo del Klavierquartett in la minore, l’unica opera, fra queste, sopravvissuta. 1877

Ottiene il diploma di maturità e si iscrive all’Università di Vienna. Fre-

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quenta presso l’ateneo poche lezioni di armonia sotto la guida di Anton Bruckner. Rottura dell’amicizia con Hugo Wolf. 1878 Nel corso dei primi mesi dell’anno Gustav legge un racconto di Ludwig Bechstein, Das klagende Lied, e decide di realizzare un breve poema drammatico ispirato a quel testo. L’11 luglio ottiene il diploma del Conservatorio. 1879 Trascorre quest’anno in parte a Vienna e in parte in Moravia, dando lezioni e studiando. Torna a Vienna il 29 settembre e si mette a lavorare soprattutto a Das klagende Lied di cui è venuto mutando il piano originario. 1880 Scrive tre Lieder: Im Lenz terminato il 19 febbraio, Winterlied concluso il 21 dello stesso mese, e Maitanz im Grünen del 5 marzo. Probabilmente il giorno 20 maggio prende avvio la carriera di Mahler quale direttore d’orchestra: egli infatti lavora presso il teatrino di Hall, dirigendo operette e vaudevilles. Nel mese di novembre termina Das klagende Lied. 1881 Mahler si trasferisce in settembre a Lubiana, dove è nominato Kapellmeister del Teatro Provinciale, presso il quale mette in scena numerose opere. 1882 Ritorna a Vienna. Lavora al libretto e alla composizione della favola Rübezahl. 1883 Il 10 gennaio si trasferisce a Olmütz, l’odierna Olomouc, dove è nominato direttore d’orchestra per la stagione d’opera in corso. Si trasferisce nel mese di marzo a Vienna, dove lavora come maestro di coro al CarlTheater. Il 31 maggio firma un contratto con il Teatro di Kassel, avente durata dal 1° ottobre 1883 al 30 settembre 1886, come secondo direttore d’orchestra e direttore del coro. Conclude i cinque Lieder costituenti il primo quaderno dei Lieder und Gesänge. 1884 Si invaghisce del soprano Johanna Richter. Si dedica alla realizzazione delle musiche di scena per Der Trompeter von Säkkingen, ispirato al poema narrativo omonimo di Joseph Viktor von Scheffel; fra il 15 novembre e il 1° gennaio seguente scrive il ciclo dei Lieder eines fahrenden Gesellen. Risale forse a quest’anno il frammento per pianoforte a quattro mani della Sinfonia n. 1. 1885 Lascia Kassel il 6 luglio per recarsi a Praga, presso il Teatro Tedesco, in qualità di primo direttore. Abbozzi della Sinfonia n. 1. Ottiene la promessa di un contratto a Lipsia a partire dal luglio 1886. 1886 Si trasferisce presso il Neues Stadttheater di Lipsia, diretto da Max Staegemann. Qui è subordinato al primo direttore, Arthur Nikisch. Conosce Karl, il nipote di Weber. 1887 Lavora al completamento dell’opera di Weber Die drei Pintos, su richiesta di Karl von Weber; Mahler si innamora di Marion, moglie di quest’ultimo. Termina il lavoro avendo strumentato il primo e il secondo atto oltre alla composizione completa del terzo, l’8 ottobre.

