Metzmacher libretto

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Filarmonica della Scala - Ingo Metzmacher

Filarmonica della Scala Ingo Metzmacher Direttore

Concerti sinfonici 2012 / 2013

8, 10 e 12 aprile 2013

Concerti sinfonici 2012 / 2013





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CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Presidente

Giuliano Pisapia Sindaco di Milano

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Stéphane Lissner Giovanni Bazoli Guido Podestà Aldo Poli Paolo Scaroni Fiorenzo Tagliabue Alessandro Tuzzi Margherita Zambon

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Stéphane Lissner Sovrintendente e Direttore artistico Daniel Barenboim Direttore musicale Maria Di Freda Direttore generale

Gastón Fournier-Facio Coordinatore artistico COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI

Presidente

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Membro supplente

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Membri effettivi

Marco De Luca Marcello Coato



Stagione Sinfonica 2012-2013

Filarmonica della Scala

Ingo Metzmacher Direttore

The Swingle Singers

EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA


TEATRO ALLA SCALA Lunedì 8 aprile 2013, ore 20 – Turno A Mercoledì 10 aprile 2013, ore 20 – Turno B Venerdì 12 aprile 2013, ore 20 – Turno C SOMMARIO PAGINA 5

Vertici musicali per ideali ed eroi di Nicola Scaldaferri e Franco Pulcini PAGINA 17

Ludwig van Beethoven. Cronologia della vita e delle opere, Marco Mattarozzi PAGINA 21

Luciano Berio. Cronologia della vita e delle opere, Luciana Galliano PAGINA 27

Ingo Metzmacher PAGINA 28

Swingle Singers PAGINA 31

Filarmonica della Scala PAGINA 32

Il Teatro alla Scala


PROGRAMMA

Ludwig van Beethoven Egmont Ouverture op. 84

Luciano Berio (nel 10° anniversario della morte) Sinfonia per otto voci e orchestra I II O King (immobile e lontano) III In ruhig fließender Bewegung IV V

Ludwig van Beethoven Sinfonia n. 5 in do min. op. 67 Allegro con brio Andante con moto Allegro – Allegro


Ritratto di Beethoven di anonimo, 1804.

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Vertici musicali per ideali ed eroi

Ludwig van Beethoven, Egmont Ouverture Beethoven nutriva una somma devozione artistica per Wolfgang Goethe, il genio della letteratura tedesca al quale si avvicinò con l’umiltà dell’ultimo esordiente quando compose nel 1810 le musiche per il suo dramma Egmont. Ne vennero fuori pagine entrate nel mito. Wagner decise di diventare compositore proprio dopo aver ascoltato, quando aveva quindici anni, l’ouverture da Egmont, un concentrato di forza dirompente carico di ideali. Il clima di riscatto vittorioso del finale di questa pagina, che si riascolta ancora alla fine dello spettacolo, pare un inno irrefrenabile: è dedicato a un difensore dell’autodeterminazione dei popoli che ha tragicamente combattuto contro l’oscurantismo. Egmont è un dramma teatrale classico sui destini dello storico condottiero del Cinquecento, eroe politico dell’indipendenza delle Fiandre, capopopolo e portatore di nuove idee. Goethe e Beethoven, due geni del pensiero illuministico e dell’innovazione artistica, riuscirono sempre a trovare motivi d’ottimismo umanistico, anche nella tragedia di Egmont, vittima delle repressioni del sanguinario Duca d’Alba, il Grande di Spagna che fu braccio armato di Filippo II nell’età dell’Inquisizione. I nove numeri musicali che seguono l’Ouverture vennero decisi da Goethe, che richiese il commento musicale in punti determinati, soprattutto all’inizio degli atti. Ma nella memoria collettiva è rimasta soprattutto l’Ouverture, un’esplosiva polveriera sinfonica, dall’attacco serioso, accigliato, al lungo prosieguo, sempre pensieroso, ma in un clima d’attesa gravido di tempeste, all’improvviso scatto finale, in cui il senso del crescendo del futuro rossinismo è qui già superato da una dimensione poetica immersa in un clima di travolgente riscatto ideale. (F. P.)

Luciano Berio. Sinfonia per otto voci e orchestra “Ich würde nur an einen Gott glauben, der zu tanzen verstünde.” F. Nietzsche, Also sprach Zarathustra Sinfonia, per otto voci amplificate e orchestra, viene composta da Luciano Berio in occasione dei 125 anni della New York Philharmonic; quest’orchestra nell’ottobre del 1968 eseguirà, assieme ai Swingle Singers e sotto la direzione del compositore, la versione originaria, in quattro movimenti. Un anno dopo, a Donaueschingen, Sinfonia

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verrà presentata nella veste definitiva, con l’aggiunta di un quinto movimento finale; la composizione è dunque simmetricamente costruita attorno al celebre terzo movimento, In ruhig fließender Bewegung, ricalcato sullo Scherzo della Seconda sinfonia di Mahler, “Resurrezione”. Questa torrenziale pagina, caratterizzata, oltre che dal ricalco sul testo mahleriano, anche da una ricca componente di citazioni, verrà così a costituire il cuore dell’opera, trovandosi racchiusa da due raffinati tempi lenti (il secondo, O King, brano dedicato alla memoria di Martin Luther King, è un magistrale percorso di ricerca timbrica), incorniciati a loro volta da un movimento di apertura e un movimento finale; l’ultimo tempo, per usare le parole del compositore, costituirà “un’analisi di tutto il resto della composizione, condotta con il linguaggio e i mezzi della composizione stessa”. La partitura di Sinfonia è di una complessità enorme, e si inscrive nel novero dei lavori summa di Berio, quelli ai quali – si sarebbe detto in altri tempi – pongono mano cielo e terra. Questo trapela a colpo d’occhio già dalle dense implicazioni concettuali e simboliche dei testi letterari utilizzati per le parti vocali, che contengono, tra l’altro, riferimenti a Joyce e Valéry e una forte presenza di The Unnamable di Beckett. Un ruolo particolare è ricoperto da Le cru et le cuit, la prima delle quattro parti del ciclo Mythologiques di Lévi-Strauss, da cui provengono i miti legati all’acqua nelle popolazioni native dell’America. Oltre a costituire un riflesso del pensiero strutturalista diffuso in quegli anni, la scelta di Berio per Le cru et le cuit, allora di recentissima pubblicazione, trova certamente sponda nelle analogie con forme musicali (sonata, fuga, sinfonia, ecc.) utilizzate da Lévi-Strauss per spiegare l’articolazione dei miti. Tuttavia, come emergerà da un successivo scambio epistolare tra i due, più che l’esistenza di reali connessioni con il lavoro dell’antropologo, a costituire per Berio uno stimolo assai potente forse è soprattutto l’evocativa suggestione esercitata da certe immagini e strategie narrative: in fondo, qualcosa di analogo a quanto era già accaduto con la struttura a fuga per canonem del capitolo delle sirene dell’Ulisse di Joyce, cui, in ultima analisi, si può far risalire l’idea di una composizione – assai poco “canonica” e per niente fugata – come Thema. Omaggio a Joyce. Se si entra poi nello specifico della costruzione musicale di Sinfonia, il livello di complessità tocca vette vertiginose, con la presenza di tecniche elaborate, un sofisticato e innovativo utilizzo delle voci grazie anche all’uso dei microfoni e dell’amplificazione, il gioco di citazioni e trascrizioni che si configurano spesso come una traduzione nel senso letterale del termine; il secondo movimento per esempio, O King, è un significativo caso di creazione di un nuovo “testo” partendo dall’omonimo brano cameristico. Inoltre, Berio riannoda i fili di una storia personale che risale a dense pagine orchestrali come Nones, confrontandosi nel contempo con tappe cruciali dell’orchestrazione occidentale, come, lavori di Berlioz, Mahler e Stravinskij. È stato giustamente notato come Sinfonia, coi suoi riferimenti a pagine di oltre due secoli di storia della musica, rappresenti forse la maggior concentrazione esistente, in uno solo lavoro, di tecniche compositive della musica colta occidentale. Questo lavoro ha suscitato grandi sforzi analitici ed esegetici: un impegno assai arduo, forse inesauribile, e tutto sommato non essenziale ai fini della fruizione dell’opera. Infatti, con il suo tessuto di sofisticata erudizione e il suo apparato di sapienza artigianale, Sinfonia resta tra le pagine di maggior fascino sonoro e impatto comunicativo,

