Lohengrin

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Lohengrin Richard Wagner

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Lohengrin Richard Wagner

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FONDAZIONE BANCA DEL MONTE DI LOMBARDIA per la musica, la cultura, l’arte.

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e famiglie e i giovani a teatro sono un progetto che la Fondazione Banca del Monte di Lombardia sostiene e incoraggia allo scopo di avvicinarli ai valori della cultura e dell’arte. “La Scala Under 30” realizza un’idea innovativa e di valore e offre ai ragazzi di tutte le età e ai più piccoli insieme ai propri familiari un’occasione unica per vivere i “doni” del teatro: opportunità di stimolo dello spirito critico, della coscienza e del gusto del confronto; momenti di riflessione, di gioia e commozione. Il coinvolgimento sempre maggiore dei giovani rappresenta il futuro del teatro e la promessa di sempre nuovi talenti e competenze. La Fondazione Banca del Monte di Lombardia, sorta nel 1992, è un ente di diritto privato senza scopo di lucro. Gli interventi a sfondo culturale rappresentano uno dei principali settori attraverso cui esprime le proprie finalità istituzionali,

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rivolte esclusivamente a scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico del territorio milanese e lombardo. Nel settore artistico la Fondazione ha profuso il proprio impegno supportando numerose iniziative a fianco dei tradizionali interventi nell’ambito della ricerca scientifica e formazione avanzata, sanità, assistenza a categorie sociali deboli, conservazione e valorizzazione di beni ambientali.


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Fondazione di diritto privato

ALBO DEI FONDATORI Fondatori di Diritto

Stato Italiano

Fondatori Pubblici

Fondatori Privati Permanenti

Fondatori Privati Ordinari Fondatori Emeriti


Fondazione di diritto privato

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Presidente

Vice Presidente

Consiglieri

Giuliano Pisapia Sindaco di Milano

Bruno Ermolli

Stéphane Lissner Giovanni Bazoli Guido Podestà Aldo Poli Paolo Scaroni Fiorenzo Tagliabue Alessandro Tuzzi Margherita Zambon

Stéphane Lissner Sovrintendente e Direttore artistico Daniel Barenboim Direttore musicale Maria Di Freda Direttore generale

Gastón Fournier-Facio Coordinatore artistico COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI

Presidente

Mario Cattaneo

Membro supplente

Nadia Palmeri

Membri effettivi

Marco De Luca Marcello Coato


La Scala per l’Anno Santo

Lohengrin Opera romantica in tre atti Poema e musica di Richard Wagner

Nuova Produzione Teatro alla Scala

EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA


TEATRO ALLA SCALA PRIMA RAPPRESENTAZIONE

Venerdì 7 dicembre 2012, ore 17 REPLICHE

Martedì Venerdì Martedì Venerdì Giovedì

11 14 18 21 27

Ore 19 - Turno A Ore 19 - Turno B Ore 19 - Turno C Ore 19 - Turno D Ore 19 - Turno E

Anteprima dedicata ai Giovani LaScalaUNDER30 Martedì 4 dicembre 2012, ore 18

In copertina: Lohengrin di Richard Wagner. Nuovo allestimento firmato da Claus Guth con scene e costumi di Christian Schmidt, realizzato in occasione dell’apertura della stagione scaligera 2012-13. (Foto Monika Rittershaus)


SOMMARIO 5

Lohengrin. Il libretto

traduzione di Quirino Principe

78

Il soggetto (ital. - franc. - ingl. - ted. - giapp. - russo) Cesare Fertonani

90

L’opera in breve

Cesare Fertonani

92

... la musica

Alberto Bosco

97

Abbozzo in prosa. Lohengrin, opera romantica in tre atti di Richard Wagner

Richard Wagner

127 Prima appare il cigno, poi la colomba. Un enigma non soltanto per alchimisti

Giovanni Guanti

137 Il bianco e l’argento di Lohengrin

Quirino Principe

180 Lohengrin: l’Heldentenor

Giancarlo Landini

191 Al “Lohengrin”

Enrico Panzacchi

197 Note di regia. Esseri umani alla ricerca della propria felicità

Claus Guth

202 Note di drammaturgia. Dis-illusioni

Ronny Dietrich

247 Lohengrin alla Scala dal 1873 al 2007

Andrea Vitalini

279 Daniel Barenboim 281 Claus Guth 282 Christian Schmidt 283 Olaf Winter 284 Volker Michl 285 Lohengrin. I personaggi e gli interpreti 287 Richard Wagner Cronologia della vita e delle opere

Cesare Fertonani

294 Letture

Maurizio Giani

301 Discografia

Luigi Bellingardi

310 Orchestra del Teatro alla Scala 311 Coro del Teatro alla Scala / Mimi 312 Teatro alla Scala


A. Stucki (litografia di M. Weinholdt da disegno di). Ritratto di Richard Wagner. Tavola; da Bayreutherfestblaetter, 1896.


Lohengrin

Lohengrin

Romantische Oper in drei Akten

Opera romantica in tre atti

Dichtung und Musik von Richard Wagner

Poema e musica di Richard Wagner Traduzione italiana di Quirino Principe

PERSONEN

PERSONAGGI

Heinrich der Vogler, deutscher König Bass Lohengrin Tenor Elsa von Brabant Sopran Friedrich von Telramund, Bariton brabantischer Graf Ortrud, seine Gemahlin Sopran Der Heerrufer des Königs Bass Vier brabantische Edle Tenor und Bass Vier Edelknaben Sopran und Alt Herzog Gottfried, Stumme Rolle Elsas Bruder

Enrico l’Uccellatore, re tedesco basso Lohengrin tenore Elsa di Brabante soprano Federico di Telramondo, baritono conte brabantino Ortruda, sua sposa soprano L’araldo del Re basso Quattro nobili brabantini tenori e bassi Quattro paggi soprani e contralti Il duca Goffredo, mimo fratello di Elsa

Sächsische und thüringische Grafen und Edle, brabantische Grafen und Edle, Edelfrauen, Männer, Frauen, Knechte

Conti e nobili sassoni e turingi, conti e nobili brabantini, nobildonne, uomini, donne, servi

Antwerpen: erste Hälfte des 10ten Jahrhunderts

Anversa: prima metà del X secolo

Il taglio della presente edizione è segnato fra parentesi quadra rossa [ ]. (Edizione Proprietà Fondazione Teatro alla Scala)

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ERSTER AKT

ATTO PRIMO [Vorspiel]

[Preludio]

Erste Scene Eine Aue am Ufer der Schelde bei Antwerpen. – König Heinrich unter der Gerichts-Eiche; zu seiner Seite Grafen und Edle vom sächsichen Heerbann. Gegenüber brabantische Grafen und Edle, an ihrer Spitze Friedrich von Telramund, zu dessen Seite Ortrud. – Der Heerrufer ist aus dem Heerbann des König’s in die Mitte geschritten: auf sein Zeichen blasen vier Trompeter des König’s den Aufruf.

Prima scena Un prato sulla riva della Schelda, presso Anversa. – Re Enrico sotto la “Quercia del Giudizio”. Al suo fianco, conti e nobili sassoni, al seguito del sovrano. Di fronte, conti e nobili brabantini: alla loro testa, Federico di Telramondo, al cui fianco è Ortruda. – L’araldo del re, uscito dal seguito regale, si è collocato nel mezzo della scena. Al suo cenno, quattro trombettieri del re suonano l’appello.

Heerrufer Hört! Grafen, Edle, Freie von Brabant! Heinrich, der Deutschen König, kam zur Statt, mit euch zu dingen nach des Reiches Recht. Gebt ihr nun Fried’ und Folge dem Gebot?

Araldo Udite, conti, nobili, bravo popolo di Brabante! Enrico, re dei Tedeschi, fin qui è venuto per trattare e discutere con voi secondo il [diritto del Regno. Giurate pace e ubbidienza ai suoi comandi?

Die Brabanter Wir geben Fried’ und Folge dem Gebot! (an die Waffen schlagend) Willkommen, willkommen, König, in Brabant!

I brabantini Giuriamo pace e ubbidienza ai suoi comandi! (battendo sulle armi) Benvenuto! Benvenuto, re, in Brabante!

(Der König erhebt sich.)

(Il re si alza in piedi.)

König Gott grüss’ euch, liebe Männer von Brabant! (mit freierem Vortrag) Nicht müssig that zu euch ich diese Fahrt;

Re Vi salvi Dio, cari uomini di Brabante! (con tratto più confidenziale) Non senza una ragione il mio viaggio mi ha [condotto a voi; (con profonda gravità) devo avvertirvi del pericolo che minaccia [il Regno!

(sehr wichtig) der Noth des Reiches seid von mir gemahnt! (Feierliche Aufmerksamkeit.)

(Solenne attenzione.)

Soll ich euch erst der Drangsal Kunde sagen, die deutsches Land so oft aus Osten traf?

Da che cosa comincio? Dal flagello che tante volte, da oriente, colpì la terra [tedesca? Nella marca più remota insegnaste a moglie [e figlio la preghiera: «Signore Iddio, guardaci dalla furia degli [Ungari!» Ma io, capo del Regno, ebbi il dovere

In fernster Mark heisst Weib und Kind ihr [beten: “Herr Gott, bewahr’ uns vor der Ungarn [Wuth!”. Doch mir, des Reiches Haupt, musst’ es [geziemen solch wilder Schmach ein Ende zu ersinnen; als Kampfes Preis gewann ich Frieden auf neun Jahr’, – ihn nützt’ ich zu des Reiches [Wehr: beschirmte Städt’ und Burgen liess ich bau’n, den Heerbann übte ich zum Widerstand. Zu End’ ist nun die Frist, der Zins versagt, – mit wildem Drohen rüstet sich der Feind. (mit grosser Wärme)

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di metter fine a sì barbara onta. Qual premio ottenuto in battaglia, la pace [guadagnai per nove anni, – me ne valsi per armare il [Regno; fortificai città, edificai fortezze, le milizie arruolate esercitai alla difesa. Ora scaduta è la tregua, il tributo è negato, – selvaggio e minaccioso si sta armando il [nemico. (con vivo ardore)


Nun ist es Zeit des Reiches Ehr’ zu wahren; ob Ost, ob West? das gelte Allen gleich! Was deutsches Land heisst, stelle [Kampfesschaaren, dann schmäht wohl Niemand mehr das [deutsche Reich.

È il tempo di difendere l’onore del regno. A oriente, a occidente? Per tutti valga [l’impegno! Quella che chiamiamo terra tedesca, schieri [truppe pronte a battaglia; nessuno più umilierà il Regno tedesco!

Die Sachsen (an die Waffen schlagend) Wohlauf! Mit Gott für deutschen Reiches [Ehr’!

I sassoni (battendo sulle armi) Su! Con Dio per l’onore del Regno tedesco!

König Komm’ ich zu euch nun, Männer von [Brabant, zur Heeresfolg’ nach Mainz euch zu entbieten, wie muss mit Schmerz und Klagen ich [erseh’n, dass ohne Fürsten ihr in Zwietracht lebt! Verwirrung, wilde Fehde wird mir kund;

Re Ora vengo a voi, uomini di Brabante:

drum ruf’ ich dich, Friedrich von Telramund! Ich kenne dich als aller Tugend Preis, jetzt rede, dass der Drangsal Grund ich weiss. Friedrich Dank, König, dir, dass du zu richten kamst! Die Wahrheit künd’ ich, Untreu’ ist mir [fremd. Zum Sterben kam der Herzog von Brabant, und meinem Schutz empfahl er seine Kinder, Elsa die Jungfrau und Gottfried den Knaben; mit Treue pflag ich seiner grossen Jugend, sein Leben war das Kleinod meiner Ehre. Ermiss nun, König, meinen grimmen [Schmerz, als meiner Ehre Kleinod mir geraubt! Lustwandelnd führte Elsa den Knaben einst zum Wald, doch ohne ihn kehrte sie zurück; mit falscher Sorge frug sie nach dem Bruder, da sie, von ungefähr von ihm verirrt, bald seine Spur, so sprach sie, nicht mehr [fand. Fruchtlos war all’ Bemüh’n um den [Verlor’nen; als ich mit Drohen nun in Elsa drang, da liess in bleichem Zagen und Erbeben der grässlichen Schuld Bekenntniss sie uns [seh’n. (sehr lebhaft) Es fasste mich Entsetzen vor der Magd;

da qui fino a Magonza a me accorrete, in armi! Ma con dolore e rimprovero mi accorgo che vivete senza prìncipi, in discordia. Mi si parla di disordine, di aspre lotte [intestine: perciò chiamo te, Federico di Telramondo! Ti conosco come sommo esempio d’ogni [virtù: parla ora, ch’io sappia la causa [dell’opprimente sventura. Federico Grazie, Re, grazie a te che sei venuto a far [da giudice! La verità proclamo, io, estraneo per natura a [menzogna e infedeltà. Il duca di Brabante venne a morte, e alla mia protezione affidò i suoi figli, la giovane Elsa nel fior dell’età, e il fanciullo [Goffredo. A lui, fresco adolescente, dedicai ogni cura: la sua vita fu la gemma del mio onore. Ebbene, misura, o Re, quel che fu il mio [crudele dolore, quando la gemma del mio onore mi fu rubata! Un giorno, passeggiando, Elsa condusse il [fanciullo nella foresta, ma senza lui fece ritorno. Fingendo angoscia e affanno ella domandava del fratello: poco lungi da lui si era smarrita – così diceva –, di lui aveva perso ogni traccia. Vano ogni sforzo fu di ritrovarlo; quando poi, minaccioso, Elsa incalzai con [l’inchiesta, pallida, smarrita, tremante, a tutti si rivelò rea di orribile delitto. (con grande animazione) Grande orrore, da allora, provai per la [fanciulla:

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dem Recht auf ihre Hand, vom Vater mir verlieh’n, entsagt’ ich willig da und gern, und nahm ein Weib, das meinem Sinn gefiel:

al diritto alla sua mano, dal padre di lei a me concesso, con pronta libertà io [rinunciai, e presi una donna che i miei desideri [appagasse:

(Er stellt Ortrud vor, diese verneigt sich vor dem König.)

(Presenta Ortruda, che s’inchina dinanzi al Re.)

Ortrud, Radbods, des Friesenfürsten Spross.

Ortruda, casa di Radbod, principesca stirpe [dei Frisii.

(Er schreitet feierlich einige Schritte vor.) Nun führ’ ich Klage wider Elsa von [Brabant; des Brudermordes zeih’ ich sie. Dies Land doch sprech’ ich für mich an mit [Recht, da ich der Nächste von des Herzogs Blut, mein Weib dazu aus dem Geschlecht, das einst

(Con solennità, avanza di qualche passo.) Ed ora sporgo accusa contro Elsa di [Brabante. La incrimino di fratricidio. E con diritto pretendo questa terra per me,

auch diesen Landen seine Fürsten gab. Du hörst die Klage, König! Richte recht! Alle Männer (in feierlichem Grau’n) Ha, schwerer Schuld zeiht Telramund!

che al sangue del duca sono il più prossimo; per giunta, la mia sposa è della stirpe che un [tempo anche a queste terre diede i suoi sovrani. Questa l’accusa, o Re. Giudica con giustizia! Tutti gli uomini (con gravità e profondo orrore) Ah, grave delitto è questo che Telramondo [denuncia!

Mit Grau’n werd’ ich der Klage kund! König Welch fürchterliche Klage sprichst du aus! Wie wäre möglich solche grosse Schuld?

Re Terribile, l’accusa che pronunci! Sarà mai possibile una colpa così grande?

Friedrich (immer heftiger) O Herr, traumselig ist die eitle Magd, die meine Hand voll Hochmuth von sich stiess. Geheimer Buhlschaft klag’ ich drum sie an: (immer mehr einen bitter gereizten Zustand verrathend) sie wähnte wohl, wenn sie des Bruders ledig, dann könnte sie als Herrin von Brabant mit Recht dem Lehnsmann ihre Hand [verwehren, und offen des geheimen Buhlen pflegen.

Federico (con impeto crescente) Signore, in sogni beati è immersa la vana [fanciulla che già respinse, altera, la mia mano. Perciò l’accuso di un segreto amore: (lasciando trasparire sempre più un’esasperata amarezza) ella certo vaneggiava, libera dal fratello e divenuta signora del Brabante, di potere con diritto rifiutare la sua mano al [vassallo, e darsi pubblicamente all’amante segreto.

(Der König unterbricht durch eine ernste Gebärde Friedrich’s Eifer.)

(Con un severo gesto, il Re interrompe le veementi parole di Federico.)

König Ruft die Beklagte her! (sehr feierlich) Beginnen soll nun das Gericht! Gott lass mich weise sein!

Re Venga qui l’accusata! (con grande solennità) Si cominci il giudizio! Dio m’ispiri saggezza!

(Der Heerrufer schreitet feierlich in die Mitte.)

(Con solennità, l’araldo avanza fino al centro della scena.)

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Heerrufer Soll hier nach Recht und Macht Gericht [gehalten sein?

Araldo Si deve qui giudicare in forza di diritto e [autorità?

(Der König hängt mit Feierlichkeit den Schild an der Eiche auf.)

(Con gesto solenne, il Re appende lo scudo alla quercia.)

König Nicht eh’r soll bergen mich der Schild, bis ich gerichtet streng und mild.

Re Non più mi coprirà lo scudo, prima che io abbia con rigore e clemenza giudicato.

(Alle Männer entblössen die Schwerter, die Sachsen stossen sie vor sich in die Erde, die Brabanter strecken sie flach vor sich nieder.)

(Tutti gli uomini sguainano le spade. I Sassoni le conficcano in terra davanti a sé, i Brabantini le posano ai propri piedi, di piatto.)

Alle Männer Nicht eh’r zur Scheide kehr’ das Schwert, bis ihm das Urtheil Recht gewahrt.

Tutti gli uomini Non ritorni nel fodero la spada, prima che sia resa giustizia in forza di diritto.

Heerrufer Wo ihr des König’s Schild gewahrt, dort Recht durch Urtheil nun erfahrt! Drum ruf’ ich klagend laut und hell: Elsa, erscheine hier zur Stell’!

Araldo Là dove scorgete lo scudo del Re, fate esperienza di giustizia in forza di diritto. Perciò chiamo a giudizio con voce alta e [chiara: Elsa, compari qui, mòstrati senza indugio!

Zweite Scene Elsa tritt auf; sie verweilt eine Zeit lang im Hintergrunde; dann schreitet sie sehr langsam und mit grosser Verschämtheit der Mitte des Vordergrundes zu; Frauen folgen ihr, diese bleiben aber zunächst im Hintergrunde an der äussersten Gränze des Gerichtskreises.

Seconda scena Elsa entra. Indugia un po’ nel fondo della scena; poi avanza molto lentamente, con grande timidezza, verso il centro del proscenio. La seguono alcune donne, che però, in un primo tempo, rimangono sul fondo, all’estremo limite della Corte di Giustizia.

Alle Männer Seht hin! Sie naht, die hart Beklagte. Ha! wie erscheint sie so licht und rein! Der sie so schwer zu zeihen wagte, wie sicher muss der Schuld er sein!

Tutti gli uomini Guardate! si avvicina, con il suo peso di [severe accuse. Ah! come appare luminosa e pura! Chi osa darle carico di tanto gravi crimini dev’essere davvero ben certo della sua colpa.

König Bist du es, Elsa von Brabant?

Re Sei tu, Elsa di Brabante?

(Elsa neigt das Haupt bejahend.)

(Elsa fa cenno di sì con la testa.)

Erkennst du mich als deinen Richter an?

Mi riconosci tuo giudice?

(Elsa wendet ihr Haupt nach dem König, blickt ihm in’s Auge und bejaht dann mit vertrauensvoller Gebärde.)

(Elsa volge la testa verso il Re, lo guarda timidamente negli occhi, poi fa cenno di sì con un gesto pieno di fiducia.)

So frage ich weiter, ist die Klage dir bekannt, die schwer hier wider dich erhoben?

Dunque, ti domando: ti è nota l’accusa che qui, dura e grave, è mossa contro di te?

(Elsa erblickt Friedrich und Ortrud, neigt traurig das Haupt und bejaht.)

(Elsa lancia uno sguardo a Federico e Ortruda, china tristemente il capo e fa cenno di sì.)

Was entgegnest du der Klage?

Che cosa opponi all’accusa?

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(Elsa – durch eine Gebärde: “nichts”.)

(Elsa, con un gesto: «Nulla».)

König (lebhaft) So bekennst du deine Schuld?

Re (con vivacità) Ebbene, riconosci la tua colpa?

Elsa (blickt eine Zeit lang traurig vor sich hin.) Mein armer Bruder!

Elsa (guarda per un poco dinanzi a sé, con tristezza) Mio povero fratello!

Die Männer (flüsternd) Wie wunderbar! Welch’ seltsames Gebahren!

Gli uomini (mormorando) Strano! Ci stupisce questo contegno!

König (ergriffen) Sag’, Elsa! was hast du mir zu vertrau’n?

Re (intimamente colpito) Dimmi, Elsa: che cos’hai da confidarmi?

(Erwartungsvolles Schweigen.)

(Silenzio pieno di attesa.)

Elsa (ruhig vor sich hinblickend) Einsam in trüben Tagen hab’ ich zu Gott gefleht, des Herzens tiefstes Klagen ergoss ich im Gebet: – da drang aus meinem Stöhnen ein Laut so klagevoll, der zu gewalt’gem Tönen weit in die Lüfte schwoll: – ich hört’ ihn fern hin hallen, bis kaum mein Ohr er traf; mein Aug’ ist zugefallen, ich sank in süssen Schlaf.

Elsa (guardando tranquilla dinanzi a sé) Sola, in giorni d’angoscia, ho supplicato Iddio. Il più profondo lamento del cuore riversai nella preghiera: – dai miei gemiti, allora, uscì con forza un suono così pieno di lamento, che con voce profonda e risonante per vasto spazio si librò nell’aria: – da lontano ne intesi, fin qui, l’eco, fino a che il suono, al mio orecchio, svanì. Si chiusero i miei occhi, sprofondai in dolce sonno.

Die Männer (leise) Wie sonderbar! – Träumt sie? – Ist sie [entrückt?

Gli uomini (sottovoce) Oh, meraviglia! Sogna? È rapita in estasi?

König (als wolle er Elsa aus dem Traum wecken) Elsa, verteid’ge dich vor dem Gericht!

Re (come se volesse destare Elsa dal sogno) Elsa, difenditi dinanzi al tribunale!

(Elsa’s Mienen gehen von dem Ausdruck träumerischen Entrücktseins zu der schwärmerischen Verklärung über.)

(Dall’espressione di estasi sognante, il volto e i gesti di Elsa si trasformano in un’esaltata trasfigurazione.)

Elsa In lichter Waffen Scheine ein Ritter nahte da, so tugendlicher Reine ich keinen noch ersah: ein golden Horn zur Hüften, gelehnet auf sein Schwert, – so trat er aus den Lüften zu mir, der Recke werth; mit züchtigem Gebahren gab Tröstung er mir ein; –

Elsa Nel balenìo d’armi lucenti venne a me un cavaliere; di tale purezza e virtù io non ne vidi mai. Un corno d’oro al fianco; appoggiato alla sua spada, – Dall’aria uscì venendo a me, il nobile eroe; immagine vivente dell’onore, infuse in me conforto; –

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(mit erhobener Stimme) des Ritters will ich wahren, (schwärmerisch) er soll mein Streiter sein!

(con voce più alta) attendo con fermezza il cavaliere, (in estatica esaltazione) in mia difesa egli combatterà!

Alle Männer (sehr gerührt) Bewahre uns des Himmels Huld, dass klar wir sehen, wer hier schuld!

Tutti gli uomini (molto commossi) Ci conceda la Grazia celeste di veder chiaro chi sia, qui, colpevole.

König Friedrich, du ehrenwerther Mann, (lebhafter) bedenke wohl, wen klagst du an?

Re Federico, uomo di specchiato onore, (in tono più acceso) rifletti bene: lo sai chi tu accusi?

Friedrich Mich irret nicht ihr träumerischer Muth; (immer leidenschaftlicher) ihr hört, sie schwärmt von einem Buhlen! Wes’ ich sie zeih’, des’ hab’ ich sichren Grund.

Federico Non m’inganna il suo delirio di coraggio; (sempre più appassionato) udite, per un amante ella s’infiamma! Di ciò di cui l’accuso, ho prove fondate e [certe. Fidato testimone mi accertò del suo misfatto; ma oppormi con una prova al vostro dubbio

Glaubwürdig ward ihr Frevel mir bezeugt; doch eurem Zweifel durch ein Zeugniss [wehren, das stünde wahrlich übel meinem Stolz! Hier steh’ ich, hier mein Schwert: – wer wagt [von euch zu streiten wider meiner Ehre Preis?

sarebbe, per il mio orgoglio, un disonore. Qui sto io, qui la mia spada; – fra voi, chi osa sfidare e combattere il mio onore?

Die Brabanter (sehr lebhaft) Keiner von uns! Wir streiten nur für dich!

I brabantini (con grande ardore) Nessuno di noi! Combattiamo soltanto per te!

Friedrich Und König, du? Gedenkst du meiner Dienste, wie ich im Kampf den wilden Dänen schlug?

Federico E tu, Re? Rammenti i miei servigi? Come ho sconfitto in battaglia il selvaggio [danese?

König (lebhaft) Wie schlimm, liess’ ich von dir daran mich [mahnen! Gern geb’ ich dir der höchsten Tugend Preis; in keiner andren Huth, als in der deinen, möcht’ ich die Lande wissen. – (mit feierlichem Entschluss) Gott allein soll jetzt in dieser Sache noch entscheiden.

Re (con vivacità) Iniquo sarei, se ti costringessi a [rammentarmelo! Sono pronto a riconoscerti il pregio della [massima virtù; sotto nessun’altra protezione che la tua vorrei sapere questa terra. (con solenne decisione) Soltanto Dio deve ora decidere in questo frangente.

Alle Männer Zum Gottesgericht! Zum Gottesgericht! [Wohlan!

Tutti gli uomini Al giudizio di Dio! Al giudizio di Dio! [Suvvia!

(Der König zieht sein Schwert und stösst es vor sich in die Erde.)

(Il Re sguaina la spada e la configge in terra dinanzi a sé.)

König Dich frag’ ich, Friedrich, Graf von Telramund! Willst du durch Kampf auf Leben und auf Tod

Re Domando a te, Federico, conte di Telramondo! Vuoi batterti per la vita e per la morte,

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im Gottesgericht vertreten deine Klage?

affidando la tua accusa alla prova del [giudizio di Dio?

Friedrich Ja!

Federico Sì!

König Und dich nun frag’ ich, Elsa von Brabant! Willst du, dass hier auf Leben und auf Tod im Gottesgericht ein Kämpe für dich streite?

Re Ora domando a te, Elsa di Brabante! Vuoi che qui si batta per te, per la vita e per [ la morte, un campione nel giudizio di Dio?

Elsa (ohne die Augen aufzuschlagen) Ja!

Elsa (senza aprire gli occhi) Sì!

König Wen wählest du zum Streiter?

Re Chi scegli a tuo difensore?

Friedrich (hastig) Vernehmet jetzt den Namen ihres Buhlen!

Federico (con veemenza) Ecco, ora udite il nome del suo amante!

Die Brabanter Merket auf!

I brabantini Attenzione!

(Elsa hat ihre Stellung und schwärmerische Miene nicht verlassen; Alles blickt mit Gespanntheit auf sie.)

(Elsa non ha abbandonato il suo atteggiamento e la sua espressione estatica. Tutti la stanno guardando con tensione.)

Elsa (fest) Des Ritters will ich wahren, er soll mein Streiter sein! (ohne sich umzublicken) Hört, was Gottgesandten ich biete für Gewahr: – in meines Vaters Landen die Krone trage er; mich glücklich soll ich preisen, nimmt er mein Gut dahin; – will er Gemahl mich heissen, geb’ ich ihm, was ich bin!

Elsa (con ferma ostinazione) Attendo con fermezza il cavaliere; in mia difesa egli combatterà! (senza guardare intorno a sé) Udite qual è il premio che offro in ricompensa all’inviato da Dio: nella terra di mio padre porti la corona; mi stimerò fortunata se accetterà i miei beni; – se vorrà chiamarmi mia sposa, gli dono tutta me stessa!

Alle Männer (für sich) Ein schöner Preis, stünd’ er in Gottes Hand! (unter sich) Wer um ihn stritt, wohl setzt’ er schweres [Pfand!

Tutti gli uomini (ciascuno tra sé) Un bel premio, se fossero le mani di Dio a [concederlo! (parlando tra loro) Chi combatte per ottenerlo, si fa carico di [un impegno terribile!

König Im Mittag hoch steht schon die Sonne: so ist es Zeit, dass nun der Ruf ergeh’!

Re Già alto è il sole, in questo mezzogiorno: è tempo, dunque, che suoni l’appello.

(Der Heerrufer tritt mit den vier Trompetern vor, die er den vier Himmelsgegenden zugewendet an die äussersten Gränzen des Ge-

(L’araldo viene in primo piano insieme con i quattro trombettieri. Egli fa avanzare ciascuno di essi verso uno dei quattro limiti estremi

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richtskreises vorschreiten und so den Ruf blasen lässt.)

della Corte di Giustizia, corrispondenti ai punti cardinali. Poi, l’araldo invita i trombettieri a suonare l’appello.)

Der Heerrufer Wer hier im Gotteskampf zu streiten kam

Araldo Chiunque sia qui venuto a battersi nel [giudizio di Dio per Elsa di Brabante, si faccia avanti! Si faccia avanti!

für Elsa von Brabant, der trete vor! Der trete vor! (Langes Stillschweigen. – Elsa, welche bisher in ununterbrochen ruhiger Haltung verweilt, zeigt entstehende Unruhe der Erwartung.)

(Lungo silenzio. – Elsa, che finora ha mantenuto ininterrottamente un atteggiamento tranquillo, mostra una crescente agitazione nell’attesa.)

Alle Männer Ohn’ Antwort ist der Ruf verhallt.

Tutti gli uomini Nessuno risponde all’appello.

Friedrich (auf Elsa deutend) Gewahrt, gewahrt, ob ich sie fälschlich [schalt?

Federico (indicando Elsa) Osservate, osservate! Dirà qualcuno ch’è [falsa la mia accusa?

Alle Männer Um ihre Sache steht es schlecht!

Tutti gli uomini Per lei si mette male!

Friedrich Auf meiner Seite bleibt das Recht!

Federico Il diritto è dalla mia parte!

Elsa (etwas näher zum König tretend) Mein lieber König, lass dich bitten, noch einen Ruf an meinen Ritter! (sehr unschuldig) Wohl weilt er fern und hört’ ihn nicht.

Elsa (avvicinandosi un poco al Re) Amato sovrano, lascia ch’io ti preghi: un appello, ancora, al mio cavaliere! (in tutta innocenza) Son certa ch’è lontano, e non ha udito.

König (zum Heerrufer) Noch einmal rufe zum Gericht.

Re (all’araldo) Chiama al giudizio, ancora una volta!

(Auf das Zeichen des Heerrufers richten die Trompeter sich wieder nach den vier Himmels-Gegenden.)

(Al cenno dell’araldo, i trombettieri si volgono di nuovo ai quattro punti cardinali.)

Der Heerrufer Wer hier im Gotteskampf zu streiten kam

Araldo Chiunque sia qui venuto a battersi nel [giudizio di Dio per Elsa di Brabante, si faccia avanti! Si faccia avanti!

für Elsa von Brabant, der trete vor! Der trete vor! (Wiederum langes, gespanntes Stillschweigen.)

(Di nuovo un lungo silenzio, carico di tensione.)

Die Männer In düst’rem Schweigen richtet Gott!

Gli uomini Dio giudica nel buio del suo silenzio.

(Elsa sinkt zu inbrünstigem Gebet auf die Knie. Die Frauen, in Besorgniss um ihre Herrin, treten etwas näher in den Vordergrund.)

(Elsa cade in ginocchio, chiusa nella preghiera che le nasce dall’intimo. Le donne, in ansia per la loro signora, si approssimano di più al proscenio.)

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Elsa Du trugest zu ihm meine Klage, zu mir trat er auf dein Gebot: – O Herr! Nun meinem Ritter sage, dass er mir helf’ in meiner Noth!

Elsa Tu gli hai trasmesso il mio lamento, per tuo volere egli venne a me: – Signore! Ora, di’ al mio cavaliere che mi aiuti in questo frangente!

Die Frauen (auf die Knie sinkend) Herr! Sende Hilfe ihr! Herr Gott! höre uns!

Le donne (cadendo in ginocchio) Signore! Aiutala! Signore Iddio! Ascoltaci!

Elsa (in wachsender Begeisterung) Lass mich ihn seh’n, wie ich ihn sah, (mit freudig verklärter Miene) wie ich ihn sah, sei er mir nah’!

Elsa (con crescente esaltazione) Fa’ ch’io lo veda come l’ho veduto, (con espressione illuminata dalla gioia) come l’ho veduto, così mi sia vicino!

(Den ersten Chor bilden die dem Ufer des Flusses zunächst stehenden Männer; sie gewahren zuerst die Ankunft Lohengrins, welcher in einem Nachen, von einem Schwan gezogen, auf dem Flusse in der Ferne sichtbar wird. Den zweiten Chor bilden die dem Ufer entfernter stehenden Männer im Vordergrunde, welche, ohne zunächst ihren Platz zu verlassen, mit immer regerer Neugier sich fragend an die dem Ufer näher Stehenden wenden; sodann verlassen sie in einzelnen Haufen den Vordergrund, um selbst am Ufer nachzusehen. )

(Il primo coro è costituito dagli uomini in posizione più vicina alla riva del fiume. Essi si accorgono per primi dell’arrivo di Lohengrin, che in lontananza sta diventando visibile sul fiume, entro una navicella trainata da un cigno. Il secondo coro è costituito dagli uomini, più lontani dalla riva, che sono collocati in primo piano. Costoro, in un primo tempo, non abbandonano il loro posto, ma poi si rivolgono con curiosità sempre più eccitata a quelli più vicini alla riva, e infine, a gruppi, lasciano il proscenio raggiungendo anch’essi la riva per osservare meglio.)

Die Männer Seht! Seht! Welch’ ein seltsam Wunder! [Wie? Ein Schwan?! Ein Schwan zieht einen Nachen dort heran! Ein Ritter drin hoch aufgerichtet steht. Wie glänzt sein Waffenschmuck! Das Aug’ [vergeht vor solchem Glanz!

Gli uomini Vedete? Vedete? Che strano prodigio! [Ma come? Un cigno? Un cigno traina qui una navicella! Dentro c’è un cavaliere, in piedi! Come splende la sua armatura! L’occhio [non regge a tanto fulgore!

(Hier ist Lohengrin in der Biegung des Flusses rechts hinter den Bäumen dem Auge des Publikums entschwunden: die Darstellenden jedoch sehen ihn rechts in der Scene immer näher kommen.)

(Agli occhi del pubblico, Lohengrin è scomparso in un meandro del fiume, a destra, dietro agli alberi. Ma gli astanti lo vedono avvicinarsi sempre più, sulla destra della scena.)

Einen Nachen? Wen führt er? Wie? Was? Wahrlich, ein Ritter ist’s! Welch’ seltsam Wunder! Seht, näher kommt er schon heran! An einer gold’nen Kette zieht der Schwan! Seht hin! Er naht!

Una navicella? Chi trasporta? Come? Che cosa? Sì, è un cavaliere! Che strano miracolo! Vedete… si avvicina sempre più! Il cigno lo trascina, legato a una catena d’oro! Guardate! Si avvicina!

(Auch die Letzten eilen hier noch nach dem Hintergrund; im Vordergrunde bleiben nur der König, Elsa, Friedrich, Ortrud und die Frauen. In höchster Ergriffenheit stürzen hier Alle nach vorn. Von seinem erhöhten Platze aus überblickt der König Alles: Friedrich und Ortrud sind durch Schreck und Staunen

(Anche gli ultimi, ora, si affrettano verso il fondo. Sul proscenio rimangono soltanto il Re, Elsa, Federico, Ortruda e le donne. Poi, al colmo dell’emozione, tutti si precipitano verso il proscenio. Dalla sua posizione elevata, il Re osserva ogni cosa. Federico e Ortruda sono irrigiditi

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gefesselt; Elsa, die mit steigender Entzückung den Ausrufen der Männer gelauscht hat, verbleibt in ihrer Stellung in der Mitte der Bühne; sie wagt gleichsam nicht sich umzublicken.)

dallo sconcerto e dallo stupore. Elsa è in uno stato di crescente esaltazione, eppure non le sono sfuggite le esclamazioni degli uomini. Senza mutare atteggiamento, ella resta al centro della scena, e non osa neppure guardarsi intorno.)

Alle Männer Ein Wunder, ein Wunder, ein Wunder ist [gekommen, ein unerhörtes, nie geseh’nes Wunder!

Tutti gli uomini Un miracolo, un miracolo…è avvenuto un [miracolo, un prodigio inaudito, mai veduto!

Die Frauen (auf die Knie sinkend) Dank, du Herr und Gott, der die Schwache [beschirmet!

Le donne (cadendo in ginocchio) Grazie a te, Signore e Dio, che proteggi la [debole donna!

(Hier wendet sich der Blick Aller wieder erwartungsvoll nach dem Hintergrunde.)

(Lo sguardo di tutti si volge di nuovo, carico d’attesa, verso il fondo.)

Dritte Scene Hier hat Elsa sich umgewandt und schreit bei Lohengrin’s Anblick laut auf.

Terza scena Elsa si è voltata e alla vista di Lohengrin lancia un grido.

Elsa Ha!

Elsa Ah!

(Der Nachen, vom Schwan gezogen, erreicht hier in der Mitte des Hintergrundes das Ufer; Lohengrin, in glänzender Silber-Rüstung, den Helm auf dem Haupte, den Schild im Rücken, ein kleines goldnes Horn zur Seite, steht, auf sein Schwert gelehnt, darin. – Friedrich blickt in sprachlosem Erstaunen auf Lohengrin hin. – Ortrud, die während des Gerichtes in kalter, stolzer Haltung verblieben, geräth bei dem Anblick des Schwanes in tödlichen Schreck. Alles entblösst in höchster Ergriffenheit das Haupt.)

(Sul fondo della scena, nel tratto centrale, la navicella, trainata dal cigno, raggiunge la sponda del fiume. Dentro si erge Lohengrin, in splendente armatura d’argento, l’elmo sul capo, lo scudo sulla schiena, un piccolo corno d’oro al fianco. Si appoggia alla sua spada. – Federico osserva Lohengrin con muto stupore. – Ortruda, che durante il giudizio aveva mantenuto un contegno gelido e superbo, alla vista del cigno è afferrata da un terrore mortale. Tutti, con la più intensa commozione, scoprono il capo.)

Alle Männer und Frauen Sei gegrüsst, du gottgesandter Held/Mann!

Tutti gli uomini, Tutte le donne Salute a te, eroe / uomo inviato da Dio!

(So wie Lohengrin die erste Bewegung macht, den Kahn zu verlassen, tritt bei Allen sogleich das gespannteste Schweigen ein.)

(Non appena Lohengrin fa il primo movimento per abbandonare la navicella, su tutti scende un silenzio carico di tensione.)

Lohengrin (mit einem Fuss noch im Nachen, neigt sich zum Schwan) Nun sei bedankt, mein lieber Schwan! Zieh’ durch die weite Fluth zurück, dahin, woher mich trug dein Kahn, kehr’ wieder nur zu uns’rem Glück: drum sei getreu dein Dienst gethan! Leb’ wohl! Leb’ wohl, mein lieber Schwan!

Lohengrin (con un piede ancora sulla navicella, si china verso il cigno) Grazie a te, mio caro cigno! Attraverso l’ampia distesa dei flutti, ritorna là donde mi ha portato la tua navicella! Ritorna, mira soltanto alla nostra felicità, e così fedelmente si compia il tuo servizio! Addio! Addio, mio caro cigno!

(Der Schwan wendet langsam den Nachen

(Il cigno volge lentamente la direzione della

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und schwimmt den Fluss zurück. Lohengrin sieht ihm eine Weile wehmüthig nach.)

navicella e, nuotando, si allontana dalla riva. Lohengrin lo osserva per un po’, con malinconia.)

Die Männer und Frauen (voll Rührung und im leisesten Flüsterton) Wie fasst uns selig süsses Grauen, welch holde Macht hält uns gebannt!

Gli uomini e le donne (pieni di commozione, sottovoce, sussurrando) Un dolce, santo brivido ci afferra! Quale amabile forza ci tiene avvinti!

(Hier verlässt Lohengrin das Ufer und schreitet langsam und feierlich nach dem Vordergrund.)

(Lohengrin si allontana dalla riva e procede lento e solenne verso il proscenio.)

Wie ist er schön und hehr zu schauen, den solch ein Wunder trug an’s Land!

Com’è bello a vedersi, come incede sovrano, colui che un simile prodigio portò alla [nostra terra!

Lohengrin (verneigt sich vor dem König) Heil, König Heinrich! Segenvoll mög’ Gott bei deinem Schwerte steh’n! Ruhmreich und gross dein Name soll von dieser Erde nie vergeh’n!

Lohengrin (s’inchina dinanzi al Re) Salute, re Enrico! Propizio e presente sia Dio accanto alla tua spada! Glorioso e grande, il tuo nome mai svanisca da questa terra!

König Hab’ Dank! Erkenn’ ich recht die Macht, die dich in dieses Land gebracht, so nahst du uns von Gott gesandt?

Re Grazie! Perché io intenda quale sia la forza che in questa terra ti ha portato, dimmi: è per voler di Dio che ti avvicini a noi?

Lohengrin Zum Kampf für eine Magd zu steh’n, der schwere Klage angethan, bin ich gesandt. Nun lasst mich seh’n, ob ich zu recht sie treffe an! –

Lohengrin Mia missione, mio compito è scendere in [campo per una fanciulla gravemente accusata. È tempo che io veda se si fondi il mio impegno per lei su buon diritto. –

(Er wendet sich etwas näher zu Elsa.)

(Si volge un po’ più direttamente verso Elsa.)

So sprich denn, Elsa von Brabant: – wenn ich zum Streiter dir ernannt, willst du wohl ohne Bang’ und Grau’n dich meinem Schutze anvertrau’n?

Parla dunque, Elsa di Brabante: se mi hai chiamato a tua difesa, vuoi tu, senza timore o tremore, affidarti alla mia protezione?

(Elsa, die, seitdem sie Lohengnin erblickte, wie in Zauber regungslos festgebannt war, sinkt, wie durch seine Ansprache erweckt, in überwältigend wonnigem Gefühle zu seinen Füssen.)

(Elsa, perduta nella contemplazione di Lohengrin, era rimasta immobile come per forza d’incantesimo. Ora, come destata dalle parole di lui, cade ai suoi piedi, travolta da un irresistibile impulso d’amore.)

Elsa Mein Held, mein Retter! Nimm mich hin! Dir geb’ ich Alles, was ich bin!

Elsa Mio eroe, mio salvatore! Portami con te! Ti dono tutta me stessa.

Lohengrin (mit grösserer Wärme) Wenn ich im Kampfe für dich siege, willst du, dass ich dein Gatte sei?

Lohengrin (infiammandosi) Se duellando per te, riesco vincitore, vuoi che io sia tuo sposo?

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Elsa Wie ich zu deinen Füssen liege, geb’ ich dir Leib und Seele frei.

Elsa Come mi vedi giacere qui ai tuoi piedi, così ti dono il corpo e l’anima.

Lohengrin Elsa, soll ich dein Gatte heissen, soll Land und Leut’ ich schirmen dir, soll nichts mich wieder von dir reissen, musst Eines du geloben mir: – Nie sollst du mich befragen, noch Wissens Sorge tragen, woher ich kam der Fahrt, noch wie mein Nam’ und Art.

Lohengrin Elsa, se devo chiamarmi tuo sposo e difender la tua gente e la tua terra, se vuoi che nulla da te mi possa strappare, una cosa mi devi giurare: mai devi domandarmi o bramare o tentar di sapere il mio nome, né mai per quale via son giunto qui, né chi o che cosa io sia.

Elsa (leise, fast bewusstlos)

Elsa (sottovoce, quasi inconsapevole della proprie parole) Mai, signore, questa domanda potrà nascere [in me!

Nie, Herr, soll mir die Frage kommen! Lohengrin (gesteigert, sehr ernst) Elsa! hast du mich wohl vernommen? – (noch bestimmter) Nie sollst du mich befragen, noch Wissens Sorge tragen, woher ich kam der Fahrt, noch wie mein Nam’ und Art.

Lohengrin (con voce più alta, in tono molto grave) Elsa, davvero mi hai capito bene? – (in tono ancora più deciso) Mai devi domandarmi o bramare o tentar di sapere il mio nome, né mai per quale via son giunto qui, né chi o che cosa io sia.

Elsa (mit grosser Innigkeit zu ihm aufblickend)

als die an dich den Glauben raubt? Wie du mich schirmst in meiner Noth, so halt’ in Treu’ ich dein Gebot!

Elsa (lanciandogli uno sguardo con intima commozione) Mia difesa! Mio angelo! Mio salvatore fermamente convinto della mia innocenza! Quale colpevole dubbio sarebbe maggior [peccato del non aver fede assoluta in te? Come nel mio pericolo tu mi proteggi, così sono fedele al tuo comandamento!

Lohengrin (Elsa an seine Brust erhebend) Elsa! Ich liebe dich!

Lohengrin (sollevando Elsa al proprio petto) Elsa! Io t’amo!

(Beide verweilen eine Zeit lang in dieser Stellung.)

(Per un po’, rimangono in questa posizione.)

Die Männer und Frauen (leise und gerührt) Welch’ holde Wunder muss ich seh’n? Ist’s Zauber, der mir angethan?

Gli uomini e le donne (sottovoce, commossi) Quale miracolo devo vedere, quanta dolcezza! O forse mi soggioga un incantesimo?

(Lohengrin geleitet Elsa zum König und übergiebt sie dessen Huth.)

(Lohengrin accompagna Elsa dal re affidandola alla sua tutela.)

Ich fühl’ das Herze mir vergeh’n, schau’ ich den hehren, wonnenvollen Mann!

Quasi più non mi batte il cuore dinanzi al nobile fascino di quell’uomo.

(Lohengrin schreitet feierlich in die Mitte des Kreises.)

(Lohengrin avanza solennemente fino al centro dello spazio riservato al duello.)

Mein Schirm! Mein Engel! Mein Erlöser, der fest an meine Unschuld glaubt! Wie gäb’ es Zweifelschuld, die grösser,

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Lohengrin Nun hört! Euch,Volk und Edlen, mach’ ich [kund: frei aller Schuld ist Elsa von Brabant. Dass falsch dein Klagen, Graf von Telramund, durch Gottes Urtheil werd’ es dir bekannt!

Lohengrin Ora udite! A voi lo annuncio, popolo e [nobili: immune da ogni colpa è Elsa di Brabante. Falsa è la tua accusa, conte di Telramondo, e il giudizio di Dio te lo dimostrerà!

Brabantische Edle (heimlich zu Friedrich) Steh’ ab vom Kampf! Wenn du ihn wagst, zu siegen nimmer du vermagst. Ist er von höchster Macht geschützt, sag’, was dein tapf’res Schwert dir nützt? Steh’ ab vom Kampf! Wir mahnen dich in [Treu’! Dein harret Unsieg, bitt’re Reu’!

Nobili brabantini (segretamente a Federico) Rinuncia a duellare! Se l’osi, non potrai mai vincere. Una forza superiore lo protegge: che te ne fai della tua spada valorosa? Rinuncia! Ti avvertiamo, da uomini fedeli!

Friedrich (der unverwandt sein Auge forschend auf Lohengrin geheftet hat; heftig) Viel lieber todt als feig! Welch’ Zaubern dich auch hergeführt,

da ich zu lügen nie vermeint: Den Kampf mit dir drum nehm’ ich auf, und hoffe Sieg nach Rechtes Lauf!

Federico (che, rigido, ha fissato su Lohengrin il suo occhio indagatore; con veemenza) Molto meglio morto che vile! Quale che sia l’incantesimo che fin qui ti ha [guidato, straniero tanto ardito in apparenza, in nulla e per nulla mi tocca la tua ardita [minaccia, poiché mai pensai di mentire. Perciò m’impegno a duellare con te, e spero vittoria, come giustizia vuole!

Lohengrin Nun, König, ord’ne unsren Kampf!

Lohengrin Allora, Re, detta le regole alla nostra tenzone!

(Alles begiebt sich in die erste GerichtsStellung.)

(Tutti riprendono la primitiva disposizione della Corte di Giustizia.)

König So tretet vor zu drei für jeden Kämpfer, und messet wohl den Ring zum Streite ab!

Re Avanzate in tre per ogni combattente, e misurate bene il campo per la tenzone!

(Drei sächsische Edle treten für Lohengrin, drei brabantische für Friedrich vor; sie schreiten feierlich an einander vorüber und messen so den Kampfplatz ab; – als die sechs einen vollständigen Kreis gebildet haben, stossen sie die Speere in die Erde.)

(Tre nobili sassoni avanzano per Lohengrin, tre brabantini per Federico. Incedono con solennità, uno dopo l’altro in ciascuna terna, misurando lo spazio del combattimento. Dopo avere delimitato un cerchio completo, i sei uomini infiggono le lance nel terreno.)

Der Heerrufer (in der Mitte des Kampf-Ringes) Nun höret mich, und achtet wohl: den Kampf hier keiner stören soll! Dem Hage bleibet abgewandt, denn wer nicht wahrt des Friedens Recht, der Freie büss’ es mit der Hand, mit seinem Haupte büss’ es der Knecht!

Araldo (al centro dello spazio riservato al duello) Ora uditemi con la massima attenzione: nessuno, qui, turbi il combattimento! Mantenetevi al di fuori del recinto: chi non si mantenga neutrale rispetto alla [tenzone, se libero, paghi con il taglio della mano; se servo, con la testa!

Alle Männer Der Freie büss’ es mit der Hand, mit seinem Haupte büss’ es der Knecht!

Tutti gli uomini Il libero paghi con il taglio della mano, il servo con la testa!

Fremdling, der mir so kühn erscheint; dein stolzes Droh’n mich nimmer rührt,

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Sconfitta inevitabile, amaro pentimento!


Heerrufer Hört auch, ihr Streiter vor Gericht! Gewahrt in Treue Kampfes Pflicht! Durch bösen Zaubers List und Trug stört nicht des Urtheils Eigenschaft: – Gott richtet euch nach Recht und Fug, so trauet ihm, nicht eurer Kraft!

Araldo Udite anche voi, duellanti dinanzi al tribunale! Rispettate lealmente le regole della tenzone! Con astuzia e inganno di maligno incantesimo non turbate l’autentica equità del giudizio: – Dio vi giudica secondo diritto e giustizia: a lui affidatevi, non alla vostra forza!

Lohengrin und Friedrich (zu beiden Seiten ausserhalb des Kampfkreises stehend) Gott richte mich nach Recht und Fug! So trau’ ich ihm, nicht meiner Kraft!

Lohengrin e Federico (collocati alle due estremità dello spazio riservato alla tenzone, ma all’esterno) Dio mi giudichi secondo diritto e giustizia: in lui confido, non nella mia forza!

(Der König schreitet mit grosser Feierlichkeit in die Mitte vor.)

(Il re avanza con grande solennità, e si colloca nel mezzo.)

König Mein Herr und Gott, nun ruf’ ich dich,

Re Mio Signore e mio Dio, ora t’invoco

(Hier entblössen Alle das Haupt und lassen sich zur feierlichsten Andacht an.)

(A questo punto, tutti scoprono il capo, nel più solenne raccoglimento.)

dass du dem Kampf zugegen sei’st! Durch Schwertes Sieg ein Urtheil sprich, das Trug und Wahrheit klar erweist! Des Reinen Arm gieb Heldenkraft, des Falschen Stärke sei erschlafft: so hilf uns, Gott, zu dieser Frist, weil uns’re Weisheit Einfalt ist.

perché tu sia custodia e ausilio alla tenzone! La vittoria che la spada otterrà, esprima un [ giudizio che riveli inganno e verità! Da’ vigore d’eroe al braccio del puro, la forza del mentitore si mostri vana: aiutaci, Dio, in questo frangente, poiché la nostra saggezza è insipienza.

Elsa und Lohengrin Du kündest nun dein wahr’ Gericht, mein Gott und Herr, drum zag’ ich nicht!

Elsa e Lohengrin Ora tu riveli il tuo vero giudizio: perciò non ho timore, mio Signore e mio Dio.

Ortrud Ich baue fest auf seine Kraft, die, wo er kämpft, ihm Sieg verschafft.

Ortruda Ho ferma fiducia nella sua forza, che, ovunque egli combatta, gli assicura [vittoria.

Friedrich Ich geh’ in Treu’ vor dein Gericht! Herr Gott, nun verlass’ mein’ Ehre nicht!

Federico Con lealtà mi presento al tuo giudizio: Signore Iddio, non abbandonare il mio onore!

König Mein Herr und Gott usw.

Re Mio Signore e mio Dio, ora t’invoco ecc.

Der Heerrufer und alle Männer Des Reinen Arm gieb Heldenkraft, des Falschen Stärke sei erschlafft: so hilf uns, Gott, zu dieser Frist, weil uns’re Weisheit Einfalt ist! So künde nun dein wahr’ Gericht, du Herr und Gott, nun zög’re nicht!

L’Araldo e tutti gli uomini Da’ vigore d’eroe al braccio del puro, la forza del mentitore si mostri vana: aiutaci, Dio, in questo frangente, poiché la nostra saggezza è insipienza. Rivela ora il tuo vero giudizio: Signore e Dio, non indugiare!

Die Frauen Mein Herr und Gott! Seg’ne ihn!

Le donne Mio Signore e mio Dio, benedicilo!

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(Alle treten unter grosser, feierlicher Aufregung an ihre Plätze zurück; die sechs Kampfzeugen bleiben bei ihren Speeren dem Ringe zunächst, die übrigen Männer stellen sich in geringer Weite um ihn her. Elsa und die Frauen im Vordergrunde unter der Eiche beim Könige. Auf des Heerrufers Zeichen blasen die Trompeter den Kampfruf: – Lohengrin und Friedrich vollenden ihre Waffenrüstung. Der König zieht sein Schwert aus der Erde und schlägt damit dreimal auf den an der Eiche aufgehängten Schild. Erster Schlag. Lohengrin und Friedrich treten in den Ring. Zweiter Schlag. Sie legen den Schild vor und ziehen das Schwert. Dritter Schlag. Sie beginnen den Kampf: Lohengrin greift zuerst an. Hier streckt Lohengrin mit einem weitausgeholten Streiche Friedrich nieder. Friedrich versucht sich wieder zu erheben, taumelt einige Schritte zurück und stürzt zu Boden. Die Trompeter fallen auf das Zeichen des Heerrufers ein.)

(Tutti ritornano ai loro posti in grande, solenne eccitazione. I sei padrini rimangono ai margini dello spazio riservato al duello, accanto alle loro lance; gli altri uomini si schierano a breve distanza da esso. Elsa e le donne sono sul proscenio, sotto la quercia, vicino al Re. Al cenno dell’araldo, i trombettieri suonano l’appello alla tenzone: – Lohengrin e Federico, indossando le loro armature, completano la loro vestizione. Il Re estrae da terra la sua spada, e con essa batte tre volte sullo scudo appeso alla quercia. Primo colpo: Lohengrin e Federico entrano nello spazio riservato al duello. Secondo colpo: spingono in avanti lo scudo e sguainano la spada. Terzo colpo: cominciano il combattimento. Lohengrin attacca per primo. Lohengrin, con un abile colpo giunto a segno, stende a terra Federico. Federico tenta di rialzarsi, vacilla all’indietro di alcuni passi e si abbatte al suolo. I trombettieri suonano al cenno dell’araldo.)

Lohengrin (das Schwert auf Friedrich’s Hals setzend) Durch Gottes Sieg ist jetzt dein Leben [mein: – (von ihm ablassend) ich schenk’ es dir – mögst du der Reu’ es [weih’n!

Lohengrin (puntando la spada al collo di Federico) La vittoria è di Dio: ora la tua vita è mia: – (scostandosi da lui) io te la dono – possa tu consacrarla al [pentimento!

(Alle Männer nehmen ihre Schwerter wieder an sich und stossen sie in die Scheiden: die Kampfzeugen ziehen die Speere aus der Erde; der König nimmt seinen Schild von der Eiche. Alles stürzt jubelnd nach der Mitte und erfüllt so den vorherigen Kampfkreis. Elsa eilt auf Lohengrin zu.)

(Tutti gli uomini riprendono le proprie spade e le spingono nel fodero. I padrini estraggono da terra le lance. Il re toglie il suo scudo dalla quercia. Tutti si precipitano con grande gioia nel mezzo della scena, e così riempiono ciò che era stato lo spazio riservato al duello. Elsa corre verso Lohengrin.)

Männer und Frauen Sieg! Sieg! Sieg! Heil dir, Held!

Uomini e donne Vittoria! Vittoria! Vittoria! Sii benedetto, eroe!

König (sein Schwert ebenfalls in die Scheide stossend) Sieg! Sieg!

Re (anch’egli rinfoderando la spada nel fodero) Vittoria! Vittoria!

Elsa O fänd’ ich Jubelweisen, deinem Ruhme gleich, dich würdig zu preisen, an höchstem Lobe reich! In dir muss ich vergehen, vor dir schwind’ ich dahin, soll ich mich selig sehen, nimm Alles, was ich bin. (Sie sinkt an Lohengrin’s Brust.)

Elsa Potessi io intonare canti di giubilo pari alla tua gloria! Il mio plauso vorrebbe essere degno di ciò che sei, con i tuoi meriti eccelsi! Devo annullarmi in te, dinanzi a te mi sento scomparire; fammi, ti prego, interamente beata, prendi tutta me stessa. (Si abbandona sul petto di Lohengrin.)

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Der König und die Männer Ertöne, Siegesweise, dem Helden laut zum höchsten Preise! Ruhm deiner Fahrt, Preis deinem Kommen! Heil deiner Art, Schützer der Frommen! (in wachsender Begeisterung) Du hast gewahrt das Recht der Frommen! Preis deinem Kommen! Heil deiner Art! (in höchster Begeisterung) Dich nur besingen wir, dir schallen uns’re Lieder! Nie kehrt ein Held gleich dir zu diesen Landen wieder!

Il re e gli uomini Echeggia, canto di vittoria, echeggia con vigore, celebra l’eroe a sua lode suprema! Gloria al tuo viaggio, plauso al tuo avvento! Viva la tua stirpe, protettore dei pii! (con entusiasmo crescente) Tu hai difeso il diritto dei pii: plauso al tuo avvento! Viva la tua stirpe! (al colmo dell’entusiasmo) Te solo celebriamo, di te siano eco i nostri canti! Mai più ritornerà in questa terra un eroe simile a te!

Ortrud (den finstern Blick unverwandt auf Lohengrin gerichtet; wüthend) Wer ist’s, der ihn geschlagen? Durch den ich machtlos bin? Sollt’ ich vor ihm verzagen, wär’ all’ mein Hoffen hin?

Ortruda (lo sguardo cupo, fisso e immobile su Lohengrin; furente) Chi è costui che lo ha abbattuto? Costui dinanzi al quale io sono inerme? Dovrei sentirmi perduta in sua presenza? Non sarebbe perduta ogni mia speranza?

Die Frauen Wo fänd’ ich Jubelweisen, seinem Ruhme gleich, ihn würdig zu preisen, an höchstem Lobe reich! Du hast gewahrt das Recht der Frommen; Preis deinem Kommen! Heil deiner Fahrt!

Le donne Come intonare canti di gioia pari alla sua gloria? Il mio plauso vorrebbe essere degno di ciò ch’egli è, con i suoi meriti eccelsi! Tu hai difeso il diritto dei pii: plauso al tuo avvento! Gloria al tuo viaggio!

Lohengrin (Elsa von seiner Brust erhebend) Den Sieg hab’ ich erstritten durch deine Rein’ allein; nun soll, was du gelitten, dir reich vergolten sein!

Lohengrin (sollevando Elsa dal proprio petto) Ho conquistato in duello la vittoria grazie soltanto alla tua purezza; ora, ciò che hai sofferto ti sia ripagato con dovizia!

Elsa O fänd’ ich Jubelweisen usw.

Elsa Potessi io intonare canti di giubilo ecc.

Friedrich Weh’, mich hat Gott geschlagen, durch ihn ich sieglos bin! Am Heil muss ich verzagen! Mein Ruhm und Ehr’ ist hin!

Federico Sventura! Dio mi ha abbattuto, della vittoria, Lui mi ha privato! Sento ormai che per me non c’è salvezza! La mia fama, il mio onore… perduti!

(Friedrich sinkt zu Ortrud’s Füssen ohnmächtig zusammen.)

(Federico cade privo di sensi ai piedi di Ortruda.)

(Junge Männer erheben Lohengrin auf seinen Schild und Elsa auf den Schild des König’s, auf welchen zuvor mehrere ihre Mäntel gebreitet haben: so werden beide unter Jauchzen davongetragen.)

(Alcuni giovani sollevano Lohengrin sul suo scudo, ed Elsa sullo scudo del Re. Prima, sui due scudi, molti avevano disteso i propri mantelli. Così Elsa e Lohengrin sono portati via fra grida di giubilo.)

(Der Vorhang fällt.)

(Cala il sipario.)

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Lohengrin di Richard Wagner. Regia di Claus Guth, scene e costumi di Christian Schmidt, luci di Olaf Winter e coreografia di Volker Michl. Il nuovo allestimento creato per l’apertura della stagione scaligera 2012-13 ambienta le vicende di Lohengrin, misterioso cavaliere venuto dal nulla, tra strutture architettoniche coeve alla composizione dell’opera e scorci di natura.




ZWEITER AKT

ATTO SECONDO

Erste Scene Die Scene ist in der Burg von Antwerpen: im Hintergrunde der Palas, links im Vordergrunde die Kemenate (Frauenwohnung), rechts der Münster. Es ist Nacht. Ortrud und Friedrich, beide in dunkler knechtischer Tracht, sitzen auf den Stufen des Münsters: Friedrich finster in sich gekehrt, Ortrud die Augen unverwandt auf die hell erleuchteten Fenster des Palas gerichtet. – Aus dem Palas hört man jubelnde Musik.

Prima scena La scena raffigura la rocca di Anversa. Sullo sfondo, il palazzo. A sinistra, sul proscenio, la “Kemenate” (abitazione delle donne). A destra, la cattedrale. È notte. Ortruda e Federico, entrambi con la veste scura che si addice ai servi, sono seduti sui gradini della cattedrale. Federico, buio in volto, è chiuso in sé stesso; Ortruda, immobile, sta fissando le finestre del palazzo vivacemente illuminato. – Si ode musica festosa che giunge dal palazzo.

Friedrich (erhebt sich rasch) Erhebe dich, Genossin meiner Schmach! Der junge Tag darf hier uns nicht mehr seh’n.

Federico (si alza in piedi, di scatto) Alzati, compagna della mia vergogna! Il nuovo giorno non dovrà più vederci qui.

Ortrud (ohne ihre Stellung zu ändern) Ich kann nicht fort, hieher bin ich gebannt,

Ortruda (sempre fissa e immobile nella sua posizione) Non posso andar via, sono come in balìa di [un incantesimo; da questo splendore di festa del nostro [nemico, lasciami succhiare un veleno tremendo e [mortale, che ponga fine alla nostra vergogna, fine al [loro giubilo!

aus diesem Glanz des Festes unsres Feindes lass’ saugen mich ein furchtbar tödlich Gift, das unsre Schmach und ihre Freuden ende! Friedrich (finster vor Ortrud hintretend) Du fürchterliches Weib, was bannt mich noch in deine Nähe? (mit schnell wachsender Heftigkeit) Warum lass’ ich dich nicht allein, und fliehe fort, dahin, dahin, (schmerzlich) wo mein Gewissen Ruhe wieder fand’! (im heftigsten Ausbruch schmerzlicher Leidenschaft und Wuth) Durch dich musst’ ich verlieren mein’ Ehr’, all’ meinen Ruhm; nie soll mich Lob mehr zieren, Schmach ist mein Heldenthum! Die Acht ist mir gesprochen, zertrümmert liegt mein Schwert, mein Wappen ward zerbrochen, verflucht mein Vaterherd! Wohin ich nun mich wende, gebannt, gefehmt bin ich, dass ihn mein Blick nicht schände, flieht selbst der Räuber mich. Durch dich usw. O, hätt’ ich Tod erkoren, (fast weinend) da ich so elend bin! (in höchster Verzweiflung)

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Federico (tetro in volto, ponendosi di fronte a Ortruda) Terribile donna, quale magìa ancora [m’incatena vicino a te? (passando rapidamente a un tono sempre più violento) Perché non ti lascio sola, perché non me ne vado via, lontano, lontano, (doloroso) dove la mia coscienza trovi ancora sollievo! (con il più veemente tono di dolorosa passione e di furore) Per tua causa ho dovuto perdere il mio onore, tutta la mia fama; mai più, per me, rifulgerà la lode, oggetto di dispregio è il mio eroismo! Il bando mi è stato intimato: a terra, a pezzi, è la mia spada, spezzata è l’insegna del mio stemma, maledetto il focolare dei miei avi! Ovunque io mi volga, sono bandito, condannato senza appello; perché non lo contàmini il mio sguardo, persino il bandito da strada mi sfugge. Per tua causa ecc. Oh, mi fosse toccata la morte, (quasi piangendo) nel fondo della mia miseria! (al colmo della disperazione)


Mein’ Ehr’, mein’ Ehr’ hab’ ich verloren, mein’ Ehr’, mein’ Ehr’ ist hin!

Il mio onore, il mio onore ho perduto, il mio onore, il mio onore non è più!

(Er stürzt, von wüthendem Schmerz überwältigt, zu Boden.)

(Cade al suolo, sopraffatto dalla furia del dolore.)

(Musik aus dem Palas.)

(Musica dal palazzo.)

Ortrud (immer in ihrer ersten Stellung, während Friedrich sich erhebt) Was macht dich in so wilder Klage doch [vergeh’n?

Ortruda (sempre nella posizione di prima, mentre Federico si rialza) Che cos’è che ti fa scendere così in basso, [fino a questi lamenti incontrollati?

Friedrich Dass mir die Waffe selbst geraubt, (mit einer heftigen Bewegung) mit der ich dich erschlüg’!

Federico Che mi sia stata tolta persino l’arma (con uno scatto violento) con cui ucciderti!

Ortrud (mit ruhigem Hohn) Friedreicher Graf von Telramund, weshalb misstraust du mir?

Ortruda (con imperturbabile ironia) Conte di Telramondo, uomo di pace, perché non hai fiducia in me?

Friedrich Du fragst? War’s nicht dein Zeugniss, deine [Kunde, die mich bestrickt, die Reine zu verklagen? Die du im düstren Wald zu Haus, logst du

der Reinen, abzusteh’n, und dich zum Weib zu nehmen, weil du Radbod’s letzter Spross?

Federico Lo domandi? Non fu la tua testimonianza, [ciò che narrasti, che m’indusse ad accusare lei, la pura? Tu, che stai di casa nella buia foresta, non mi [hai forse mentito, dicendo di aver veduto con i tuoi stessi occhi, dal tuo selvaggio castello, compiersi il misfatto? Come proprio Elsa [aveva annegato il fratello nello stagno? Non hai forse [circuìto e lusingato il mio cuore ambizioso profetizzando che [presto l’antica stirpe principesca di Radbod sarebbe rifiorita e avrebbe di nuovo regnato [in Brabante? Non mi hai forse persuaso a rinunciare alla [mano di Elsa, la pura, e a sposare te, te, come discendente ultima di Radbod?

Ortrud (leise, doch grimmig) Ha, wie tödlich du mich kränkst! (laut) Dies Alles, ja, ich sagt’ und zeugt’ es dir!

Ortruda (sottovoce, ma in collera) Ah, quanto è mortale l’offesa che mi infliggi! (ad alta voce) Tutto questo, sì, ti dissi, e te ne diedi le prove!

Friedrich (sehr lebhaft) Und machtest mich, des’ Name hochgeehrt,

Federico (con forza, vivace) E non mi hai reso, forse, complice della tua [menzogna? Me, uomo dal nome onorato, la cui vita era modello d’ogni nobile virtù!

mir nicht, von deinem wilden Schlosse aus die Unthat habest du verüben seh’n? mit eig’nem Aug’, wie Elsa selbst den Bruder im Weiher dort ertränkt? Umstricktest du mein stolzes Herz durch die Weissagung nicht, bald würde Radbod’s alter Fürstenstamm von neuem grünen und herrschen in Brabant? Bewogst du so mich nicht von Elsa’s Hand,

des’ Leben aller höchsten Tugend Preis zu deiner Lüge schändlichen Genossen?

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Ortrud (trotzig) Wer log?

Ortruda (sfacciata, aggressiva) Chi ha mentito?

Friedrich Du! Hat nicht durch sein Gericht Gott mich dafür geschlagen?

Federico Tu! Non mi ha forse colpito per questo, Dio, con il suo giudizio?

Ortrud (mit fürchterlichem Hohne) Gott?

Ortruda (con terribile scherno) Dio?

Friedrich Entsetzlich! Wie tönt aus deinem Mund furchtbar der [Name!

Federico Orrendo! Come suona spaventoso, quel nome, nella [tua bocca!

Ortrud Ha, nennst du deine Feigheit Gott?

Ortruda Ah… la tua viltà, tu la chiami “Dio”?

Friedrich Ortrud!

Federico Ortruda!

Ortrud Willst du mir droh’n? Mir, einem Weibe, [droh’n? O Feiger! hättest du so grimmig ihm

Ortruda Vorresti minacciarmi? Me, una donna?

ihn schwächer als ein Kind!

Oh, vile! Se tu avessi minacciato con grinta [altrettanto feroce chi ora ti manda in rovina, ti saresti assicurato certezza di vittoria, [anziché vergogna! (lentamente) Ah, chi fosse capace di affrontarlo, lo [troverebbe più debole di un bimbo!

Friedrich Je schwächer er, desto gewalt’ger kämpfte Gottes Kraft!

Federico Quanto più debole egli è, con tanta maggior forza Dio ha lottato.

Ortrud Gottes Kraft? Ha, ha! Gieb hier mir Macht, und sicher zeig’ ich dir,

Ortruda Dio ha lottato? Ah, ah! Dammene la possibilità, qui e ora, e senza [fallo ti mostrerò quanto debole sia quel Dio che lo protegge.

gedroht, der jetzt dich in das Elend schickt, wohl hättest Sieg für Schande du erkauft! (langsam) Ha, wer ihm zu entgegnen wüsst’, der fänd’

welch’ schwacher Gott es ist, der ihn beschützt. Friedrich (von Schauer ergriffen, mit leiser, bebender Stimme) Du wilde Seherin, wie willst du doch geheimnissvoll den Geist mir neu berücken!

Federico (invaso da un brivido, con voce sommessa e tremante) Oh, feroce veggente, vuoi ancora stregare il [mio spirito, con le tue misteriose forze?

Ortrud (auf den Palas deutend, in dem das Licht verlöscht ist) Die Schwelger streckten sich zur üpp’gen [Ruh’; setz’ dich zur Seite mir! Die Stund’ ist da, wo dir mein Seherauge leuchten soll.

Ortruda (indicando il palazzo, in cui ogni luce è spenta) Quelli, dopo le gozzoviglie, si sono sdraiati e [riposano in disordine. Siediti al mio fianco! Proprio in quest’ora, il mio occhio di veggente ti deve illuminare.

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(Friedrich nähert sich Ortrud immer mehr und neigt sein Ohr aufmerksam zu ihr herab.)

(Federico si avvicina sempre più a Ortruda, e, attento, china l’orecchio verso di lei.)

Weisst du, wer dieser Held, den hier ein Schwan gezogen an das Land?

Tu sai chi sia questo eroe, che qui un cigno ha trascinato alla riva?

Friedrich Nein!

Federico No!

Ortrud Was gäbst du doch, es zu erfahren, wenn ich dir sag’, ist er gezwungen zu nennen wie sein Nam’ und Art, all’ seine Macht zu Ende ist, die mühvoll ihm ein Zauber leiht?

Ortruda Che cosa daresti per saperlo, se ti dico che costui, qualora fosse costretto a rivelare il suo nome e chi o che cosa egli sia, esaurirebbe tutta la sua forza acquisita con fatica, per via d’incantesimo?

Friedrich Ha! dann begriff ich sein Verbot.

Federico Ah, ora capisco la ragione del suo divieto!

Ortrud Nun hör’! Niemand hier hat Gewalt, ihm das Geheimniss zu entreissen, als die, der er so streng verbot, die Frage je an ihn zu thun.

Ortruda Ora, ascolta! Qui nessuno ha tanta forza da strappargli il segreto, nessuno se non colei cui egli tanto [severamente vietò di rivolgergli la domanda.

Friedrich So gält’ es, Elsa zu verleiten, dass sie die Frag’ ihm nicht erliess?

Federico Dunque, basterebbe indurre Elsa a non rinunciare a rivolgergli la domanda?

Ortrud Ha, wie begreifst du schnell und wohl!

Ortruda Ah, come afferri i concetti presto e bene!

Friedrich Doch wie soll das gelingen?

Federico Ma come riuscire a far questo?

Ortrud Hör’! – Vor Allem gilt’s von hinnen nicht zu flieh’n; drum schärfe deinen Witz! Gerechten Argwohn ihr zu wecken, tritt vor, (sehr bestimmt) klag’ ihn des Zaubers an, mit dem er das Gericht getäuscht!

Ortruda Ascolta: in primo luogo, non dobbiamo andarcene da qui: trova, perciò, un sottile pretesto. Per suscitare in lei un fondato sospetto, avvicinala, (molto decisa) accusalo dell’incantesimo con cui egli ha reso falso il giudizio.

Friedrich (mit fürchterlich wachsender innerer Wuth) Ha! Trug und Zaubers List! –

Federico (con furia interiore che cresce terribilmente) Ah… inganno, e astuzia d’incantesimo!