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1888 Cresce la stima nei confronti di Mahler per le sue capacità come direttore d’orchestra. Termina il 29 marzo la prima versione della Sinfonia n. 1. Si allontana da Lipsia a causa di contrasti con il primo regista Albert Goldberg. L’8 ottobre viene nominato direttore stabile del Reale Teatro d’Opera di Budapest con un contratto della durata di dieci anni. Approfondisce la conoscenza dei testi di Des Knaben Wunderhorn. Inizia a musicare qualche poesia della raccolta. 1889 Il 18 febbraio muore il padre. Maria Hermann, la madre, si spegne l’11 ottobre. Gustav si prende cura dei fratelli: la sorella Justine si trasferisce a Budapest. Il 20 novembre dirige nella città ungherese la Sinfonia n. 1, accolta con sfavore dal pubblico e dalla critica. 1890 Intraprende un viaggio in Italia nel mese di maggio, in compagnia della sorella Justine, giungendo anche a Milano. Lo scopo del viaggio è relativo alla necessità di ingaggiare un soprano drammatico e un tenore e di raccogliere nuove opere da rappresentare a Budapest. Sulla via del ritorno si ferma a Vienna; giunge a Budapest il 22 agosto. Qui il 16 novembre dirige un eccellente Don Giovanni di Mozart, che gli vale i complimenti e la stima di Brahms. 1891 Contrasti con il nuovo intendente del Reale Teatro d’Opera di Budapest, Géza Zichy. Mahler è costretto a lasciare la città insieme alla sorella Justine il 22 marzo, fra il rimpianto e la stima dei cittadini ungheresi. Il 29 marzo prende servizio presso lo Stadttheater di Amburgo, assunto dall’intendente Bernhard Pollini, dirigendo Tannhäuser di Wagner. Amicizia con Hans von Bülow; apprezzamenti da parte di C̆ajkovskij. 1892 Nel corso dell’estate si reca a Londra, dove, presso il Teatro di Drury Lane, dirige una serie di opere tedesche. Passa il resto dell’estate a Berchtesgaden in compagnia della cara amica Natalie Bauer-Lechner, conosciuta a Vienna ai tempi del conservatorio. Ad Amburgo scoppia un’epidemia di colera; Mahler rientra nella città solo il 20 settembre e viene pesantemente multato dall’intendente. La multa viene in seguito sospesa, ma i rapporti con Pollini si guastano irrimediabilmente. 1893 Hans von Bülow si ammala e Mahler ne fa le veci alla direzione dei concerti filarmonici. Nell’estate si reca a Steinbach, dove lavora intorno alla Sinfonia n. 2 e ai Wunderhornlieder. 1894 Muore von Bülow. La commemorazione avviene il 29 marzo ad Amburgo. Mahler termina la Sinfonia n. 2. La Sinfonia n. 1 viene eseguita al Festival di Musica di Weimar grazie all’interessamento di Richard Strauss. 1895 Il 6 febbraio si suicida a Vienna il fratello Otto, musicista di talento. In marzo, nel corso di un concerto diretto a Berlino da Richard Strauss, Gustav ha l’opportunità di condurre l’orchestra nei primi tre movimenti della sua Sinfonia n. 2. Nell’estate elabora a Steinbach il piano della Sinfonia n. 3 e continua la composizione dei Wunderhornlieder. Primi contatti, tramite Brahms, con l’Opera di Vienna. Conosce il soprano Anna von Mildenburg, della quale si innamora. 1896

Termina il 6 agosto a Steinbach la Sinfonia n. 3.

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1897 Vengono pubblicate le partiture dei Lieder eines fahrenden Gesellen e della Sinfonia n. 2. Mahler compie la sua prima tournée in Russia. Il 1° maggio viene nominato Kapellmeister al Teatro di Corte di Vienna. L’8 ottobre è incaricato della direzione artistica del Teatro. 1898 Vengono pubblicate la Sinfonia n. 1 e la Sinfonia n. 3. Mahler è incaricato di sostituire Hans Richter alla direzione dei Concerti della Filarmonica. Revisione definitiva di Das klagende Lied. 1899 Ad Alt-Aussee, presso Villa Kerry, avvia la composizione della Sinfonia n. 4. Schizza inoltre il Lied Revelge, considerato da Mahler “il più importante dei suoi Lieder”. 1900 Termina a Maiernigg la Sinfonia n. 4, e inoltre, entro il 10 agosto, il Lied Der Tambourg’sell. 1901 Il 4 marzo, in seguito a una emorragia, viene operato ed è costretto a un lungo periodo di convalescenza che trascorre ad Abbazia. Presenta le dimissioni dalla Filarmonica il 1° aprile. A Maiernigg, nei mesi di giugno e luglio compone Ich atmet’ einen linden Duft; uno schizzo con pianoforte di Blicke mir nicht in die Lieder! è datato 14 giugno, entro il 16 agosto termina Ich bin der Welt abhanden gekommen. Completa entro l’estate due movimenti della Sinfonia n. 5 e il Lied Um Mitternacht; scrive i primi tre Kindertotenlieder. 1902 Gustav sposa Alma Schindler il 9 marzo. Viaggio in Russia. Termina durante l’estate a Maiernigg la Sinfonia n. 5 e Liebst du um Schönheit, l’ultimo dei Rückertlieder. Il 3 novembre nasce Maria Anna. 1903