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Luciano Berio

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Foto Lelli & Masotti


Luciano Berio

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Foto Lelli & Masotti


nonché tra le più amate, dell’intero catalogo di Berio: e questo non perché l’ascoltatore vi sente riecheggiare frammenti della Valse di Ravel e dei monologhi di Beckett. L’oblio che ha avvolto tante opere fatte di citazioni e collage, o appigliate a sofisticati universi poetici e profonde ispirazioni filosofiche, sta lì a dimostrare come simili procedure possano risultare del tutto inutili laddove non siano gestite da una forza in grado di forgiarle, trasformandole in materia vivificante messa al servizio di un reale progetto espressivo. In Sinfonia le ricche alchimie sonore, le sapienti soluzioni orchestrali, le dense allusioni scandite dalle voci amplificate si fondono in un affresco in cui anche i piccoli dettagli concorrono armonicamente alla definizione dell’insieme – come in un sofisticato piatto confezionato con ingredienti assai ricercati, in cui i gusti nuovi delle primizie risultano ben amalgamati con le spezie dai sapori antichi. La complessità e l’eterogeneità degli elementi si mescolano con quella naturalezza che è frutto di attento dosaggio e usata maestria e scorrono con fluidità. Per descrivere il terzo movimento di Sinfonia, Berio usa l’immagine del fiume, che può ben illustrare, come in una sineddoche, lo svolgimento di tutta la composizione nel suo insieme: l’immagine che mi viene spontaneamente alla mente è quella di un fiume che scorre in un paesaggio continuamente cangiante e che talvolta scompare per riemergere in altro luogo, completamente differente. A volte il suo percorso è molto evidente, altre volte è confuso; a volte è presente come forma completamente riconoscibile, altre volte come un insieme di piccoli dettagli perduti nella selva circostante di presenze musicali.

Se il riferimento a miti acquatici costituisce una delle scelte testuali più rilevanti operate da Berio, va osservato come l’elemento acquatico sia in fondo evocato, con un sottile gioco di allusioni, anche dallo Scherzo della Seconda sinfonia: esso è basato infatti sul canto popolare della predica ai pesci di S. Antonio da Padova, di cui Mahler offre una versione liederistica in Des Knaben Wunderhorn. D’altra parte Berio, maestro nel far balenare la soluzione dei suoi giochi senza mai disvelarli appieno, ci offre anche significativi indizi per scrutare le vertiginose cime della costruzione di Sinfonia – per esempio, laddove scrive che il titolo non deve suggerire collegamenti con forme classiche, ma va piuttosto inteso in senso etimologico: “suonare insieme di otto voci e strumenti oppure, in senso più generale, come il suonare insieme di cose, situazioni e significati diversi”. L’invito a pensare al titolo in una chiave etimologicamente multipla ci spinge anche al recupero della nozione di phoné, cui il concetto di “sinfonia” è interamente legato. La simultanea comunanza di eventi di Sinfonia innanzitutto è una comunanza di voci, con le vaste implicazioni che questo comporta nel caso di Berio. La voce umana, il primo e più importante strumento musicale, costituisce sempre la rivelazione, e la proiezione nello spazio, di stadi profondi a un tempo fisici e psicologici dell’essere; essa resta, in ultima analisi, una sorta di grido, addomesticato al fine di veicolarne la forte carica comunicativa. Sono tutti aspetti che Berio conosce bene, avendoli esplorati in modo magistrale in composizioni che, a parafrasare l’ironico acume di Pierre Schaeffer, si potreb-

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Luciano Berio

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Foto Lelli & Masotti


bero definire come operazioni di spéléologie humaine. Dunque sinfonia come comunanza di voci, a loro volta simultanee alla comunanza di strumenti, che altro non sono se non delle sofisticate protesi in grado di ingigantire, amplificare e proiettare a distanza la portata sonora di piccoli gesti del corpo, talvolta ai limiti dell’impercettibile – come quelli minimi delle dita che regolano l’intonazione di un suono di violino. La proiezione sonora di una gestualità fisica esterna si combina con quanto sgorga, tramite l’apparato fonatorio, dall’intimità più profonda, proiettando nello spazio una percezione dell’essere che trascende la sfera dell’individuale e si fonde in una dimensione corale. Spesso viene evocato, a proposito di Sinfonia, il termine palinsesto, soprattutto pensando alla funzione di sottotesto che assume lo Scherzo mahleriano. Tuttavia, a bene vedere, una sorta di palinsesto, su cui è steso non solo il terzo tempo ma viene (in)scritta l’intera opera, consiste proprio nel tessuto vocale che scorre pressoché ininterrotto – dagli iniziali colpi di tam-tam alle sincronie finali della composizione – e che oscilla dalla cesellatura minimale sul nome di Martin Luther King e le sue inevitabili allusioni politico-sociali, fino al profluvio di parole che si addensano nella loro stratificazione polisemica. La voce, col suo carico di suggestioni, è qui organizzata nella più classica configurazione della tradizione occidentale, quella del doppio coro; con l’uso dell’amplificazione, le voci, in quanto a dinamica e duttilità, possono gareggiare alla pari con l’enorme massa degli strumenti dell’orchestra, facendo ricorso a una vastissima gamma espressiva che oscilla dal parlato al cantato, dal più sofisticato gioco fonetico alla più raffinata allusione semantica. La parola, infatti, non è mai solo suono. Anche nel più sonoro dei giochi linguistici – come la parola joyciana, che tanto affascina Berio fin dall’inizio della sua avventura creativa – essa mantiene sempre e comunque l’ombra di un valore acquisito nella negoziazione delle costruzioni culturali. Se l’acqua è l’elemento principe di Sinfonia, le parole, a un tempo sonore e gustose, ne sono le molecole costitutive, ricreate e ricomposte grazie al sistema tecnologico della scrittura musicale – ben più potente delle tecnologie di amplificazione con cui vengono poi proiettate nello spazio. Berio definisce, a ragione, il terzo tempo di Sinfonia come forse la più sperimentale delle sue composizioni. Le analisi di questo movimento ne hanno lungamente trattato gli aspetti artigianali: sulla partitura di Mahler, Berio interviene sia “per forza di levare”, riducendola talvolta a uno stato scheletrico, sia addensandovi frammenti di pagine orchestrali di autori e di epoche differenti, che vanno da Bach a Schönberg, da Beethoven a Stravinskij, da Pousseur a Ravel. Grazie anche al flusso avvolgente delle voci amplificate, il linguaggio tonale è relegato a una dimensione di sfondo, da cui viene fatto strategicamente emergere in particolari momenti. La presenza di pagine talvolta assai note, cariche di storia, suggestioni e connotazioni simboliche, sposta il gioco sul terreno assai scivoloso del riconoscimento e del camuffamento. Lo scheletro che fa da supporto a questo superlativo saggio di analisi e orchestrazione è la misura di 3/8 dello Scherzo di Mahler che scorre con rigorosa continuità, disciplinando tutto il movimento. Questo ritmo ha una presenza talmente ovvia e regolare da venir percepito quasi empaticamente come un neutro fondale, a fronte degli addensamenti orchestrali e del gioco dei riconoscimenti, come l’acqua dove nuotano i pesci, forse non coscienti di quanto in realtà l’elemento liquido sia essenziale per la loro esistenza.

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Il ritmo ternario, nella cultura occidentale e non solo, è per eccellenza il ritmo della danza: è quello della circolarità del movimento, del piede che batte il tempo e spinge continuamente in avanti il flusso musicale; è il ritmo che, facendo girare sia il corpo che la testa, trascina tutto nel vortice di inebrianti giri di valzer e delle danze con violini scordati al chiaro di luna. Quello ternario è anche il ritmo acquatico: il ritmo delle onde durante la predica ai pesci, di Jeux de vagues, delle onde del Danubio, della Moldava che lungo il suo corso si trasforma da limpido ruscello a fiume impetuoso. Su questo ritmo che gira e scappa come il nastro su un magnetofono, Berio sincronizza, facendoli dialogare tra loro, segmenti musicali densi di storie e sapori. Tra le espressioni gergali utilizzate nell’ambiente dello Studio di Fonologia di Milano – per Berio una palestra di estreme sperimentazioni condivise con Bruno Maderna e Marino Zuccheri – ve n’era una, efficacissima, che può tornare utile anche nel nostro contesto: la “rimessa in sincrono”. Essa serviva a indicare l’operazione di riallineamento dei nastri magnetici, che subivano delle inevitabili sfasature temporali durante il montaggio dei diversi componenti di un’opera elettroacustica. Col terzo tempo di Sinfonia Berio in fondo effettua, con altre tecnologie, la rimessa in sincrono di pagine di diversi compositori e diversi periodi della musica occidentale: disciplina pagine del passato e del presente, facendo risuonare, nei medesimi giri di valzer, brandelli di testi musicali restituiti a nuova vita sonora. Il fiume che scorre è anche una ridda che rimette in piedi, riporta al suono e passa in rassegna pezzi di secoli – già fatti cadaveri – trascinandoli nel vortice della danza e traducendoli in una nuova configurazione testuale e performativa. Leonard Bernstein, al quale è dedicata Sinfonia, nelle celebri Norton Lectures pronunciate a Harvard nel 1973, restituisce in qualche modo l’omaggio a Berio, menzionando Sinfonia come l’indicatore di una nuova tendenza musicale improntata a un ottimistico futuro, dopo gli smarrimenti degli anni 60. Considerata come una coupe en largeur di quel fiume in piena che è la produzione di Berio nel suo insieme, certamente Sinfonia costituisce una tappa di un percorso che conoscerà sviluppi importanti. Basta pensare solo a Coro: altra opera summa, cui pongono mano cielo e terra, fatta danzare stavolta non su ritmi acquatici, bensì su quelli, amatissimi, delle poliritmie africane, tanto più potenti e fecondi quanto immaginati a partire da trascrizioni su carta. In rapporto invece alla prassi compositiva dell’epoca e alla storia della musica, la visione di Bernstein si rivela forse un po’ miope: col procedere degli anni infatti Sinfonia, più che rappresentare la via del futuro, va rivelandosi sempre di più come un inimitabile suggello posto a conclusione di un intero ciclo storico, una magistrale storia di un modo di comporre, condotta nella modalità più pertinente: non con la retorica del discorso verbale di chi parla e scrive intorno alla musica, ma “con il linguaggio e i mezzi della composizione stessa”. Le vette altissime di Sinfonia altro non sono se non una mise en abyme di secoli di storia della musica. Construire une ville sur l’eau: ça c’est la force! (Ali Farka Tourè, parlando di Venezia a Steven Feld) Nicola Scaldaferri