Ortrud Missglückt’s, so bleibt ein Mittel der Gewalt!

Ortruda Se questo non riesce, resta un mezzo: la violenza!

Friedrich Gewalt?

Federico Violenza?

Ortrud (ein wenig langsamer) Umsonst nicht bin ich in geheimsten Künsten tief erfahren;

Ortruda (un po’ più lentamente) Non a caso io ho profonda conoscenza delle arti più segrete:

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drum achte wohl was ich dir sage! Jed’ Wesen, das durch Zauber stark, wird ihm des Leibes kleinstes Glied entrissen nur, muss sich alsbald ohnmächtig zeigen, wie es ist!

perciò sii bene attento a quello che ti dico! Ogni essere la cui forza derivi da incantesimo, se gli si strappa anche il più piccolo membro del corpo, inevitabilmente si rivela, all’istante, impotente qual è in realtà.

Friedrich (sehr rasch) Ha, sprächst du wahr!

Federico (impetuoso) Ah, fosse vero quel che dici!

Ortrud (lebhaft) O hättest du im Kampf nur einen Finger ihm, ja, eines Finger’s Glied entschlagen, der Held – er war in deiner Macht!

Ortruda (vivace) Oh, se tu, nel duello, gli avessi strappato un solo dito, ma sì, il frammento di un dito, l’eroe… ecco, era in tuo potere!

Friedrich Entsetzlich! Ha, was lässest du mich hören! Durch Gott geschlagen wähnt’ ich mich: – (mit furchtbarer Bitterkeit) nun liess durch Trug sich das Gericht [bethören, – durch Zaubers List verlor mein’ Ehre ich!

Federico Orrendo! Che cosa mi fai udire! E io, che mi credevo colpito da Dio… (con tremenda amarezza) Dunque il giudizio si è fatto ingannare dalla [frode, e per astuzia d’incantesimo io ho perduto [l’onore! Ma allora, potrei vendicarmi della mia [vergogna, potrei provare la mia fedeltà? Sì, potrei spezzare l’inganno dell’amante, e riacquistare, intatto, il mio onore! Donna, tu che nella notte ho dinanzi ai miei [occhi, se ora m’inganni di nuovo, guai a te! Guai!

Doch meine Schande könnt’ ich rächen, bezeugen könnt’ ich meine Treu’? Des Buhlen Trug, ich könnt’ ihn brechen, und meine Ehr’ gewönn’ ich neu! O Weib, das in der Nacht ich vor mir seh’, – betrügst du jetzt mich noch, dann weh’ dir! [Weh’! Ortrud Ha, wie du rasest! Ruhig und besonnen! So lehr’ ich dich der Rache süsse Wonnen!

Ortruda Ah, quanta furia! Tranquillo! Ragiona! Vieni, ché t’insegno le dolci voluttà della [vendetta!

(Friedrich setzt sich langsam an Ortruds Seite nieder.)

(Lentamente, Federico si siede al fianco di Ortruda.)

Ortrud und Friedrich Der Rache Werk sei nun beschworen aus meines Busens wilder Nacht! Die ihr in süssem Schlaf verloren, wisst, dass für euch das Unheil wacht!

Ortruda e Federico Il potere della Vendetta sia ora invocato, sia evocato dalla notte selvaggia del mio petto! Voi, dolcemente smarriti nel sonno, sappiate che su voi veglia la Sventura!

(Hier öffnet sich in der Kemenate die Thüre zum Söller.)

(Nella “Kemenate” si apre la porta che dà sul balcone.)

Zweite Scene Elsa, in weissem Gewande, erscheint auf dem Söller; sie tritt an die Brüstung und lehnt den Kopf auf die Hand; Friedrich und Ortrud, ihr gegenüber auf den Stufen des Münsters sitzend.

Seconda scena Elsa, vestita di bianco, appare sul balcone. Si accosta al parapetto e appoggia la testa sulla mano. Di fronte a lei, seduti sui gradini d’accesso alla cattedrale, Federico e Ortruda.

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euch muss ich dankend sagen, wie sich mein Glück enthüllt!

Elsa A voi, aliti di vento, in cui, tante volte, triste, ho riversato il mio [lamento: a voi, grata, ora dico quanto è dolce la felicità che mi avvolge!

Ortrud Sie ist es!

Ortruda È lei!

Friedrich Elsa!

Federico Elsa!

Elsa Durch euch kam er gezogen, ihr lächeltet der Fahrt, auf wilden Meereswogen habt ihr ihn treu bewahrt.

Elsa Voi lo avete sospinto fin qui, avete favorito il suo viaggio; fedeli lo avete protetto sul mare, sul flutto selvaggio.

Ortrud Der Stunde soll sie fluchen, in der sie jetzt mein Blick gewahrt!

Ortruda Ella dovrà maledire l’ora in cui si accorgerà del mio sguardo.

Elsa Zu trocknen meine Zähren hab’ ich euch oft gemüht; wollt Kühlung nun gewähren der Wang’, in Lieb’ erglüht!

Elsa Quante volte, le mie lacrime avete dovuto asciugare! Date ora, vi prego, refrigerio alla guancia che arde d’amore!

Ortrud Hinweg! Entfern’ ein Kleines dich von hier!

Ortruda Via! Allontànati un poco da qui!

Friedrich Warum?

Federico Perché?

Ortrud Sie ist für mich – ihr Held gehöre dir!

Ortruda È riservata a me… a te tocca occuparti [del suo eroe.

(Friedrich entfernt sich und verschwindet im Hintergrunde.)

(Federico si allontana e scompare nel fondo della scena.)

Elsa Wollt Kühlung usw. In Liebe!

Elsa Date ora, vi prego, refrigerio alla guancia che arde d’amore! D’amore!

Ortrud (laut, mit klagendem Ausdruck) Elsa!

Ortruda (ad alta voce, in tono lamentoso) Elsa!

Elsa Wer ruft? Wie schauerlich und klagend ertönt mein Name durch die Nacht?

Elsa Chi chiama? Mi fa paura questo lamento che pronuncia il mio nome nella notte!

Ortrud Elsa! Ist meine Stimme dir so fremd? Willst du die Aermste ganz verläugnen,

Ortruda Elsa! Tanto estranea ti è la mia voce? Vuoi rinnegare interamente la più misera [fra tutte, quella che tu destini all’estrema rovina?

Elsa Euch Lüften, die mein Klagen so traurig oft erfüllt,

die du in’s fernste Elend schickst?

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Elsa Ortrud? – bist du’s? Was machst du hier, unglücklich Weib?

Elsa Ortruda? - Tu? Che cosa fai qui, infelice donna?

Ortrud “Unglücklich Weib!” – wohl hast du Recht so mich zu nennen! In ferner Einsamkeit des Waldes, wo still und friedsam ich gelebt, – was that ich dir? was that ich dir? Freudlos, das Unglück nur beweinend, das lang belastet meinen Stamm, – was that ich dir? was that ich dir?

Ortruda “Infelice donna!” Hai ben ragione di chiamarmi così! Nella foresta remota e solitaria dove sono vissuta in tranquilla pace che cosa ti ho fatto? che cosa ti ho fatto? Senza gioia, soltanto piangendo la sventura che da tempo opprime la mia stirpe, che cosa ti ho fatto? che cosa ti ho fatto?

Elsa Um Gott, was klagest du mich an? War ich es, die dir Leid gebracht?

Elsa Per Dio, di che cosa mi accusi? Fui forse io ad arrecarti dolore?

Ortrud Wie könntest du fürwahr mir neiden

der Mann, den du so gern verschmäht?

Ortruda Dimmi la verità: perché mai dovresti [invidiare la mia fortuna? Che proprio l’uomo da te [così volentieri respinto mi abbia scelta per moglie?

Elsa Allgüt’ger Gott! Was soll mir das?

Elsa Bontà di Dio! Che cosa significa questo?

Ortrud Musst’ ihn unsel’ger Wahn bethören, dich Reine einer Schuld zu zeih’n, – von Reu’ ist nun sein Herz zerrissen, zu grimmer Buss’ ist er verdammt.

Ortruda Se qualche follia indusse l’infelice a incolpare, te, innocente, d’un misfatto, ora è spezzato dal pentimento il suo cuore: a crudele penitenza è dannato.

Elsa Gerechter Gott!

Elsa Giusto Dio!

Ortrud O, du bist glücklich! – Nach kurzem, unschuldsüssem Leiden siehst lächeln du das Leben nur; von mir darfst selig du dich scheiden, mich schickst du auf des Todes Spur, – dass meines Jammers trüber Schein nie kehr’ in deine Feste ein!

Ortruda Oh, tu sei felice! Per breve tempo hai sofferto, confortata [dalla tua innocenza. Sorridendo, oramai, guardi alla vita. Beata come sei, puoi bene separarti da me e avviarmi lungo il sentiero della morte… così, il riflesso torbido della mia pena non si volterà indietro, a turbar la tua festa.

Elsa (sehr bewegt) Wie schlecht ich deine Güte priese, Allmächt’ger, der mich so beglückt, wenn ich das Unglück von mir stiesse, das sich im Staube vor mir bückt! – O nimmer! Ortrud! Harre mein! Ich selber lass’ dich zu mir ein!

Elsa (molto commossa) Non sarei degna della tua bontà, Onnipotente, che tanto mi hai resa felice, se io respingessi da me la sventura che così, nella polvere, dinanzi a me si piega. Oh, no! Mai! Ortruda, aspettami qui! Io stessa ti faccio entrare da me.

(Sie eilt in die Kemenate zurück. – Ortrud springt in wilder Begeisterung von den Stufen auf.)

(Elsa ritorna in fretta all’interno della “Kemenate”. – Ortruda balza in piedi dai gradini, scossa da selvaggia esaltazione.)

das Glück, dass mich zum Weib erwählt

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Ortrud Entweihte Götter! Helft jetzt meiner Rache! Bestraft die Schmach, die hier euch angethan! Stärkt mich im Dienst eurer heil’gen Sache!

Ortruda Dei profanati! Ora, aiutate la mia vendetta! Punite l’oltraggio che contro voi qui si compie! Date forza a me, pronta al servizio del [vostro sacro diritto! Annientate l’infame follia dei rinnegati!

Vernichtet der Abtrünn’gen schnöden [Wahn! Wodan! Dich Starken rufe ich! Freia! Erhab’ne, höre mich! Segnet mir Trug und Heuchelei, dass glücklich meine Rache sei!

Wotan! Te, forte dio, invoco! Freia! Dea sublime, ascoltami! Benefici, in me infondete inganno e ipocrisia: e vada così a buon fine la mia vendetta!

Elsa (noch ausserhalb) Ortrud, wo bist du?

Elsa (ancora da fuori scena) Ortruda, dove sei?

(Elsa und zwei Mägde mit Lichten treten aus der unteren Thür auf.)

(Elsa e due ancelle, con lumi, escono dalla porta inferiore.)

Ortrud (sich demüthig vor Elsa niederwerfend) Hier, zu deinen Füssen.

Ortruda (gettandosi ai piedi di Elsa) Qui, ai tuoi piedi.

Elsa (bei Ortrud’s Anblick erschreckt zurücktretend) Hilf Gott! So muss ich dich erblicken,

Elsa (vedendo Ortruda, arretra con raccapriccio)

die ich in Stolz und Pracht nur sah! Es will das Herze mir ersticken, seh’ ich so niedrig dich mir nah! Steh’ auf! O, spare mir dein Bitten! Trugst du mir Hass – verzieh ich dir; was du schon jetzt durch mich gelitten, das, bitte ich, verzeih’ auch mir!

Dio mi aiuti! Devo vederti con questo tuo [aspetto, te che vidi soltanto in orgoglioso fasto! Mi si stringe il cuore, se ti vedo a tal punto umiliata accanto a me! Alzati! Oh, risparmiami le tue preghiere! Se in te c’è stato odio per me… ti perdono; ciò che hai sofferto per causa mia, ti prego, a me perdonalo a tua volta!

Ortrud O habe Dank für so viel Güte!

Ortruda Oh, grazie di tanta bontà!

Elsa Der morgen nun mein Gatte heisst, anfleh’ ich sein liebreich Gemüthe, dass Friedrich auch er Gnad’ erweist.

Elsa Supplicherò l’amabile indole di colui che domani si chiamerà mio sposo, sì che anche a Federico conceda grazia.

Ortrud Du fesselst mich in Dankes Banden!

Ortruda Mi incateni nei lacci della gratitudine!

Elsa (mit immer gesteigerter heiterer Erregtheit) In Früh’n lass mich bereit dich seh’n, – geschmückt mit prächtigen Gewanden sollst du mit mir zum Münster geh’n: Dort harre ich des Helden mein, (freudig stolz) vor Gott sein Eh’gemahl zu sein. (selig entzück) Sein Eh’gemahl!

Elsa (con animazione sempre più vivace e più lieta) Fa’ ch’io ti veda pronta di buon’ora,… móstrati bella in splendide vesti, se ti dico di andare con me alla cattedrale; là attendo il mio eroe, (con gioioso orgoglio) per essere, dinanzi a Dio, la sua sposa… (rapita in estasi beata) Sua sposa!

Ortrud Wie kann ich solche Huld dir lohnen,

Ortruda Come posso ricambiare tanta grazia,

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da machtlos ich und elend bin? Soll ich in Gnaden bei dir wohnen, stets bleibe ich die Bettlerin! (immer näher zu Elsa tretend) Nur eine Macht ist mir geblieben, sie raubte mir kein Machtgebot; – durch sie vielleicht schütz’ ich dein Leben, bewahr’ es vor der Reue Noth.

io, inerme e misera qual sono? Pur se con benevolenza mi accogliessi nella [tua casa, resterei sempre una mendicante! (avvicinandosi sempre più a Elsa) Soltanto una forza mi è rimasta, nessun decreto e sentenza me l’ha sottratta… con essa, forse, proteggo la tua vita, la preservo dal tormento del pentimento.

Elsa (unbefangen und freundlich) Wie meinst du?

Elsa (con ingenua amabilità) Che cosa vuoi dire?

Ortrud (heftig) Wohl dass ich dich warne, (sich mässigend) zu blind nicht deinem Glück zu trau’n,

Ortruda (con impeto) È bene ch’io ti ammonisca (controllandosi) di non confidare troppo ciecamente nella [tua fortuna; fa’ sì che una sventura non t’imprigioni [nella sua rete. Lascia che, per il tuo bene, io protegga il tuo [futuro.

dass nicht ein Unheil dich umgarne, lass mich für dich zur Zukunft schau’n. Elsa (mit heimlichem Grauen) Welch’ Unheil?

Elsa (con un brivido segreto) Quale sventura?

Ortrud (sehr geheimnissvoll) Könntest du erfassen, wie dessen Art so wundersam, der nie dich möge so verlassen, wie er durch Zauber zu dir kam.

Ortruda (in tono di profondo mistero) Se tu potessi comprendere la sua così strana natura! Sì che non ti possa abbandonare per incantesimo, così com’è venuto.

(Elsa, von Grausen erfasst, wendet sich unwillig ab; voll Trauer und Mitleid wendet sie sich dann wieder zu Ortrud.)

(Elsa, inorridita, si ritrae da Ortruda con disgusto. Poi, rattristata e piena di commiserazione, si rivolge di nuovo alla donna.)

Elsa Du Aermste kannst wohl nie ermessen, wie zweifellos mein Herze liebt? Du hast wohl nie das Glück besessen, das sich uns nur durch Glauben giebt? (freundlich) Kehr’ bei mir ein! Lass’ mich dich lehren, wie süss die Wonne reinster Treu’! Lass’ zu dem Glauben dich bekehren: es giebt ein Glück, das ohne Reu’!

Elsa Tu, povera infelice, come potresti misurare la certezza con cui il mio cuore ama? Hai tu mai provato la felicità che la fede, la fede soltanto ci concede? (amabile, in tono di amicizia) Vieni, volgiti a me! Lascia ch’io ti insegni quanto sia dolce la gioia della più pura [devozione! Lascia che alla fede io ti converta! Esiste una felicità… che di sé mai si pente!

Ortrud (für sich) Ha! dieser Stolz, er soll mich lehren, wie ich bekämpfe ihre Treu’! Gen ihn will ich die Waffen kehren, durch ihren Hochmuth werd’ ihr Reu’!

Ortruda (tra sé) Ah! Questo mio orgoglio m’insegnerà come sconfiggere la sua fedeltà! Contro di lui rivolgerò le armi; ella avrà di che pentirsi della sua alterigia.

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Elsa Lass’ mich dich lehren usw.

Elsa Lascia ch’io ti insegni ecc.

(Ortrud, von Elsa geleitet, tritt mit heuchlerischem Zögern durch die kleine Pforte ein; die Mägde leuchten voran und schliessen, nachdem Alle eingetreten. Erstes Tagesgrauen. Friedrich tritt aus dem Hintergrunde vor.)

(Ortruda, accompagnata da Elsa e fingendo, con ipocrisia, esitazione, entra per la porticina. Le ancelle precedono facendo luce, e chiudono la porta dopo che tutte le donne sono entrate. Primo chiarore dell’alba. Dal fondo della scena, viene avanti Federico.)

Friedrich So zieht das Unheil in dies Haus! – Vollführe,Weib, was deine List ersonnen;

der Räuber meiner Ehre soll vergeh’n!

Federico Così entra, in questa casa, la sventura! Donna, ciò che la tua astuzia ha inventato, [portalo a compimento! Non ho la forza di arrestare la tua opera. La sventura ha origine dalla mia caduta: voi, che mi avete condotto fino a questo punto, ora siate voi a precipitare! Un solo dovere incombe su di me, e mi [ammonisce: il ladro del mio onore dovrà perire!

(Friedrich, nachdem er den Ort erspäht, der ihn vor dem Zulaufe des Volkes am günstigsten verbergen könnte, tritt hinter einen Mauervorsprung des Münsters.)

(Federico, dopo avere individuato il luogo che meglio lo potrebbe celare dall’accorrere di una gran folla di popolo, s’insinua dietro una sporgenza di muro della cattedrale.)

Dritte Scene Allmächlicher Tagesanbruch. Zwei Wächter blasen vom Thurm das Morgenlied; von einem entfernteren Thurme hört man antworten. Während die Thürmer herabsteigen und das Thor erschliessen, treten aus verschiedenen Richtungen der Burg Dienstmannen auf, begrüssen sich, gehen ruhig an ihre Verrichtungen u.s.w. Einige schöpfen am Brunnen in metallenen Gefässen Wasser, klopfen an der Pforte des Palas und werden damit eingelassen. Die Pforte des Palas öffnet sich von Neuem, die vier Trompeter des König’s schreiten heraus und blasen den Ruf. Die Trompeter treten in den Palas zurück. Die Dienstmannen haben die Bühne verlassen. Von hier treten die Edlen und Burgbewohner, theils vom Stadtweg, theils aus den verschiedenen Gegenden der Burg her kommend, nach und nach immer zahlreicher auf.

Terza scena A poco a poco, sta sorgendo il giorno. Dalla torre, due guardiani suonano un motivo: il canto del mattino. Si ode la risposta che altri inviano da una torre più lontana. Mentre i guardiani della torre scendono e aprono il portone, arrivano dalla rocca, giungendo da varie direzioni, alcuni servi, i quali si salutano, si avviano tranquillamente alle loro faccende ecc. Alcuni attingono acqua alla fontana in recipienti di metallo, bussano alla porta del palazzo e sono fatti entrare. La porta del palazzo si apre di nuovo. Ne escono i quattro trombettieri del Re, e suonano l’appello. I trombettieri rientrano nel palazzo. Nel frattempo, i servi hanno abbandonato la scena. Da questo momento in poi, entrano in scena, sempre più numerosi, i nobili e gli abitanti della rocca. Essi vengono in parte dalla via principale, in parte dalle diverse zone della rocca.

Die Edlen und Männer In Früh’n versammelt uns der Ruf, gar viel verheisset wohl der Tag! Der hier so hehre Wunder schuf, manch’ neue That vollbringen mag.

I nobili e gli uomini L’appello suona di buon’ora: questa sarà una gran giornata. L’autore di così nobili prodigi, oggi forse nuove imprese compirà.

dein Werk zu hemmen fühl’ ich keine Macht. Das Unheil hat mit meinem Fall begonnen, – nun stürzet nach, die mich dahin gebracht! Nur Eines seh’ ich mahnend vor mir steh’n:

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Gewiss! Manch’ kühne That vollbringt er heut’!

Certo! Altre ardite imprese compirà!

(Der Heerrufer schreitet aus dem Palas, die vier Trompeter ihm voran. Alle wenden sich in lebhafter Erwartung dem Hintergrunde zu.)

(L’araldo esce dal palazzo, preceduto dai quattro trombettieri. Tutti si volgono verso il fondo della scena, in atteggiamento di vivissima attesa.)

Der Heerrufer (auf der Höhe vor der Pforte des Palas)

Araldo (davanti al portale del palazzo, parlando da un piccolo palco) Vi rendo nota la parola del Re, che [annuncia la sua volontà: perciò, siate attenti a ciò che egli vi dice [tramite la mia voce! Federico di Telramondo è bandito, poiché si è macchiato di slealtà [nell’affrontare il giudizio di Dio: – chi ancora di lui si prende cura, chi fa lega [con lui, secondo il diritto del Regno è colpito dallo [stesso bando.

Des König’s Wort und Will’ thu’ ich euch [kund; drum achtet wohl, was euch durch mich er [sagt! In Bann und Acht ist Friedrich Telramund, weil untreu er den Gotteskampf gewagt: – wer sein noch pflegt, wer sich zu ihm gesellt, nach Reiches Recht derselben Acht verfällt. Die Edlen und Männer Fluch ihm! Fluch ihm, dem Ungetreuen, den Gottes Urtheil traf! Ihn soll der Reine scheuen, es flieh’ ihn Ruh’ und Schlaf! usw.

I nobili e gli uomini Sia maledetto! Sia maledetto lo sleale colpito dal giudizio di Dio! Non gli si avvicini chiunque sia puro, pace e sonni tranquilli fuggano via da lui! Sia maledetto ecc.

(Beim Rufe der Trompeten sammelt sich das Volk schnell wieder zur Aufmerksamkeit.)

(All’appello delle trombe, il popolo si raccoglie di nuovo in ascolto.)

Der Heerrufer Und weiter kündet euch der König an, dass er den fremden, gottgesandten Mann,

Araldo Inoltre, il Re vi annuncia ch’egli concede la terra e la corona di [Brabante allo straniero, inviato da Dio, che Elsa desidera come suo sposo. Ma l’eroe non vuole il titolo di duca…

den Elsa zum Gemahle sich ersehnt, mit Land und Krone von Brabant belehnt. Doch will der Held nicht Herzog sein [genannt, – ihr sollt ihn heissen: Schützer von Brabant!

dovete chiamarlo: Protettore di Brabante!

Die Edlen und Männer Hoch, hoch der ersehnte Mann! Heil ihm, den Gott gesandt! Treu sind wir unterthan dem Schützer von Brabant!

I nobili e gli uomini Viva, viva l’uomo che appaga i nostri desideri! Viva colui che Dio ha inviato! Fedeli ci sottomettiamo al Protettore di Brabante!

(Neuer Ruf der Trompeter.)

(Nuovo appello dei trombettieri.)

Der Heerrufer Nun hört, was Er durch mich euch sagen [lässt: – Heut’ feiert er mit euch sein Hochzeitsfest, –

Araldo Ora udite ciò che egli, attraverso la mia [voce, vi comunica: oggi egli celebra con voi la sua cerimonia [nuziale, ma domani dovrete radunarvi armati, pronti [alla battaglia, disposti a fare parte delle schiere al [comando del Re;

doch morgen sollt ihr kampfgerüstet nah’n, zur Heeresfolg’ dem König unterthan;

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er selbst verschmäht der süssen Ruh’ zu [pflegen, (mit Wärme) er führt euch an zu hehren Ruhmes Segen.

egli disdegna di concedersi un dolce riposo,

(Der Heerrufer geht nach einiger Zeit mit den vier Trompetern in den Palas zurück.)

(con calore) e vi guida alla benedizione che riceverete da [nobile gloria. (Poco dopo, l’araldo rientra nel palazzo con i quattro trombettieri.)

Die Edlen und Männer (mit Begeisterung) Zum Streite säumet nicht, auf, führt euch der Hehre an! Wer muthig mit ihm ficht, dem lacht des Ruhmes Bahn! Gott hat ihn gesandt zur Grösse von Brabant!

I nobili e gli uomini (con entusiasmo) Orsù, non indugiate nel correre a combattere, vi guida un uomo nobile e onorato. A chi valoroso combatte al suo fianco, sorride la via della gloria. Dio lo ha inviato per la grandezza di Brabante!

(Während das Volk freudig durcheinander wogt, treten im Vordergrunde vier Edle, Friedrich’s sonstige Lehnsmannen, zusammen.)

(Mentre il popolo fluttua come un’onda, in un lieto e vicendevole scambio di considerazioni, sul proscenio s’incontrano quattro nobili, già partigiani di Federico.)

Der dritte Edle Nun hört, dem Lande will er uns entführen!

Il terzo nobile Avete udito? Ci vuole strappare via dalla [nostra terra!

Der zweite Edle Gen einen Feind, der uns noch nie bedroht?

Il secondo nobile Contro un nemico… e quel nemico, quando [mai ci ha minacciati?

Der vierte Edle Solch kühn Beginnen sollt’ ihm nicht [gebühren.

Il quarto nobile Ha cominciato partendo da richieste un po’ [eccessive… non dovrebbe essergli concesso!

Der erste Edle Wer wehret ihm, wenn er die Fahrt gebot?

Il primo nobile E se egli ordina un simile spedizione, chi gli [si oppone?

Friedrich (ist unhemerkt unter sie getreten) Ich!

Federico (mentre nessuno lo notava, si è fatto avanti fra loro) Io!

(Er enthüllt sein Haupt; sie fahren entsetzt zurück.)

(Si scopre il capo: essi fanno un balzo indietro, atterriti.)

Die vier Edlen Ha! Wer bist du? Friedrich! Seh’ ich recht? Du wagst dich her, zur Beute jedem Knecht?

I quattro nobili Ah! Chi sei? Federico? Vedo bene? Osi venire qui, tu, alla mercé di un qualsiasi [servo?

Friedrich Gar bald will ich wohl weiter noch mich wagen, vor euren Augen soll es leuchtend tagen!

Federico Tra poco, voglio osare ancor più: ai vostri occhi deve farsi luce, illuminarsi a [giorno! Colui che, temerario a tal punto, ha ordinato [la partenza dell’esercito, sarà da me accusato di frode a danno di Dio.

Der euch so kühn die Heerfahrt angesagt, der sei von mir des Gottestrug’s beklagt!

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Die vier Edlen Was hör’ ich? Rasender! Was hast du vor? Verlor’ner du, hört dich des Volkes Ohr!

I quattro nobili Che cosa sento? Sei impazzito? Che [intenzioni hai? Se l’orecchio del popolo ti ascolta, sei [perduto!

(Sie drängen Friedrich nach dem Münster, wo sie ihn vor dem Blicke des Volkes zu verbergen suchen. Vier Edelknaben treten aus der Thür der Kemenate auf den Söller, laufen munter den Hauptweg hinab und stellen sich vor dem Palas auf der Höhe auf. Das Volk, das die Knaben gewahrt, drängt sich mehr nach dem Vordergrund.)

(Sospingono Federico fino alla cattedrale, dove cercano di nasconderlo agli sguardi del popolo. Quattro paggi, spuntando dalla porta della “Kemenate”, escono sul balcone, scendono correndo con allegria lungo la via principale, e si dispongono sul rialzo davanti al palazzo. Il popolo, che si è accorto dei ragazzi, si raccoglie stringendosi sempre più verso il proscenio.)

Vier Edelknaben (auf der Höhe vor dem Palas) Macht Platz! Macht Platz für Elsa, uns’re [Frau: die will in Gott zum Münster geh’n.

Quattro paggi (sul rialzo davanti al palazzo) Fate largo! Fate largo per Elsa, la nostra [signora: sta per far visita a Dio nella cattedrale.

(Sie schreiten nach vorn, indem sie durch die eilig zurückweichenden Edlen eine breite Gasse bis zu den Stufen des Münsters bilden, wo sie dann sich selbst aufstellen. Vier andere Edelknaben treten gemessen und feierlich aus der Thür der Kemenate auf den Söller und stellen sich daselbst auf, um den Zug der Frauen, den sie erwarten, zu geleiten.)

(Procedono verso il proscenio, aprendosi un ampio varco attraverso la schiera dei nobili, fino ai gradini della cattedrale, dove poi si dispongono. Altri quattro paggi, con passo misurato e solenne, escono dalla porta della “Kemenate” sul balcone, e sul balcone stesso si dispongono per accompagnare il corteo delle donne che essi attendono.)

Vierte Scene Ein langer Zug von Frauen in prächtigen Gewändern schreitet langsam aus der Pforte der Kemenate auf den Söller; er wendet sich links auf dem Hauptwege am Palas vorbei und von da wieder nach vorn dem Münster zu, auf dessen Stufen die zuerstgekommenen sich aufstellen. Elsa tritt im Zuge auf; – die Edlen entblössen ehrfurchtsvoll die Häupter.

Quarta scena Un lungo corteo di donne in splendide vesti viene avanti lentamente dalla porta della “Kemenate” sul balcone; piega a sinistra sulla via principale accanto al palazzo, e da qui di nuovo si dirige verso il proscenio davanti alla cattedrale, sui cui gradini si dispongono le donne arrivate per prime. Entra Elsa, che fa parte del corteo; – i nobili scoprono il capo con reverenza.

Die Edlen und Männer Gesegnet soll sie schreiten, die lang’ in Demuth litt; Gott möge sie geleiten, Gott hüte ihren Schritt!

I nobili e gli uomini Sia benedetto l’incedere di colei che soffrì in umiltà; Dio la accompagni, Dio protegga il suo passo!

(Die Edlen, die unwillkürlich die Gasse wieder vertreten hatten, weichen hier vor den Edelknaben auf’s Neue zurück , welche dem Zuge, da er bereits vor dem Palas angekommen ist, Bahn machen. Hier ist Elsa auf der Erhöhung vor dem Palas angelangt. Die Gasse ist wieder offen, Alle können Elsa sehen, welche eine Zeit lang verweilt.)

(I nobili, che inavvertitamente hanno ancora occupato il varco, indietreggiano di nuovo al passaggio dei paggi che aprono la strada al corteo, giunto oramai presso la facciata del palazzo. Elsa ha raggiunto il rialzo davanti al palazzo. Il varco è di nuovo aperto. Tutti possono vedere Elsa, che indugia per qualche istante.)

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Sie naht, die Engelgleiche, von keuscher Gluth entbrannt!

Si avvicina, l’angelica, infiammata di casto ardore!

(Von hier an schreitet Elsa aus dem Hintergrunde langsam nach vorn durch die Gasse der Männer.)

(Elsa avanza lentamente dal fondo della scena verso il proscenio, attraverso il varco offerto dagli uomini.)

Heil dir, o Tugendreiche! Heil Elsa von Brabant!

Salute a te, piena di virtù! Salute a Elsa di Brabante!

Frauen und Edelknaben Heil dir! Gesegnet sollst du schreiten usw.

Donne e paggi Salute a te! Sia benedetto l’incedere ecc.

(Hier sind, ausser den Edelknaben, auch die vordersten Frauen bereits auf der Treppe des Münsters angelangt, wo sie sich aufstellen, um Elsa den Vortritt in die Kirche zu lassen. Als Elsa den Fuss auf die zweite Stufe des Münsters setzt, tritt Ortrud, welche bisher unter den letzten Frauen des Zuges gegangen, heftig hervor, schreitet auf dieselbe Stufe und stellt sich so Elsa entgegen.)

(A questo punto, eccettuati i paggi, anche le donne procedenti alla testa del corteo hanno già raggiunto la scalinata della cattedrale, dove esse si dispongono in modo tale da permettere a Elsa di entrare nella chiesa. Quando Elsa pone il piede sul secondo gradino della cattedrale, Ortruda, che finora è rimasta fra le ultime donne del corteo, si fa avanti con impeto, sale sul medesimo gradino sì da fronteggiare da vicino Elsa.)

Ortrud Zurück, Elsa! Nicht länger will ich dulden, dass ich gleich einer Magd dir folgen soll! Den Vortritt sollst du überall mir schulden, vor mir dich beugen sollst du demuthsvoll!

Ortruda Indietro, Elsa! Non sopporterò più a lungo di doverti seguire come una serva! Ovunque mi devi cedere il passo, dinanzi a me devi inchinarti umilmente!

Die Edelknaben und Männer Was will das Weib? Zurück!

I paggi e gli uomini Che cosa vuole quella donna? Indietro!

Elsa (heftig erschrocken) Um Gott! Was muss ich seh’n!

Elsa (vivamente colpita) In nome di Dio! Che cosa devo vedere!

(Ortrud wird von ihnen nach der Mitte der Bühne zurückgedrängt.)

(I paggi respingono Ortruda nel mezzo della scena.)

Welch’ jäher Wechsel ist mit dir gescheh’n?

Perché questo tuo mutamento improvviso?

Ortrud Weil eine Stund’ ich meines Werths [vergessen, glaubest du, ich müsste dir nur kriechend [nah’n? Mein Leid zu rächen will ich mich [vermessen, (mit grosser Kraft) was mir gebührt, das will ich nun empfah’n!

Ortruda Sì, ho dimenticato il mio valore, ma per [un’ora soltanto: dovrei avvicinarmi a te strisciando? Voglio misurarmi per quanto valgo nel [vendicare il mio dolore, (con grande veemenza) voglio che mi sia dato ciò che mi spetta!

(Lebhaftes Staunen und Bewegung Aller.)

(Vivo stupore e generale agitazione.)

Elsa Weh’, liess ich durch dein Heucheln mich [verleiten, die diese Nacht sich jammernd zu mir stahl?

Elsa Ahimé! Così, mi sono lasciata fuorviare [dalla tua ipocrisia? E tu, che questa notte mi hai circuita con le [tue suppliche!

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Wie willst du nun in Hochmuth vor mir [schreiten, – du eines Gottgerichteten Gemahl!

E ora tu, gonfia di orgoglio, come puoi [vantarti superiore a me, tu sposa di un condannato da Dio?

Ortrud (mit dem Anschein tiefer Gekränktheit und stolz) Wenn falsch Gericht mir den Gemahl [verbannte, war doch sein Nam’ im Lande hoch geehrt;

Ortruda (con l’atteggiamento di una donna superba che si senta gravemente offesa) Quando un falso giudizio condannò al [bando il mio consorte, il suo nome era altamente onorato in questo [paese; quando lo chiamavano “l’onore di ogni virtù”, ben conosciuta e temuta era la sua valorosa [spada. Il tuo uomo, di’, chi potrebbe conoscerlo, se tu stessa non puoi neppure chiamarlo con [il suo nome?

als aller Tugend Preis man ihn nur nannte, gekannt, gefürchtet war sein tapfres [Schwert. Der Deine, sag’! wer sollte hier ihn kennen, vermagst du selbst den Namen nicht zu [nennen! Männer, Frauen und Knaben Was sagt sie? Ha, was thut sie kund? Sie lästert! Wehret ihrem Mund! Ortrud Kannst du ihn nennen, kannst du uns es sagen, ob sein Geschlecht, sein Adel wohl [bewährt? Woher die Fluthen ihn zu dir getragen, wann und wohin er wieder von dir fährt?

Uomini, donne e fanciulli Che cosa dice? Sarebbe questa una [rivelazione? Quella donna bestemmia! Impedite alla sua [bocca di parlare!

Ha, nein! (mit grosser Kraft) Wohl brächte ihm es schlimme Noth, – der kluge Helde die Frage drob verbot.

Ortruda Puoi nominarlo, puoi dirci qualcosa, della sua stirpe, darci prove della [sua nobiltà? Da dove le onde l’hanno portato a te, quando, viaggiando a ritroso, se ne andrà via [da te, e verso dove? Ah, no! (con grande energia) Sarebbe un grande incomodo, per lui, dirtelo! Perciò l’accorto eroe ti vietò la domanda.

Männer, Frauen und Knaben Ha, spricht sie wahr? Sie schmähet ihn! Welch’ schwere Klagen! Darf sie es wagen?

Uomini, donne e fanciulli Sarà vero quel che dice? Lo sta oltraggiando! Sono accuse gravi! Lei può permetterselo?

Elsa (nach grosser Betroffenheit sich ermannend) Du Lästerin! Ruchlose Frau! Hör’, ob ich Antwort mir getrau’! (mit grosser Wärme) So rein und edel ist sein Wesen, so tugendreich der hehre Mann, dass nie des Unheils soll genesen, wer seiner Sendung zweifeln kann!

Elsa (riprendendosi, dopo il grande sconcerto) Calunniatrice! Malvagia! Ascolta: ecco come oso risponderti! (con gran calore) Tanto pura e nobile è la sua natura, tanto ricco di virtù è quell’uomo sublime, che chiunque ponga in dubbio l’altezza [del suo compito sarà colpito da insanabile sventura!

Die Männer Gewiss! Gewiss!

Gli uomini Certamente! Certamente!

Elsa Hat nicht durch Gott im Kampf geschlagen mein theurer Held den Gatten dein? (zum Volke) Nun sollt nach Recht ihr Alle sagen, wer kann da nur der Reine sein?

Elsa Non ha, il mio amato eroe, vinto il tuo sposo in duello, grazie alla forza di Dio? (al popolo) Ora, secondo il diritto, rispondetemi: chi solo può essere il puro?

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Männer, Frauen und Knaben Nur er! Nur er! Dein Held allein!

Uomini, donne e fanciulli Soltanto lui! Soltanto lui! Il tuo eroe!

Ortrud (Elsa verspottend) Ha, diese Reine deines Helden, wie wäre sie so bald getrübt, müsst’ er des Zaubers Wesen melden,

um seine Reine steh’ es schlecht!

Ortruda (a Elsa, con scherno) Ah, come sarebbe ben presto macchiata questa intatta purezza del tuo eroe, s’egli dovesse svelare l’essenza [dell’incantesimo con cui egli, qui, esercita tale potere. Se a tal proposito non osi interrogarlo, (molto decisa) allora tutti noi a buon diritto crediamo che tu stessa, tremando, dovresti porre in [dubbio se sia, la sua purezza, vera o falsa.

(Der Palas wird geöffnet, die vier Trompeter des König’s schreiten heraus und blasen.)

(Il palazzo si apre, i quattro trombettieri del Re escono e suonano.)

Die Frauen (Elsa unterstützend) Helft ihr vor der Verruchten Hass!

Le donne (sorreggendo Elsa) Aiutatela a fronteggiare l’odio di quella [donna infame!

Die Männer (dem Hintergrunde zu blickend) Macht Platz! Macht Platz! Der König naht! Der König!

Gli uomini (guardando verso il fondo della scena) Largo! Fate largo! Il Re sta arrivando! Il Re!

Fünfte Scene Der König, Lohengrin und die sächsischen Grafen und Edlen sind in feierlichem Zuge aus dem Palas getreten; durch die Verwirrung im Vordergrunde wird der Zug unterbrochen. Der König und Lohengrin schreiten lebhaft vor.

Quinta scena Il Re, Lohengrin, i conti e i nobili sassoni sono usciti dal palazzo in solenne corteo. Il tumulto [causato dall’intervento di Ortruda] interrompe il corteo sul proscenio. Il Re e Lohengrin vengono avanti con vivace sollecitudine.

Die Brabanter Heil! Heil dem König! Heil dem Schützer von Brabant!

I brabantini Viva! Viva il Re! Viva il Protettore di Brabante!

König Was für ein Streit?

Re Che cos’è questa contesa?

Elsa (sehr aufgeregt an Lohengrin’s Brust stürzend) Mein Herr! O mein Gebieter!

Elsa (agitatissima, cade sul petto di Lohengrin) Mio signore! Oh, mio padrone!

Lohengrin Was ist?

Lohengrin Che cosa accade?

König Wer wagt es hier den Kirchengang zu stören?

Re Chi osa intralciare l’ingresso alla chiesa?

Des Königs Gefolge Welcher Streit, den wir vernahmen?

Il seguito del Re Di quale contesa si sta parlando?

durch den hier solche Macht er übt; wagst du ihn nicht darum zu fragen, (sehr bestimmt) so glauben Alle wir mit Recht, du müssest selbst in Sorge zagen,

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Lohengrin (Ortrud erblickend) Was seh’ ich! das unsel’ge Weib bei dir?

Lohengrin (vedendo Ortruda) Che cosa vedo? La sciagurata donna [accanto a te?

Elsa Mein Retter! Schütze mich vor dieser Frau! Schilt mich, wenn ich dir ungehorsam war! In Jammer sah ich sie vor dieser Pforte

Elsa Mio salvatore! Proteggimi da questa donna! Se ti ho disubbidito, rimproverami! L’ho veduta immersa nel dolore, dinanzi a [questa porta, toccata dalla sua sventura, l’ho accolta; – vedi, ora, l’orribile ricompensa che da lei [ricevo per la mia bontà, – addebita a mia colpa l’immensa fiducia che [ho in te!

aus ihrer Noth nahm ich sie bei mir auf: – nun sieh’, wie furchtbar sie mir lohnt die [Güte, – sie schilt mich, dass ich dir zu sehr vertrau’! Lohengrin (den Blick fest und bannend auf Ortrud heftend, welche vor ihm sich nicht zu regen vermag) Du fürchterliches Weib, steh’ ab von ihr! Hier wird dir nimmer Sieg! –

Donna spaventosa, stai lontana da lei! Qui la vittoria sempre ti sfuggirà! –

(Er wendet sich freundlich zu Elsa.)

(volgendosi amabilmente ad Elsa.)

Sag’, Elsa, mir, vermocht’ ihr Gift sie in dein Herz zu giessen?

Elsa, dimmi, è riuscita a versare il veleno nel tuo cuore?

(Elsa birgt ihr Gesicht weinend an seine Brust.)

(Elsa, in lacrime, nasconde il volto sul petto di Lohengrin.)

Lohengrin (sie aufrichtend und nach dem Münster deutend) Komm’, lass’ in Freude dort diese Thränen [fliessen!

Lohengrin (sollevandola, e accennando alla cattedrale) Vieni! Fa’ scorrere là queste lacrime, e siano [lacrime di gioia!

(Er wendet sich mit Elsa und dem Könige dem Zuge voran nach dem Münster; Alle lassen sich an wohlgeordnet zu folgen. Friedrich tritt auf der Treppe des Münsters hervor; die Frauen und Edelknaben weichen entsetzt aus seiner Nähe.)

(Lohengrin, che con Elsa e con il Re è alla testa del corteo, si volge verso la cattedrale. Tutti si preparano a seguirlo. Federico balza sulla scalinata della cattedrale. Le donne e i paggi, trovandoselo vicino, indietreggiano atterriti.)

Friedrich O König! Trugbethörte Fürsten! Haltet ein!

Federico Re! Voi prìncipi, voi ingannati! Fermatevi!

Alle Männer Was will der hier? Verfluchter! Weich’ von [dannen!

Tutti gli uomini Che cosa fa qui, costui? Maledetto! [Allontànati da qui!

König Was will der hier?

Re Che cosa fa qui, costui?

Friedrich O hört mich an!

Federico Oh, ascoltatemi!

Die Männer Hinweg! Du bist des Todes, Mann! Des Todes bist du!

Gli uomini Via! Appartieni alla morte, uomo! Appartieni alla morte!

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Lohengrin (fissando con implacabile fermezza Ortruda, che non osa muoversi dinanzi a lui)


König Zurück! Weiche von dannen!

Re Indietro! Allontànati da qui!

Friedrich Hört mich, dem grimmes Unrecht ihr [gethan!

Federico Ascoltatemi! Udite me, che avete trattato [con disumana ingiustizia!

König Hinweg!

Re Via!

Die Männer Hinweg! Weich’ von dannen!

Gli uomini Via! Allontànati da qui!

Friedrich Gottes Gericht, es ward entehrt, betrogen!

Federico Il giudizio di Dio è stato profanato con [inganno! Siete ingannati dall’astuzia di un mago [ciarlatano!

Durch eines Zaub’rers List seid ihr belogen! Die Männer und der König Greift den Verruchten!

Gli uomini e il Re Afferrate il maledetto!

Die Männer Hört! Er lästert Gott!

Gli uomini Sentite! Sta bestemmiando Dio!

(Sie dringen von allen Seiten auf ihn ein.)

(Gli stanno addosso da ogni parte)

Friedrich (mit der fürchterlichsten Anstrengung um gehört zu werden, seinen Blick nur auf Lohengrin geheftet und der Andringenden nicht achtend) Den dort im Glanz ich vor mir sehe,

Federico (tentando il più terribile sforzo per essere udito, con lo sguardo fisso su Lohengrin, e senza degnare di attenzione gli assalitori)

den klage ich des Zaubers an!

Colui che vedo dinanzi a me, là, avvolto da [splendore, io lo accuso di incantesimo!

(Die Andringenden schrecken vor Friedrich zurück und hören endlich aufmerksam zu.)

(Gli assalitori arretrano dinanzi a Federico, e finalmente ascoltano con attenzione.)

Wie Staub vor Gottes Hauch verwehe

Come polvere dinanzi al soffio di Dio, si [disperda la forza ch’egli acquistò per mezzo d’inganno! Come avete condotto male il giudizio che a me tolse via l’onore! Già! Non una sola domanda gli avete rivolto, quando si presentò per il giudizio di Dio! Ma questa domanda, ora, non gli dovete [evitare, poiché sono io, questa volta, che gliela [formulo! (in atteggiamento imperioso) Nome, condizione e rango: su questo, ad alta voce, lo interrogo di fronte [al mondo! (Fremito generale di grande stupore.)

die Macht, die er durch List gewann! Wie schlecht ihr des Gerichtes wahrtet, das doch die Ehre mir benahm, da eine Frag’ ihr ihm erspartet, als er zum Gotteskampfe kam! Die Frage nun sollt ihr nicht wehren, dass sie ihm jetzt von mir gestellt! (in gebieterischer Stellung) Nach Namen, Stand und Ehren frag’ ich ihn laut vor aller Welt! (Bewegung grosser Betroffenheit unter Allen.) Wer ist er, der an’s Land geschwommen, gezogen von einem wilden Schwan? Wem solche Zauberthiere frommen, des Reinheit achte ich für Wahn!

Chi è costui che approdò a questa terra su [un natante trainato da un cigno selvatico? Se uno si serve di simili animali magici, la sua purezza la considero illusione!

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wo nicht, so sollet ihr erseh’n, um seine Reine steh’ es schlecht!

Ora deve replicare, con chiare parole, [all’accusa. Se riesce a farlo, allora è giusto quel che mi [è accaduto. Se non riesce, allora dovrete riconoscere che la sua purezza se la passa molto male!

(Alle blicken bestürzt und erwartungsvoll auf Lohengrin.)

(Tutti volgono lo sguardo a Lohengrin, colpiti e in atteggiamento di attesa.)

Die Männer, Frauen, Knaben, der König Welch’ harte Klagen! Was wird er ihm [entgegnen?

Gli uomini, le donne, i fanciulli, il Re Che gravi accuse! Che cosa gli risponderà?

Lohengrin Nicht dir, der so vergass der Ehren, hab’ Noth ich Rede hier zu steh’n; des Bösen Zweifel darf ich wehren,

Lohengrin Non a te, che a tal punto dimenticasti l’onore, devo parlare, rispondendo. Non mi abbasso a respingere il dubbio di un [malvagio dinanzi al quale la purezza mai si potrà [appannare.

Nun soll der Klag’ er Rede steh’n; vermag er’s, so geschah mir Recht,

vor ihm wird Reine nie vergeh’n! Friedrich Darf ich ihm nicht als würdig gelten, dich ruf’ ich, König hoch geehrt; wird er auch dich unadlig schelten, dass er die Frage dir verwehrt?

Federico Ah, non son degno di lui? Se è così, mi appello a te, Re altamente onorato; se sarai tu a rivolgergli la mia domanda, sarà tanto ignobile da offendere anche te?

Lohengrin Ja, selbst dem König darf ich wehren, und aller Fürsten höchstem Rath! Nicht darf sie Zweifels Last beschweren,

Lohengrin Sì, sono obbligato a evitarla persino al Re e all’eletto consiglio di tutti i prìncipi. Il peso del dubbio non deve gravare su di [loro: la mia nobile impresa, l’han veduta! C’è solo una cui devo rispondere: Elsa –

sie sahen meine gute That! Nur Eine ist’s, der muss ich Antwort geben: Elsa – (Lohengrin hält betroffen an, als er, sich zu Elsa wendend, diese mit heftig wogender Brust in wildem inneren Kampfe vor sich hinstarren sieht.)

(Lohengrin s’interrompe, colpito, nel momento in cui, volgendosi ad Elsa, la vede guardare con gli occhi fissi dinanzi a sé, in violenta lotta interiore e con il petto scosso da incontrollabile agitazione.)

Elsa! – wie seh’ ich sie erbeben!

Elsa! - come la vedo tremare!

Alle Männer und König Welch’ ein Geheimniss muss der Held [bewahren? Bringt es ihm Noth, so wahr’ es treu sein [Mund! Wir schirmen ihn, den Edlen, vor Gefahren,

Tutti gli uomini e il Re Quale segreto sarà mai quello che l’eroe [deve custodire? Se gli dà tormento, la sua bocca sia fedele, e [lo serbi intatto! Noi proteggiamo lui, l’uomo nobile, dai [pericoli, della sua impresa abbiamo ben conosciuto [la nobiltà.

durch seine That ward uns sein Adel kund. Die Frauen und Knaben Welch’ ein Geheimniss muss der Held [bewahren? Verschweig’ es treu sein Mund! Bringt sein Geheimniss Noth usw.

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Le donne e i fanciulli Quale segreto sarà mai quello che l’eroe [deve custodire? Sia fedele la sua bocca, e taccia! Se il suo mistero gli dà tormento ecc.


Ortrud und Friedrich In wildem Brüten darf ich sie gewahren, der Zweifel keimt in ihres Herzens Grund. Er ist besiegt, der mir zur Noth in dieses Land gefahren, wird ihm die Frage kund.

Ortruda e Federico Mi compiaccio di vederla in feroce sospetto: germina il dubbio in fondo al suo cuore. Colui che, a mio danno, è venuto in questa nostra terra, è sconfitto se gli si rivolge la domanda!

Lohengrin In wildem Brüten muss ich sie gewahren! hat sie bethört des Hasses Lügenmund?

Lohengrin Mi strazia il vederla in feroce sospetto: l’ha sedotta l’odio, con la sua bocca [mentitrice? Oh, cielo! Proteggi dai pericoli il suo cuore!

O Himmel! schirm’ ihr Herz vor den [Gefahren! Nie werde Zweifel dieser Reinen kund! Elsa (der Umgebung entrückt vor sich hinblickend) Was er verbirgt, wolh brächt’ es ihm [Gefahren, vor aller Welt spräch’ es hier aus sein Mund; die er errettet, weh’ mir Undankbaren! verrieth ich ihn, dass hier es werde kund! Wüsst’ ich sein Loos, ich wollt’ es treu [bewahren! Im Zweifel doch erbebt des Herzens Grund!

Mai questa pura sappia che cosa sia il dubbio! Elsa (estranea a quel che la circonda, guardando dinanzi a sé) Se ciò che egli nasconde, fosse per lui un [germe di pericolo, se qui la sua bocca lo svelasse dinanzi al [mondo intero, guai a me, ingrata, salvata da lui! Se fossi io a svelarlo, sarebbe tradirlo! Se conoscessi il suo destino, lo vorrei [custodire con piena fedeltà… Ma nel dubbio trema il fondo del mio cuore!

König Mein Held, entgegne kühn dem [Ungetreuen! Du bist zu hehr, um, was er klagt, zu scheuen!

Re Mio eroe, opponiti con fiero ardimento allo [sleale! Troppo onore c’è in te, perché tu tema [la sua accusa!

Die sächsischen und brabantischen Edlen (sich an Lohengrin drängend) Wir steh’n zu dir, es soll uns nicht gereuen, dass wir der Helden Preis in dir erkannt!

I nobili sassoni e brabantini (insistendo nel sostenere Lohengrin) Siamo al tuo fianco, senza riserve: in te abbiamo riconosciuto le virtù [dell’eroe! Qua la mano! In mutua fedeltà, crediamo [in te: crediamo che nobile sia il tuo nome, anche [se non svelato.

Reich’ uns die Hand! Wir glauben dir [in Treuen, dass hehr dein Nam’, auch wenn er nicht [genannt. Lohengrin Euch Helden soll der Glaube nicht gereuen, werd’ euch mein Nam’ und Art auch nie [genannt.

Lohengrin O Eroi, mai vi pentirete della vostra fede [in me, anche se il mio nome e la mia natura non [vi saranno mai rivelati.

(Friedrich drängt sich dicht an Elsa, welche vor sich hinbrütend einsam im Vordergrunde zur Seite steht. Die Männer schliessen einen Ring um Lohengrin; er empfängt von Jedem der Reihe nach den Handschlag.)

(Federico si avvicina a Elsa, che è rimasta sola e in disparte sul proscenio guardando dinanzi a sé. Gli uomini fanno cerchio intorno a Lohengrin; da ciascuno di loro egli riceve una stretta di mano.)

Friedrich (leise, mit leidenschaftlicher Unterbrechung)

Federico (sottovoce, con appassionata insistenza a più riprese)

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Vertraue mir! Lass dir ein Mittel heissen, das dir Gewissheit schafft!

Fidati di me! Lascia che io ti indichi un mezzo dal quale tu possa trarre certezza!

Elsa (erschrocken, doch leise) Hinweg von mir!

Elsa (spaventata, sottovoce) Vai via! Lasciami!

Friedrich Lass mich das kleinste Glied ihm nur [entreissen, des Fingers Spitze, und ich schwöre dir, was er dir hehlt, sollst frei du vor dir seh’n, dir treu, soll nie er dir von hinnen geh’n!

Federico Lascia che io gli strappi soltanto il più [piccolo membro, la punta di un dito, e ti giuro che quel che ti nasconde, lo vedrai chiaro e [distinto dinanzi a te. A te fedele, mai se ne andrà via da te!

Elsa Ha! Nimmermehr!

Elsa Ah! Mai e poi mai!

Friedrich Ich bin dir nah’ zur Nacht, – rufst du, ohn’ Schaden ist es schnell [vollbracht!

Federico Sono accanto te, questa notte, Se chiami, tutto sarà compiuto senza danno!

Lohengrin (schnell in den Vordergrund tretend) Elsa, mit wem verkehrst du da? (mit fürchterlicher Stimme zu Ortrud und Friedrich) Zurück von ihr, Verfluchte! Dass nie mein Auge je euch wieder bei ihr seh’!

Lohengrin (venendo a passi rapidi verso il proscenio) Elsa, chi ti trattiene qui? (con voce terribile a Ortruda e Federico) State lontani da lei, maledetti! Che mai più il mio occhio vi riveda ancora vicino a lei!

(Friedrich macht eine Gebärde der schmerzlichsten Wuth. Er wendet sich zu Elsa, welche bei seinem ersten Zurufe wie vernichtet ihm zu Füssen gesunken ist.)

(Federico fa un gesto di furiosa disperazione. Lohengrin si volge a Elsa che, non appena egli era intervenuto a voce alta, era caduta ai suoi piedi, come annientata.)

Elsa, erhebe dich! In deiner Hand, in deiner Treu’ liegt alles Glückes Pfand!

Elsa, àlzati! Nella tua mano, nella tua anima fedele, è il pegno di ogni [felicità. La forza del dubbio non ti lascia in pace? Vuoi farmi la domanda?

Lässt nicht des Zweifels Macht dich ruh’n? Willst du die Frage an mich thun? Elsa (in heftigster innerer Aufregung und in schamvoller Verwirrung) Mein Retter, der mir Heil gebracht! Mein Held, in dem ich muss vergeh’n, (mit Bedeutung und Entschluss) hoch über alles Zweifels Macht soll meine Liebe steh’n!

Elsa (nella più intensa agitazione interiore, e turbata da un forte senso di vergogna) Mio soccorritore, tu che mi hai dato salvezza, mio eroe, in cui io mi devo annullare, (in tono deciso, a sottolineare il significato delle sue parole) alto, sopra la forza di qualsiasi dubbio, starà il mio amore!

(Sie sinkt an seine Brust.) (Die Orgel ertönt aus dem Münster; Glockengeläute.)

(Cade sul petto di Lohengrin.) (Si ode il suono dell’organo dalla cattedrale. Echi di campane.)

Lohengrin Heil dir, Elsa!

Lohengrin Salute a te, Elsa!

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Die Männer (in begeisterter Rührung) Seht, er ist von Gott gesandt!

Gli uomini (con commossa esaltazione) Vedete, è inviato da Dio!

Lohengrin Nun lass vor Gott uns geh’n!

Lohengrin Ora andiamo dinanzi a Dio!

Die Frauen und Knaben Heil! Heil! Heil!

Le donne e i fanciulli Viva! Viva! Viva!

(Lohengrin führt Elsa feierlich an den Edlen vorüber zum König. Wo Lohengrin mit Elsa vorbei kommt, machen die Männer ehrerbietig Platz.)

(Lohengrin, passando dinanzi ai nobili, conduce solennemente Elsa dal Re. Dove Lohengrin passa insieme con Elsa, gli uomini fanno ala con reverenza.)

Die Männer Heil euch! Heil Elsa von Brabant! Heil dir, Elsa!

Gli uomini Salute a voi! Viva Elsa di Brabante! Salute a te, Elsa!

(Von dem König geleitet, schreiten Lohengrin und Elsa langsam dem Münster zu.)

(Accompagnati dal Re, Lohengrin ed Elsa procedono lentamente verso la cattedrale.)

Gesegnet sollst du schreiten! Gott möge dich geleiten!

Ti protegga la benedizione, mentre cammini! Dio ti accompagni!

Die Männer, Frauen und Knaben Heil dir,Tugendreiche! Heil Elsa von Brabant! Heil dir!

Gli uomini, le donne e i fanciulli Salute te, ricca di virtù! Viva Elsa di Brabante! Salute a te!

(Hier hat der König mit dem Brautpaar die höchste Stufe zum Münster erreicht; Elsa wendet sich in grosser Ergriffenheit zu Lohengrin, dieser empfängt sie in seinen Armen. Aus dieser Umarmung blickt sie mit scheuer Besorgniss rechts von der Treppe hinab und gewahrt Ortrud, welche den Arm gegen sie erhebt, als halte sie sich des Sieges gewiss; Elsa wendet erschreckt ihr Gesicht ab. Als Elsa und Lohengrin, wieder vom König geführt, dem Eingange des Münsters weiter zuschreiten, fällt der Vorhang.)

(Il Re, insieme con la coppia nuziale, ha raggiunto il gradino più alto fra quelli della scalinata che conduce all’ingresso della cattedrale. Elsa, profondamente commossa, si volge a Lohengrin, che la accoglie tra le sue braccia. Come protetta da questo abbraccio, ella guarda con timida ansia a destra della scalinata, e vede Ortruda che alza il braccio contro di lei, come chi sia certo della propria vittoria. Elsa distoglie lo sguardo, atterrita. Mentre Elsa e Lohengrin, sempre seguendo da vicino il Re, si avviano verso l’ingresso della cattedrale, cala il sipario.)

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Alcuni disegni preliminari delle scene realizzate da Christian Schimdt.



In sequenza alcuni modellini che riproducono le scene ideate da Christian Schmidt.

Atto I


Atto II


Atto II


Atto II


Atto III


Atto III


DRITTER AKT

ATTO TERZO [Vorspiel]

[Preludio]

Erste Scene Das Brautgemach; rechts ein Erkerthurm mit offenem Fenster. Musik hinter der Bühne; der Gesang ist erst entfernt, dann näher kommend. In der Mitte des Liedes werden rechts und links im Hintergrunde Thüren geöffnet: rechts treten Frauen auf, welche Elsa, – links die Männer mit dem König, welche Lohengrin geleiten; Edelknaben mit Lichtern voraus.

Prima scena La camera nuziale. A destra, una torre con balcone coperto. Una sua finestra è aperta. Musica dietro la scena. Il canto, prima, giunge da lontano; poi si avvicina sempre più. A metà del canto nuziale, a destra e a sinistra nel fondo della scena si aprono porte: a destra appaiono donne che accompagnano Elsa, a sinistra appaiono gli uomini con il Re, che accompagnano Lohengrin. Tutti costoro sono preceduti da paggi che reggono lumi.

Brautlied (Männer und Frauen) Treulich geführt ziehet dahin, wo euch in Frieden die Liebe bewahr’! Siegreicher Muth, Minnegewinn eint euch in Treue zum seligsten Paar. Streiter der Tugend, schreite voran! Zierde der Jugend, schreite voran! Rauschen des Festes seid nun entronnen, Wonne des Herzens sei euch gewonnen!

Canto nuziale (uomini e donne) Guidati da chi vi è fedele, venite qui, dove l’amore vi custodisca in pace! Coraggio vittorioso, premio d’amore, vi uniscono nella fedeltà, voi, la più beata [fra le coppie di sposi. Entra qui, campione di virtù! Entra qui, fior dei fiori di giovinezza! Allontanatevi dai clamori della festa, a voi sia riservata la gioia del cuore!

(Hier werden die Thüren geöffnet.)

(A questo punto, vengono aperte le porte.)

Duftender Raum, zur Liebe geschmückt, nehm’ euch nun auf, dem Glanze entrückt. Treulich geführt ziehet nun ein, wo euch in Segen die Liebe bewahr’! Siegreicher Muth, Minne so rein

Camera profumata, adorna per l’amore, ora vi accolga, lontani dal fasto e dal lusso. Guidati da chi vi è fedele, entrate qui, e qui vi benedica l’amore, e vi conservi! Coraggio vittorioso, amore d’anime nobili e [pure, vi uniscono in fedeltà, voi, la più beata fra le [coppie di sposi. La coppia più beata! Nella fedeltà!

eint euch in Treue zum seligsten Paar. Zum seligsten Paar! In Treue! (Als die beiden Züge in der Mitte der Bühne sich begegneten, ist Elsa von den Frauen Lohengrin zugeführt worden; sie umfassen sich und bleiben in der Mitte stehen. Acht Frauen umschreiten feierlich Lohengrin und Elsa, während diese von den Edelknaben ihrer schweren Obergewänder entkleidet werden.)

(Quando i due cortei si erano incontrati al centro della scena, le donne avevano condotto Elsa da Lohengrin. Ora i due sposi si abbracciano e rimangono al centro. Otto donne, con movimenti solenni, girano intorno a Lohengrin e a Elsa, mentre i paggi spogliano i due sposi delle loro pesanti sopravvesti.)

Acht Frauen (nach dem Umschreiten) Wie Gott euch selig weihte, zu Freuden weih’n euch wir.

Otto donne (dopo avere compiuto un giro intorno ai due sposi) Come Dio vi consacrò alla beatitudine, così noi vi consacriamo alla gioia.

(Sie halten einen zweiten Umgang.)

(Compiono un secondo giro.)

In Liebesglücks Geleite denkt lang’ der Stunde hier!

Guidati dalla gioia d’amore, ricordate a lungo quest’ora!

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(Der König umarmt und segnet Lohengrin und Elsa. Die Edelknaben mahnen zum Aufbruch. Die Züge ordnen sich wieder, und während des Folgenden schreiten sie an den Neuvermählten vorüber, so dass die Männer rechts, die Frauen links das Gemach verlassen.)

(Il Re abbraccia e benedice Lohengrin ed Elsa. I paggi invitano a concludere i festeggiamenti e a lasciar soli gli sposi. Si ricompongono i cortei quali erano prima. Durante il canto nuziale che segue, i due cortei passano dinanzi ai novelli sposi, in modo tale che gli uomini da destra, le donne da sinistra lascino la camera nuziale.)

Brautlied (Männer und Frauen) Treulich bewacht bleibet zurück, wo euch in Segen die Liebe bewahr’. Siegreicher Muth, Minne und Glück eint euch in Treue zum seligsten Paar. Streiter der Tugend, bleibe daheim! Zierde der Jugend, bleibe daheim! Rauschen des Festes seid nun entronnen, Wonne des Herzens sei euch gewonnen! Duftender Raum, zur Liebe geschmückt, nahm euch nun auf, dem Glanze entrückt.

Canto nuziale (uomini e donne) Vegliati da chi vi è fedele, rimanete qui, dove l’amore, benedicendovi, vi custodisca! Coraggio vittorioso, nobile felicità d’amore, vi uniscono nella fedeltà, voi, la più beata [fra le coppie di sposi. Qui rimani, campione di virtù! Qui rimani, fior dei fiori di giovinezza! Allontanatevi dai clamori della festa, a voi sia riservata la gioia del cuore! Camera profumata, adorna per l’amore, ora vi ha accolti, lontani dal fasto e dal lusso.

(Hier haben die Züge die Bühne gänzlich verlassen: die Thüren werden von den letzten Knaben geschlossen.)

(I cortei hanno abbandonato interamente la scena. Le porte vengono chiuse dagli ultimi fanciulli rimasti.)

(allmählig immer entfernter) Treulich bewacht bleibet zurück, wo euch in Segen die Liebe bewahr’! Siegreicher Muth, Minne und Glück eint euch in Treue zum seligsten Paar. (ganz verhallend) Zum seligsten Paar! In Treue!

(allontanandosi sempre più) Vegliati da chi vi è fedele, rimanete qui, dove l’amore, benedicendovi, vi custodisca! Coraggio vittorioso, nobile felicità d’amore, vi uniscono nella fedeltà, voi, la più beata [fra le coppie di sposi. (Il canto svanisce del tutto, in lontananza.) La coppia più beata! Nella fedeltà!

Zweite Scene Elsa ist, als die Züge das Gemach verlassen haben, wie überselig Lohengrin an die Brust gesunken. Lohengrin setzt sich, während der Gesang verhallt, auf einem Ruhebett am Erkerfenster nieder, indem er Elsa sanft nach sich zieht.

Seconda scena Quando i cortei hanno abbandonato la camera nuziale, Elsa, come sopraffatta dalla beatitudine, si è abbandonata sul petto di Lohengrin. Lohengrin, mentre il canto si sta spegnendo, si siede su un divano presso il balcone coperto, e dolcemente attira a sé Elsa.

Lohengrin Das süsse Lied verhallt; wir sind allein,

Lohengrin Il dolce canto svanisce in lontananza; siamo [soli, soli per la prima volta, da quando ci siamo [veduti. Ora dobbiamo escludere il mondo da noi, nessun occhio estraneo si avvicini ai mutui [impulsi del cuore! Elsa, mia donna! Dolce, pura sposa! Ora, con fiducia, dimmi la verità: sei felice?

zum ersten Mal allein, seit wir uns sah’n. Nun sollen wir der Welt entronnen sein, kein Lauscher darf des Herzens Grüssen [nah’n! Elsa, mein Weib! Du süsse, reine Braut! Ob glücklich du, das sei mir jetzt vertraut! Elsa Wie wär’ ich kalt, mich glücklich nur zu [nennen,

Elsa Come sarei fredda, a dirmi soltanto felice,

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besitz’ ich aller Himmel Seligkeit! Fühl’ ich zu dir so süss mein Herz entbrennen, athme ich Wonnen, die nur Gott verleiht. Lohengrin (feurig) Vermagst du, Holde, glücklich dich zu nennen, giebst du auch mir des Himmels Seligkeit! (zärtlich) Fühl’ ich zu dir so süss mein Herz entbrennen,

se possiedo la beatitudine che mi solleva [oltre i cieli! Se sento per te ardere con tanta dolcezza il [mio cuore, respiro voluttà che Dio soltanto dona…

athme ich Wonnen, die nur Gott verleiht.

Lohengrin (con fuoco) Adorata, puoi ben dirti felice, se anche tu doni a me la beatitudine celeste! (teneramente) Se sento per te ardere con tanta dolcezza il [mio cuore, respiro voluttà che Dio soltanto dona…

Lohengrin und Elsa Fühl’ ich so süss usw.

Lohengrin e Elsa Se sento per te ecc.

Lohengrin Wie hehr erkenn’ ich uns’rer Liebe Wesen!

Lohengrin Com’è nobile la natura del nostro amore, [così come io la sento! Noi, che mai ci eravamo veduti, avevamo il [presagio l’una dell’altro; se fui prescelto come tuo campione, fu l’amore a spianarmi la via fino a te: il tuo occhio mi disse che eri pura, immune [da colpa,… il tuo sguardo mi costrinse a servire la tua [incantevole grazia.

Die nie sich sah’n, wir hatten uns geahnt; war ich zu deinem Streiter auserlesen, hat Liebe mir zu dir den Weg gebahnt: Dein Auge sagte mir dich rein von Schuld, – mich zwang dein Blick zu dienen deiner [Huld. Elsa Doch ich zuvor schon hatte dich gesehen, in sel’gem Traume warst du mir genaht; als ich nun wachend dich sah vor mir stehen, erkannt’ ich, dass du kamst auf Gottes Rath. Da wollte ich vor deinem Blick zerfliessen, gleich einem Bach umwinden deinen Schritt, gleich einer Blume, duftend auf der Wiesen, wollt’ ich entzückt mich beugen deinem Tritt! Ist dies nur Liebe? Wie soll ich es nennen, dies Wort, so unaussprechlich wonnevoll, wie ach! dein Name, den ich nie soll kennen, bei dem ich nie mein Höchstes nennen soll!

Elsa Ma già prima ti avevo veduto: in sogno beato ti eri avvicinato a me. Quando poi, desta, ti vidi stare dinanzi a me, riconobbi che il consiglio di Dio a me t’inviava. Allora volevo svanire dinanzi al tuo sguardo, come un ruscello lambire i tuoi passi; come un fiore nel prato, con il suo profumo, volevo, affascinata, piegarmi al tuo passaggio. Soltanto amore, questo? Come devo [chiamarla, questa parola, così colma d’indicibile voluttà, come…ahimé… il tuo nome, che non devo [conoscere, con il quale mai devo chiamare l’essere per [me sublime!

Lohengrin (schmeichelnd) Elsa!

Lohengrin (carezzevole) Elsa!

Elsa Wie süss mein Name deinem Mund entgleitet!

Elsa Come dolce il mio nome scivola fuori dalla [tua bocca! (un po’ esitante) Non mi concedi il caro suono del tuo? Ti chiedo di permettere che la mia bocca lo [pronunci soltanto quando siamo nell’intimità del [nostro amore…

(etwas zögernd) Gönnst du des deinen holden Klang mir nicht? Nur, wenn zur Liebesstille wir geleitet, sollst du gestatten, dass mein Mund ihn [spricht.

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Lohengrin Mein süsses Weib!

Lohengrin Mia dolce donna!

Elsa Einsam, wenn Niemand wacht – nie sei der Welt er zu Gehör gebracht!

Elsa In solitudine, quando nessuno veglia – oh, no, mai vorrei che l’orecchio del mondo [lo ascoltasse!

(Lohengrin umfasst Elsa freundlich und deutet durch das offene Fenster auf den Blumengarten.)

(Lohengrin abbraccia Elsa con fervido affetto e accenna, attraverso la finestra aperta, al giardino in fiore.)

Lohengrin Athmest du nicht mit mir die süssen Düfte? O wie so hold berauschen sie den Sinn! Geheimnissvoll sie nahen durch die Lüfte, fraglos geb’ ihrem Zauber ich mich hin. –

Lohengrin I dolci profumi, non li respiri con me? Con quale squisito piacere inebriano i sensi! Misteriosi vengono a noi attraverso l’aria: senza interrogarmi, mi arrendo al loro [incanto. (a voce più alta) Simile a questo è l’incanto che mi ha legato [a te, quando per la prima volta, amore, ti ho [veduta; non mi affaccendai a conoscere di te ogni [dettaglio, ti vide il mio occhio, il mio cuore ti comprese. Come turbano i sensi con soave piacere, i [profumi! Dall’enigma notturno si avvicinano a me, a [tradimento! (con fuoco) Così la tua purezza non poté non affascinarmi, anche se, al nostro primo incontro, di grave [colpa ti si sospettava.

(mit erhobener Stimme) So ist der Zauber, der mich dir verbunden, da als ich zuerst, du Süsse, dich ersah; nicht deine Art ich brauchte zu erkunden, dich sah mein Aug’, mein Herz begriff dich da. Wie mir die Düfte hold den Sinn berücken , nah’n sie mir gleich aus räthselvoller Nacht: (feurig) so deine Reine musste mich entzücken, traf ich dich auch in schwerer Schuld [Verdacht. (Elsa birgt ihre Beschämung, indem sie sich demüthig an ihn schmiegt.)

(Elsa prova vergogna, e vuole nascondere il suo imbarazzo, mentre con gesto umile si stringe a lui.)

Elsa Ach, könnt’ ich deiner werth erscheinen,

Elsa Ah, se io potessi apparire come donna [degna di te, non dovrei, dinanzi a te, sentirmi venir meno; se qualche merito potesse unirmi a te, dovrei vedermi come donna in pena per te! Come tu m’incontrasti quando ero oppressa [da grave accusa, così anch’io vorrei saperti in angoscia, [bisognoso d’aiuto; ché allora sopporterei con coraggio ogni [fatica, sapendo che un difficile frangente ti minaccia. È forse di questa natura, il mistero che la tua bocca tace al mondo intero? (in tono che si fa sempre più misterioso) Forse, sventura cadrebbe su di te se fosse, quel mistero, rivelato al mondo? Se così fosse, e io potessi conoscerlo, se conoscerlo fosse concesso alle mie forze, non c’è minaccia che potrebbe strapparmelo: per te, volentieri, andrei incontro alla morte.

müsst’ ich vor dir nicht blos vergeh’n; könnt’ ein Verdienst mich dir vereinen, dürft’ ich in Pein für dich mich seh’n! Wie du mich trafst vor schwerer Klage, o wüsste ich auch dich in Noth; dass muthvoll ich ein Mühen trage, kennt’ ich ein Sorgen, das dir droht! Wär’ das Geheimniss so geartet, das aller Welt verschweigt dein Mund? (immer geheimnissvoller) Vielleicht, dass Unheil dich erwartet, würd’ aller Welt es offen kund? Wär’ es so, und dürft’ ich’s wissen, dürft’ ich in meiner Macht es seh’n, durch Keines Droh’n sei mir’s entrissen, für dich wollt’ ich zum Tode geh’n.