A Maiernigg inizia la stesura della Sinfonia n. 6.

1904 Viene pubblicata la Sinfonia n. 5. Il 15 giugno nasce la seconda bambina, Anna Justine. Probabilmente entro la fine d’agosto conclude la stesura della Sinfonia n. 6. Scrive gli ultimi due Kindertotenlieder e i due Andante della Sinfonia n. 7. 1905 Si intensificano i concerti che hanno in programma le esecuzioni di sinfonie di Mahler. In maggio rivede la Sinfonia n. 6 e nell’estate successiva porta a termine la Sinfonia n. 7. Stringe amicizia con Schönberg. 1906 In estate, a Maiernigg, Mahler scrive la Sinfonia n. 8. È questo l’anno in cui, durante la vita del compositore, viene eseguito da altri direttori il maggior numero di sue sinfonie. 1907 In primavera dirige a Roma l’Orchestra di Santa Cecilia ottenendo alterni risultati. In giugno Mahler accetta l’invito del Metropolitan di New York. Il 5 luglio muore Maria Anna. Negli stessi giorni viene diagnosticata al compositore una malattia cardiaca. Parte per l’America il 9 dicembre. 1908 Dirige al Metropolitan opere di Mozart e di Wagner e la Sinfonia n. 2, che lo affermano come direttore e come compositore. Ritorna a Vienna in maggio. I suoi rapporti con il Teatro statunitense cominciano però a deteriorarsi. Entro il 1° settembre termina a Dobbiaco la composizione di Das Lied von der Erde. A Praga dirige la Sinfonia n. 7. Ritorna alla fine d’autunno negli Stati Uniti.

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1909 Terminata la stagione invernale al Metropolitan, a Mahler viene affidata la direzione della Philharmonic Society di New York, che prevede un piano di 46 concerti per la stagione 1909-10. In primavera torna in Europa per dirigere a Monaco, Amsterdam e Parigi. A Dobbiaco compone la Sinfonia n. 9. In ottobre riparte per gli Stati Uniti. 1910 Il 7 aprile torna in Europa. Ha giĂ iniziato a comporre la Sinfonia n. 10. A Parigi incontra Debussy e Dukas. Grave crisi familiare. Il 12 settembre, a Monaco, prima esecuzione della Sinfonia n. 8. Riparte per gli Stati Uniti alla fine di ottobre. Gustav Mahler con sua moglie Alma. In primo piano la figlia minore Anna Justine, detta Gucki.

1911 Il 5 febbraio vengono ridotti i poteri a Mahler alla direzione della Filarmonica. Grave malattia alla gola. Il 21 febbraio dirige per l’ultima volta. In aprile torna in Europa. A Parigi si tentano varie cure inutilmente. Chiede di essere portato a Vienna. Muore il 18 maggio al Loew Sanatorium e il 22 viene sepolto al cimitero di Grinzing.

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Coro e Orchestra del Teatro alla Scala.