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Sinfonia n. 5 in do minore op. 67 La propulsiva Quinta è detta “Sinfonia del Destino”: Beethoven si sarebbe lasciato sfuggire la definizione con Anton Schindler, suo mal sopportato segretario volontario, sempre untuosamente ansioso di strappargli irrinunciabili “chiavi interpretative” di temi e opere. Essendogli stato chiesto il significato delle quattro note brutali con cui inizia la sinfonia – oggi passate in proverbio e divenute un autentico simbolo primordiale – il musicista avrebbe risposto: “Così bussa il destino alla porta!” (“So klopft das Schicksal an die Pforte!”). I geni hanno spesso anche il dono della sintesi. Non a caso, la minacciosa Quinta è l’unica sinfonia beethoveniana, insieme alla Nona, a essere in modo minore; e, analogamente a essa, nel finale il minore si trasforma in un trionfante maggiore-happy end. A livello percettivo, sin da allora, il “modo maggiore” conclusivo stava a rappresentare la volontà di vittoria che l’uomo oppone alle inconoscibili avversità del destino. Dobbiamo naturalmente precisare la natura del “destino” nella Quinta. Esso non è certo da intendersi come la rassegnata e pacata constatazione di un caso esistenziale che la vita ci ha riservato; il “destino beethoveniano” è piuttosto il tumultuoso affacciarsi di forze oscure, di potenze avverse, di presenze che sembrano minare la nostra esistenza, aggredire la nostra ragione con fantasmatiche superstizioni e paure. La sinfonia esprime l’irruzione di queste immagini sfuggenti che colonizzano la nostra mente, e dalle quali il pensiero non può liberarsi: l’idea fissa è un’incombente prospettiva di annientamento, che non lascia spazio a sogni tranquillizzanti, o a vagheggiamenti, o alle distrazioni dell’umorismo. Il richiamo del destino è implacabile, le sue nocche nodose non smettono di farci sussultare. Se pensiamo al primo movimento, Allegro con brio, qualsiasi timido tentativo di replica alla martellante scansione viene spazzato via da un tema prepotente che non lascia spazio a voci strumentali con più miti propositi espressivi. Eppure – potenza della dialettica dei contrapposti –, nel finale della Quinta, il “destino del destino” sarà proprio quello di essere spazzato via a sua volta, dopo aver esaurito la propria forza. Se, come ha scritto August Halm, la sinfonia è innanzitutto la “storia di un tema”, la storia del tema del destino della Quinta sta tutta nella competizione con la capacità di resistenza che l’uomo oppone al destino, fino a vincere su quest’ultimo. In questo senso la Quinta è anche la rappresentazione di una sfida, in cui la vittoria è assegnata al diritto universale dell’uomo all’autodeterminazione. “L’uomo può sempre farcela!”, ci spiega Beethoven nella Quinta. La sua volontà, la luce della sua ragione alla fine hanno sempre la meglio, persino sullo strapotere iniziale di qualsivoglia entità avversa, da lui riassunta nel simbolo del destino. Potrebbe avvenire lo stesso in un romanzo di formazione a uso della gioventù, o in un film d’azione o di vendetta, in cui l’eroe, dopo lunghe vessazioni, ottiene giustizia. Il tema del destino (detto dai germanofoni Schicksalsruf) informa l’intera sinfonia: è presente anche nel secondo tema del primo movimento, suonato da violoncelli e contrabbassi; da esso deriva anche il tema dello Scherzo, terzo movimento Allegro, basato sul ritmo di tre note brevi che sfogano la propria carica percussiva su una più lunga (qui è “in battere”, anziché “in levare”); ed è presente nel geniale collegamento fra questo terzo tempo e il finale, che avviene con un celebre passaggio in pianissimo, pie-

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Joseph Karl Stieler, Ludwig van Beethoven, 1819.

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no di sospensione e di senso d’attesa, con i timpani che ribattono all’infinito il ritmo del destino. Il tema riecheggia anche nel finale, seppure travolto da una musica nuova. Anche il secondo movimento, l’Andante con moto, che parrebbe voler semplicemente pacificare le sfuriate del primo, contiene indizi bellicosi, annunciandoli negli echi di fanfare che s’intrufolano nella tranquilla classicità di un posato tema con variazioni. Detto in altro modo, la Quinta ha l’unitarietà di un dramma, di un dramma a lieto fine, inteso come punto d’arrivo verso il quale si protendono tutti i movimenti idealmente collegati. Uno dei primi commentatori della mitica pagina fu lo scrittore E.T.A. Hoffmann, che descrisse “l’unitarietà e la logica interiore” dell’opera, spiegando al mondo la consequenzialità poetico-formale dell’autore, laddove Beethoven pareva ai tradizionalisti un tipo psicologico “eccessivo”, “sfrenato”, un caso umano, insomma, non l’artista che aveva dato ai temi musicali la dignità di personaggi. Va da sé che questo messaggio sinfonico-esistenziale tratti questioni serie e conflitti enormi che spinsero Beethoven a una scrittura strumentale di grande forza, soprattutto nel finale, ove all’orchestra, già poderosa, si somma la maestà sacrale del suono dei tromboni, per la prima volta usati dall’autore in una sinfonia: li riutilizzerà nella Sesta e nella Nona. Mai s’era udito prima un suono che s’ingrossa in modo così spettacolare alla ricerca di nuove ambientazioni allo spirito combattivo della fanfara. Non solo Beethoven parla “forte e chiaro”, ma la sua arringa prende tale slancio che, per riuscire a fermare la corsa, deve scandire un numero esorbitante di “accordi conclusivi”, la cui innaturalezza è tuttavia funzionale alla forma: è la conclusione di tutta la sinfonia, non solo del quarto movimento. E poi è anche una liberazione interiore, e chissà quant’altro. Immaginabile che non sia stata una gestazione facile: Beethoven lavorò alla sua tempestosa Quinta a due riprese fra il 1804 e il 1808 – come dire fra l’“Eroica” e la “Pastorale” – ma vi si applicò soprattutto nel 1807. L’interruppe dopo aver completato i primi due movimenti, per portare a termine la rasserenata Quarta e il Concerto per violino. Forse di quest’opera non reggeva il peso della drammaticità, o forse la vita gli aveva riservato qualche momento sereno, distraendolo da quell’ossessione sinfonica. Il completamento della Quinta s’incrociò soprattutto con quello della Sesta (“Pastorale”), insieme alla quale venne presentata in un concerto al Theater an der Wien il 22 dicembre 1808, nel corso del quale l’autore suonò anche il Quarto Concerto per pianoforte e la Fantasia op. 80, con coro e orchestra, della quale improvvisò l’introduzione che fisserà per iscritto l’anno dopo. Come se il programma non fosse già abbastanza nutrito, c’erano anche alcune parti della Messa in do maggiore op. 86. Franco Pulcini

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Un ritratto giovanile di Beethoven, a quindici anni ca.