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Lohengrin Geliebte!

Lohengrin Cara! Ti amo!

Elsa (immer leidenschaftlicher) O, mach’ mich stolz durch dein Vertrauen, dass ich in Unwerth nicht vergeh’!

dass, wer du bist, ich offen seh’!

Elsa (sempre più appassionatamente) Oh, rendimi superba della tua fiducia, sì che io non cada nel nulla della mia [indegnità! Lascia che il mio sguardo penetri il tuo [segreto, sì che io veda apertamente chi sei!

Lohengrin Ach, schweige, Elsa!

Lohengrin Ah, taci, Elsa!

Elsa (immer drängender) Meiner Treue enthülle deines Adels Werth! Woher du kamst, sag’ ohne Reue, –

Elsa (sempre più insistente) Alla mia fedeltà disvela il pregio della tua nobiltà! Dimmi da dove sei venuto, e non pentirti di [avermelo detto… Si dimostri, per mio merito, quanta sia la [forza del silenzio!

Lass’ dein Geheimniss mich durchschauen,

durch mich sei Schweigens Kraft bewährt. Lohengrin (streng und ernst einige Schritte zurücktretend) Höchstes Vertrau’n hast du mir schon zu [danken, da deinem Schwur ich Glauben gern gewährt; wirst nimmer du vor dem Gebote wanken, hoch über alle Frau’n dünkst du mich werth. (Er wendet schnell sich wieder liebevoll zu Elsa.) An meine Brust, du Süsse, Reine! Sei meines Herzens Glühen nah’, dass mich dein Auge sanft bescheine, in dem ich all’ mein Glück ersah! (feurig) O, gönne mir, dass mit Entzücken ich deinen Athem sauge ein; lass’ fest, ach! fest an mich dich drücken, dass ich in dir mög’ glücklich sein! Dein Lieben muss mir hoch entgelten für das, was ich um dich verliess; kein Loos in Gottes weiten Welten wol edler als das meine hiess. Böt’ mir der König seine Krone, ich dürfte sie mit Recht verschmäh’n. Das Einz’ge, was mein Opfer lohne, muss ich in deiner Lieb’ erseh’n. Drum wolle stets den Zweifel meiden, dein Lieben sei mein stolz Gewähr! Denn nicht komm’ ich aus Nacht und Leiden, aus Glanz und Wonne kam ich her!

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Lohengrin (serio, severo, arretrando di qualche passo) Mi devi esser grata per il supremo atto di [fiducia con cui ho voluto credere nel tuo giuramento; se, di fronte al divieto che ti ho imposto, mai [più vacillerai, più di qualsiasi altra donna avrai valore, [ai miei occhi. (Volgendosi di nuovo con amoroso fervore a Elsa.) Qui, sul mio petto, dolce, pura! Sii vicina al fuoco che arde nel mio cuore: così, soave potrà illuminarmi il tuo occhio in cui mi è balenata la visione di ogni mia [felicità. (con fuoco) Oh concedi che io, affascinato, respiri il tuo respiro, lascia ch’io ti stringa forte, ah, forte!, a me, che in te io possa essere felice! Il tuo amore mi ripaga di quanto per te ho perduto, nessun destino, nell’immenso universo di Dio, poté mai dirsi più nobile del mio. Pur se mi offrisse il Re la sua corona, io mi permetterei, a buon diritto, di respingerla. L’unico compenso al mio sacrificio… devo ravvisarlo nel tuo amore. Perciò, evita sempre il dubbio, sia il tuo amore mia superba difesa! Sì, io non vengo da notte e dolore: qui sono giunto da splendore e gioia!


Elsa Hilf Gott, was muss ich hören! Welch’ Zeugniss gab dein Mund! Du wolltest mich bethören, nun wird mir Jammer kund! Das Loos, dem du entronnen, es war dein höchstes Glück; du kamst zu mir aus Wonnen und sehnest dich zurück! Wie soll ich Aermste glauben, dir g’nüge meine Treu’? Ein Tag wird dich mir rauben durch deiner Liebe Reu’!

Elsa Mio Dio, che cosa devo udire! E proprio la tua bocca ne dà testimonianza! Volevi sedurmi, e io, la sventurata, ora me ne accorgo! Il destino cui ti sei sottratto era la tua felicità suprema; da un mondo di gioia sei venuto a me, e ne hai nostalgia, e là vuoi ritornare! Come devo, io misera, credere che ti basti la mia fedeltà? Verrà un giorno, e a me ti rapirà, poiché ti pentirai di avermi amata!

Lohengrin Halt’ ein, dich so zu quälen!

Lohengrin Basta! Non tormentarti più così!

Elsa Was quälest du mich doch! Soll ich die Tage zählen, die du mir bleibest noch? In Sorg’ um dein Verweilen verblüht die Wange mir; – dann wirst du mir enteilen, im Elend bleib’ ich hier!

Elsa Perché, allora, sei tu che mi tormenti? Devo contare i giorni in cui qui rimarrai accanto a me? Nell’ansia perché sempre tu possa essere mio, sfiorisce la mia guancia; – poi te ne andrai, veloce come il vento, e abbandonata, misera io resto!

Lohengrin (lebhaft) Nie soll dein Reiz entschwinden, bleibst du von Zweifel rein!

Lohengrin (con vivacità) Mai svanirà il tuo fascino se resti immune dal dubbio!

Elsa Ach, dich an mich zu binden, wie sollt’ ich mächtig sein! Voll Zauber ist dein Wesen, durch Wunder kamst du her; – wie sollt’ ich da genesen, wo fänd’ ich dein Gewähr?

Elsa Ah! Come potrei avere mai la forza di legarti a me? Il tuo essere è fatto d’incantesimo, e per magìa sei giunto fino a me; – Come potrei guarire? Dove trovare qualcosa che di te mi offra [garanzia? (Ha un trasalimento, nella più violenta agitazione; poi si ferma, come per tender l’orecchio e ascoltare.)

(Sie schreckt in heftigster Aufregung zusammen und hält an, wie um zu lauschen.) Hörtest du nichts? Vernahmest du kein [Kommen?

Hai udito nulla? Non ti è sembrato che [qualcuno stia arrivando?

Lohengrin Elsa!

Lohengrin Elsa!

Elsa Ach nein! (vor sich hinstarrend) Doch dort, – der Schwan – der Schwan! Dort kommt er auf der Wasserfluth [geschwommen, – du rufest ihm, – er zieht herbei den Kahn! –

Elsa Ah, no! (con gli occhi fissi dinanzi a sé) Ma là,… il cigno… il cigno! Là viene nuotando sulle acque,… io lo chiamo,… eccolo, accosta la navicella!

Lohengrin Elsa! Halt’ ein! Beruh’ge deinen Wahn!

Lohengrin Elsa! Basta! Calma il tuo delirio!

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Elsa Nichts kann mir Ruhe geben, dem Wahn mich nichts entreisst, als – gelt’ es auch mein Leben, – zu wissen, wer du sei’st!

Elsa Nulla può darmi pace, nulla mi salva dal delirio, se non… e sia pure a prezzo della vita… se non sapere chi tu sia!

Lohengrin Elsa, was willst du wagen?

Lohengrin Elsa, che cosa vorresti osare?

Elsa Unselig holder Mann, hör’ was ich dich muss fragen! Den Namen sag’ mir an!

Elsa Mio triste amore, ascolta ciò che ti devo domandare! Dimmi il tuo nome!

Lohengrin Halt’ ein!

Lohengrin Fermati qui!

Elsa Woher die Fahrt?

Elsa Da dove vieni?

Lohengrin Weh’ dir!

Lohengrin Guai a te!

Elsa Wie deine Art?

Elsa Chi sei? Che cosa sei?

Lohengrin Weh’ uns! Was thatest du?

Lohengrin Guai a noi! Che cosa hai fatto?

(Sie gewahrt Friedrich und seine vier Genossen, welche mit gezückten Schwerten durch eine hintere Thür hereinbrechen.)

(Elsa scorge Federico e i suoi quattro seguaci, che a spade sguainate irrompono attraverso una porta sul fondo della scena.)

Elsa (nach einem Schrei) Rette dich! Dein Schwert! Dein Schwert!

Elsa (dopo un grido) Salvati! La tua spada! La tua spada!

(Sie reicht das am Ruhebett angelehnte Schwert hastig Lohengrin, so dass dieser schnell es aus der Scheide, welche sie hält, ziehen kann. Lohengrin streckt Friedrich, welcher nach ihm ausholt, mit einem Streiche todt zu Boden; den entsetzten Edlen entfallen die Schwerter, sie stürzen zu Lohengrin’s Füssen auf die Knie. Elsa, die sich an Lohengrin's Brust geworfen hatte, sinkt ohnmächtig langsam an ihm zu Boden. Langes Stillschweigen. Lohengrin, tieferschüttert, steht allein aufrecht.)

(Porge a Lohengrin la spada, appoggiata sul divano, in modo che egli possa rapidamente estrarla dal fodero che ella tiene fermo. Con un fendente, Lohengrin stende morto al suolo Federico che sta per colpirlo. I nobili, atterriti, lasciano cadere le spade e si gettano in ginocchio ai piedi di Lohengrin. Elsa, che si era gettata al petto di Lohengrin, scivola lentamente al suolo, priva di sensi. Lungo silenzio. In piedi resta soltanto Lohengrin, profondamente commosso.)

Lohengrin Weh’, nun ist all’ unser Glück dahin!

Lohengrin Ah, ecco svanita ogni nostra felicità!

(Er neigt sich zu Elsa hinab, erhebt sie sanft und lehnt sie auf das Ruhebett.)

(Si china su Elsa, la solleva con delicatezza e la distende sul divano.)

Elsa (matt, die Augen aufschlagend) Allewiger, erbarm’ dich mein!

Elsa (affranta, aprendo gli occhi) Eterno Dio, abbi pietà di me!

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(Auf Lohengrin’s Zeichen erheben sich die vier Edlen.)

(A un cenno di Lohengrin, i quattro nobili si alzano.)

Lohengrin Tragt den Erschlag’nen vor des König’s [Gericht!

Lohengrin Portate l’ucciso dinanzi al tribunale del Re!

(Die vier Edlen nehmen die Leiche Friedrich’s auf, und entfernen sich mit ihr durch eine Thüre rechts. Lohengrin läutet an einem Glockenzuge: zwei Frauen treten von links ein.)

(I quattro nobili sollevano il cadavere di Federico, e con esso si allontanano uscendo da una porta a destra. Lohengrin suona un campanello: due donne entrano da sinistra.)

Sie vor den König zu geleiten, schmückt Elsa, meine süsse Frau! – Dort will ich Antwort ihr bereiten, dass sie des Gatten Art erschau’!

Per accompagnarla dinanzi al Re, fate elegante e bella la mia dolce sposa! Voglio risponderle quando sarà là, sì ch’ella veda bene chi sia lo sposo.

(Er geht mit traurig feierlicher Haltung ab. – Die Frauen geleiten Elsa, die keines Wortes mächtig ist, nach links von dannen. Der Tag hat langsam begonnen zu grauen; die Kerzen sind verloschen. Ein grosser Vorhang fällt im Vordergrunde zusammen und schliesst die Bühne gänzlich. Trompeten auf der Bühne, tief wie aus dem Burghof vernehmbar.)

(Esce di scena con atteggiamento triste e solenne. – Le donne accompagnano Elsa, che non riesce più a pronunciar parola, e la fanno uscire di scena verso sinistra. Lentamente, è cominciato ad albeggiare. I ceri sono spenti. Un grande sipario scende sul proscenio, e chiude completamente la scena. Trombe sulla scena, da profonda lontananza, come provenissero dalla rocca.)

Dritte Scene Als der vordere Vorhang wieder aufgezogen wird, stellt die Bühne die Aue am Ufer der Schelde dar, wie im ersten Akt; glühende Morgenröthe, allmäliger Anbruch des vollen Tages. Ein Graf mit seinem Heergefolge zieht im Vordergrunde rechts auf, steigt vom Pferde und übergiebt dies einem Knechte. Zwei Edelknaben tragen ihm Schild und Speer. Er pflanzt sein Banner auf, sein Heergefolge sammelt sich um dasselbe. Während ein zweiter Graf auf die Weise, wie der erste, einzieht, hört man bereits die Trompeten eines dritten sich nähern. Ein dritter Graf zieht mit seinem Heergefolge eben so ein. Die neuen Schaaren sammeln sich um ihre Banner; die Grafen und Edlen begrüssen sich, prüfen und loben ihre Waffen usw. Ein vierter Graf zieht mit seinem Heergefolge von rechts herein und stellt sich bis in die Mitte des Hintergrundes auf. Als die Trompeten des König’s vernommen werden, eilt Alles sich um die Banner zu ordnen. Der König mit seinem sächsischen Heerbann zieht von links ab.

Terza scena Quando il sipario che era sceso sul proscenio viene risollevato, la scena rappresenta il prato sulla riva della Schelda, come nel primo atto. Colori accesi dell’aurora; a poco a poco, è pieno giorno. Un conte, con il suo seguito di uomini in armi pronti alla guerra, arriva da destra sul proscenio, scende dal cavallo e lo affida a un servitore. Due paggi gli portano scudo e lancia. Il conte pianta a terra la sua insegna: il suo seguito di armati gli si raccoglie intorno. Mentre un secondo conte entra sul prato allo stesso modo del primo, già si possono udire le trombe di un terzo che si avvicina. Un terzo conte entra con il suo seguito di armati, come i due precedenti. Le nuove schiere si raccolgono ciascuna intorno alla propria insegna. I conti e i nobili si salutano, provano le proprie armi, mostrano di apprezzarle reciprocamente, ecc. Un quarto conte entra da destra con il proprio seguito di armati, e si colloca al centro sul fondo della scena. Quando si odono squillare le trombe del Re, tutti si radunano velocemente intorno alle insegne. Il Re, con la sua scorta di Sassoni, entra da sinistra.

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Alle Männer (an die Schilde schlagend, als der König unter der Eiche angelangt ist) Heil König Heinrich! König Heinrich Heil!

Tutti gli uomini (battendo sugli scudi, non appena il Re arriva sotto la quercia) Viva il Re Enrico! Al Re Enrico, salute!

König Habt Dank, ihr Lieben von Brabant! Wie fühl’ ich stolz mein Herz entbrannt, find’ ich in jedem deutschen Land so kräftig reichen Heerverband! Nun soll des Reiches Feind sich nah’n, wir wollen tapfer ihn empfah’n: aus seinem öden Ost daher soll er sich nimmer wagen mehr! Für deutsches Land das deutsche Schwert! So sei des Reiches Kraft bewährt!

Re Grazie, miei cari, voi del Brabante! Come sento ardere d’orgoglio il mio cuore, se mi avviene di trovare, in ogni terra tedesca, un’alleanza di eserciti così forte e numerosa! Se è vero che ora si avvicina il nemico del [Regno, ci prepariamo a riceverlo, impavidi! Fuori dal suo squallido e desolato Oriente, mai più oserà, perciò, tentare una sortita. Per la terra tedesca, la spada tedesca! Così si metta alla prova la forza del Regno!

Alle Männer Für deutsches Land das deutsche Schwert! So sei des Reiches Kraft bewährt!

Tutti gli uomini Per la terra tedesca, la spada tedesca! Così si metta alla prova la forza del Regno!

König Wo weilt nun der, den Gott gesandt zum Ruhm, zur Grösse von Brabant?

Re Dove indugia colui che Dio ha inviato per la gloria, per la grandezza di Brabante?

(Ein scheues Gedränge ist entstanden; die vier Edlen bringen auf einer Bahre Friedrich’s Leiche und setzen sie in der Mitte des Kreises nieder. )

(È nato un tremendo tumulto; i quattro nobili portano su una bara il cadavere di Federico e lo depongono nel mezzo della scena.)

Alle Männer Was bringen die? Was thun sie kund? Die Mannen sind’s des Telramund.

Tutti gli uomini E quelli, che cosa portano? Che cosa significa? Sono i seguaci di Telramondo.

König Wen führt ihr her? Was soll ich schau’n? Mich fasst bei eurem Anblick Grau’n!

Re Chi è quello che portate? Che cosa devo [vedere? La vostra presenza mi empie di orrore!

Die vier Edlen So will’s der Schützer von Brabant: Wer dieser ist, macht er bekannt.

I quattro nobili Così vuole il Protettore di Brabante. Chi sia quest’uomo, egli lo renderà noto.

(Elsa, mit einem grossen Gefolge von Frauen, tritt auf und schreitet langsam, wankenden Schrittes vor.)

(Elsa, con grande seguito di donne, entra e viene avanti lentamente, con passo malcerto.)

Die Männer Seht! Elsa naht, die Tugendreiche!

Gli uomini Vedete! Sta arrivando Elsa, lei, piena di [virtù!

(Der König geht Elsa entgegen und geleitet sie zu einem Sitze der Eiche gegenüber.)

(Il Re va incontro a Elsa e l’accompagna a un seggio di fronte alla quercia.)

Wie ist ihr Antlitz trüb’ und bleiche!

Com’è turbato e pallido il suo volto!

König Wie muss ich dich so traurig seh’n! Will dir so nah’ die Trennung geh’n?

Re Devo proprio vederti così triste? Tanta pena è per te ch’egli parta [in armi]?

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(Elsa versucht vor ihm aufzublicken,vermag es aber nicht. Grosses Gedränge im Hintergrunde.)

(Elsa tenta di alzare lo sguardo al suo cospetto, ma non riesce a farlo. Grande tumulto in fondo alla scena.)

Stimmen Macht Platz, macht Platz dem Helden von [Brabant!

Voci Fate largo, fate largo all’eroe di Brabante!

Alle Männer Heil! Heil dem Helden von Brabant! Heil!

Tutti gli uomini Viva! Viva l’eroe di Brabante! Viva!

(Lohengrin, ganz so gewaffnet wie im ersten Akte, tritt auf und schreitet feierlich und ernst in den Vordergrund.)

(Lohengrin, tutto armato come nel primo atto, entra e avanza solenne e severo verso il proscenio.)

König Heil deinem Kommen, theurer Held! Die du so treulich riefst ins Feld,

von dir geführt, des Sieg’s bewusst.

Re Sii il benvenuto, caro eroe! Quelli che tu, fedele a me, chiamasti al [campo e all’armi, ti attendono con ansia, con brama di [combattere; sanno che tu li guidi, son certi della vittoria.

Alle Männer Wir harren dein in Streites Lust, von dir geführt, des Sieg’s bewusst.

Tutti gli uomini Noi ti attendiamo con brama di combattere; sapendo che ci guidi, siam certi della vittoria.

Lohengrin Mein Herr und König, lass’ dir melden: die ich berief, die kühnen Helden, zum Streit sie führen darf ich nicht.

Lohengrin Mio signore e Re, lascia che te lo annunci: quelli che chiamai all’appello, i valorosi eroi, non posso guidarli alla battaglia.

(Alle drücken höchste Betroffenheit aus.)

(Tutti esprimono il massimo stupore.)

König und alle Männer Hilf Gott! Welch’ hartes Wort er spricht!

Il Re e tutti gli uomini Dio ci aiuti! Come ci feriscono le sue parole!

Die Frauen Hilf Gott!

Le donne Dio ci aiuti!

Lohengrin Als Streitgenoss bin nicht ich euch [gekommen; – als Kläger sei ich jetzt von euch vernommen!

Lohengrin Non son venuto qui come compagno [d’armi:… ma come accusatore, ora, voglio parlarvi.

(Er enthüllt Friedrich’s Leiche, vor deren Anblick sich Alle mit Abscheu abwenden.)

(Scopre il cadavere di Federico, alla cui vista tutti distolgono lo sguardo con orrore.)

Lohengrin (feierlich vor der Leiche) Zum ersten klage laut ich vor euch Allen,

Da dieser Mann zur Nacht mich überfallen, sagt, ob ich ihn mit Recht erschlug?

Lohengrin (solenne, dinanzi al cadavere) In primo luogo, dinanzi a tutti voi, ad alta [voce, lancio un’accusa, e chiedo che vi pronunciate secondo diritto [e giustizia: poiché quest’uomo mi ha assalito di notte, dite se a buon diritto l’ho abbattuto.

König und alle Männer (die Hand feierlich nach der Leiche ausstreckend)

Il re e tutti gli uomini (stendendo solennemente la mano sul cadavere)

die harren dein in Streites Lust,

und frag’ um Spruch nach Recht und Fug:

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Wie deine Hand ihn schlug auf Erden, soll dort ihm Gottes Strafe werden.

Come la tua mano l’ha colpito in terra, così nell’aldilà lo punisca Dio.

Lohengrin Zum and’ren aber sollt ihr Klage hören, denn aller Welt nun klag’ ich laut: dass zum Verrath an mir sich liess bethören das Weib, das Gott mir angetraut!

Lohengrin Ma ancora un’altra accusa qui dovete udire, ed è ciò che al mondo intero, ora, denuncio [ad alta voce: contro di me, a tradimento si lasciò fuorviare la donna che Dio mi aveva affidato.

Die Männer (heftig erschrocken und betrübt) Elsa! Wie mochte das gescheh’n? Wie konntest du dich so vergeh’n?

Gli uomini (vivamente spaventati e turbati) Elsa! Com’è potuto accadere? Come hai potuto fare questo?

König Elsa! Wie konntest du dich so vergeh’n?

Re Elsa! Come hai potuto fare questo?

Die Frauen (mit klagenden Gebärden auf Elsa blickend) Wehe dir! Elsa!

Le donne (con gesti di accusa, guardando Elsa) Guai a te! Elsa!

Lohengrin (immer streng) Ihr hörtet Alle, wie sie mir versprochen, dass nie sie woll’ erfragen, wer ich bin? Nun hat sie ihren theuren Schwur gebrochen, treulosem Rath gab sie ihr Herz dahin!

Lohengrin (sempre in tono severo) Tutti avevate udito la sua promessa: che mai avrebbe domandato chi io sia. Quel giuramento prezioso, ella l’ha infranto, aprendo il suo cuore a infido consiglio.

(Alle drücken die heftigste Erschütterung aus.)

(Tutti esprimono la più violenta emozione.)

Zu lohnen ihres Zweifels wildem Fragen

Per appagare il suo dubbio, da lei espresso [con tanta furia, non vi sia risparmiata più a lungo la risposta; avrei potuto rifiutarla a un nemico insistente… ora devo dichiarare, qui, il mio nome e la [mia natura. (con crescente trasfigurazione di tutto il suo aspetto e dei suoi atteggiamenti) Ora, attenti! Dite voi se io deva temere la [luce del giorno! Dinanzi al mondo intero, dinanzi al Re e al [Regno, io vi rivelo, in fede, il mio segreto! (ergendosi con fierezza) Udite dunque, e dite se io non vi son pari in [nobiltà!

sei nun die Antwort länger nicht gespart; des Feindes Drängen durft’ ich sie versagen, – nun muss ich künden wie mein Nam’ und Art. (mit immer steigender Verklärung seiner Mienen) Jetzt merket wohl, ob ich den Tag muss [scheuen! Vor aller Welt, vor König und vor Reich enthülle mein Geheimniss ich in Treuen! (sich hoch aufrichtend) So hört, ob ich an Adel euch nicht gleich! Alle Männer Welch Unerhörtes muss ich nun erfahren? O, könnt’ er die erzwung’ne Kunde sich [ersparen!

Tutti gli uomini Quale cosa inaudita sto per apprendere? Oh, gli fosse risparmiata la rivelazione cui [per forza non può sottrarsi!

König Was muss ich nun erfahren? O, könnt’ er die Kunde sich ersparen!

Re Che cosa sto per apprendere? Oh, gli fosse risparmiata questa rivelazione!

Lohengrin In fernem Land, unnahbar euren Schritten,

Lohengrin In lontano paese, che mai potreste [raggiungere,

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liegt eine Burg, die Monsalvat genannt; ein lichter Tempel stehet dort in mitten, so kostbar als auf Erden nicht’s bekannt; drin ein Gefäss von wunderthät’gem Segen wird dort als höchstes Heiligthum bewacht: es ward, dass sein der Menschen reinste [pflegen, herab von einer Engelschaar gebracht; alljährlich naht vom Himmel eine Taube, um neu zu stärken seine Wunderkraft: es heisst der Gral, und selig reinster Glaube ertheilt durch ihn sich seiner Ritterschaft. Wer nun dem Gral zu dienen ist erkoren, den rüstet er mit überirdischer Macht; – an dem ist jedes Bösen Trug verloren, wenn ihn er sieht, weicht dem des Todes [Nacht; selbst wer von ihm in ferne Land’ entsendet, zum Streiter für der Tugend Recht ernannt, dem wird nicht seine heil’ge Kraft entwendet, bleibt als sein Ritter dort er unerkannt; so hehrer Art doch ist des Grales Segen, enthüllt muss er des Laien Auge flieh’n: – Des Ritter’s drum sollt Zweifel ihr nicht [hegen, erkennt ihr ihn – dann muss er von euch [zieh’n. – Nun hört, wie ich verbot’ner Frage lohne! Vom Gral ward ich zu euch daher gesandt; mein Vater Parzival trägt seine Krone, – sein Ritter ich – bin Lohengrin genannt.

esiste un castello, che ha nome Monsalvato. Nel mezzo si erge un tempio luminoso; nulla di più prezioso si conosce, su tutta la [terra. Là dentro, un vaso di virtù miracolosa è custodito, sublime reliquia; perché custodi ne fossero i più puri fra gli [uomini, fu portato qui, sulla terra, da una schiera di [angeli. Ogni anno vien dal cielo una colomba, a rinnovar la forza del suo prodigio arcano. È il Gral: fede beata, la più pura, esso dona a ciascuno dei suoi cavalieri. Chi, dunque, è scelto per servire il Gral, [da esso riceve l’armatura di un potere ultraterreno,… si spezza, su quell’armatura, l’inganno di [ogni malvagio. Chi contempla il Gral, sente dissolversi la [notte e la morte. E se qualcuno è inviato dal Gral in una [terra lontana, eletto, secondo diritto, a difensore della [virtù, neppure a lui viene meno la sacra forza, purché là, come suo cavaliere egli non sia [riconosciuto. Di tale sovrana natura è infatti la virtù [del Gral, che, quando essa sia svelata, egli deve [fuggire l’occhio del profano… Non resti in voi alcun dubbio, perciò, sul [cavaliere: se lo riconoscete… egli vi deve lasciare. Udite, dunque, come rispondo alla domanda [proibita! Dal Gral io sono stato inviato a voi; del Gral, mio padre Parsifal porta la corona,… io sono suo cavaliere… Lohengrin è il mio [nome.

entbrennt mein Aug’ in heil’gen [Wonnezähren!

Il re, tutti gli uomini, tutte le donne (tutti nella più intensa commozione) A udirlo mentre ci dà prova della sua [eccelsa natura, il mio occhio s’infiamma di sante lacrime [di gioia!

Elsa Mir schwankt der Boden! – Welche Nacht! – O Luft, – Luft der Unglücksel'gen!

Elsa La terra trema, mi manca! – quale notte! – Oh, aria – aria per questa infelice!

(Sie droht umzusinken; Lohengrin fasst sie in seine Arme.)

(Minaccia di cadere; Lohengrin l’afferra e la tiene tra le sue braccia.)

Lohengrin O, Elsa! Was hast du mir angethan? Als meine Augen dich zuerst ersah’n,

Lohengrin Oh, Elsa! Che cosa mi hai fatto? Quando i miei occhi, per la prima volta, ti [videro,

König, alle Männer und Frauen (Alle in höchster Rührung) Hör’ ich so seine höchste Art bewähren,

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zu dir fühlt’ ich in Liebe mich entbrannt, und schnell hatt’ ich ein neues Glück [erkannt: die hehre Macht, die Wunder meiner Art, die Kraft, die mein Geheimniss mir bewahrt, wollt’ ich dem Dienst des reinsten Herzen’s [weih’n; – was rissest du nun mein Geheimniss ein? Jetzt muss ich – ach! von dir geschieden sein! König und alle Männer Weh’! Weh’! Weh’! Weh’! Musst du von uns zieh’n, du hehrer, gottgesandter Mann! Soll uns des Himmels Segen flieh’n, wo fänden dein’ wir Tröstung dann? O bleib’! Wo fänden Tröstung wir? Elsa (in höchster Verzweiflung aufschreckend) Mein Gatte! Nein! ich lass’ dich nicht von [hinnen! Als Zeuge meiner Busse bleibe hier! Nicht darfst du meiner bittern Reu’ [entrinnen, dass du mich strafest, liege ich vor dir! Bist du so göttlich als ich erkannt, sei Gottes Gnade nicht aus dir verbannt! Büsst sie in Jammer ihre schwere Schuld nicht flieh’ die Aermste deiner Nähe Huld! Verstoss’ mich nicht, wie gross auch mein [Verbrechen! Verlass’, ach! verlass’ mich Aermste nicht! Die Frauen Weh’! Weh’! Nun muss er von dir zieh’n! Weh’! Weh’! du hehrer usw. Lohengrin Ich muss, ich muss, mein süsses Weib! Schon zürnt der Gral, dass ich ihm ferne [bleib’! Nur eine Strafe giebt’s für dein Vergeh’n!

mi sentii ardere d’amore per te: avevo subito imparato a conoscere una [felicità nuova; il nobile potere, la meraviglia della mia [natura, la forza che si fonda sul mio segreto, tutto questo lo volli riservare al servizio del [più puro fra i cuori,… Perché, allora, quel segreto, tu me lo [strappasti? Ora devo… ah, separarmi da te! Il re e tutti gli uomini Ahimé! Ahimé! Ahimé! Ahimé! Ci devi lasciare, nobile eroe, inviato da Dio! Se la benedizione del cielo fugge via da noi, dove troveremmo, poi, conforto per averti [perduto? Oh, rimani! Dove troveremmo conforto? Elsa (travolta dalla massima disperazione) Mio sposo! No! Da qui non ti lascio partire! Qui rimani, come testimone del mio [pentimento! All’amarezza di questa donna pentita non [puoi sottrarti; perché tu mi punisca, eccomi qui, a giacere [ai tuoi piedi! Se sei così divino com’eri quando ti ho [conosciuto, non mettere al bando, esiliandola da te, la [grazia di Dio! Se nell’amarezza ella espia la sua grave colpa, non sia negata, all’infelicissima, la grazia [della tua presenza! Non respingermi, per quanto sia grande il [mio delitto! Non abbandonare, ah! Non abbandonare [me misera! Le donne Ahimé! Ahimé! Ora ti deve lasciare! Ahimé! Ahimé! Nobile eroe ecc. | Lohengrin Devo, devo, mia dolce donna! Già il Gral si adira che io gli resti lontano!

dies muss die Strafe, dies die Sühne sein!

Per ciò che hai commesso, c’è un unico [castigo! Ahimé! Di quel castigo, come ti colpisce [l’aspro rigore! Divisi, lontani l’uno all’altra ci dobbiamo [intravedere: sia questa la punizione, questa l’espiazione!

(Elsa sinkt mit einem Schrei zurück.)

(Elsa cade a terra con un grido.)

ach! mich, wie dich trifft ihre herbe Pein! Getrennt, geschieden sollen wir uns seh’n:

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Alle Männer und König (ungestüm Lohengrin umdrängend) O bleib! – O zieh’ uns nicht von dannen! Des Führer’s harren deine Mannen!

Tutti gli uomini e il Re (incalzando Lohengrin con impeto) Oh, rimani! - Oh, non andartene da qui! Attendono il condottiero i tuoi vassalli!

Lohengrin O König! hör’! Ich darf dich nicht geleiten! Des Grales Ritter, habt ihr ihn erkannt, – wollt’ er in Ungehorsam mit euch streiten,

Lohengrin Oh, re! Ascolta! Non ti posso accompagnare! Il cavaliere del Gral, lo avete riconosciuto,… Anche se egli volesse disubbidire e [combattere con voi, gli verrebbe meno ogni forza virile! – Ma, grande Re, lasciami predire il futuro: –

ihm wäre alle Manneskraft entwandt! – Doch, grosser König, lass mich dir [weissagen: – Dir Reinem ist ein grosser Sieg verlieh’n! Nach Deutschland sollen – noch in fernsten [Tagen – des Ostens Horden siegreich nimmer zieh’n!

a te, puro, una grande vittoria è concessa! Mai più, verso la Germania – neppur nei più [lontani giorni a venire –, si vedranno marciare vittoriose le orde [d’Oriente!

(Lebhafte Erregung.)

(Viva eccitazione.)

Ein Theil der Männer (im Hintergrunde) Der Schwan! Der Schwan!

Una parte degli uomini (nel fondo della scena) Il cigno! Il cigno!

(Hier kommt der Schwan um die vordere Flussbiegung herum. – Er zieht den leeren Nachen.)

(A questo punto si vede arrivare il cigno, che gira intorno alla prima ansa del fiume, [quella già visibile sulla scena]. – Trascina la navicella vuota.)

Die Männer und die Frauen Der Schwan! Der Schwan! Seht dort ihn wieder nah’n! Der Schwan! Weh’, er naht! Er naht, der Schwan!

Gli uomini e le donne Il cigno! Il cigno! È qui di nuovo! Si avvicina! Il cigno! Ahimé, si avvicina! Si avvicina il cigno!

(Elsa, aus ihrer Betäubung erweckt, erhebt sich auf den Sitz gestützt, und blickt nach dem Ufer.)

(Elsa rinviene dal suo mancamento, si solleva appoggiandosi al suo seggio, e guarda verso la riva.)

Elsa Entsetzlich! Ha! Der Schwan!

Elsa Ho tanta paura! Ah! Il cigno!

(Sie verbleibt lange Zeit wie erstarrt in ihrer Stellung.)

(Resta a lungo nella sua posizione, come irrigidita.)

Lohengrin (erschüttert) Schon sendet nach dem Säumigen der Gral!

Lohengrin (commosso) Già il Gral manda a chieder di me, che sto [indugiando!

(Unter der gespanntesten Erwartung der Uebrigen tritt Lohengrin dem Ufer näher und neigt sich zu dem Schwan, ihn wehmüthig betrachtend.)

(Mentre i presenti vivono momenti di attesa piena di tensione, Lohengrin si avvicina di più alla riva e si china sul cigno, contemplandolo con tristezza.)

Mein lieber Schwan! Ach, diese letzte traur’ge Fahrt, wie gern hätt’ ich sie dir erspart! In einem Jahr, wenn deine Zeit

Mio caro cigno! Ah! Questo triste ultimo viaggio, come avrei voluto risparmiartelo! Tra un anno, quando il tuo tempo

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im Dienst zu Ende sollte geh’n, dann, durch des Grales Macht befreit, wollt’ ich dich anders wiederseh’n!

di servizio fosse giunto al termine, allora, reso libero grazie al potere del Gral, avrei voluto rivederti in diverse sembianze.

(Er wendet sich im Ausbruch heftigen Schmerzes in den Vordergrund zu Elsa zurück. )

(Si volge indietro verso Elsa, sul proscenio, dando sfogo alla veemenza del suo dolore.)

O Elsa! Nur ein Jahr an deiner Seite

Oh, Elsa! Soltanto un anno al tuo fianco [avrei desiderato, per esser testimone della tua felicità! Poi, santificato dal vivere nella cerchia del [Gral, sarebbe ritornato tuo fratello, da te [ingannevolmente creduto morto.

hatt’ ich als Zeuge deines Glücks ersehnt! Dann kehrte, selig in des Gral’s Geleite, dein Bruder wieder, den du todt gewähnt. (Alle drücken ihre lebhafte Überraschung aus.)

(Tutti esprimono il loro vivo stupore.)

Lohengrin (während er sein Horn, sein Schwert und seinen Ring Elsa überreicht) Kommt er dann heim, wenn ich ihm fern im [Leben, – dies Horn, dies Schwert, den Ring sollst du [ihm geben: – dies Horn soll in Gefahr ihm Hülfe [schenken, – in wildem Kampf dies Schwert ihm Sieg [verleiht; – doch bei dem Ringe soll er mein gedenken, der einst auch dich aus Schmach und Noth [befreit! – (während er Elsa, die keines Ausdrucks mächtig ist, wiederholt küsst) Leb’ wohl! Leb’ wohl! Leb’ wohl, mein [süsses Weib! Leb’ wohl! Mein zürnt der Gral, wenn ich [noch bleib’! Leb’ wohl! Leb’ wohl!

Lohengrin (porgendo a Elsa il suo corno, la sua spada e il suo anello) Se un giorno ritornerà, mentre io gli sarò [lontano, – dagli questo corno, questa spada, l’anello: – questo corno, che lo aiuti nel pericolo, – la spada, che gli conceda vittoria in crudele [battaglia: – ma con l’anello al dito si ricorderà di me che un giorno anche te ho liberato da onta e [da angoscia. – (baciando ripetutamente Elsa, che non riesce a dire neppure una parola) Addio! Addio! Addio, mia dolce donna! Addio! Con me si adira il Gral, se ancora [indugio! Addio! Addio!

(Er eilt schnell dem Ufer zu.)

(Va in fretta verso la riva.)

Männer, Frauen und König Weh’! Weh’! Du edler, holder Mann! Welch’ harte Noth thust du uns an!

Gli uomini, le donne, il Re Ahimé! Ahimé! Nobile, caro eroe! Quale dura pena ci infliggi!

Ortrud (im Vordergrunde auftretend) Fahr’ heim! Fahr’ heim, du stolzer Helde, dass jubelnd ich der Thörin melde,

am Kettlein, das ich um ihn wand, ersah ich wohl, wer dieser Schwan: es ist der Erbe von Brabant!

Ortruda (entra in scena e si colloca al proscenio) Ritorna a casa! Ritorna a casa, superbo eroe! Ora sì che posso annunciare, festante, a [quella pazza chi è colui che ti ha trascinato quando eri [nella navicella; dalla catenina con cui l’avevo legato, bene ho riconosciuto chi è questo cigno: è l’erede di Brabante!

Frauen und Männer Ha!

Donne e uomini Ah!

wer dich gezogen in dem Kahn;

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Ortrud (zu Elsa) Dank, dass den Ritter du vertrieben! Nun giebt der Schwan ihm Heimgeleit! Der Held, wär’ länger er geblieben, den Bruder hätt’ er auch befreit!

Ortruda (a Elsa) Grazie! Il cavaliere, l’hai cacciato via! Ora il cigno sarà sua scorta nel viaggio di [ritorno! L’eroe, se fosse rimasto più a lungo, avrebbe liberato anche il fratello!

Die Männer (in äusserster Entrüstung) Abscheulich Weib! Ha, welch’ Verbrechen hast du in frechem Hohn bekannt!

Gli uomini (al colmo dello sdegno) Donna ripugnante! Ah, di quale delitto ti sei gloriata, con sfrontato scherno!

Die Frauen Abscheulich Weib!

Le donne Donna ripugnante!

Ortrud Erfahrt, wie sich die Götter rächen, von deren Huld ihr euch gewandt!

Ortruda Imparate come si vendicano gli dèi il cui culto voi avete abbandonato!

(Sie bleibt in wilder Verzückung hoch aufgerichtet stehen. – Lohengrin, bereits am Ufer angelangt, hat Ortrud genau vernommen und sinkt jetzt zu einem stummen Gebet feierlich auf die Knie. Aller Blicke richten sich mit gespannter Erwartung auf ihn. – Die weisse Gral’s-Taube schwebt über den Nachen herab. Lohengrin erblickt sie; mit einem dankenden Blicke springt er auf und löst dem Schwan die Kette, worauf dieser sogleich untertaucht; an seiner Stelle hebt Lohengrin einen schönen Knaben in glänzendem Silbergewande – Gottfried – aus dem Flusse an das Ufer.)

(Rimane dritta in piedi, eretta, in uno stato di selvaggia esaltazione. – Lohengrin, che già ha raggiunto la riva, ha colto distintamente le parole di Ortruda. Ora cade in ginocchio, e si chiude in muta e solenne preghiera. Gli sguardi di tutti si fissano su di lui in un’attesa piena di tensione. – Scende, librandosi sopra la navicella, la bianca colomba del Gral. Lohengrin, a un certo punto, la vede. Con uno sguardo che esprime ringraziamento, sale a bordo con un balzo e scioglie la catena del cigno, che subito s’immerge. In suo luogo, Lohengrin solleva dalle onde del fiume, traendolo alla riva, un bel fanciullo in lucente veste d’argento: Goffredo.)

Lohengrin Seht da den Herzog von Brabant, – zum Führer sei er euch ernannt.

Lohengrin Vedete il duca di Brabante,… proclamatelo vostro condottiero.

(Ortrud sinkt bei Gottfrieds Anblick mit einem Schrei zusammen. Lohengrin springt schnell in den Kahn, den die Taube an der Kette gefasst hat und sogleich fortzieht. Elsa blickt mit letzter freudiger Verklärung auf Gottfried, welcher nach vorn schreitet und sich vor dem König verneigt: Alle betrachten ihn mit seligem Erstaunen, die Brabanter senken sich huldigend vor ihm auf die Knie. Gottfried eilt in Elsa’s Arme; diese nach einer kurzen freudigen Entrückung, wendet hastig den Blick nach dem Ufer, wo sie Lohengrin nicht mehr erblickt.)

(Vedendo Goffredo, Ortruda cade a terra con un grido. Lohengrin salta rapido nella navicella, che la colomba ha afferrato per la catena e immediatamente trascina via. Con un’ultima illuminazione di gioia che la trasfigura, Elsa guarda Goffredo, il quale avanza verso il proscenio e s’inchina dinanzi al Re. Tutti lo contemplano con felicità mista a stupore. I Brabantini cadono in ginocchio dinanzi a lui, in atto di omaggio. Goffredo si getta tra le braccia di Elsa. Quest’ultima, dopo una breve estasi colma di gioia, volge rapidamente lo sguardo alla riva, dove ella non riesce più a scorgere Lohengrin.)

Elsa Mein Gatte! Mein Gatte!

Elsa Mio sposo! Mio sposo!

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(In der Ferne wird Lohengrin wieder sichtbar. Er steht mit gesenktem Haupte, traurig auf seinen Schild gelehnt, im Nachen; bei diesem Anblick bricht Alles in einen lauten Weheruf aus. )

(In lontananza, è di nuovo visibile Lohengrin. Egli sta in piedi nella navicella, a capo chino, tristemente appoggiato al suo scudo. A questa vista, tutti erompono a gran voce in un grido di dolore.)

Elsa, der König, Frauen und Männer Weh’!

Elsa, il re, donne e uomini Ahimé!

(Elsa sinkt entseelt in Gottfried’s Armen zu Boden. Während Lohengrin immer ferner gesehen wird, sinkt langsam der Vorhang.)

(Elsa, esanime, cade a terra, tra le braccia di Goffredo. Mentre Lohengrin, sempre più lontano, è ancora visibile, cala lentamente il sipario. )

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In questa pagina e nelle successive: alcuni figurini disegnati da Christian Schimdt.

Lohengrin


Lohengrin


Elsa von Brabant


Friedrich von Telramund


Ortrud


Il soggetto Cesare Fertonani*

Atto primo

Atto secondo

Un prato sulla riva della Schelda. Anversa, prima metà del secolo X. Giunto nel Brabante per richiamarvi alle armi la popolazione contro gli Ungari, il re Heinrich der Vogler chiede a Friedrich von Telramund perché i brabantini si trovano senza un capo e in lotta tra loro. Telramund avanza pretese sul governo: sostiene che alla morte del duca di Brabante la di lui figlia, Elsa, per impadronirsi del potere, ha ucciso il fratello Gottfried, cui sarebbe spettata la successione; per questo egli ha preferito unirsi in matrimonio con Ortrud, discendente da una stirpe pagana, anziché con Elsa, che pure gli era stata promessa in sposa dal vecchio duca. Il re convoca allora Elsa che, invece di difendersi dall’accusa, rievoca in uno stato di estasi la visione di un cavaliere inviato da Dio, il quale combatterà per lei per provarne l’innocenza («Einsam in trüben Tagen»): quel cavaliere sarà il suo sposo e sovrano. Il re decide di risolvere la questione con un giudizio di Dio. Dapprima non si presenta alcuno sfidante, ma dopo che gli squilli vengono ripetuti ecco apparire sul fiume un cavaliere, Lohengrin, a bordo di una navicella trainata da un cigno. Una volta sceso a terra («Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!»), il cavaliere sfida Telramund a duello per scagionare Elsa dalle accuse e per sposarla, a patto però che ella accetti di non chiedergli mai né il nome né il luogo da cui proviene («Nie sollst du mich befragen»). Elsa gli si affida senza indugio: in un breve duello Lohengrin sconfigge Telramund ma gli risparmia la vita. Elsa e Lohengrin sono quindi portati in trionfo nel tripudio generale.

La fortezza di Anversa. Di notte, mentre nel castello è in corso la festa in onore di Elsa e Lohengrin, sui gradini della chiesa siedono in disparte Telramund e Ortrud. Telramund si scaglia contro la moglie: è lei la causa della sua rovina, è lei che, per brama di potere, lo ha ingannato e indotto ad accusare ingiustamente Elsa. Ortrud ribatte che lo straniero ha vinto il duello grazie alla magia e aggiunge che, se egli fosse costretto a rivelare il proprio nome o se si riuscisse a troncargli anche la più piccola parte del corpo, perderebbe immediatamente ogni potere magico. Ortrud convince allora Telramund a escogitare un piano di vendetta. Quando Elsa appare sul balcone («Euch Lüften, die mein Klagen»), Ortrud ordina a Telramund di nascondersi, poi, fingendosi addolorata, riesce a impietosire Elsa. Non prima di aver invocato con esaltazione l’aiuto degli dèi pagani per compiere la propria vendetta, Ortrud insinua in Elsa sospetti sul cavaliere inviato da Dio, poi riesce a introdursi con lei nel castello. Intanto, fa giorno. L’araldo annuncia le volontà del re: la messa al bando di Telramund e le nozze immediate tra Elsa e il cavaliere straniero, nuovo protettore del Brabante. Furente, Telramund vuole accusare il

* Cesare Fertonani (1962), esperto di musica italiana del Settecento, è professore associato di Storia della Musica all’Università di Milano. Critico musicale su riviste specialistiche, ha curato numerose pubblicazioni scientifiche, in particolare su Vivaldi e Schubert.

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cavaliere di stregoneria ma quattro nobili lo nascondono per il momento alla vista della folla. Nel corteo nuziale Elsa procede verso la chiesa, quando Ortrud si fa avanti per diffamare le nobili origini del promesso sposo. Sopraggiungono il re e Lohengrin, ora è Telramund a farsi avanti: accusa il cavaliere di stregoneria e gli intima di dichiarare pubblicamente nome e origine. Lohengrin dice di dovere una risposta soltanto a Elsa. La fanciulla è lacerata dal dubbio e Telramund ne approfitta per sussurrarle di essere disposto a starle vicino quella notte: qualora lo chiamasse, egli taglierebbe un pezzetto del corpo del cavaliere per rompere l’incantesimo e obbligare lo straniero a rimanerle accanto per sempre. Pur scossa, Elsa ribadisce la fiducia nel suo salvatore e la coppia nuziale è condotta in chiesa. Atto terzo La stanza nuziale; poi il prato sulla riva della Schelda. Dopo l’inno nuziale («Treulich geführt»), Elsa e Lohengrin restano soli. Si dichiarano il loro amore («Das süße Lied verhallt»), ma mentre Elsa vorrebbe conoscere il mistero che avvolge Lohengrin, questi cerca in ogni modo di evitare che gli venga posta la domanda proibi-

ta. Proprio quando Elsa rompe il divieto, Telramund irrompe nella camera con i quattro nobili: Lohengrin lo affronta e lo uccide. Ormai consapevole di aver perduto Elsa, Lohengrin dice che le darà risposta in pubblico. Il mattino seguente, sulla sponda della Schelda, il re accoglie i brabantini in partenza per la guerra. Sopraggiunge anche il misterioso cavaliere: narra di aver ucciso Telramund per legittima difesa e di essere stato tradito da Elsa, che gli ha domandato nome e origine, quindi rivela la sua identità. È Lohengrin, figlio di Parzival, il re del Graal; inviato a combattere il male, è protetto da una potenza divina che però svanisce se egli svela il proprio nome («In fernem Land»). Né le suppliche di Elsa né quelle della folla persuadono Lohengrin a rimanere: sul fiume è ormai riapparso il cigno che riporterà il cavaliere da dove è venuto. Lohengrin prende commiato da Elsa e predice la vittoria al re. Poi, quando Ortrud rivela di aver trasformato Gottfried nel cigno grazie a un incantesimo, Lohengrin si raccoglie in preghiera: una colomba scende sulla navicella, il cigno s’immerge nell’acqua e ne riesce con le sembianze di Gottfried, pronto ad assumere la guida del Brabante. Ortrud cade a terra; mentre Lohengrin si allontana sulla navicella, Elsa si abbandona esanime tra le braccia del fratello.

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Argument

Premier acte

Deuxième acte

Un pré sur les bords de l’Escaut. Anvers, première moitié du Xème siècle. Arrivé dans le Brabant pour appeler la population à prendre les armes contre les Hongrois, le roi Heinrich der Vogler demande à Friedrich von Telramund pourquoi les brabançons n’ont pas de chef et sont en lutte entre eux. Telramund soutient qu’il aurait le droit de gouverner: en effet il aurait dû épouser Elsa, la fille du duc de Brabant qui la lui avait promise, mais celle-ci, ayant tué son frère Gottfried – l’héritier au duché – à la mort de leur père afin de s’emparer du pouvoir, il avait renoncé à elle et préféré épouser Ortrud, descendante d’une race païenne. Le roi convoque alors Elsa, laquelle, au lieu de se défendre de l’accusation, évoque, comme en extase, la vision d’un chevalier envoyé de Dieu qui combattra pour elle et prouvera son innocence («Einsam in trüben Tagen»): ce chevalier sera son époux et son souverain. Le roi décide de résoudre la question en invoquant un jugement de Dieu et fait sonner les trompettes, mais personne ne se présente; lorsqu’elles résonnent à nouveau voici que sur le fleuve apparaît un chevalier, Lohengrin, à bord d’une nacelle tirée par un cygne. Le chevalier met pied à terre («Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!») et défie Telramund en duel pour disculper Elsa et pour l’épouser, à condition toutefois que celle-ci ne lui demande jamais ni son nom ni d’où il vient («Nie sollst du mich befragen»). Elsa s’en remet à lui immédiatement; en un bref duel Lohengrin vainc Telramund mais lui épargne la vie. Elsa et Lohengrin sont portés en triomphe au milieu de la liesse générale.

La forteresse d’Anvers. Il fait nuit. Tandis que dans le château une fête en l’honneur d’Elsa et de Lohengrin bat son plein, Telramund et Ortrud sont assis à l’écart sur les marches de l’église. Telramund s’en prend à sa femme: c’est elle la cause de sa perte, c’est elle qui, par soif de pouvoir, l’a dupé et induit à accuser Elsa à tort. Ortrud rétorque que l’étranger a vaincu le duel grâce à la magie et que, si on l’obligeait à révéler son nom ou si on réussissait à lui enlever ne serait-ce qu’une toute petite partie de son corps, il perdrait automatiquement tout pouvoir magique. Ortrud convainc alors Telramund à imaginer un plan de vengeance. Quand Elsa apparaît au balcon («Euch Lüften, die mein Klagen»), Ortrud ordonne à Telramund de se cacher, puis, faisant croire qu’elle est affligée, elle réussit à apitoyer Elsa. Après avoir invoqué avec exaltation les dieux païens pour accomplir sa vengeance, Ortrud insinue en Elsa des soupçons sur le chevalier envoyé par Dieu, puis elle réussit à s’introduire dans le château. Entre temps le jour s’est levé. Le héraut annonce la volonté du roi: la mise au ban de Telramund et les noces immédiates d’Elsa et du chevalier étranger, le nouveau protecteur du Brabant. Furieux, Telramund veut accuser le chevalier de sorcellerie, mais quatre nobles le cachent pour l’instant à la vue de la foule. Le cortège nuptial avance et Elsa se dirige vers l’église lorsqu’Ortrud s’approche d’elle et diffame son futur époux. Quand le roi et Lohengrin arrivent, c’est au tour de Telramund de s’approcher: il accuse le chevalier de sorcellerie et l’enjoint de déclarer publiquement son nom et ses origines. Lohengrin déclare qu’il ne doit cette réponse qu’à Elsa. La jeune fille est torturée par le doute et Telramund en

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profite pour lui sussurer qu’il est prêt à passer la nuit non loin d’elle: au cas où elle l’appellerait, il viendrait couper un morceau du corps du chevalier pour rompre l’enchantement et l’obliger à rester pour toujours à ses côtés. Bien que troublée, Elsa réaffirme sa confiance en son sauveur et le couple nuptial est conduit dans l’église. Troisième acte La chambre nuptiale; puis le pré sur les bords de de l’Escaut. À la fin de l’hymne nuptial («Treulich geführt»), Elsa et Lohengrin restent seuls. Ils se déclarent leur amour («Das süße Lied verhallt»), mais tandis qu’Elsa voudrait connaître le mystère qui enveloppe Lohengrin, celui-ci cherche d’éviter qu’elle lui pose la demande défendue. Au moment même où Elsa rompt l’interdiction, Telramund se précipite dans la chambre suivi des quatre nobles: Lohengrin l’affronte et le tue; conscient qu’il a désormais perdu Elsa, il lui dit qu’il lui donnera sa réponse en public. Le lendemain matin, sur les bords de l’Es-

caut, le roi accueille les brabançons en partance pour la guerre. Le mystérieux chevalier arrive: il dit qu’il a tué Telramund par légitime défense et qu’il a été trahi par Elsa, qui lui avait demandé son nom et ses origines, et il révèle son identité: il est Lohengrin, le fils de Parzival, le roi du Graal; envoyé pour combattre le mal, il est protégé par une puissance divine qui toutefois disparaît s’il dévoile son nom («In fernem Land»). Ni les prières d’Elsa ni celles de la foule ne parviennent à le persuader de rester: sur le fleuve réapparaît le cygne qui doit ramener Lohengrin d’où il est venu. Lohengrin fait ses adieux à Elsa et prédit la victoire du roi. Puis, quand Ortrud révèle que le cygne n’est autre que Gottfried qu’elle avait transformé grâce à un enchantement, Lohengrin se recueille en prière: une colombe descend alors sur la nacelle tandis que le cygne plonge sous l’eau pour réapparaître à la surface avec la forme de Gottfried, qui est prêt à gouverner le Brabant. Ortrud tombe à terre. Lorsque Lohengrin s’éloigne sur la nacelle, Elsa s’abandonne, inanimée, entre les bras de son frère. (Traduzione di G. Viscardi)

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Synopsis

Act I

Act II

A field by the banks of the river Scheldt. Antwerp in the first half of the 10th century. King Heinrich der Vogler has come to Brabant to call the population to arms against the Hungarians. He asks Friedrich von Telramund why the Brabantians have no leader and are fighting amongst themselves. Telramund himself lays claims to the dukedom, maintaining that upon the Duke of Brabant’s death his daughter Elsa, in order to gain power for herself, had eliminated her brother Gottfried, heir to the title. For this reason Telramund preferred to marry Ortrud, who descends from a pagan race, rather than Elsa, even though she was promised to him by the old duke. The king then summons Elsa who, instead of defending herself against these accusations, recalls in a trance the vision of a knight sent by God, who will champion her, prove her innocence («Einsam in trüben Tagen») and then be her husband and sovereign. The king decides to settle the matter by ordeal of single combat. At first no champion presents himself. But after the trumpet blasts have been repeated, there appears upon the river a knight, Lohengrin, in a boat drawn by a swan. When he has stepped ashore («Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!»), the knight challenges Telramund to a duel. He proclaims that he will exculpate Elsa and make her his wife. On condition, however, that she shall agree never to ask him either his name or where he comes from («Nie sollst du mich befragen»). Elsa accepts without hesitation. In a brief duel Lohengrin defeats Telramund but spares his life. Elsa and Lohengrin are borne in triumph through the rejoicing crowd.

The fortress in Antwerp. At night, while the festivity in honour of Elsa and Lohengrin is being held in the castle, Telramund and Ortrud are seated in a corner outside, on the steps of the church. Telramund rants at his wife, saying she is the cause of his ruin and that she, in her craving for power, deceived him and induced him to accuse Elsa unjustly. Ortrud retorts that the foreigner won the duel by magic, adding that if he were forced to reveal his name or if it were possible to cut off even the smallest part of his body, he would immediately lose all his magic powers. Ortrud convinces Telramund to work out a plan of revenge. When Elsa appears on the balcony («Euch Lüften, die mein Klagen»), Ortrud orders Telramund to hide. Pretending to be sorrowful, she succeeds in arousing Elsa’s pity. Not without first having rapturously evoked the aid of the pagans to achieve her own vendetta, Ortrud sows suspicions in Elsa’s mind about the knight sent by God. In this way she also manages to get herself into the castle. Day breaks, and the herald announces the king’s wishes: that Telramund be banished and the marriage be celebrated at once between Elsa and the foreign knight, the new protector of Brabant. In a fury, Telramund wants to accuse the knight of sorcery, but four nobles for the moment keep him out of sight of the crowd. With the wedding party Elsa is on her way to the church, when Ortrud steps forward to slander her groom’s noble origins. The king and Lohengrin enter, and now it is Telramund who steps forward. He accuses the knight of sorcery and orders him to declare publicly his name and lineage. Lohengrin says he owes this answer only to Elsa. The maiden is torn by doubt and Telramund takes

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advantage to whisper in her ear that he is ready to stay by her that night. At a call from her, he would cut off a small portion of the knight’s body in order to break the magic spell and force the stranger to stay with her forever. Though shaken, Elsa reiterates her trust in her saviour and the bridal couple are led into the church. Act III The bridal chamber; the field on the banks of the Scheldt. After the wedding march («Treulich geführt»), Elsa and Lohengrin are left alone. They declare their love («Das süße Lied verhallt»), but whilst Elsa would like to unravel the mystery surrounding Lohengrin, the latter does his utmost to avoid the forbidden question. Just when Elsa breaks her vow not to ask it, Telramund and four noblemen burst into the room. Lohengrin slays Telramund. Aware by now that he has lost Elsa, Lohengrin tells her he will deliver his answer in public. The next morning, on the banks of the

Scheldt, the king receives the Brabantians who are leaving for the war. The mysterious knight also appears, announcing that he has killed Telramund in legitimate defence and that he has been betrayed by Elsa, who asked him his name and origin. He therefore now reveals his identity. He is Lohengrin, son of Parsifal, king of the Grail. Sent out to combat evil, he is protected by a divine power, which vanishes however if he discloses his name («In fernem Land»). Neither Elsa’s entreaties nor those of the crowd persuade Lohengrin to remain. On the river by now the swan has reappeared to take the knight back whence he came. Lohengrin bids farewell to Elsa and predicts the king’s victory. Then, when Ortrud reveals that she turned Gottfried into the swan by a magic spell, Lohengrin kneels in prayer. A dove descends onto the boat, the swan vanishes into the water and re-emerges as Gottfried, ready to rule over Brabant. Ortrud falls to the ground and while Lohengrin floats away on the boat, Elsa faints into the arms of her brother. (Traduzione di Rodney Stringer)

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Die Handlung

Erster Akt Eine Aue am Ufer der Schelde. Antwerpen, in der ersten Hälfte des X. Jahrhunderts. König Heinrich der Vogler ist nach Brabant gekommen um das Volk zum Krieg gegen die Ungarn aufzurufen. Er fragt Friedrich von Telramund, warum die Brabanter ohne Führung sind und im Kampf untereinander. Telramund hat Ansprüche, das Land zu regieren: er behauptet, nach dem Tod des Herzogs von Brabant habe dessen Tochter Elsa die Macht an sich gerissen und ihren Bruder Gottfried, den eigentlichen Thronfolger, getötet. Deshalb habe er die Ehe mit Ortrud, die von einem alten heidnischen Geschlecht abstammt, vorgezogen, obwohl Elsa ihm von dem alten Herzog selbst als Braut versprochen war. Der König lässt Elsa rufen. Diese verteidigt sich nicht gegen die Anklagen Telramunds, sondern spricht wie in Trance von der Vision eines von Gott gesandten Helden, der für sie kämpfen wird um ihre Unschuld zu beweisen («Einsam in trüben Tagen»): dieser Held wird ihr Gemahl und Herrscher über Brabant sein. Der König beschliesst, die Auseinandersetzung durch ein Gottesgericht entscheiden zu lassen. Zunächst erscheint niemand, der für Elsa streiten will, aber nachdem die Trompetenstösse mehrmals wiederholt worden sind, zeigt sich auf dem Fluss ein Kahn, von einem Schwan gezogen: an Bord Lohengrin, der für Elsa kämpfen wird. An Land gekommen («Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!») fordert der Unbekannte Telramund zum Zweikampf heraus. Er wird Elsas Unschuld beweisen und sie heiraten. Aber sie wird ihn nie nach seinem Namen und seiner Herkunft fragen dürfen («Nie sollst du mich befragen»). Ohne Zögern vertraut sich Elsa dem Ritter an: in einem kurzen Duell besiegt Lohengrin Telra-

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mund, verschont jedoch dessen Leben. Unter allgemeinem Jubel werden Elsa und Lohengrin im Triumph geleitet. Zweiter Akt Die Burg von Antwerpen. Während in der Burg das Fest zu Ehren von Elsa und Lohengrin im Gang ist, sitzen Telramund und Ortrud im Dunkel der Nacht allein auf den Stufen der Kirche. Telramund macht dem Zorn gegen seine Frau Luft: sie ist der Grund seines Untergangs, sie, die ihn in ihrem Machthunger betrogen hat und ihn veranlasst, Elsa anzuklagen. Ortrud erwidert, der Fremde habe das Duell nur mit Hilfe der Magie gewonnen, und sie fügt hinzu: wenn er gezwungen werde, seinen Namen zu enthüllen, oder wenn es gelänge, ihm auch nur ein winziges Stück seines Körpers zu entreissen, verliere er sofort seine magischen Kräfte. Sie überzeugt Telramund, er müsse einen Racheplan ersinnen. Als Elsa auf dem Balkon erscheint («Euch Lüften, die mein Klagen»), handelt Ortrud. Telramund versteckt sich und Ortrud heuchelt tiefen Schmerz. Es gelingt ihr, Elsas Mitleid zu erwecken. In höchster Erregung ruft sie dann die Unterstützung der heidnischen Gottheiten an. Schliesslich versucht sie, Elsas Zweifel an dem von Gott gesandten Helden zu schüren, und es gelingt ihr, Zugang zur Burg zu erlangen. Inzwischen wird es Tag. Der Herold verkündet den Willen des Königs: Telramund ist mit dem Bann belegt. Die Hochzeit von Elsa mit dem unbekannten Ritter und neuen Beschützer von Brabant wird sofort stattfinden. Telramund versucht, den Ritter der Hexerei anzuklagen, aber vier Edelleute bringen ihn vor der Menge in Sicherheit. Mit dem Hochzeitszug begibt sich Elsa zur Kirche, als Ortrud


vortritt und die adlige Herkunft des Bräutigams bestreitet. Zusammen mit dem König erscheint Lohengrin, und nun tritt Telramund vor: er klagt den Ritter der Hexerei an und verlangt, dass er öffentlich seinen Namen und seine Herkunft erkläre. Lohengrin erwidert, er sei nur Elsa Rechenschaft schuldig. Diese ist unruhig, Zweifel kommen in ihr auf, und Telramund benützt die Gelegenheit ihr zuzuflüstern, dass er bereit sei, in dieser Nacht in ihrer Nähe zu bleiben. Sobald sie ihn rufe, werde er dem Körper des Ritters ein winziges Stück entreissen. So werde der Zauber gebrochen und der Fremde sei gezwungen, für immer bei ihr zu bleiben. Obwohl verunsichert, erneuert Elsa ihr Vertrauen in den Retter. Das Paar wird zur Hochzeitszeremonie in die Kirche begleitet. Dritter Akt Das Brautgemach; dann eine Aue am Ufer der Schelde. Nach dem Brautchor («Treulich geführt»), bleiben Elsa und Lohengrin allein. Sie versichern sich gegenseitig ihrer Liebe («Das süße Lied verhallt»), aber Elsa möchte das Geheimnis, das Lohengrin umgibt, enthüllt wissen, während er auf jede nur mögliche Weise verhindern will, dass die verbotene Frage gestellt wird. Gerade als Elsa ihr Versprechen bricht, tritt Telramund in das Gemach, gefolgt von vier Adligen: Lohengrin tritt Telra-

mund entgegen und tötet ihn. Er weiss, dass er Elsa verloren hat und sagt ihr, er werde ihr Rede und Antwort stehen vor allem Volk. Am nächsten Morgen am Ufer der Schelde empfängt der König die Edlen von Brabant, die in den Krieg ziehen. Auch der geheimnisvolle Ritter erscheint: er erklärt, er habe Telramund in Notwehr töten müssen und Elsa habe ihren Schwur gebrochen. Nun gibt er allen Auskunft über seinen Namen und seine Herkunft: er ist Lohengrin, Sohn des Parzival, König des Grals; er sei gesandt, gegen das Böse zu kämpfen. Dabei werde er von einer göttlichen Macht geschützt, die jedoch ihre Kraft verliert, wenn er seinen Namen enthüllen muss («In fernem Land»). Weder die Bitten Elsas, noch die des Volkes können Lohengrin zum Bleiben bewegen: auf dem Fluss ist der Schwan erschienen, der ihn wegführen wird. Lohengrin nimmt Abschied von Elsa und sagt dem König einen Sieg voraus. Dann, als Ortrud bekennt, sie habe Gottfried durch Zauberkraft in einen Schwan verwandelt, sinkt Lohengrin zu einem Gebet auf die Knie. Eine Taube schwebt auf den Kahn, der Schwan taucht im Wasser unter, und ein Jüngling mit den Zügen Gottfrieds entsteigt dem Fluss. Gottfried wird die Herrschaft in Brabant übernehmen. Ortrud fällt zu Boden. Während Lohengrin auf seinem Kahn entschwindet, fällt Elsa entseelt in die Arme ihres Bruders. (Traduzione di Lieselotte Stein)

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(Traduzione di Wakae Ishikawa)

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Сюжет

Первый акт Берег Шельды Антверпен, первая половина десятого века. Король Генрих Птицелов, прибывший в Брабант для призвания народа к оружию против венгров, спрашивает у Фридриха фон Тельрамунда, отчего брабантцы оказались без предводителя и сражаются между собой. Тельрамуд предъявляет претензии на власть: он утверждает, что после смерти брабантского герцога его дочь, Эльза Брабантская, чтобы заполучить власть, убила своего брата Готфрида, наследника престола. Именно поэтому Тельрамуд женился на Ортруде, происходящей из языческого рода, а не на Эльзе, обещанной ему самим герцогом. Король вызывает Эльзу, которая даже не пытается оправдываться перед обвинениями. В исступлении она вспоминает о рыцаре, явившемся ей во сне, который защитит её и докажет её невинность («Einsam in trüben Tagen»). Этот рыцарь и станет её супругом и повелителем. Король решает разрешить дело Божьим судом. В начале никто не хочет выступить в защиту Эльзы, но после повторного призыва на реке появляется ладья запряжённая лебедем, а в ней Лоэнгрин. Рыцарь выходит на землю («Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!»), сражается за Эльзу в поединке против Тельрамунда и просит её руки, при условии, что она никогда не будет спрашивать, кто он и откуда («Nie sollst du mich befragen»). Эльза соглашается без промедлений. Происходит поединок, в котором Лоэнгрин побеждает Фридриха, но дарует ему жизнь. Всеобщее ликование.

Второй акт Антверпенская крепость. Ночь, в замке продолжается праздник в честь Эльзы и Лоэнгрина. На ступенях церкви сидят Тельрамунд и Ортруда. Тельрамунд обвиняет жену в своей погибели: это она убедила его в

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виновности Эльзы и заставила его совершить несправедливость. Ортруда отвечает, что чужеземец победил в поединке благодаря колдовству и что стоит раскрыть его происхождение и отсечь хоть малейшую часть его тела, как рыцать потеряет всю свою магическую силу. Ортруда убеждает Тельрамунда продумать план мести. Когда Эльза появляется на балконе («Euch Lüften, die mein Klagen») Ортруда приказывает Тельрамунду спрятаться и, притворяясь раскаявшейся, добивается сострадания Эльзы. Ортруда взывает к языческим богам, чтобы добиться мести, и пытается посеять в душе девушки сомнения в божественном посланничестве рыцаря. Ей удаётся войти в замок вместе с Эльзой. Наступает день. Глашатай объявляет решение короля об изгнании Тельрамунда и незамедлительной свадьбе Эльзы и чужеземного рыцаря, нового покровителя Брабанта. В припадке ярости Тельрамунд хочет обвинить рыцаря в колдовстве, но четыре дворянина удерживают его и прячут от толпы. К собору приближается процессия Эльзы. Внезапно Ортруда преграждает ей путь, чтобы оклеветать её жениха. Король и Лоэнгрин приходят Эльзе на помощь. Тогда появляется Тельрамунд: он обвиняет рыцаря в колдовстве и призывает его огласить своё имя и род. Лоэнгрин отвечает, что он должен отвечать только Эльзе. В душе девушки зарождается сомнение и Тельрамунд пользуется моментом. Он шепчет ей на ухо, что он готов быть рядом с ней той ночью, чтобы отсечь от рыцаря кусочек тела, когда он произнесёт своё имя. Тогда чары разрушатся, и чужеземец останется с ней навсегда. Эльза потрясена, но остаётся верна данному слову. Эльза и Лоэнгрин входят в церковь.


Третий акт Свадебная палата; затем берег Шельды. После свадебного гимна («Treulich geführt»), Эльза и Лоэнгрин остаются одни. Они заверяют друг друга в любви («Das süße Lied verhallt»), в то же время Эльза хочет раскрыть тайну Лоэнгрина, а он всячески пытается избежать рокового вопроса. Когда Эльза, вопреки данной клятве, спрашивает Лоэнгрина о его истинном имени, в комнату врывается Тельрамунд с четырьмя дворянами. Лоэнгрин сражается с ними и убивает Тельрамуда. Лоэнгрин понимает, что Эльза для него навсегда потеряна и говорит, что ответит на её вопрос принародно. На следующее утро на берегу Шельды король собирает брабантцев, чтобы двинуться на войну. Появляется и таинственный рыцарь. Он рассказывает о том, что

он убил Тельрамуда защищая себя и что Эльза предала его. Лоэнгрин раскрывает свою тайну: он сын Парсифаля, рыцарь Грааля, посланный для борьбы со злом. Он защищён божественной силой, которая перестаёт действовать при произнесении его имени («In fernem Land»). Ни мольба Эльзы, ни крики толпы не в силах убедить Лоэнгрина остаться. Вновь появляется ладья, запряжённая лебедем. Лоэнгрин прощается с Эльзой и предсказывает победу королю. Ортруда сообщает, что она превратила Готфрида в лебедя, Лоэнгрин склоняется в молитве. На ладью опускается голубь, и лебедь погружается в воду. Из воды появляется Готфрид, готовый возглавить Брабант. Ортруда падает на землю, Лоэнгрин уплывает на ладье, Эльза бросается в объятия брата и умирает. (Traduzione di Margarita Egorova)

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L’opera in breve Cesare Fertonani

Il fatto che Lohengrin sia stato rappresentato per la prima volta nel 1850, alla metà di un secolo in cui il teatro d’opera conobbe trasformazioni particolarmente radicali e profonde, assume quasi valenza emblematica e ne sottolinea il ruolo cruciale nella produzione di Wagner così come nella storia del teatro musicale europeo. Ancora definita “opera romantica”, Lohengrin suggella la prima stagione wagneriana e al contempo dischiude quella, di là da venire, del dramma musicale, anticipando tra l’altro, per ciò che riguarda il soggetto e il contenuto cristiano, l’“azione scenica sacrale” del commiato, Parsifal (1882). Del resto, l’importanza di Lohengrin come snodo nell’evoluzione dell’arte wagneriana è riflessa nella nuova accuratezza con cui il musicista ne concepì e realizzò il progetto compositivo. A differenza dei due lavori precedenti, Der fliegende Holländer (1843) e Tannhäuser (1845), Lohengrin non sarà infatti sottoposto nel corso degli anni a processi di revisione sostanziale. La gestazione dell’opera fu piuttosto lunga e laboriosa. L’interesse di Wagner per la leggenda del Santo Graal risale al 1841; nel 1845 il compositore legge le due fonti epiche primarie (XIII secolo) cui avrebbe attinto il soggetto, il Parzival di Wolfram von Eschenbach e il poema anonimo Lohengrin; entro la fine di quello stesso anno scrive lo scenario in prosa e quindi il libretto in versi. Nel 1846 Wagner appronta i primi abbozzi completi, per terminare l’orchestrazione della partitura nell’aprile

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1848. Il 28 agosto 1850, infine, Lohengrin è rappresentato nel Teatro di Corte di Weimar con la direzione musicale di Franz Liszt; Wagner, all’epoca in esilio in Svizzera per aver partecipato ai moti rivoluzionari di Dresda del 1849, dirigerà nel decennio seguente estratti dell’opera in forma di concerto a Zurigo (1853), Londra (1855), Parigi e Bruxelles (1860), ma riuscirà ad assistere a una sua messa in scena soltanto nel 1861, a Vienna. Ben presto Lohengrin diviene una delle opere wagneriane più fortunate, mentre l’autore, già dal 1851 ormai proiettato verso l’idea del Ring, ne vive il successo internazionale non senza fastidio, anche perché non riesce a imporre il controllo sul proliferare delle rappresentazioni. In ogni caso, l’opera raggiunge, per lo più in versioni tradotte, Vienna (1856), San Pietroburgo (1868), New York (1871), Londra (1875), Parigi (1887); com’è noto, la messa in scena a Bologna del 1871 si porrà all’origine della diffusione – e del culto – di Wagner in Italia. Non si può che convenire con Carl Dahlhaus quando afferma che «Lohengrin [...] è il caso paradossale d’un’opera fiabesca dal finale tragico addobbata nelle forme di un dramma storico». Proprio dall’accorta mescolanza di epica leggendaria, accenti fiabeschi e riferimenti storici deriva d’altronde all’opera la sua peculiarità e dunque la cifra dell’idea drammatica che ne è a fondamento (al riguardo, si pensi soltanto alla contrapposizione tra la magia bianca, cristiana di Lohengrin e la


magia nera, pagana di Ortrud che pone in gioco il problema della costruzione dell’identità e dell’unità nazionale tedesca). Nella Comunicazione ai miei amici (1851), Wagner aveva sottolineato il rischio di non scorgere in Lohengrin che la componente “cristiano-romantica” proponendo di contro, come chiave ermeneutica portante dell’opera, la tragedia del cavaliere divino come metafora di quella dell’“artista assoluto” (ovvero dell’artista che non vuole essere venerato, ma compreso e amato); da qui la necessità di penetrare la struttura profonda del mito in una vicenda di ampio respiro collettivo dove il destino dei personaggi è deciso da un’istanza superiore e metafisica. E in effetti, proprio la dimensione mitica della vicenda si presterà nella storia della recezione dell’opera, che annovera i contributi critici di Liszt, Nerval, Baudelaire e Thomas Mann, a diverse interpretazioni di natura filosofica, letteraria, politica, psicoanalitica, sociologica. Dal punto di vista della drammaturgia, Lohengrin è l’ultimo lavoro wagneriano che può essere descritto più come un’opera che non come un compiuto dramma

musicale. Ma appunto dalla frizione dialettica tra il riferimento a forme e modalità convenzionali (l’aria, il duetto e gli insiemi, le relazioni tra le due coppie di protagonisti, le scene corali, le musiche di scena), riconducibili di volta in volta al grand-opéra, all’opera tedesca e perfino a quella italiana da un lato e procedimenti innovativi dall’altro scaturisce la drammaturgia di Lohengrin. Gli archetipi convenzionali sono ora svuotati e ripensati dall’interno così da aprirsi e inserirsi organicamente nella continuità dell’azione ora soppiantati da un libero flusso declamatorio o dialogico ispirato al principio della “prosa musicale” (volto cioè a superare quadratura e forma strofica). Al nesso instaurato tra una fitta trama concentrica di temi e motivi elaborata in tessuto sinfonico, che anticipa la tecnica pervasiva del Leitmotiv, e il pregnante significato simbolico e drammatico delle relazioni tonali e dei processi armonici associati ai personaggi Wagner affida la coerenza e l’unitarietà di uno svolgimento compositivo dove, oltre all’orchestra, anche il coro è integrato con ruolo attivo nello sviluppo dell’azione.