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Foto Marco Brescia


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Foto Marco Brescia


Zubin Mehta

Nato a Bombay nel 1936, ha ricevuto la prima educazione musicale dal padre Mehli Mehta, violinista e fondatore della Bombay Symphony Orchestra. Dopo aver studiato medicina per un breve periodo, nel 1954 è partito per Vienna, dove ha frequentato il corso di direzione d’orchestra tenuto da Hans Swarowsky all’Akademie für Musik. Nel 1958 ha vinto la Liverpool International Conducting Competition e ha ottenuto un premio alla Tanglewood Academy. Nel 1961 aveva già diretto i Wiener Philharmoniker, i Berliner Philharmoniker e la Israel Philharmonic Orchestra, tre formazioni con cui ha recentemente festeggiato 50 anni di felice collaborazione musicale. Dal 1961 al 1967 è stato Direttore musicale della Montreal Symphony Orchestra e nel 1962 ha assunto la direzione musicale della Los Angeles Philharmonic Orchestra – incarico che ha mantenuto fino al 1978. Nel 1969 è stato nominato Consigliere musicale della Israel Philharmonic Orchestra, di cui è diventato Direttore musicale nel 1977 e Direttore musicale a vita nel 1981, dirigendola in più di tremila concerti e in tournée nei cinque continenti. Nel 1978 ha assunto l’incarico di Direttore musicale della New York Philharmonic, che ha mantenuto per tredici anni – il più lungo mandato nella storia dell’orchestra. Dal 1985 è Direttore principale dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, di cui nel 2006 è diventato Direttore onorario a vita. Ha debuttato nella lirica nel 1963, dirigendo la Tosca a Montreal. Da allora è salito sul podio della Metropolitan Opera di New York, della Staatsoper di Vienna, della Royal Opera House Covent Garden, della Scala, dell’Opera di Chicago e del Festival di Salisburgo. Dal 1998 al 2006 è stato Generalmusikdirektor della Bayerische Staatsoper di Monaco. A Valencia nell’ottobre 2006 ha inaugurato il Palau de les Arts Reina Sofía a Valencia e fino al giugno 2014 ha presieduto l’annuale Festival del Mediterrani, nel cui ambito ha diretto la celebre Tetralogia wagneriana realizzata dalla Fura dels Baus in coproduzione con il Maggio Musicale Fiorentino. Ha diretto il ciclo completo del Ring anche a Chicago e a Monaco di Baviera. Il lungo elenco degli omaggi e delle distinzioni che gli sono stati tributati comprende il “Nikisch-Ring” lasciatogli in eredità da Karl Böhm nel 1981. È cittadino onorario di Firenze e Tel Aviv, nonché membro onorario della Staatsoper di Vienna dal 1997, della Bayerische Staatsoper dal 2006 e della Gesellschaft der Musikfreunde Wien dal 2007. È Direttore onorario dei Wiener Philharmoniker (dal 2001), dei Münchner Philharmoniker (dal 2004), della Los Angeles Philharmonic (dal 2006), della Staatskapelle Berlin (dal 2014) e dell'Accademia musicale della Bayerische Staatsorchester, che ha diretto a Srinagar (Kashmir) nel settembre 2013. Nell’ottobre 2008 la famiglia imperiale giapponese gli ha conferito il “Praemium Imperiale”. Nel marzo 2011 gli è stata dedicata una stella sull’Hollywood Boulevard. Nel 2011 gli è stata conferita la Medaglia per le Scienze e per le Arti della Repubblica Austriaca e nel 2012 la Croce al Merito della Germania. Nel settembre 2013 il governo indiano gli ha attribuito il “Premio Tagore per l’armonia culturale” che l’anno prima era stato assegnato a Ravi Shankar. Da molti anni si impegna attivamente per scoprire e sostenere giovani talenti musicali in tutto il mondo. Insieme al fratello Zarin, è co-presidente della Mehli Mehta Music Foundation, con sede a Bombay, che conta più di duecento allievi. La Buchmann-Mehta School of Music a Tel Aviv, che aiuta i giovani talenti israeliani a crescere, è strettamente legata alla Israel Philharmonic Orchestra, così come un nuovo progetto didattico per giovani arabo-isrealiani, realizzato da docenti locali e membri della Israel Philharmonic. Nel 2006 ha pubblicato la sua autobiografia, tradotta in italiano con il titolo La partitura della mia vita.