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LUDWIG VAN BEETHOVEN CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE Marco Mattarozzi

1770 17 dicembre: viene battezzato a Bonn Ludwig, secondogenito di Johann van Beethoven e Maria Magdalena Keverich; il padre, di origine fiamminga, è tenore presso la locale cappella di corte. 1774 Nasce Kaspar Anton Karl; con il fratello Nikolaus Johann, venuto al mondo due anni dopo, è l’unico Beethoven a sopravvivere (oltre Ludwig) ai primissimi giorni di vita. 1778 Esordio pubblico alla tastiera (26 marzo), accanto a un contralto allievo del padre. Studi di teoria, organo e violino con alcuni strumentisti locali. 1781 Christian Gottlob Neefe, a Bonn dal 1779, è nominato organista di corte (febbraio); inizio dei rapporti con il giovane Ludwig che l’anno dopo, durante una breve assenza del maestro, è chiamato a sostituirlo. 1783 Il nome di Beethoven travalica l’ambiente di Bonn: l’editore Götz di Mannheim pubblica il suo primo lavoro, Nove variazioni in do minore su una marcia di Dressler (1782); in marzo Neefe segnala l’allievo al Magazin der Musik di Cramer. Oberato di impegni, il maestro affida a Ludwig anche il posto di cembalista in orchestra.

Mozart. La madre muore di tubercolosi a luglio. 1789 Dinanzi alle difficoltà familiari, Ludwig decide di chiedere la metà dello stipendio paterno. Il padre viene dispensato dal servizio a corte, e morirà tre anni dopo. 1790 La Società letteraria cittadina (“Lesegesellschaft”) commissiona a Beethoven la Kantate auf den Tod Kaiser Josephs II., per soli, coro e orchestra. Gli intensi rapporti con alcune famiglie assai in vista (il conte Waldstein, la vedova Breuning) sono una prima rasserenante apertura su orizzonti ideali sin lì neppure immaginati. 1792 Su sollecitazione degli amici, l’elettore acconsente a un secondo viaggio di Beethoven a Vienna. 1793 Studi di contrappunto con Haydn; prendono forma definitiva alcuni lavori iniziati o abbozzati a Bonn, tra cui le Variazioni su “Se vuol ballare” per violino e pianoforte, e il Trio per archi in mi bemolle (poi pubblicato come op. 3).

1785 Tre Quartetti per pianoforte e archi (WoO 36), di stretta aderenza mozartiana.

1794 Partito Haydn per Londra, le lezioni proseguono con Johann Georg Albrechtsberger, maestro di cappella nel duomo di Santo Stefano; più intermittenti gli incontri con Salieri, maestro di prosodia italiana a una lunga serie di giovani talenti. Con la primavera viene meno lo stipendio fisso da Bonn, e Beethoven trova generosa protezione presso alcuni circoli aristocratici (il principe Lichnowsky, gli Esterházy, il conte Zmeskáll).

1787 In primavera breve viaggio a Vienna, dove il giovane Beethoven forse incontra

1795 È l’anno delle prime affermazioni viennesi. Artaria pubblica l’op. 1, tre Trii per

1784 Il nuovo elettore Maximilian Franz, fratello dell’imperatore Giuseppe II, riconosce a Ludwig la posizione di organista, a 150 fiorini annui.

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pianoforte, violino e violoncello. La fama del Beethoven compositore cresce su quella del virtuoso: il 29 marzo si presenta al Burgtheater con il Concerto in si bemolle per pianoforte e orchestra (pubblicato poi, con attente modifiche, come op. 19); due giorni dopo esegue, durante una rappresentazione della Clemenza di Tito, il Concerto in re minore di Mozart; a dicembre è la volta del Concerto in do maggiore (pubblicato come op. 15). Frattanto ha già fatto conoscere in casa Lichnowsky tre Sonate per pianoforte, che appaiono nel marzo successivo con dedica a Haydn (op. 2). 1796 Tournée a Praga, Dresda e Berlino, dove Beethoven esegue le due Sonate op. 5 per violoncello e pianoforte dinanzi al re di Prussia. 1797 Pubblicazione dell’op. 5, della Serenata per trio d’archi e di una nuova Sonata per pianoforte (in mi bemolle, op. 7); nascono intanto il Quintetto per pianoforte e fiati, il Trio per pianoforte, clarinetto e violoncello, le prime due Sonate dell’op. 10. 1798 Beethoven porta a termine le tre Sonate op. 12 per violino e pianoforte, pubblica i Trii per archi op. 9 e l’op. 10 pianistica; verso fine anno inizia a lavorare a una serie di quartetti. Concerti pubblici a Praga. 1799 Pubblicazione della Sonata in do minore, “Pathétique”, e dell’op. 14 per pianoforte. 1800 2 aprile: il Burgtheater ospita la prima “accademia” beethoveniana; insieme a una sinfonia di Mozart e ad alcuni brani da Die Schöpfung di Haydn vengono presentati il Settimino op. 20 e la Prima sinfonia in do maggiore; Beethoven siede al pianoforte, improvvisando e suonando uno dei suoi due Concerti. L’anno vede ancora la definitiva stesura dei sei Quartetti per archi op. 18, la commissione del balletto Die Geschöpfe des Prometheus, i primi accaniti abbozzi per il Terzo concerto per pianoforte e orchestra. 1801 L’editore viennese Hoffmeister, da poco trasferito a Lipsia, acquista diverse partiture beethoveniane; escono così, in rapida successione, i numeri d’opus dal 19 al 22 (l’ul-

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tima Sonata per pianoforte, in si bemolle). Anche a Vienna Beethoven è ormai conteso dai maggiori editori. La Sonata in fa maggiore per violino e pianoforte (op. 24, “La primavera”) e il gruppo di quattro Sonate pianistiche (op. 26, op. 27 nn. 1-2 “Quasi una fantasia” e op. 28) nascono sullo sfondo di una tremenda certezza: a fine giugno Beethoven rivela la sua progressiva sordità a pochi amici fidati. 1802 Beethoven trascorre l’intera bella stagione a Heiligenstadt, un villaggio alle porte di Vienna. Completa la Seconda sinfonia in re maggiore, le tre Sonate op. 30 per violino e pianoforte, le Sonate pianistiche dell’op. 31. A ottobre, al momento di rientrare in città, prende commiato con un “Testamento”, drammatica testimonianza del suo animo disperato. 1803 La musica lo scuote da quello stato spaventoso: Schikaneder gli propone di scrivere un’opera per il Theater an der Wien e gliene fornisce il libretto, ma Vestas Feuer, non va oltre la seconda scena. Il 5 aprile, nel corso di un memorabile concerto, il teatro presenta le due Sinfonie, il Terzo concerto per pianoforte e orchestra (solista Beethoven) e il nuovo oratorio Christus am Ölberge. Il 24 maggio Beethoven esegue con il violinista Bridgetower la Sonata in la maggiore (op. 47, “a Kreutzer”), in estate si concentra sulla Terza sinfonia, quindi torna al pianoforte con la “Waldstein”. 1804 Un avvicendamento di proprietà in teatro scioglie Beethoven dal suo impegno operistico; d’altronde il suo occhio è già caduto su un altro libretto, molto più interessante, Léonore ou l’amour conjugal di Jean-Nicolas Bouilly. Esecuzione in forma privata della Terza sinfonia; compone le Sonate op. 54 e op. 57 (“Appassionata” è titolo postumo). 1805 20 novembre: prima rappresentazione di Fidelio al Theater an der Wien, a una settimana dall’ingresso in città delle truppe francesi; l’esito è tiepido (appena tre recite), anche perché gli abituali sostenitori di Beethoven hanno nel frattempo lasciato Vienna. 1806

Con il ritorno a condizioni di vita nor-


mali, a malincuore Beethoven acconsente a tagli drastici, mentre amplia e riscrive l’ouverture (Leonore n. 3); la seconda versione di Fidelio conosce solo due rappresentazioni isolate (29 marzo e 10 aprile), prima del ritiro della partitura. Entro l’anno vengono alla luce la Quarta sinfonia, i tre Quartetti “Razumovskij”, il Quarto concerto per pianoforte e orchestra e il Concerto in re maggiore per violino e orchestra, ultimato in gran fretta e proposto al pubblico viennese la sera del 23 dicembre. In maggio si sposa il fratello, Kaspar Karl, e già ai primi di settembre gli nasce un figlio (l’unico), Karl; i rapporti in famiglia si complicano. 1807 Marzo: nel corso di due concerti a Palazzo Lobkowitz, Beethoven presenta la Quarta sinfonia e il Quarto concerto, oltre all’ouverture per Coriolan. Riceve da Nicolaus Esterházy la commissione di una Messa, da eseguire a corte per l’onomastico della moglie; malgrado la buona opinione riservatale in seguito da Beethoven, la Messa in do maggiore resta legata al suo più bruciante insuccesso pubblico.