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...la musica Alberto Bosco* Se i miracoli esistono davvero, devono irrompere nella nostra vita come fa il preludio del Lohengrin. Wagner racconta a modo suo questa formidabile pagina, ricorrendo al simbolo del Graal che, al culmine del brano, apparirebbe con raggi e saette squarciando le nubi del cielo. La fisicità della musica ci fa capire che questo aldilà è in realtà dentro di noi e non chissà dove sopra le nostre teste. Così è il canto, che si incarna passando dagli archi ai legni e poi agli ottoni, a tradurre in termini per noi esperibili ciò che per eccellenza è incomunicabile. Atto I Una volta compiutosi il miracolo della rivelazione, il preludio si richiude e gli stessi quattro violini soli dell’incipit ricordano la distanza che ci separa dal regno di Dio. A togliere del tutto ogni speranza di potervi rientrare è però la rude musica con cui finalmente l’opera inizia, facendoci capitolare dalle eteree regioni del mito, alle lande nei dintorni di Anversa. Questa musica massiccia, carica di gesti violenti è quanto di più contrastante si possa immaginare dal rapimento estatico del preludio. Così, già da subito tocchiamo il tema profondo di quest’opera, cioè il tragico conflitto tra la purezza ultraterrena di Lohengrin e il groviglio di vendette, passioni e debolezze che fanno l’umana storia. Mondo

fiabesco e mondo reale si incontrano, ma non si fondono, e di conseguenza la musica procede per contrasti inconciliabili. Un improvviso silenzio dell’orchestra, quando Telramund fa il nome della malefica Ortrud, apre uno spiraglio. Quel che ne esce non è però un bel vedere: una frase carica di risentimento di violoncelli e contrabbassi, mutuata dal recitativo della Nona di Beethoven, ci conduce alla presenza del male, all’abisso di invidia e frustrazione da cui sgorga l’infamante accusa di fratricidio. L’ingresso dell’accusata, Elsa, aggiunge finalmente un tocco umano alla scena, introducendo quella fragilità da cui si sentirà attratto Lohengrin e da cui sola può nascere l’amore cristiano. A rendere in termini musicali questa condizione sono oboe e corno inglese, con una frase dimessa, mentre la mano passa ai più caldi ottoni quando l’animo si apre alla speranza. Il canto con cui Elsa racconta la sua versione dei fatti è un vero e proprio Lied le cui tre strofe sono separate dai commenti degli uomini e dalla rabbiosa reazione di Telramund. La prima melodia ha lo stesso candore simmetrico delle melodie di Schubert legate al canto popolare. La seconda strofa è introdotta da una curiosa scala ascendente del flauto che, gradino per gradino, ci fa arrivare nel regno dei cieli dove si dischiude la visione dell’eroe salvatore. Nella terza, Elsa è ormai totalmente rapita nel-

* Alberto Bosco (1975), musicologo e ricercatore, si è formato all'Università e al Conservatorio di Torino, alle Università di Vienna e Complutense di Madrid, al Conservatorio Superiore di Lione, all’Università di Oxford (Queen’s College) e alla Columbia University di New York. Studioso dei repertori dell'Ottocento e del Novecento, attualmente insegna a Madrid, presso la sede europea della Saint Louis University. Collabora regolarmente con riviste scientifiche specializzate, società di concerti e teatri lirici.

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l’estasi e l’arrivo di Lohengrin è simboleggiato da una marcia incantata. Un esempio della maestria timbrica di Wagner sono le frasi del clarinetto basso in risposta agli appelli a vuoto dell’araldo. Il loro andamento tortuoso e il loro colore livido danno i brividi, insinuando il dubbio che Elsa si sia inventata tutto. A materializzare l’eroe è a questo punto solo la sua fervente preghiera, libera da ogni timidezza. L’arrivo in cigno di Lohengrin è all’altezza di ogni attesa: il coro sconvolto balbetta e l’orchestra si lancia in un crescendo quasi rossiniano. Sospesi sulla musica del preludio come su una nuvola, i due si contemplano finché l’idillio non viene turbato dal tema numinoso del divieto. Wagner lo fa ripetere e la seconda volta aggiunge gli archi a sottolineare l’importanza della raccomandazione. La musica descrittiva che segue è tipica della tradizione del Grand-Opéra, con i preparativi del duello descritti in lungo e in largo, invocazione a Dio, combattimento reso con evidenza filmica dall’orchestra e vittoria finale con cori giubilanti. Tutto procede con rigida ritualità. Il risultato è un accumulo di tensione continuo, finché l’energia non si scatena e l’orchestra sommerge le voci in un parossismo di eccitazione. Prima del gran finale, Wagner ha però l’accortezza di zoomare su Elsa che si abbandona a un esaltato canto di gioia. Atto II L’aria rarefatta del preludio del primo atto ha il suo contraltare nell’atmosfera plumbea di questa seconda introduzione.Al posto del nobile tema dei violini, c’è ora una tortuosa figura dei violoncelli nel registro grave. È il

tema con cui viene identificata Ortrud, protagonista negativa che getta la sua ombra su tutto l’atto. La sua musica oltre a essere ambigua e cangiante a seconda dell’interlocutore ha anche una qualità ipnotica che si intuisce nella ripetitività circolare con cui si chiude il suo tema. Già dalle prime note, con il timpano che non cessa di rullare, ribollendo di rabbia, la musica è psicologica e non più descrittiva come nell’atto precedente. Ciò che vediamo, non è quello che è in scena, ma quel che l’orchestra ci fa vedere, cioè la mente corrotta di Ortrud, con i suoi rovelli e le sue ossessioni. Wagner però non era solo un genio dell’introspezione, ma anche – o di conseguenza – un grande osservatore delle relazioni umane. Così la scena tra Telramund e Ortrud è un capolavoro di sottigliezze. Basta ascoltare la musica affannosa e frammentata che accompagna la recriminazione di Telramund, o i martellanti accordi finali che danno ancor più il senso della sua impotenza. A questi, un Wagner impietoso fa seguire di colpo le fanfare di festa del palazzo, facendosi ulteriormente beffa del malcapitato. Tutto ciò non turba Ortrud che riprende a tessere la sua trama. Sotto la calma ostentata, però, rilucono nei fiati accordi più che sospetti e, quando le armonie dell’orchestra iniziano a muoversi senza più un centro, l’incantamento è ormai al punto di non ritorno. Il terreno scivola da sot- to i piedi e i temi si tingono di colori inusuali, impadronendosi come fantasmi del povero Telramund. La fine di questa scena, così vicina al clima spettrale creato da Weber per il suo

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Freischütz, vede i due abbandonarsi, come spiritati, a un canto all’ottava, simbolo perfetto dell’avvenuta sottomissione. Quando i legni introducono Elsa sulla scena, tiriamo un respiro di sollievo. Rispetto al tremante Lied del primo atto, questo canto notturno ha un andamento più posato e sereno, come se la ragazza fosse diventata di colpo sicura di sé. La pace del quadro è però presto screziata da strane armonie e dai commenti dei due invidiosi giù dal balcone. Con il sinistro accordo dei corni smorzati, Ortrud si palesa finalmente alla giovane e con fare ipocrita, mentre clarinetto basso e corno inglese strisciano come serpenti, riesce a farsi invitare in casa. La ferocia repressa scoppia improvvisamente in una tremenda invocazione agli dèi pagani: i balzi indemoniati del canto infiammano anche l’orchestra che conclude con uno stridente ghigno in fortissimo. Elsa, in pace con se stessa, non si accorge di nulla e, anzi, cerca di convertire al vero amore la sua interlocutrice che, su insistenti ribattuti nelle viole e sulle note del tema del divieto, ha già instillato la prima goccia del suo veleno: il dubbio sulla vera identità di Lohengrin. Il generoso slancio lirico della giovane non fa che irritare Ortrud che, nel duetto finale continua a cantare nel suo registro basso, mentre la voce di Elsa vola insieme all’orchestra in un’indimenticabile momento di abbandono. La scena successiva segna il ritorno della luce del giorno e, di conseguenza, la musica si fa più esteriore e descrittiva, compensando lungamente lo scavo interiore delle pagine precedenti. Il senso di ottimismo e ritrovata serenità portano il coro al centro dell’atten-

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zione, con i suoi salubri contrappunti in stile fugato. Il momento che Ortrud sceglie per sferrare il suo attacco coglie tutti di sorpresa, ma soprattutto Elsa, che nasconde il suo turbamento con un’accorata difesa dell’amato. Per quanto la melodia faccia di tutto per mostrarsi spavalda, in orchestra, il palpitare ininterrotto dei legni ci dice quanto è agitata in realtà la ragazza. Il veleno del dubbio è ormai in circolo: se ne accorge di colpo anche Lohengrin, quando uno scuro grumo di suoni lo avvisa che il suo atteggiamento protettivo può fare ben poco contro il potere del male. Quel che segue è il momento cardine dell’opera: un elaborato ensemble de perplexité, in cui l’azione si arresta e tutti i protagonisti contemplano come impotenti l’enorme bubbone di sospetto che sta crescendo davanti ai loro occhi. Nonostante le rassicuranti parole del Re, Elsa sembra aver capito che le promesse di felicità di Lohengrin sono impossibili, come suggeriscono i lancinanti commenti dei legni. A sfatare poi ogni sogno è la comparsa del tema del divieto che incombe sulla momentanea quiete del finale. Atto III Dopo le profondità e le sottigliezze del precedente, la musica di questo nuovo atto scorre più agevolmente e sembra accontentarsi di stare in superficie, senza il bisogno di calarsi nei meandri della psiche. Il risultato è un lirismo diffuso che pervade le tre scene, i cui momenti si susseguono in modo meno travagliato e più lineare. Insomma, la musica qui è un po’ più italiana. Il che ci ricorda non solo che questo fu il


primo dei tre atti a essere composto, ma che Wagner, prima di rivoluzionare il teatro musicale, padroneggiava come pochi altri i meccanismi dell’opera in voga ai suoi tempi. In particolare, ciò che salta all’attenzione è la disinvoltura delle pagine orchestrali: lo splendore strumentale del preludio, la densità del tessuto sinfonico e la ricchezza di effetti sono un gradino sopra alla regolarità un po’ squadrata del canto. Non si può ascoltare l’incedere ripetitivo della celebre marcia nuziale senza avvertire il peso della fatalità che le maledizioni dell’atto precedente hanno fatto cadere sulla coppia. Dopo che il rituale si è compiuto, ritroviamo i due nell’intimo della camera nuziale. Qui vedremo finalmente di che pasta è fatto Lohengrin, dal quale ci aspettiamo che apra finalmente il suo cuore. Ma, nonostante abbia smesso la corazza, egli rimane pur sempre l’essere soprannaturale che non conosce i segreti dell’amore umano. Così il suo canto, seppur dolcissimo, rimane distante, ingenuo e non appassionato: quell’ingrediente essenziale dell’amore che è il bisogno continua a essergli estraneo. Schiacciata dalla perfezione del suo sposo, Elsa sente di non avere nulla con cui ricambiare il suo amore e, ricordandosi delle parole di Ortrud e Telramund, incomincia a temere che il suo eroe un giorno possa sparire così com’è arrivato. Lohengrin ha la grande occasione per scendere dal suo piedistallo, ma invece gli esce un’aria che è a metà tra una predica e un’esaltazione adolescenziale. La musica esprime perfettamente la sua sicurezza, anche l’incoscienza, nella marcetta che procede per conto suo. Per non dire della durezza del monito finale, proprio quel che mancava

per far saltare i nervi alla povera sposa. Il crescendo di paura che si impadronisce di Elsa è reso con grande realismo: sospinto dai temi del divieto e di Ortrud che vorticano in orchestra, il suo cuore si lascia trascinare là dove mai si sarebbe avventurato. Dopo un’inquietante allucinazione in cui la musica si arresta, la situazione precipita verso l’inevitabile catastrofe. I rintocchi di timpano e il raschiare dei violoncelli immediatamente successivi, hanno l’odore acre della realtà alla fine di un incantesimo. Il cambio di scena è drastico. I richiami di corni e trombe che risuonano all’aria aperta sono un capolavoro di fantasia strumentale e, quando il Re fa la sua trionfale comparsa, in cuor nostro sentia-mo che se anche Lohengrin dovrà ripartire, la vita in fondo continua. Forse è anche per questo che il lungo tira e molla di questo addio suona come un’appendice. Ma la chiusura è necessaria per ragioni di simmetria con l’inizio: il bel racconto, in cui Lohengrin canta infine con la sincerità convincente di chi sa di che cosa sta parlando, ci riporta al preludio da cui tutto era incominciato. Dopo aver ammirato questo cavaliere senza macchia, siamo anche un po’ contenti di vederlo scomporsi e perdere l’aplomb nel momento finaIe della separazione, quando per la prima volta lo sentiamo singhiozzare su tremoli e armonie cromatiche. Resta ancora Ortrud, che arriva a turbare il magico momento dell’apparizione del cigno. Ma il suo slancio passionale e distruttivo è come esorcizzato una volta per tutte dalla musica virtuosa del Graal, che annuncia il miracolo della ricomparsa del fratellino di Elsa e così la fine dell’opera.

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Wolfram von Eschenbach. Miniatura dal Codice Manesse (Heidelberg, Biblioteca Universitaria). Wolfram compose tra il 1200 e il 1215 il poema cavalleresco Parzival in cui le vicende del protagonista si intrecciano a quelle di Lohengrin, il ‘cavaliere del cigno’. Wagner si ispirò a questo e ad altri testi epici mediotedeschi del XIII secolo per il suo Lohengrin.


Abbozzo in prosa* Lohengrin, opera romantica in tre atti di Richard Wagner

Atto primo Anversa. Un campo aperto presso la riva della Schelda, dove sono apprestati degli scanni. L’Imperatore1 Enrico l’Uccellatore, contornato da principi e duchi del regno tedesco. Di fronte, il conte Federico di Telramondo, insieme ad altri conti e nobili brabantini. Attorno agli scanni, il popolo. Il maresciallo avanza solennemente verso il centro: «Principi, nobili, popolo di Brabante! Udite! Enrico, Imperatore del regno tedesco, è venuto a voi, che abbiate da muovere reclami o comporre liti, per giudicare e per rendere giustizia a coloro a cui è dovuta». Trombe. – Acclamazione dei principi e del popolo. L’Imperatore si alza in piedi: «Vi saluto, nobili e popolo di Brabante! Come spetta a chi è a capo del regno, io attraverso infaticabile la terra tedesca – potendo solo di rado godere in tranquillità la mia patria – per adempiere il diritto, estirpare l’ingiustizia, ricompensare la fedeltà, punire il tradimento e ottenere la prosperità del regno; sono ora qui per esortarvi a dare un vigoroso aiuto alla difesa del regno». Descrive lo stato di miseria provocato dalle continue scorrerie in terra tedesca da parte degli Unni (Ungari). Con loro aveva pattuito un periodo di pace di nove anni, utilizzato per aumentare il numero di fortezze e di città fortificate nei Länder, e preparare una più forte difesa. La tregua ora è scaduta. Quando gli Unni hanno rinnovato la richiesta del tributo, egli ha mandato loro un cane senza orecchi (Hofwart); deve ora aspettarsi una feroce invasione da parte dei nemici. Per questo sta attraversando il territorio, per verificare la situa-

* Edito per la prima volta in Germania nel 1936 come Prosaentwurf, l’Abbozzo in prosa fu di nuovo pubblicato dopo oltre quarant’anni, nel 1980, in Richard Wagner, Lohengrin di Michael von Soden, Insel, Francoforte. A questo volume fa riferimento la presente traduzione, la prima edita in italiano. Wagner scrisse l’Abbozzo in prosa di Lohengrin nel 1845 a Marienbad, dove si trovava per cure termali. In La mia vita racconta: «Ero appena entrato nel mio bagno verso mezzogiorno, quando fui preso da un tale desiderio di scrivere il Lohengrin che, incapace di aspettare per tutta l’ora che avrebbe dovuto durare il bagno, dopo pochi minuti saltai fuori con impazienza, mi concessi appena il tempo necessario per vestirmi decentemente, e via come un pazzo verso casa, a buttare sulla carta ciò che m’incalzava. Ciò si ripeté per parecchi giorni, finché fu scritto anche il particolareggiato piano scenico del Lohengrin» (E.D.T., trad. di M. Mila, 1982).

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zione di fortezze e città, e per chiamare i principi alle armi, convocandoli a Magonza per opporre forte resistenza al nemico. «Mi duole vedere questa bella terra di Brabante senza principi, dunque priva di un vigoroso patrocinio: contro le scorrerie dei selvaggi Unni, chi vi proteggerà?». Chiede a Federico di esporgli la situazione della Casa di Brabante. Il conte Federico avanza: «Signore, quando il duca di Brabante si spense, lasciò due figli: Elsa e Goffredo; a me, in quanto parente più stretto, affidò il governo del ducato finché Goffredo non fosse cresciuto: custodii la sua gioventù come una gemma, avrei difeso la sua vita a prezzo della mia; ma chi avrebbe potuto pensare che proprio sua sorella sarebbe divenuta per lui una nemica mortale? Ascolta quel che ho da denunciare! Passeggiando, Elsa e Goffredo andarono insieme nella foresta; la scellerata condusse il fratello nel profondo del bosco; mentre noi tutti, già da lungo tempo preoccupati, aspettavamo con ansia il loro ritorno, giunse finalmente Elsa, sola, simulando apprensione per il fratello disperso, scomparso nel bosco – ella riferì – in un momento in cui i due si trovavano per caso lontani l’uno dall’altra. Cercammo a lungo, senza posa, ma invano;non trovammo traccia del fanciullo; allorché la interrogai con tono minaccioso, prese a esitare e tremare, rivelandosi colpevole dell’atroce delitto: sono pronto ad avvalorarlo dinanzi al mondo, affrontando un duello per la vita o la morte. Signore, fui preso allora da un’avversione nei confronti di quella vergine che mi spinse a rifiutare la sua mano, in precedenza offertami dal padre; sposai così Ortruda, il cui nobile rango è a tutti noto, in quanto ella appartiene – come te, mio Imperatore – a un’antica stirpe principesca di Sassoni, che già governò queste terre. Dunque muovo accusa contro Elsa di Brabante, che ritengo colpevole di fratricidio: se scegli di risparmiarle la vita, sia comunque esiliata oltre i confini di questa terra, macchiata d’infamia e vergogna, in povertà e oblio. E questa terra pretendo per me, poiché sono il parente più stretto della casa ducale, quand’anche non considerassi che la mia sposa discende dalla più antica stirpe principesca di questa regione». Coro (con solenne orrore): «Ah, grave delitto! Con orrore ascolto l’accusa!». L’Imperatore: «Pronunci una terribile accusa!». Federico2 replica descrivendo Elsa come un’orgogliosa sognatrice; egli stesso, suo promesso sposo, si è visto trattare con ripugnanza; sbarazzatasi del fratello, poteva reputarsi signora del Brabante e libera di scegliere a chi concedere la propria mano: «sicuramente ha già eletto il suo amante». L’Imperatore dà ordine di condurre Elsa al suo giudizio. Ella giunge, con indosso abiti miseri; è accompagnata da due ancelle e servi. – Coro – (Partecipazione e orrore alla vista di Elsa). L’Imperatore la interroga sul misfatto e sull’accusa che le è stata mossa. Affatto cosciente della sua innocenza, Elsa pronuncia solo poche parole, si appella a Dio che provvederà a difenderla. A nuove domande risponde che il fatto si è svolto come ha riferito Federico; ella non sa cosa sia accaduto al fratello, può solo supporre che sia rimasto ferito a causa di un’improvvisa caduta. «Cosa debbo dire, potenti signori? Solo Dio, nel quale io spero, può difendere la mia causa! Mi manderà il salvatore che mi ha mostrato in sogno». Coro. – Stupore e accresciuta partecipazione. – Rinnovata incertezza dell’Imperatore.

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Claesz Jansz Visscher. Incisioni per le Genealogie dei Duchi di Brabante, Amsterdam, 1613 (raccolta privata). A sinistra: Enrico I detto l’Uccellatore. In basso: Goffredo di Brabante. Nella realtà storica molti decenni separano il regno di Enrico I da quelli dei suoi successori di nome Goffredo.


Ortrud, l’indemoniata Ortruda è una donna, che non conosce l’amore. Con ciò tutto è detto. Sua natura è la politica. Un uomo politico è ripugnante, ma una donna politica è atroce. Questa atrocità io dovevo rappresentare [ ... ]

Essa è una reazionaria, una donna rivolta esclusivamente all’antico e però nemica ad ogni novità. (Richard Wagner, Lettera a Liszt, 30 gennaio 1852)

Bernhard Plockhorst. Ritratto di Franz Liszt (Weimar, Liszt-Haus). Liszt incontrò Wagner a Zurigo e si impegnò a far rappresentare Lohengrin nel Teatro di Weimar.

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Elsa, l’angelicata Questa donna, la quale con chiara coscienza va alla propria rovina per causa dell’ineluttabile essenza dell’amore; questa donna, che proprio quando sente con più folle adorazione, vuole tutto distruggere se non può possedere intero l’amante; questa donna, che, appunto nel suo contatto con Lohengrin, doveva perdersi per mandare anche lui in perdizione; questa donna, che così e non altrimenti può amare; che

appunto per lo scoppio della sua gelosia, passa dall’adorazione estatica alla vera essenza dell’amore [...] questa magnifica donna, davanti alla quale Lohengrin doveva dileguarsi non potendo per la propria speciale natura comprenderla - questa donna io scopersi allora! (Richard Wagner, Comunicazione ai miei amici, 1851)

Michael Echter. Le nozze di Lohengrin e Elsa. Acquarello che riproduce la scena di Lohengrin a Monaco di Baviera, 16 giugno 1867 (Monaco di Baviera, Theatermuseum).

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Federico: «Non m’inganna il suo delirante coraggio! Posso presentare un testimone; anch’io avevo dubbi sul misfatto, e solo quando mi fu confermato dalla bocca di chi vide, mi persuasi. L’orgoglio mi vieta di nominare il testimone: chi osa contestare il mio onore?». Ricorda all’Imperatore i servigi resigli e si appella alla rispettabilità del propnonome. L’Imperatore e tutti ne danno conferma, lodano il suo coraggio e alto valore; l’Imperatore: «Invero, sotto alcun’altra protezione che la tua vorrei sapere il Brabante; la questione mi sembra matura per essere sottoposta al giudizio di Dio». Richiesta solenne a Federico, se sia pronto a sostenere la sua accusa nel giudizio di Dio, nella lotta per la vita o la morte. Federico (solennemente) risponde di sì. A Elsa viene egualmente chiesto se sia disposta ad affidare la difesa della sua innocenza a un campione che lotti per lei nel giudizio di Dio. Elsa: «Mi è così difficile trovare motivi di difesa che posso sempre solo gridare: non ho colpa! Solo a Dio posso dunque affidare la tutela della mia innocenza, a lui la scelta del mio paladino». Federico: «Affidata al campione che mi è inviato!». L’Imperatore: «Ascoltate ora il nome del suo paladino». Elsa: «Chi devo scegliere? Ben so che tutti i nobili di questa regione sono maldisposti nei miei confronti; devo attendere il campione che a me si offra di sua spontanea volontà! Invocatelo! Deve presentarsi a me, è il mio promesso – gli offro la mia mano, me stessa, l’eredità di mio padre; sia qui signore e io sua sposa!». I principi: «Un alto premio da vincere per mezzo di Dio! Tuttavia la sua causa è in pericolo. Chi è disposto a lottare per lei contro il campione più forte?». L’Imperatore dà ordine di diffondere l’appello: le trombe suonano rivolte ai quattro punti cardinali; il maresciallo, salito su una piccola altura, esorta solennemente: «Chi vuole battersi per Elsa nel giudizio di Dio, si presenti!». Lungo silenzio. – Coro: «Ah, l’appello si smorza! Nessuno vuole rispondere! Ella è in pericolo!». Elsa è presa da crescente timore. Federico: «Vedete, si scoraggia!». Elsa: «Oh, fate risuonare ancora una volta l’appello!». – Le trombe danno di nuovo il segnale. Lungo silenzio. – «Ecco, Dio esprime il suo giudizio in cupo silenzio!». Elsa cade in ginocchio e chiede fervidamente aiuto al cielo. Coloro che si trovano più in alto scorgono in lontananza una splendida figura avvicinarsi sull’acqua. «Vedete, cos’è? Che strano miracolo! Un cigno – un cigno trascina qui una navicella – dentro, in piedi, sta un cavaliere – come risplende la sua armatura! Vedete, è sempre più vicino; il cigno è legato a una catena d’oro! Un miracolo! Un miracolo!». Crescono la partecipazione e la curiosità; tutti lasciano i loro posti e corrono alla riva. Un cigno trascina una navicella con dentro Lohengrin, in piedi, in splendente armatura d’argento, l’elmo sul capo, lo scudo sulla schiena, un piccolo corno sul fianco, appoggiato alla sua spada. – Tutti esprimono massimo stupore e meraviglia: Elsa nel più lieto entusiasmo. (Ortruda presa da terrore mortale). Caloroso saluto alla splendida apparizione. Quando la navicella si ferma nel mezzo, vicino alla riva, il sonoro giubilo si trasforma nel più teso silenzio. Lohengrin, appoggiato un piede a terra, si china verso il cigno: «Ti rendo grazie, mio caro cigno! Ritorna lungo il vasto flutto là da dove mi hai portato! Sii fedele nel tuo servizio, e ci sia poi concesso di rivederci felicemente! Addio, addio, mio caro cigno!».

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Il cigno volge la navicella e nuota verso la direzione da cui è venuto: Lohengrin lo osserva per un poco con malinconia. Tutti esprimono col più sommesso sussurro la loro grande meraviglia e commozione. Lohengrin muove lento e solenne verso il proscenio; tutti gli fanno spazio rispettosamente e, sempre sussurrando, ammirano la sua bellezza e il suo nobile aspetto. Lohengrin si inginocchia dinanzi all’Imperatore: «Salute, Imperatore Enrico! Dio stia propizio accanto alla tua spada! Grande e glorioso, il tuo nome non perisca mai dalla terra». L’Imperatore: «Sii ringraziato! Se comprendo bene il prodigio per cui sei qui giunto, sei mandato da Dio!». Lohengrin: «Sono stato inviato a combattere in difesa di una pura fanciulla che ha subìto un grave torto! – Elsa di Brabante, sono il prescelto tuo difensore! Vuoi affidarti alla mia protezione?». Elsa, in un eccesso di gioia, cade ai suoi piedi. «Inviato di Dio, portami via da qui! Il mio cuore, la mia anima, il mio corpo: a te li dono!». Lohengrin: «Se per te vinco nella divina tenzone, vuoi ch’io sia tuo sposo?». Elsa: «Signore, il mio bene, la mia vita, la mia fedeltà prometto a colui che ha voluto lottare per me: disponi della mia anima, è tua!». Lohengrin: «Elsa, se devo essere tuo sposo, se devo difendere la tua terra e rimanere per sempre accanto a te, una cosa mi devi giurare: mai mi devi domandare, né tentare di sapere, chi io sia e quale la mia origine!». Elsa: «Mai voglio saperlo!». Lohengrin: «Ascolta, Elsa! Mai mi devi domandare… Me lo giuri?». Elsa: «Mio scudo, mio angelo, inviatomi da Dio! Così come tu credi alla mia innocenza, io credo alla tua elevata missione! Sarei indegna della tua protezione se non sapessi tener fede al tuo comando». Lohengrin: «Elsa, ti amo!». Tutti esprimono, sussurrando, stupore e forte commozione. Lohengrin (avanzando nel mezzo): «Udite tutti, principi e nobili! Casta, pura e monda d’ogni colpa è Elsa di Brabante! A te, conte di Telramondo, voglio dimostrare col giudizio di Dio che la tua bocca ha pronunciato un’accusa ingiusta». I Brabantini a Federico: «Rinunciate, non potete vincere!». Federico: «Preferisco la morte alla viltà! – Qualunque incantesimo ti abbia qui guidato, straniero, che ti mostri tanto ardito: sfido il tuo grande coraggio. Sono estraneo alla menzogna! Accetto dunque di combattere contro di te, e spero di vincere con audacia!». Lohengrin: «Che abbia allora inizio il giudizio di Dio». L’Imperatore dà ordini per i solenni preparativi. Viene apprestato, delimitato e consacrato lo spazio per il combattimento. Invocazione a Dio affinché voglia essere propizio alla tenzone ed esprima il Suo giudizio. – Speranza, fiducia. – Viene dato il segnale. Lo scontro inizia, dura pochi attimi. Federico cade a terra, vinto; Lohengrin punta la spada su di lui: «Per volontà di Dio, la tua vita è mia! lo te la dono, perché tu e la tua sposa impariate a riconoscere Dio!». Scoppio di giubilo collettivo. Risuonano lodi entusiastiche a Lohengrin; Elsa si abbandona rapita sul suo petto; l’Imperatore li benedice.3 Disperazione di Federico e Ortruda.

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Atto secondo Spiazzo tra il castello e la cattedrale. Il castello a sinistra, la cattedrale a destra. È notte; le finestre del castello sono ben illuminate. Federico e Ortruda, in miseri abiti grigi, siedono sui gradini della cattedrale. Dal castello si ode di quando in quando una musica allegra e festosa. Federico e Ortruda, macchiati d’infamia ed esiliati, devono allontanarsi: allo spuntar del giorno non potranno farsi trovare ad Anversa. Atmosfera terribilmente cupa. Federico esorta Ortruda a partire. Ortruda: «Non posso andarmene, qui sono incantata: dallo splendore della festa del nostro nemico lascia ch’io succhi un veleno mortale, che ponga fine alle nostre pene e alle loro gioie!». Federico: «Donna terribile, che cosa mi avvince ancora a te? Perché non ti lascio sola e non vado lontano, lontano, dove la mia coscienza trovi pace?». Ortruda: «Pacifico conte di Telramondo, perché non ti fidi di me?». Federico: «Lo chiedi? Solo il tuo racconto, la tua testimonianza m’ha indotto a riconoscere Elsa colpevole e ad accusarla, non è così? Non mentisti, inquietante abitatrice della cupa foresta, dicendomi di aver visto dal tuo selvaggio castello il compiersi dell’azione malvagia? Non mi predicesti che presto in questa terra sarebbe tornata a regnare l’antica stirpe di conti? Non mi spingesti a rinunciare alla candida, pura Elsa, e a offrire la mia mano a te, ultima discendente dei vecchi principi di Sassonia?». Ortruda: «Ah, mortalmente m’offendi! Sì, tutto questo ti dissi e lo provai». Federico: «E hai reso me, il cui nome era modello d’ogni più nobile virtù, complice della tua infame menzogna?». Ortruda: «Chi mentì?». Federico: «Tu! Dio non m’ha punito per questo nel suo giudizio?». Ortruda: (con terribile ironia) «Dio?». Federico: «Orribile! Come suona terribile quel nome pronunciato dalla tua bocca!». Ortruda: «Chiami Dio la tua viltà?». «Ortruda!». Ortruda: «Vuoi minacciarmi? Minacciare me, una donna? Oh vile! Avessi tu minacciato così ferocemente colui che ora ti manda in rovina, avresti certo ottenuto vittoria anziché onta! Chi sapesse affrontarlo, lo troverebbe più debole di un bambino». «Così fu la forza di Dio che gli ottenne vittoria!». «La forza di Dio! Ah, ah! Dammi ancora un solo giorno di potere e ti mostrerò com’è debole il Dio che lo protegge!». Federico: «Selvaggia veggente, misteriosamente tu seduci il mio spirito!». Ortruda: «I gaudenti si adagiarono in insolente riposo! Le candele nel palazzo sono spente! Siediti di nuovo qui al mio fianco; è questa l’ora dell’indovina, làsciati illuminare dal mio occhio veggente! Sai chi è questo cavaliere portato alla nostra riva da un cigno?». «No!». «Che daresti per saperlo, se ti spiegassi che, qualora fosse costretto a rivelare il suo nome e la sua natura, perderebbe tutta la forza che un gravoso incantesimo ora gli concede?». «Dici la verità? Ah, ora comprendo il divieto!».

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La copertina del libretto per la prima rappresentazione di Lohengrin a Weimar, 28 agosto 1850 (Bayreuth, Richard-Wagner Museum mit Nationalarchiv der Richard-Wagner Stiftung).


Julius Schnorr von Carolsfeld. Il primo disegno del costume per Lohengrin. Tavola; da Bayreutherfestblaetter, 1896.

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«Ascolta! Nessuno ha il potere di strappargli il segreto, se non colei alla quale proibì di interrogarlo». «Basterebbe dunque indurre Elsa a porgli la domanda?». «Ah, comprendi bene!». «Ma come si può riuscire?». «Con sagacia! Innanzitutto non dobbiamo partire da qui: affrontalo, pretendi che riveli il suo nome; in lei suscita un giusto sospetto – se questo non riesce, se non abbiamo la meglio, non vi è altro mezzo che la violenza». «La violenza». «Non invano io sono esperta nelle più segrete arti, perciò bada bene a quel che ti dico: ogni creatura che porta in sé un incantesimo si rivela impotente se le si strappa anche il più piccolo brano di carne!». «Intendi dunque…?». «Se riesci a strappargli un membro, un dito, un solo pezzetto di carne, lo avrai in tuo potere!». Federico: «Ah, così sono stato tradito!; mi credevo colpito dalla collera di Dio, invece fui sconfitto da un infame potere magico! Certo, l’amante di cui lei da tempo ha cura l’ha allontanata da me e l’ha indotta al fratricidio!». Ortruda: «Sii calmo e accorto! L’astuzia è la compagna più sicura verso la nostra meta!». Entrambi rimuginano oscuri pensieri di vendetta. Una figura bianca compare sul balcone del palazzo. È Elsa, che per la felicità e la gioia non riesce a dormire. Gode l’aria, ammira il cielo; vorrebbe abbracciare il mondo intero con gratitudine e letizia, perché esso prenda parte alla sua felicità. I due accompagnano il suo canto con toni oscuri. Ortruda fa capire a Federico che è meglio si allontani per un po’, quindi egli scompare lentamente sul fondo. Ortruda chiama finalmente Elsa. «Elsa!». «Chi mi chiama? Come risuona orribile il mio nome nella notte!». Ortruda: «Elsa, ti è così estranea la mia voce? Vuoi rinnegare del tutto colei che hai gettato nella più grande rovina?». «Ortruda, sei tu? Cosa fai qui, donna infelice?». Ortruda: «Infelice? Puoi ben chiamarmi così! Che ti feci, io che vivevo nella remota solitudine della foresta, serena e pacifica, lontana dal mondo, solo piangendo la disgrazia che da secoli grava sulla mia stirpe?». Elsa: «Per Dio, Ortruda, di che m’accusi? Fui forse io a procurarti dolore?». Ortruda: «M’invidi ora così tanto la fortuna di essere sposa dell’uomo che tu stessa rifiutasti?» . «Bontà celeste! Cosa significa?». «Fu per mia colpa che un’infelice follia lo sedusse, ch’egli imputò a te, pura, un misfatto? Sta già espiando atrocemente questa follia, il suo cuore è spezzato dal pentimento!». «Giusto Dio!». «Oh, tu sei felice! Dopo un breve soffrire sei ricompensata con la beatitudine del cielo; e pensi di fare bene cacciandomi nella più profonda miseria, povera, macchiata d’infamia e maledetta, affinché la mia figura sofferente non ti rattristi mai nello splendore della tua felicità?».

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Elsa: «Troppo! Troppo! Onnipotente, mi avresti reso tanto felice perché io respingessi da me la sventura? Mai più, Ortruda, aspetta un momento! Non ti lascio partire da me in misero stato!». Chiama due ancelle e scompare dal balcone. Ortruda: «Ora, dèi profanati, aiutate la vendetta del mio e del vostro oltraggio: Wotan, te invoco! Freia, augusta, ascoltami! A voi sono rimasta fedele, sebbene fingessi di servire il Dio dei cristiani. Rafforzatemi nell’inganno e nell’ipocrisia finché io possa professarvi apertamente!». Elsa scende con due ancelle che recano lumi. Ortruda si avvicina con deferenza. Elsa arretra inorridita alla vista dei miseri abiti di Ortruda. Con traboccante bontà di cuore, Elsa offre a Ortruda di dividere con lei la sua felicità. «Se mai mi hai fatto un torto, ti perdono di tutto cuore; comprendo bene la tua pena, so quanto sia terribile essere abbandonati e cacciati!». Le offre di intercedere per Federico presso colui che l’indomani sarà suo sposo; spera certamente che questi perdoni anche lui. Ortruda si mostra commossa da tanta bontà e desiderosa di ricambiarla; ma come potrebbe ripagarla, la misera, che ora può vivere solo grazie alla sua clemenza? Con l’unica forza che le è rimasta, la particolare capacità di cui è dotata di intuire più degli altri uomini: forse, ammonendola a essere prudente e a non fidare ciecamente nella sua fortuna. Elsa: «Che vuoi dire?».

Richard Wagner. Schizzi per le scene degli atti II e III di Lohengrin nel teatro di Weimar; da Lohengrin alla Scala. Origine e tradizione nella scenografia europea, catalogo della mostra, Milano, Teatro alla Scala, 1982.

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Ortruda cerca con sottili allusioni di suscitare in lei dubbi sullo straniero; possa non pentirsi mai di aver confidato nella sua fedeltà. Elsa: Ribatte manifestando incondizionata fiducia in colui che Dio le ha mandato: il suo divieto le è caro, non lo violerà mai. Ortruda: «Oh tu felice, così non apprenderai mai quale sventura ti colpirebbe; possa egli compensarti con la stessa fedeltà e mai lasciarti nel modo incomprensibile in cui è arrivato». Elsa: Ha un sussulto, ma subito è ripresa dal sentimento della più estasiante fiducia. Ortruda: Si interrompe, e passa a lusingarla e a lodare la sua bontà. Elsa: La invita a entrare, a farsi abbigliare con splendide vesti e ad accompagnarla poi alla messa: lì vuole attendere il suo sposo per essere a lui legata in eterno. Ortruda: «Forse riuscirei a impressionarla di più facendo leva sul suo orgoglio!». Le ancelle precedono, dando luce. Elsa e Ortruda entrano nel palazzo. Sorge progressivamente il giorno. Avanza Federico: «Entra così la sventura in questa casa! Tu agisci là; io, da uomo, voglio incontrare apertamente il nemico!». Si fa da parte. Si sentono da diverse direzioni squilli di trombe e voci di araldi. A poco a poco il popolo si raduna. Un araldo avanza4 e annuncia la festa del giorno: Lohengrin, che ha rifiutato la corona di Brabante, salirà oggi all’altare con Elsa; l’Imperatore stesso vuole essere testimone della sposa: disposizioni sui festeggiamenti; espressione della felicità che attende il Brabante e che è promessa allo straniero. Grazia e pace si diffonderan-

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no. La patria sarà protetta e sicura; i campi saranno fertili, così che tutti i poveri potranno essere impiegati dall’Imperatore nella lotta contro gli Unni. Già domani, il giorno dopo le nozze, tutto dev’esser pronto per partire in battaglia. Il popolo risponde con entusiasmo e giubilo, celebra l’arrivo di Lohengrin e le benedizioni attese dalla sua protezione; questa speranza di felicità grazie al salvatore straniero diventa esaltazione: è visto come il taumaturgo inviato per fare del Brabante il paradiso in terra. Vengono introdotti infermi e ciechi per supplicare Lohengrin, mentre si reca in chiesa, di guarirli. Quattro nobili vassalli scorgono Federico: dapprima hanno timore e preoccupati lo rimproverano di non essere ancora fuggito. Egli cerca di risvegliare in loro la fedeltà nei suoi confronti; si impegna a dimostrare di non essere stato sconfitto da Dio. I quattro, pur intimoriti dal popolo, si avvicinano a Federico e tentano di nasconderlo agli sguardi altrui. Voci: «Attenti! Attenti! Elsa e le donne si recano alla cattedrale! Benedetta sia colei che ha subìto un così grave torto!». Le donne, riccamente agghindate, compongono un lento corteo dal palazzo alla cattedrale. Le precedono i paggi a creare un varco: le donne si dispongono all’ingresso della cattedrale. Giunge Elsa, vestita a festa, accompagnata da nobildonne; seguono Ortruda e donne che chiudono il corteo.5 Quando Elsa posa il piede sul primo gradino della cattedrale, Ortruda abbandona il corteo e si pone di fronte a lei: «Indietro, Elsa! Non sopporto più di vederti qui incedere davanti a me. Ovunque devi lasciarmi il passo, perché sono duchessa di questa terra!». Elsa (con grande spavento): «Che ti accade? Come ti manifesti a me? Qual repentino, orribile cambiamento nella tua natura!». Ortruda: «Ah, perché per un’ora ho scordato la mia dignità, credi ch’io debba adesso avvicinarmi a te umilmente, strisciando? No, voglio vendicare la mia onta, ingiusta, e pretendere quel che mi spetta!». Elsa (atterrita): «Crudele! Come ho potuto essere così cieca da credere alla tua ipocrisia? Come puoi contestare il posto d’onore a me, che ti ho appena strappato alla più profonda miseria, tu, sposa di un proscritto?». Ortruda: «Il mio consorte è stato messo al bando ed esiliato da un tribunale che, ingannato, ha pronunciato una sentenza erronea; tutti lo conoscevano bene, temevano il suo valore, onoravano la sua virtù, lodavano il suo nome. Il tuo, di’, puoi fare il suo nome?». Generale sbigottimento. «Puoi dire quale sia la sua stirpe, donde sia venuto, quando e verso dove ripartirà da te? Ah no! Ah no! L’abile incantatore te l’ha proibito! Eppure, tu lo conosci e non ardisci nominarlo!». Grande sbalordimento, misto a indignazione. Elsa si rinfranca.«Calunniatrice, sciagurata: ascoltami. La sua natura è così nobile, la sua missione così elevata che solo un peccatore può dubitare di lui! Cos’è il suono di un nome, la menzione di una stirpe in confronto al fulgore della sua virtù! Non ha egli vinto il tuo sposo nella tenzone divina? Di’, chi è dunque l’infido e chi il puro?». Coro.

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Ortruda: «Ah! Questa purezza del tuo cavaliere sarebbe tosto macchiata s’egli fosse costretto a rivelarti il suo nome! Se non osi interrogarlo, allora puoi star certa che io, che noi tutti, crediamo che tu ben sappia che la sua purezza è dubbia!». Forte turbamento. «Fate luogo! L’Imperatore! Il cavaliere straniero!». L’Imperatore, Lohengrin e i principi avanzano. «Quale contesa?». Elsa si lascia cadere sul petto di Lohengrin. «Oh, mio amato!». «Che avviene? Chi osa disturbare l’accesso alla chiesa?». «Cosa vedo! Questa donna sciagurata è qui?». Elsa: «Mio salvatore, proteggimi da questa orribile donna. Forse ti ho disubbidito; ma allorché questa notte la vidi dolente davanti alla mia porta, la accolsi da me. Ora vedi quanto crudelmente mi ricompensa, mi rimprovera per la fiducia che ho in te». Lohengrin, tenendo gli occhi fissi, immobili su Ortruda, la quale sotto il suo sguardo è ammutolita e non osa muoversi: «Donna terribile, desisti! Qui non avrai mai vittoria!». Fa calmare Elsa, poi le chiede se Ortruda abbia suscitato in lei dei dubbi; ella piangendo nasconde il volto sul suo petto. Lohengrin: «Vieni! Fa’ scorrere le tue lacrime là, con gioia!». Quando Lohengrin si avvicina alla cattedrale, gli si fanno attorno gli infermi, i ciechi ecc.; lo chiamano e lo supplicano di guarirli con un miracolo. Lohengrin: «Per chi mi prendete, stolti? La felicità che potete trovare attraverso me è di natura ben più elevata di quanto immaginiate! Dimostratevene degni, e presto godrete delle sue benedizioni!». (Da rilevare: l’esagerata fede – superstizione del popolo, in contrasto ai dubbi che sorgono in Elsa). Federico balza dal gruppo delle donne sulla scalinata della cattedrale. «Oh Imperatore! E voi, confusi principi, fermatevi!». L’Imperatore e i principi: «Che vuole qui costui? Il condannato! Il maledetto! Osi sfidare la mia ira?». Federico: «Ascoltatemi! lo ho subìto un torto infame. Il giudizio di Dio è profanato! Un impostore vi ha ingannati. – Interruzione – Che sveli il suo nome, che indichi la sua origine: se lo farà, che la mia bocca possa tacere per sempre; se non lo farà, desistete dalla vostra illusione, io lo accuso di incantesimo e tradimento. Chi è costui che giunse a questa riva portato da un cigno selvatico? Di tali animali fatati non si serve certo un puro; chi può confutarlo?». Tutti sono sgomenti, taluni spaventati; guardano ansiosi Lohengrin. Lohengrin: «Ingannatore! Indegno! Non a te, né alla tua compagna nel disonore devo rivelare il mio nome! Il dubbio del malvagio non coglie il puro». Federico: «Con superbia ti esenti dal rispondermi. Dunque mi rivolgo a te, potente Imperatore! Sarai per lui abbastanza puro da potergli porre la domanda?». Lohengrin: «Perfino all’Imperatore e ai principi del regno non posso riconoscere il diritto di interrogarmi! Hanno visto quel che ho compiuto e io a ragione li preservo dal dubitare. Solo a una devo dare risposta – Elsa». Lohengrin volge lo sguardo verso Elsa e con suo stupore la vede guardare fissa da-

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Prospetto e piantazione di Un prato presso la riva della Schelda nell’atto I; da Ferdinand Heine, Decorative und costßmliche Scenirung der Oper Lohengrin von Richard Wagner in Auftrag des Dichters entworfen, Leipzig, [1854] (Eisenach, Fritz-Reuter und Richard-Wagner Museums). Il prospetto della scena: sono segnate in rosso le linee di movimento dei personaggi.


La piantazione: l’arrivo di Lohengrin avviene in posizione arretrata, dopo cinque quinte di prato, a ridosso dei fondalini del castello ‘F’ e degli alberi ‘K’. Tra questi e il fondale di paesaggio ‘M’, sulla linea ‘b’, Lohengrin si «rende visibile sul fiume in lontananza» ma, per rispettare la prospettiva, si tratta di una «minuscola navicella a forma di cigno con un bambino in aspetto di Lohengrin» che poi scompare; mentre si allontanano i bambini che fungevano da comparse nei luoghi indicati […] giunge sulla linea ‘d’ il cantante che impersona Lohengrin.


vanti a sé, col petto in selvaggia agitazione, in violenta lotta interiore. Si ferma.6 «Ah! Cosa vedo, il dubbio tormenta il suo cuore! Infelice, dovrà soccombere?». Elsa (tra sé): «Oh Dio, sto sognando!». Il dubbio germina in lei. «Un oscuro mistero lo avvolge; il rivelare la sua identità segnerebbe la sua sventura. lo, ingrata, come potrei voler indurlo a palesarsi al mondo intero! No, sarebbe ignobile! Eppure mi spaventa terribilmente! ». Federico e Ortruda: «Ah! Il dubbio si è insinuato nel suo cuore». L’Imperatore e i principi si trattengono dal dubitare, rispettano il segreto dello straniero, perché chi si manifesta in tal modo non può che essere inviato da Dio. I principi incalzano Lohengrin: che replichi alle calunnie, loro saranno sempre dalla sua parte (da accentuare molto). Lohengrin li placa e con loro si sposta un po’ verso il fondo; intanto Federico si avvicina furtivamente a Elsa, rimasta con lo sguardo fisso: «Fìdati di me; conosco un mezzo per costringerlo a mostrare la sua vera natura». «Allontànati da me!». «Voglio esservi utile! Ascoltate! Lasciate che gli strappi un piccolo brano di carne, un pezzo di dito, senza dolore; scioglierete così ogni dubbio». «Crudele! Taci!». «Questa notte! Sono pronto, devi solo chiamarmi!». Elsa: «Orribile! Mai più!». Lohengrin: «Elsa, con chi indugi?». Elsa cade ai suoi piedi. «Via da lei, maledetti! Che il mio occhio non vi veda mai più! Elsa, àlzati! Nella tua mano, nel tuo cuore fedele è ogni felicità, la tua e la mia! Elsa, guardami! Vuoi rompere la tua promessa? Vuoi pormi la domanda?». Elsa, con impetuosa agitazione e colma d’amore: «No! Mio redentore, mio salvatore! Supera ogni dubbio il mio amore!». Rintoccano le campane della cattedrale, da cui si ode provenire un canto religioso. Lohengrin: «Salute a te! Ora andiamo all’altare davanti a Dio!». Ogni dubbio è improvvisamente svanito; con fervida commozione tutti intonano: «È un cavaliere di Dio!». Il corteo si avvia verso la cattedrale.

Atto terzo Una musica d’introduzione descrive la sontuosità delle nozze; gradualmente assume un carattere più lieve. Il sipario si alza sulla stanza nuziale, con il talamo ornato sfarzo samente. Si approssima il corteo, raggiunge la stanza – musica soave e un canto nuziale: Lohengrin è accompagnato dai principi, sulla soglia li ringrazia e prende commiato; Elsa entra con le donne. Vengono innanzi alcune vergini che con gaie cerimonie consacrano la stanza nuziale; poi tolgono a Elsa e a Lohengrin le sontuose sopravvesti, pronunciano il saluto di benedizione e mentre il canto nuziale va spegnendosi lasciano la stanza e chiudono le porte alle loro spalle. Elsa si abbandona colma di felicità sul petto di Lohengrin, e rimane così a lungo, fin-

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ché il canto si perde in lontananza. Lohengrin (sedendosi su un divano e traendo Elsa dolcemente a sé): «I soavi canti si spengono! Elsa, donna pura e amata, mia sposa, mia moglie! Siamo soli, per la prima volta dacché mi vedesti, da quando ti portai soccorso nel pericolo; sottraiamoci all’ebbrezza degli splendidi festeggiamenti, per la prima volta siamo insieme senza altro testimone che Dio! Quel che i nostri sguardi si svelarono, lascia ora che nell’intimità lo rivelino i nostri cuori; permetti che ti chieda: sei felice?». Elsa esprime con estatica commozione l’ineffabile felicità raggiunta grazie a lui, il desiderio di consumarsi per gratitudine e immenso amore. Lohengrin: «Questa è l’essenza del nostro amore: noi che mai ci incontrammo, ci conoscevamo, ci eravamo divinati. Quando ti vidi, subito compresi la purezza angelica del tuo cuore e desiderai così tanto il tuo amore che mi sentii incitato a offrirti la massima felicità del mondo». Elsa: «Oh no! Già ti conoscevo! In sogno ti ho veduto! Quando tu giungesti come un angelo splendente nelle tenebre dei miei affanni, capii che Dio ti aveva mandato a me. Allora mi sarei beata in tua adorazione: presto desiderai scorrere come un ruscello ai tuoi piedi, o piegarmi come un fiore in un dolce inchino al tuo passaggio: questo soltanto è amore? Ah no, il mio labbro non può pronunciare questa parola, per me indicibile, ahimè, come il tuo nome, che non posso conoscere; non mi è dato di appellarti, di nominare colui a cui devo tutta la mia gioia». Lohengrin: «Elsa!». «Senti come il mio misero nome esce grazioso dalle tue labbra. Lascia ch’io confidi il mio al tuo nome, solo nei momenti in cui ci dedichiamo indisturbati al nostro amore». «Dolce donna». «Certo prometto di non pronunciare mai dinanzi al mondo il nome che tanto desidero conoscere!». Lohengrin (abbracciandola amorevolmente): «Non respiri i dolci profumi che nella mite notte si spandono dai calici dei fiori? Oh, con quanta dolcezza rapiscono i miei sensi; mi dono alloro misterioso incanto senza indagare né sul nome né sul genere dei fiori che me lo offrono. Così il dolce incanto che tu effondesti su di me la prima volta che ti guardai negli occhi: non domandai da dove provenissero il fascino, il dubbio, l’atroce sospetto che ti avvolgeva; perché doveva premermi? Ti sapevo pura, giacché a un nobile occhio non apparivi né indegna né infedele». Elsa: «Ah, vorrei tanto dimostrarmi degna di te; volentieri mi immolerei, subirei sventure, pene e afflizioni se valesse a dare la mia vita per te, a ricambiare solo in minima parte la grande fiducia che hai riposto in me! Così forte è il mio amore che temo di morirne se non potrò avvicinarmi a te nella tua suprema virtù. Se pensassi che – come io fui macchiata da sospetti e pesanti accuse – un qualche mistero potesse avvolgerti, che se svelato al mondo ti esporrebbe al pericolo: ah, non avrei pace finché non scoprissi il tuo segreto: forse il mistero del tuo nome, della tua origine è tale – sì, immagino sia così – da dover rimanere celato a tutto il mondo, da non poter essere svelato alle domande e alle minacce dei più potenti di questa terra. Oh, quanto superba mi renderesti se volessi confidarmelo! Mi metteresti allora in condizione di dimostrarti con il silenzio la mia forza». «Amata!». «Nessuna potenza della terra, nessun orrore, nessuna pena possono piegarmi a tradire la tua fiducia: sapere che il tuo destino riposa nelle mie mani, che potrei custodirti

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fedelmente, come un angelo, fino alla morte, ah! Ciò mi eleverebbe, e solo con questa consapevolezza potrei ritenermi degna di te». «Oh taci!». «Lascia ch’io sappia il tuo segreto, la tua origine, chi sei!». «Oh, Elsa!». «Che io non appaia più così indegna della tua fiducia!». Lohengrin (serio): «Ti ho concesso la mia piena fiducia quando ho creduto nella tua promessa di non voler indagare su di me! Se la mantieni, ti considero così nobile e onorabile che non accosterei a te nessun’altra donna della vasta terra». (Rassicurante, traendola dolcemente a sé). «Al mio petto, dolce donna;concedimi la grazia di respirare il tuo respiro, di stringerti forte a me, di sapermi beato in tuo possesso. Lasciami godere la gioia del tuo amore in completa serenità, perché, credimi, mi deve ricompensare pienamente: per il tuo bene lasciai quel che per me nessun fasto o splendore della terra, nessuna ricchezza del mondo potrebbe sostituire. Vedi, se l’Imperatore mi offrisse la sua corona, simbolo del maggiore potere sulla terra, la respingerei; poiché una sola cosa mi può ricompensare, una sola: oh Elsa, il tuo amore! Questo devi sapere; e mantieni il tuo amore sempre puro e sereno, senza mai affliggerti per quel che io ti devo tacere, perché io non vengo dalle tenebre e dalla tristezza, no, dietro di me ho lasciato lo splendore della massima felicità!». Elsa: «Ahimè! Cosa mi sveli! Con tristezza e mestizia ripensi al luogo da cui sei venuto! Ti sei sottratto alla più alta felicità per me, indegna! Il mio cuore freme con presaghi brividi, nel comprendere la grandezza del sacrificio che hai compiuto per me». «Non è un sacrificio, perché il premio del tuo amore non ha confronti!». «Oh crudele! Tormenti il mio povero cuore! Come poss’io, indegna, stimarmi tanto, essere così sfrontata da pensare che il mio povero amore – anche se tu pietosamente lo esalti – possa mai risarcire quel che ti appare più eccelso di tutti gli onori del mondo e che hai sacrificato per me!». «Cessa di tormentarti così!». «Oh, ben presto non potrò più bastarti, ben presto tornerai a pensare alla radiosa patria a cui ti ho sottratto! Ahimè, la tua natura è superiore alla mia, compi incantesimi e prodigi; come poss’io, impotente, trattenerti! Lo vedo, ah! Che volto orribile! Una mattina – mi desto – non ti trovo – ti cerco – là – in lontananza ti vedo – il cigno ti porta via nella navicella». «Elsa, fèrmati! Càlmati!». «Nulla, nulla può calmarmi, tranne sol uno! Uomo caro e fatale, angelo, idolo della mia vita, devo sapere chi sei». «Elsa!». «Il tuo nome. La tua patria!». «Elsa!».? In questo istante Elsa vede una porta aprirsi alle spalle di Lohengrin: Federico irrompe con quattro uomini nella stanza; ella grida con terribile spavento: «Ah! Indietro! Difenditi!». Gli uomini assalgono Lohengrin, il quale ha afferrato rapidamente la sua spada. Elsa si getta a proteggere lo sposo; questi con un colpo uccide Federico; i quattro uomini, inorriditi, crollano ai piedi di Lohengrin. Elsa, lentamente, cade svenuta accanto a lui. Egli solo rimane in piedi: si crea un lungo silenzio di morte.

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Poi Lohengrin, profondamente commosso: «Ahimè! Ahimè! Ora è perduta ogni nostra felicità!». Con profonda afflizione, si china su Elsa e la solleva. Elsa, aprendo gli occhi: «Onnipotente, abbi pietà di me!». Egli la distende dolcemente sul divano. Al suo cenno i quattro uomini si alzano; come da suo ordine, s’allontanano con il cadavere per portarlo al giudizio dell’Imperatore. Lohengrin tira il cordone di un campanello posto accanto alletto nuziale; entrano alcuni nobili a cui dà l’incarico di richiedere la presenza dell’Imperatore per un giudizio. Alcune donne entrano dall’altro lato, Lohengrin ordina loro di assistere Elsa e di accompagnarla al giudizio dell’Imperatore. «Là, Elsa, a te e al mondo intero svelerò chi sono!». Si allontana con solenne tristezza. Elsa: «Sventurata, che apprendo!». Le donne la accompagnano fuori. Cambio di scena: il campo con gli scanni, presso la riva della Schelda, come nel primo atto. I trombettieri chiamano il popolo a raccolta; gli araldi annunciano l’imminente partenza degli uomini abili alle armi per combattere contro gli Unni. Prima, però, il cavaliere straniero vuole rivelare al mondo la sua identità, la sua origine e provenienza. Stupore e curiosità del popolo. Giungono, nelle loro armature, i nobili brabantini con soldati. Infine arriva l’Imperatore con i principi tedeschi, tutti in armi. Si stupisce dell’ambasciata inviatagli da Lohengrin; in quel momento i quattro uomini, preceduti da sacerdoti, portano su una bara il cadavere di Federico. Inquietanti sospetti ottenebrano la moltitudine dei presenti: che cosa significa? Elsa si presenta con il suo seguito, pallida, con passo vacillante, in estrema angoscia; occupa uno scanno di fronte all’Imperatore. Subito dopo giunge Lohengrin, in armatura completa come nel primo atto, avanza con atteggiamento solenne. L’Imperatore, contento di vedere il fior fiore del Brabante pronto in armi per difendere le terre tedesche, esprime il proprio stupore per il proposito di Lohengrin: «Mi hai fatto annunciare che vuoi rispondere, dinanzi a noi tutti, alla domanda che ieri ti è stata posta minacciosamente da un’infame coppia; ma devo presumere che lo faresti malvolentieri, perciò ti chiedo di astenertene: siamo tutti così profondamente convinti del tuo valore e della tua nobiltà che nessuno di noi, certo, vorrebbe mai incalzarti con domande sconvenienti». Lohengrin: «Mio signore e Imperatore, se voi tutti mi stimate tanto da riporre incondizionata fiducia nella mia natura e nel mio rango, c’è invece una persona in questa cerchia che non condivide con voi questa grande fiducia: è la donna a cui ho consacrato la mia felicità e la mia vita, la donna che amo con animo puro: Elsa, che ieri ho sposato davanti a Dio!». Tutti profondamente turbati. Elsa presa da grande vergogna. Lohengrin: «Udiste tutti come io le chiesi e lei mi giurò di non domandare mai il mio nome e la mia origine. Ora ascoltate perché non è riuscita a mantenere la solenne promessa: turbata dagli avvertimenti dell’uomo infelice, dagli incanti della spregevole donna, ella ha infranto il suo voto. Colui che qui giace è stato ucciso da me stanotte, quando perfidamente mi ha aggredito; lo sottopongo al giudizio dei morti; giudicate se meritasse la morte». Tutti pronunciano condanna nei confronti di Federico. Lohengrin: «Eppure sappiate che l’uomo che ora condannate non è più colpevole di Elsa stessa: perché anch’egli, come presto apprenderete, ha subìto inganno e incantamento».

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Studio fotografico di Josef Albert, Monaco di Baviera. Lohengrin; da Richard Wagner Galerie, raccolta di fotografie da dipinti di Theodor Pixis e di Wilhelm von Kaulbach (Milano, Museo Teatrale alla Scala). L’arrivo di Lohengrin.


Ortrud si rivolge supplice a Elsa.


Lohengrin e Elsa.


L’addio di Lohengrin.


Elsa, in gran tormento: «Oh signore, risparmiami! Nulla sapevo del suo orribile gesto!». Lohengrin: «Lontana da me l’intenzione di accusarti di questo misfatto! Il peggio, ora sì, deve accadere: devo dare risposta alla tua stolta domanda! Ora vedrete che non mi è necessario fuggire il giorno: dinanzi al mondo intero, a Dio, all’Imperatore e al regno ora svelo il segreto. Sappiate dunque: lontano da qui, in una terra remota, si trovano montagne aspre e inaccessibili; nel mezzo, a trenta tappe da ogni direzione, circondata da boschi e vegetazione selvaggia, sta in cima a un monte una rocca chiamata Monsalvato.8 Là è un tempio di tale splendore e ricchezza che mai uno simile è stato consacrato neppure a Dio. In quel tempio viene custodita una reliquia che fu portata sulla terra da una schiera angelica e affidata alla cura dei più puri tra gli uomini, per la salvezza del mondo. È questo il Gral, un vaso che racchiude in sé tutti i prodigi della divinità del nostro Redentore. I più puri tra gli uomini possono solo averne cura, nessuno vi si può avvicinare se non per sua chiamata. Chi è prescelto a servirlo, riceve la sua divina forza miracolosa, è mondo da ogni peccato mortale, ha doni e poteri sovrumani per diffondere e conservare ovunque nella massima purezza la dottrina del Redentore. Il cavaliere non deve darsi affanno per nutrirsi o sostentarsi, il Gral provvede in abbondanza a tutte le sue necessità terrene; chi lo contempla è protetto dalla vecchiaia e dall’infermità, la morte non gli si può avvicinare e nessuna sventura lo può colpire. Non è consentito però ai consacrati del Gral dedicarsi all’amore di una donna; solo al re dei templari è concesso unirsi a una donna pura, affinché la sua schiatta superiore si rigeneri incorrotta in eterno. Il Gral invia i suoi cavalieri a difendere la fede oppressa, a soccorrere le terre senza governo, ad assistere gli orfani e le donne bisognose d’aiuto; ma l’inviato non può mai rivelare la sua origine né il grande segreto di cosa gli conferisca doni e poteri sovrumani: quando sia costretto a palesarsi, non può rimanere, deve tornare al Gral, poiché solo godendo incondizionata fiducia può conservare incorrotta la sua natura eccelsa. Ora dunque sappiate: mio padre è Parsifal; per le sue alte virtù cavalleresche, e la sua lotta al dubbio terreno, che fa disperare della presenza del divino, si è reso degno di essere designato re del Gral. Il mio nome è Lohengrin, e sono cavaliere del Gral. – Ora9 udite anche come sono qui giunto. Un suono lamentevole penetrò le aree del tempio, fino al sacrario; questo annunciò ai cavalieri che una vergine pura, in un luogo remoto, si trovava in grande tribolazione. Quando andammo a interrogare il Gral per sapere dove inviare un cavaliere a lottare in difesa dell’innocenza, scorgemmo un cigno arrivare sul fiume; con una catena d’oro tirava una navicella vuota. Allora mio padre Parsifal, dopo aver scrutato il responso, annunciò che il cigno, in realtà un essere incantato, avrebbe dovuto servire il Gral per un anno, e che io, il cavaliere prescelto, avrei dovuto recarmi a portare aiuto a un’innocente. Presi commiato dopo aver ricevuto la benedizione del Gral; salii sulla navicella, e il fedele cigno mi portò attraverso mare e fiumi sin qui, dove mi avete visto approdare». Tutti profondamente commossi. Elsa, come annientata: «Vacilla il suolo sotto i miei piedi? Come si oscura il cielo! Oh, questa notte! Aria! Aria per l’infelice!». Sta per crollare a terra, Lohengrin la afferra tra le sue braccia: (con estrema commozione) «Elsa! Elsa! Che mi hai fatto? Quando ti vidi, sentii il mio cuore fremere di un ardore mai provato prima, parve la più grande gioia del mio incarico celeste: sostenuto da un potere divino, in piena con-

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sapevolezza, consacrare a te, al tuo cuore puro, tutti i preziosi doni che il mio segreto mi serbava. Oh, perché hai dovuto strapparmi il segreto?». Elsa: «Mio sposo, mio salvatore! Vedi, mi strugge la mia grave colpa! Tu che provieni da Dio, esercita la virtù divina, grazia, perdono alla peccatrice, che ha mancato solo per amore». Lohengrin: «Oh, ti perdono! Come potrei non comprendere il tuo cuore, la tua elevata, pura virtù? Ma, ahimè, vedo un penoso destino per l’intera umanità, se perfino in questo cuore, il più puro e amorevole, ha prevalso il dubbio. Infelici, così Dio può solo perdonarvi, ma non darvi gioia! Oh, ascoltatemi! Se avessi potuto rimanere tra voi, avrei elargito a questa regione una tale prosperità, che avreste pensato fosse sceso il paradiso in terra: avrei dato ricca messe ai vostri campi, avrei istruito il popolo nell’amore e nella concordia e donato ai vostri cuori la pace celeste. Questo era il prodigio che intendevo compiere per voi, e potevo farlo grazie alla forza miracolosa del Gral. Ma, ahimè, questa felicità vi rimarrà sconosciuta. La cruda, avida lotta per un semplice possedimento, per un debole potere, questa lotta per un niente consumerà ancora a lungo le vostre più belle energie; poiché il cuore più puro, l’animo più candido che poteva germogliare dalla vostra stirpe mi scaccia da qui con i suoi inquieti dubbi». Tutti si dolgono e supplicano Lohengrin. Elsa: «Mio sposo! Non ti lascio andare via: puniscimi, oh, i tuoi colpi saranno per me carezze! Ma ahimè! Come intendi il perdono, se vuoi infliggere a colei che hai perdonato la morte della separazione?». Lohengrin: «Devo! Devo! Ora non posso più trattenermi. Mia dolce, pura donna, devo, devo sfuggirti!». Elsa si aggrappa a lui, vuole morire! – Invano! – «Ahimè! In passato l’odio mi causò onta e affanno, ora l’amore mi procura la morte!». L’Imperatore, tutti cercano di persuadere Lohengrin a restare: inutilmente! Volentieri egli avrebbe guidato i difensori del Brabante, ma ora li deve affidare, privi di un capo, all’Imperatore. «Abbi comunque fiducia, grande Imperatore: la vittoria ama il tuo vigore nobile e puro! Dio non vuole che le vili orde d’oriente dominino ancora in terra tedesca. Addio! La benedizione del Gral vi accompagni!». Giunge da lontano il cigno e si avvicina alla riva; si sparge il grido: «Il cigno, il cigno! Là, sta tornando!». Lohengrin: «Già il Gral manda a prendermi!». Elsa: «Spaventoso! Il cigno!». Lohengrin (contemplando il cigno con malinconia): «Oh, caro cigno! Ben volentieri ti avrei risparmiato questo ultimo triste viaggio! Speravo di rivederti sotto altra forma, quando il tempo del tuo servizio fosse finito, e tu libero dai tuoi vincoli grazie al potere del Gral! – Oh, Elsa! Solo un anno! Se per un anno tu avessi mantenuto piena fiducia in me, avresti conquistato una traboccante felicità. Colui che credi morto, della cui presunta uccisione sei stata accusata così aspramente – tuo fratello – tra un anno sarebbe tornato a te e al Brabante, da splendido giovane! Ora non sarò più testimone della vostra gioia; al ritorno di tuo fratello sarò lontano, in terra remota! Tu dovrai comunque consegnargli questo corno, questa spada e questo anello: nei momenti di maggior pericolo, il corno lo proteggerà e la spada gli assicurerà la vittoria; l’anello lo serbi per ricordare me, che ti salvai dall’onta e dall’affanno. Elsa! Mia dolce donna! Addio! Addio! (la bacia più volte). Addio, non posso rimanere oltre!».

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Elsa si è tenuta aggrappata a lui, tra molti lamenti; infine le forze la abbandonano, crolla tra le braccia delle sue ancelle. Quando Lohengrin, nel sonoro compianto collettivo, raggiunge la riva, si precipita sulla scena Ortruda, gridando rivolta a Elsa con furiosa esultanza: «Vittoria! Vittoria! Atteso momento! Questa terra è mia e i miei dèi sono vendicati. Grazie a te, Elsa: prontamente cedesti al dubbio che io insinuai nel tuo cuore, solo per mezzo tuo ho potuto scacciare l’unico in grado di annientare il mio operato! Guarda là il fiero cavaliere; sai chi lo ha portato in tuo aiuto? Tuo fratello, il candido fanciullo che troppo si appressò alla mia sfera; l’unico rampollo della stirpe che sottrasse ai miei avi il dominio di questa terra. Volevo rovinarvi entrambi, ma tu eri immune dalla mia magia; quando tuo fratello si perse allontanandosi da te, ne rimase invece vittima: gli misi una catenina d’oro e il dolce fanciullo si trasformò in un selvaggio cigno, se ne andò via lungo il fiume nel bosco! Vedi, avresti potuto liberarlo con l’aiuto del cavaliere straniero, ora non puoi più; ora questi deve tornare nella sua lontana, remota patria». «Orribile! Atroce!». «Imparate, audaci, come si vendicano gli dèi, da cui vi siete allontanati!». Lohengrin si inginocchia vicino alla riva: «Dio onnipotente, dammi un segno: che quest’insolente malignità non arrivi a prevalere e schernirti. Un segno di riconciliazione, che io possa stendere come un balsamo sulla ferita provocata al cuore più puro dal peccato del dubbio! Signore, mio Dio, esaudiscimi se io in umiltà…» – la sua voce qui cala in un sussurro sempre più sommesso, che nessuno riesce più a percepire; continua in muta preghiera. Grande tensione. Si sente un dolce canto, è la voce del cigno: «Addio, acque impetuose, che mi avete portato così lontano; addio, flutti lucenti e puri, tra cui scivolava il mio bianco piumaggio: sulla sponda mi attende la mia sorellina, che devo consolare!».10 Improvvisamente si vede una colomba bianca librarsi sopra la navicella. Lohengrin rivolge al cielo un fervente sguardo di ringraziamento. Scioglie la catena al cigno, che subito si immerge, mentre il cavaliere solleva dall’acqua un bel giovane (Goffredo). La colomba afferra la catena e trascina via la navicella. Elsa, all’ultima trasfigurazione, solleva lo sguardo felice; Goffredo avanza e si inchina all’Imperatore. Ortruda, nel momento della liberazione del giovane dall’incantesimo, strillando è crollata al suolo, morta. Dopo che tutti hanno osservato Goffredo con il massimo stupore, Elsa guarda verso il fiume: «Lohengrin! Mio sposo!». In lontananza si vede di nuovo Lohengrin nella navicella trainata dalla colomba. Tutti scoppiano in un grido di lamento; Elsa cade esanime al suolo, tra le braccia di Goffredo. FINE Marienbad, 3 agosto 1845 Richard Wagner (Traduzione dal tedesco di Lucilla Castellari)

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Nell’originale autografo del poema di Lohengrin, nell’elenco dei personaggi, l’appellativo di Enrico l’Uccellatore era “Imperatore tedesco”, ma, in quanto storicamente errato, fu cancellato e sostituito con “re”. 2 In margine al foglio, Wagner scrive un’integrazione in merito a questo punto: «Federico: Dio stesso è in collera con la terra dove tale misfatto è stato compiuto. Povertà e indigenza opprimono tutti; quel che era seminato è distrutto, sventura e discordia separano i nobili ... ». 3 In margine al foglio la nota integrativa: «?? Federico e Ortruda svergognati ed esiliati. – L’Imperatore vuole affidare a Lohengrin il Brabante; questi rifiuta, accetta solo il titolo di Protettore del Brabante ??». 4 In corrispondenza di questo punto, sul margine del foglio Wagner segnò la nota integrativa: «La proscrizione di Federico: annunciata». 5 Qui, in margine al foglio, l’integrazione: «(nel corteo le donne, timorose, scansano Ortruda e questo sembra offenderla profondamente)». 6 Riferita a questo punto, in margine al foglio c’è l’indicazione del movimento, “Adagio”: prova del fatto che durante la stesura dell’abbozzo Wagner aveva già un’idea chiara della musica dell’opera. 7 In margine al foglio c’è una nota integrativa presumibilmente riferita a questo punto: «(Sorge progressivamente il giorno!)». 8 Nell’Abbozzo Wagner scrive “Montsalwage”, nel libretto “Montsalvat”. (NdR) 9 La seconda parte del racconto del Gral – che qui ha inizio – è stata non solo messa in versi, ma anche musicata. Wagner, tuttavia, il 2 luglio 1850 – dunque a otto settimane dalla prima rappresentazione del Lohengrin a Weimar – comunicò a Liszt che egli “insisteva” affinché questa “seconda parte del racconto” fosse tralasciata, perché si doveva “suscitare un’impressione raggelante”. Il compositore desiderava quindi che tale parte fosse omessa anche nei libretti. 10 Questo Canto del cigno (Duca Goffredo!) passò quasi letteralmente anche nel poema di Lohengrin, e nello Schizzo della composizione dell’opera è perfino musicato. Sulla relativa (ultima) pagina di questo schizzo c’è tuttavia un’annotazione chiarificatrice di Wagner stesso: «La necessità di un’economia drammatica non mi consente di far eseguire il canto del cigno nel mio Lohengrin. Quale miglior uso potrei fare di questa bazzecola se non quello di metterla nel Suo album per garantirmi il Suo benevolo ricordo?». Queste parole, buttate giù velocemente, sono l’abbozzo della dedica con cui Wagner nell’agosto 1853 accompagnò testo e melodia del discusso Canto, riportando li nel Libro degli mpiti di Lydia Steche che gli fu inviato a Zurigo (da Plagwitz presso Lipsia). 1

Johann Wolfgang Goethe in uniforme di corte con la croce napoleonica della Legion d’onore. Ritratto in silhouette (Düsseldorf, Goethe-Museum). Lohengrin si rappresentò per la prima volta, con la direzione di Liszt, nel Teatro di Corte di Weimar il 28 agosto 1850, centounesimo anniversario della nascita di Goethe (1749).