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Daniela Sindram

Nata a Norimberga, ha studiato a Berlino e ad Amburgo con Ute Niss e Judith Beckmann. Nel 2017 è stata finalista agli International Opera Awards nella categoria “Best Female Singer”. Dopo aver fatto parte successivamente degli ensemble del Teatro di Brema, del Nationaltheater di Mannheim e della Bayerische Staatsoper di Monaco, dal 2009 si esibisce come artista freelance in tutti i principali teatri tedeschi; inoltre è regolarmente invitata all’Opéra di Parigi, al Teatro Real di Madrid, alla Staatsoper di Vienna e in altre sedi prestigiose. Il suo ampio repertorio comprende quasi tutti i principali ruoli da mezzosoprano e da contralto, tra cui quelli di Cherubino (Le nozze di Figaro), Idamante (Idomeneo), Dorabella (Così fan tutte) Octavian (Der Rosenkavalier), Charlotte (Werther), Brangäne (Tristan und Isolde), Fricka (Die Walküre e Die Götterdämmerung), Adriano (Rienzi), Venus (Tannhäuser), Kundry (Parsifal) e del Compositore (Ariadne auf Naxos). Ha debuttato al Festival di Bayreuth nel 2002 e vi è tornata successivamente come Siegrune per Die Walküre e come Wellgunde per Das Rheingold e Die Götterdämmerung. Ha debuttato alla Scala come Nicklausse nei Contes d’Hoffmann nel 2012 e al Metropolitan come Octavian nel Rosenkavalier nel 2014. Assai richiesta anche nelle sale da concerto, interpreta cicli di Lieder di Schubert, Schumann, Wolf, Mahler e Schönberg e collabora regolarmente con direttori del calibro di Helmuth Rilling, Peter Schneider, Ádám Fischer, Philippe Jordan, Ivor Bolton, Zubin Mehta, Donald Runnicles, Christian Thielemann e Kent Nagano. Nel 2018 è stata Sieglinde in Die Walküre a Tolosa e il Compositore a Monaco e a Dresda, ruolo che ha poi ripreso anche alla Scala nel 2019. Nella Stagione 2019-2020 è stata Brangäne nel Tristan und Isolde a Berlino e Fricka in Die Walküre a Madrid.

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Foto A. Tamoni

Bruno Casoni

Nato a Milano, dopo aver conseguito i diplomi di pianoforte, composizione, musica corale e direzione di Coro al Conservatorio “G. Verdi” della sua città, ha assunto l’incarico di direttore del Coro del Teatro Pierluigi da Palestrina di Cagliari e successivamente, dal 1983, di altro Maestro del Coro al Teatro alla Scala di Milano, incarico mantenuto fino al 1994. Sempre nel 1994 è diventato Direttore del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala. Dal 1979 al 2006 è stato docente di esercitazioni corali al Conservatorio di Milano. Nel 1984 ha fondato il Coro dei Pomeriggi Musicali di Milano, che ha diretto fino al 1992. Parallelamente ha collaborato con numerose istituzioni e festival musicali italiani e stranieri sia come Direttore di Coro sia dirigendo varie formazioni orchestrali. Nel 1994 è stato nominato Direttore del Coro del Teatro Regio di Torino, alla guida del quale ha ottenuto unanimi consensi di critica e di pubblico nel repertorio lirico, svolgendo con il complesso un intenso lavoro volto ad ampliare il repertorio concertistico e a intensificare la collaborazione con altre istituzioni musicali. Particolarmente significativo il rapporto consolidato con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Dal 2002 è Direttore del Coro del Teatro alla Scala di Milano. Nel luglio dello stesso anno ha iniziato la collaborazione con l’Associazione del Coro Filarmonico della Scala, del quale è Direttore principale. Dal 2005 collabora stabilmente con il Coro di Radio-France, con il quale ha realizzato importanti produzioni, tra cui ricordiamo i Carmina Burana di Carl Orff, registrati anche in DVD. Socio onorario degli Amici del Teatro Regio di Torino e degli Amici del Teatro alla Scala, nel contesto dei Premi Abbiati 2008 ha ricevuto dall’Associazione Nazionale Critici Musicali Italiani lo speciale Premio Gavazzeni per il complesso della sua attività musicale. Nel 2013 il Comune di Milano lo ha premiato con l’Ambrogino d’oro per i suoi meriti artistici.