1810 Musiche di scena per Egmont di Goethe. L’incontro con Bettina Brentano avvicina ancor più Beethoven alla cerchia ideale del poeta; dopo i sei Lieder op. 75 nascono ora (su testo di Goethe) i tre dell’op. 83. Composizione del Quartetto in fa minore op. 95, inizio del Trio “dell’Arciduca”. 1811 Cure estive a Teplitz, in Boemia: musiche di scena per König Stephan e Die Ruinen von Athen, destinati a inaugurare il teatro di Pest; al ritorno a Vienna, inizio della Settima sinfonia. 1812 Completamento della Settima e stesura dell’Ottava sinfonia. D’estate, a Teplitz, ha luogo l’atteso incontro con Goethe. Tornato a Vienna, porta a termine per il violinista Pierre Rode la Sonata op. 96 per violino e pianoforte. 1813 L’anno non vede nascere che Wellingtons Sieg, neppure scritta per intero da Beethoven: all’apice dell’entusiasmo patriottico, sulla scia dei trionfi contro Napoleone, il brano ha un impatto immediato e vastissimo.

1808 Il grande concerto del 22 dicembre compendia i frutti degli ultimi anni: Quinta e Sesta sinfonia, Quarto concerto per pianoforte e orchestra, vari brani dalla Messa e la Fantasia corale in do minore, aggiunta solo all’ultimo momento; l’impressionante mole di musica nuova frastorna il pubblico. È l’ultima apparizione solistica di Beethoven, che in quell’anno scrive la Sonata op. 69 per violoncello e pianoforte e i due Trii op. 70. L’offerta di Gerolamo Bonaparte, per un posto di Kapellmeister a Kassel, viene cortesemente declinata.

1814 Revisione di Fidelio per il Teatro di Porta Carinzia (23 maggio; la nuova ouverture, ultimata in extremis, è inserita solo alla seconda recita). Nella Sonata op. 90 le tradizionali indicazioni italiane di tempo lasciano il posto ad articolate prescrizioni espressive (in tedesco). Beethoven è gran cerimoniere musicale fra i grandi del Congresso di Vienna: coro di benvenuto ai principi alleati, Ihr weisen Gründer; Der glorreiche Augenblick, cantata allegorica per soli, coro e orchestra; Polacca op. 89 per pianoforte, con dedica alla zarina.

1809 Con un contratto in data 1° marzo l’arciduca Rodolfo e i principi Kinsky e Lobkowitz si impegnano a versare ogni anno 4000 fiorini al compositore. L’aristocrazia è fuggita, e con essa l’arciduca: qui è l’origine della Sonata “Les adieux” (affiancata dalle più brevi op. 78 e op. 79), con cui Beethoven ritorna al pianoforte solo; la tonalità di mi bemolle la accosta agli altri vertici di quest’anno, il Quartetto op. 74 “delle Arpe” e il Quinto concerto per pianoforte e orchestra.

1815 Due Sonate op. 102 per violoncello e pianoforte. Il fratello Kaspar muore di tubercolosi il 15 novembre: nel testamento affida il figlio alla tutela dello zio, ma un codicillo aggiunge che Karl non dovrà essere tolto alla madre; è l’inizio di una battaglia giudiziaria che impegnerà a fondo Beethoven nei quattro anni a venire. 1816 Produzione intermittente, in un generale diradamento di rapporti: nasce il ciclo An die ferne Geliebte (sei Lieder op. 98) e, a

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novembre, la Sonata in la magg. op. 101, già con l’indicazione “für das Hammerklavier”. 1817 Un anno quasi completamente sterile, malgrado l’invito da Londra per due nuove sinfonie; soltanto in autunno i primi passi della Sonata op. 106 soppiantano i generici, incerti abbozzi orchestrali. 1818 La sordità si fa totale, e Beethoven prende a comunicare col mondo attraverso i quaderni di conversazione; termina la Sonata, che dedica all’arciduca Rodolfo. 1819 L’arciduca Rodolfo è nominato cardinale, quindi arcivescovo di Olmütz; per il suo insediamento (9 marzo 1820) Beethoven pensa a una nuova Messa, ma non riuscirà a tener fede all’impegno. 1820 Maggio: accordo con l’editore berlinese Schlesinger per tre nuove sonate pianistiche; entro l’anno è ultimata solo l’op. 109. In luglio, al termine di una lotta senza esclusione di colpi, Beethoven è riconosciuto unico tutore del nipote Karl. 1821 Precario stato di salute, mentre prosegue il lavoro alla Messa e alle Sonate: l’autografo data al 25 dicembre quella in la bemolle op. 110, conclusa, in realtà, insieme all’ultima in do minore, nei pochi mesi successivi. 1822 L’ouverture Die Weihe des Hauses inaugura il 3 ottobre il Teatro della Josephstadt; alle estreme fasi della Missa solemnis si sovrappongono le Variazioni su un valzer di Diabelli, pubblicate nel 1823.

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1823

Lavora alla Nona sinfonia.

1824 Il 7 maggio, al Teatro di Porta Carinzia, Beehoven dirige la “Gran Sinfonia con soli e coro”, preceduta dalla più recente ouverture e da tre Inni (Kyrie, Credo e Agnus Dei dalla Missa solemnis); l’esito è trionfale. Beethoven può ora concentrarsi sulla richiesta del principe Galitzin, che nel novembre del 1822 lo invitava a “uno, due, tre nuovi quartetti”. 1825 A febbraio è compiuto il Quartetto op. 127; una grave malattia interrompe, in primavera, la stesura dell’op. 132. Entro l’anno anche il terzo Quartetto per Galitzin, l’op. 130 in si bemolle, può dirsi ultimato, con la Grande Fuga come finale. 1826 Va a vuoto il tentato suicidio del nipote Karl, presso Baden. È un colpo durissimo per Beethoven: in campagna le sue condizioni non migliorano e a dicembre, al ritorno a Vienna, i medici diagnosticano gravi insufficienze al fegato, unite a itterizia e idropisia. Liberi ormai da contingenze esterne, sono nati intanto i Quartetti op. 131 e op. 135, oltre al nuovo Finale per l’op. 130, preteso a gran voce da editore e strumentisti. 1827 Il 23 marzo Beethoven firma un breve testamento, steso dall’amico Stephan von Breuning: unico erede il nipote Karl; tre giorni dopo si spegne, verso le 17.45. Le pubbliche esequie, il 29, vedono un’imponente partecipazione di folla.


LUCIANO BERIO CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE Luciana Galliano

1925 Nasce a Oneglia, presso Imperia, il 24 ottobre, da una famiglia di solida tradizione musicale. Inizia gli studi musicali col padre Ernesto e con il nonno Adolfo, entrambi compositori. 1945-1950 Si trasferisce a Milano, studia al Conservatorio composizione con Giulio Cesare Paribeni e Giorgio Federico Ghedini, e direzione d’orchestra con Carlo Maria Giulini e Antonino Votto. Lavora come accompagnatore al pianoforte delle classi di canto e conosce la cantante armena Cathy Berberian, con cui si sposa. 1951-1952 Si diploma in composizione al Conservatorio di Milano. Ottiene la Koussevitzky Scholarship che gli permette di seguire nel 1952 i corsi di Luigi Dallapiccola a Tanglewood, USA. Si afferma tra i giovani compositori dell’avanguardia musicale (Variazioni, Chamber Music). 1953 Nasce la prima figlia, Cristina. Primi lavori di sonorizzazione presso la RAI (Mimusique). 1954 Conosce Bruno Maderna a Basilea. Frequenta i Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt, incontrando Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen, György Ligeti e Mauricio Kagel. 1955 Inaugura presso la RAI di Milano lo Studio di Fonologia Musicale, primo in Italia di musica elettronica, fondato insieme a Bruno Maderna. Vi sperimenta nuove interazioni tra strumenti acustici e suoni prodotti elettronicamente (Ritratto di città in collaborazione con Maderna, Thema. Omaggio a Joyce 1958), e invita compositori come Henri Pousseur e John Cage.

1956-1959 Fonda e cura la rivista Incontri Musicali, affiancata da una serie di concerti omonimi programmati tra Milano, Venezia e Napoli. 1958 Con Sequenza I per flauto inizia la serie delle Sequenze per strumenti solisti, conclusa nel 2002 con la Sequenza XIV per violoncello. 1960 Ritorna a Tanglewood come “Composer in Residence”. Importanti opere sono Tempi Concertanti e Epifanie. 1961-1963 Insegna a Dartington e a Darmstadt, e lascia la direzione dello Studio di Fonologia per dissapori con l’amministrazione RAI. Compone Visage. 1962 Su invito di Darius Milhaud assume una cattedra presso il Mills College a Oakland (California), e l’anno seguente si trasferisce negli USA. Affronta la scrittura per la scena in Passaggio, su testo di Edoardo Sanguineti. 1964 Si separa da Cathy Berberian, con cui continua la fertile collaborazione nell’ambito della scrittura per voce (Folk songs, Sequenza III 1965, Epiphanies 1991-92). Compone Sincronie per quartetto e il primo dei sette Chemins (1964-1996), basati sulle Sequenze. 1965 Insegna presso la Juilliard School di New York, dove nel 1967 fonda il Juilliard Ensemble, specializzato in musica contemporanea. Lo stesso anno sposa la studentessa di psicologia Susan Oyama, futura filosofa della scienza. Tra i suoi studenti Louis Andriessen e Steve Reich. 1966 Nasce la seconda figlia, Marina. Vince il Prix Italia con Edoardo Sanguineti per Laborintus II.