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Busta in cui Ludwig II conservava le lettere di Richard Wagner, decorata col cigno di Lohengrin (Bayreuth, Richard-Wagner-Stiftung).


Prima appare il cigno, poi la colomba. Un enigma non soltanto per alchimisti Giovanni Guanti* Non facciamone una mera questione di mise en scène e di regia, anche se dovremmo essere (quasi) tutti d’accordo almeno su un punto: si va all’opera confidando che anche l’occhio abbia la sua parte. Che poi la ottenga, dopo averla pretesa com’è suo sacrosanto diritto, è tutt’altro che certo: per esempio, stando alle cronache, il 4 gennaio 1914 all’Opéra di Parigi non diede certo un bello spettacolo quel «piccione impagliato, appeso a fili troppo visibili» che scendeva in picchiata «verso il ciborio nel momento musicale più sublime»1 di Parsifal. I buontemponi ne furono esilarati, con gran dispetto dei cultori della mistica wagneriana: non immaginavano certo né gli uni né gli altri che dopo pochi mesi la Germania con il suo esercito avrebbe inferto alla Francia una ferita tale da togliere a chicchessia la voglia di ridere. Il ricordo di quel volo maldestro, alla vigilia appunto dello scoppio della Grande Guerra, oggi ci fa soltanto benevolmente sorridere: vuoi perché provvisti di tali e tanti “effetti speciali” da poter loro affidare in tutta tranquillità anche apparizioni più sorprendenti e macchinose dell’arcinota e plurisecolare icona dello Spirito Santo; vuoi perché le sanzioni su un eventuale vulnus estetico risulterebbero ancora, e per fortuna, tra le meno applicabili. Certo è che ogni allestimento di Lohengrin e di Parsifal reclamerà sempre, come in passato, il proprio cigno e la propria colomba: precisamente, in Lohengrin un cigno in servizio come navetta tra le rive della Schelda e l’arcano regno del Santo Graal (atto I, scene 2 e 3, e atto III, scena 3) e una colomba che erediterà l’incarico di far scivolare sull’acqua il vascelletto del protagonista dopo che il cigno si sarà trasformato nel fratello di Elsa, Goffredo (atto III, scena 3); in Parsifal, invece, un cigno (selvatico però, wild, e non domestico come il precedente), che verrà abbattuto dalla freccia del “puro folle” mentre sorvola “con volo stanco”, scortato da un’orchestra che cita lo Schwan-Motiv di Lohengrin, l’oasi ecologica dei cavalieri del Graal (atto I), e una bianca colomba che, dall’alto della cupola del Tempio, planerà sul capo di Parsifal in un finale circonfuso di raggi e fulgori rutilanti (atto III). Ovviamente, questa duplice staffetta tra il cigno e la colomba potrebbe essere intesa in innumerevoli modi, più o meno connaturati e pertinenti alle due fabulae cavalleresche wagneriane: non siamo intenzionati, comunque, a riproporre quanto è già stato autorevolmente ed esaustivamente asserito riguardo ai significati simbolici dei due vo-latili2 e alle fonti, palesi e occulte, dell’“opera romantica” Lohengrine dell’“azione scenica sacrale” Parsifal. Preferiremmo piuttosto, avendone il destro, vagliare la convinzione del candido Édouard Schuré,

* Giovanni Guanti (1952), musicologo e saggista, è professore associato all’Università Roma Tre. Si è occupato di filosofia, estetica musicale nel romanticismo e, fra molte altre tematiche, di ermetismo rinascimentale. Nelle sue circa cento pubblicazioni (libri, articoli), sull’opera, la musica contemporanea, Beethoven ecc., spicca un particolare interesse per l’occultismo.

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Ludwig II, circondato da cigni, nel Giardino d’Inverno della Residenz a Monaco di Baviera. Cartolina illustrata (raccolta privata).

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che anche Wagner andasse in fin dei conti annoverato tra les Grands Initiés; o emendare l’ennesima, apodittica affermazione di Julius Evola: Nel corso della nostra esposizione abbiamo accennato, per esempio, nei riguardi del ciclo del Graal, alla falsificazione dello spirito e dei temi di esso dovuta a Richard Wagner. Si è giunti al punto, che se il grande pubblico sa ancora qualcosa del Graal, di Parsifal e del resto, lo sa unicamente in relazione al modo arbitrario sfaldato e misticheggiante con cui l’opera musicale di Wagner ha presentato la saga, in base a una fondamentale incomprensione.3

Emendarla, dicevamo, perché «se il grande pubblico sa ancora qualcosa del Graal, di Parsifal e del resto», ciò non è oggi più merito di Wagner, ma di compilatori di best sel lers, esperti in divulgazione radio-televisiva e registi di film di cassetta. La staffetta tra cigno e colomba resta tuttavia un enigma ben grande, soprattutto per lo spazio tipografico di un programma di sala: spazio davvero ridotto per dispiegarvi in dettaglio non soltanto l’avventurosa quête du Grail (dal Parzival di Wolfram von Eschenbach allo Schwanritter di Konrad von Würzburg, dal Lohengrin della Wartburgkrieg a quello che s’unisce alla bella Melusina in uno sforzo eroico comune contro l’umana paura della morte), ma anche le avventure della differenza (in senso derridiano), magari a partire dall’assonanza – significativa forse sì, ma comunque soltanto in francese – tra cygne (cigno) e signe (segno).4 Un enigma ben grande, certo, non tanto però da incutere timore agli Adepti dell’Arte, men che meno a Dom Antoine-Joseph Pernety, religioso benedettino della Congregazione di San Mauro, autore di un Dictionnaire mytho-hermétique (1758) in cui, come riporta il frontespizio, «si trovano le allegorie favolose dei Poeti, le metafore, gli enimmi e i termini barbari dei Filosofi Ermetici».5 Ora, anche ammesso (e volentieri concesso) che registi, scenografi e trovarobe – pur non frequentando abitualmente tale letteratura – possano ciò nondimeno ideare cigni e colombe memorabili perché vivissimi o poeticissimi, non sarà inutile segnalare questi due motivi: 1) il cigno, fin dai tempi dello stupro di Leda da parte di Zeus che ne aveva preso le spoglie, non è mai quello che appare. Sventurati quindi gli alchimisti che, vedendolo librarsi sui loro alambicchi, credono di aver realizzato l’Albedo!6 Essa, cioè la compiuta trasfigurazione (o redenzione, come avrebbe detto Wagner) della materia pereunte da parte dello Spirito Santo, viene garantita infatti soltanto 2) dall’apparizione della colomba, segno infallibile che «L’Artista ha operato bene. Allora la materia ha acquistato un grado di fissità che il fuoco non può distruggere [...] quando l’Artista vede la perfetta bianchezza, i Filosofi consigliano di stracciare i libri perché divenuti inutili».7 È quindi sempre scontato, almeno in campo alchemico e quando un trionfale finis coronat opus, che la colomba subentri al cigno. Ma spieghiamoci meglio. Una singolare valutazione negativa del cigno fu pronunciata nei bestiari medievali coevi alle epiche narrazioni di Wolfram von Eschenbach e di Konrad von Würzburg, dove si sottolineava appunto che l’uccello, in contrapposizione al suo candido piumaggio, aveva carni completamente nere, il che ne fece subito un valido emblema dell’ipocrisia. Lontano da questo specifico contesto culturale (si è poc’anzi menzionato il dio greco e seduttore alato di Leda), o più vicino a esso (basti pensare a quanto sia ricca la mitologia nordica, soprattutto irlandese e scandinava, di storie di cigni magici che trascorrono parte della loro vita come uccelli e parte come fanciulle),

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L’infatuazione di Ludwig II Fu in questo momento così delicato della sua vita che egli scoprì la musica di Richard Wagner. Il re non permetteva che il figlio assistesse alle opere del compositore, ma il principe ereditario riuscì a procurarsi i libretti sia del Tannhäuser che del Lohengrin, e ben presto li imparò entrambi a memoria. Le opere di Wagner, musicista di idee liberali, di origine prussiana, erano all'epoca guardate con un certo sospetto dai bavaresi, conservatori e xenofobi, e Ludwig dovette combattere non soltanto contro la proibizione dei genitori, ma anche contro i diffusi pregiudizi nei riguardi del compositore. Finché il figlio fu molto giovane, il re poté contrastare il suo desiderio di vedere le opere di Wagner, ma nel febbraio del 1861, compiuti quindici anni, Ludwig ebbe finalmente il permesso di assistere a Monaco a una rappresentazione del Lohengrin. Fu un avvenimento destinato a mutare il corso della sua vita. [...] Per il suo quattordicesimo compleanno Ludwig ricevette vari doni piuttosto curiosi, molti dei quali contribuirono a suscitare in lui un vivo

Ritratto di Ludwig II di Baviera. Eliografia colorata a mano (Berlino, Archiv für Kunst und Geschichte). Nel maggio 1864 il re aveva chiamato presso di sé a Monaco Richard Wagner.

interesse per la storia di Lohengrin. Vi erano tra questi un quadro che riproduceva l’affresco di Lohengrin nella sala da pranzo di Hohenschwangau, delle incisioni raffiguranti il castello stesso, e un paio di gemelli da polso a forma di cigno. Uno degli insegnanti del principe, il professor Steininger, diede all'allievo un libro sul Santo Graal che anticipava il suo interesse per la storia di Parsifal e la successiva opera di Wagner. Steininger regalò inoltre al ragazzo una copia del libro di Wagner Opera e Dramma e, sebbene egli non avesse fino ad allora mai espresso grande interesse per il melodramma, divorò rapidamente quello sconnesso trattato sulla situazione dell'opera in Germania. (Greg King, Ludwig. Genio e follia di un re, trad. it. di Joan Peregalli e Claudia Pierrottet, Mondadori, Milano, 1999, pp. 40-42)


Uno dei numerosi cigni decorativi disseminati nei castelli di Hohenschwangau e di Neuschwanstein, testimonianze della predilezione di Ludwig II per il Lohengrin wagneriano.


certo è che il cigno – giova ripeterlo – non è mai quello che appare. Non è quindi un vero cigno quello di Lohengrin, perché cela il fratello di Elsa; e potrebbe non essere un vero cigno anche quello di Parsifal, perché, stando a certe piroette ermeneutiche, vi si celerebbe nientemeno che la madre del protagonista, Herzeleide (Mal-di-cuore), con somma edificazione almeno degli psicoanalisti, sempre e comunque stuzzicati da un matricidio, sia pur involontario o soltanto desiderato.8 Se il cigno, come ben sapevano gli alchimisti, palesa un suo coefficiente simbolico d’apparenza ingannevole, se non proprio di ipocrisia o di deprecabile doppiezza o di insidia nascosta, la colomba, al contrario, prefigura tra le molte altre cose l’armoniosa semplicità dell’innocenza e la perfetta riunificazione dei contrari. Essa si presta quindi, come già detto, a simboleggiare il compimento dell’Opera al bianco ma anche, e altrettanto efficacemente, la reductio ad unitatem della creazione frantumata dal peccato sotto il soffio vivificatore dello Spirito Santo. In ogni caso, sia la colomba (basti pensare a quella che rientra nell’arca di Noè col ramoscello d’ulivo nel becco), sia il piccione viaggiatore, suo succedaneo nel servizio postale dell’antichità nonché nel primo Parsifal parigino del 1914, sono i messaggeri fedeli per antonomasia, quelli che un’infallibile bussola interiore aiuta sempre e comunque a ritrovare il nido. Sono, insomma, gli animali simbolici del ritorno a casa. Forti di quanto siamo andati spigolando finora, possiamo finalmente riportare l’attenzione su Wagner e sul Lohengrin. Innanzitutto sul Maestro che come il cigno dei bestiari medievali seppe celare carni nere sotto il candido mantello di piume: e cioè, fuor di metafora, che seppe camuffare il proprio ateismo e il proprio riduzionismo materialista di matrice feuerbachiana sotto una pia leggenda medievale, come egli stesso riconobbe implicitamente in una lettera del 30 maggio 1846 all’amico Hermann Franck, che proprio per Lohengrin avrebbe preferito il tradizionale “lieto fine”: Questo è tutto quanto io posso dire sul significato simbolico della favola: essa simboleggia il contatto di una apparizione soprannaturale con la natura umana e l’impossibilità che esso duri. Questo potrebbe essere l’insegnamento che ne deriva: il buon dio (intendo il dio dei cristiani), dato che comunque non gli è consentito di violare le leggi della natura, farebbe meglio a risparmiarci delle manifestazioni soprannaturali: la natura, e in questo caso la natura umana, si de ve vendicare annientandole.9

E in secondo luogo, sul Maestro che trentadue anni dopo la prima rappresentazione di Lohengrin, metterà finalmente in scena anche le peripezie di suo padre in Parsifal, concludendo il nuovo lavoro con l’apparizione di una colomba che, come già nel vecchio, si sostituisce a un cigno per alludere al ritorno a casa: ma a quale casa esattamente? Nietzsche, alquanto sarcastico verso questi presunti rapporti familiari, tanto da osservare che almeno nel caso di Parsifal “la castità fa miracoli”, non ebbe dubbi in proposito: con Parsifal, come si legge nei celebri pamphlets scritti a Torino nel 1888 poche settimane prima che gli esplodesse tragicamente l’athanor, Il caso Wagner e Nietzsche contra Wagner, il compositore era docilmente rientrato nel seno confortevole del Romanticismo, del Cristianesimo e dello Schopenhauerianesimo. L’aver accolto gli ideali ascetici del Medioevo ne aveva fatto dunque un rappresentante esemplare della decadenza, che è sconfitta e “rassegnazione davanti alla croce cristiana”, vita infiacchita e depotenziata, negazione di quei valori pagani di forza e salute già espressi dall’eroe rivoluzionario Sigfrido.

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Ancorché suggestiva e ben motivata, questa celeberrima tesi – che s’impernia sull’accusa di istrionismo di cui venne imputato “il Cagliostro della modernità” sulla base della distinzione tra musica innocente e musica colpevole – ci sembra però limitata da un presupposto davvero “umano, troppo umano”: e cioè, che con Parsifal Wagner abbia insieme concluso e il catalogo delle sue opere e la sua laboriosa giornata terrena. Ora, a prescindere dal fatto che egli trasse l’argomento di Lohengrin e di Parsifal dalla medesima lettura del poema di Wolfram von Eschenbach, fatta a Marienbad nell’agosto 1845, cosa mai saranno per l’Adepto avvezzo a non dare mai troppo peso alle cronologie profane quei trentadue anni che intercorsero tra le loro prime rappresentazioni? Che l’effetto del trascorrere di tutti questi anni possa essere non soltanto relativizzato e ridimensionato alla luce di una visione iniziatica superiore a quella degli storici, ma che si possa addirittura arrivare a sostenere che Lohengrin è, da un certo punto di vista, più recente di Parsifal, tanto da racchiudere l’ultimo autentico messaggio del Maestro, costituisce almeno per noi un motivo di grande conforto. È vero infatti che entrambi i lavori si concludono con l’apparizione di una colomba: sennonché bisogna essere ben sordi e ben ciechi per non cogliere la profonda differenza che, al di là delle apparenze, ne contraddistingue i rispettivi Finali. In Parsifal infatti – che, a rischio di essere tacciati di lesa scienza musicologica, ci ostiniamo a proclamare anche coram populo opera antecedente a Lohengrin – la casa a cui riede la candida colomba, scesa dalla cupola del Tempio in un crescente e giubilante scampanio, è quella dell’assertività, dell’ottimismo e del “lieto fine”: perché la ferita è stata richiusa, i cattivi sono stati puniti, i buoni trionfano e il mondo risulta finalmente redento. Ben diversa ci apparirebbe invece quella casa, e ben diverso suonerebbe anche il suo ultimo messaggio, se si accettasse sia pur soltanto per un momento l’ipotesi che l’opera conclusiva di Wagner fu in realtà Lohengrin... Ecco testimoniata dal mesto congedo di Lohengrin da Elsa, e da quella colomba che questa volta non stende le sue ali protettive anche su noi ma svanisce nell’azzurra lontananza insieme alla navicella con il Cavaliere del Cigno, l’irredimibile impotenza del Figlio dello stesso Redentore. Ecco Lohengrin – senza dubbio tra le vittime delle oscure macchinazioni di Ortrud, per alcuni la vera vincitrice morale della vicenda – fallire, laddove invece suo padre Parsifal era riuscito: unificare i due mondi o, come direbbero gli alchimisti, fissare vittoriosamente il volatile. Ed ecco Wagner, il quale, proprio negli anni Quaranta dell’Ottocento, era (per dirla ancora col medesimo linguaggio figurato) assai più incline a volatilizzare il fisso. Com’è noto – ma è davvero poi così noto? giudichi da sé l’onesto lettore – egli andava teorizzando non soltanto l’abolizione della proprietà privata o la gratuità dei posti a sedere nel suo teatro, ma anche la distruzione del teatro stesso a spettacolo finito. In una lettera del 14 settembre 1850 al pittore Ernst Benedict Kietz, nella quale sviluppava le sue idee su La morte di Sigfrido, prima ver sione del Crepuscolo degli dèi, Wagner aveva preannunciato appunto che l’opera si sarebbe dovuta rappresentare gratuitamente in un teatro di legno che, in seguito, doveva essere demolito: «E l’esperienza sarà conclusa».10 Un anno più tardi, in Eine Mittheilung an meine Freunde (Una comunicazione ai miei amici), e avendo ormai deciso di ampliare il progetto iniziale per trasformarlo in una Tetralogia, egli avrebbe precisato ulteriormente la propria poetica:

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In una festa espressamente dedicata a ciò, io penso di rappresentare in futuro «nel corso di tre giornate con vigilia» questi tre drammi unitamente al prologo [...] Una seconda rappresentazione mi è talmente indifferente da sembrarmi perfino superflua.11

Sono parole sorprendenti, non soltanto perché è inevitabile riflettere col senno di poi sulla reificazione di un’impresa artistica il cui autore, almeno sulla carta e in età giovanile, tutto si era proposto fuorché di erigere un monumentum aere perennius; ma perché anch’esse corroborano, sia pur di riflesso, l’ipotesi che Wagner non affidò l’estremo messaggio a Parsifal e al suo Finale troppo affermativo almeno per la nostra sospettosità post-moderna; lo affidò invece al Finale di Lohengrin, con l’enigmatico ritorno in dissolvenza della colomba e del Cavaliere del Cigno al loro nido. Forse, come spiegava Wagner, il suo forzato allontanamento da Elsa dimostrava che la natura umana sapeva davvero vendicarsi delle manifestazioni soprannaturali del dio dei cristiani, annientandole; ma non è escluso neppure che fosse la natura divina, nella persona di Lohengrin, a vendicarsi a sua volta della natura umana, lasciandola semplicemente in balia di se stessa. ... due cigni, poi due colombe, e due Finali operistici tanto simili quanto discordanti: un enigma soltanto per alchimisti?

Lohengrin. Figurina Liebig, ca. 1902 (raccolta privata).

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Così si espresse un recensore davvero d’eccezione come Maurice Ravel sulla “Comoedia illustré” (20 gennaio 1914, pp. 400-403), cit. in Testi, Flavio, La Parigi musicale del primo Novecento, EDT, Torino, 2003, p. 383. 2 Se ne troveranno fin troppi, complice o un’erudizione irrefrenabile o l’accogliente prospettiva interculturale e sincretistica d’impianto, nelle varie enciclopedie o dizionari dei simboli e dei miti. Sarebbe poi auspicabile che anche la colomba godesse di pari opportunità, non essendole stato ancora dedicato (almeno a quanto ci risulta) un saggio monografico analogo a questo di Kinghorn,Alexander Manson, The Swan in Legend and Literature, in “Journal Neophilologus”, vol. 78, n. 4 (ottobre 1994), pp. 509-520. 3 Evola, Julius, Il mistero del Graal, Edizioni Mediterranee, Roma, 1983 (3a ed. riv. e ampl.), pp. 196-197. Un’ottima prova dell’estrema libertà, o (se si preferisce) della spregiudicata disinvoltura con la quale Wagner utilizzò sempre le proprie fonti, anche iconografiche, la fornisce la didascalia iniziale di Parsifal: «Il costume dei cavalieri e degli scudieri è simile a quello dei Templari: tuniche e mantelli bianchi. Però, invece della croce rossa, una colomba ad ali aperte ricamata su stemmi e mantelli». 4 Cfr. Watt, Adam, The Sign of the Swan in Proust’s “À la recherche du temps perdu”, in “French Studies”, vol. 59, n. 3 (2005), pp. 326-337. Non è forse inutile ricordare che uno dei personaggi principali del capolavoro di Proust, wagneriano fervente quant’altri mai, faceva non a caso di cognome Swann. 5 Ci siamo avvalsi della traduzione italiana della seconda edizione dell’opera (Delalain l’aîné, Paris, 1787): Pernety, Antonio Giuseppe, Dizionario mito-ermetico, 2 voll., Edizioni Phoenix, Genova, 1979. Non sarà forse inutile ricordare che questo dizionario venne largamente utilizzato da Gérard de Nerval per comporre i “poemi alchimistici” Chimères e Aurélia; e che proprio il filo-germanico Nerval – allorquando Franz Liszt, mettendo in gioco tutto il suo prestigio, fece rappresentare Lohengrin il 28 agosto 1850 a Weimar – fu senza dubbio il primo straniero e noto scrittore a redigere a caldo una recensione della “prima” tedesca di un’opera del misogallo Richard Wagner. Essa venne poi pubblicata, col titolo Lohengrin à Weimar, in Nerval, Gérard de, Lorely, Scènes de la vie allemande, Michel Lévy, Paris, 1860. 6 Il cigno fu collegato al processo di calcinazione in cui la materia assumeva un colore bianco latte, che appunto ingannò spesso gli sperimentatori facendo credere loro di aver raggiunto la purezza assoluta. L’associazione al cigno di tale stadio incompleto e temporaneo fu una conseguenza di quanto gli alchimisti osservarono nel compiere la loro opera seguendo la cosiddetta “via umida”. Infatti la materia, una volta calcinata per tale via, alle volte formava una crosta che si rompeva sotto riscaldamento liberando cristalli bianchi assomiglianti a cigni galleggianti sopra le acque di un lago. 7 Pernety, Antonio Giuseppe, Dizionario mito-ermetico, cit., vol. 1, p. 36. 8 Su Lohengrin ed Elsa come rappresentazioni simboliche rispettivamente della parte conscia e inconscia dell’anima, vi è una vasta letteratura che può fondatamente essere ricondotta allo stesso Wagner esegeta di se stesso; su Lohengrin come “araldo onirico” di un mondo altro, la cui fascinazione costringe a rinunciare, anzi ad abiurare a quello natio, cfr. Di Gaetani, John Louis, Wagner and Suicide, McFarland, Jefferson (N. C.), 2003, soprattutto il capitolo “Lohengrin: the dream persona from another world”. 9 Cit. in Gregor-Dellin, Martin, Wagner, trad. it. di B. Betti, Rizzoli, Milano, 1983, p. 195 (corsivi nostri). 10 Wagner, Richard, Sämtliche Briefe, vol. III,VEB Deutscher Verlag für Musik, Leipzig, 1975, p. 405. 11 Wagner, Richard, Una comunicazione ai miei amici, trad. it. di Francesco Gallia, Studio Tesi, Pordenone, 1985, p. 135. 1

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Ritratto di Richard Wagner, litografia, ca. 1870 (Milano, Museo Teatrale alla Scala).


Il bianco e l’argento di Lohengrin Quirino Principe*

Upon the brimming water among the stones are nine-and-fifty swans... I have looked upon those brilliant creatures, and now my heart is sore. Sull’acqua colma, fra le pietre, sono cinquantanove cigni... Ho ammirato quelle creature splendenti: ora è triste il mio cuore. William Butler Yeats, The Wild Swans at Coole, 5-6, 13-14

Apollo, te canta il cigno, con voce soave, con battito d’ali... Inno omerico, XXI, 1

1. Tra l’aquila e il serpente Lo spazio storico e geografico è angusto, ma a buon diritto ci appare vastissimo, poiché immensa fu la sua energia creatrice. Noi chiamiamo “cultura antica e pre-cristiana”, con riflessi quasi ecumenici balenanti sulla superficie delle parole, la variopinta e plastica flora e fauna d’idee venuta alla luce sulle sponde meridionali e sud-orientali d’Europa e sui lidi anatolici, mesopotamici ed egizii. Come avviene ed è avvenuto in altre culture, anche remote rispetto all’Occidente, la “nostra” antichità è una straordinaria fioritura di miti,

* Quirino Principe (1935) è critico, musicologo, traduttore, storico della musica, che di recente ha intrapreso anche l’attività di autore, attore e regista teatrale. Ha insegnato al Conservatorio di Milano e all’Università di Trieste. Attualmente insegna all’Università Roma Tre. Ha tradotto, soprattutto dal tedesco, testi letterari e filosofici, numerosi libretti d’opera e altro. Ha pubblicato saggi su Mahler, R. Strauss, Beethoven, Bellini, l’opera tedesca. Scrive sul supplemento domenicale del quotidiano Il Sole 24 ore. È membro a Vienna delle società intitolate a Mahler e R. Strauss. È accademico effettivo dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui quello di Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

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ma il m›qoj si declina in tali e tante varianti e sottovarianti da offrire, della propria fisionomia, una configurazione labirintica. Il linguaggio mitico appartiene alla sfera, concettualmente più vasta, del linguaggio simbolico. Ma è vincolato a un dualismo d’origine: i simboli si sottraggono alla temporalità ed esaltano la spazialità, mentre la funzione sociale del mito, che è il rappresentare con parole o con altri segni carichi di energia semantica (compresa la musica in quanto suono e in quanto linguaggio), procede con caratteri inversi, incarnando la temporalità ed eludendo (in virtù delle innumerevoli varianti e adattabilità) la definizione geografica. Ed ecco il labirinto dei generi e delle loro definizioni. Le storie di Tristan e Iseult o di Erec ed Enide o di Perceval o della bella addormentata Dornröschen o di Urashima o di Thyl Ulenspiegel o di Pinocchio o di Odisseo o di Esaù e Giacobbe o di santa Uliva o di Geneviève de Brabant (o dell’altra illustre brabantina, Elsa...) e infinite altre, appartengono a una sfera meno estesa, circoscritta entro lo spazio del m›qoj: la sfera del “récit”, ossia del narrare. Dei rapporti tra m›qoj e “récit”, ancora oscuri alla maggioranza e forse alla totalità degli studiosi di linguistica, di semantica e di filosofia del linguaggio, dovrebbe occuparsi una disciplina, la narratologia, il cui stadio di sviluppo è oggi modesto pur se promettente, a parte volonterosi e pionieristici tentativi. Ironico destino delle parole: il “récit” è una delle modalità del m›qoj ed è perciò un ambito ad esso subordinato, mentre il “mito” nel significato moderno, splendidamente disegnato da Ernst Cassirer nella sua Philosophie der symbolischen Formen (1923) e in altri memorabili scritti da Walter Friedrich Otto, Hermann Usener, Károly Kerényi, Georges Dumézil, Mircea Eliade e recentemente dal compianto Furio Jesi, è a sua volta, e all’inverso, una fra le varie modalità di “récit”. Nemesi, oltre che destino. Le definizioni secondo il termine antico e in riferimento a quello moderno ci conducono ciascuna in direzione molto diversa. Se m›qoj è, si diceva, rappresentazione del mondo mediante parole, si rammenti che in questa sfera le parole sono veramente l’goi primordiali, “Urbilder”, archetipi. Il “mito” così come la modernità occidentale lo intende è invece una narrazione che espone in termini simbolici, per lo più antropomorfici ed eziologici, l’avvicendarsi dei fenomeni naturali, siano essi terrestri o cosmici. Aggiungiamo una nostra eresia: le “symbolische Formen” potrebbero essere interpretate come “gli dèi”: quelli supremi, i dodici signori dell’Olimpo, l’oligarchia dei numi residenti nel Walhalla, le sublimi e pittoriche astrazioni dell’induismo; non i “Nebengötter”, i “quasi dèi”di cui parla Usener, e tanto meno i modesti ma pur sempre soprannaturali “indigitamenta” dei culti latini arcaici. Fra le figure originarie, simbolo ma anche archetipo (“Urbild”), è il cigno. Si noti: nell’antichità d’Occidente, il cigno fu raro nell’area mediterranea, territorio naturale della cultura da noi detta “classica”. Lo splendore figurativo del k›knoj deve avere abbagliato e affascinato a distanza: considerazione banale, ma forse non errata. Esiste anche un’ipotesi molto attraente e oggi fieramente discussa, essendo il suo portabandiera un ingegnere nucleare e archeologo semi-amatoriale ma agguerrito, non un filologo grecista, sicché i grecisti di professione reagiscono con sarcasmo nello stile “ne sutor ultra crepidam”. L’alfiere è Felice Vinci, che in un libro di 504 pagine difende una teoria non impossibile: gli Elleni sarebbero giunti nell’Asia Minore e nell’Ellade dalla loro sede originaria, ossia dall’Europa nel Nord, dall’area baltica e scandinava. Gli eroi omerici sarebbero stati gli avi dei Vichinghi, o dei due misteriosi popoli insediati all’estremo settentrione e connotati dall’avere essi volto umano e membra d’animali feroci, con i cui nomi Tacito conclude,

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in tono spettrale e in un buio iperboreo, la Germania. «Hellusios et Oxionas ora hominum vultusque, corpora atque artus ferarum gerere, quod ego ut incompertum in medio relinquam.» Dunque, Agamennone, Achille, Diomede, Odisseo sarebbero i discendenti di quei pre-Vichinghi, e tale sarebbe stato lo stesso Omero, nella cui poesia, afferma Vinci, sopravvivono tracce di un remoto Nord (il colore del mare, la luce delle stagioni, i pesci e gli uccelli, le feste), malgrado l’abile sforzo di ricollocazione e di ambientazione sotto il sole egeo e levantino.1 Il cigno, che nei cinque versi di cui consta il XXI degli Inni omerici scende alla riva lungo il vorticoso fiume Peneo per cantare le lodi di Febo,2 potrebbe essere una di quelle tracce. Immagine della purezza grazie al collo flessuoso e al piumaggio bianco, il cigno divenne, in una narrazione mitica,3 la sembianza scelta da Zeus per sedurre l’innocente Leda. Doverosamente osserviamo che, quanto a flessuosità e a candore, non abbiamo mai veduto, neppure intorno ai castelli bavaresi di Ludwig II, due cigni così belli e amabili come quelli natanti nel lago dalle sponde muscose al centro del parco di Villa Tasca d’Almerita a Palermo, dove Richard Wagner compose (sempre a proposito di cigni... una nemesi!) il II atto di Parsifal. Le due aristocratiche creature si chiamano, inutile dirlo, Tristan e Isolde.4 Il cigno, non più strumento d’inganno, fu in relazione con Apollo, come testimonia l’Inno omerico citato, e pare che Apollo fosse venerato in seno al mitico popolo degli Iperborei.5 Il cigno è presente alla nascita del dio solare, lo trasporta in volo (!) e sa prevedere il futuro. Talvolta, il cigno è considerato avversario dell’aquila (sua rivale nel sodalizio con il sole) e del serpente (che sovente è di colore nerastro e, se velenoso, è l’insidia nascosta e contrapposta al “candore” del cigno). In un senso araldico, tradotto in significati storici e politici ai quali Richard Wagner non può non avere pensato, l’aquila imperiale e sassone (anche se Enrico I l’Uccellatore è soltanto re di Germania e non “Kaiser” quando, in veste di giudice, interroga Elsa di Brabante) si pone in un rapporto conflittuale e inquisitorio a carico di Elsa, associata all’immagine del cigno tramite la metamorfosi del fratello Gottfried e le modalità di arrivo del cavaliere bianco e argenteo alla foce della Schelda. Il “canto del cigno”, che è metafora dell’ultima, potente e fulgida espressione di una personalità creatrice, rinvia al dono profetico dell’uccello sacro ad Apollo. Consapevole della propria morte imminente, il cigno emette commoventi e nobili grida di dolore, e in tale frangente esso confonde la propria sembianza con quella delle Forcìadi, dette anche Gòrgoni, parimenti dotate di forza profetica. Ne dà testimonianza Eschilo (Prometeo incatenato, 793-795, e Eumenidi, 49-50). In verità, il cigno del Nord (Cygnus musicus) è in grado di emettere un suono molto forte, simile allo squillo di una tromba. Suoni più deboli e dal registro più profondo, emessi da diversi cigni natanti nel medesimo specchio d’acqua, possono suggerire la sensazione di un canto accompagnato da un’orchestra. Secondo una tradizione popolare, viva lungo i secoli in diverse aree della Germania, le vergini possono trasformarsi in cigni veggenti. Lo leggiamo anche in un illustre testo in idioma “mittelhochdeutsch”, scritto al principio del secolo XIII (circa 1200-1210), il Nibelungenlied: il passo è nella XXV “Åventiure”, quartina 1533: ... in einem schoenen brunnen, daz tâten wîsiu wîp. di wolden sih dâ küelen unde badeten ir lîp...

In epoca cristiana, il cigno divenne simbolo del Redentore sulla croce. Ma nel pensiero

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Cartellone della stagione lirica del Teatro Comunale in cui compare con grande risalto l’annuncio della rappresentazione di Lohengrin, opera «nuova per l’Italia», 1 novembre 1871; da Lamberto Trezzini (a cura di), Due secoli di vita musicale. Storia del Teatro Comunale di Bologna, Bologna, 1966.


medievale, così come nel contesto della magìa e alchimia rinascimentali, rappresentò anche qualcosa d’insidioso: in particolare, l’elemento mercuriale (“sulphur et mercurius”). Forse conservando un’ombra di questa accezione alchemica, l’immagine del cigno trova posto fra i simboli araldici. Fra l’altro, appare negli stemmi di Boulogne-sur-Mer, città francese e attivo porto di mare sulla Manica, e di Zwickau in Sassonia (per inciso, città natale di Robert Schumann), il cui nome latino era stato “Cygnea”. Un “Ordine del cigno” fu fondato, come confraternita cavalleresca, da Federico Guglielmo II re di Prussia nel 1843. Sarebbe dovuto essere un ordine secolare con intenti di carità, ma non entrò mai veramente in vigore. È strano: frequentemente associato a immagini di mite dolcezza, il cigno non manca di apparire aggressivo e bellicoso in alcuni testi dell’età barocca. Nell’Ars heraldica di Georg August Böckler (1688) leggiamo come i cigni, qualora siano attaccati, combattono anche contro le aquile.6 «Fra gli uccelli d’acqua sono i re, portano il vessillo della bianca pace». Queste parole illuminano un angolo della nostra memoria: la figura che balena nella penombra è il bianco cavaliere Lohengrin.

2. Dove s’intuisce come una luce prossima ventura inquieti e sommuova le forme La storia visibile, come osservava Macbeth giunto alla fine, ci appare dissennata, “sinnlos”. La storia invisibile ci lancia segnali, che raramente sappiamo leggere. Quando antenne sotterranee avvertono che qualcosa sta per venire alla luce, quando si avvicina un kair’$ – o, per usare il termine consanguineo alla tradizione occidentale cristiana, un “avvento” –, terremoti e stranezze avvengono nel mondo, come quando scie di sangue nel cielo e mostri nati con due teste annunciarono la prossima uccisione di Giulio Cesare o la congiura pisoniana contro Nerone. Sul terreno proprio, destinato ad accogliere la novità ancora avvolta nella nebbia dell’incerto, nascono opere stranamente duttili, piene di tremori e di presagi. Tale fu Lohengrin, partitura che possiamo percorrere per goderne sic et simpliciter, oppure per scoprire, misura dopo misura, inciso dopo inciso, semifrase dopo semifrase, le predizioni dell’avvento wagneriano per eccellenza, del supremo kair’$ destinato a dividere in due, in Antico e Nuovo Testamento, la storia dello spirito occidentale: Tristan und Isolde. Il catalogo delle anomalie morfologiche che in Lohengrin saltano agli occhi è ricco di fenomenologia, così come sono innumerevoli le prefigurazioni dei due maturi “Musikdramen”che insieme con Lohengrin (dramma “di mezzo” se non giovanile) costituiscono una sorta di trilogia brètone: Tristan, appunto, e Parsifal, la cui trama è il prologo naturale a Lohengrin sotto l’aspetto letterario e narratologico così come la sua musica ha un proemio naturale e remoto in quella di Lohengrin. Già: l’arte ha in sé un tempo circolare e reversibile, diverso dal tempo della storicità che è irreversibile (?) e rettilineo, e perciò predilige la figura retorica dell’hysteron proteron. Delle une e delle altre, delle anomalie come delle prefigurazioni presenti in Lohengrin, proprio il fitto incrocio degli innumerevoli casi topici ci consiglia di segnalare, rispettivamente, un solo esempio. In Lohengrin, una deviazione dalla consuetudine onorata da Wagner nei drammi precedenti consiste nell’abbandono dell’ouverture tradizionale, vanto particolarissimo ed elaboratissimo dell’opera tedesca assai più che di quella italiana (la

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Edoardo Viganò. Figurini per la rappresentazione di Lohengrin a Bologna, 1871 (Torino, Biblioteca Musicale Andrea Della Corte, raccolta Cellini). Lohengrin, primo abito (atti I e III).


In alto, a sinistra: Lohengrin, secondo abito (atto II); a destra: Il re Enrico. In basso, a sinistra: Elsa; a destra: Ortruda.


“sinfonia avanti l’opera”) o francese. Nei drammi wagneriani, l’ouverture è una forma che scompare per gradi: invece di perfezionarla, il radicarsi della concezione drammaturgia la cancella. Il processo non rispecchia una predilezione formale, bensì una poetica coerente, a sua volta modellata su una visione del mondo. A intendere le ragioni di quella graduale scomparsa ci aiuta una riflessione. Trascuriamo il frammento Die Hochzeit. Die Feen,e Das Liebesverbot, opere di solito considerate extracanoniche da chi vede in Rienzi la nascita del “vero” Wagner, hanno due soggetti che appaiono in Wagner per la prima e l’ultima volta: la fiaba e la commedia shakespeariana. Da Rienzi a Parsifal, esistono in Wagner tre modi di rappresentare il mondo sulla scena: la storia, la leggenda, il mito. Detto questo, si comprende facilmente perché la forma dell’ouverture si adatti, nella concezione wagneriana di teatro, a introdurre opere di soggetto storico, non quelle la cui sostanza è leggenda o mito. L’ouverture, in particolare quella di Rienzi, è la sintesi dei paradigmi essenziali, e purifica lo snodarsi degli eventi da ciò che è effimero e casuale. Se si vuole intuire qualcosa di significativo nella storia, è necessario condensarla in essenze, e l’ouverture si presta a ta le funzione, grazie ai rapporti formali e qualitativi – “d’indole”, diremmo – che si configurano al suo interno. Nei drammi che portano sulla scena il mito e la leggenda, l’ouverture è fuori luogo. Il mistero deve svelarsi gradualmente, il tempo delle idee e quello degli eventi devono coincidere, e non c’è dialettica tra l’essenza e l’effimero, poiché tutto è essenziale. Ma in Die Feen, una “Märchenoper” (un’opera-fiaba), e in Der fliegende Holländer, “romantische Oper” la cui trama è fondata su una leggenda, Wagner sopporta ancora, con qualche insofferenza, la tradizione dell’ouverture, che invece bene si adatta ai drammi storici o alle commedie per musica di quella prima fase, come Rienzi, Das Liebesverbot e Tannhäuser. Wagner non la sopporta più nel momento in cui la differenza di clima, di aura e di colori, che distingue le antiche cronache tutte tedesche della Wartburg e del langravio di Turingia dal “romance” brètone in cui naviga il cavaliere del cigno, si fa decisiva. Per la prima volta in Wagner, Lohengrin rifiuta l’ouverture e si apre con un preludio. Una sorta di profezia, che accoglie il nuovo disegno formale senza avere il coraggio di respingere l’antico, è Hans Heiling (1833) di Heinrich Marschner, che si apre con un breve “Vorspiel” seguito da una prima scena a mo’ di prologo, e soltanto allora dà spazio a una vasta e ricca ouverture. Anche delle premonizioni offriamo in visione un solo esempio. Fra i motivi ideo-grammatici presenti nella partitura di Lohengrin (non possiamo parlare ancora di “Leit-Faden”, e tanto meno di “Leit-Motive”, termine caro a Hans von Wolzogen ma non a Wagner) ve n’è uno nella scena terza del I atto, a partire dalla misura 27 dopo l’inizio della scena. Lothar Windsperger, che curò un lavoro pregevole e utilissimo sulla scia di Wolzogen con il suo Buch der Motive,7 lo chiamò “Schwanenlied” , “canzone del cigno”. Esempio 1

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Nel rapporto Ton-Wort, la melodia in La maggiore appare, stranamente spoglia senza alcun sostegno strumentale (sì, come in Tristan und Isolde il canto del marinaio all’inizio del I atto... un’altra profezia?), là dove Lohengrin canta: «Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!». Ma a partire dall’undicesima battuta di quel canto, la voce è rivestita da un dolce e misterioso tessuto orchestrale. Per tre volte, lungo tre misure successive, sulle parole: «Leb’ wohl, leb’ wohl, mein lieber Schwan» («Addio, addio, mio caro cigno»), il canto prima piegato a sinuosi melismi si stilizza in un inciso di due suoni, Fa# - Mi, ossia sopradominante-dominante. Le prime due volte, il rivestimento armonico si materializza in un accordo pieno con raddoppio (Fa#, La, Do#, Fa#) seguito dalla triade di tonica (La, Do#, Mi): insomma, rispetto al La maggiore che è tonalità fondamentale del passo, c’è una serie di fuggevoli modulazioni transitorie da La maggiore a Fa# minore e di nuovo a La maggiore e così via,in un’altalena di tonalità maggiore e di relativa minore. La terza volta, il primo dei due accordi, ossia quello di Fa# minore, si semplifica, alleggerendosi del più grave dei due Fa#, ed è come se il collo del cigno si assottigliasse e il suo piumaggio divenisse, da bianco, grigio-bianco o grigio argenteo. Ritroviamo il breve e affascinante inciso nel III atto, poco prima della fine dell’opera. Ebbene, lo stesso motivo riappare, sia pure in diversa tonalità (Si bemolle maggiore), nel I atto di Parsifal, sulle parole del Primo Cavaliere: «Der König grüßte ihn als gutes Zeichen». È l’episodio in cui Parsifal, che innominato appare per la prima volta nell’opera, ferisce un cigno selvatico con innocente crudeltà. Qui i due accordi sono, naturalmente, Sol, Si bemolle, Re, Sol, e Si bemolle, Re, Fa. La riapparizione della figura-simbolo a distanza di trentaquattro anni suscita un brivido di gioia e di emozione in chi ascolta: l’eterno ritorno è infatti un mito sublime. Ma forse non è giusto parlare di premonizione, bens“ piuttosto di un’entelechia. Il motivo accordale è in Parsifal il compimento di una promessa più di quanto non sia, in Lohengrin, un’invenzione destinata a diventare oggetto di semplice reminiscenza o d’intenzionale e “culturale” citazione. In ogni caso, è un potente sintomo dell’energia mnestica presente nell’arte wagneriana.

3. Dove si legge come, talvolta, l’autore non possa neppure seguire i consigli di Aristotele Tanta energia mnestica invoca anche la nostra memoria storica. Partiamo da due giudizi lontani nel tempo e nello spazio, eppure concordi nella loro chiaroveggenza. Nel celebre saggio sul Wagner parigino del 1861, l’autore delle Fleurs du mal formulò questo giudizio: Le drame de Lohengrin porte, comme celui de Tannhäuser, le caractère sacré, mystérieux et pourtant universellement intelligible de la légende.8

Anche se Parigi fu il teatro del rovinoso insuccesso di Tannhäuser e il luogo che decretò, sia pure fuggevolmente, la massima umiliazione dell’arte wagneriana, le parole di Baudelaire sono un preannuncio di come la cultura francese abbia esercitato uno straordinario acume nell’intendere l’essenza di quell’arte: più di altre culture naziona-li, più della stessa cultura tedesca, almeno nel secolo XIX. È una tendenza intellettuale che si ripete con

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Mallarmé, prosegue lungo l’ardente wagnerismo parigino che dilaga ancora nell’imminenza della prima guerra mondiale, e oggi dà frutti di altissima qualità di cui è esempio Wagner androgyne di Jean-Jacques Nattiez. Baudelaire, nel suo grande scritto wagneriano, ci rammenta un archetipo intermedio, la fiaba di Eros e Psyché, vittime «de la démoniaque curiosité», dell’avere voluto svelare il mistero del numinoso, che privo di velo arcano non appartiene più alla sfera superiore dell’oltremondo. In Francia, il culto di Wagner ebbe molte eccezioni rappresentate da uomini per lo più mediocri, poche identificabili in grandi intelletti. Ciò rende diversa la cultura francese del tempo da quella italiana. Fra i rari oppositori di altissima statura artistica possiamo segnalare uno che in gioventù era stato folgorato da Tristan und Isolde, Debussy, il quale, in un articolo sulla “Revue blanche” a proposito di un’esecuzione della Nona Sinfonia di Beethoven, contrappose la musica beethoveniana e la sua eloquenza totale, presente in ogni suono di voce e di strumento e resa ancor più potente dal persistere nella sinfonia di una tradizione formale, ai fantasmi di Tannhäuser e di Lohengrin che reclamano continuamente, per riuscire ad esistere, il “Leitmotiv”.9 La sévère et loyale ma”trise du vieux Beethoven triompha aisément de ces boniments haut casqués et sans mandat bien précis.10

E questo, per stigmatizzare il fatto che nel concerto diretto il venerdì santo del 1901 (5 aprile) da Camille Chevillard si fosse osato accostare la Nona di Beethoven a pagine orchestrali di quelle due opere wagneriane. Il caso di Marcel Proust è diverso: nei confronti di Wagner egli non usò mai il sarcasmo, ma una tranquilla ironia, abbandonandosi a un gusto selettivo tutto a danno del cavaliere del cigno. Se rileggiamo La prisonnière, incontriamo una pagina di esaltazione wagneriana in cui l’eccezione riduttiva (se non negativa) riguarda proprio Lohengrin, e forse in genere tutta la drammaturgia di Wagner anteriore alla rivelazione-rivo luzione tristaniana. Je continuais à jouer Tristan. Séparé de Wagner par la cloison sonore, je l’entendais exulter, m’inviter à partager sa joie, j’entendais redoubler le rire immortellement jeune et les coups de marteau de Siegfried; du reste, plus merveilleusement frappées étaient ces phrases, l’habileté technique de l’ouvrier ne servait qu’à leur faire plus librement quitter la terre, oiseaux pareils non au cygne de Lohengrin mais à cet aéroplane que j’avais vu à Balbec...11

Come a dire: rispetto a Tristan und Isolde e al Ring, Lohengrin è un dramma che vola basso, goffo come l’albatro costretto a camminare sulla tolda della nave, secondo l’immagine baudelairiana. In virtù di quel gusto selettivo, Proust è in opposizione a Baudelaire più di quanto non lo sia il più radicale e sprezzante Debussy. Nel giudizio di Baudelaire, la drammaturgia lohengriniana è già fondatrice di universalità, già vittoriosa. Quel giudizio è dunque il primo cui alludevamo in apertura di questo paragrafo. Veniamo brevemente al secondo, lontano nello spazio e nel tempo, poiché dobbiamo mantenere le promesse. Ritroviamo quasi per intero le parole di Baudelaire in un passo di Carl Dahlhaus, che leggiamo in un saggio apparso nel 1971 in Richard Wagners Musikdramen.12 «L’opera romantica, il cui verti-

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ce è rappresentato da Lohengrin, raggiunge il rango di poesia universale» («Die romantische Oper, deren Kulmination Lohengrin darstellt, bewährt sich als “Universalpoesie”»). Insistere sull’universalità degli eroi wagneriani,“eroi” nel senso che Walter Friedrich Otto o Ernst Cassirer attribuiscono ai “Nebengötter” dell’Ellade, è ancora oggi necessario, e per nulla ovvia o superflua è la battaglia culturale che, in un clima di rinnovato antiwagnerismo (si pensi al convegno dell’estate 1998 a Bayreuth sul tema Wagner und das Judentum), deve continuare per la riaffermazione di quel carattere universale. Mostrare l’autenticità di tale carattere significa anche denunciare il turpe vaniloquio mirante ad assimilare l’arte wagneriana al pangermanismo e al razzismo. Nelle mani di Wagner, l’eredità germanica è tutt’altra cosa che le tradizioni e le leggende nazionali scavate dai benemeriti germanisti fioriti nella prima metà del secolo XIX, fra cui i sommi Friedrich Heinrich von der Hagen (1780-1856) e Karl Simrock (1802-1876), e fissate in libri memorabili. Soltanto le fiabe, e non tutte le fiabe tedesche ma soltanto quelle rielaborate da Jacob e Wilhelm Grimm nei Kinder- und Hausmärchen o da Achim von Arnim e Clemens Brentano in Des Knaben Wunderhorn, raggiungono l’universalità grazie alla loro natura archetipica. Per il resto, le tradizioni germaniche, come quelle di ogni altra nazione, continuano ad essere rappresentazioni o echi di eventi sia pure trasfigurati e stilizzati. La leggenda di Werner trombettiere di Säckingen, la fiaba di Rübezahl, quella del pifferaio di Hameln, sono comprensibili sino in fondo soltanto per chi abbia in sé un’eredità culturale tedesca, poiché sono accadimenti, e, in quanto tali, accidenti, che potrebbero anche non avere occupato un tempo e uno spazio, non avere trovato realizzazione nella coscienza: la prima è una speranza dei tedeschi, la seconda è un lato dispettoso del carattere, la terza è un incubo nazionale. Sono materia sempre immersa in un’epoca e in uno stile: il gotico, l’età della Riforma, la guerra dei Trent’Anni. Gli archetipi wagneriani non sono eventi: sono forme, e in quanto tali sono essenze, substantiae. Sono indipendenti da tempo e spazio. Paradossalmente, non perdono nulla della loro germanicità. Solo che nelle mani di Wagner, in virtù di un miracolo del quale non sappiamo dare spiegazione non avendo i miracoli una causa razionale, quegli archetipi cancellano ogni confine che li coarta e sono in grado di rappresentarci tutti. Grazie a Wagner e soltanto a lui, per la prima volta, dopo la fine del mondo antico e precristiano e dopo gli dèi omerici e olimpici, l’Occidente conosce una simile galleria di entità onnirappresentative, un tale contesto di simboli viventi in viventi allegorie. Senza quegli archetipi, l’Occidente non potrebbe vivere né esistere. È nostro dovere rammentare una verità che, non sappiamo perché, infastidisce tutti ogni qual volta la dichiariamo. Il lascito wagneriano è il fondo più pregiato nel tesoro della “deutsche Oper”, quella di cui proprio noi, con spudorata presunzione, abbiamo osato scrivere la storia. Eppure, le uniche opere tedesche uscite dalle mani di Wagner sono Tannhäuser e Die Meistersinger. Là è davvero il “kleines Deutschland” nell’accezione “kleindeutsch”secondo lo stile terminologico 1830-1849. Il Ring è un monumento germanico, non tedesco; il Reno, immagine nazionale, è meno importante degli archetipi nordici di antica origine norrena. Il gelo e la penombra d’Islanda hanno la meglio, anche nel carattere della musica, sull’itinerario fluviale incantato dalle ondine. Der fliegende Holländer è ancor meno tedesco e ancora più nordico: si pensi all’accentuatissimo triangolo anglo-neerlandese-scandinavo. Del resto, l’adolescenziale frammento Die Hochzeit contiene i germi di questa germanicità nordica la cui poesia richiama gli scaldi e le kenningar più che non i Minnesänger, i Meistersinger e il Bar tripartito, più i fiordi e lo Skagerrak

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che non Colonia, Augsburg e Norimberga. A nessuno sfugge come in Die Hochzeit siano visibili due torsi appena sbozzati ma riconoscibili: il triangolo di cupa passione votata alla tragedia, Siegmund-Sieglinde-Hunding (Sadolt-Ada-Arindal) e la domanda circa lo straniero rivolta da Senta al padre Daland, «Mein Vater, sprich, wer ist der Fremde?», palesemente anticipata dalla domanda di Ada ad Arindal da pochi istanti suo sposo, a proposito di Sadolt: «Mein Gatte, sprich, wer ist der fremde Mann?». Die Feen è una “Märchenoper”, un’opera-fiaba la cui idea generatrice risale a Carlo Gozzi, e da lui a tradizioni orientali: i connotati nazionali so no, com’è giusto nella sfera della fiaba, evanescenti, tutt’al più sono un colore onomastico, e il mondo immaginato da Wagner come mare in cui immergere l’azione drammatica è più celtico che germanico. Das Liebesverbot è una commedia shakespeariana ambientata in Italia. Rienzi è un dramma storico di umori ghibellini (come Die Sarazenin, di poco posteriore, che negli originari intenti di Wagner sarebbe dovuto essere un “Musikdrama”), e se la meravigliosa ouverture ha un equivocabile disegno e colore tedesco, l’azione è orientata verso un’idea di Impero e di romanità che, grazie a un eccezionale intuito, è assai più vicina all’autentica figura dell’eroico Tribuno nello spirito del ghibellinismo italiano (sì da non tradire né lo spirito dell’anonima trecentesca Vita di Cola di Rienzo né la battaglia ideale di Petrarca né il calor bianco di Dante) di quanto non siano il dramma di Friedrich Engels o il romanzo di Edward George Bulwer-Lytton. Bene: ci siamo allontanati alquanto dal territorio culturale tedesco, molto da quello germanico-nordico. Osiamo dire che i tre “Musikdramen” costituenti la “trilogia brètone” ed essenzialmente “celtica”, ossia Lohengrin, Tristan und Isolde e Parsifal, dovrebbero allontanarci ancor più dal mondo germanico, in virtù dell’autosufficienza assoluta e dell’altezza poetica dei “romances” in lingua d’oïl. Al prodigio dei versi narranti di Chrétien de Troyes, di Thomas, di Béroul, di Robert de Boron, si aggiunge l’inventiva sfrenata dei tedeschi “celtizzanti”, Gottfried von Strassburg, Wo lfram von Eschenbach, Albert von Schaffenburg. Se è vero che entro il cerchio magico del “romance” brètone dilagato in area tedesca i poeti in idioma “mittelhochdeutsch” sembrano distribuirsi i compiti (Gottfried lavora al sottociclo arturiano-tristaniano, Wolfram e Albert a quello graliano-parsifaliano dedicandosi prevalentemente il primo a Parsifal e il secondo a suo figlio Lohengrin), è anche vero che lo stesso Wolfram, nel suo Parzival, fa vivere a sua volta Lohengrin, poiché con meticolosa precisione, unico fra i poeti dediti alla leggenda parsifaliana, egli traccia una genealogia della stirpe del Gral. A parte una complicazione in più rispetto al Parsifal wagneriano (Amfortas, fratello di Herzeloyde – madre di Parzival, del quale dunque il re ferito è zio! – nonché di Trevrizent e di Schoysiane, è figlio non di Titurel, bens“ di Frimutel figlio a sua volta di Titurel il quale perciò è nonno e non padre del “re pescatore/peccatore”), apprendiamo da Wolfram von Eschenbach che Parzival, dal suo matrimonio (???) con Condwiramurs (Kundry), ha avuto due figli, l’uno destinato a regolare l’ambito civile e politico del Gral, l’altro l’ambito militare: Kardeiz e Loherangrin. Per chiarezza, offriamo in sintesi le precedenti considerazioni. Nell’insieme dei drammi wagneriani, esistono soltanto due opere veramente tedesche, tedesche in senso proprio: Tannhäuser e Die Meistersinger von Nürnberg. Il frammento dell’adolescenza Die Hochzeit dal colore primordiale e barbarico, lo scenario anglo-neerlandese-scandinavo dell’Holländer, lo stesso Ring des Nibelungen, costituiscono una sfera germanica e nordica, non propriamente tedesca. La fiaba (Die Feen), la commedia (Das Liebesverbot), la

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In alto: Carlo Ferrario. Il castello di Anversa, atto II. Disegno (Milano, Museo Teatrale alla Scala). Il disegno è verosimilmente da collegare alla ‘prima italiana’ di Lohengrin al Teatro Comunale di Bologna nel 1871. La rappresentazione era stata accuratamente preparata; nell’agosto 1871 si era recato a Monaco di Baviera per assistere al Lohengrin e studiarne la messinscena un gruppo di ‘pellegrini wagneriani’: il sindaco di Bologna Casarini, l’editrice musicale Giovannina Lucca, lo scenografo Ferrario, il vestiarista Vicinelli e il macchinista Guizzardi. A destra: Roberto Focosi. Ritratto di Angelo Mariani. Litografia (Milano, Museo Teatrale alla Scala). Mariani diresse la prima rappresentazione di Lohengrin in Italia e ne comunicò l’esito «felicissimo» in una lettera a Wagner.

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Verdi al cospetto di Lohengrin [...] Come tutti sanno, appunto il Lohengrin fu la prima partitura di Wagner ad essere eseguita in Italia, il 1° novembre 1871, al Teatro Comunale di Bologna; diretta da quell’Angelo Mariani che, oltre a servire la causa wagneriana e quella della editrice Giovannina Lucca (acerrima nemica di Casa Ricordi), voleva anche fare un dispetto a Giuseppe Verdi, il quale gli aveva alienato gli affetti di Teresina Stolz. Come dire che, per soverchiare un editore e un artista “nostrani”, la Lucca e il Mariani s’erano valsi d’un espediente addirittura classico, nella storia d’un Paese come il nostro, fatta di faide di Comune: quello di chiamare in aiuto lo straniero. Da Bologna, poi, il Lohengrin era passato in altre nostre città; e, nonostante le accoglienze fossero a volte tempestose, s’era affermato come l’esemplare “italianizzante” dell’arte wagneriana. L’opinione era stata sostenuta dallo stesso Verdi. Lo scalpore suscitato dall’apparizione del Lohengrin fra noi era stato tale, infatti, ch’egli s’era deciso ad andare a controllare di persona la situazione; ed era arrivato a

Bologna il 19 novembre 1871, per assistere alla replica annunziata per quella sera, sperando – ma invano – che la sua presenza non venisse notata. Aveva seguito da un palco lo spettacolo, con uno spartito ch’era andato postillando d’annotazioni. Possediamo quello spartito. Le annotazioni sono centoquattordici, fra cui settantotto di severo biasimo, specie per il direttore interprete. Stupisce soprattutto l’annotazione relativa al sublime preludio: «bello ma riesce pesante per le continue note acute dei violini»; ahimè: talmente era lontano Giuseppe Verdi da quella musica, da non intendere nemmeno il valore timbrico essenziale del Lohengrin, quello che s’afferma appunto col diafano “coro” dei violini soli, portato nel registro sovracuto! E, nell’ultima pagina dello spartito, ecco il giudizio verdiano conclusivo: Impressione mediocre. Musica bella quando è chiara e vi è il pensiero. L’azione corre lenta come la parola: quindi noia. Effetti belli di stromenti. Abuso di note tenute e riesce pesante. Esecuzione mediocre. Molta verve ma scarsa poesia e finezza. Nei punti difficili, cattiva sempre.


Ma dodici anni dopo, alla notizia della morte di Wagner (13 febbraio 1883), Verdi, in una lettera a Giulio Ricordi destinata a divenir famosa, aveva commentato magnanimamente: Wagner è morto! Leggendone ieri il dispaccio ne fui, sto per dire, atterrito! Non discutiamo. È una grande individualità che sparisce! Un nome che lascia un’impronta potentissima nella storia dell’Arte! La sua musica, per quanto lontana dal nostro sentimento fatta eccezione pel solo Lohengrin, è musica dove c’è vita, sangue e nervi; dunque è musica che ha diritto di restare. [ ... ] (Teodoro Celli, Il Cigno del Cavaliere, programma di sala del Lohengrin, Teatro alla Scala, stagione 1982-83, p. 53)

Studio Montabone. Giuseppe Verdi. Fotografia (Milano, Museo Teatrale alla Scala). Verdi si recò a Bologna in incognito per assistere alla rappresentazione di Lohengrin del 19 novembre 1871. Quando gli spettatori si accorsero della sua presenza in sala, gli tributarono una calorosa ovazione.


grande storia (Rienzi), guardano all’Italia come immagine e mito. Lohengrin, Tristan und Isolde e Parsifal sono mondi appartenenti alla sfera celtica, alla letteratura in lingua oitanica, al ciclo brètone. Queste tre opere sono le più autonome rispetto al Wagner di pertinenza strettamente germanistica, e lo sono in forza dell’altezza poetica propria della poesia brètone, che amiamo identificare con “l’amour et l’Occident”, e, in una parola, con l’Occidente, con ciò che noi sentiamo, amiamo, pensiamo e siamo. Qui però va aggiunta una postilla, per noi decisiva: nella trilogia brètone, c’è un’opera cui è affidato il compito di una mediazione diplomatica tra mondo brètone e mondo germanico. Quest’opera è Lohengrin, i cui personaggi, nella loro natura storica, incarnano questa coesistenza: ai fantasmi di radice celtica, come Lohengrin e Ortrud,si affiancano personaggi reali della storia tedesca, come Enrico l’Uccellatore, re di Germania, padre dell’imperatore Ottone I che avrebbe restaurato e “rinazionalizzato” il Sacro Romano Impero dei carolingi. La musica di Lohengrin ha un ruolo eminente in tale mediazione: la gestualità del preludio all’atto III, le fanfare degli araldi e le marce che accompagnano i cortei di cavalieri (compresa la celeberrima marcia nuziale) sono consanguinee a ciò che si ode sulla Wartburg nell’atto II di Tannhäuser, mentre le estasi mistiche del primo preludio, le scene amorose, il clima di arcana attesa legato alle apparizioni del cigno, guardano a Tristan und Isolde e – come abbiamo esaurientemente mostrato – a Parsifal. Proprio la coesistenza che c’è in Lohengrin influisce sull’effetto con cui, in Parsifal, riudiamo il motivo del cigno su «Leb’ wohl, leb’ wohl, mein lieber Schwan»: un effetto incantato e, insieme, straniato. In altri termini, Lohengrin è l’opera di confine tra celti e germani. Ciò significa che l’estasi dinanzi all’arcano non è ancora completa trasfigurazione metafisica, come avverrà in Parsifal: ma s“, le trombe angeliche sono sempre sull’orlo di una riconversione in trombe cavalleresche che annuncino una gara gentile (una tenzone poetica) o manesca (un duello in cui si picchia sodo, sia pure in maniera incruenta, da torneo). Ciò significa d’altra parte che la sostanza della musica wagneriana, poco prima di Tristan, è ancora un’attesa dell’avvento e della transustanziazione che in Tristan finalmente e pienamente si consumano. Da questi due significati deriva un carattere anfibio del dramma pre-tristaniano: Lohengrin è ancora teatro, e sia pure altissimo e geniale teatro, e non è ancora quell’oltremondo in cui la musica non rappresenta il reale ma è il reale, quella goethiana “jene Seite” in cui noi ascoltando il Tristan-Akkord non udiamo semplicemente una raffigurazione del filtro amoroso in veste acustica bens“ “beviamo”di fatto il filtro amoroso, e se abbiamo a fianco uno sconosciuto essere di amabile grazia ce ne innamoriamo, disamorandoci subito non appena l’effetto del “Tristan-Akkord” svanisca. Tuttavia, pur essendo ancora teatro quest’opera riesce a non essere “soltanto” teatro. La sua partitura ci offre istanti magici in cui siamo vicinissimi al confine, e forse lo oltrepassiamo per poi indietreggiare; in cui ci solleviamo e siamo privi di peso, per poi ridiscendere, estatici, sulla terra. Quelle due parole allusive e perturbanti, “jene Seite”, sono la radice lessicale di “Jenseits”. Lohengrin è il valico tra il teatro e l’aldilà. Ebbene, proprio Lohengrin è un caposaldo di somma importanza per una strategia, quella del collocare il lascito wagneriano entro le giuste misure di grandezza e nel giusto sistema di misura. Diamo per accettabile la riconoscibilità, sempre contestata ma non del tutto illusoria, di tre “maniere” nella drammaturgia di Richard Wagner (Lipsia, sabato 22 maggio 1813 - Venezia, martedì 13 febbraio 1883). La prima, periodizzabile tra il frammento Die Hochzeit e Rienzi, sarebbe quella in cui Wagner, muovendosi sul terreno già

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ricco ma ancora recente dell’opera nazionale tedesca e, in particolare, della “romantische Oper”, rivela il suo prodigioso talento nell’assimilare e ravvivare i suoi predecessori: Weber da lui idolatrato, Spontini ammirato e venerato, Spohr apprezzato pur con molte riserve. Perciò Rienzi, lavoro collocato alla frontiera tra due fasi creative, è opera bellissima ma non ancora tale da realizzare il miracolo dell’avvento. Chi non la conosca già quanto basta per individuarla, ascoltandola per la prima o la seconda volta non può dire di primo acchito: «Questo è Wagner!». La seconda maniera, tra Der fliegende Holländer e Lohengrin, segnerebbe la conquista di uno stile personale e assolutamente inconfondibile, ma sempre paragonabile agli stili di altri operisti tedeschi e, in senso lato, europei. Per fare l’esempio che più da vicino ci riguarda, è inevitabile osservare la filiazione dalla spontiniana Agnes von Hohenstaufen a Lohengrin. La terza maniera coinciderebbe con l’ultima fase, da Tristan und Isolde a Parsifal: Wagner si leva in volo sopra il terreno pur santificato dell’opera tedesca, e trasforma la musica d’Occidente, determinandone il destino e diventando egli stesso il terreno su cui altri cammineranno. In questo schema comodamente didattico ma non falso, la collocazione di Lohengrin, a sua volta – come già Rienzi – opera di frontiera tra due fasi, diventa strategica. Dando per certo che ogni realtà posta al confine partecipa dell’uno e dell’altro territorio che essa separa (o congiunge?), nel caso di Lohengrin si tratta dell’ultimo termine della seconda “maniera”, o di qualcosa che preannunci il sorgere della terza? Per la nostra felicità d’ascolto, per la nostra comprensione dell’intero lascito wagneriano, per il significato universale che diamo alla musica, questa è una delle domande primarie che dobbiamo affrontare parlando di Lohengrin, opera fortunatissima in apparenza, ma anche sacrificata da una posizione scomoda e fin troppo problematica. La fortuna di Lohengrin sembra favorita, sin da principio, da un corso agevole e da una vita sgombra da ostacoli: quest’opera è come uno dei rari individui che riescono amabili a tutti e che conquistano non appena pronunciano la prima frase. A costui ogni porta è aperta, e non c’è chi non sia deliziato dalla sua presenza. Un cammino liscio e piano; persino un severissimo critico come Eduard Hanslick e un acerrimo nemico viscerale come Franz Strauss – padre di Richard –, il primo tremendamente infastidito e il secondo inorridito da Tristan und Isolde, avrebbero accettato e apprezzato Wagner se egli avesse continuato a far musica e teatro come ne aveva fatti in Lohengrin. In verità, quel cammino tutto favorevole e tale da incantare le folle, gli addottrinati e i semplici, ebbe una partenza sfortunata, di cattivo augurio. Se è vero, come leggiamo in una delle Robâ’iyyât di Omar Khayyâm, che noi siamo le pedine sulla scacchiera dell’Essere e qualcuno, prima di ricollocarci nella scatola del Nulla, gioca una partita muovendoci sulle caselle di nere notti e bianchi giorni a nostra insaputa,13 può accadere che una mossa iniziale appaia disastrosa per uno dei giocatori; ma poi, nella concatenazione degli eventi, proprio da quella mossa prende avvio la futura, irresistibile vittoria. «Nächstens soll hier Kapellmeister Wagner’s Oper Lohengrin mit brillanter Ausstattung in Scene gehen» («Prossimamente andrà in scena nel nostro Teatro, e con un ricco e grandioso allestimento, l’opera Lohengrin del direttore d’orchestra Richard Wagner»), questa la notizia apparsa su un giornale di Dresda nel gennaio 1849. A Dresda, Wagner era attivo presso il Teatro dell’Opera dal 1842. Dopo il trionfo di Rienzi, la buona affermazione di Der fliegende Holländer e l’interesse suscitato, malgrado le molte riserve della critica, da Tannhäuser in prima versione, il nome di Wagner era oggetto di eccitata attesa

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e di probabile successo; in ogni caso, si associava alla previsione di un evento di prim’ordine nella vita musicale e teatrale della città sassone. Il testo poetico dell’opera era già pronto da anni: iniziato a Marienbad nel luglio-agosto 1845, era stato ultimato a Dresda il 27 novembre di quell’anno. La musica era stata composta a Dresda tra il principio del 1846 e il 28 aprile 1848. Ma l’avverarsi dell’annuncio giornalistico rimase monco. Fu troncato dagli eventi politici. Tutto ciò che i cittadini di Dresda ascoltarono fu un’esecuzione preliminare, in forma di concerto, del finale dell’atto I, in occasione delle celebrazioni per il trecentesimo anniversario della Hofkapelle di Dresda. Ciò era avvenuto nel settembre 1848 sotto la direzione dell’autore. Poi scoppiò la rivoluzione: Wagner prese parte ai tumulti e alle barricate del maggio 1849, fu condannato a morte e dovette fuggire avventurosamente in Svizzera. Mentre Wagner era in esil i o, la generosità di Franz Liszt, santo protettore dei musicisti perseguitati o misconosciuti, realizzò un miracolo di nobiltà e di coraggio. Liszt fece rappresentare Lohengrin in prima assoluta, sotto la sua personale direzione, al Gro§herzögliches Hoftheater (Teatro Granducale di Corte) di Weimar, nel giorno del centunesimo anniversario della nascita di Goethe: mercoled“ 28 agosto 1850. La data scelta da Liszt sottolineò, con il suo prestigio evocativo, l’importanza che l’apostolo wagneriano, grandissimo artista ma non meno grande per statura morale, volle attribuire all’avvenimento. Fra i cantanti che la bacchetta di Liszt guidò furono in scena Karl Beck (Lohengrin), Rosa Aghte von Hilde (Elsa), Feodor von Milde (Friedrich von Telramund), la signora Fas(z)tlinger (Ortrud: prenome incerto), il signor Höfer (Enrico l’Uccellatore: prenome incerto). Uno solo mancava: l’artefice, che sarebbe stato fucilato se avesse messo piede nel territorio di un qualsiasi Stato tedesco. Dieci anni dopo, Wagner se ne lamentò nella famosa lettera a Hector Berlioz (febbraio 1860): Seit elf Jahren bleibe ich von der Möglichkeit ausgeschlossen, mir meine eigenen Werke vorzuführen, und es graut mir davor, noch länger der vielleicht einzige Deutsche bleiben zu sollen, der meinen Lohengrin nicht gehört hat Da undici anni io resto escluso dalla possibilità di assistere alle rappresentazioni delle mie proprie opere, e temo di rimanere ancora a lungo l’unico tedesco, sì, forse l’unico, che non abbia ascoltato il mio Lohengrin.14

L’artefice, quello vero e grande, ama nascondersi dietro la propria opera, come scrisse Aristotele: ho plásas efánisen. In quegli anni, Richard Wagner non ebbe, in un pubblico teatro, la sua opera più fresca, il suo Lohengrin, dietro cui celarsi.