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CORO FEMMINILE DEL TEATRO ALLA SCALA Direttore: Bruno Casoni Altro maestro: Ulisse Trabacchin Soprani primi Gabriella Barone Lucia Ellis Bertini Chiara Butté Alessandra Cesareo Margherita Chiminelli Silvia Chiminelli Tiziana Cisternino Valentina De Vecchi Azusa Kubo Rossella Lampo Barbara Rita Lavarian Rossella Locatelli Silvia Mapelli C. Lourdes Martinez Roberta Salvati Cristina Sfondrini

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Maestri collaboratori: Marco De Gaspari - Salvo Sgrò Soprani secondi Emilia Bertoncello Maria Blasi Rossana Calabrese Silvia Del Grosso Inga Dzhjoeva Nadia Engheben Annarita Fratangeli Sara Garau Elisabeth Ann Kilby Alla Samokhotova Silvia Spruzzola

Mezzosoprani Enza Callari Giovanna Caravaggio Marzia Castellini Anna Maria Di Micco Alessandra Fratelli Stefania Giannì Valeria Matacchini Maria Miccoli Kjersti Odegaard Romina Tomasoni Irma Verzeri Agnese Vitali

Contralti Francesca Benassi Lucia Bini Claudia Bocca Perla Viviana Cigolini Annalisa Forlani Daniela Gioia Marina Maffei Patrizia Molina Amor Lilia Perez Lopez Giovanna Pinardi Julija Samsonova Olga Semenova Claudia Vignati


MAESTRI COLLABORATORI Primo Maestro di sala James Vaughan Maestri collaboratori di sala Beatrice Benzi - Paolo Berrino - Nelson Calzi - Paolo Spadaro Maestri collaboratori di palcoscenico Antonella Marotti - Ilaria Morotti - Stefano Salvatori - Valentina Verna - Marco Borroni - Loris Perego Direttori dei complessi musicali di palcoscenico Maurizio Magni - Bruno Nicoli Maestro rammentatore Marco Munari Maestri ai videolibretti Stefano Colnaghi - Roberto Perata - Renato Principe

ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA Violini primi Francesco Manara (di spalla) Francesco De Angelis (di spalla) Laura Marzadori (di spalla) Daniele Pascoletti (concertino) Eriko Tsuchihashi (concertino) Mariangela Freschi Alessandro Ferrari Andrea Leporati Rodolfo Cibin Corine van Eikema Andrea Pecolo Gianluca Turconi Elena Faccani Fulvio Liviabella Gianluca Scandola Dino Sossai Duccio Beluffi Alois Hubner Agnese Ferraro Kaori Ogasawara Enkeleida Sheshaj Suela Piciri Lucia Zanoni Violini secondi Pierangelo Negri* Giorgio Di Crosta* Anna Longiave Anna Salvatori Paola Lutzemberger Emanuela Abriani Gabriele Porfidio Silvia Guarino Stefano Dallera Roberto Nigro Damiano Cottalasso Evguenia Staneva Alexia Tiberghien Stefano Lo Re Antonio Mastalli Francesco Tagliavini Roberta Miseferi Estela Sheshi Leila Negro Olga Zakharova