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Luciano Berio

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Foto Lelli & Masotti


1968 Nascita del figlio Stefano. Compone Sinfonia.

dattica musicale dove realizza i suoi ultimi lavori con l’elettronica.

1969-1970 Scrive la prima opera: Opera, in tre atti (rappresentata a Santa Fe, 1970).

1988

1971

Divorzia da Susan Oyama.

1972

Ritorna in Italia.

1973-1974 Nascono grandi lavori come Eindrücke, Concerto,“Points on the curve to find…”. Su richiesta di Pierre Boulez diventa direttore della divisione elettroacustica dell’IRCAM di Parigi, incarico che ricoprirà sino al 1980. 1975 Diventa direttore artistico dell’Israel Chamber Orchestra. Conclude la rielaborazione della Ritirata notturna di Madrid di Boccherini, la più nota di una importante serie di trascrizioni e rielaborazioni (Monteverdi, Schubert ecc.). 1975-1976 È direttore artistico dell’Accademia Filarmonica Romana. 1977

Sposa la musicologa Talia Pecker.

1978

Nasce il figlio Daniel.

1979-1983 Compone Un re in ascolto, azione musicale su testi di Calvino, Auden, Gotter e Berio. 1980 Nasce il figlio Jonathan. Riceve la Laurea honoris causa dalla City University di Londra. 1977-1980 Compone La vera storia, azione musicale su testo di Italo Calvino. 1982 Diventa direttore artistico dell’Orchestra Regionale Toscana. La vera storia è messa in scena al Teatro alla Scala. 1984 È direttore artistico ospite del Maggio Musicale Fiorentino. Va in scena a Salisburgo Un re in ascolto. 1987 Fonda a Firenze “Tempo Reale”, centro tuttora attivo di produzione, ricerca e di-

Compone Ofanìm.

1989 Riceve il premio Ernst von Siemens (Monaco). 1991 Gli viene conferito il premio della Fondazione Wolf (Gerusalemme). 1993-1994 Presso la Harvard University tiene le Charles Elliot Norton Lectures e dal 1994 è Distinguished Composer in Residence (Norton Professor of Poetry); rimane a Cambridge (Massachusetts) fino al 2000. 1995 Gli viene conferito il Leone d’Oro alla Carriera della Biennale di Venezia, e la laurea honoris causa dall’Università di Siena. È compositore ospite al Festival di Lucerna. 1996 L’Imperatore del Giappone gli conferisce il Premio Imperiale (Imperial Prize of the Arts). Festival monografico “Luciano Berio” a Milano Musica. Al Teatro alla Scala va in scena Outis, su libretto del compositore e di Dario del Corno. 1997 Festival monografico “Luciano Berio” al Présences Festival di Parigi. Compone Glosse. 1998 Festival monografico “Luciano Berio” allo Schleswig-Holstein Musick Festival. 1999 Laurea honoris causa all’Università di Torino e all’Università di Edimburgo. Assume la Direzione artistica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. Al Festival di Salisburgo va in scena Cronaca del Luogo, su libretto di Talia Pecker Berio. 2000 Diventa Presidente e Sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma, e sotto la sua sovrintendenza viene inaugurato, nel 2002, il nuovo Auditorium Parco della Musica. Compone Sonata. 2003 Il 27 maggio muore in ospedale a Roma, poco dopo aver ultimato la stesura di Stanze.

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Filarmonica della Scala.

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Foto Marco Brescia


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Foto Harald-HoFFmann


Ingo Metzmacher Nato a Hannover, ha studiato pianoforte, teoria musicale e direzione d’orchestra nella sua città, a Salisburgo e Colonia. Il suo primo impegno professionale è stato a Francoforte con l’Ensemble Modern e l’Oper Frankfurt, all’epoca della direzione musicale di Michael Gielen. La sua carriera internazionale ha inizio nel 1988 al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles, nel periodo della direzione di Gerard Mortier. Nel 1997 Metzmacher viene nominato Direttore musicale della Staatsoper di Amburgo, dove, nel corso di 8 stagioni, ha diretto una serie di produzioni di grande successo, molte delle quali in collaborazione con il regista Peter Konwitschny. In seguito è diventato Direttore stabile della Nederlandse Opera di Amsterdam e, dal 2007 al 2010, Direttore stabile e Direttore artistico della Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino. Tra le produzioni di maggior successo da lui dirette, citiamo la prima mondiale del Dionysos di Wolfgang Rihm, Prometeo e Al Gran sole carico d’amore di Luigi Nono, Die Soldaten di Bernd Alois Zimmermann al Festival di Salisburgo; The Rake’s Progress di Stravinskij e Die Tote Stadt di Erich Wolfgang Korngold alla Royal Opera House Covent Garden; Da una casa di morti di Leoš Janáček, Il Naso di Šostakovič e Palestrina di Hans Pfitzner all’Opernhaus di Zurigo; Lady Macbeth del Distretto di Mtsensk di Šostakovič, Parsifal di Wagner e Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny di Kurt Weill alla

Staatsoper di Vienna. Ha diretto le maggiori orchestre europee, tra cui i Wiener Philharmoniker, i Bamberger Symphoniker, la Staatskapelle di Berlino, l’Orchestre de Paris, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la Gustav Mahler Jugendorchester, la New Japan Philharmonic, l’Orchestra Filarmonica Ceca e la Filarmonica di San Pietroburgo. I suoi progetti per la stagione 2012/13 prevedono un nuovo Ring a Ginevra, con Dieter Dorn, il debutto al Teatro Real di Madrid con un dittico composto da Il Prigioniero di Luigi Dallapiccola e Suor Angelica di Puccini e concerti con i Berliner Philharmoniker, l’Orchestre de Paris, i Wiener Symphoniker, i Münchner Philharmoniker, l’Orchestra Nazionale Russa, la BBC Symphony Orchestra e la Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks di Monaco di Baviera. Nell’estate 2013 tornerà al Festival di Salisburgo per una nuova produzione di Gawain di Sir Harrison Birtwistle, con la regia di Alvis Hermanis. Le sue più recenti incisioni discografiche comprendono Éclairs sur l’Au-delà… di Oliver Messiaen con i Wiener Philharmoniker, Von deutscher Seele di Pfitzner e Königskinder di Engelbert Humperdinck con la Deutsche SymphonieOrchester di Berlino e una registrazione dal vivo di Lady Macbeth del Distretto di Mtsensk dalla Staatsoper di Vienna.

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The Swingle Singers Gli Swingle Singers di Londra sono una leggenda del canto a cappella, da 50 anni protagonista della scena musicale internazionale. La formazione vocale, fondata da Ward Swingle nel 1963 e legata inizialmente all’interpretazione di compositori classici in chiave jazz, ha ampliato negli anni il proprio repertorio fino a diventare uno degli ensemble più richiesti dalle istituzioni musicali in tutto il mondo. La tecnica e la fusione vocale impeccabile permettono agli Swingle Singers di spaziare da Bach ai Beatles, da Mozart a Irving Berlin e agli autori contemporanei; inoltre interpretano anche brani di loro composizione, sempre utilizzando la voce come unico strumento. Per loro Luciano Berio – uno dei primi compositori a esplorare le possibilità offerte dalla combinazione di voci amplificate e strumenti acustici – scrisse nel 1969 la sua Sinfonia, incisa successivamente anche sotto la direzione di Pierre Boulez. Tra i musicisti che hanno collaborato con loro, citiamo anche Azio Corghi, Michael Nyman e il leggendario jazzista inglese John Dankworth. In Italia hanno cantato in sedi e festival di grande prestigio quali la Scala, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Bellini di Catania, l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, il Maggio Musicale Fiorentino, il Ravenna Festival, la Biennale di Ve-

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nezia, oltre che nei più importanti festival jazz. Si sono esibiti in tournée in tutto il mondo, toccando anche la Russia, il Giappone, gli Stati Uniti e Hong Kong. Annualmente, nel mese di gennaio, organizzano il London A Cappella Festival, che raduna il meglio del panorama vocale internazionale. Hanno realizzato oltre 50 incisioni e vinto quattro Grammy Awards; la loro vastissima discografia comprende, tra l’altro, cover di Björk, Joni Mitchell, Sting, Billy Joel. Nel 2010 uno dei brani del CD Ferris Wheels, l’arrangiamento di No More I Love You di Annie Lennox, si è aggiudicato il prestigioso premio CARA (Contemporary A Cappella Recording) per la migliore canzone jazz. Nel 2011 hanno vinto ben tre premi ACA (A Cappella Community Awards): migliore formazione classica, migliore formazione europea, miglior medley, oltre al secondo posto come migliore formazione jazz. Negli ultimi anni il gruppo, attualmente composto da tre voci femminili e quattro maschili, ha esplorato anche il mondo della multimedialità: il video Libertango, su musica di Astor Piazzolla, è stato visto oltre centomila volte su YouTube. La loro versione dell’Aria di Bach è da oltre 30 anni la sigla della trasmissione televisiva Superquark di Piero Angela.