4. Dove si profila una contesa tra l’oro e l’argento Forse per questo fu così visibile. Da allora, infatti, nell’opinione pubblica il nome di Wagner fu indissociabilmente legato a Lohengrin. Fu abituale, parlando di lui, definirlo “l’autore di Lohengrin”. Questo nesso d’identificazione privilegiata non venne meno neppure dopo l’immensa emozione suscitata dall’apparizione a Monaco di Tristan und Isolde nel 1865, e soltanto dopo la prima rappresentazione integrale del Ring avvenuta a Bayreuth il 13, 14, 16 e 17 agosto 1876 la personalità di Wagner cominciò a farsi tutt’uno

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con quella dei drammi nibelungici. La lunga ammirazione che re Ludwig II di Baviera coltivava, da lontano, per Wagner, era l’ammirazione per l’autore di Lohengrin. La mattina del 3 maggio 1864, a Stoccarda, Franz von Pfistermeister, segretario di Ludwig II, si presentò a Wagner in un albergo della città consegnandogli una fotografia del re in una cornice d’argento (metallo “lohengriniano...”) e un anello con un rubino, insieme con un messaggio del sovrano: «Così come arde questa pietra, ardo io dal desiderio di vedere il creatore delle parole e della musica di Lohengrin».15 Su personaggi lohengriniani assurti a simboli allusivi si sviluppò tutta l’accidentata amicizia tra Wagner e Ludwig II. La prima esecuzione di Lohengrin in Italia, che fu anche la prima rappresentazione italiana di un’opera di Wagner, ebbe luogo mercoled“ 1° novembre 1871 al Teatro Comunale di Bologna, sotto la direzione di Angelo Mariani e con Italo Campanini nel ruolo di protagonista. Wagner espresse il suo compiacimento scrivendo da Lucerna il 7 novembre 1871 ad Arrigo Boito. é il celebre Brief an einen italienischen Freund über die Aufführung des “Lohengrin” in Bologna. La rappresentazione bolognese fu in lingua italiana, nella traduzione di Salvatore Marchesi. Il primo Lohengrin italiano in lingua tedesca nacque mercoled“ 2 agosto 1939 a Palermo, al Teatro dei Diecimila in piazza della Vittoria, sotto la direzione di Wilhelm Schleuning, a parte un Lohengrin in tedesco apparso per la prima volta a Trieste, città allora austriaca, sabato 28 luglio 1917. Il Lohengrin bolognese del 1871 segnò anche l’incontro a distanza tra i due massimi protagonisti del teatro musicale nel secolo XIX. Alla replica del 19 novembre fu presente Giuseppe Verdi, che annotò sul suo spartito osservazioni fortemente critiche insieme con parole ammirative: Troppo forte [all’inizio del preludio all’atto I],... non si capisce [in fondo alla prima pagina]... bello ma riesce pesante con le continue note acute dei violini [alla fine del preludio],

e, dichiarato come bilancio totale e riassuntivo delle varie annotazioni: Impressione mediocre. Musica bella, quando è chiara vi è il pensiero. L’azione corre lenta come la parola. Quindi noja. Effetti belli d’istromenti. Abuso di note tenute e riesce pesante. Esecuzione mediocre [Verdi aveva il dente avvelenato con Mariani -N.d.R.] Molta verve ma senza poesia e finezza. Nei punti difficili cattiva sempre.16

Abbiamo dedicato spazio alla vicenda italiana di Lohengrin poiché essa è indicativa di un carattere attribuito a quest’opera da gran parte della riflessione critica contemporanea a Wagner, e anche di quella di successive generazioni: Lohengrin come l’opera “più italiana” di Wagner. La formula è palesemente infondata. Lohengrin ha i suoi precedenti significativi nella tradizione dell’opera romantica tedesca, ma anche, in parte, in due generi tra loro distanti, la “Märchenoper” (opera di soggetto fiabesco) da un lato, il dramma musicale di soggetto storico dall’altro. Per quanto riguarda quest’ultima linea ereditaria, il più importante antecedente di Lohengrin fu la terza e ultima opera tedesca di Gaspare Spontini, Agnes von Hohenstaufen (1829), e ciò vale sia per la drammaturgia che per aspetti propri del linguaggio musicale come la costruzione delle frasi melodiche, l’armonia e l’orchestrazione. L’inizio di Agnes, con la grande scena nel palazzo imperiale di

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Mainz in cui intervengono l’imperatore, l’arcivescovo e i principi tedeschi, preannuncia irresistibilmente la prima scena dell’atto I di Lohengrin, e si av verte la filiazione diretta in innumerevoli dettagli. Non immaginiamo, invece, una filiazione da Der Alchymist (1830) di Louis Spohr a Tristan und Isolde soltanto in virtù di un dettaglio abbastanza noto: l’apparizione letterale, nell’opera di Spohr, delle prime due configurazioni del “ Tristan-Akkord”. L’apparizione è segnalata da Edgar Istel e sottolineata da Ernst Kurth.17 Ecco il discrimine tra la rivelazione tristaniana, annuncio del Nuovo Testamento nella musica d’Occidente, e Lohengrin, opera fortunatissima ma nella scomoda posizione di frontiera, argenteo pianeta che di l“ a poco sarà quasi eclissato dal fulgore aureo di un’immensa stella. Tristan und Isolde è una luce accecante divampata improvvisamente sulla terra, ed è volta all’orizzonte, all’infinito, verso un misterioso “avvenire” della musica e della coscienza umana. Lohengrin guarda in due direzioni. Si volge all’erba, al terreno, alle proprie radici tedesche, svela lampeggiamenti dell’armatura di Hüon e sentori dei profumi di Oberon, malinconie e turbamenti simili a quelli, affascinanti e morbosi, della schumanniana Genoveva. Anzi, più circostanze sottolineano il legame sotterraneo tra Schumann, spregiato come autore teatrale da Wagner, e quest’ultimo: nel 1846, Schumann progettò di comporre la musica per un dramma, Tristan und Isolde (!), e di affidarne il libretto a Robert Reinick, originario autore del “Textbuch” di Genoveva. Ancora ci pensava nel 1852. Tutto ciò risulta con chiarezza dai diari schumanniani.18 Ma Lohengrin non si volge soltanto all’indietro: si volge anche “altrove”, non all’orizzonte e all’infinito ma ad altre foreste. In un’opera “ fin-de-siècle”, la morbida ed esotizzante Sadko (1898) di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov, il finale del II quadro è interamente lohengriniano. Lo è nella situazione scenica: il Re del Mare s’inabissa nei flutti profondi, la Principessa e le sue compagne si trasformano in cigni bianchi e in anatre grigie e cominciano a nuotare sulle acque, cantando: «Cigni bianchi, anatre grigie, noi partiamo verso il palazzo azzurro del nostro terribile padre». Quel finale è lohengriniano soprattutto nella musica: sintassi armonica e sonorità orchestrale seguono puntualmente il preludio all’atto I di Lohengrin, e con strano effetto, data l’ambientazione della trama. L’affinità con un’opera di autore “nazionale” russo è singolare, e tanto più rivelatrice. Notissima è la fecondazione operata dalla drammaturgia musicale di Lohengrin in terra francese. La celebre triade di wagneriani, Ernest Reyer con Sigurd (1878-1883), Vincent d’Indy con Fervaal (1897), Ernest Chausson con Le Roi Arthus (1903), mirava ad altri modelli: a Tristan und Isolde (d’Indy, Chausson), o a Der Ring des Nibelungen attraverso un filtro tristaniano (Reyer). Wagneriana fu la scelta, da parte di d’Indy e Chausson, di scrivere da sé i rispettivi libretti. Ma è come se, nella raffinata e problematica fabbricazione di uno stile tristaniano (o nibelungico-tristaniano), il più antico e pre-tristaniano ascendente, Lohengrin, avesse “scavalcato” l’idea deliberata, riproponendosi. Questa sorta di vittoria postuma di Lohengrin è evidente, anche come vicenda compositiva, in d’Indy: la musica di Fervaal deriva in gran parte da un’opera precedente dello stesso autore, Axel (1878), nella quale il clima armonico e timbrico “lohengriniano” è dominante. Nel teatro musicale tedesco di quel periodo, il dramma in cui Lohengrin – sia pure in contaminazione tristaniana – è più che mai presente è Guntram (1894), composto su libretto proprio e come suo primo lavoro teatrale da Richard Strauss, che in tale circostanza si qualificò “apprendista wagneriano”. Si può dire che tra Lohengrin e Tristan und Isolde la linea di demarcazione prevalga

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In alto: Oswald Levens (da disegno di). I disordini davanti all’Eden-Théâtre di Parigi, suscitati dalla prima rappresentazione di Lohengrin in Francia. In seguito alla manifestazione e per timore di più gravi incidenti l’impresario Lamoureux decise di annullare le recite. Vignetta nel periodico L’Illustration Européenne, maggio 1887 (Parigi, Musée et Bibliothèque de l’Opéra). A destra: I. Bianco. Caricatura di Wagner che dal cielo lancia fulmini contro i contestatori parigini del Lohengrin. Anche la rappresentazione del 1891 all’Opéra fu causa di violenti tumulti di piazza. Litografia; da Album artistico della Gazzetta Musicale di Milano, 1891 (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

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sul legame di continuità? Che Lohengrin sia piuttosto il coronamento della “romantische Oper” tedesca piuttosto che l’ultimo gradino alle soglie tristaniane? Difficile affermarlo. C’è, in primo luogo, una fortissima tensione di Lohengrin verso la fase più matura del teatro wagneriano, ed è una tensione di natura filosofico-estetica. Fu l’autore stesso a esporne le ragioni in uno scritto del maggio 1853, Vorspiel zu “Lohengrin” (Preludio a “Lohengrin”).19 «Aus einer Welt des Hasses und des Haders schien die Liebe verschwunden zu sein»: da un mondo dominato dall’odio e dall’avida contesa per l’avere – così esordisce lo scritto wagneriano – sembrava essere scomparso l’amore. «L’amore non mostrava più di essere il legislatore della vita in alcuna comunità umana». Ma, continua Wagner, alla cupa ed esclusiva cura di guadagno e di possesso si è ribellata di recente, con un soprassalto della coscienza, una nuova filosofia dell’amore, destinata a purificare l’arte. Il santo Gral, evocato alla fine di Lohengrin dal grande racconto dell’eroe protagonista, è il simbolo di questa purificazione e di questa rivolta. Lo scritto wagneriano dichiara quelle ragioni di Lohengrin che sospingono quest’opera verso l’ideale “anticapitalistico” del Ring des Nibelungen, verso la condanna dell’oro e del possesso come corruttori del mondo, verso l’etica che nel saggio Religion und Kunst (1880), consanguineo a Parsifal nell’ispirazione, combatte la violenza dell’uomo contro la natura, e in particolare contro gli animali innocenti e felici. Un cigno, sembianza in cui un sortilegio ha trasformato il giovane Gottfried secondo l’antefatto di Lohengrin, trasporta alla foce della Schelda il cavaliere del Gral; ferisce a morte un cigno, stoltamente ma senza cosciente crudeltà, il puro e folle Parsifal, e quella colpa, di cui “der reine Tor” prende graduale consapevolezza, sarà l’inizio della sua redenzione, facendolo “durch Mitleid wissend”, conscio grazie alla compassione. Vogliamo aggiungere una considerazione che ci appartiene personalmente e che prediligiamo. “Mit-leid” è un calco imperfetto della parola tardo-latina “com-passio” (da cum + patior), le cui prime testimonianze linguistiche sono in Tertulliano e in Gerolamo, e ciò vale anche per la sua più rara variante “com-patientia”. Il calco è imperfetto, poiché “patior” significa “soffro, patisco” soltanto dopo la rivoluzione semantica operata dal cristianesimo sul lessico latino e su quello della koiné greco-ellenistica, mentre in epoca classica ha il più ampio significato di “provo sentimenti” o “sensazioni”,“vivo in uno stato d’animo”. Di quale sentimento o stato d’animo si tratti, è determinato dall’ablativo di modo o di causa indicante una particolare “passione”. La stessa vicenda di significato prima ampio e poi ristretto e fortemente connotato come “sofferenza” vale per il verbo greco pßscw. Ora, pßscw nel medesimo significato di patior si combina con un fondamentale prefisso-preposizione formando sumpßscw, di cui è calco perfetto cum + patior (com-patior non è documentato nel lessico tardo-latino codificabile in un dizionario), così come sumpßîeia (da cui “sim-patia”) ha il suo perfetto calco latino in “com-passio” o in “com-patientia”. Dunque, e sia pure alla lontana e in misura imperfetta, il “Mitleid” del puro folle ha attinenza con il “sentire insieme”più che con il “soffrire insieme”; ossia, ha attinenza con l’Eros, inteso esattamente come “amore consensuale per la bellezza” e non, erroneamente, come “libido”. In altri termini, i legami forti vanno cercati nelle immagini araldiche o sacre, nei simboli che la natura suggerisce, o nelle pure forme simboliche del numero, dello spazio e del tempo. Un altro ammonimento nasce dallo scritto Vorspiel zu “Lohengrin”: l’avidità, la sete di possesso è la matrice del capitalismo moderno. Poco importa che in quest’ultimo Wagner ravvisasse radici di ebraismo: questo è un discorso di secondo piano,

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Lohengrin visto da Baudelaire «[...] Ed ora ascoltate come egli risponde alla domanda vietata! Sono stato inviato presso di voi dal Graal; Parsifal, che è mio padre, regge la sua corona, e io, suo cavaliere, ho nome Lohengrin.» Ricompare il cigno sulla riva per riportare il cavaliere nella sua miracolosa patria. La maga, invasa dall’odio, svela che il cigno altri non è che il fratello di Elsa, e lei stessa lo ha fatto prigioniero nel corso d’un incantesimo. Lohengrin, dopo aver rivolto al Santo Graal una fervente preghiera, sale sulla navicella. Una colomba prende il posto del cigno, e riappare Goffredo, duca di Brabante. Il cavaliere è ritornato alla sua terra, sul Monsalvato. Elsa che ha dubitato, Elsa che ha voluto sapere, indagare, controllare, ebbene Elsa ha smarrito la sua felicità. L’ideale è volato via.

Charles Baudelaire

Il lettore avrà certamente colto nella leggenda una sorprendente analogia con il mito dell’antica Psiche: anch’essa fu vittima della diabolica curiosità, e non volendo rispettare l’incognito del suo sposo e dio, mentre penetrava il mistero perdette l’intera sua felicità. Elsa presta ascolto a Ortruda, come Eva al serpente. L’eterna Eva cade nell’eterna insidia. Le nazioni e i popoli si trasmettono forse favole come gli uomini si tramandano patrimoni, eredità, segreti della scienza? Si sarebbe tentati di crederlo, tanto è sorprendente l’analogia morale che segna miti e leggende sbocciati in contrade diverse. (Charles Baudelaire, Su Wagner, a cura e con un’introduzione di Antonio Prete, Feltrinelli, Milano, 1983, pp. 56-57)


Les adieux de Lohengrin

Addio di Lohengrin

à son cygne

al suo cigno

Ô cygne blanc, cygne de neige immaculée, Sur le lac diaphane et pur comme un cristal, Tu m’entraînas, coursier à la croupe ondulée, Pour protéger Elsa contre un destin fatal.

O bianco cigno, di neve immacolata, Sul lago di cristallo puro e terso, Mi portasti su tua groppa ondulata, Per Elsa contro un destin perverso.

Tu vins, battant les flots avec un doux bruit d’ailes, Aborder au rivage où seul je dois rester. Fuis! Retourne au pays des splendeurs éternelles; Pour Elsa de Brabant il me faut te quitter.

Con dolce brusio d’ale il flutto fendi, Ed alla riva giungi ove sto solo. Fuggi! Riedi al paese de’ risplendi: Per Elsa di Brabant da te m’involo.

Adieu donc pour un an, ô burg de mon enfance, Ô bords chéris lointains, où fils de Parsifal, Je naquis, protecteur zélé de l’Innocence Et fidèle gardien des trésors du Graal.

Per un anno addio, borgo d’infanzia, Sponde lontane, ov’io, figlio di Parsifàl, Nacqui, zelante scudo all’Innocenza, E guardian fedele de’ tesori del Graal.

L’amour a pris mon coeur et je suis sa victime. Adieu, grand bois, à ma jeunesse familiers. Adieu, chers compagnons au courage sublime: Adieu, cher cygne! Adieu, mes braves chevaliers!

L’amor mi ha colto il cuore nei rovelli. Addio, boschi degli anni miei sinceri, Addio, dal sublime coraggio confratelli: Addio, mio cigno! E prodi cavalieri!

Ô cygne blanc, cygne de neige immaculée, Sur le lac diaphane et pur comme un cristal, Repars vite, coursier à la croupe ondulée, Je dois lutter ici contre un destin fatal.

O bianco cigno, di neve immacolata, Sul lago di cristallo puro e terso, Mi portasti su tua groppa ondulata, Per Elsa contro un destin perverso.

Émile Boissier, Dame Mélancolie: poésies et proses rythmées, avec préface de Paul Verlaine, Vanier, Paris, 1893, p. 58

(versione italiana di Franco Pulcini)


che ha dato esiti sovente volgari. In ogni caso, Lohengrin non rientra nelle discussioni sull’antisemitismo di Wagner, mentre vi rientrano Der fliegende Holländer, Der Ring des Nibelungen, Die Meistersinger, Parsifal, come risulta dall’analisi svolta da Dieter David Scholz in una recentissima monografia.20 L’avere legato la fama e il successo di Lohengrin all’avidità wagneriana di denaro, tutta presunta e suffragata a posteriori dal patibolare gioco di parole (Lohengelb, dove gelb, “giallo” ossia “denaro” , è sostituito a grün, “verde” ossia “natura”), fu una spiritosaggine viennese nella seconda metà dell’Ottocento, e null’altro. Curiosa, comunque, per la storia delle “symbolische Formen”, la contrapposizione tra metalli preziosi e luminosi, oro versus argento: denaro contro le armi splendenti che rivestono il cavaliere del cigno. Quasi una contesa eterna, scritta nel cosmo.

5. Domande proibite e riapparizione degli enigmi Là dove l’avere prevale sull’essere, l’avidità e la sete di possesso riescono a corrompere l’arte e l’estetica, dopo avere corrotto funzioni di poco inferiori come l’etica e l’idea di società. La mente corre a Ezra Pound e al suo Canto 45, With Usura: con usura non c’è chiesa con affreschi di paradiso; l’usura arrugginisce il cesello, ingrossa la linea della pittura, incancrena l’azzurro, toglie a Memlinc il verde smeraldo. Una nostra chios a: toglierebbe lo splendore anche al verde ashmardi su cui spicca, nel Parzival di Wolfram von Eschenbach, “una cosa chiamata Gral”. L’altissimo récit poetico di Pound, uno dei vertici del suo linguaggio assoluto, è in perfetta sintonia con le affermazioni di Wagner nel Vorspiel zu “Lohengrin”. Ecco un altro indizio che mostra come Lohengrin sia attratto oltre l’area della “romantische Oper” e in senso lato oltre il territorio del teatro musicale prewagneriano. I primi spettatori di quest’opera possono aver pensato, durante la prima ora di spettacolo, di trovarsi dinanzi a un esempio di “pièce à sauvetag e” : un sottogenere teatrale che in tedesco è detto “ Rettungsstück”, e in cui qualcuno o qualcosa salva l’eroe o l’eroina nel momento di estremo pericolo, che è sempre momento finale dell’azione drammatica. Gli esempi sono innumerevoli, a partire dal più illustre che è il beethoveniano Fidelio: ricordiamo soltanto Les deux journées e Lodoïska di Cherubini o Costanzo e Almeriska di Mercadante. Ma in Lohengrin il “topos” del salvataggio e il suo schema drammaturgico sono tutti racchiusi nel I atto. Il vero nucleo drammatico dell’opera è il divieto di porre la domanda, e tutto il resto, non come significato bensì come meccanismo dell’actus, ne deriva per concatenazione. L’ammonimento dell’eroe a Elsa, «nie sollst du mich befragen» (il «mai devi domandarmi» vulgato in Italia dalla traduzione di Marchesi secondo la cifra esecutiva che Eugenio Gara chiamò “Wagnerital”), anche se era già presente in Die Feen come nesso nozzedivieto e in termini inversi (imposto dalla sposa allo sposo), nasce in Lohengrin da un terreno poeticamente più nobile e illustre di quello della “romantische Oper”: nasce dal clima arcano che avvolge il canto di Mignon nel goethiano Wilhelm Meister. Non devo parlare, devo tacere, poiché il mio segreto mi vincola. Vorrei mostrarti tutto il mio intimo, se non fosse che il destino lo vieta. [...] Soltanto un giuramento mi serra le labbra, e un dio soltanto potrebbe dischiuderle.

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Heiß’ mich nicht reden, heiß’ mich schweigen, denn mein Geheimnis ist mir Pflicht; ich möchte dir mein ganzes Inn’re zeigen, allein das Schicksal will es nicht. [...] Allein ein Schwur drückt mir die Lippen zu, und nur ein Gott vermag sie aufzuschließen.

Il divieto di porre domande è rafforzato dall’inconoscibilità del motivo che genera la proibizione. Nel mistero impenetrabile s’intravede qualcosa di prodigioso: un sublime di accecante bellezza, oltre il quale si cela un ente ancora più bello e perciò terribile a nominarsi. Rainer Maria Rilke ha condensato quest’idea in due versi adamantini: «Poiché il Bello altro non è se non il Terribile al suo inizio» (Duineser Elegien, I, 4-5). Denn das Schöne ist nichts als des Schrecklichen Anfang.

Il bello-tremendo che si nasconde dietro la prima apparizione del sublime è simboleggiato musicalmente dalla sequenza dei due fortissimo alla fine del preludio all’atto I di Lohengrin. Il primo di essi (bt. 54), l’accordo La, Sol bequadro, Do#, Fa# dopo il vertiginoso arpeggio ascendente degli archi, è seguito “a sorpresa”, dopo due battute, dal secondo, sull’accordo Re, Fa#, Sol#, Si, Fa# (bt. 56). È un trauma che ci coglie impreparati, poiché le difese dell’anima già dopo il precedente fortissimo hanno ceduto. Il divieto di domandare, proprio perché nato da una zolla di poesia universale qual è quella goethiana più che dalle convenzioni teatrali della “deutsche Oper”, si protende verso l’avvenire grazie alla propria energia atemporale. Preannuncia così la risposta di Tristan a re Marke (Tristan und Isolde, atto II, vv. 1580-1583): O König, das kann ich dir nicht sagen; und was du fragst, das kannst du nie erfahren.

«Oh re, questo non te lo posso dire; e ciò che tu domandi, non potrai mai sapere». Proprio per legare meglio il divieto al mistero del suo perché, Wagner eliminò, nella redazione definitiva del testo, le parole che nella versione del 1845 – la cosiddetta “versione di Marienbad” – l’eroe pronunciava dopo «... bin Lohengrin genannt», al termine della celebre narrazione nel III atto. Quelle parole, che nella versione originaria coincidono con i versi (poi espunti) da «Nun höret noch, wie ich zu euch gekommen...» a «... woihr in Gott mich alle landen saht»,21 avrebbero “spiegato” in qualche misura l’arcano. Perciò l’autocensura di Lohengrin, nella versione testuale definitiva, non significa: «Non lo dico poiché non lo voglio dire». Significa: «Non lo dico, poiché è impossibile dirlo». C’è infine un argomento decisivo che mostra come Lohengrin sia, nella concezione e nel clima poetico, qualcosa di nuovo rispetto ai drammi wagneriani precedenti, e come si leghi a Tristan und Isolde e a Parsifal.

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6. Dove si assegna un territorio alla poesia, tra la storia d’Europa e i segreti di famiglia Con Lohengrin, per la prima volta Wagner attinge alla tradizione del “romance” brètone in lingua oitanica e in medio alto tedesco. Percorrendo il ciclo brètone, entriamo nel dominio della poesia più alta fra tutte. L’altezza, la sottigliezza dell’aria, l’aroma , il colore, sono quelli dei poemi omerici, di Dante, di Cavalcanti, dei lirici eolici, di Lucrez i o, dei sonetti di Shakespeare, di Hölderlin. Siamo “über allen Gipfeln”. Il territorio immediatamente confinante con queste vette eccelse non può essere la Storia, con la sua “realtà di fatto” e le sue mediocrità sempre privilegiate e vincenti. Non può essere il mito, sopramondo in cui dimorano le forme simboliche e gli archetipi, poiché il “romance” brètone ha pur sempre colori e profumi terrestri. Quel territorio è la leggenda, che a sua volta confina con la Storia, e così tra “romance” e Storia esiste una mediazione che è anche vaso di comunicazione. In libri magistrali come From Ritual to Romance (1920) di Jessie L. Weston o Antiker Mythos und Mittelalter (1967) di Margarete Riemschneider22 c’è il riconoscimento, talora latente, di una centralità della leggenda rispetto ai miti e alle narrazioni storiche, rispetto ai romanzi moderni e secolarizzati e alle grandi allegorie, nel processo di formazione della coscienza europea. Nel lascito wagneriano la materia leggendaria non è tanto un centro quanto un approdo. Essa dimora di preferenza non in opere di fase intermedia, ma in lavori conclusivi, che aprono nuove vie o ne chiudono altre (quest’ultimo è il caso di Der fliegende Holländer, opera-novità senza alcun seguito). Dunque, rimescoliamo di nuovo il catalogo, a rischio di logorarlo e di consumarlo. Die Feen è una “Märchenoper”, è fiaba e non leggenda. Rienzi, Tannhäuser, Die Meistersinger sono trame cariche di storicità, indipendentemente dalla cosiddetta “verità (???) storica”. Der fliegende Holländer, ecco, esso sì che è leggenda, anche se l’archetipo dell’Ebreo errante si associa ai romanzi inglesi di navigazione come il famoso The Ghost Ship di Frederick Marryat. La materia brètone, destinata a raggiungere i vertici assoluti dell’arte nella maturità di Wagner, appare in Lohengrin come assoluta novità. E qui, un’osservazione carica di rimpianto: il nostro. Dei tre cicli fondamentali del romanzo cavalleresco brètone, l’arturiano, il tristaniano e quello della queste du Gral, Wagner scelse gli ultimi due tralasciando il primo. Per la cronaca: lo sfortunato Robert Schumann, fra i suoi abortiti progetti teatrali, proprio nel 1845 meditò tra gennaio e novembre di scrivere un König Artus, dopo avere letto König Artus und seine Tafelrunde di August Bürck, e ne sollecitò il libretto a Julius Hammer. Non se ne fece nulla. Di conseguenza, nessuno fra i sommi compositori tedeschi donò la propria musica al ciclo arturiano, che a una drammaturgia musicale si presta splendidamente. Diciamo questo con tutto il rispetto per Le Roi Arthus di Chausson e per i due Merlin di Goldmark e di Albéniz. E Lohengrin? Nella poesia europea, il cavaliere del cigno appare per la prima volta nelle ultime pagine del Parzival (1200-1210) di Wolfram von Eschenbach (circa 11701220); ritorna in Der jüngere Titurel, un altro poema attribuito a Wolfram ma probabilmente di Albert von Schaffenburg. Più tardo è un poema epico franco-vallone della seconda metà del secolo XIII, Le chevalier au cygne. Esiste un “topos” fiabesco: una suocera malvagia e di sangue regale trasforma in cigno, per incantesimo, una nuora a lei invisa. Le leggenda del cavaliere del cigno nasce in un ambiente ibrido nella geografia e nella lingua: le valli della Schelda, della Mosa e del Reno, le Fiandre e la Lotaringia (Lothringen, Lorena), fantasticamente descritte in “mittelhochdeutsch” (la lingua letteraria di

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Wolfram) o in “langue d’oïl”. Il nome del cavaliere, identificato come figlio di Parsifal, appare in varie forme: Loherangrin, Lohengarin, Lorangrime, e forse deriva da “Loherens Garin” ossia “Garin di Lorena”. Garin, a sua volta, avrebbe in sé una traccia del semidio celtico Grannus. Nell’ultima parte del poema di Wolfram, Parzival, re-custode del Gral, lascia al figlio Kardeiz (Kardeiss) il governo del reame di Brobarz, e insieme con l’altro figlio, Loherangrin, la cui madre è Condwiramurs (Kondwiramuir, Kundry [?]), gli affida il compito di comandare l’apparato militare dei cavalieri istituito nella rocca di Monsalvat (Munsalväsche) per servire il Gral. Il nome del tempio è una crux interpretativa: ne parleremo alla fine. Nel poema drammatico di Wagner si compie una complessa contaminatio di varie fonti. C’è un personaggio storico, il re sassone Enrico I “l’Uccellatore”, della casa dei Ludolfingi, re di Germania (919-936), fondatore della casa imperiale di Sassonia e padre dell’imperatore Ottone I. Come re di tutti i tedeschi, Enrico sconfisse gli Ungari invasori a Merseburg nel 933. A Enrico I seguirono suo figlio Ottone I, 936-973, sacro romano imperatore dal 962 al 973, e poi, sempre di padre in figlio, Ottone II, 973-983, Ottone III, 983-1002 , e infine Enrico II “il Santo”, 1002-1024, pronipote collaterale di Enrico I. La dinastia sassone, dopo avere detenuto il potere imperiale per sessantadue anni, cedette il trono alla dinastia di Franconia, inaugurata da Corrado II. Nella trama di Lohengrin, Enrico I vuol essere giusto giudice in un territorio vassallo, il Brabante. Il giovane duca Gottfried (vagamente storico: Gottfried I, 959-964, oppure suo figlio Gottfried II, 964-976) è scomparso. Sua sorella Elsa è accusata di averlo assassinato per brama di potere. Gli implacabili accusatori sono il conte Friedrich von Telramund e sua moglie Ortrud. Questi due hanno tenuissima consistenza storica, e il loro terreno di nascita è la leggenda, se non direttamente l’invenzione letteraria. Abbiamo fatto cenno delle fonti medievali in cui prende forma la leggenda di Lohengrin. Già sappiamo che la più importante è un poema scritto a metà del secolo XII da un autore non individuabile e indicato come “il monaco di Saint-Trond”. Ne deriva un poema redatto alla fine del secolo XII, La chanson du chevalier au cygne et de Godefroi de Bouillon, nel quale si tenta un’improbabilissima identificazione tra il giovane duca Gottfried fratello di Elsa e il vittorioso condottiero della prima Crociata, poi sviluppata in un “romance”, sempre anonimo, del secolo XIII, Le chevalier au cygne et Godefroi de Bouillon. Sempre del tardo secolo XII è La naissance du chevalier au cygne ou Les enfants changés en cygne. Ebbene, Telramund appare soltanto in una fonte marginale, un anonimo Lohengrin (fine del secolo XIII) di autore bavarese, con un’introduzione di anonimo turingo: di lui si parla come di uomo non spregevole, anzi, temerario, e gli è attribuita un’impresa degna di Siegfried: l’uccisione di un drago. Ortrud, nel dramma wagneriano, è figlia del principe Radbod di Frisia (v. 57, là dove Telramund la presenta al re come propria moglie). La casa di Radbod dominava un tempo il Brabante; poi perdette il potere, e i suoi eredi dovettero accontentarsi del rango di cortigiani. Ortrud cova un tenebroso desiderio di vendetta e di rivincita, e sposando Telramund, anch’egli consumato dal fuoco dell’ambizione ma con un suo nobile senso dell’onore e della giustizia, spera di far di lui lo strumento delle proprie trame infernali. L’aggettivo non è enfatico. Ortrud pratica la magia nera e la stregoneria: è lei che ha tramutato Gottfried in cigno, sognando di sbarazzarsi in un colpo solo di lui, duca legittimo, e della sorella Elsa accusata di fratricidio. Il padre di Ortrud, il principe Radbod, secondo una leggenda raccolta anche dai fratelli Grimm (Deuts che Sagen, n. 451), aveva rifiutato il battesimo poiché i suoi avi, l e cui doti demoniache egli conosceva bene, non potevano trovarsi nel paradiso di Cri-

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Charles Bianchini. Figurini per Lohengrin, Parigi, 1891 (Parigi, Musée et Bibliothèque de l’Opéra); da Martine Kahane, Nicole Wild, Wagner et la France, catalogo della mostra, Parigi, 1983. Dame e Nobili

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sto. In una scena di Lohengrin nella quale Wagner dà prova di eccellenti qualità drammaturgiche (atto II, vv. 370-411) si svolge un concitato dialogo tra i coniugi. Telramund accusa Ortrud di essere la causa della sua rovina politica e sociale: di averlo indotto ad accusare un’innocente, di averlo spinto al duello con l’argenteo e misterioso salvatore di Elsa, di averlo così votato alla sconfitta in seguito alla quale egli ha perduto la spada e l’onore. « Tu mi hai mentito!», grida Telramund a Ortrud: «Hat nicht durch sein Gericht / Gott mich dafür geschlagen?» («Non mi ha forse Dio, per questo, colpito con il Suo giudizio?») . Ortrud sibila, con terribile sarcasmo: « Dio?». E Telramund: «Orrore! Come suona spaventoso, quel nome, nella tua bocca!». Ortrud ribatte: «Ah! Tu chiami “Dio” la tua viltà?». Una scena da brivido. Si aggiunga che “ Ortrud” è l’unico nome non trovato da Wagner nelle fonti medievali; nel poema turingo-bavarese, da lui ampiamente utilizzato, il ruolo che sarà di Ortrud è attribuito a una duchessa di Cleve. é evidente un modello che si offre a Wagner dalla tradizione dell’opera tedesca: la malvagia Eglantine in Euryanthe di Carl Maria von Weber. Ma Ortrud ne accentua la vocazione al Male. In realtà, l’origine di Ortrud resta in gran parte misteriosa, ed è giusto che tale sia. Forse non è strumento d’inferno, ma dèmone infernale ella stessa. Mistero dei misteri è l’insondabile arcano del Gral. Il nome del sacro calice ha un’etimologia controversa cui corrisponde una discussa grafia. La parola “Gral” potrebbe derivare dal latino gradale (neutro singolare), oggetto cui ci si avvicina per gradi (con allusione alla leggenda secondo cui la coppa sarebbe passata gradatim dalle mani di Giuseppe di Arimatea a quelle di altri custodi, prima di giungere nel tempio a pianta circolare, come l’eternità, diverso dal Château merveille di Klingsor che ha pianta quadrata costituita da linee rette come il tempo); in questo caso si giustificherebbe la grafia “Graal”. Potrebbe derivare, invece, dal francese antico “sang-réal”, sangue di Cristo re, da cui “san gral”, il santo Gral (con una sola “a”).23

7. Ritorna la contesa dell’oro e dell’argento La leggenda di Lohengrin è fortemente connotata dall’ambito culturale in cui fiorì la sua tradizione poetica: la civiltà cavalleresca e feudale. Una più forte connotazione le viene dal clima poetico brètone, che ha colori e risonanze inconfondibili e non assimilabili ad altro. Quella leggenda, nelle mani di Wagner, si trasforma in poesia universale, e non “malgrado” il suo fascino tipicamente brètone, ma grazie ad esso. La poesia brètone è, nell’Occidente cristiano, quella che meglio rappresenta l’idea occidentale di amore e nobiltà, secondo l’indagine svolta da Denis de Rougemont nel saggio L’amour et l’Occident (1938). Come tale, riesce a condensarsi in simboli nei quali la civiltà d’Occidente può riconoscersi senza circoscriversi in un tempo delimitato e in uno spazio esclusivo. Come osserva Nike Wagner nel suo Wagner Theater,24 l’elemento storico è in Lohengrin marginale, e si limita a suggerire una scenografia: squilli di trombe, araldi, castelli, legami feudali. Più importante è il colore. In proposito, Friedrich Nietzsche attribuì alla musica di Lohengrin un colore azzurro (“blaue Musik”), variato da Thomas Mann in azzurro-argento (“blau-silberne Musik”). Questo ci riconduce al simbolo della “Sehnsucht” romantica tedesca individuato da Novalis: “die blaue Blume”, il fiore azzurro di Heinrich von Ofterdingen. Le categorie universali e atemporali si sprofondano nel mistero della psiche (il sogno di Elsa, l’inconoscibilità del nome) o si librano verso l’infinito: il luogo remoto da cui giunge il cavaliere del cigno, e al qua-

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Interpreti di Lohengrin a Parigi, Opéra, 1891; da Henri de Curzon, L’oeuvre de Richard Wagner à Paris et ses interprètes, Paris, (1914). A sinistra: Rose Caron nella parte di Elsa nell’atto I; a destra: Ernest Van Dyck interprete di Lohengrin.

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le egli ritorna perdendosi nel nulla. Il nulla, ha scritto Ernst Jünger, è di colore azzurro. O azzurro-argento? Questi colori e i contorni sottili fanno di Lohengrin una figura appartata. Nella tradizione brètone, Artù e Parsifal, Tristano e Galvano, Ginevra e Isolda, Lancillotto e Merlino vivono di una vita multiforme e cangiante, sono onnipresenti. Lohengrin vive nella penombra: compare in secondo piano, così come fra i metalli preziosi l’argento è secondo all’oro. È argenteo in più d’un significato. Lo è nelle sembianze: la sua apparizione, nel sogno di Elsa come nella realtà in pieno giorno, è splendente, balenante di luce bianca, sfolgorante di candore.A parte il corno aureo, egli si presenta, come scrive Wagner nella didascalia che accompagna l’apparizione, in una splendente armatura d’argento (“in glänzender Silber-Rüstung”). Rispetto al caldo e sensuale oro, l’argento di Lohengrin è innocente, disciplinato e casto, ma non estraneo all’innamoramento: simboleggia un candido e idealizzato eros. Il colore del cigno, bianco come neve, si adatta a quello splendore. Ma Lohengrin è argenteo anche in un altro senso. Nella letteratura, l’epos, la tragedia e la fiaba appartengono all’età dell’oro; la leggenda, la commedia e il romanzo all’età argentea, cioè a quella in cui la riflessione e l’elaborazione si sostituiscono all’irruzione dell’elementare. Nella poesia che ha dato vita al mondo nibelungico e alla saga germanica, gli antichi poemi nordici che costituiscono la redazione arcaica dell’Edda norrena sono la fase aurea. Il Nibelungenlied del XIII secolo, in “mittelhochdeutsch”, è la fase argentea. La Frithjofs-Sage di Esaias Tegnér, amatissima da Richard Wagner nella sua fanciullezza, è la fase ferrea, così come all’età di ferro appartiene il frammento wagneriano Die Hochzeit scritto da un Wagner ancora adolescente: scenari gotici, torrioni di cartapesta, truculenza di maniera. Il Wagner maturo, prendendo in mano quella materia poetica, l a riconduce all’elementare energia delle origini, anzi, va al di là delle origini: tocca la filologia di Simrock e le figure dei libri illustrati e le fa ridiventare epos, le trasforma in oro puro e in diamante. Lohengrin è figura poeticamente universale, ma non diventa un archetipo; la sua forza non è elementare, bens“ penetrante e seducente con i suoi colori di cose remote e sognate. Come i fantasmi, è visibile per prodigio, ma non dobbiamo toccarlo. Potrebbe infrangerci, poiché il mondo cosiddetto reale è troppo fragile per un fantasma.

8. Kolophon Memorabile, anche per gli avversari di Wagner, la “Uraufführung” diretta da Liszt mercoled“ 28 agosto 1850. Il Teatro Granducale di Weimar riprese l’opera nella primavera successiva. L’11 aprile 1851 ebbe luogo la quarta rappresentazione di quel nuovo ciclo. Il giorno dopo apparve sulla “Illustrirte Zeitung” la traduzione di un amplissimo articolo-saggio di Liszt (scritto originariamente in francese) su Lohengrin, curata da Karl Ritter e Hans von Bülow e con revisione definitiva dello stesso Wagner, contumace e condannato a morte, ma sempre onnipresente in ispirito. Il saggio lisztiano illuminò di luce gloriosa l’esule autore. Ma una doccia fredda venne dal cielo dopo la quinta rappresentazione (11 maggio 1851). Il rinomato filologo antichista Adolf Stahr, la cui dottrina non aveva l’uguale nella conoscenza dei testi classici e medievali, e per giunta uomo di raffinata sensibilità artistica, scrisse alcune osservazioni in forma di lettera, pubblicate da vari giornali, in cui esprimeva apprezzamento, ma anche alcune riserve che dispiacquero a Wagner più di quanto gli piacesse il consenso di Stahr. Il noccio-

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lo delle perplessità avanzate dal filologo riguardava l’ambiguità pagano-cristiana dell’amore tra Lohengrin ed Elsa e della stessa confraternita cavalleresca del Gral, “sacro tempio” la cui forma e la cui pianta architettonica sono “elleniche” e “indiane”, insomma “ariane” in quanto circolari (la circolarità è una forma simbolica cara alla filosofia ellenica e ai miti dell’eterno ritorno), mentre Château Merveille, il palazzo incantato e diabolico di Klingsor, ha come fondamento figurale della sua pianta quadrata la Croce. Paradossale, vero? Liszt, fermamente cattolico, difese Wagner e la cristianità di Lohengrin. Wagner, in una lettera del 23 agosto 1851 a Liszt, fu lapidario: Tu hai capito rettamente Lohengrin; non così Stahr. Io ritiro ciò che avevo detto, cioè di essere d’accordo con il suo giudizio [in realtà, Wagner era stato tutt’altro che d’accordo... N.d.R.], che ritengo troppo affrettato e intempestivo.25

Ripercorrendo l’episodio, crediamo di essere nel giusto affermando che Wagner avrebbe dovuto fare proprie le considerazioni di Stahr: il vero punto di forza, poetico e filosofico, di Lohengrin è la sua ambiguità e la sua insanabile estraneità all’ortodossia cristiana. Questa è, probabilmente, la causa primaria di molte reticenze mantenute da Wagner a proposito di quest’opera argentea. Almeno, delle reticenze di natura etico-religiosa. Nello scritto esegetico Der Vorspiel zu “Lohengrin” (1853), con il quale volle spiegare i significati del preludio all’atto I e le categorie estetiche cui esso si sposa, il contrasto autentico non è tra «eine Welt des Hasses», tra un mondo di odio e di cupidigia, e l’amore che da esso pare scomparso,26 bensì tra le tenebre e la luce in senso non traslato e tanto meno traslato quanto più potente è l’emozione del suono, degli squilli in La maggiore dei violini (anche l’ossimoro organologico e timbrico dovrebbe darci ragione). Esempio 2

Il contrasto è tra i colori non meno che tra i suoni: tra il rosso dei drappi araldici e l’argento della guerra vera, della battaglia eroica, della purezza visiva e uditiva. In tutto il lascito wagneriano (e in tutta la cultura d’Occidente, e in ogni civiltà di esseri pensanti) gli enunciati di natura etica sono irrilevanti, subito vanificati dall’affermarsi di forze elementari. Ciò che conta, ciò che spinge il destino verso l’entelechia, sono i moventi di natura estetica: quelli (per intenderci sul significato di “estetica”) rivendicati dai sensi intelligenti, supremi organi di conoscenza, cui le forze elementari indicano la direzione. Tutto questo, nel poema drammatico il cui protagonista è un eroe cristiano che ritorna là dove si custodisce il calice di Cristo, allontana Lohengrin, eroe bianco e argenteo, dalle sue stesse parole (“Im fernen Land...”) e lo avvicina alla sfera misteriosa in cui l’energia demònica della musica è in attesa di eventi a lungo desiderati.

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Felice Vinci, Omero nel Baltico. Saggio sulla geografia omerica, Palombi, Roma, 2002. Inni omerici, a cura di Filippo Càssola, Fondazione Lorenzo Valla, Mondadori, Milano, 1975, pp. 380-381. 3 Apollonio Rodio, Argonautiche, IV, 869. 4 Devo alla principessa Costanza Tasca di Camporeale l’eccezionale ed esclusivo favore che mi ha reso possibili la visita e la conoscenza diretta di rari manoscritti wagneriani. A lei tutta la mia gratitudine. 5 Cfr. Hans Biedermann, Knallrs Lexikon der Symbole, Droemersche Verlagsanstalt Th. Knaur & Nachfolger, München,1989; ed. it. a cura di Lucio Felici, Paola Locatelli, Bruno Nacci, Giampiero Moretti, Luciana Da Col, Stefano Sibella, Giovanna Marchesi, Fernando Scala, Michele Calzona, Gino Blasi, Enciclopedia dei simboli, Garzanti, Milano, 1991, 19992, p. 120. 6 Georg August Böckler, Ars Heraldica. Das ist: Hoch-edle Teutsche Adels-Kunst, Nürnberg, 1688, rist. anast., Graz, 1971; cit. in Hans Biedermann, Enciclopedia dei simboli, cit., p. 121. 7 Lothar Windsperger, Das Buch der Motive aus Opern und Musikdramen Richard Wagners, 2 voll., Schott, Mainz, s.a. [ma ca. 1966], voI. I, p. 30. 8 Dal saggio (datato 8 aprile 1861) di Charles Baudelaire, Richard Wagner et “Tannhäuser” à Paris, E. Dentu, Paris, 1861; in Charles Baudelaire, (Ellvres complètes, par Claude Pichois, voI. II, Gallimard, Paris, 1976, pp. 779-815. Il passo da noi citato è a p. 798. 9 È quasi superfluo rammentare, essendo questione notissima, che il termine “Leitmotiv” non fu usato da Richard Wagner (che preferiva parlare di “Leitfaden”, filo conduttore, per indicare un’idea che si era “dipanata” da lui), bensì in origine da Friedrich Wilhelm Jahns (1809-1888) nel suo catalogo delle opere di Carl Maria von Weber. Fu poi ripreso da Hans Paul von Wolzogen (1848-1938), pontifex maximus del culto wagneriano a Bayreuth, che però, nel titolo del suo catalogo di temi e motivi del Ring (1876), usò le parole “thematischer Leitfaden”. 10 Claude Debussy, Vendredi saint. La Neuvième Symphonie, nella “Revue blanche”, 1° maggio 1901; poi in Claude Debussy, Monsieur Croche et autres écrits, par François Lesure, Gallimard, Paris, 1971, p. 37. 11 Marcel Proust, La prisonnière (v. À la recherche du temps perdu, par Pierre Clarac et André Ferré, voI. III, Gallimard, Paris, 1954, p. 162). 12 Carl Dahlhaus, Richard Wagners Musikdramen, Friedrich Verlag, Velbert, 1971; n. ed., Atlantis Verlag, Zürich,1985. 13 Per amore di esattezza, ricordiamo che «otro tablero de negras noches y de blancos dias» è una bellissima postilla poetica di Jorge Luis Borges (nella poesia Ajedrez) alla quartina di Ornar. 14 Richard Wagner, Ein Brief an Hector Berlioz, in “Journal des débats” (in traduzione francese), 22 febbraio 1860; l’originale tedesco apparve in “Neue Zeitschrift für Musik”, 2 marzo 1860. La lettera fu poi riprodotta nella prima edizione delle Gesammelte Schriften und Dichtungen curata dallo stesso Richard Wagner (10 volumi, E. W. Fritzsch, Leipzig, 1880-83),voI.VII, pp. 82-86; recentemente in Richard Wagner, Dichtungen und Schriften (Jubilaumsausgabe), hrsg. von Dieter Borchmeyer, voI. VIII, Insel Verlag, Frankfurt am Main, 1983, p. 40. 15 Cfr. Ernest Newman, Wagner Nights, The Sodley Head, London, 1949; trad. it. di Daniele Spini, Le opere di Wagner, Mondadori, Milano, 1981, pp. 118-186; v. anche Greg King, The Mad King, Carol Publishing Group, New York,1996; trad. it. di Joan Peregalli e Claudia Pierrottet, Ludwig, genio e follia di un re, Mondadori, Milano, 1998, pp. 85-86. 16 Franco Abbiati, Giuseppe Verdi, voI. III, Ricordi, Milano, 1959, pp. 508-511. Cfr. William Weaver, Verdi, immagini e documenti, ed. il. a cura di Luigi Ferrari, Secocci, Firenze, 1980, p. 236. 17 Edgar Istel, Die Blütezeit der musikalischen Romantik in Deutschland, Teubner, Leipzig, 1909, p. 145; Ernst Kurth, Romantische Harmonik und ihre Krise in Wagners “Tristan”, Max Hesses Verlag, Serlin, 19232 pp. 72-73. 18 Robert Schumann, Tagebücher, hrsg. von Gerd Nauhaus, voI. Il,VES Deutscher Verlag für Musik, Leipzig, 1987, p. 257; cfr. Quirino Principe, Il teatro d’opera tedesco, 1830-1918, L’Epos, Palermo, 2004, pp. 336-337. 19 Edito in: Richard Wagner, Gesammelte Schriften, cit., vol.V, pp. 179-181; poi in Richard Wagner, Dichtun gen und Schriften, hrsg. von Dieter Sorchmeyer (Jubilaumsausgabe), cit., voI. II, pp. 201-203. 20 Dieter David Scholz, Richard Wagners Antisemitismus, Parthas Verlag, Serlin, 2000, in particolare pp. 89-107. 21 Questi e altri Lohengrin-Fragmente si leggono in Richard Wagner, Dichtungen und Schriften, hrsg. con Dieter Sorchmeyer (Jubilaumsausgabe), cit., voI. II, pp. 199-200. 22 Edizioni italiane: Margarete Riemschneider, Miti pagani e miti cristiani, trad. it. di Aldo Audisio, Rusconi, Milano, 1973; Jessie L. Weston, Indagine sul Santo Graal, trad. it. di Laura Forconi Ferri, Sellerio, Palermo, 1994. 23 Nominiamo la sciagurata questione relativa alla diceria su Rennes-le-Château e ai romanzi di Dan Srown (inclini a questa seconda tesi) soltanto per dire che non ne parliamo. 24 Nike Wagner, Wagner Theater, lnsel Verlag, Frankfurt am Main und Leipzig, 1998, pp. 61-88, in particolare pp. 65-70. 25 «Du hast den Lohengrin recht verstanden - nicht Stahr. lch nehme meine Zustimmung zu seinen Urtheil zurtick, - sie war tibereilt!» Si legga il saggio di Helmuth Kirchmeyer, Aus dem Dresdner Erbe:“Lohengrin” - Konflikt anno 1851, in “Bayreuther Festspiele”, 1987, 1, Programmheft 1 (Lohengrin), pp. 4-14. 26 Richard Wagner, Dichtungen und Schriften, hrsg. von Dieter Sorchmeyer (“JubiHiumsedition”), Insel Verlag, Frankfurt am Main, 1983, voI. II, p. 201. 1 2

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La condanna a morte di Wagner [...] Da undici anni io resto escluso dalla possibilità di assistere alle rappresentazioni delle mie proprie opere, e temo di rimanere ancora a lungo l’unico tedesco, sì, forse l’unico, che non abbia ascoltato il mio Lohengrin. [...] (Lettera aperta di Wagner a Berlioz, apparsa in francese su “Journal des débats”, 22 febbraio 1860)

Hector Berlioz


Interpretazioni pittoriche di un mito

Henri Fantin-Latour. Il preludio del Lohengrin, 1892 (Grenoble, MusĂŠe de Grenoble).


Théobald Chartran. Lohengrin e il cigno. Bozzetto, 1892 (Parigi, Musée et Bibliothèque de l’Opéra); da Martine Kahane, Nicole Wild, Wagner et la France, catalogo della mostra, Parigi, 1983.


Henri de Groux. Lohengrin, 1908; da Martine Kahane, Nicole Wild, Wagner et la France, catalogo della mostra, Parigi, 1983.


Ferdinand Leeke. Lohengrin vince in duello Telramund. Tavola illustrata; da Calendrier Wagner 1914 (raccolta privata).


Anonimo. Lohengrin. Particolare da una oleografia ottocentesca; da J. Mota, M. Infiesta, Das Werk Richard Wagners im Spiegel der Kunst, T端bingen, 1995.


August von Heckel. L’arrivo di Lohengrin nella navicella condotta da un cigno. Dipinto commissionato da Ludwig II per la sala da pranzo del castello di Neuschwanstein (particolare).


Adolfo Magrini. Il duello tra Lohengrin e Telramund. Silografia; da Gualtiero Petrucci, Manuale wagneriano, Milano, 1911.


Franz Stassen. L’addio di Lohengrin. Incisione colorata, 1902 (raccolta privata).


Lohengrin: l’Heldentenor Giancarlo Landini*

1. I molti volti dell’Heldentenor Per un caso curioso nella nostra lingua il toponimo Reno indica il grande fiume sacro al popolo tedesco e un corso d’acqua, meno maestoso, che bagna Bologna. Lì il 1° novembre 1871, al Teatro Comunale avvenne la prima italiana del Lohengrin. Fu un avvenimento epocale, destinato a scatenare guerre e crisi: lo scontro tra sostenitori della tradizione e della musica dell'avvenire; la perplessità di Giuseppe Verdi, che assistette ad una recita e chiosò uno spartito dell’opera, oggi conservato a Sant’Agata1. Più di un anno dopo, il 20 marzo 1873, il Cavaliere del Cigno arrivò anche alla Scala e con lui l’Heldentenor. Con questo termine si indica nella lingua tedesca il tenore eroico. Held infatti significa eroe. Già nel Rienzi der Letzte der Tribunen Wagner aveva utilizzato un Heldentenor per la parte del protagonista, ma solo nel Tannhäuser il nuovo tipo di tenore può dirsi compiuto e proprio per questo pronto ad essere ridisegnato, rivisto, corretto, modificato, come accade con Lohengrin, Siegmund e Siegfried, Tristan, Walter e Parsifal. Pur presentando aspetti comuni, la vocalità dell’Heldentenor varia in termini di tessitura e più in generale di modellatura della frase. Un eroico lirismo caratterizza la vocalità di Lohengrin. Il canto di Tannhäuser è segnato invece

* Giancarlo Landini (1953) è musicologo e critico musicale. Si occupa principalmente di vocalità sia del passato che del presente. Critico per L’opera dal 1990, è autore di saggi e volumi sul canto e i cantanti. In particolare ha curato monografie su Alfredo Kraus, Piero Cappuccilli e Franco Corelli. È coautore di Casa Sonzogno (1995), storia della celebre casa editrice.

Ludwig Schnorr von Carolsfeld, il primo Tristan, fotografia; da Robert Bory, La vie et l’oeuvre de Richard Wagner par l’image, Genève, 1938.

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da un cocente erotismo, specie nel dialogo con Venus o nei passi più incandescenti, ad esempio ‘O Wolfram, der du also sangest’, della gara dei cantori nella Sängerhalle della Wartburg. Lo slancio poetico di Walther ben si addice alla commedia, al rango e all’età del giovane cavaliere. Non mancano scarti evidenti in uno stesso personaggio, come accade tra il Siegfried dell’opera omonima e quello della Götterdämmerung. La forgiatura della spada nel I Atto del Siegfried vuole squillo ed impeto selvaggio, mentre la morte dell’eroe nel III Atto della Götterdämmerung richiede una voce baritonale. Le esigenze artistiche comportano precise tecniche dovute ad una scrittura simile, ma non eguale. Perciò è difficile trovare un Heldentenor che le soddisfi tutte. Spesso chi canta Siegmund non affronta Siegfried e non sempre il Siegfried della seconda giornata del Ring può essere quello dell’ultima. Tristan dimostra fino a quale punto di rottura possa spingersi la vocalità di Wagner e Italo Campanini, primo Lohengrin a Bologna, come i tenori dell’Ottocento che vi si cimentaro- alla Scala e al Metropolitan di New York. Fotografia no, benché abituati al repertorio di forza, si tro- (Milano, Museo Teatrale alla Scala). varono davanti ad ostacoli mai affrontati e, apparentemente, insormontabili. Il caso limite è rappresentato dalla vicenda del primo Tristan che, per lo sforzo di essere all’altezza di una scrittura sistematicamente votata alla melodia infinita, finì per compromettere una salute già minata e morire subito dopo il varo del Tristan und Isolde nel 1865 al Königlisches Hof- und National-Theater di Monaco di Baviera. Eppure Ludwig Schnorr von Carolsfeld, all’epoca ventinovenne, aveva già alle spalle una bella carriera da professionista.

2. Origini e natura dell’Heldentenor Il primo germe dell’Heldentenor si può ravvisare nella scena XV del I Atto della Zauberflöte di Mozart. Svestiti i panni dell’amoroso e abbandonato il canto flessibile che caratterizza la “Bildnis Arie”, Tamino, attaccando “Die Weisheitslehre dieser Knaben”, si esprime con un declamato forte e virile. Senza cedere allo sciovinismo della scuola storica, che vi ravvisa la

Aureliano Pertile, Lohengrin scaligero per antonomasia nel periodo compreso tra le due guerre. Da: Lohengrin, Avant-scène Opéra, 1992.

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nascita dell’opera tedesca, è legittimo vedervi un primo esempio di quel Recitativo drammatico che sarà poi alla base del canto wagneriano. Esso prende le mosse dalla vocalità gluckiana che Wagner conobbe ed ammirò2. Non dimentichiamo che, mentre era intento alla composizione del Lohengrin, si trovò impegnato a rimaneggiare l’Iphigénie en Aulide. Anni dopo osservò che nelle scene migliori della produzione gluckiana il Recitativo acquista un significato ritmico-melodico e, fondendosi con l’Aria, genera appunto la melodia infinita che sta alla base del melos wagneriano e della vocalità dell’Heldentenor3. Tra i modelli annoveriamo anche il Max del Freischütz e l’Adolar dell’Euryanthe: ambedue si esprimono con un canto robusto e brillante, adatto ad un Heldentenor. Ma il giudizio di Wagner sulla natura della melodia di Carl Maria von Weber Paul Nadar, Jean de Rezské, qui fotografato nel ruolo di Siegfried, fu anche un celebre interprete di ci rende guardinghi dallo stabilire facili acLohengrin; da Henri de Curzon, L’oeuvre de Richard costamenti e ci permette di comprendere Wagner à Paris et ses interprètes, Paris, (1914). meglio le caratteristiche dell’Heldentenor. In Oper und Drama Wagner afferma che la decadenza del dramma in musica, ridotto ormai ad un genere discutibile, identificato con il termine ‘opera’, deriva proprio dall’errata soluzione del rapporto tra poesia e musica. La maldestra prosodia musicale ha effetti nefasti sul canto. Per questo la condizione dei cantanti della sua patria è deplorevole: sono costretti ad eseguire opere tedesche, basate su di una versificazione goffa, e un diluvio di partiture del repertorio italo-francese tradotte in malo modo. Il tenore, con la sua voce acuta e squillante, è l’icona stessa del Romanticismo. Wagner lo mette al centro dei suoi drammi, ma a quello del grand-opéra contrappone l’Heldentenor. Robert, Raoul e Jean de Leyde, protagonisti di Robert le Diable, Les Huguenots, Le prophète di Giacomo Meyerbeer usano una vocalità condita da mille effetti: acuti e sovracuti, di petto, in falsetto e in falsettone, insistite mezzevoci, lunghe corone, abbellimenti di ogni sorta per la gioia dei melomani. L’Heldentenor fa giustizia di ogni vacuo artificio grazie ad un canto schietto e sincero che non rinun-

Foto Piccaluga. Mario Del Monaco, nel 1957 interprete di Lohengrin dell’ultima edizione scaligera in italiano. 182


cia al registro acuto, ma ne limita l’uso. Evita gli inutili abbellimenti tranne qualche gruppetto, per dare alla linea una più morbida curvatura. Wagner cerca il dramma e crea per Lohengrin una vocalità di aristocratica bellezza. Lohengrin, come gli altri personaggi affidati all’Heldentenor, trae la sua natura eroica dal rapporto che si stabilisce tra la musica e la parola. Ricava la sua espressività dal recuperato legame tra la nota e la sillaba, nella quale la consonante riveste una funzione fondamentale. 3. L’equivoco del Lohengrin all’italiana In questa prospettiva si comprende il limite del Lohengrin dei tenori italiani o all’italiana. Non vi è dubbio che nel 1871 e nel 1873 Wagner in Italia potesse essere proposto solo in una versione con testo tradotto. Né si può nascondere che il Cavaliere del Cigno si avvantaggiò del fascino possente di magnifiche voci attratte da questo personaggio magico che offriva ad un tenore favolose occasioni, per destare l'ammirazione del pubblico 4 . Tale fu quella di Italo Campanini, primo Lohengrin a Bologna, alla Scala e al Met di New York, dove nella stagione d’inaugurazione, quella del 1883, Hermann Winkelmann che Wagner volle Ernst Van Dyck interprete di Lohengrin a Parigi; da Henri de Lohengrin compar- come primo Parsifal a Bayreuth nel 1882; Curzon, L’oeuvre de Richard da Robert Bory, La vie et l’oeuvre de Richard ve in cartellone, Wagner par l’image, Genève, 1938. Wagner à Paris et ses interprètes, cantato in italiano5: Paris, (1914). prova evidente della diffusione di quest'opera, certo la più popolare della produzione wagneriana6. Tra coloro che la ripresero nella sala del Piermarini va ricordato un artista mitico come Julián Gayarre o ancora un altro suo conterraneo, Francisco Viñas, su fino ad Aureliano Pertile, Lohengrin scaligero per antonomasia nel periodo compreso tra le due guerre. L’eroismo di Lohengrin sembra creato appositamente per contaminarsi con lo stile di canto italiano. La vocalità presenta momenti di intatto lirismo, a cominciare dal Saluto

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al Cigno, “Nur sei bedankt, mein lieber Schwan!” (“Mercé, mercé, cigno gentil” nella traduzione corrente), che i filatori 7, come Fernando De Lucia, trasformavano in una ghiotta occasione per sfoggiare un aereo gioco di mezzevoci. Nel dialogo con Heinrich der Vogler, il Re, e con Elsa o ancora nel duello con Telramund, la vocalità, improntata ad aristocratica fierezza, offre il destro allo sfoggio di un canto virile ed elegante che conveniva a tenori grand seigneur, come il polacco Jean De Rezske. Nel III Atto gli interpreti avevano agio di brillare nel Duetto del Brautgemach, la Camera nuziale. Mentre nel II Quadro, sulle rive della Schelda, Lohengrin risplende in tutta l’argentea bellezza propria di una creatura soprannaturale. Non si può immaginare nulla di più lontano dall’espressività franta ed accidentata di Tannhäuser. Il confronto tra il grande racconto di Lohengrin, “In fernem Land”, e quello di Tannhäuser, “Inbrust im Herzen”, Charles Dalmores nel ruolo di Lohengrin a Bayreuth; da Gisela Zeh, Das Bayreuther Bühnenkostüm, München, 1973. mostra due realtà umane, due psicologie del tutto diverse, mentre ci permette di cogliere l’arte di Wagner, che piega la voce ad esiti differenti. Al di là dei luoghi comuni e dei pregiudizi ampiamente cavalcati, Wagner conosceva profondamente la voce e il canto. Intuiva che la loro possibilità espressiva, andava oltre gli ambiti sperimentati dall’opera italiana. Non andò mai contro le regole di un corretto appoggio e di una giusta emissione, ma vincolò questi requisiti fondamentali alle necessità della poesia. Altrimenti non gli sarebbe stato possibile fare dell'Heldentenor, l’eroe purissimo, figlio di Parsifal, e il cavaliere troppo umano, che non sa liberarsi da Venus. L’approccio degli Heldentenor italiani o all’italiana era, invece, macchiato da un peccato originale: non legare il canto alla parola e ricondurlo all’effetto. A chiarire il senso della nostra riflessione ci soccorre il critico del ‘Wiener Express’, quando il 22 marzo 19668, chiosò il debutto a Stoccarda in Die Walküre di Mario Del Monaco, che, sia detto per inciso, nel 1957 è stato il Lohengrin dell’ultima edizione scaligera in italiano. La recensione del giornale tedesco coglieva il problema. Riconosceva lo splendore dei mezzi del celebre tenore e la corrispondenza tra la voce e il personaggio. Ma sottolineava la mancata realizzazione di un corretto rapporto tra suono e parola, tra nota e sillaba. Rilevava l'impossibilità dell'artista di penetrare il segreto delle consonanti, muro maestro della vocalità wagneriana.

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L’Heldentenor non rinuncia ad una forbita tecnica di canto, capace di assecondare tutte le sfumature della melodia, ma essa è dettata dalle esigenze del dramma e mai da quelle di una vocalità svincolata dalle ragioni del dramma stesso. In questa direzione si può comprendere la scelta di Cosima di voltare le spalle all’illustre marito che prediligeva un canto melodioso, non estraneo alla ricerca di un’emissione morbida, ispirata alle regole della scuola italiana di canto. Wagner apprezzò Bellini ed ebbe parole di elogio per un tenore come Giovan Battista Rubini. Istruì personalmente Hermann Winkelmann, tenore dal canto dolce e disteso che volle come primo Parsifal a Bay-

Lauritz Melchior nel ruolo di Lohengrin al Metropolitan di New York.

Wolfgang Windgassen interprete di Lohengrin a Bayreuth; da Gisela Zeh, Das Bayreuther Bühnenkostüm, München, 1973.

reuth nel 1882. Il nuovo indirizzo, invece, spinse verso un’interpretazione più plasticamente aderente alla parola. Iniziò una strada che, pur tra i mutamenti del gusto, ha scoperto l’originalità della vocalità wagneriana attraverso la lezione di una teoria gloriosa di Lohengrin dove spiccano i nomi di Erich Schmedes, Ernst van Dyck, Jacques Urlus, Charles Dalmores, Wilhelm Grüning, Fritz Vogelstrom, Lauritz Melchior, Wolfgang Windgassen, Sandor Konya9. Per giunta l'Heldentenor ha influenzato numerosi compositori ed ha avuto epigoni in repertori diversi. Nella produzione straussiana ha incarnato figure differenti, dal robusto Bacchus dell’Ariadne auf Naxos, allo stentoreo Kaiser di Die Frau ohne

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Schatten. Nel repertorio francese sono Heldentenor Sigurd e Fervaal, protagonisti delle omonime opere di Ernest Reyer e di Vincent d’Indy. È Samson nel Samson et Dalila di Camille Saint-Saëns che imita la tessitura centro-grave di Parsifal e del Siegfried della Götterdämmerung. Nella produzione italiana dell'Ottocento è Sveno dei Goti di Stefano Gobatti, singolare e bizzarro tentativo di imitare Wagner, o Giuliano di I Medici di Ruggero Leoncavallo che voleva fare di quest’opera il primo pannello di una Trilogia italiana di cui osò parlare a Wagner stesso in visita a Bologna. In quella del primo Novecento la robustezza dell’Heldentenor si è fatta sentire nel Merôdach della Semirama di Ottorino Respighi, il cui primo interprete fu Giuseppe Borgatti, l’Heldentenor di Toscanini, o nel Gösta dei Cavalieri di Ekebù di Riccardo Zandonai. Ma al di là degli epigoni, ci sembra interessante osservare che l’Heldentenor ha spinto i tenori a cercare un’espressività nuova in termini di dizione, declamazione, aderenza ad un recitar cantando più sofisticato e complesso, suggerendo nuove possibilità, insite nella voce di tenore. Non credo si possa considerare un caso che Verdi, uscito dal suo decennale silenzio, abbia creato un personaggio, Otello, la cui vocalità guarda con interesse a quella dell’Heldentenor. La riprova della legittimità dell’accostamento ci può essere offerta dagli interpreti stessi, per esempio da Giovanni Battista De Negris, che fu un Moro più profondo e meditato di quello di Francesco Tamagno, ma anche un Tannhäuser di grande valore. Se non vogliamo fermarci al passato, giova ricordare Plácido Domingo, superbo Otello, meraviglioso Heldentenor e Lohengrin di riferimento sia in teatro che in disco: l’unico esempio di tenore latino di levatura storica che canti Wagner in tedesco, ottemperando alla necessità di partire dalla lingua e caricando la melodia di un inaspettato calore (possiamo scrivere mediterraneo?). Non sarebbe dispiaciuto a Wagner stesso e (senza dubbio) Cosima lo avrebbe ammesso sulla sacra collina.

Sandor Konya, Lohengrin a Bayreuth nel 1960; da Bayreuth 1960, programma di sala.

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Abbiati, Franco, Giuseppe Verdi, Ricordi, Milano, v. III, p. 504 e sg. Mila, Massimo, Il ‘Flauto magico’ di Mozart, G. Giappichelli Editore, Torino, 1974, p. 126 e sg. 3 Il giudizio si legge in Oper und Drama, ma su Gluck e Wagner cfr. Grondona, Marco, Wagner per Gluck, in Iphigénie en Aulide, Edizioni del Teatro alla Scala, Milano, 2003, pp. 86-127. 4 Su Wagner in Italia dal 1871 al 1971 cfr. la cronologia delle rappresentazioni a cura di Carlo Marinelli Roscioni, in AA.VV., Wagner in Italia, Marsilio Editore, Venezia, 1971. 5 Può essere curioso sapere che nelle riprese delle prime stagioni al Metropolitan perdurò l’abitudine che il Coro utilizzasse materiali in italiano, anche nel contesto di esecuzioni in lingua originale. 6 Sulla popolarità del Lohengrin, ma che anche sull’equivoco del Lohengrin, opera italiana o all’italiana di Wagner, cfr. Principe, Quirino, Il teatro d’opera tedesco, 1830/1918, L’Epos, Palermo, 2004, v. II, p. 394 e sg. 7 Secondo M. García jr, il più importante didatta di canto del XIX sec., si dicono suoni filati quelli che “commencent pianissimo et reçoivent par degrés une force croissante jusqu’à la plus grande intensité, qui tombe sur la moitié precise de leur durée; puis suivant une marche retrograde le son parcourt en décroissant la même échelle jusqu’à ce qu’il achève de s’éteindre”, cfr. García, Manuel, Traité complet de l’art du chant en deux parties (a cura di Stefano Ginevra), Giancarlo Zedde Editore, Torino, 2001, p. 54. Il filato, realizzato interamente o solo nella progressione ascendente o discendente, era uno degli abbellimento più cari ai cantanti dell’Ottocento e dei primi del Novecento che lo utilizzavano a proposito e a sproposito per fare sfoggio di bravura. 8 L’interessante recensione di Karl Löbl si può leggere in Romagnolo, Elisabetta, Mario Del Monaco, Azzali Editore, Parma, 2002, pp. 630-631. 9 Sullo stile di canto dei primi Heldentenor di scuola anglosassone cfr. Scott, Michael, The Records of Singing to 1914, Emi, London, s.d., pp. 195–205. 1 2

Plácido Domingo, Lohengrin di riferimento sia in teatro che nelle incisioni discografiche. Qui all’Opera di Vienna, 1990; da Lohengrin, Avant-scène Opéra, 1992.

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Lohengrin a Bayreuth, Bayreuther Festspiele, in edizioni del Novecento. In alto: Emil Preetorius. La camera nuziale. Bozzetto dell’Atto II, 1936; da Hans Mayer, Richard Wagner in Bayreuth, München, 1976. In basso: Maria Müller nel ruolo di Elsa, 1936.


In alto: L’arrivo di Lohengrin nell’Atto I. regia e scene di Wieland Wagner, 1958. Il cigno era opera dello scultore Ewald Mataré; da Bayreuth 1958, programma di sala. In basso: Astrid Varnay nella parte di Ortrud, 1958.


A. Oglieri. Gli esecutori del Lohengrin a Bologna. Litografia, 1871 (Milano, Civica raccolta delle Stampe Achille Bertarelli). Al centro è effigiato il direttore, Angelo Mariani; intorno, da sinistra: Pietro Silenzi (Federico di Telramondo), Bianca Blume (Elsa), Italo Campanini (Lohengrin), Maria Destin (Ortruda), Giuseppe Galvani (il re Enrico), Lodovico Buti (l’Araldo).

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Al “Lohengrin” Enrico Panzacchi*

Chi l’ha visto e non se ne ricorda? La sala del Comunale di Bologna poco prima delle otto di sera si riempiva di gente sollecita, seria e quasi grave. Molti avevano sotto il braccio un grosso volume; una vera stranezza questa, nella nostra vita teatrale. Perfino le signore entravano nei loro palchetti e si assidevano sul davanti silenziose con una certa aria composta ad aspettazione solenne. Platea, scanni, poltrone, palchi, «barcacce», tutto affollato. Ognuno era già al suo posto. Gli uomini quasi tutti in falde e cravatta bianca, le signore scollate e quasi tutte elegantissime. In quei dieci minuti d’attesa la sala del Bibbiena sonava d’un ronzìo contenuto e profondo, che dava idea d’un gigantesco alveare. Sù nell’alto loggione scappava ogni tanto un brontolìo più rude, una risata, un grido. Ma era l’affare d’un momento. L’orologio del teatro segna in punto le otto; e nella sala s’è fatto subitamente un silenzio completo. Ecco: Angelo Mariani è salito al suo scanno di direttore; gira lentamente a destra e a sinistra la sua bella testa chiomata; accenna con un sorriso calmo a Camillo Casarini che dal suo palco sindacale gli risponde con un sorriso nervoso: e attacca in orchestra il preludio… Un coro di angeli cala lentamente dagli alti cieli e restituisce alla terra la Coppa miracolosa in cui il Salvatore consacrò il vino nell’ultima cena con gli Apostoli… Il sipario è già alzato. Enrico l’Uccellatore espone i motivi della sua venuta al popolo di Brabante, alle dame e ai baroni adunati sulle verdi sponde della Schelda. La giovane contessa ***, bellezza bionda, passionata e superba, è nel suo palchetto di primo ordine, a sinistra, molto verso la bocca d’opera. Guarda la scena col libretto in mano ed ha seduto in faccia un vecchio maestro di musica, tutto attento a voltare le pagine dello spartito collocato fra i due sul damasco del parapetto. Il marito non è con lei. Il marito era da un pezzo wagneriano convinto, ardente e battagliero; e si era apparecchiato a quella prima rappresentazione come ad un duello, passando sul pianoforte ogni giorno, per delle ore di seguito, lo spartito, discutendo al Club con gli amici per combattere e dissipare le prevenzioni sfavorevoli. La moglie, buona musicista anch’essa, lo seguiva in questo suo entusiasmo, ma non in tutto, com’egli avrebbe voluto. La contessa si lagnava e s’impazientiva qualche volta delle frequenti astruserie e delle * Enrico Panzacchi (1840-1904) è stato poeta, scrittore e critico d’arte e musicale. Brillante oratore e conferenziere, fu deputato e sottosegretario alla Pubblica Istruzione, collaborando con Carducci e Guerrini. Vissuto a Bologna, culla del wagnerismo italiano, ebbe massima considerazione tanto di Verdi quanto di Wagner, senza partecipare a schieramenti e tifoserie culturali. La sua ultima raccolta di liriche, pubblicata postuma, ebbe la prefazione di Giovanni Pascoli.