Viole Danilo Rossi* Simonide Braconi* Emanuele Rossi Marco Giubileo Giuseppe Nastasi Luciano Sangalli Giorgio Baiocco Maddalena Calderoni Francesco Lattuada Carlo Barato Joel Imperial Giuseppe Russo Rossi Matteo Amadasi Olga Gonzalez Cardaba Thomas Cavuoto Eugenio Silvestri Violoncelli Sandro Laffranchini* Massimo Polidori* Alfredo Persichilli* Jakob Ludwig Martina Lopez Marcello Sirotti Alice Cappagli Gabriele Zanardi Simone Groppo Cosma Beatrice Pomarico Massimiliano Tisserant Tatiana Patella Gabriele Garofano Gianluca Muzzolon Contrabbassi Giuseppe Ettorre* Francesco Siragusa* Emanuele Pedrani Alessandro Serra Attilio Corradini Gaetano Siragusa Omar Lonati Roberto Parretti Claudio Nicotra Michelangelo Mercuri

Flauti Marco Zoni* Andrea Manco* Giovanni Paciello (ottavino) Massimiliano Crepaldi Francesco Guggiola

Trombe Francesco Tamiati* Marco Toro* Mauro Edantippe Gianni Dallaturca Nicola Martelli

Oboi Fabien Thouand* Armel Descotte* Renato Duca (corno inglese) Augusto Mianiti Gianni Viero

Tromboni Torsten Edvard* Daniele Morandini* Riccardo Bernasconi Renato Filisetti Giuseppe Grandi

Clarinetti Fabrizio Meloni* Christian Chiodi Latini Stefano Cardo (clarinetto basso)

Basso tuba Brian Earl Javier Castaño Medina

Fagotti Valentino Zucchiatti* Gabriele Screpis* Nicola Meneghetti Maurizio Orsini Marion Reinhard (controfagotto) Corni Danilo Stagni* Jorge Monte De Fez* Roberto Miele Claudio Martini Stefano Curci Piero Mangano Giulia Montorsi

Arpe Luisa Prandina* Olga Mazzia* Timpani Andrea Bindi* Percussioni Gianni Massimo Arfacchia Giuseppe Cacciola Gerardo Capaldo Francesco Muraca Organo Lorenzo Bonoldi Ispettore dell’Orchestra Vittorio Sisto Addetti all’Orchestra Alejandro Magnin Werther Martinelli Edmondo Valerio

*Prime parti

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CORO DI VOCI BIANCHE DELL’ACCADEMIA TEATRO ALLA SCALA Direttore Bruno Casoni Maestri collaboratori: Marco De Gaspari - Sonia Franzese - Dario Grandini - Alessandra Molinari

Abril Alcacer Mackinlay Angelica Antonini Noemi Arcelli Sara Bellettini Carlotta Benini Eleonora Billo Rebecca Calobrisi Beatrice Calori Francesca Calori

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Elisa Candiani Bianca Casertano Giovanni Crisostomo Giulia Fieramonte Lucrezia Finelli Elena Finulli Lavinia Galati Gaia Galbiati Lia Giorgino

Emma Gori Daniele Grassi Matteo Le Cardinal Lisa Ludwig Rebecca Luoni Veronica Maio Giulia Marchiella Kata Mogyorosi Federica Mora

Lavinia Pellegrini Nina Perazzi Olga Rigamonti Sveva Santa Maria Gianluigi Sartori Maddalena Storti Gajani Carlotta Taiuti Ester Zanvettor Eva Blu Zenoni


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Fondazione di diritto privato

SOVRINTENDENZA

DIREZIONE GENERALE

Sovrintendente Dominique Meyer Responsabile Ufficio Stampa Paolo Besana Responsabile Controllo di Gestione Enzo Andrea Bignotti