Sara Brimer, soprano

Joanna Goldsmith-Eteson, soprano

Clare Wheeler, mezzosoprano

Rachel Lindley, mezzosoprano

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Christopher Jay, tenore

Oliver Griffiths, tenore

Edward Randell, basso

Kevin Fox, basso

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FILARMONICA DELLA SCALA Violini primi Francesco De Angelis (spalla) Francesco Manara (spalla) Daniele Pascoletti (spalla) Eriko Tsuchihashi* Duccio Beluffi Rodolfo Cibin Alessandro Ferrari Agnese Ferraro Alois Hubner Fulvio Liviabella Kaori Ogasawara Andrea Pecolo Gianluca Scandola Enkeleida Sheshaj Dino Sossai Gianluca Turconi Corinne Van Eikema Damiano Cottalasso Evgenia Staneva Claudio Mondini Francesca Monego Enrico Piccini Estela Sheshi Violini secondi Giorgio Di Crosta* Pierangelo Negri* Anna Salvatori* Anna Longiave Emanuela Abriani Stefano Dallera Silvia Guarino Ludmilla Laftchieva Stefano Lo Re Antonio Mastalli Roberto Nigro Gabriele Porfidio Francesco Tagliavini Alexia Tiberghien Paola Lutzemberger Alessandro Cappelletto Lorenzo Gentili Tedeschi Rita Mascagna Roberta Miseferi Susanna Nagy

Viole Simonide Braconi* Danilo Rossi* Raffaele Mallozzi* Giorgio Baiocco Carlo Barato Maddalena Calderoni Adelheid Dalvai Marco Giubileo Joel Imperial Francesco Lattuada Emanuele Rossi Luciano Sangalli Zoran Vuckovic Matteo Amadasi Federica Mazzanti Filippo Milani Eugenio Silvestri Adriana Stoica Violoncelli Sandro Laffranchini* Alfredo Persichilli* Massimo Polidori* Martina Lopez Jakob Ludwig Alice Cappagli Gabriele Garofano Simone Groppo Clare Ibbott Cosma Beatrice Pomarico Marcello Sirotti Massimiliano Tisserant Andrea Favalessa Gianluca Muzzolon Livia Rotondi

Contrabbassi Giuseppe Ettorre* Francesco Siragusa* Roberto Benatti Attilio Corradini Demetrio Costantino Omar Lonati Emanuele Pedrani Claudio Pinferetti Alessandro Serra Gaetano Siragusa Roberto Parretti Antonello Labanca Flauti Davide Formisano* Marco Zoni* Ottavino Giovanni Paciello Oboi Fabien Thouand* Alberto Negroni* Augusto Mianiti Corno inglese Renato Duca Clarinetti Mauro Ferrando* Fabrizio Meloni* Christian Chiodi Latini Denis Zanchetta Clarinetto Basso Stefano Cardo Fagotti Gabriele Screpis* Valentino Zucchiatti* Maurizio Orsini Nicola Meneghetti

Controfagotto Marion Reinhard Corni Danilo Stagni* Gabriele Falcioni* Roberto Miele Stefano Alessandri Claudio Martini Stefano Curci Piero Mangano Trombe Francesco Tamiati* Gianni Dallaturca Mauro Edantippe Nicola Martelli Tromboni Daniele Morandini* Riccardo Bernasconi Renato Filisetti Giuseppe Grandi Tuba Brian Earl Timpani Nando Russo* Percussioni Gianni Arfacchia Giuseppe Cacciola Antonello Cancelli Elio Marchesini Paolo Tini Francesco Muraca Arpe Luisa Prandina* Olga Mazzia* Tastiere Lorenzo Bonoldi

Main Partner

* prima parte

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Fondazione di diritto privato

SOVRINTENDENZA

DIREZIONE GENERALE

Sovrintendente StĂŠphane Lissner Responsabile Relazioni Esterne e Assistente del Sovrintendente Donatella Brunazzi Responsabile Ufficio Stampa Carlo Maria Cella Responsabile Controllo di Gestione Enzo Andrea Bignotti

Direttore Generale Maria Di Freda Responsabile Servizio Archivio Storico-Documentale Dino Belletti Coordinatore Segreteria e Staff Andrea Vitalini Responsabile Ufficio Promozione Culturale Carlo Torresani Responsabile Segreteria Organi e Legale Germana De Luca Responsabile Provveditorato Antonio Cunsolo Direzione Tecnica Direttore Tecnico Marco Morelli Responsabile Manutenzione Immobili e Impianti Persio Pini Responsabile Prevenzione Igiene Sicurezza Giuseppe Formentini Direzione del Personale Direttore del Personale Marco Aldo Amoruso Responsabile Amministrazione del Personale e Costo del Lavoro Alex Zambianchi Responsabile Servizio Sviluppo Organizzativo Rino Casazza Responsabile Servizio Tecnologie dell’Informazione Massimo Succi Responsabile Ufficio Assunzioni e Gestione del Personale Marco Migliavacca Responsabile Ufficio Lavoro Autonomo Giusy Tonani

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Direzione Marketing e Fund Raising Direttore Marketing e Fund Raising Cristina Paciello Responsabile Ufficio Marketing Francesca Agus Responsabile Biglietteria Annalisa Severgnini Responsabile di Sala Achille Gozzi Direzione Amministrazione e Finanza Direttore Amministrazione e Finanza Claudio Migliorini Capo Contabile Sefora Curatolo Museo Teatrale alla Scala Direttore Museo Teatrale alla Scala Renato Garavaglia


DIREZIONE MUSICALE

DIREZIONE ALLESTIMENTO SCENICO

Direttore Musicale Daniel Barenboim

Direttore Allestimento Scenico Franco Malgrande Assistente Direttore Allestimento Scenico Elio Brescia Responsabile Reparto Macchinisti Cosimo Prudentino Responsabile Realizzazione Luci Marco Filibeck Realizzatori Luci Vincenzo Crippa Andrea Giretti Responsabile Reparto Elettricisti Roberto Parolo Responsabile Cabina Luci Antonio Mastrandrea Responsabile Audiovisivi Nicola Urru Responsabile Reparto Attrezzisti Luciano Di Nicuolo Responsabile Reparto Meccanici Castrenze Mangiapane Responsabile Parrucchieri e Truccatori Francesco Restelli Responsabile Calzoleria Alfio Pappalardo

DIREZIONE ARTISTICA Direttore Artistico St茅phane Lissner Coordinatore Artistico Gast贸n Fournier-Facio Responsabile Servizi Musicali Andrea Amarante Responsabile Controllo di Gestione Artistica Manuela Cattaneo Responsabile Compagnie di Canto Ilias Tzempetonidis Direttore Editoriale Franco Pulcini Responsabile Archivio Musicale Cesare Freddi Regista Collaboratore Lorenza Cantini Direzione Ballo Direttore del Corpo di Ballo Makhar Vaziev Coordinatore del Corpo di Ballo Marco Berrichillo

Capi Scenografi Realizzatori Stefania Cavallin Angelo Lodi Luisa Guerra Capo Scenografo Realizzatore Scultore Venanzio Alberti Scenografi Realizzatori Claudia Bona Emanuela Finardi Verena Redin Flavio Erbetta Claudio Spinelli Barrile Scenografo Realizzatore Scultore Silvia Rosellina Cerioli Responsabile Reparto Costruzioni Roberto De Rota Responsabile Reparto Sartoria Cinzia Rosselli Responsabile Sartoria Vestizione Filomena Graus

Direzione Organizzazione della Produzione Direttore Organizzazione della Produzione Andrea Valioni Assistente Direttore Organizzazione della Produzione Maria De Rosa Responsabile Direzione di Scena Luca Bonini Direttori di Scena Silvia Fava Andrea Boi

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EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA DIRETTORE EDITORIALE