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lungaggini dello spartito; aveva dei dubbi, faceva le sue riserve. In conclusione, aspettava d’assistere proprio alla esecuzione compiuta della scena e capiva che solamente allora si sarebbe sentita in grado di pronunciare il suo giudizio definitivo… – Va bene, aspetta dunque d’aver sentita l’opera in teatro; ma bada di non perdere una nota. Almeno le prime sere bisognerebbe proibire le visite. Io, a buon conto, poiché non voglio né distrarre né essere distratto, ho già comprata una poltrona e sarò solo tutta la sera col mio spartìto sulle ginocchia. Difatti il conte sedeva in una poltrona verso il termine della fila, dal lato oppasto al palco della moglie. Intanto il primo atto dell’opera va innanzi. Telramondo ha finito il suo racconto calunnioso; Elsa chiamata a scolparsi dell’accusa di fratricidio, entra a passo lento tutta assorta nella sua visione e narra il sogno del suo bel campione consolatore. Il Giudizio di Dio ormai è deciso; e un araldo con voce tonante domanda se v’ha qualcuno che voglia entrare in campo per Elsa di Brabante, contro l’uomo che accusa. Dopo il primo appello, il secondo; e nessuno si presenta… L’orchestra esprime i fremiti dell’angosciosa aspettazione. Elsa, nel fervore della sua fede, lancia una preghiera a cui si uniscono, inginocchiandosi, le donne con grida e gesti supplichevoli.A un tratto una luce meravigliosa tremula dal fondo e balena sulle acque del fiume a cui tutti si voltano attoniti, estatici, atterriti, gridando al miracolo: Chi vien? Chi vien? Quale arcano portento!

Finalmente Egli giunge, ritto sulla navicella tirata dal candido cigno, e indi a poco si mostra sulla verde sponda del fiume tutto chiuso nella sua bella armatura d’argento; giunge l’invocato, l’atteso, il cavaliere del San Gral, splendido e tranquillo come una apparizione celeste! La musica saliva per tutti i gradi della potenza descrittiva e appassionante, e pareva che imprimesse una strana, una fulminea forza di ascensione all’anime degli spettatori. La sala era come piena di lampeggiamenti elettrici. Quelli del pubblico che stavano seduti si trovarono in piedi di scatto senza avvedersene; e da tutte le parti del teatro scoppiò un plauso, un grido continuato e insistente, col quale tutti, artisti e profani, wagneriani e antiwagneriani esprimevano e mescolavano nella stessa dilettosa corrente lo stupore e l’ammirazione… Angelo Mariani marcò l’ultima battuta del pezzo, crollando fieramente il capo come un leone vittorioso; poi si voltò, pallido e sorridente, a ringraziare il pubblico. Non è a dire se il conte wagneriano era rapito dalla musica e lieto del successo. Tutte le sue facoltà nuotavano come in un fluido di appagamenti deliziosi. Quel trionfo di Wagner e degli interpreti era un poco anche trionfo suo. Lo sentiva e n’era beato. – Che gioia incontrarsi dopo due ore al Club, faccia a faccia cogli increduli, coi diffidenti, cogli oppositori, e poterli confondere con la eloquenza di un semplice: ebbene?!… Quando in fondo alla scena comparve Lohengrin, gli sembrò che tutta l’anima gli si condensasse negli orecchi e negli occhi. Eppure un pensiero venne subitamente a mettersi come di traverso a quella sua attenzione così intensa; e si voltò per vedere sua moglie. Quante volte, discorrendo dell’opera o passando al pianoforte lo spartito, le aveva ripetuto: – Sentirai a questo punto! O bisogna essere dei cretini, o bisogna urlare. – Lo vinse quindi una voglia irresistibile di leggere sul volto della bella contessa le commozioni tante volte pronosticate.

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Guardò sua moglie, ma essa non guardava la scena… Strano! Non guardava nemmeno allo spartito… La contessa era sempre seduta di fronte alla bocca d’opera, ma piegava recisamente tutta la testa e la voltava in sù arrotondando un poco il collo candido e slanciato. I grandi occhi neri erano anch’essi voltati in sù e guardavano fissamente, dando a tutta la faccia l’espressione elegante e spirituale di certe teste femminili di Guido. Era pallida, immobile; salvo che il petto nettamente contornato dal corsage di velluto nero guernito di trine, si vedeva mosso da un respiro frequente e vivace… Il marito volle cogliere la direzione di quello sguardo e gli parve di verificare che andava diritto, come un filo luminoso, a finire in terz’ordine, tra il palco n. 16, e il palco n. 18. I tre palchi occupati dalla «Barcaccia» di cui egli era socio… Si sentì correre per le vene un rimescolamento sinistro. Perché, mentre duemila teste erano tutte intente verso la scena, solo la testa di sua moglie era voltata altrove?… Chi guardava? Chi poteva attrarla così, in quel momento solenne dell’opera?… Chi era più potente di Wagner, della musica, della curiosità femminile?… A chi sacrificava tutto questo, in quel punto, sua moglie?… Spinse gli occhi avidamente verso la «Barcaccia», ma per la posizione in cui era non poté vedere alcuno. Vide appena le due lenti di un binoccolo sporto un poco avanti e puntato verso il palco della contessa… Inutile pensare a collocarsi più oltre per veder meglio. Con quel po’ po’ di piena il conte si vedeva serrato nella sua poltrona come una pipa nel suo astuccio. E dové rassegnarsi ad attendere. Ma appena terminato l’atto, si precipitò nel palchetto e gittò al terz’ordine un’occhiata da falco. La «Barcaccia» era vuota. I soci, come al solito, s’erano sparsi per i palchi o si erano ritirati nella retrosala a fumare e a far commenti sullo spettacolo e sul pubblico. Allora, sempre ritto in piedi, guardò sua moglie, che, levando verso di lui la sua bella faccia stanca, gli ripeteva con voce fioca e carezzevole: – Immenso! Immenso! – E l’arrivo del Cigno? – Immenso! Il conte si morse il labbro inferiore; poi s’abbandonò a sedere vicino a lei, com’uomo stanco e sbalordito d’entusiasmo musicale. Durante il resto dell’opera, la contessa *** fu attentissima. Leggeva il libretto, riscontrava col vecchio maestro i punti più singolari della musica sullo spartito, esclamava, applaudiva. Invece il conte nella sua poltrona tutta la sera non fu più visto voltare una pagina dello spartito e guardava innanzi a sé con occhi da smemorato. Un forte armeggìo facevano i pensieri dentro il suo cervello; gli pulsavano le tempie e tratto tratto si sentiva la faccia fredda di sudore. Che era avvenuto? Sua moglie non era più quella di prima?… Dopo un primo molinello confuso d’idee, d’ipotesi e di congetture, la mente diede luogo ad un lavoro un po’ più ordinato. E cominciò la ricerca dell’uomo. Il conte passò ad uno ad uno in rassegna i suoi amici, i suoi conoscenti, gli amici e i conoscenti della moglie, le amiche, le case delle amiche, i viaggi fatti insieme, le assenze sue da Bologna... Nulla che désse presa ad un sospetto ragionevole! La contessa aveva sempre condotta una vita irreprensibile; e mai l’ombra di un sospetto era passata sopra la loro felicità.Appena ella mostrava di compiacersi degli omaggi resi alla sua bellezza; e s’anche non fosse stata virtuosa, la sua alterezza aristocratica avrebbe fatto la guardia alla sua virtù. Un tempo, quando era ragazza, s’era bisbigliato di una passioncella romantica per il figlio minore del marchese D***, un amico d’infanzia; ma furono voci vaghe e senza costrutto.

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L’amico d’infanzia da parecchi anni era andato ufficiale di marina e non s’erano quasi più visti. E poi dov’era ora l’amico d’infanzia? A Bologna no certo. Forse al Chilì!… Ad onta di tutte queste considerazioni rassicuranti, il conte aveva sempre dinanzi alla fantasia la testa e gli occhi di sua moglie voltati in sù, verso la «Barcaccia» e proprio al momento dell’arrivo del Cigno… All’uscire di teatro, l’aria fresca della notte lo riscosse un poco; e gli parve di sentirsi più tranquillo. Aiutò la contessa a salire in carrozza e le disse, ridendo, che; passava al Club, a fumare un sigaro e «a godere del suo trionfo». Quando entrò, la sala era piena di soci che parlavano a quattro, a sei alla volta, commentando lo spettacolo, disputando sull’opera e pronunciando i soliti apoftegmi musicali. Appena lo videro gli furono intorno in dieci o dodici. Qualcuno gli espresse il suo entusiasmo, qualcuno si diede per vinto, qualcuno sottilizzò in distinzioni per coprire la propria disfatta. Tutta l’anima del conte s’espandeva nel suo wagneriano trionfo. Dopo dieci minuti, egli aveva riconquistato la sua gaiezza, il suo brio, la sua formidabile parlantina di polemista musicomane... All’improvviso sente una voce: – Non mi conosci più? – Si volta, e squadra da capo a piedi un giovinotto alto con la cèra abbronzata, la barba a ventaglio, gli occhi scintillanti e assai distinto nella eleganza del suo abito da società. Era «l’amico d’infanzia!». L’amico d’infanzia che non era altrimenti al Chilì, ma invece a Napoli; che non aveva voluto mancare alla prima del Lohengrin e si proponeva finalmente di passare a casa sua un due mesi e mezzo di permesso… Le chiacchiere per Bologna dopo un mese furono molte. Si disse perfino che il conte li aveva sorpresi in flagrante ed ucciso senz’altro l’ufficiale di marina. Poi si parlò di un duello all’americana, poi di separazioni e d’altre cose simili. Finalmente un bel giorno si seppe che il conte e la contessa erano partiti insieme per un lungo viaggio. Non ritornarono che dopo due anni, in apparenza benissimo fra loro; ma fu subito notato che ognuno conduceva la vita per conto suo, il più allegramente che poteva. 17 NOVEMBRE 1882 Il Lohengrin si ridà al Comunale. Ma sono trascorsi undici anni ed è passata di molt’acqua sotto ai ponti. È morto Camillo Casarini, è morto Angiolo Mariani, è morto il giovane uffiziale di marina.Anche la nostra giovinezza è morta. Non sono ancora le otto, e il teatro è già pieno e quasi affollato come undici anni fa. Arrivano le signore, ma sono meno silenziose. La contessa *** è nel suo solito palco seduta in faccia alla bocca d’opera. Suo marito non lo vedo in palco e nemmeno nella fila delle poltrone. Molti sostengono che la contessa è ancora una bella donna, e parecchi giovinetti le fanno vistosamente la corte; ma sono trascorsi undici anni ed è passata di molta acqua sotto ai ponti... Seduto in «Barcaccia» io mi diverto a guardarla, riandando in fantasia i tempi e i casi trascorsi. Sono curioso di vedere se, all’arrivo del Cigno, la potenza di un ricordo la indurrà a voltare la testa in sù verso di noi… Ma no. Quando balena la luce nel fondo e le prime sezioni del coro cominciano a cantare: Chi vien? Chi vien? Qual arcano portento!

ella reclina la testa come gravata di sùbita stanchezza; e rimane così fino al termine dell’atto. Vi ricordate, signora, vi ricordate? (Dalle «Prose» – Ed. Zanichelli)

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Manifesto di Lohengrin  Grande Opera Romantica per la prima volta rappresentata in Italia; da Lionello Levi, Riccardo Wagner l’immortale cittadino onorario di Bologna, Il Comune di Bologna, n. 1, gennaio 1933.


Foto Monika Rittershaus


Note di regia Esseri umani alla ricerca della propria felicità Claus Guth

Nell’opera di Richard Wagner ricorre costantemente un medesimo schema: una persona o un gruppo di persone si crea un salvatore – un idolo – un capo. In virtù di un’apparizione misteriosa e di vaghe dichiarazioni sulla propria vita, questo personaggio attrae su se stesso la proiezione di ideali altrui. Ovvero: sull’individuo vero e proprio in questione viene steso il manto di un modello precostituito. Tutto ciò funziona alla perfezione: il senza patria è amato, ammirato e adorato; i suoi ammiratori hanno trovato qualcuno che colma il loro intimo vuoto e soddisfa il loro anelito. Il problema ha inizio nel momento in cui tale personaggio, dopo una prima fase di entusiasmo, si rende conto di essere stato preso non per quello che realmente è, bensì soltanto quale veicolo di un’idea di altri. A questo punto egli scopre il proprio vuoto interiore, benché tutti lo amino – ma di un amore che nasce da premesse falsate. Allorché egli insiste per essere quello che realmente è, il sistema crolla: la vera personalità che sta dietro la maschera protettiva si rende visibile, e la bolla scoppia; ha luogo una dis-illusione – non era lui l’oggetto della suprema epifania emotiva. L’altro è altro. Elsa, colei che viene sempre abbandonata Perde precocemente i genitori, il tutore (Friedrich) diventa suo pretendente; l’unico compagno affidabile che le resta, sola com’è in un mondo a lei estraneo, è il fratello Gottfried; poi però il fratello scompare, e la colpa è sua: avrebbe dovuto sorvegliarlo. Che sia annegato? Quale tipo di uomo desidera una giovane donna con un simile orizzonte di vita? Un partner che sia in simbiosi con lei come lo era il fratello, e soprattutto che sia affidabile e comprensibile, uno che, semplicemente, rimanga al suo fianco! Lohengrin, colui che sempre abbandona Figlio di Parsifal – Parsifal, l’eroe manovrato da altri, che è stato scelto da altri come portatore di felicità. Il figlio segue percorsi simili: continuamente inviato a salvare qualcuno, non riesce a trovare la propria identità. Gli altri vedono sempre qualcosa in lui, ma lui, in se stesso, che cosa vede? Chi sia, non lo sa: il suo compito è essere qualcosa per gli altri. Svolge il proprio incarico come se fosse un intermediario; l’essenza della sua missione gli rimane estranea. Unica via d’uscita, una donna, che dovrà capirlo per quello che egli è, riconoscerlo al di là della sua missione e dirgli chi egli sia, ma senza chiedergli quale sia il suo compito.

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Ortrud, colei che sa Al pari di Elsa, ha avuto un’infanzia cupa e tumultuosa – perdita del potere da parte dei genitori, aperta rinuncia alla propria religione/fede –, ma sceglie una strada completamente diversa per sottrarsi a tale impronta iniziale. Laddove Elsa si ritira nel proprio mondo interiore, elaborando un ricco mondo fantastico, Ortrud intraprende un viaggio verso il potere reale e concreto, servendosi di qualunque mezzo: la profonda conoscenza dell’animo umano e l’attenta osservazione degli altri sono i suoi strumenti. Friedrich von Telramund, il sensibile Con ogni probabilità, si è profondamente innamorato della ragazza che avrebbe dovuto proteggere come un padre, dopo la prematura morte dei genitori di lei. La scomparsa del fratello e la bugia di Elsa mandano in fumo il suo sogno d’amore. Quando Ortrud calunnia apertamente Elsa, l’amata gli è definitivamente preclusa. La biografia di Friedrich quale personaggio autonomo termina qui, molto prima che egli effettivamente muoia, ormai diventato un’arma telecomandata nelle mani di Ortrud. La collettività, coloro che ardentemente desiderano In tempi di cambiamenti sociali estremi – il capitale dà forma nuova alle strutture, una guerra è alle porte –, tutto viene riorganizzato razionalmente, eppure le cose appaiono sempre più confuse. Il mondo viene registrato e catalogato, eppure si desidera ardentemente proprio ciò che va oltre la ragione. Solo uno che venga da fuori, un’anima vergine, può fare da guida in un contesto simile, può soddisfare tale aspirazione collettiva. Tuttavia, guai a chi improvvisamente non dovesse più rispondere alle aspettative… (Traduzione dal tedesco di Arianna Ghilardotti)

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Il mito del “cavaliere” nel bicentenario della nascita di Kaspar Hauser (1812-33) Nel quinquennio 1828-33, quando Richard Wagner era tra i quindici e i vent’anni, la Germania e l’Europa intera seguirono con interesse il ritrovamento di Kaspar Hauser, un ragazzo venuto dal nulla, che mentalmente dimostrava due o tre anni. Non riusciva quasi a camminare quando venne ritrovato in una stradina di Norimberga con una lettera in mano. Nello scritto un contadino lo affidava a un capitano della cavalleria leggera locale perché non aveva più i mezzi per sostenerne l’affido. Il ragazzo, a qualunque domanda gli venisse rivolta, tra pianti e urla, rispondeva “non so” o “Diventare cavaliere, come mio padre”. Cresciuto in una segreta, come poi raccontò, riusciva e vedere al buio. Poteva mangiare solo pane e acqua. Solo a un certo punto comunicò il suo nome, scrivendolo. Il luogo di provenienza e la sua origine rimasero sconosciuti. E anche quando Kaspar venne ucciso a soli ventun’anni, e il suo enigma fu approfondito divenendo un giallo ottocentesco, nessuno riuscì a ricostruire la sua vita prima della spettacolare apparizione. Fu un impostore in cerca di un’adozione altolocata? Un nobile che la famiglia voleva escludere dall’eredità? Perché tentarono di ucciderlo due volte, riuscendoci la seconda? Quanti tedeschi si identificarono nel selvaggio che l’educazione trasformò in un giovane a modo? Aveva probabilmente un anno più di Wagner, Kaspar Hauser, e come Lohengrin era anche lui un cavaliere di cui ammirare il mistero della provenienza. Nessuno riuscì mai ad andare troppo oltre alle parole scritte (dal contadino? o da chi?) nella sua sgrammaticata lettera di presentazione: “Illustrissimo signor capitano, Vi mando un ragazzo che vorrebbe servire fedelmente il

suo Re, così chiede, questo ragazzo mi è stato lasciato il 7 ottobre 1812, e io, povero lavoratore a giornata, ho già dieci figli di mio, ho già abbastanza da fare di mio per tirare avanti, e sua madre ha lasciato il bambino solo per allevarlo, ma non ho potuto chiedere niente della madre, anche adesso non ci ho detto niente al Tribunale che il ragazzo mi è stato lasciato. Ho pensato che dovevo tenerlo come un figlio mio, l’ho allevato da cristiano, e dal 1812 non ci ho mai fatto fare un passo lontano da casa, così nessuno sa dove è stato allevato, e lui stesso non sa come si chiama casa mia e anche il posto non lo sa, potete pure domandarcelo, ma lui non lo sa dire […] Carissimo signor Capitano non lo dovete tormentare lui non sa il posto dove sto, l’ho portato via di notte non sa più tornare a casa […] E non ha un soldo in tasca perché nemmeno io ci ho niente se non lo tenete voi dovete cacciarlo o apenderlo nel camino.” Cit. in: Anselm von Feuerbach, Kaspar Hauser, un delitto esemplare contro l’anima (Adelphi, 1996). Si tratta di Paul Johann Anselm Ritter von Feuerbach (1775-1833), un ennesimo cavaliere, celebre giurista illuminato, estensore del codice penale della Baviera, fautore dell’abolizione delle pene feroci, ma anche noto per essere stato padre del filosofo Ludwig von Feuerbach. Innumerevoli furono gli studi e gli approfondimenti sulla vicenda del cavaliere trovatello di Norimberga, ed è celebre il film L’enigma di Kaspar Hauser di Werner Herzog, uscito nelle sale nel 1974, e che nell’originale, rovesciando un noto proverbio, s’intitolava provocatoriamente Jeder für sich und Gott gegen alle, ovvero “Ognuno per sé e Dio contro tutti”.


La nascita del Cavaliere del Cigno Un tempo il re Oriant, che era un signore potente e rinomato, sedeva alla finestra del suo castello insieme alla sua sposa, la regina Beatrix. Nel guardare la strada, il re scorse una donna con due bambini in braccio, che sembravano essere gemelli. Il re disse alla regina: «Moglie mia, mi stupisce assai che noi non abbiamo figli. Guarda quella povera donna, che ne ha due, e anche molto belli: gemelli, mi sembra». Udite le parole del marito, la regina rispose, adirata e crucciata: «Ah, mio signore, non credo che una donna possa avere due figli in una volta sola, a meno che non sia giaciuta con due uomini diversi». «Donna, parli a sproposito!», disse il re. «Dovresti sapere che per Dio nulla è impossibile.» Allora non ne parlarono più, finché un giorno il re giacque con la sua sposa e, con l’aiuto di Dio, generò sette figli. La madre del re Oriant era una strega vecchia e cattiva, che si rattristò molto quando seppe che la regina era incinta. La regina portò in sé il proprio fardello finché Dio le concesse, un giorno, di partorire sette figli. In quel momento non aveva nessun’altra donna presso di sé se non la vecchia Matabrune, la madre del re Oriant, che era una donna falsa e malvagia. Sei bambini erano maschi, il settimo era una femmina, e ognuno di loro era destinato a generare una nobile stirpe. Matabrune prese in grembo i neonati, fece chiamare Marke, uno dei suoi servitori, e gli disse: «Prendi questi bambini, amico mio, e portali in un luogo tale che non si senta più parlare di loro. Fai in modo di ucciderli!» Marke prese i bambini, li portò nel profondo del bosco e li depose a terra. I pargoli gli sorrisero. Al vederli, Marke ne ebbe grande compassione e disse: «Dio mi abbandonerà, se vi faccio del male!» Li lasciò dunque

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dov’erano e fece ritorno a casa. La vecchia strega cercò sotto una scala e trovò una cagna che aveva partorito sette cagnolini; li raccolse e andò da suo figlio. Quando il re Oriant la vide arrivare, si alzò davanti a lei e disse: «Siate benvenuta, madre! Che novità portate?» «Ahimè», disse la vecchia Matabrune, «mio caro figlio, porto brutte notizie, terribili e cattive. Guarda qui che regalo ti ha fatto la tua sposa! Ha partorito questi sette cagnolini. È la donna più ripugnante che sia mai esistita.» Ma ora udite che avvenne dei bambini, che giacevano nel bosco lungo la riva di un fiume, là dove Marke li aveva abbandonati, avvolti in un mantello. Ognuno di loro aveva al collo una catenina, che aveva questo scopo: se avessero perso la catenina, sarebbero diventati dei cigni; finché invece la portavano, avrebbero avuto figura umana. Ed ecco che arrivò lì un eremita, che già da un anno viveva in quel bosco: vide i bambini e se li portò a casa. Un giorno l’eremita andò nel bosco, accompagnato da uno dei fanciulli. Per un caso, il guardaboschi Malquerre entrò nella casa dell’eremita, vi trovò gli altri sei bei bambini e vide le catenine che portavano al collo. Pensò che, se la sua padrona gliel’avesse permesso, se le sarebbe prese. Quel traditore si recò dunque dalla sua padrona e disse: «Padrona, ho trovato nel bosco sei bambini bellissimi, che portavano sei catenine al collo. Padrona, se me lo permettete, andrò là e me le prenderò». Quando la vecchia sentì queste parole, se ne crucciò assai, poiché capì che quei fanciulli erano i suoi nipoti, che Marke aveva portato nel bosco. Disse a Malquerre: «Vai al romitaggio e prendi le catenine, e, se fanno


resistenza, uccidili!» Malquerre camminò e camminò finché arrivò al romitaggio. L’eremita era andato nel bosco, portando con sé uno dei fanciulli. Quando Malquerre vide i sei bambini e le loro catenine e notò che non c’era nessun altro, si rallegrò molto; li prese, li cacciò fuori dalla casa e, afferratili l’uno dopo l’altro, strappò loro le catenine. Ed essi diventarono candidi cigni e volarono verso uno stagno che apparteneva al padre loro, il re Oriant di Illefort. Quando l’eremita e il settimo fanciullo tornarono a casa e non trovarono più gli altri sei, si afflissero e si infuriarono e si disperarono. Poco dopo, Matabrune andò dal re Oriant, suo figlio, e gli disse: «Caro figlio, sei stato offeso troppo gravemente; manda al rogo tua moglie, giacché l’essere giaciuta con un cane è un delitto che merita la morte». Allora il re divenne assai triste, ma convocò tutti i suoi baroni, affinché giudicassero sua moglie. Quando i baroni furono riuniti, si sentenziò che la regina fosse mandata al rogo il giorno seguente, qualora non avesse trovato nessuno che la difendesse. Allora Nostro Signore Gesù Cristo, non volendo che la donna morisse, mandò

all’eremita nel bosco uno dei suoi angeli, il quale gli disse: «Eremita, Dio ti ordina di mandare domattina all’alba il tuo ragazzo alla città di Illefort, affinché salvi dalla morte sul rogo sua madre, che è la moglie del re Oriant. Egli e gli altri sei fanciulli sono figli del re Oriant e della regina Beatrix. Matabrune l’ha calunniata, dicendo che ha partorito sette cani, e per questa ragione ella domani sarà messa a morte, se nessuno si presenterà a difenderla. Ma non dubitare che Dio la aiuterà». Al sorgere del sole, l’eremita svegliò il fanciullo e gli disse: «Caro figlio, alzati; devi andare a Illefort, salvare tua madre dal rogo e assolverla dal delitto di cui Matabrune l’ha incolpata». L’eremita gli fece un mantello con delle frasche e glielo fece indossare; poi prese un bastone e lo accompagnò fino al limitare del bosco, e il ragazzo andò verso la città, per assolvere sua madre dalla colpa di cui Matabrune l’aveva accusata. Da Ernst Tegethoff, Französische Volksmärchen, Eugen Diederichs Verlag, Jena, 1923, pp. 52-61.

(Traduzione dal tedesco di Arianna Ghilardotti)

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Note di drammaturgia Dis-illusioni Ronny Dietrich*

Una nostalgia inaudita, ovvero l’utopia di un mondo migliore, si guadagna spazio nel Preludio del Lohengrin di Richard Wagner. Non ancora influenzato da teorie ancora di là da venire, qui si fa largo un giovane che traduce in musica i propri sogni e le proprie visioni. Tuttavia, ben presto il presente finirà per impadronirsi di lui: le sue contraddittorie affermazioni nei confronti sia dei critici sia dei sostenitori del Lohengrin ci mostrano una ferita aperta. Nondimeno, questo Preludio, che ci fa credere ancora oggi in un mondo migliore, come lo faceva credere ai contemporanei di Wagner, rimane un’utopia: un’utopia a portata di mano. Rispetto alle successive opere wagneriane, concepite con dimostrativo rigore e calcolata precisione, nel Lohengrin ci troviamo di fronte a livelli narrativi diversi e permeabili, opera di un autore ancora agli inizi della sua carriera e che voleva tutto in una volta sola: una rivoluzionaria riforma sociale all’epoca del Vormärz,1 collaboratori che fossero alla sua altezza e, non da ultimo, l’amore perfetto, incondizionato. Il fallimento finale, pur voluto e dovuto, di questo amore occupò a lungo la sua vita e il suo pensiero: “Questo fatto mi ha confermato come la tragicità del carattere e della situazione di Lohengrin sia profondamente radicata nella vita moderna: nell’opera d’arte e nel suo autore esso si è riprodotto esattamente allo stesso modo che nell’eroe del poema”.2 Claus Guth e Christian Schmidt ambientano il loro allestimento nel periodo stesso in cui l’opera fu composta, il 1848, dunque in un momento di cambiamenti epocali: la crescente industrializzazione, la diminuita importanza del singolo a favore di una massa omologata e la crescente razionalizzazione dei sentimenti provocarono un profondo anelito alle figure e ai motivi della saga del Graal e di re Artù, dietro il quale si celava ben più dell’infatuazione romantica per un Medioevo idealizzato. Certo non a caso Wagner definì il Lohengrin un’opera “romantica”, e, sebbene l’azione si svolga nella prima metà del X secolo, i riferimenti al presente – nonché alla biografia stessa dell’autore – sono così evidenti che è avvincente ricostruire queste fi-

* Ronny Dietrich svolge dal 1981 il lavoro di drammaturga, ovvero di musicologa attiva principalmente nei teatri. Ha lavorato inizialmente nella sua città natale, alla Alte Oper di Fancoforte, poi al Konzerthaus di Vienna. Dal 1993 è a capo della drammaturgia operistica all’Opernhaus di Zurigo, e dall’estate del 2012 è passata al Festival di Salisburgo. Con il team del regista Claus Guth e lo scenografo Christian Schmidt, ha lavorato come drammaturga ospite al Theater an der Wien, al Festival di Salisburgo, al Liceu di Barcellona e alla Scala (Die Frau ohne Schatten di R. Strauss).

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la. Pertanto, qui non si tratta di collocare al centro della questione un cavaliere medievale, accettandone incondizionatamente l’origine tanto misteriosa quanto gloriosa, bensì di esplorarne l’individualità sulla base delle tracce seminate da Wagner anche in drammi successivi. Tra le fonti testuali del Lohengrin wagneriano si trova, nella traduzione di Ernst Tegethoff, il racconto popolare francese La nascita del Cavaliere del Cigno, il quale non è un inviato del Graal, bensì un figlio di re abbandonato in un bosco da una strega di nome Matabrune (prototipo della Ortrud wagneriana), poi raccolto e allevato da un eremita: quindi un personaggio catapultato, come Kaspar Hauser, in un mondo a lui alieno (si veda a p. 199). Come è noto, Wagner era rimasto profondamente colpito dal destino del suo quasi coetaneo Kaspar Hauser; nei suoi ricordi presumeva addirittura di avere visto questo “fanciullo d’Europa” nel 1833 (l’anno della morte di Hauser) durante un viaggio da Würzburg a Bamberga. Sebbene gli studiosi abbiano ipotizzato influssi della biografia di Kaspar Hauser sul Parsifal wagneriano, è più verosimile che questa figura tuttora misteriosa abbia interessato Wagner già all’epoca della composizione del Lohengrin: fu infatti proprio allora che egli entrò in contatto con Ludwig von Feuerbach, figlio di quell’Anselm von Feuerbach, giurista, che fu tutore e protettore di Hauser, e che nel 1832 aveva pubblicato il volume Kaspar Hauser. Beispiel eines Verbrechens am Seelenleben des Menschen,3 sicuramente noto al compositore. La potente esplosione musicale che accompagna l’entrata in scena di Lohengrin è in sorprendente contraddizione con le sommesse, introverse prime parole da lui pronunciate, che fanno pensare a un uomo confuso più che a uno consapevole del proprio compito. Seguendo questa traccia e tenendo anche conto del punto di vista di Wagner sul Graal e sul padre di Lohengrin, Parsifal, l’“inviato da Dio” appare in un’altra luce. Lo stesso vale per Elsa, un essere apparentemente angelico, che si rivela progressivamente come una giovane donna segnata dal suo passato. Proprio all’inizio dell’opera apprendiamo, attraverso Telramund, quali traumatici eventi abbiano marchiato la sua infanzia: la perdita dei genitori, la scomparsa del fratello, di cui per di più è stata incolpata. E lo stesso Telramund, al quale il padre in punto di morte aveva affidato la tutela dei figli, abusa della fiducia di Elsa negli adulti nel momento in cui la vuole come sposa. Conseguenze di tutto ciò sono, per Elsa, un forte senso di colpa a causa del proprio presunto fallimento nonché un’esagerata ansia da abbandono, il che a sua volta la porta a un’eccessiva idealizzazione del partner. Tra le facoltà caratteristiche di personalità gravate da simili esperienze rientra il “pensiero magico”, analizzato, tra gli altri, da Sigmund Freud. Tale concetto identifica una forma dello sviluppo infantile per cui una persona ritiene che i suoi pensieri, le sue parole o i suoi atti possano influire su eventi che in realtà hanno altre cause, o addirittura provocare un determinato evento. In questo senso, è convincente l’affermazione di Theodor Adorno, secondo il quale a determinare l’intera opera “è la visione di Elsa, in cui essa, sognando, attrae il cavaliere e per così dire tutta l’azione”.4 Tuttavia, questa è solo una delle possibili interpretazioni. Il nuovo allestimento milanese dovrà mantenere i diversi livelli – ai quali si è fatto cenno all’inizio – su cui si muove l’azione del Lohengrin. È proprio l’intreccio dei di-

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versi livelli narrativi, il loro reciproco compenetrarsi ed escludersi, a fare del viaggio di Lohengrin un’emozionante avventura. Lohengrin ed Elsa, una coppia cui sfugge una vita propria, sono usciti di getto dalla penna di Wagner, e col personaggio eponimo egli ci ha lasciato non solo – come avrebbe poi confessato a Cosima – il suo eroe “più triste”, ma anche e soprattutto quello più umano. (Traduzione dal tedesco di Arianna Ghilardotti)

1 Con il termine Vormärz, “prima di marzo”, si indicano quegli anni ricchi di fermenti politici, sociali e culturali che precedettero e prepararono le insurrezioni del marzo 1848 in Germania. (NdT) 2 R. Wagner, Eine Mitteilung an meine Freunde, 1851; trad. it. Una comunicazione ai miei amici, Ed. Studio Tesi, Pordenone 1985. 3 Trad. it. Kaspar Hauser. Un delitto esemplare contro l’anima, Adelphi, Milano, 1996. 4 T. Adorno, Versuch über Wagner, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1952; trad. it. Wagner Mahler. Due studi, Einaudi, Torino, 1966, p. 85.

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La realizzazione di Lohengrin Foto di Monika Rittershaus










































Lohengrin, Teatro alla Scala, 20 marzo 1873. Il libretto (Milano, Museo Teatrale alla Scala). Frontespizio e Distribuzione Dopo il successo ottenuto a Bologna nel 1871 e l’esito incerto della ripresa a Firenze, Lohengrin non ebbe fortuna a Milano. Alla reazione negativa della maggior parte della critica corrispose la scarsa affluenza del pubblico. Lohengrin ebbe 7 rappresentazioni, mentre nella stessa stagione quelle del Ruy Blas di Marchetti furono 21 e 14 quelle del Franco cacciatore di Weber.


Lohengrin alla Scala dal 1873 al 2007

(Andrea Vitalini)

20 marzo 18731 7 rappresentazioni (repliche: 21, 23, 25, 27, 29, 30 marzo)

8 marzo 18883 6 rappresentazioni (repliche: 10, 11, 18, 20, 24 marzo)

6 marzo 18894 17 rappresentazioni (repliche: 10, 13, 16, 18, 20, 21, 24, 26, 31 marzo; 1, 3, 5, 7, 9, 13, 14 aprile)

Maestro Concertatore e Direttore Franco Faccio

Maestro Concertatore e Direttore Franco Faccio

Maestro Concertatore e Direttore Franco Faccio

Maestri Sostituti Edoardo Perelli Giovanni Battista Pagnoncelli

Maestro Sostituto Gaetano Coronaro

Maestro Sostituto Gaetano Coronaro

Maestro Direttore dei Cori Giuseppe Cairati

Maestro Direttore dei Cori Giuseppe Cairati

Direttore di Scena Rinaldo Rossi

Ispettore e Direttore di Scena Gaetano Archinti

Scenografia - Direttore Artistico Carlo Ferrario

Scenografo ed Inventore delle Scene Giovanni Zuccarelli

Pittore Appaltatore Costantino Magni

Sartoria Eredi Vicinelli

Sartoria Luigi Zamperoni

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Maestro Direttore dei Cori Emanuele Zarini Direttore di Scena Gustav Böhm Pittore e Direttore della Scenografia Carlo Ferrario Pittore dei Costumi Luigi Bartezaghi Direttore e Proprietario della Sartoria Luigi Zamperoni Orchestra e Coro del Teatro alla Scala2

INTERPRETI

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

INTERPRETI

INTERPRETI

Heinrich der Vogler Pietro Milesi

Ortrud Filippina von Edelsberg

Heinrich der Vogler Francesco Navarrini

Ortrud Renée Vidal

Heinrich der Vogler Agostino Lanzoni

Lohengrin Italo Campanini

Der Heerrufer des Königs Lodovico Buti

Lohengrin Julián Gayarre

Der Heerrufer des Königs Abramo Abramov Cornelio Sillich Alba

Lohengrin Francisco Viñas

Elsa von Brabant Gabriella Kraus Friedrich von Telramund Victor Maurel

Vier brabantische Edle –

Elsa von Brabant Mila Kupfer Berger Friedrich von Telramund Mattia Battistini

Vier brabantische Edle –

Elsa von Brabant Isabella Meyer Friedrich von Telramund Antonio Magini Coletti

Ortrud Erina Borlinetto Amelia Boriani Der Heerrufer des Königs Enrico Stinco Palermini Vier brabantische Edle –

Edizione in lingua italiana. Con la partecipazione delle Allieve di Canto della Scuola addetta ai Teatri Comunali. Edizione in lingua italiana. 4 Edizione in lingua italiana. 1 2 3

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18 marzo 18915 11 rappresentazioni (repliche: 19, 21, 23, 28, 30 marzo; 1, 5, 6, 7, 8 aprile)

27 gennaio 19006 15 rappresentazioni (repliche: 30 gennaio; 1, 3, 6, 20, 25, 27 febbraio; 1, 4, 8, 117, 14, 21, 288 marzo)

3 dicembre 19129 24 rappresentazioni (repliche: 7, 10, 14, 17, 19, 26 dicembre; 1, 4, 9, 19, 23, 26 gennaio; 1, 4, 22 febbraio; 2, 6, 9, 19, 29 marzo; 2, 11, 19 aprile 1913)

Maestro Concertatore e Direttore Leopoldo Mugnone

Maestro Concertatore e Direttore Arturo Toscanini

Maestro Concertatore e Direttore Tullio Serafin

Maestro Sostituto Beniamino Lombardi

Maestri Sostituti Pietro Sormani G. P. Centanini

Maestro e Direttore del Coro Aristide Venturi

Maestro Direttore dei Cori Giuseppe Cairati Ispettore e Direttore di Scena Gaetano Archinti Scenografo ed Inventore delle Scene Giovanni Zuccarelli Sartoria Ditta Zamperoni Luigi Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Maestro e Direttore del Coro Aristide Venturi Direttore di Scena Rinaldo Rossi Scenografi Inventori ed Esecutori delle Scene Carlo Songa Vittorio Rota Mario Sala Angelo Parravicini Vestiarista Sartoria Teatrale Chiappa

Direttore ed Ispettore di Scena Napoleone Carotini Scene dipinte da Vittorio Rota Figurini Giuseppe Palanti Vestiarista Sartoria Teatrale Chiappa Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

INTERPRETI Heinrich der Vogler Francesco Navarrini Ettore Borucchia

Ortrud Erina Borlinetto Andreina Mazzoli Orsini

Lohengrin Francisco Viñas Nicola Müller

Der Heerrufer des Königs Alfonso Mariani

Elsa von Brabant Valentina Mendioroz

Vier brabantische Edle –

Friedrich von Telramund Scipione Tito Terzi Giovanni Bianchi

INTERPRETI Heinrich der Vogler Oreste Luppi

Ortrud Elisa Bruno

Lohengrin Pietro Zeni

Der Heerrufer des Königs Leopoldo Spivacchini Giovanni Giani Alfonso Mariani

Elsa von Brabant Emma Carelli Giulia De Micheli Friedrich von Telramund Alessandro Arcangeli

Vier brabantische Edle –

Edizione in lingua italiana. Edizione in lingua italiana. Eseguito senza il quintetto dell’atto II e senza il brano che precede l’addio di Lohengrin. 8 Eseguito con tagli. 9 Edizione in lingua italiana. 5 6 7

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INTERPRETI Heinrich der Vogler Ortrud Nazzareno De Angelis Luisa Garibaldi Mansueto Gaudio Giuseppina Bertazzoli Lohengrin Ettore Cesa-Bianchi Pietro Navia Elsa von Brabant Linda Cannetti Luisa Villani Friedrich von Telramund Carlo Galeffi

Der Heerrufer des Königs Enrico Molinari Ercole Filippini Vier brabantische Edle –


Carlo Ferrario. Bozzetti per Lohengrin, Teatro alla Scala, 1873 (Milano, Museo Teatrale alla Scala). In alto: Il castello di Anversa, Atto II. Nel 1871 Ferrario era stato scenografo di Lohengrin al Teatro Comunale di Bologna. Alla Scala, dove il palcoscenico era assai più ampio, Ferrario variò la composizione di questa scena scegliendo una prospettiva centrale anziché diagonale e introducendo alberi frondosi a cornice del castello, arricchito di torri, torrette, guglie e pinnacoli. In basso: La camera nuziale, Atto III, quadro I. Alla Scala, Ferrario si avvalse per Lohengrin dei numerosi collaboratori citati nel libretto: Francesco Lovati, Aristide Bozio, Vincenzo Dell’Orto, Alfonso Fanfani, Federico Mauri, Attilio Moretti, Michelangelo Pavesi, Domenico Pesenti, Claudio Rossi, Giuseppe Tencalla, Luigi Sala, Antonio Zelbi. I figurini furono disegnati da Luigi Bartesaghi (Bartezago). 249


Elsa

Lohengrin

Giuseppe Palanti. Figurini per Lohengrin, 1912 (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

Damigelle di Elsa

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Paggi di Elsa


Ortruda Il re Enrico

Paggi di Ortruda Paggi e Goffredo

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Lohengrin, Teatro alla Scala, 3 dicembre 1912. Direttore Tullio Serafin, scene di Vittorio Rota, costumi di Giuseppe Palanti. Ettore Cesa-Bianchi nel ruolo di Lohengrin alla Scala, 3 dicembre 1912 (raccolta privata).

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A sinistra: Vittorio Rota. Il Castello di Anversa. Bozzetto per la parte destra della scena dell’Atto II di Lohengrin, 1912 (Milano, Museo Teatrale alla Scala). In basso: Il Castello di Anversa. Scena realizzata dal bozzetto di Vittorio Rota e ancora in uso alla Scala nel 1935, come dimostra questa fotografia dello studio Camuzzi Crimella (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

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3 dicembre 192210 13 rappresentazioni (repliche: 5, 9, 12, 15, 17, 24, 28, 31 dicembre; 8, 26 gennaio; 11, 14 febbraio 1923)

18 marzo 192411 6 rappresentazioni (repliche: 20, 22, 25, 30 marzo; 5 aprile)

13 maggio 192512 3 rappresentazioni (repliche: 16, 19 maggio)

Maestro Concertatore e Direttore Antonio Guarnieri

Maestro Concertatore e Direttore Vittorio Gui

Maestro Concertatore e Direttore Ettore Panizza

Maestro del Coro Vittore Veneziani

Maestro del Coro Vittore Veneziani

Maestro del Coro Vittore Veneziani

Direttore Generale della Messa in Scena Giovacchino Forzano

Direttore della Messa in Scena Giovacchino Forzano

Direttore della Messa in Scena Giovacchino Forzano

Scene dipinte da Vittorio Rota

Scene dipinte da Vittorio Rota

Scene dipinte da Vittorio Rota

Costumi Sartoria Teatrale Chiappa

Costumi Sartoria Teatrale Chiappa

Costumi Sartoria Teatrale Chiappa

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

INTERPRETI

INTERPRETI

INTERPRETI

Heinrich der Vogler Ezio Pinza Lohengrin Aureliano Pertile Francesco Merli Elsa von Brabant Maria Carena Friedrich von Telramund Carlo Galeffi Umberto Urbano

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Ortrud Maria Capuana Elvira Casazza Der Heerrufer des Kรถnigs Luigi Nocenti Aristide Baracchi Vier brabantische Edle Luigi Cilla Guido Uxa Giovanni Azzimonti Vincenzo Cassia

Edizione in lingua italiana. Edizione in lingua italiana. Edizione in lingua italiana.

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Heinrich der Vogler Ezio Pinza

Ortrud Elvira Casazza

Heinrich der Vogler Antonio Righetti

Ortrud Elvira Casazza

Lohengrin Aureliano Pertile

Der Heerrufer des Kรถnigs Aristide Baracchi

Lohengrin Aureliano Pertile

Der Heerrufer des Kรถnigs Aristide Baracchi

Elsa von Brabant Maria Carena Friedrich von Telramund Carlo Galeffi

Vier brabantische Edle Emilio Venturini Giovanni Genzardi Filippo Romito Giuseppe Menni

Elsa von Brabant Maria Zamboni Friedrich von Telramund Enrico Molinari

Vier brabantische Edle Emilio Venturini Giovanni Genzardi Amleto Galli Giuseppe Menni


In alto: Studio fotografico Camuzzi Crimella. Aureliano Pertile interprete di Lohengrin. Fotografia con dedica autografa (Milano, Museo Teatrale alla Scala). Pertile ricoprĂŹ lo stesso ruolo anche nelle edizioni del 3 dicembre 1922, del 18 marzo 1924, 13 maggio 1925, 17 novembre 1926, 1 gennaio 1929, 28 gennaio 1933. In alto a destra: Studio fotografico Camuzzi Crimella. Tancredi Pasero interprete del re Enrico nel Lohengrin al Teatro alla Scala nella stagione 1935-36 (Milano, Museo Teatrale alla Scala). A destra: Studio fotografico Camuzzi Crimella. Gaetano Viviani interprete di Federico in Lohengrin al Teatro alla Scala, 28 gennaio 1933 (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

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Caramba (Luigi Sapelli). Costumi per Lohengrin alla Scala nelle edizioni del 1 gennaio 1929, 28 gennaio 1933, 28 dicembre 1935; da sinistra: il re Enrico, Elsa, Paggio di Goffredo; da Vittoria Crespi Morbio, Caramba mago del costume, Milano, Amici della Scala, 2008.


17 novembre 192613 5 rappresentazioni (repliche: 20, 25 novembre; 5, 10 dicembre)

1 gennaio 192914 6 rappresentazioni (repliche: 10 gennaio; 10, 13, 17, 30 marzo)

28 gennaio 193315 6 rappresentazioni (repliche: 1, 4, 7, 9, 12 febbraio)

Maestro Concertatore e Direttore Ettore Panizza

Maestro Concertatore e Direttore Ettore Panizza

Maestro Concertatore e Direttore Sergio Failoni

Maestro del Coro Vittore Veneziani

Maestro del Coro Vittore Veneziani

Maestro del Coro Vittore Veneziani

Direttore della Messa in Scena Giovacchino Forzano

Direttore della Messa in Scena Giovacchino Forzano

Direttore della Messa in Scena Mario Frigerio

Scene dipinte da Vittorio Rota

Scene dipinte da Vittorio Rota

Scene dipinte da Vittorio Rota

Costumi Casa del Teatro Chiappa & C.

Costumi S.A. Casa d’Arte Caramba

Costumi S.A. Casa d’Arte Caramba

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Figurini Caramba Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

INTERPRETI Heinrich der Vogler Antonio Righetti Lohengrin Aureliano Pertile Elsa von Brabant Ofelia Nieto Friedrich von Telramund Carlo Galeffi

INTERPRETI

Der Heerrufer des Königs Basilio Prodan Aristide Baracchi Leone Paci

Heinrich der Vogler Antonio Righetti

Vier brabantische Edle Emilio Venturini Giovanni Genzardi Amleto Galli Giovanni Azzimonti

Elsa von Brabant Rosetta Pampanini Mafalda Favero

Lohengrin Aureliano Pertile

Friedrich von Telramund Carlo Galeffi

INTERPRETI

Heinrich der Vogler Ortrud Ortrud Nazzareno De Angelis Ebe Stignani Ebe Stignani Irene Minghini Cattaneo Lohengrin Der Heerrufer Aureliano Pertile des Königs Der Heerrufer Fabio Ronchi des Königs Elsa von Brabant Aristide Baracchi Maria Caniglia Vier brabantische Edle – Vier brabantische Edle Friedrich Emilio Venturini von Telramund Alfredo Mattioli Gaetano Viviani Amleto Galli Giovanni Azzimonti

Ortrud Elvira Casazza

13 14 15

Edizione in lingua italiana. Edizione in lingua italiana. Edizione in lingua italiana.

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28 dicembre 193516 6 rappresentazioni (repliche: 31 dicembre; 6, 12, 16, 26 gennaio 1936)

31 gennaio 194017 5 rappresentazioni (repliche: 3, 7, 10, 18 febbraio)

25 agosto 194618 3 rappresentazioni (repliche: 27 agosto; 18 settembre)

Maestro Concertatore e Direttore Giuseppe Del Campo

Maestro Concertatore e Direttore Gino Marinuzzi

Maestro Concertatore e Direttore Sergio Failoni

Maestro del Coro Vittore Veneziani

Maestro del Coro Achille Consoli

Maestro del Coro Vittore Veneziani

Direttore della Messa in Scena Mario Frigerio

Regista Mario Frigerio

Regista Lothar Wallerstein

Scene dipinte da Vittorio Rota

Scene dipinte da Vittorio Rota

Scene Giovanni Grandi

Costumi S.A. Casa d’Arte Caramba

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

INTERPRETI

INTERPRETI

Figurini Caramba Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

INTERPRETI Heinrich der Vogler Tancredi Pasero

Ortrud Ebe Stignani

Heinrich der Vogler Tancredi Pasero Duilio Baronti

Lohengrin Ettore Parmeggiani

Der Heerrufer des Königs Iginio Zangheri Aristide Baracchi

Lohengrin Norberto Ardelli Alf Rauch

Vier brabantische Edle –

Elsa von Brabant Maria Caniglia Elisa Gatti Porcinai

Elsa von Brabant Maria Caniglia Pia Tassinari Friedrich von Telramund Carlo Tagliabue

16 17 18

Friedrich von Telramund Ettore Nava

Ortrud Maria Benedetti Elena Nicolai Ebe Stignani

Ortrud Elena Nicolai

Lohengrin Renzo Pigni

Der Heerrufer des Königs Enrico Campi

Der Heerrufer des Königs Umberto Di Lelio Iginio Zangheri Armando Dadò

Elsa von Brabant Onelia Fineschi Renata Tebaldi

Vier brabantische Edle –

Friedrich von Telramund Carlo Tagliabue Giovanni Inghilleri

Edizione in lingua italiana. Edizione in lingua italiana. Traduzione metrica italiana di S. de Marchesi. Stagione Lirica Estiva al Palazzo dello Sport di Milano. Edizione in lingua italiana.

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Heinrich der Vogler Tancredi Pasero

Vier brabantische Edle –


10 gennaio 1953 6 rappresentazioni (repliche: 13, 17, 20, 25 gennaio; 1 febbraio)

11 dicembre 195719 6 rappresentazioni (repliche: 14, 18, 23, 29 dicembre; 1 gennaio 1958)

18 marzo 1965 3 rappresentazioni (repliche: 22, 28 marzo)

Maestro Concertatore e Direttore Herbert von Karajan

Maestro Concertatore e Direttore Antonino Votto

Maestro Concertatore e Direttore Wolfgang Sawallisch

Maestro del Coro Vittore Veneziani

Maestro del Coro Norberto Mola

Direttore del Coro Josef Veselka

Regia Herbert von Karajan

Regia Mario Frigerio

Regia Peter Lehmann

Bozzetti e Figurini Emil Preetorius

Bozzetti e Figurini Georges Wakhévitch

Bozzetti e Figurini Bernard Dayde

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Orchestra del Teatro alla Scala Coro Filarmonico di Praga

INTERPRETI

INTERPRETI

Heinrich der Vogler Otto Edelmann

Ortrud Marta Moedl

Heinrich der Vogler Nicola Zaccaria

Ortrud Elena Nicolai

Heinrich der Vogler Franz Crass

Ortrud Astrid Varnay

Lohengrin Wolfgang Windgassen

Der Heerrufer des Königs Josef Metternich Enrico Campi

Lohengrin Mario Del Monaco

Der Heerrufer des Königs Adolfo Cormanni

Lohengrin Jess Thomas

Der Heerrufer des Königs Toma Krause

Elsa von Brabant Elisabeth Schwarzkopf Friedrich von Telramund Gustav Neidlingler

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INTERPRETI

Vier brabantische Edle –

Elsa di Brabante Marcella Pobbe Friedrich von Telramund Anselmo Colzani

Vier brabantische Edle –

Elsa von Brabant Ingrid Bjoner Friedrich von Telramund Gustav Neidlinger

Vier brabantische Edle Walter Gullino Gianfranco Manganotti Alfredo Giacomotti Carlo Forti

Edizione in lingua italiana.

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Foto Erio Piccagliani Foto Erio Piccagliani


Foto Erio Piccagliani Foto Erio Piccagliani

Lohengrin al Teatro alla Scala, 10 gennaio 1953. Direttore e regia di Herbert von Karajan, scene e costumi di Emil Preetorius. Nella pagina accanto, in alto: la scena dell’Atto I; in basso: Wolfgang Windgassen (Lohengrin), Herbert Von Karajan, Elisabeth Schwarzkopf (Elsa), Otto Edelmann (Heinrich der Vogler) e Gustav Neidlinger (Friedrich von Telramund), in uno scatto dopo lo spettacolo. In questa pagina, in alto: Wolfgang Windgassen (Lohengrin) nell’Atto II; in basso: Elisabeth Schwarzkopf (Elsa) nell’Atto III. 261


Lohengrin al Teatro alla Scala, 11 dicembre 1957. Direttore Antonino Votto, regia di Mario Frigerio, scene e costumi di Georges Wakhévitch. Due bozzetti di Georges Wakhévitch. In alto: Il castello di Anversa, Atto II; in basso: La stanza nuziale, Atto III, primo quadro. Nella pagina accanto, in alto: la scena dell’Atto I; in basso: Marcella Pobbe (Elsa) nell’Atto I.

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Foto Erio Piccagliani

Foto Erio Piccagliani


Foto Erio Piccagliani

In alto: Marcella Pobbe (Elsa) e Mario Del Monaco (Lohengrin) nell’Atto I. Nella pagina accanto: Mario Del Monaco (Lohengrin) nell’Atto III.

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Foto Erio Piccagliani


Foto Erio Piccagliani Foto Erio Piccagliani

Lohengrin al Teatro alla Scala, 18 marzo 1965. Direttore Wolfgang Sawallisch, regia di Peter Lehmann, scene e costumi di Bernard Dayde. Due momenti della prima scena dell’Atto I. In basso: Franz Crass (Heinrich der Vogler), Gustav Neidlinger (Friedrich von Telramund) e Toma Krause (Der Heerrufer des Königs). Nella pagina a fianco, in alto: Ingrid Bjoner (Elsa) nella prima scena dell’Atto II; in basso: Ingrid Bjoner (Elsa) e Astrid Varnay (Ortrud) nella seconda scena dell’Atto II.

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Foto Erio Piccagliani

Foto Erio Piccagliani


7 dicembre 198120 8 rappresentazioni (repliche: 10, 13, 17, 20, 22, 24, 27 dicembre)

14 aprile 1983 5 rappresentazioni (repliche: 17, 20, 22, 24 aprile)

17 gennaio 2007 8 rappresentazioni (repliche: 20, 23, 25, 28, 30, 31; 4 febbraio)

Concertatore e Direttore d’Orchestra Claudio Abbado

Concertatore e Direttore d’Orchestra Claudio Abbado

Direttore del Coro Romano Gandolfi

Direttore del Coro Romano Gandolfi

Direttore Daniele Gatti Maestro del Coro Bruno Casoni

Regia Giorgio Strehler

Regia Giorgio Strehler

Regia Nikolaus Lehnhoff

Scene Ezio Frigerio

Ripresa di Regia Carlo Battistoni

Costumi Ezio Frigerio Franca Squarciapino

Scene Ezio Frigerio

Scene Stephan Braunfels Costumi Bettina Walter Luci Duane Schuler Movimenti Mimici Deni Sayers Allestimento in coproduzione con Festspielhaus di Baden-Baden Opéra National de Lyon Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Movimenti Mimici Marise Flach

Costumi Ezio Frigerio Franca Squarciapino

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala21

Movimenti Mimici Marise Flach Orchestra e Coro del Teatro alla Scala22

INTERPRETI Heinrich der Vogler Aage Haugland Matti Salminen Malcolm Smith

Der Heerrufer des Königs Hartmut Welker Lajos Miller

Lohengrin René Kollo Siegfried Jerusalem Peter Hofmann

Vier brabantische Edle Giuseppe Costanzo Francesco Memeo Eftimios Michalopoulos Silvestro Sammaritano

Elsa von Brabant Anna Tomowa-Sintow Friedrich von Telramund Siegmund Nimsgern Ortrud Elizabeth Connell Brenda Roberts

Vier Edelknaben Maria Grazia Polcaro Junko Matsuno Miriam Gauci Eugenia Dundekova

INTERPRETI Heinrich der Vogler Hans Sotin Lohengrin Peter Hofmann Elsa von Brabant Sabine Hass Friedrich von Telramund Franz Nentwig23 Hartmut Welker Oscar Hillebrand Ortrud Eva Randova

INTERPRETI

Der Heerrufer des Königs Hartmut Welker

Heinrich der Vogler Hans Peter König Ronnie Johansen

Vier brabantische Edle Giuseppe Costanzo Francesco Memeo Eftimios Michalopoulos Silvestro Sammaritano / Aldo Bramante

Lohengrin Robert Dean Smith Klaus Florian Vogt

Vier Edelknaben Enedina Lloris Mary Elisabeth Smith Miriam Gauci Carmen Duran

Elsa von Brabant Anne Schwanewilms Solveig Kringelborn Friedrich von Telramund Tom Fox Jurgen Erich Linn Ortrud Waltraud Meier Linda Watson

Vier brabantische Edle Paolo Sala / Giorgio Giuseppe Tiboni Giuseppe Bellanca / Massimiliano Italiani Guillermo E. Bussolini / Massimo Pagani Lorenzo Cescotti / Bruno Gaudenzi Vier Edelknaben Silvia Mapelli / Lucia E. Bertini Emilia Bertoncello / Maria Blasi Kjiersti Odegaard / Marlena Bonezzi Perla V. Cigolini / Lucia Bini

Der Heerrufer des Königs Detlef Roth Ernesto Panariello

Serata d’inaugurazione della stagione 1981-82. Con la partecipazione del Coro Maschile della Radio Bulgara e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala diretto da Marco Faelli. Con la partecipazione del Coro Maschile della Radio Bulgara e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala diretto da Marco Faelli. 23 Nella prima rappresentazione del 14 aprile Franz Nentwig venne sostituito da Hartmut Welker a partire dall’Atto II a causa d’un’indisposizione. 20 21 22

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Lohengrin al Teatro alla Scala, 7 dicembre 1981. Direttore Claudio Abbado, regia di Giorgio Strehler, scene di Ezio Frigerio e costumi di Ezio Frigerio e Franca Squarciapino. Alcuni dei bozzetti disegnati da Ezio Frigerio. Un prato sulla riva della Schelda, scena per gli Atti I e III. Il castello di Anversa, Atto II. Elsa si affaccia al balcone della Kemenate, l’appartamento delle donne. Il castello di Anversa, Atto II. Elsa in abito da sposa avanza verso la chiesa.


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Foto Lelli & Masotti Foto Lelli & Masotti


Foto Lelli & Masotti Foto Lelli & Masotti

René Kollo (Lohengrin) e Anna Tomowa-Sintow (Elsa) nell’Atto II (in alto) e nell’Atto III (in basso). Nella pagina accanto: un momento dell’azione scenica dell’Atto I (in alto) e dell’Atto II (in basso).

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Foto Lelli & Masotti Foto Lelli & Masotti

In alto: la seconda scena dell’Atto III; in basso: Anna Tomowa-Sintow (Elsa), Elizabeth Connell (Ortrud) e René Kollo (Lohengrin) nella terza scena dell’Atto III. Nella pagina accanto: l’allestimento firmato da Giorgio Strehler è stato ripreso al Teatro alla Scala il 14 aprile 1983. Sabine Hass (Elsa) e Peter Hofmann (Lohengrin) nell’Atto I.

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Foto Lelli & Masotti

Foto Lelli & Masotti


Foto Brescia e Amisano Foto Brescia e Amisano


Foto Brescia e Amisano

Lohengrin al Teatro alla Scala, 17 gennaio 2007. Direttore Daniele Gatti, regia di Nikolaus Lehnhoff, scene di Stephan Braunfels, costumi di Bettina Walter. Alcuni momenti dell’Atto I. in alto, a sinistra: Roth Detlev (Der Heerrufer des Königs), Hans Peter König (Heinrich der Vogler) e Anne Schwanewilms (Elsa); a destra: Roth Detlev (Der Heerrufer des Königs), Waltraud Meier (Ortrud), Anne Schwanewilms (Elsa), Hans Peter König (Heinrich der Vogler) e Tom Fox (Friedrich von Telramund).


Foto Brescia e Amisano Foto Brescia e Amisano

In alto: Waltraud Meier (Ortrud) e Tom Fox (Friedrich von Telramund) nell’Atto I. In basso: Anne Schwanewilms (Elsa) e Waltraud Meier (Ortrud) nell’Atto II. Nella pagina accanto, in alto: Waltraud Meier (Ortrud), Robert Dean Smith (Lohengrin) e Anne Schwanewilms (Elsa) nell’Atto II; in basso: Anne Schwanewilms (Elsa) nell’Atto I. Nelle quattro foto i protagonisti sono attorniati dal Coro al Teatro alla Scala.

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Foto Brescia e Amisano

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Daniel Barenboim Nato a Buenos Aires nel 1942, a cinque anni prende le prime lezioni di pianoforte con la madre, per poi proseguire gli studi musicali col padre, che sarà anche il suo unico insegnante. A sette anni dà il suo primo concerto ufficiale nella sua città natale. Nel 1952 si trasferisce con la famiglia in Israele. A undici anni è a Salisburgo per partecipare alle masterclasses di Igor Markevitch. Durante l’estate del 1954 incontra Wilhelm Furtwängler e suona per lui. Il grande direttore scriverà: «Il ragazzo Barenboim, all’età di 11 anni, è un fenomeno...». Nei due anni successivi studia armonia e composizione con Nadia Boulanger a Parigi. A dieci anni debutta come pianista a Vienna e a Roma, poi a Parigi nel 1955, a Londra nel 1956 e a New York nel 1957 sotto la direzione di Leopold Stokowski. Da allora compie regolari tournée in Europa, negli Stati Uniti, in Sud America, in Australia e in Estremo Oriente. Nel 1954 inizia a incidere i primi dischi come pianista. Negli anni Sessanta registra i Concerti per pianoforte di Beethoven con Otto Klemperer, quelli di Brahms con John Barbirolli, nonché tutti quelli di Mozart con la English Chamber Orchestra nel doppio ruolo di pianista e direttore. Dopo il suo debutto come direttore nel 1967 con la Philharmonia Orchestra di Londra, viene invitato da tutte le più importanti orchestre sinfoniche d’Europa e d’America. Fra il 1975 e il 1989 è Direttore Musicale dell’Orchestre de Paris e manifesta il suo interesse per la musica contemporanea dirigendo, fra l’altro, composizioni di Lutosławski, Berio, Boulez, Henze, Dutilleux e Takemitsu. Debutta in campo operistico nel 1973 con Don Giovanni di Mozart al Festival di Edimburgo, e nel 1981 a Bayreuth, dove si esibisce regolarmente per diciotto anni fino al 1999, dirigendo Tristan und Isolde, Der Ring des Nibelungen, Parsifal e Die Meistersinger von Nürnberg.

Dal 1991 al giugno 2006 è stato Direttore Principale della Chicago Symphony Orchestra, che nel 2006 lo ha nominato Direttore Onorario a vita. Dal 1992 è Generalmusikdirektor della Staatsoper Unter den Linden di Berlino, di cui è stato anche Direttore Artistico dal 1992 all’agosto 2002. Nell’autunno 2000 la Staatskapelle di Berlino lo ha nominato Direttore Principale a vita. Con la Staatskapelle ha lavorato a grandi cicli del repertorio sia operistico che sinfonico. Ha suscitato grande interesse a livello internazionale il ciclo di rappresentazioni di tutte le opere di Wagner alla Staatsoper, così come i cicli delle Sinfonie di Beethoven e di Schumann, anche su CD. In occasione dei “Festtage” della Staatsoper Unter den Linden, nel 2007, è stato eseguito alla Berliner Philharmonie, sotto la sua direzione e sotto quella di Pierre Boulez, un Ciclo Mahler in dieci parti. Accanto al grande repertorio classico-romantico, con la Staatskapelle si dedica sempre più alla musica contemporanea, è stata così rappresentata in prima assoluta alla Staatsoper l’opera di Elliott Carter What next?. In ambito sinfonico, sono eseguite regolarmente composizioni di Boulez, Rihm, Mundry, Carter e Höller. Musicisti della Staatskapelle hanno partecipato attivamente alla creazione di un asilo musicale, da lui fondato a Berlino nel settembre 2005. Nel 1999, assieme all’intellettuale palestinese Edward Said, scrittore e professore di letteratura comparata, fonda il workshop “West-Eastern Divan”, che ogni estate invita giovani musicisti d’Israele e dei Paesi arabi a lavorare insieme in orchestra. Attraverso la comune esperienza musicale, il workshop intende creare un dialogo tra le diverse culture del Vicino Oriente. Dagli inizi collaborano al progetto, in qualità di insegnanti, musicisti della Staatskapelle di Berlino. Nell’estate 2005 la West-Eastern Divan Orchestra ha tenuto a Ramallah (Palestina) un concerto di significato storico, trasmesso dalla televisione e registrato su DVD.

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Da qualche tempo ha avviato un progetto per l’educazione musicale nei territori palestinesi, che comprende la fondazione di un asilo musicale e l’istituzione di un’orchestra giovanile palestinese. Nel 2002 a lui e a Said è stato conferito a Oviedo (Spagna) il prestigioso premio “Príncipe de Asturias”, quale riconoscimento del loro impegno per la pace. Ha ricevuto numerosi premi e alte onorificenze: il “Toleranzpreis” della Evangelische Akademie Tutzing, il “Großes Verdienstkreuz mit Stern” della Repubblica Federale Tedesca, la Medaglia “Buber-Rosenzweig”, il “Premio per le Arti” dello Knesset israeliano, il “Premio per la Pace” della Fondazione “Geschwister Korn und Gerstenmann” e il “Premio per la Pace” dell’Assia. È stato inoltre insignito del “Kulturgroschen”, massimo riconoscimento del Kulturrat tedesco, del Premio Internazionale “Ernst von Siemens” e della “Goethe-Medaille”. Nel 2006 ha ricevuto una laurea honoris causa dall’Università di Oxford, nel 2007 le insegne di

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“Commandeur de la Légion d’honneur”. Nell’ottobre 2007 la Casa imperiale giapponese lo ha onorato del “Praemium Imperiale” per la Cultura e le Arti. Di recente è stato nominato Ambasciatore delle Nazioni Unite per la Pace dal Segretario Generale Ban Ki-moon. Insieme alla Staatskapelle e al Coro della Staatsoper, nel 2003 è stato premiato con un Grammy per la registrazione di Tannhäuser di Wagner. Dalla stagione 2007-08 ha avviato una stretta collaborazione con il Teatro alla Scala con il titolo di “Maestro scaligero”: dirigendo regolarmente opere e concerti, oltre a suonare in concerti sinfonici e da camera. Nel dicembre 2011 ha assunto l'incarico di Direttore Musicale. Ha pubblicato vari libri, tra cui: A Life in Music (la sua autobiografia), Paralleli e paradossi, scritto in collaborazione con Edward Said, La musica sveglia il tempo, sull’estetica e sulla democrazia della musica, e nel dicembre 2008 Dialoghi su musica e Teatro – Tristano e Isotta, con il regista Patrice Chéreau. Per ulteriori notizie e aggiornamenti: www.danielbarenboim.com


Claus Guth Nato a Francoforte nel 1964, ha studiato a Monaco di Baviera: filosofia, germanistica e teatro alla Ludwig-Maximilians-Universität, regia teatrale e operistica alla Hochschule für Musik. Sin dagli inizi della carriera si è dedicato con interesse a prime rappresentazioni assolute, quali Cronaca del luogo di Luciano Berio al Festival di Salisburgo (1999) e Celan di Peter Ruzicka alla Semperoper di Dresda (2001). Nel repertorio tradizionale la sua attività spazia da Gluck (Iphigénie en Tauride nel 2000 a Salisburgo e Zurigo) a Verdi e Wagner, passando per Mozart, Rossini, Lortzing, fino ai ‘classici’ moderni come The Rake’s Progress di Stravinskij. Ha lavorato spesso nei teatri d’opera di Zurigo e Basilea, solitamente insieme allo scenografo e costumista Christian Schmidt. A Zurigo ha curato la regia di Fierrabras di Schubert, Radamisto di Händel, Ariane et Barbe-Bleue di Dukas e Ariadne auf Naxos di R. Strauss. Nel 2003 ha debuttato al Festival di Bayreuth con Der fliegende

Holländer. Nel 2005 ha messo in scena a Vienna Lucio Silla di Mozart, il suo primo lavoro in collaborazione con Nikolaus Harnoncourt, con il quale ha poi realizzato nel 2006 Le nozze di Figaro a Salisburgo. Ancora insieme a Christian Schmidt, ha lavorato a Dresda (Die Meistersinger von Nürnberg), alla Bayerische Staatsoper di Monaco (Luisa Miller di Verdi), a Francoforte (Un ballo in maschera di Verdi, Trittico di Puccini) nonché ad Amburgo, dove dopo Simon Boccanegra di Verdi ha messo in scena Der Ring des Nibelungen. Tra i suoi lavori più recenti: Daphne di R. Strauss a Francoforte (“Faustpreis”), Tannhäuser a Vienna, Parsifal a Barcellona e a Zurigo, la Trilogia Mozart-Da Ponte al Festival di Salisburgo, Orfeo e Il ritorno di Ulisse in patria di Monteverdi a Vienna, Pelléas et Mèlisande ancora a Francoforte. Per il Teatro alla Scala, nel marzo 2012, Guth ha curato con successo la regia di Die Frau ohne Schatten di R. Strauss.

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Christian Schmidt Nato in Germania a Coburgo nel 1966, ha studiato scenografia al Mozarteum di Salisburgo e alla Akademie der Bildenden Künste di Vienna con Erich Wonder. Collabora regolarmente col regista Claus Guth: scene del balletto Der bedrohte Mörder per il Bayerisches Staatsballett, La traviata di Verdi a Mannheim, Così fan tutte di Mozart a Ulm, Macht Masse Mensch di Sandeep Bhagwati alla Bayerische Staatsoper di Monaco, Keplers Traum di Giorgio Battistelli e Pnima - Ins Innere di Chaya Czernowin per la Biennale di Monaco di Baviera nonché Mother of Black-Winged Dreams di Hanna Kulenty alla Staatsoper di Amburgo. Ha lavorato più volte con Hans Neuenfels (fra l’altro, Der ClarisseKomplex; Der König Kandaules di Zemlinsky alla Volksoper di Vienna e Amphitryon di Kleist allo Akademietheater di Vienna). Premiato dalla rivista “Theater heute” come “scenografo dell’anno 2003” e come “costumista

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dell’anno 2005”, numerose sono le sue messe in scena per l’Opernhaus di Zurigo, il Teatro di Basilea, le Wiener Festwochen e l’Opera di Francoforte; e poi ancora Der fliegende Holländer di Wagner al Festival di Bayreuth 2003 e Le nozze di Figaro (2006) e Don Giovanni (2008) di Mozart per il Festival di Salisburgo. Nel 2006 ha ricevuto il Rolf-Mares-Preis per Simon Boccanegra di Verdi ad Amburgo (regia di Claus Guth). Tra gli ultimi lavori realizzati con Claus Guth: Messiah di Händel al Theater an der Wien di Vienna (2009), Daphne di R. Strauss all’Opera di Francoforte (2010), Parsifal di Wagner a Barcellona (2010) e Die Frau ohne Schatten di R. Strauss al Teatro alla Scala (2012). Ha inoltre collaborato con Christof Loy in Die lustige Witwe di Lehár a Ginevra (2010) e con Andreas Homoki in La piccola volpe astuta di Janáček alla Komische Oper di Berlino (2011).


Olaf Winter Dopo aver completato i suoi studi di Storia della Musica con un Master of Arts, ha studiato Lighting Design a New York presso lo Studio and Forum of Stage Design. Nel 1989 ha lavorato come lighting designer stabile per William Forsythe e il Frankfurter Ballett e ha collaborato con il Teatro di Stato Bavarese e l’Ensemble Modern (Yellow Shark di Frank Zappa). Nel 1994 è stato nominato lighting designer stabile dell’Opera di Francoforte, nel 2001 ne è diventato anche Direttore Tecnico e dal 2009 ha assunto l’incarico di Direttore Tecnico allo Schauspiel di Francoforte. Ha collaborato con registi come Christoph Marthaler (La traviata di Verdi e Wozzek di Berg all’Opéra-Bastille di Parigi; Kát’a Kabanová di Janáček e Le nozze di Figaro di Mozart

al Festival di Salisburgo), Christof Loy (Giulio Cesare di Händel al Theater an der Wien; Tristan und Isolde di Wagner al Covent Garden di Londra; Alceste di Gluck al Festival di Aix-enProvence; Così fan tutte di Mozart all’Opera di Francoforte; Armida di Gluck al Festival di Salisburgo) e Vera Nemirova (Das Rheingold e Die Walküre di Wagner). Ha preso parte a diverse produzioni firmate da Claus Guth: Un ballo di maschera di Verdi, Trittico di Puccini, Daphne di R. Strauss e Pelléas et Mélisande di Debussy all’Opera di Francoforte, il ciclo Mozart/Da Ponte (Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte) al Festival di Salisburgo, L’Orfeo di Monteverdi al Theater an der Wien e Die Frau ohne Schatten di R. Strauss al Teatro alla Scala.