Direttore Generale Maria Di Freda Coordinatore Segreteria e Staff Andrea Vitalini Responsabile Ufficio Promozione Culturale Carlo Torresani Responsabile Segreteria Organi e Legale Germana De Luca Responsabile Provveditorato Antonio Cunsolo Direzione Tecnica Direttore Tecnico Marco Morelli Responsabile Manutenzione Immobili e Impianti Mario Pan Responsabile Prevenzione Igiene Sicurezza Michela Songini Direzione del Personale Direttore del Personale Marco Aldo Amoruso Responsabile Amministrazione del Personale e Costo del Lavoro Alex Zambianchi Responsabile Servizio Sviluppo Organizzativo Rino Casazza Responsabile Ufficio Assunzioni e Gestione del Personale Marco Migliavacca Responsabile Ufficio Lavoro Autonomo Marta Bianucci

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Direzione Marketing e Fund Raising Direttore Marketing e Fund Raising Lanfranco Li Cauli Responsabile Ufficio Marketing Francesca Agus Responsabile Biglietteria Manuela Fraschetti Responsabile di Sala Achille Gozzi Direzione Amministrazione e Finanza Direttore Amministrazione e Finanza Claudio Migliorini Capo Contabile Sefora Curatolo Museo Teatrale alla Scala Direttore operativo Museo Teatrale alla Scala Donatella Brunazzi


DIREZIONE ARTISTICA

DIREZIONE ALLESTIMENTO SCENICO

Direttore Artistico Dominique Meyer Coordinatore Artistico André Comploi Responsabile Compagnie di Canto Alessandro Galoppini Responsabile Servizi Musicali Michele Sciolla Direttore Editoriale Franco Pulcini Responsabile Archivio Musicale Cesare Freddi

Direttore Allestimento Scenico Franco Malgrande Assistente Direttore Allestimento Scenico Elio Brescia Responsabile Reparto Macchinisti Giuseppe Tolva Responsabile Realizzazione Luci Marco Filibeck Realizzatori Luci Andrea Giretti Responsabile Reparto Elettricisti Roberto Parolo Responsabile Cabina Luci Antonio Mastrandrea Responsabile Audiovisivi Nicola Urru Responsabile Reparto Attrezzisti Luciano Di Nicuolo Responsabile Reparto Meccanici Castrenze Mangiapane Responsabile Parrucchieri e Truccatori Tiziana Libardo Responsabile Calzoleria Alfio Pappalardo

Direzione Ballo Direttore del Corpo di Ballo Frédéric Olivieri Coordinatore del Corpo di Ballo Marco Berrichillo Direzione Organizzazione della Produzione Direttore Organizzazione della Produzione Andrea Valioni Assistente Direttore Organizzazione della Produzione Maria De Rosa Responsabile Direzione di Scena Luca Bonini Direttori di Scena Andrea Boi Davide Battistelli Regista Collaboratore Lorenza Cantini

Capi Scenografi Realizzatori Stefania Cavallin Emanuela Finardi Flavio Erbetta Capo Reparto Scultura Venanzio Alberti Scenografi Realizzatori Claudia Bona Verena Redin Massimo Giuliobello Sergio Mariotti Costanzo Zanzarella Scenografo Realizzatore Scultore Pietro Renga Responsabile Laboratori Scenografici Roberto De Rota Responsabile Reparto Costruzioni Paolo Ranzani Responsabile Reparto Sartoria Cinzia Rosselli Responsabile Sartoria Vestizione Patrizia D’Anzuoni

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EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA DIRETTORE EDITORIALE

Franco Pulcini

Ufficio Edizioni del Teatro alla Scala REDAZIONE

Anna Paniale Giancarlo Di Marco PROGETTO GRAFICO

Emilio Fioravanti G&R Associati

Le immagini degli spettacoli scaligeri provengono dall’Archivio Fotografico del Teatro alla Scala Realizzazione e catalogazione immagini digitali: “Progetto D.A.M.” per la gestione digitale degli archivi del Teatro alla Scala Si ringrazia per la collaborazione il Museo Teatrale alla Scala Il Teatro alla Scala è disponibile a regolare eventuali diritti di riproduzione per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte Finito di stampare nel mese di ottobre 2020 presso Pinelli Printing srl © Copyright 2020, Teatro alla Scala

Prezzo del volume € 5,00 (IVA inclusa) ISSN 2611-898X


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