Franco Pulcini

Ufficio Edizioni del Teatro alla Scala REDAZIONE

Anna Paniale Giancarlo Di Marco PROGETTO GRAFICO

Emilio Fioravanti G&R Associati

Le immagini degli spettacoli scaligeri provengono dall’Archivio Fotografico del Teatro alla Scala Realizzazione e catalogazione immagini digitali: “Progetto D.A.M.” per la gestione digitale degli archivi del Teatro alla Scala Si ringrazia per la collaborazione il Museo Teatrale alla Scala Il Teatro alla Scala è disponibile a regolare eventuali diritti di riproduzione per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte Pubblicità: A.P. srl - Str. Rigolino, 1 bis 10024 Moncalieri (TO) - Tel. 011/6615469 Finito di stampare nel mese di marzo 2013 presso Pinelli Printing srl © Copyright 2013, Teatro alla Scala

Prezzo del volume € 5,00 (IVA inclusa)


Concerti sinfonici 2012 ~ 2013 22, 23, 25 settembre 2012

Filarmonica della Scala Direttore

Christoph von Dohnányi Robert Schumann Sinfonia n. 4 in re min. op. 120

La stagione 2012-2013 del Teatro alla Scala è realizzata in collaborazione con

Johannes Brahms Sinfonia n. 1 in do min. op. 68

20 dicembre 2012 Concerto di Natale

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala Direttore

Robin Ticciati

Hector Berlioz Symphonie fantastique (épisode de la vie d’un artiste) op. 14 L’adieu des bergers à la Sainte famille (da L’Enfance du Christe op. 25)

Maestro del Coro Bruno Casoni

Con il sostegno di


Il Teatro alla Scala ringrazia per la collaborazione alle iniziative specifiche gli SPONSOR TECNICI ATM COCCINELLE COLLATERAL FILMS MEETING PROJECT LEDIBERG RCS DIRECT ROBERT BOSCH S.P.A. Il Teatro alla Scala ringrazia per la collaborazione al progetto tecnologico DAM gli SPONSOR TECNICI FONDAZIONE MILANO PER LA SCALA ROBERT BOSCH S.P.A. FASTWEB ORACLE ITALIA


Concerti sinfonici 2012 ~ 2013

21, 22, 24 gennaio 2013

11, 14, 22 marzo 2013

Filarmonica della Scala

Filarmonica della Scala

Nikolaj Rimskij-Korsakov Shéhérazade suite sinfonica op. 35

Serge Rachmaninoff Concerto n. 2 in do min. op. 18 per pianoforte e orchestra

Direttore

Nicola Luisotti

Direttore

Gianandrea Noseda

Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij Sinfonia n. 4 in fa min. op. 36

Khatia Buniatishvili, pianoforte

25, 27 febbraio - 2 marzo 2013

8, 10, 12 aprile 2013

Sinfonia n. 1 in re min. op. 13

Filarmonica della Scala

Filarmonica della Scala

Riccardo Panfili L’Aurora, probabilmente (prima esecuzione assoluta commissione del Teatro alla Scala)

Ludwig van Beethoven Egmont ouverture op. 84

Direttore

Daniel Harding

Richard Wagner Da Tristan und Isolde Preludio e morte d’Isotta

Gustav Mahler Da Il corno magico del fanciullo Lieder scelti Dorothea Röschmann, soprano Matthias Goerne, baritono

Direttore

Ingo Metzmacher

Luciano Berio (nel 10 o anniversario della morte) Sinfonia per otto voci e orchestra The Swingle Singers Ludwig van Beethoven Sinfonia n. 5 in do min. op 67


Foto Marco Brescia


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SEBASTIAN LANGER DIRETTORE




Con la riapertura della sala del Piermarini, anche il Museo Teatrale è ritornato nella sua sede storica di Piazza Scala. Curato da Pier Luigi Pizzi, il nuovo percorso espositivo interpreta l’emozione del Museo come venne creato nel 1913, e la volontà di far rivivere il respiro originario di un’epoca indimenticabile. Il Museo Teatrale alla Scala, oltre ad essere un luogo d’incontro per il grande pubblico, vuole anche continuare ad essere un punto di riferimento per gli studiosi, per gli appassionati della lirica e per l’educazione musicale delle nuove generazioni attraverso l’attività dei laboratori didattici. Un Museo dedicato alla vita del Teatro nel tempo attraverso un’ampia collezione di ritratti, cimeli, busti, documenti, locandine dedicati ai grandi personaggi della lirica, da Giuseppe Verdi ad Arturo Toscanini e Victor De Sabata. Le sale che ospitano le collezioni sono rivestite con stoffe dai colori preziosi per ricreare l’atmosfera di un secolo di vita del Museo. Le visite al Museo offrono, inoltre, la possibilità di ammirare la sala del Teatro riaperta dopo il restauro. La Biblioteca Livia Simoni è tornata nella sua sede storica, all’interno del Museo. Questo permette a un grande numero di studiosi e di studenti di poter consultare i 150.000 volumi, le stampe e i documenti sulla storia del teatro e della musica dal 1500 ai nostri giorni.

Partner Istituzionale

YOKO NAGAE CESCHINA Mecenate del Museo Teatrale alla Scala

Museo Teatrale alla Scala Biblioteca Livia Simoni Largo Ghiringhelli, 1 20121 Milano www.teatroallascala.org Orari Tutti i giorni tranne • 7 dicembre • 24 dicembre pomeriggio • 25 dicembre • 26 dicembre • 31 dicembre pomeriggio • 1° gennaio • Domenica di Pasqua • 1° maggio • 15 agosto Dalle 9.00 alle 12.30 (ultimo ingresso alle 12.00) e dalle 13.30 alle 17.30 (ultimo ingresso alle 17.00)


Consultazione Biblioteca Livia Simoni su prenotazione tel. 0288792088

Come arrivare MM linea 1 fermata San Babila, Duomo, Cordusio. MM linea 3 fermata Montenapoleone, Duomo Autobus linea 61 Tram 1, 2 Prezzi Biglietto intero Biglietto ridotto Biglietto scuole

Informazioni Tel. 02.88797473

€ 6,00 € 4,00 € 2,50

Servizio visite guidate Civita Servizi. Tel: 02 43353521 (prenotazione obbligatoria per le scolaresche)

Centro guide. Tel: 02 86450433 La sala del Teatro è visibile da un palco, solo qualora non siano in corso prove o spettacoli.

Visite guidate al Teatro Per informazioni e prenotazioni rivolgersi a Francine Garino via email garino@fondazionelascala.it o via fax allo 02.88792090 Catalogo del Museo (italiano - francese, inglese - spagnolo, giapponese - tedesco) in vendita a € 15,00


Foto Marco Brescia


ringrazia

Albo d’Oro 2013 Maria Elina Barberis Mosca Nice Barberis Figari Maria Bonatti Mameli Carla Bossi Comelli Francesco Brioschi Giancarlo Colombo Giuseppe Deiure Hélène de Prittwitz Zaleski Giuseppe Faina Margot Ferrari de Mazzeri Marino Golinelli Beatrix Habermann Paolo Jucker Pompeo Locatelli Matteo Mambretti Francesco Micheli Orazio Leotta Riccardo Ottaviani Vieri Poggiali Patrizia Staffico Roberto Telò Daria Tinelli di Gorla Diego Visconti Giovanni M. Volonté Paolo Maria Zambelli Amici della Scala - Lugano Banca BSI S.A. Boehringer Ingelheim Italia S.p.A. Pirelli & C. S.p.A. Sipcam S.p.A. UBI Banca Vittoria Assicurazioni S.p.A.

per il contributo speciale

AI PROGETTI DI FORMAZIONE DEI GIOVANI DELL’ACCADEMIA D’ARTI E MESTIERI DELLO SPETTACOLO TEATRO ALLA SCALA

per vivere una grande Tradizione


Foto Lelli & Masotti

PER VIVERE DA VICINO La Fondazione Milano per la Scala nasce nel 1991 con lo scopo esclusivo di sostenere il Teatro alla Scala, attraverso i contributi di coloro che ne amano il patrimonio culturale ed artistico e desiderano vivere piĂš intensamente la sua grande tradizione. Ăˆ la prima istituzione sorta a supporto di un teatro lirico in Italia.


UNA GRANDE TRADIZIONE Per informazioni e per adesioni

Milano per la Scala Via Clerici, 5 20121 Milano Tel. 02.7202.1647 Fax. 02.7202.1662 E-mail. miscala@milanoperlascala.it www.milanoperlascala.it


Foto Marco Brescia


Mapei per l’arte e la cultura

Il legame con il Teatro alla Scala ha radici profonde nella storia di Mapei. Si è concretizzato sin dal 1984 come Abbonato Sostenitore ed è proseguito con il contributo alla ristrutturazione e al restauro del Teatro, grazie alla tecnologia e alla ricerca Mapei. Dal 2008 Mapei ha rafforzato ulteriormente il rapporto con la Scala divenendo Socio Fondatore Permanente. Il 75° anno di attività è stato un’ulteriore occasione per consacrare lo storico connubio tra il lavoro, l’arte e la cultura.


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