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Volker Michl Ha studiato danza alla Ballett-Akademie e alla Scuola Internazionale di Danza Contemporanea Iwanson di Monaco di Baviera. Ha lavorato con numerosi coreografi freelance, è stato membro delle Compagnie di Danza Iwanson di Monaco, Laroque di Salisburgo e O Vertigo di Montréal, e ha danzato in parecchie produzioni operistiche della Staatsoper di Monaco e degli Opernfestspiele di Bregenz. Studi e progetti l’hanno portato a New York, a Stoccolma,nello Zimbabwe,aTokyo e a Sarajevo. Per lungo tempo ha fatto parte della Compagnia di Danza Stage.works (Rui Horta), compiendo tournées in Europa e in Sudamerica, ed è stato premiato come miglior ballerino emergente (Ballettanz) e per la migliore produzione nazionale in Portogallo per il duo Pixel (Rui Horta). In Spagna ha danzato con la Compagnia CobosMika, con cui ha girato il suo secondo film di danza Rugas, nonché Mareas (Rui Horta) prodotto dal canale televisivo tedesco ZDF/Arte. Ha lavorato come attore a Das Ballhaus (Jochen Schölch), ha realizzato le produzioni di teatro danza: Meetingpoint, U Turn, So far so close e Intimate Stranger (Johanna Richter), e ha preso parte a musical: Folco Meets Amadeus, Sweeney Todd e La Cage aux Folles. È stato assistente-coreografo per il musical Ludwig2 a Füssen (Conall Morrison e Sylvia Hase), per le produzioni liriche Rinaldo di Händel (Jens Daniel Herzog, Opernhaus di Zurigo), Król Roger di Szymanowski (David Pountney, Opernfestspiele di Bregenz / Gran Teatro del Liceu di Barcellona) e assistente-capo della danza nel tour

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internazionale di audizioni per il musical Dirty Dancing (Eleanor Bergstein, Stage Entertainment). Ha coreografato lavori teatrali al Metropoltheater, ai Kammerspiele e al Residenztheater di Monaco, ai Kammerspiele di Landshut, allo Stadttheater di Landsberg e la produzione di Orlando Misterioso del soprano Nadja Michael (Theater an derWien diVienna). Per Tristan und Isolde di Wagner (Claus Guth, Opernhaus di Zurigo / Deutsche Oper am Rhein di Düsseldorf) ha realizzato la sua prima coreografia per un’opera lirica; a cui sono seguite Trouble in Tahiti di Bernstein (Schorsch Kamerun, Staaatsoper di Monaco), Les contes d’Hoffmann di Offenbach (Grischa Asagaroff, Opernhaus di Zurigo), Der ferne Klang di Franz Schreker (Jens Daniel Herzog, Opernhaus di Zurigo), I masnadieri di Verdi (Guy Joosten, Opernhaus di Zurigo). Recentemente ha preso parte, come direttore artistico associato e coreografo, alla produzione di Parsifal di Wagner firmata da Claus Guth (Gran Teatro del Liceu / Opernhaus di Zurigo) andata in scena a Tokyo (Claus Guth, Nikikai Opera Foundation). Ha creato numerose coreografie e brevi pezzi per studenti di danza, ha coordinato progetti scolastici alla Scuola Internazionale di Danza Contemporanea Iwanson di Monaco e ha vinto le Medaglia d’argento per la sua coreografia Stabat Mater al Tanzolymp 2012 di Berlino. Insegna danza contemporanea moderna e danza jazz in numerosi studio di danza ed è insegnanteospite regolare alla Scuola Internazionale, alla Theaterakademie August Everding e alla Otto Falckenberg Schule di Monaco nonché alla Tanzakademie di Zurigo.


Lohengrin I personaggi e gli interpreti

Foto Farbe

Foto Mathias Bothor

Lohengrin (tenore)

Heinrich der Vogler, re tedesco (basso)

Jonas Kaufamann

Elsa von Brabant (soprano)

Friedrich von Telramund, conte brabantino (baritono)

Foto Monika Ritterhaus

Foto © MarcoBorggreve

René Pape

Tómas Tómasson

Ortrud, sposa di Friedrich von Telramund (soprano)

Der Heerrufer des Königs (basso)

Foto Farbe

Anja Harteros

Evelyn Herlitzius

Zeljko Lucic


Ernst Benedikt Kietz (incisore anonimo da un disegno di). Richard Wagner nel 1842 (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

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RICHARD WAGNER CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE Cesare Fertonani

1813 22 maggio: a Lipsia nasce (Wilhelm) Richard Wagner, ultimo di nove figli di Carl Friedrich, funzionario di polizia, e Johanna Rosine Pätz. 23 novembre: il padre muore nell’epidemia di febbre tifoidea seguita alla battaglia di Lipsia. 1814 28 agosto: la madre si risposa con l’attore, poeta e pittore Ludwig H. Ch. Geyer. La famiglia si trasferisce a Dresda, dove Geyer ottiene un impiego presso il Teatro di Corte. 1821 30 settembre: morte del patrigno. 1822 Entra alla Kreuzschule, e si appassiona alla letteratura greca e alla storia. Tuttavia, la madre teme che anche Richard intraprenda, come il fratello maggiore Albert e le sorelle Rosalie, Cläre e Luise, la carriera teatrale o musicale. 1828 Ritorno a Lipsia. Wagner è iscritto al Nicolai-Gymnasium; insofferente per la rigidità dell’educazione scolastica, è assai più attratto dalla drammaturgia (Shakespeare, Goethe, Schiller) e dalla musica (Mozart, Beethoven, Weber). Scrive la tragedia Leubald, e proprio l’ascolto delle sinfonie di Beethoven lo spinge a dedicarsi alla musica: imbocca la via dell’autodidassi con il Metodo di basso numerato di J. B. Logier e, di nascosto dalla famiglia, prende lezioni di armonia da Ch. G. Müller. 1829 Continua a studiare musica con Müller. L’ascolto della cantante Wilhelmine Schröder Devrient in Fidelio gli lascia un ricordo indelebile. Scrive due Sonate per pianoforte e un Quartetto d’archi, composizioni oggi perdute.

1830 Giugno: abbandona il Nicolai-Gymnasium e si iscrive alla Thomasschule. Luglio: partecipa ai fermenti rivoluzionari di Lipsia. Trascrive per pianoforte la Nona sinfonia di Beethoven e compone alcuni lavori orchestrali, oggi perduti: Paukenschlag-Ouverture, eseguita al Teatro di Corte il 24 dicembre; Ouverture per Die Braut von Messina (F. Schiller); Ouverture in do maggiore. 1831 23 febbraio: si iscrive all’Università di Lipsia per studiarvi musica. Trova inoltre un insegnante di composizione in Ch. Th. Weinlig, Kantor della Thomaskirche. Compone: Ouverture in re minore per orchestra; Ouverture in mi bemolle maggiore per orchestra (perduta); Sonata per pianoforte a quattro mani (perduta); Sonata op. 1 (pubblicata da Breitkopf und Härtel l’anno successivo); Fantasia op. 3 per pianoforte. 1832 Si reca a Vienna, dove ha occasione di apprezzare la musica di Johann Strauss figlio, e quindi a Praga. Qui scrive il libretto (poi distrutto) e parte della musica dell’opera Die Hochzeit. Termina di comporre: Sinfonia in do maggiore, eseguita a Praga in novembre; Ouverture per König Enzio (E. Raupach); Sette brani per il Faust di Goethe op. 5 per voce e pianoforte; Polonaise op. 2 per pianoforte a quattro mani; Sonata op. 4 per pianoforte. 1833 Gennaio: si trasferisce a Würzburg, dove il fratello maggiore Albert, cantante, lo aiuta a ottenere il posto di maestro del coro nel teatro cittadino. Inizia la stesura dell’opera Die Feen (da La donna serpente di C. Gozzi). 1834 6 gennaio: termina l’opera romantica Die Feen. In luglio, al ritorno da un viaggio in

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Boemia, viene nominato direttore d’orchestra della compagnia itinerante di Heinrich Bethmann, attiva soprattutto a Magdeburgo. Qui conosce l’attrice e cantante Minna Planer e se ne innamora. In estate scrive il testo per l’opera Das Liebesverbot oder Die Novize von Palermo (da Measure for Measure di W. Shakespeare). Compone la Neujahrs-Kantate (W. Schmale) per coro e orchestra. 1835 Inizia la composizione di Das Liebesverbot e scrive l’Ouverture per Columbus (Th. Apel). 1836 29 marzo: a Magdeburgo, prima e unica rappresentazione di Das Liebesverbot. In conseguenza del fallimento dell’impresario Bethmann, il Teatro di Magdeburgo è costretto a chiudere. Dopo aver invano cercato una sistemazione a Berlino, a luglio raggiunge Minna Planer a Königsberg. 24 novembre: sposa Minna a Tragheim, nei pressi di Königsberg. Scrive l’Ouverture “Polonia” per orchestra. 1837 Aprile: inizia a lavorare come direttore musicale del Teatro di Königsberg. La sua vita è avvelenata dalla gelosia e dall’infedeltà della moglie, che in seguito fugge con un agiato uomo d’affari. In estate Wagner si stabilisce a Riga, dove gli viene affidata la direzione musicale del Teatro. In autunno si riconcilia con la moglie, che lo raggiunge nella capitale lettone. Risalgono a quest’anno: Ouverture “Rule Britannia” per orchestra; Nicolai-Volkshymne per coro e orchestra. 1838 A Riga inizia la stesura dell’opera Rienzi: il soggetto storico è ispirato al romanzo di E. Bulwer-Lytton, Rienzi, the Last of the Tribunes. 1839 Marzo: viene licenziato dal Teatro di Riga per dissapori e contrasti con la direzione. Luglio: assediato dai creditori, fugge con la moglie dalla città baltica. Burrascosa traversata verso Londra a bordo della goletta Thetis e sosta nel fiordo norvegese di Sandwike; durante il viaggio prende corpo l’idea di scrivere un’opera sulla saga dell’Olandese volante. Dopo una breve sosta a Londra, Wagner giunge infine a Parigi il 17 settembre. Conosce Hector Berlioz.

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1840 Nonostante un certo appoggio da parte di Giacomo Meyerbeer, Wagner non riesce a inserirsi nel mondo musicale parigino. Per sopravvivere, è costretto a elaborare riduzioni per vari strumenti di opere alla moda e a scrivere articoli sulla Gazette Musicale di M. A. Schlesinger. In autunno viene incarcerato per breve tempo quale debitore insolvente. 19 novembre: termina l’opera in cinque atti Rienzi. Conosce Heinrich Heine. Compone: Ouverture per Faust (J. W. Goethe); La descente de la courtille (P. Dumanoir) per coro e orchestra; Trois mélodies (V. Hugo, P. Ronsard) e Les deux grenadiers (F. A. Loeve-Veimar, da H. Heine) per voce e pianoforte. Sulla Gazette Musicale appare la novella Eine Pilgerfahrt zu Beethoven. 1841 Si dedica alla composizione del poema e della partitura di Der fliegende Holländer (da H. Heine). L’opera Rienzi viene accettata dal Teatro di Corte di Dresda e programmata per la stagione successiva. Conosce Franz Liszt, del quale diverrà in breve tempo amico fraterno. 1842 In aprile, i Wagner lasciano Parigi per Dresda. All’inizio dell’estate, nel corso di un soggiorno a Teplitz, risalgono i primi abbozzi letterari e musicali per Der Venusberg (poi ribattezzato Tannhäuser). 20 ottobre: la prima rappresentazione di Rienzi, der letzte der Tribunen al Teatro di Corte di Dresda riscuote entusiastici consensi. 1843 2 gennaio: al Teatro di Corte di Dresda va in scena Der fliegende Holländer; l’accoglienza del pubblico è soltanto cordiale. Febbraio: Wagner accetta la nomina a direttore musicale del Regio Teatro di Dresda. Inizia a comporre Tannhäuser, scrive la scena biblica Das Liebesmahl der Apostel (su testo proprio) per coro maschile e orchestra, e Gesang zur Enthüllung des Denkmals Sr. Maj. des hochseligen Königs Friedrich August des Gerechten per coro maschile e ottoni. 1844 In gennaio è a Berlino per dirigere Der fliegende Holländer, in marzo ad Amburgo per la rappresentazione di Rienzi. Continua a lavorare a Tannhäuser e compone Trauermusik (su temi dell’Euryanthe di Weber) per


fiati e percussioni, per la traslazione delle spoglie di Weber da Londra a Dresda. 1845 In aprile termina la partitura di Tannhäuser. In estate, abbozza le sceneggiature di due nuove opere, che saranno Lohengrin e Die Meistersinger von Nürnberg. 19 ottobre: a Dresda, prima rappresentazione di Tannhäuser, diretta dall’autore; la reazione del pubblico è gelida. Conosce Robert Schumann. 1846 A causa del cattivo esito di Tannhäuser, si dedica soprattutto allo studio e alla direzione d’orchestra. 15 aprile: dirige una storica esecuzione della Nona sinfonia di Beethoven. 1847 22 febbraio: dirige a Dresda Ifigenia in Aulide di Gluck, dopo averne curato la revisione. Lavora alla partitura di Lohengrin. 1848 9 gennaio: morte della madre. In aprile porta a termine la partitura di Lohengrin. In maggio l’ondata rivoluzionaria esplosa in febbraio a Parigi raggiunge gli Stati tedeschi: Wagner partecipa a Dresda alle manifestazioni di rivolta e si guadagna l’ostilità del re e del parlamento con un discorso politico pronunciato alla Società patriottica. Scrive il testo Siegfrieds Tod, primo nucleo poetico di Götterdämmerung, e il saggio Der Nibelungen-Mythus als Entwurf zu einem Drama. 1849 Conosce l’anarchico russo Michail Bakunin e si dedica alla pubblicistica politica. In maggio, partecipa all’insurrezione di Dresda; causa il fallimento dei moti e la conseguente repressione, è costretto a fuggire dalla capitale sassone. Ripara a Chemnitz e quindi a Weimar, presso Liszt, dove viene raggiunto da un mandato di cattura; con l’aiuto dell’amico, passa in Svizzera e, dopo una breve tappa a Parigi, si stabilisce a Zurigo. Progetta due lavori teatrali, Jesus von Nazareth e Achilleus, e scrive i saggi Die Revolution, Die Kunst und die Revolution e Das Kunstwerk der Zukunft. 1850 Si dedica al libretto di un’opera per Parigi, Wieland der Schmied. Febbraio: è a Parigi, ma il progetto dell’opera non incontra successo. Breve e agitata relazione con una giovane ammiratrice, Jessie Laussot, con la

quale medita di recarsi in Grecia e in Asia Minore. Luglio: ritorno a Zurigo. 28 agosto: al Teatro Arciducale di Weimar, Liszt dirige la prima rappresentazione di Lohengrin. Scrive il saggio di ispirazione razziale Das Judentum in der Musik. 1851 Gennaio: completa il suo principale scritto teorico, Oper und Drama. Elabora il testo poetico Der junge Siegfried (poi Siegfried) e concepisce il ciclo dei Nibelunghi (Der Ring des Nibelungen) come opera in quattro parti; stende lo scritto autobiografico Eine Mitteilung an meine Freunde. 1852 Porta a termine i testi letterari di Die Walküre (prima giornata del Ring) e di Das Rheingold (vigilia del Ring). Luglio: primo viaggio in Italia: è a Domodossola e sul Lago Maggiore. 15 dicembre: è concluso il ciclo poetico Der Ring des Nibelungen. Consta di una vigilia, Das Rheingold, e di tre giornate: Die Walküre, Siegfried e Götterdämmerung; tuttavia, Siegfried e Götterdämmerung sono titoli che verranno a sostituire quelli originali, rispettivamente Der junge Siegfried e Siegfrieds Tod, soltanto nel giugno 1856. 1853 Divenuto figura di spicco della vita musicale zurighese, Wagner dirige opere e concerti in molte città svizzere. Settembre: secondo viaggio in Italia; visita Torino, Genova e La Spezia. Novembre: inizia la composizione del Rheingold. 1854 S’innamora di Mathilde Wesendonck, moglie di Otto, ricco e benevolo amico zurighese. 28 maggio: termina la composizione del Rheingold. Inizia subito dopo a lavorare alla partitura della Walküre. Su suggerimento del poeta Georg Herwegh, legge con entusiasmo Die Welt als Wille und Vorstellung di Arthur Schopenhauer, testo filosofico che segnerà profondamente la vita e l’esperienza creativa di Wagner. Vagheggia l’idea di un’opera sull’amore come passione irrealizzabile e rinuncia: è il primo germe di Tristan und Isolde. 1855 Marzo-giugno: è a Londra, su invito della Società Filarmonica, per dirigere otto concerti sinfonici. Il viaggio londinese non gli procura il riscontro economico sperato; unica

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consolazione, a compensare l’ostilità della stampa, il successo di pubblico. 1856 20 marzo: termina la partitura della Walküre. Appassionatosi alle dottrine buddhiste, in maggio traccia uno schizzo per un dramma teatrale poi incompiuto, Die Sieger. In settembre inizia la composizione di Siegfried (seconda giornata del Ring), in dicembre abbozza la sceneggiatura di Tristan und Isolde. 1857 10 aprile: schizza il primo abbozzo letterario di Parzival (il futuro Parsifal). 28 aprile: si trasferisce nella casa chiamata “Asilo”, di proprietà dei Wesendonck. In agosto interrompe la composizione di Siegfried per dedicarsi a Tristan und Isolde: alla stesura del testo e quindi, da ottobre, alla composizione musicale. A fine novembre inizia Fünf Gedichte für eine Frauenstimme (WesendonckLieder), ciclo di Lieder per voce e pianoforte: le poesie sono di Mathilde Wesendonck. 1858 A maggio completa i WesendonckLieder. La situazione precipita: la moglie scopre il suo amore per Mathilde Wesendonck. 17 agosto: lascia Zurigo alla volta di Venezia. Prende dimora a Palazzo Giustinian, dove continua a lavorare a Tristan und Isolde. 1859 24 marzo: giudicandolo persona non gradita per i suoi trascorsi rivoluzionari, la polizia austriaca lo costringe a lasciare Venezia. Si reca a Lucerna. 6 agosto: termina la partitura di Tristan und Isolde. In settembre si trasferisce a Parigi. 1860 Gennaio-febbraio: dirige tre concerti con brani di proprie opere al Théâtre-Italien. 1861 Completa la versione parigina del Tannhäuser, con le nuove stesure del Baccanale e della scena del Venusberg. 13 marzo: la prima rappresentazione di Tannhäuser all’Opéra origina un caso teatrale. Dopo tre recite, disturbate dai soci del Jockey Club, ostili alla principessa di Metternich, patrona di Wagner a Parigi, il compositore ritira l’opera dal cartellone. Si conquista comunque l’ammirazione del mondo letterario: Charles Baudelaire, Théophile Gautier, Catulle Mendès. Agosto: è a Vienna per la programmata pri-

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ma rappresentazione di Tristan und Isolde; tuttavia, per una serie di circostanze sfortunate, l’opera non andrà in scena. È a Venezia, quindi di nuovo a Vienna e a Parigi. Concepisce i primi abbozzi per Die Meistersinger von Nürnberg. 1862 Gennaio: termina il testo dei Meistersinger von Nürnberg. Revocato il bando che dal 1849 lo obbligava all’esilio, Wagner ritorna in Germania. Si stabilisce a Biebrich, presso Magonza (la città del suo editore Schott); qui, in marzo, inizia a lavorare alla partitura dei Meistersinger. Per far fronte alla cronica precarietà delle proprie finanze decide di intraprendere una tournée di concerti: Lipsia, Dresda (dove ha un ultimo incontro con la moglie, che ormai vive separata da lui), Vienna. Qui si inimica per la vita il critico Eduard Hanslick, che nel corso di una lettura del testo dei Meistersinger si riconosce nel personaggio di Beckmesser. 1863 Gennaio-aprile: la tournée prosegue a Praga, Pietroburgo, Mosca. Si stabilisce a Penzing, un sobborgo viennese. Ancora concerti a Budapest, Praga, Karlsruhe, Löwenberg, Breslavia, Vienna. 1864 23 marzo: sotto la minaccia di un arresto per debiti, fugge da Vienna. Si reca dapprima a Mariafeld, in Svizzera, quindi a Stoccarda. Qui, il 3 maggio, lo raggiunge l’invito di Ludwing II, re di Baviera, che lo vuole a Monaco presso di sé. 4 maggio: a Monaco, incontro con Ludwing II. Il re, grande ammiratore del musicista, desidera che Wagner possa comporre in tranquillità; così, gli paga i debiti e gli garantisce un reddito annuo. Wagner s’innamora di Cosima Liszt (1837-1930), figlia di Franz e moglie di Hans von Bülow. 1865 10 aprile: nasce Isolde, frutto della relazione con Cosima Liszt-von Bülow. 10 giugno: al K. Hof- und National-Theater di Monaco va in scena Tristan und Isolde, sotto la direzione di Hans von Bülow. In agosto termina la sceneggiatura di Parsifal, mentre prosegue a comporre Siegfried. Negli ambienti governativi e di corte, l’amicizia col re crea attorno a Wagner un clima di invidia, risentimento e preoccupazione. In dicembre, il compositore lascia Monaco e prende alloggio in una casa di


Wagner e Cosima. Fotografia di Fritz Luckardt, Vienna, 1872.

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campagna nei pressi di Ginevra. Comincia a scrivere la sua autobiografia, Mein Leben. 1866 Riprende la composizione dei Meistersinger von Nürnberg e medita di stabilirsi nella Francia meridionale. 25 gennaio: a Dresda muore la moglie Minna. Aprile: Wagner si trasferisce a Tribschen, presso Lucerna. 1867 7 febbraio: nasce Eva, secondogenita di Wagner e Cosima von Bülow. 24 ottobre: completa la partitura dei Meistersinger von Nürnberg. 1868 21 giugno: a Monaco, prima rappresentazione dei Meistersinger von Nürnberg: direttore è von Bülow; l’autore assiste alla recita accanto a Ludwing II, nel palco reale. In settembre, viaggio con Cosima nell’Italia settentrionale. Novembre: Cosima lascia il marito e si trasferisce in via definitiva a Tribschen con le figlie Isolde ed Eva. 1869 Riprende a lavorare a Siegfried. 17 maggio: incontro con Friedrich Nietzsche, in visita da Basilea. 6 giugno: nasce il figlio Siegfried. 22 settembre: contro la sua volontà, per desiderio di re Ludwing, a Monaco va in scena Das Rheingold. 2 ottobre: inizia a comporre Götterdämmerung (terza giornata del Ring). Scrive il saggio Über das Dirigieren. 1870 26 giugno: ancora contro la sua volontà – ormai Wagner concepisce per la rappresentazione delle proprie opere un teatro particolare, diverso dalle strutture tradizionali – a Monaco va in scena Die Walküre. 25 agosto: sposa Cosima, che nel frattempo ha ottenuto il divorzio da von Bülow. Dicembre: compone Siegfried-Idyll per tredici strumenti, quale ringraziamento a Cosima, nel giorno del suo compleanno, per la nascita del figlio. Scrive il saggio commemorativo Beethoven. 1871 5 febbraio: termina la composizione di Siegfried. In aprile inizia un viaggio nel Reich tedesco. A Bayreuth per un sopralluogo al Teatro dell’Opera, decide di progettare uno spazio destinato unicamente alle proprie opere; l’amministrazione cittadina delibera di mettere a disposizione di Wagner un’area fabbricabile per il Festspielhaus. 1° novembre: a Bologna si rappresenta Lohengrin.

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Compone Kaisermarsch (su testo proprio) per coro maschile all’unisono e orchestra, e pronuncia la conferenza Über die Bestimmung der Oper all’Accademia Reale delle Arti di Berlino. Incontro con il cancelliere Bismarck. 1872 22 aprile: si trasferisce con la famiglia a Bayreuth. 22 maggio: pone la prima pietra del Festspielhaus e la sera dirige, in un concerto celebrativo, la Nona sinfonia di Beethoven. Continua la composizione di Götterdämmerung. 1873 Concerti ad Amburgo, Berlino, Colonia. In settembre riceve la visita di Anton Bruckner, che gli dedica la sua Terza sinfonia. 1874 Ludwing II di Baviera interviene per sanare la crisi finanziaria dell’impresa di Bayreuth. In estate, Wagner riunisce nella sua casa “Wahnfried”, per alcune sedute di studio, i cantanti scelti per l’inaugurazione del Festspielhaus. 21 novembre: completa la partitura di Götterdämmerung e, con essa, l’intero ciclo del Ring; è la conclusione di un’avventura creativa iniziatasi ventuno anni prima. Dicembre: Kinderkatechismus (su testo proprio) per quattro voci infantili e piccola orchestra. 1875 Wagner tiene concerti a Vienna, Budapest (insieme con Liszt), Berlino. In estate incominciano a Bayreuth, sotto la direzione di Hans Richter, le prove per la rappresentazione del Ring. 1876 17 marzo: termina di comporre Grosser Festmarsch per orchestra, in occasione del centenario della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America. 13-30 agosto: inaugurazione del Festspielhaus con tre rappresentazioni del Ring des Nibelungen, diretto da Hans Richter; sono presenti l’imperatore Guglielmo I, l’imperatore Dom Pedro del Brasile e il re Ludwing II di Baviera. Settembre-dicembre: viaggio in Italia con la famiglia e lungo soggiorno a Sorrento. 1877 Febbraio-aprile: ritorna al progetto Parsifal, di cui ridisegna la sceneggiatura e scrive il libretto. Maggio: per cercare di coprire il disastroso deficit di Bayreuth, dirige otto


concerti all’Albert Hall di Londra. Viene anche ricevuto dalla regina Vittoria, ma il successo economico dell’iniziativa è minimo; Wagner pensa addirittura di lasciare Bayreuth ed emigrare negli Stati Uniti. Settembre: primi abbozzi compositivi per Parsifal. 1878 Continua a lavorare alla partitura di Parsifal. 31 marzo: è ancora una volta Ludwing di Baviera a salvare, con generosità, Wagner dai debiti. Fondazione della rivista Bayreuther Blätter, curata da Hans von Wolzogen. Scrive il saggio Publikum und Popularität. 1879 Scrive i saggi Über das Dichten und Komponieren e Über die Anwendung der Musik auf das Drama. Continua la stesura di Parsifal. 1880 Gennaio-ottobre: soggiorno in Italia. È a Napoli, Siena, Venezia. Scrive il saggio Kunst und Religion; termina di lavorare a Mein Leben.

1881 Novembre: ha inizio un nuovo viaggio in Italia. La meta è la Sicilia, Palermo in particolare. È di quest’anno il saggio Erkenne dich selbst. 1882 13 gennaio: a Palermo Wagner completa la partitura di Parsifal. 1° maggio: ritorno a Bayreuth. 26 luglio: a Bayreuth, prima rappresentazione di Parsifal; direttore è Hermann Levi. La recita inaugurale è seguita da quindici repliche. 14 settembre: parte con la famiglia per Venezia, dove alloggia a Palazzo Vendramin-Calergi. 24 dicembre: dirige al Teatro La Fenice la sua giovanile Sinfonia in do maggiore (1832). 1883 13 febbraio: mentre sta lavorando al saggio Über das Weibliche im Menschlichen, viene colpito da un attacco cardiaco che risulta fatale. 18 febbraio: la salma di Wagner, traslata a Bayreuth, viene tumulata nel giardino di villa “Wahnfried”.

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Letture Maurizio Giani*

Quale sia l’espansione della galassia cartacea sviluppatasi intorno al nome di Richard Wagner lo dimostra in modo eloquente un aggiornamento statistico: nel corso di cinque anni, dall’autunno 2007 all’autunno 2012, il solo archivio digitalizzato di periodici accademici messo a disposizione su Internet da JSTOR (un sito tra molti) è passato da 25.864 a 33.800 pubblicazioni che a vario titolo e con diversa ampiezza trattano o menzionano Wagner; inoltre sono attualmente ben 3.533 gli articoli reperibili nella stessa banca dati nei quali siano contenute discussioni o analisi più o meno estese del Lohengrin. Nonostante una consistente flessione nell’incremento relativo all’ultimo biennio, questi numeri confermano una volta di più, ad abundantiam, che il massimo drammaturgo musicale tedesco è ancora un protagonista assoluto della vita culturale d’Occidente. Lohengrin è senza dubbio l’opera di Wagner più amata dagli italiani: secondo i calcoli della studiosa tedesca Ute Jung (cfr. più avanti), nei primi cento anni della sua presenza nei nostri teatri è stato messo in cartellone non meno di 403 volte. (La Walkiria, buona seconda, si attesta nello stesso arco di tempo su “solo” 147 allestimenti.) La parte più consistente della letteratura italiana sul Lohengrin è

prevedibilmente dedicata alla storica prima rappresentazione andata in scena al Teatro Comunale di Bologna il 1° novembre 1871: un evento che diede avvio alla colonizzazione wagneriana dei teatri lirici italiani e scatenò una polemica senza termini di confronto in Europa. Wagner accolse con comprensibile soddisfazione le notizie del trionfo bolognese; al telegramma di Arrigo Boito inviatogli la sera stessa della “prima” replicò il 7 novembre con una lunga lettera, che volle poi inserire nel quinto volume delle sue Gesammelte Schriften con il titolo Lettera a un amico italiano a proposito della rappresentazione del “Lohengrin” a Bologna. Boito la tradusse prontamente e la fece pubblicare nel periodico bolognese “L’Arpa” del 3 dicembre 1871; un passo dello scritto è divenuto famoso: “A noi tedeschi non arride alcuna più bella scelta d’amore di quella che accoppiasse il genio d’Italia con quello di Germania. Se il mio povero Lohengrin dovesse essere stato il pronubo di queste nozze, vuol dire che gli sarebbe riuscito il più splendido atto d’amore”. (La citazione proviene dalla versione di Ervino Pocar compresa nell’antologia di scritti wagneriani Ricordi Battaglie Visioni, Milano-Napoli, Ricciardi, 1955, pp. 71-75, che riporta anche l’altra lettera, pure accolta nelle Schriften,

* Maurizio Giani (1948), chitarrista e musicologo, ha insegnato dal 1994 Storia della musica all’Università di Salerno e dal 2002 è professore associato di Estetica musicale nell’Università di Bologna. Nel 1999 ha pubblicato il saggio Un tessuto di motivi. Le origini del pensiero estetico di RichardWagner. Di formazione filosofica, è esperto dell’Ottocento romantico tedesco (Lied, Hanslick) e ha pubblicato nel 2011 un’ampia monografia su Brahms.

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scritta da Wagner il 1° ottobre 1872 al sindaco di Bologna, in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria.) Quanto poi salisse la “febbre lohengriniana” negli anni seguenti lo dimostra anche qui una nuda cifra: nel primo venticinquennio di presenza nei teatri della Penisola, l’opera toccò la cifra record di 861 recite. (Ma alla Scala, roccaforte dei tradizionalisti, Lohengrin dovette attendere il 1888 per conquistare definitivamente il pubblico, dopo la débâcle del marzo 1873.) La storia del Lohengrin bolognese, e dei dibattiti scatenati dalla serata d’Ognissanti, è stata narrata innumerevoli volte; tra gli scritti più significativi si possono menzionare Al “Lohengrin” di Enrico Panzacchi, a metà tra il resoconto giornalistico e la novella musicale, raccolto poi nel suo Riccardo Wagner. Ricordi e studi, Bologna, Zanichelli, 1883, pp. 65-75, e le pagine di Gino Monaldi nel suo Le prime rappresentazioni celebri, Milano, Treves, 1910, pp. 311-312. I saggi di riferimento prodotti in merito dalla musicologia del secondo Novecento sono due: Claudio Santini e Lamberto Trezzini, La questione wagneriana, in Due secoli di vita musicale. Storia del Teatro Comunale di Bologna, a cura di Lamberto Trezzini, II ed., Bologna, Nuova Alfa, 1987, pp. 101-158, e Ute Jung, La fortuna di Wagner in Italia, in Wagner in Italia, a cura di Giancarlo Rostirolla, Torino, ERI, 1982, pp. 57 sgg. Di recente è tornato sull’argomento l’autore di queste righe, con un riesame delle fonti

coeve, in “Lohengrin” a Bologna il 1° novembre 1871, nel volume Sonata a tre, curato da Piero Mioli, Lucca, LIM, pp. 19-45 (una silloge di studi sulle due prime bolognesi del Don Carlos e del Lohengrin, di cui è prevista l’uscita tra breve in occasione del doppio centenario di Verdi e Wagner). Veniamo alle versioni del poema. In vista delle rappresentazioni bolognesi il baritono e didatta palermitano Salvatore Marchesi (1822-1908) approntò quella che doveva rimanere la prima traduzione italiana in genere di un libretto wagneriano. Marchesi conosceva bene il tedesco, avendo vissuto e lavorato a lungo in Germania, ma nel cimentarsi con una versione ritmica non poté sfuggire alla lunga consuetudine, maturata in tanti anni di carriera, con lo stile librettistico nazionale, e finì con il conferire una tinta italianissima al Lohengrin. Basti come esempio l’invocazione di Ortrud, “Wodan! Dich Starken rufe ich! / Freia! Erhab’ne, höre mich!” (II, 2), che nella sua versione diventa l’improbabile “Satan! – – Signor dell’Erebo – – / Satan! – – m’ascolta, aiutami!”. Insieme ad altre versioni ottocentesche e primonovecentesche dei poemi wagneriani, questo singolare cimelio è stato ristampato in Richard Wagner, Tutti i libretti d’opera, a cura di Piero Mioli, Milano, Newton & Compton, 1998, vol. I, pp. 279-298. Per le successive traduzioni nella nostra lingua ripetiamo quanto già scritto in varie altre schede wagneriane: in ordine cronologico, abbiamo le tre che

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figurano nelle edizioni, più o meno integrali, del corpus librettistico wagneriano, di Guido Manacorda (Lohengrin, riveduto nel testo, con versione ritmica a fronte, introduzione e commento a cura di G. M., Firenze, Sansoni, 1ª ed. 1921, ultima ristampa 1983), di Diana Dell’Omodarme (I libretti, Torino, Utet, 1966, senza testo a fronte) e di Olimpio Cescatti (Tutti i libretti di Wagner, Milano, Garzanti, 1992). Come in altri casi, Manacorda offre nei suoi apparati documenti non presenti nelle altre edizioni, a cominciare dal lungo passo del Racconto del Gral espunto da Wagner. Completamente nuova è la traduzione del libretto wagneriano pubblicata nel presente programma (e adottata nei sottotitoli proiettati in sala durante l’allestimento dell’opera), a cura di un esperto di opera tedesca qual è Quirino Principe. Notizie di prima mano sulla genesi del Lohengrin si leggono naturalmente nelle due principali narrazioni della propria vita scritte da Wagner, Una comunicazione ai miei amici, Pordenone, Studio Tesi, 1985, e La mia vita (a cura di Massimo Mila, Torino, Utet, 1974; a cura di Sergio Varini, con il titolo Autobiografia, Milano, Dall’Oglio, 1983). Soprattutto nella Comunicazione, un vero e proprio saggio di autobiografia intellettuale, Wagner si diffonde sulle numerose fonti medievali da lui consultate prima di comporre il poema: si tratta del Parzival di Wolfram von Eschenbach, del poema anonimo, risalente al XII secolo, La chanson du che-

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valier au cygne et de Godfroi de Bouillon, e delle versioni tedesche del secolo successivo, Der Schwanritter (Il cavaliere del cigno), di Konrad von Würzburg, e Lohengrin, di un anonimo poeta bavarese. Ai due testi autobiografici va aggiunto un altro documento prezioso, il fittissimo scambio di lettere tra Wagner e Liszt nelle settimane che precedettero la prima esecuzione assoluta, avvenuta a Weimar il 28 agosto 1850 sotto la direzione di Liszt. Impossibilitato ad assistervi, Wagner, che dal 1849 si trovava in esilio in Svizzera, inviò all’amico un gran numero di indicazioni per l’allestimento, che rendono il carteggio un affascinante viaggio nella parte “pratica” della drammaturgia wagneriana. Fu allora che il compositore, che non amava certo vedersi sforbiciate le proprie opere, accondiscese a far apportare da Liszt, e finì con il canonizzare, un ampio taglio – rispettato in quasi tutta la tradizione esecutiva – nel racconto del Gral intonato dal protagonista nel finale del III atto (si tratta della parte in cui Lohengrin svela il sortilegio di Ortrud ai danni di Gottfried, il fratello di Elsa creduto morto e in realtà trasformato in cigno). L’epistolario si legge nella classica e non sempre impeccabile versione di Allegrina Cavalieri Sanguinetti, apparsa nel 1896 per i tipi dei Fratelli Bocca: Epistolario Wagner-Liszt, con prefazione di Enrico Panzacchi. La ristampa anastatica in due volumi, edita a Firenze nel 1983 da Passigli, è arricchita da integrazioni e apparati di note di Michelangelo Pascale,


che ha tradotto le lettere mancanti nella prima edizione tedesca nonché i passi omessi di quelle edite. A Liszt si deve anche uno dei primi scritti importanti sul Lohengrin, un’esegesi dell’opera scritta poco dopo la prima assoluta, pubblicata in volume nel 1851 insieme ad un saggio precedente sul Tannhäuser: Lohengrin et Tannhäuser de Richard Wagner (una traduzione italiana, a cura di Riccardo Morello con prefazione di Paolo Isotta, è apparsa nel 1982 negli Oscar Mondadori; la prima edizione critica del testo, redatto in francese e in tedesco, è quella curata da Detlef Altenburg: Franz Liszt, Sämtliche Schriften, Band 4. Lohengrin et Tannhäuser de Richard Wagner. Lohengrin und Tannhäuser von Richard Wagner, Wiesbaden, Breitkopf & Härtel, 1989). Peraltro manca ancora alla bibliografia lohengriniana uno studio autonomo di carattere monografico paragonabile, poniamo, a quello di Warren Darcy sull’Oro del Reno o al volume collettivo curato da Thomas Grey sull’Olandese volante. A titolo di curiosità si può ricordare tutt’al più il vecchio libriccino di Carlo Jachino, Lohengrin, di R. Wagner: guida attraverso il poema e la musica, Milano, R. Caddeo e C., ca. 1923, che amplia, ma con criteri e presupposti ermeneutici del tutto obsoleti, le guide tematiche confezionate da Guglielmo Bassi a cavallo tra Otto e Novecento a corredo delle traduzioni di vari altri poemi wagneriani edite da Ricordi. Capitoli più o meno estesi sull’opera si leggono nelle ampie mono-

grafie wagneriane di riferimento, scritte tutte nel secondo Novecento: Curt von Westernhagen, Wagner, Milano, Accademia, 1972); Robert W. Gutman, Wagner, Milano, Rusconi, 1983, Martin GregorDellin Wagner, Milano, Rizzoli, 1983, mentre una delle guide più articolate rimane quella contenuta nelle Wagner Nights di Ernest Newman (1949), apparso in traduzione italiana con il titolo Le opere di Richard Wagner (Milano, Mondadori, 1981). Per quanto riguarda le fonti del poema, il solo Parzival di Wolfram von Eschenbach è disponibile in italiano, a cura di Laura Mancinelli, nella traduzione di Cristina Gamba (Torino, Einaudi, 1993). A chi desideri un agile quadro d’assieme dei testi medievali letti da Wagner, e in pari tempo informazioni circa i suoi interventi sullo svolgimento dell’azione ivi narrata, che gli appariva “insulsa”, è consigliabile il paragrafo iniziale del capitolo su Lohengrin di un volume fondamentale: Carl Dahlhaus, I drammi musicali di Richard Wagner, Venezia, Marsilio, 1984, pp. 4963, che affronta la materia non in prospettiva erudita, ma con l’occhio al nucleo drammatico che Wagner intendeva sviluppare partendo dalle varie versioni del XIII secolo. Di fatto, come l’Olandese volante e Tannhäuser, anche la terza opera romantica di Wagner – che mescola con disinvoltura la sfera fiabesca alla minuziosa ricostruzione ambientale, tanto da assumere le forme di un dramma storico – è una “tragedia dell’artista assoluto”,

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dell’eroe che si pone di fronte ad un mondo gretto e insensibile che determinerà il naufragio delle sue speranze. I legami tematici che intercorrono tra le opere della trilogia giovanile sono tratteggiati in modo particolarmente chiaro e brillante, non senza spunti ironici, nel Richard Wagner di un grande critico letterario tedesco di orientamento marxista, Hans Mayer (I ed. 1959; trad. it., Milano, Mondadori, 1967). Musicologo dilettante, Mayer si limita a cenni alquanto generici sulla musica, ma sa scendere con rara lucidità al cuore di numerosi problemi di natura filosofica e ideologica del “caso Wagner”, e ne discute in tono comprensibilmente accigliato la difficile collocazione a partire dalla situazione culturale della Germania postbellica. Tra i numerosi articoli dedicati ad aspetti specifici del Lohengrin due spiccano, a firma rispettivamente di Philip Friedheim e di Lawrence Kramer, per l’originalità del taglio. Friedheim si occupa dell’“estetica dell’urlo” in Wagner (Wagner and the Aesthetics of the Scream, “19 thCentury Music”, VII, n. 1, 1983, pp. 6370), da lui definito il primo drammaturgo ad aver esplorato seriamente l’impiego del grido, perlopiù non notato in partitura, nel teatro musicale. Lo studioso ci ricorda che nel III atto del Lohengrin vi sono due momenti del genere, indicati nelle prescrizioni sceniche, che giova riferire, visto che vengono quasi sempre omessi nelle rappresentazioni dell’opera: al culmine del duetto Lohengrin-Elsa

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quest’ultima, appena posta al consorte la sciagurata domanda, scorge Telramund e i suoi che da una porta sul fondo stanno irrompendo in camera, e “dopo un grido terribile” esclama “Salvati! La tua spada, la tua spada!”. Sul piano psicologico, l’urlo non è provocato semplicemente dalla sorpresa alla vista di Telramund, ma va inteso piuttosto come una violenta reazione alla tensione accumulatasi nella lunghissima scena precedente. Una regia consapevole dovrebbe tenerne conto, come dovrebbe tener conto dell’altra prescrizione nella scena finale, allorché Lohengrin restituisce a Elsa il fratello Gottfried in sembianze umane: a quel punto, scrive Wagner, “Ortrud cade a terra con un grido”. Lawrence Kramer, nel suo Contesting Wagner: The Lohengrin Prelude and Antianti-Semitism, “19th-Century Music”, XXV, nn. 2-3 (autunno/primavera 200102), pp. 190-211, prende invece le mosse dalla celeberrima scena del Grande dittatore in cui Chaplin/Hitler gioca con il mappamondo al suono del Preludio, mettendola a confronto con il finale del film, in cui il barbiere ebreo, sosia del dittatore, tiene il non meno celebre “discorso all’umanità”, aperto anch’esso dalla musica del Lohengrin. Kramer osserva che nel far assumere al Preludio due diverse connotazioni – dapprima come simbolo del potere mondiale sognato da Hitler, poi come commento “positivo” al discorso filantropico e pacifista del suo sosia – Chaplin si inscrive in una linea interpretativa


inaugurata proprio da Franz Liszt nel suo saggio del 1851. Forse reagendo al violento libello Sul giudaismo in musica, pubblicato da Wagner pochi giorni dopo le recite di Weimar, Liszt, secondo Kramer, aveva avallato una interpretazione “anti-antisemita” dell’opera. Lo confermerebbe un passaggio singolare nel suo testo: “Questa introduzione [il Preludio all’Atto I] comprende in sé e rivela l’elemento mistico sempre presente e sempre nascosto nell’opera; segreto divino, forza soprannaturale, legge suprema del destino dei personaggi e della serie di eventi che ci accingiamo a contemplare. Per farci comprendere la potenza indicibile di questo segreto, Wagner ci mostra anzitutto la bellezza ineffabile del santuario, dimora di un Dio che vendica gli oppressi, e ai propri fedeli null’altro chiede se non amore e fede. Egli ci inizia al Santo Gral, fa risplendere davanti ai nostri occhi questo tempio costruito con legno incorruttibile, dalle mura profumate, dalle porte d’oro […]” (cito dall’edizione originale, edita in francese da Brockhaus, Leipzig, 1851, p. 48). Perché, si chiede Kramer, se il segreto mistico è tanto ineffabile da spingere Wagner a rappresentare in sua vece il santuario che lo custodisce, Liszt sente il bisogno di parlare di giustizia e di grazia divina? Alle furibonde esternazio-

ni antisemite del libello e di lettere scritte dall’amico in quel periodo, Liszt aveva risposto invitandolo a ritrovare i valori autentici del cristianesimo, la fede e l’amore: appunto gli stessi che ricorrono nella sua caratterizzazione della musica. Tuttavia, nella nota illustrativa al Preludio redatta in seguito per un concerto a Zurigo, Wagner contestualizzerà il mondo in cui Lohengrin discende per salvare Elsa in termini che rispecchiano la sua visione del capitalismo moderno, dominato dai banchieri ebrei, piuttosto che la società brabantina del X secolo. Nella mente del suo creatore, la musica del Gral era un simbolo intriso di disgustosi armonici politici (nel 1853 Wagner dichiarerà all’amico di accingersi a comporre l’Anello del Nibelungo “per gli ebrei di Francoforte e di Lipsia”); ma poco importa se i velati argomenti di Liszt a favore di una visione ecumenica e sovratemporale del Lohengrin rimasero, nella loro indubbia nobiltà, del tutto inani. Nelle due scene del Grande dittatore, mostrando l’ambiguità della musica di fronte ai proclami ideologici, Chaplin ha implicitamente rivendicato il diritto dei posteri di continuare quantomeno a separare quella che Thomas Mann definì la vetta del romanticismo dalla più odiosa interpretazione “immanentistica” che si possa immaginare.

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Clementine Stockar-Escher. Richard Wagner a Zurigo nel 1853; da Martin Geck, Die Bildnisse Richard Wagners, M端nchen, 1970.

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DISCOGRAFIA Luigi Bellingardi

Personaggi Heinrich der Vogler; Lohengrin; Elsa von Brabant; Friedrich von Telramund; Ortrud; Der Heerrufer; 4 Brabantische Edle; 4 Edelknaben. Registrazioni antiche con voci storiche 1935 Emanuel List; Lauritz Melchior; Lotte Lehmann; Friedrich Schorr; Marjorie Lawrence; Julius Huehn; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Artur Bodanzky. Melodram CD 37049 (3 compact) – Walhall WHL 35 (3 compact) – Gebhardt JGCD 0023-2 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 21 dicembre 1935 al Metropolitan. 1936 Alexander Kipnis; René Maison; Germaine Hoerner; Fred Destai; Marjorie Lawrence; Fritz Krenn; Heinz Fleischer - Luis Santoro - Jorge Andronoff - Victorio Bacciato; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Colón di Buenos Aires, dir. Fritz Busch. Archipel ARPCD 0182 (3 compact) – Premiere Opera CDNO 1621-3 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 17 settembre 1936 al Teatro Colón. 1937 Ludwig Hofmann; René Maison; Kirsten Flagstad; Julius Huehn; Karin Branzell; Arnold Gabor; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Maurice de Abravanel. Helikon 3526 (3 compact) – Walhall Eternity Series WLCD 0011 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita del 1937 al Metropolitan. 1940 Emanuel List; Lauritz Melchior; Elisabeth

Rethberg; Julius Huehn; Kerstin Thorborg; Leonard Warren; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Erich Leinsdorf. Membran 220726 (3 compact) – Guild Immortal Performances GHCD 2278 (3 compact) – Arkadia Golden Age 3CD 2020 (3 compact) – Gebhardt JGCD 0007 (3 compact) – Walhall WHL 18 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 27 gennaio 1940 al Metropolitan. 1942 Ludwig Hofmann; Franz Völker; Marie Müller; Jaro Prohaska; Margarete Klose; Walther Grossmann; non indicati; non indicati. Chor der Staatsoper Berlin, Staatskapelle Berlin, dir. Robert Heger. Grammofono 2000 AB 78 863 (3 compact) – Preiser Records PR 90043 (3 compact) – Cantus Classics 500208 (4 compact). Si ascolta l’incisione effettuata nel 1942 a Berlino, presumibilmente da una trasmissione radiofonica. 1943 Norman Cordon; Lauritz Melchior; Astrid Varnay; Alexander Sved; Kerstin Thorborg; Mack Harrel; Emery Darcy - John Dudley - George Cehanowsly - Lansing Hatfinld; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Erich Leinsdorf. Myto Records 3MCD 923.66 (3 compact) – Arkadia The Golden Age GA 2036 (3 compact) – Naxos Historical 8.110235 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 2 gennaio 1943 al Metropolitan. 1945 Norman Cordon; Lauritz Melchior; Astrid Varnay; Alexander Sved; Kerstin Thorborg; Mack Harrell; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Erich Leinsdorf.

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Omega Opera Archive 665 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 24 febbraio 1945 al Metropolitan. 1947 Dezsö Ernster; Lauritz Melchior; Helen Traubel; Osie Hawkins; Margaret Harshaw; Hugh Thompson; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Fritz Busch. Omega Opera Archive 1418 (3 compact) – Grammofono 2000 AB 78747 (3 compact) – Walhall Eternity Series WLCD 0205 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 25 gennaio 1947 al Metropolitan. 1948 Gyorgy Losonczy; Jozsef Simandy; Magda Rigo; Laszlo Jambor; Elia Nemerthy; Sandor Remenyi; Bela Hollay - Ceza Lux - Gjozo Mally - Sandor Ilyes; non indicati. Coro e Orchestra dell’Opera di Stato Ungherese, dir. Otto Klemperer. Grammofono 2000 AB 78886 (3 compact) – Urania Archivio Storico URN 22.147 (2 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della perfomance del 24 ottobre 1948 a Budapest: l’opera è cantata in lingua ungherese. 1949 Gennadij Troickij; Ivan Kozlovskij; Elizaveta Sumskaja; Ilja Bogdanov; Evgenija Smolenskaja; Ju Galkin; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra della Radio dell’URSS, dir. Samuel Samosud. Walhall Eternity Series WLCD 0037 (3 compact). Si ascolta l’incisione effettuata in studio a Mosca: l’opera è cantata in lingua russa. Incisioni degli anni Cinquanta 1950 Dezsö Ernster; Lauritz Melchior; Helen Traubel; Herbert Janssen; Astrid Varnay; Frank Guarrera; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Fritz Stiedry. Danacord DACOCD 222 (3 compact) – Archipel ARPCD 0127 (3 compact) – Walhall Eternity Series WLCD 0146 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 7 gennaio 1950 al Metropolitan. 1951 Josef Greindl; Petere Anders; Trude Eipperle;

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Karl Kronenberg; Helena Braun; Günther Ambrosius; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra Sinfonica della Radio di Colonia, dir. Richard Kraus. Myto Records MCD 934.85 (3 compact) – Cantus Classics CACD 5.00374 (2 compact). Si ascolta la ripresa da una trasmissione radiofonica. 1951 Kurt Böhme; George Vincent; Marianne Schech; Andreas Boehm; Margarete Klose; Willi Wolf; Karl Ostertag - Rudolf Wunzer - Walter Carnuth - Adolf Keil; non indicati. Coro e Orchestra dell’Opera di Stato Bavarese, dir. Rudolf Kempe. Pilz 44 2118-2 (3 compact) – Urania URN 22.200 (3 compact) – Acanta 44 2133 (4 compact). Si ascolta la registrazione realizzata in studio a Monaco di Baviera. 1952 Otto von Rohr; Lorenz Fehenberger; Annelies Kupper; Ferdinand Frantz; Helena Braun; Hans Braun; Franz Weiss - Karl Kreile - Heinz-Maria Lins - Maximilian Eibl; Margot Grebner - Isolde Combach - Dagmar Naaf - Therese Oertel. Coro e Orchestra Sinfonica della Radio Bavarese, dir. Eugen Jochum. Preiser PR 90603 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una trasmissione radiofonica. 1953 Gottlob Frick; Rudolf Schock; Maud Cunitz; Josef Metternich; Margarete Klose; Horst Günter; Joshard Daus - Günter Genersch - Emst-Max Lohr - Horst Sellentin; Dorothea Forster Georgi - Karla Dürring - Margot Fehling - Anny Cornelius. Coro maschile del West-Deutscher Rundfunk di Colonia, Coro e Orchestra Sinfonica del Nord-West-Deutscher Rundfunk di Amburgo, dir. Wilhelm Schüchter. EMI Classics CHS 5 65517-2 (3 compact) – Walhall WLCD 0075 (3 compact) – Walhall Eternity Series WLCD 0075 (3 compact). Si ascolta la registrazione effettuata in coproduzione con il NDR tra il 6 e l’11 luglio 1953. 1953 Josef Greindl; Wolfgang Windgassen; Eleanor Steber; Hermann Uhde; Astrid Varnay; Hans Braun; Gerhard Stolze - Joseph Janko - Alfons Herwig - Theo Adam; Lieselotte Kiefer - Gerda Grasser - Erika Eskelsen - Roswitha Burow. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Joseph Keilberth. Teldec 4509 93674-2 (4 compact) – Naxos


8.110308 (3 compact) – Membran 223056 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della serata inaugurale del Festival di Bayreuth 1953. 1953 Dezsö Ernster; Brian Sullivan; Eleanor Steber; Sigurd Björling; Margaret Harshaw; Arthur Budney; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Fritz Stiedry. Omega Opera Archive 324 (3 compact) – Gala GL 100640 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita dell’11 aprile 1953 al Metropolitan. 1954 Theo Adam; Wolfgang Windgassen; Birgit Nilsson; Hermann Uhde; Astrid Varnay; Dietrich Fischer-Dieskau; Gerhard Stolze - Gené Tobin Toni Blankenheim - Franz Crass; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Eugen Jochum. Hunt LSMH 34031 (3 compact) – Great Opera Performance 66336 (3 compact) – Golden Melodram GM 1.0031 (3 compact) – Laudis LCD 44035 (3 compact) – Melodram MEL 36104 (3 compact) – Opera d’Oro OPD 1149 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Festival di Bayreuth 1954. 1954 Giulio Neri; Gino Penno; Renata Tebaldi; Giangiacomo Guelfi; Elena Nicolai; Enzo Viaro; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, dir. Gabriele Santini. Hardy Classic HCA 6010-2 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 26 dicembre 1954 al Teatro San Carlo: l’opera è cantata in lingua italiana. 1955 Otto Edelmann; Brian Sullivan; Eleanor Steber; Hermann Uhde; Margaret Harshaw; Arthur Budney; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Fritz Stiedry. Omega Opera Archive 831 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 24 dicembre 1955 al Metropolitan. 1958 Kieth Engen; Sandor Konya; Leonie Rysanek; Ernest Blanc; Astrid Varnay; Eberhard Wächter; Gerhard Stolze - Heinz-Günther Zimmermann - Gotthard Kronstein - Egmont Koch; Elisabeth Witzmann - Hildegard Schünemann Anne-Marie Ludwig - Claudia Hellmann Gott-

fried. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. André Cluytens. Myto Records MCD 89002 (3 compact) – Golden Melodram GM 1.0076 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Festival di Bayreuth 1958. 1959 Franz Crass; Sandor Konya; Elisabeth Grümmer; Ernest Blanc; Rita Gorr; Eberhard Wächter; Harald Neukirch - Herold Kraus - Donald Bell - Hans-Günter Nöcker; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Lovro von Matacic. Golden Melodram GM 1.0002 (3 compact) – Orfeo d’Or C 691063 D (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Festival di Bayreuth 1959. 1959 Otto Edelmann; Brian Sullivan; Lisa Della Casa; Walter Cassel; Margaret Harshaw; Mario Sereni; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Thomas Schippers. The Opera Lovers LOH 195501 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 31 gennaio 1959 al Metropolitan. 1959 Paolo Dari; Sandor Konya; Marcella Pobbe; Aldo Protti; Laura Didier Gambardella; Enrico Campi; Salvatore De Tommaso - Renato Berti Pierluigi Latinucci - Cristiano Dalamangas; non indicati. Coro e Orchestra di Milano della Radiotelevisione Italiana, dir. Ferdinand Leitner. Melodram CDM 15004 (3 compact). Si ascolta la ripresa della performance dell’8 settembre 1959 in studio a Milano, trasmessa per radio il 12 febbraio 1960: l’opera è cantata in lingua italiana. Emissioni degli anni Sessanta 1960 Theo Adam; Wolfgang Windgassen; Aase Nordmo-Loevberg; Gustav Neidlinger; Astrid Varnay; Eberhard Wächter; Wilfried Krug - Hermann Winkler - Egmont Koch - Hans-Günther Nöcker; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Lorin Maazel. Golden Melodram 1.0072 (4 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Festival di Bayreuth 1960. 1962 Franz Crass; Jess Thomas; Anja Silja; Ramón Vi-

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naj; Astrid Varnay; Tom Krause; Niels Möller Gerhard Stolze - Klaus Kirchner - Zoltan Kelemen; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir Wolfgang Sawallisch. Philips 446 337-2 (3 compact) – Decca 470 592-2 (3 compact). Si ascolta l’incisione effettuata in studio al Festival di Bayreuth 1962.

Gullino - Gianfranco Manganotti - Alfredo Giacomotti - Carlo Forti; non indicati. Coro Filarmonico di Praga, Orchestra del Teatro alla Scala, dir. Wolfgang Sawallisch. Melodram MEL 37067 (3 compact) – Living Stage LS 4035151 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Teatro alla Scala nel marzo 1965.

1962-63 Gottlob Frick; Jess Thomas; Elisabeth Grümmer; Dietrich Fischer-Dieskau; Christa Ludwig; Otto Wiener; non indicati; non indicati. Coro della Staatsoper di Vienna, Wiener Philharmoniker, dir. Rudolf Kempe. EMI CMS 67415-2 (3 compact) – Archipel ARPCD 0182 (3 compact) – EMI CDS 49017 (3 compact). Si ascolta la registrazione realizzata in studio a Vienna.

1965 Martti Talvela; Jess Thomas; Claire Watson; Walter Berry; Christa Ludwig; Eberhard Wächter; Kurt Equiluz - Fritz Sperlbauer - Herbert Lackner - Ljubomir Pantscheff; non indicati. Coro e Orchestra della Staatsoper di Vienna, dir. Karl Böhm. Golden Melodram GM 1.0045 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 16 maggio 1965 all’Opera di Stato di Vienna.

1964 Karl Ridderbusch; Jess Thomas; Ingrid Bjoner; Hans Günter Nöcker; Ludmilla Dvorakova; Gerd Nienstedt; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra dell’Opera di Stato Bavarese, dir. Joseph Keilberth. Opera Depot OD 10380 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 17 luglio 1964 al Nationaltheater di Monaco di Baviera. 1964 Ernst Wiemann; Sandor Konya; Régine Crespin; Walter Cassel; Neil Rankin; William Stanz; Arnold Kirschberg - John Trehy - Vladimir Chistiakov - William Stanz; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Joseph Rosenstock. Gala GL 100.656 (4 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 1° febbraio 1964 al Metropolitan.

1965 Jerome Hines; Sandor Konya; Lucine Amara; William Dooley; Rita Gorr; Calvin Marsh; William DuPree - John Glenn Paton - William Ledbetter - Eugene Thamon; Helene Farras Barbara Smith Conrad - Judith Keller - Batyah Godfrey. Coro Pro Musica di Boston, Boston Symphony Orchestra, dir. Erich Leinsdorf. BMG RCA 7 4321 50164-2 (3 compact). Si ascolta la registrazione realizzata in studio a Boston. 1966 Bengt Rundgren; Nicolai Gedda; Aase NormoLovberg; Rolf Jupiter; Barbro Ericson; Ingvar Wixell; John-Erik Jacobsson - Gunner Lundberg - Lars Carlsson - Bo Lundberg; non indicati. Kungliga Operans Kor, Kungliga Hovkapellet di Stoccolma, dir. Silvio Varviso. Mitridate “Ponto” PO 1011 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 29 gennaio 1966 al Teatro Reale dell’Opera di Stoccolma.

1964 Franz Crass; Fritz Uhl; Victoria de Los Angeles; Carlos Alexander; Christa Ludwig; Gian Piero Mastromei; Virgilio Tavini - Humberto Di Toto Ricardo Yost - Guerrino Boschetti; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Colón di Buenos Aires, dir. Lovro von Matacic. Audio Encyclopedia AE 003 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Teatro Colón: l’opera è cantata in lingua tedesca ma il coro canta in lingua italiana.

1967 Karl Ridderbusch; Sandor Konya; Heather Harper; Donald McIntyre; Grace Hoffmann; Thomas Tipton; Horst Hoffmann - Hermin Esser Dieter Steinbeck - Heinz Feldhoff; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Rudolf Kempe. Golden Melodram GM 10032 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 21 luglio 1967 al Festival di Bayreuth.

1965 Franz Crass; Jess Thomas; Ingrid Bjoner; Gustav Neidlinger; Astrid Varnay; Tom Krause; Walter

1968 Karl Ridderbusch; James King; Heather Harper; Donald McIntyre; Ludmilla Dvorakova; Tho-

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mas Stewart; Horst Hoffmann - William Johns Dieter Steinbeck - Heinz Feldhoff; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Alberto Erede. Golden Melodram GM 1.0063 (3 compact) – Oriel Music Society OMS 310 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita del Festival di Bayreuth 1968. 1968 Bonaldo Giaiotti; James King; Leonie Rysanek; William Dooley; Christa Ludwig; Ted Lambrinos; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Berislav Klobucar. Omega Opera Archive 1595 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 27 febbraio 1968 al Metropolitan. 1968 Walter Kreppel; Herbert Schachtschneider; Leonore Kirchstein; Heinz Imdahl; Ruth Hesse; Hans Helm; 4 elementi del Coro di Vienna; non indicati. Wiener Staatsopernchor, Grosses Symphonie-Orchester, dir. Hans Swarowsky. Koch 703 835 (3 compact). Si ascolta l’incisione effettuata in studio nel 1968. Incisioni degli anni Settanta 1970 Peter Lagger; Charles Craig; Pilar Lorengar; Hans Günter Nöcker; Ruth Hesse; José van Dam; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra della Deutsche Oper di Berlino, dir. Lorin Maazel. The Opera Lovers LOH 197001 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della performance dei complessi artistici della Deutsche Oper in tournée in Giappone, alla Festival Hall di Osaka il 19 marzo 1970. 1971 Karl Ridderbusch; James King; Gundula Janowitz; Thomas Stewart; Gwyneth Jones; Gerd Nienstedt; Friedrich Lenz - Willi Brokmeier Raimund Grumbach - Richard Kogel; non indicati. Coro e Orchestra Sinfonica della Radio Bavarese, dir. Rafael Kubelik. Deutsche Grammophon 449 591-2 (3 compact). Si ascolta l’incisione realizzata in studio alla Radio Bavarese nel 1970. 1971 Clifford Grant; Alberto Remedios; Margaret Curphey; Raimund Herincx; Terence Sharpe; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del-

la Sadler’s Wells Opera di Londra, dir. Nicholas Braithwaite. Oriel Music Society OMS 039 (4 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 25 settembre 1971 alla Sadler’s Wells Opera: l’opera è cantata in lingua inglese. 1971 Franz Crass; René Kollo; Hannelore Bode; Donald McIntyre; Ludmilla Dvorakova; Ingvar Wixell; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Silvio Varviso. Premiere Opera CDNO 3091 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Festival di Bayreuth 1971. 1973 Carlo Cava; Gilbert Py; Katia Ricciarelli; Silvano Carroli; Bianca Berini; Giuseppe Zecchillo; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Regio di Torino, dir. Bruno Bartoletti. The Opera Lovers LOH 197301 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Teatro Regio di Torino: l’opera è cantata in lingua italiana. 1976 Karl Ridderbusch; René Kollo; Anna TomowaSintow; Siegmund Nimsgern; Ursula SchröderFeinen; Robert Kerns; non indicati; non indicati. Coro della Deutsche Oper di Berlino, Berliner Philharmoniker, dir. Herbert von Karajan. Gala GL 100.583 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della rappresentazione del 10 aprile 1976 al Grosses Festspielhaus di Salisburgo per il Festival di Pasqua 1976. 1976 Bonaldo Giaiotti; René Kollo; Pilar Lorengar; Donald McIntyre; Mignon Dunn;Allan Monk; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. James Levine. Omega Opera Archive 1735 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 4 dicembre 1976 al Metropolitan. 1976 Lorenzo Gaetani; Giuseppe Giacomini; Maria Chiara; Silvano Carroli; Bianca Berini; Antonio Salvadori; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Verdi di Trieste, dir. Giuseppe Patanè. Live Opera 01548 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita del gennaio 1976 al Teatro Verdi: l’opera è cantata in lingua italiana.

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1976-81 Karl Ridderbusch; René Kollo; Anna TomowaSintow; Siegmund Nimsgern; Dunja Vejzovic; Robert Kerns; Klaus Lang - Peter Maus - Martin Vantin - Josef Becker; non indicati. Coro della Deutsche Oper di Berlino, Berliner Philharmoniker, dir. Herbert von Karajan. EMI CMS 5 66519 2 (3 compact). Si ascolta l’incisione realizzata in studio a Berlino. 1977 Robert Lloyd; René Kollo; Anna Tomowa-Sintow; Donald McIntyre; Eva Randová; Jonathan Summers; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra della Royal Opera House Covent Garden di Londra, dir. Bernard Haitink. Open Reel 3517 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 7 dicembre 1977 al Covent Garden. 1979 Hans Sotin; Peter Hofmann; Karan Armstrong; Leif Roar; Ruth Hesse; Bernd Weikl; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Edo De Waart. Open Reel 4802 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Festival di Bayreuth 1979. Registrazioni degli anni Ottanta 1980 Hans Sotin; William Johns; Eva Marton; Leif Roar; Janis Martin; Allan Monk; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra della Chicago Lyric Opera, dir. Marek Janowski. Charles Handelman Live (in ristampa – 3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita dell’ottobre 1980 alla Chicago Lyric Opera. 1982 Hans Sotin; Peter Hofmann; Karan Armstrong; Leif Roar; Elizabeth Connell; Bernd Weikl; Toni Kraemer - Helmut Pampuch - Martin Egel Heinz-Klaus Ecker; Natsue von Stegmann - Irene Hammann - Patricia Lampert-Bucher - Elke Burkert. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Woldemar Nelsson. Celestial Audio CA 373 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Festival di Bayreuth 1980. 1980 Bonaldo Giaiotti; Siegfried Jerusalem; Teresa Zylis-Gara; Donald McIntyre; Mignon Dunn; Allan Monk; non indicati; non indicati. Coro e

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Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Giuseppe Patanè. The Opera Lovers LOH – 198001 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 15 gennaio 1980 al Metropolitan. 1985 Noel Mangin; Alberto Remedios; Karen Bureau; Geoffrey Chard; Nance Grant; David Brennan; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra della Victoria State Opera, dir. Richard Divall. Celestial Audio CA 076 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita del novembre o del dicembre 1985 alla Victoria State Opera (Australia): l’opera è cantata in lingua inglese. 1985 John Macurdy; Plácido Domingo; Anna Tomowa-Sintow; Donald McIntyre; Eva Marton; Brent Ellis; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. James Levine. The Opera Lovers LOH 198501 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 16 febbraio 1985 al Metropolitan. 1985 Peter Wimberger; Plácido Domingo; Catarina Ligenzda; Hermann Becht; Leonie Rysanek; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra dell’Opera di Stato di Vienna, dir. Peter Schneider. House of Opera CDBB 945 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 4 gennaio 1985 all’Opera di Vienna. 1985 Hans Sotin; Siegfried Jerusalem; Julia Varady; Hermann Becht; Eva Randová; Wolfgang Schöne; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro d’Opera del Württemberg, dir. Georg Solti. Live Opera Heaven C 3079 (3 compact) – Premiere Opera CDNO 2387 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo dell’esecuzione il 12 o il 14 settembre 1985 in forma di concerto alla Staatsoper del Württemberg di Stoccarda. 1985-86 Hans Sotin; Plácido Domingo; Jessye Norman; Siegmund Nimsgern; Eva Randová; Dietrich Fischer-Dieskau; Peter Jelosits - Thomas Mohr Anton Scharinger - Alfred Sramek; Brigitte Poschner - Madelyn Renée - Czslawa Slania - Anna Gonda. Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, Wiener Philharmoniker, dir. Georg Solti. Decca 470 795-2 (4 compact).


Si ascolta l’incisione realizzata in studio a Vienna. Incisioni degli anni Novanta 1990 Manfred Schenk; Paul Frey; Cheryl Studer; Ekkehard Wlaschiha; Gabrièle Schnaut; Eike Wilm Schulte; Clemens Bieber - Peter Maus Robert Riener - Heinz-Klaus Ecker; Rachel Robins - Natsue von Stegman - Katalin Benei Akiko Makiyama. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Peter Schneider. Philips 434 602-2 (4 compact). Si ascolta l’incisione effettuata in studio nel giugno 1990 al Festival di Bayreuth. 1991–92 Kurt Moli; Siegfried Jerusalem; Cheryl Studer; Hartmut Welker; Waltraud Meier; Andreas Schmidt; Bojidar Nikolov - Franz Kasemann Claudio Otelli - Peter Koves; AmyLinda Domaracki - Ingrid Stieghart - Senta Fischer - Elisabeth Mach. Coro della Wiener Staatsoper, Wiener Philharmoniker, dir. Claudio Abbado. Deutsche Grammophon 437 808-2 (3 compact). Si ascolta l’incisione realizzata in studio all’Opera di Vienna. 1994 Hendrik Rootering; Ben Heppner; Sharon Sweet; Sergej Leiferkus; Eva Marton; Bryn Terfel; Anton Rosner - Heinrich Weber - Dankwart Siegele - Jürgen Weiss; Barbara Fleckenstein Atsuko Suzuki - Gisela Uhlmann - Marion Rambausek. Chor und Orchester des Bayerischen Rundfunks, dir. Colin Davis. BMG RCA 09026 62646-2 (3 compact). Si ascolta la registrazione effettuata in studio alla Radio di Monaco di Baviera.

Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. James Levine. Celestial Audio CA 789 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita, probabilmente quella del 21 marzo 1998, trasmessa dalla radio dal Metropolitan. 1998 René Pape; Peter Seiffert; Emily Magee; Falk Struckmann; Deborah Polaski; Roman Trekel; Peter Bindszus - Andreas Schmidt - Bern Riedel - Bernd Zettisch; Minjou Choi - Konstanze Lowe - Ileana Gunescu-Booch - Christiane Berghoff. Chor der Deutschen Staatsoper Berlin, Staatskapelle Berlin, dir. Daniel Barenboim. Teldec 3984-21484-2 (3 compact). Si ascolta l’incisione realizzata in studio a Berlino. Registrazioni recenti 2000 Hans Tschammer; Roland Wagenführer; Gwynne Geyer; Hartmut Welker; Eva Marton; Wolfgang Rauch; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Gran Teatro del Liceu di Barcellona, dir. Peter Schneider. Premiere Opera 5353 (3 compact) – Encore 2157 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita al Gran Teatro del Liceu nel marzo o nell’aprile 2000. 2001 Stephen West; Peter Seiffert; Melanie Diener; Oskar Hillebrandt; Linda Watson; Roman Trekel; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Antonio Pappano. Sounds Supreme 2S 017 S (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 24 luglio 2001 al Festival di Bayreuth.

1997 René Pape; Gosta Winbergh; Karita Mattila; Sergei Leiferkus; Gwyneth Jones; Anthony Michaels-Moore; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra della Royal Opera House Covent Garden di Londra, dir. Valery Gergiev. Legato Classics Incorporated (in ristampa – 3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una recita del febbraio 1997 al Covent Garden, trasmessa dalla BBC Radio 3 il 19 marzo successivo.

2002 Stephen West; Peter Seiffert; Petra Maria Schnitzer; Jean-Philippe Lafont; Linda Watson; Roman Trekel; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Andrew Davis. Premiere Opera CDNO 6214 (4 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della rappresentazione del 25 luglio 2002 al Festival di Bayreuth.

1998 Eric Halfvarson; Ben Heppner; Deborah Voigt; Hans-Joachim Ketelsen; Deborah Polaski; Eike Wilm Schulte; non indicati; non indicati. Coro e

2004 Gidon Saks; Albert Bonnema; Marie Plette; Greer Grimsley; Jane Eaglen; Gordon Hawkins; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del-

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l’Opera di Seattle, dir. Asher Fisch. Premiere Opera CDNO 1647-2 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 21 agosto 2004 alla McCaw Hall di Seattle. 2006 René Pape; Klaus Florian Vogt; Karita Mattila; Richard Paul Fink; Luana De Vol; Eike Wilm Schulte; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. Philippe Auguin. Celestial Audio CA 627 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 6 maggio 2006 al Metropolitan. 2006 James Moellenhoff; Stefan Vinke; Hillevi Martinpelto; Sergei Leiferkus; Lioba Braun; Jason Stearns; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra dell’Opera di Lipsia, dir. Axel Kober. Premiere Opera CDNO 2545 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della rappresentazione del 18 novembre 2006 all’Opera di Lipsia. 2007 Hans-Peter König; Robert Dean Smith; Anne Schwanewilms; Tom Fox; Waltraud Meier; Detlef Roth; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro alla Scala, dir. Daniele Gatti. Premiere Opera CDNO 2562 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della rappresentazione del 30 gennaio 2007 al Teatro alla Scala. 2007 Sten Byriel; Stig Fogh Andersen; Inga Nielsen; Kjeld Christoffersen; Susanne Resmark; Per Hoyer; non indicati; non indicati. Coro Det Kongelige Operakor, Orchestra della Det Kongelige Kapel, dir. Axel Kober. Premiere Opera CDNO 3444 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 7 febbraio 2007 al Teatro Reale dell’Opera di Copenhagen. 2008 Ain Anger; Robert Dean Smith; Camila Nylund; Falk Struckmann; Janina Bacchle; Morten Frank Larsen; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra dell’Opera di Vienna, dir. Leif Segerstam. Premiere Opera CDNO 3948 (4 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della recita del 19 novembre 2008 all’Opera di Vienna. 2008 Ronnie Johansen; Klaus Florian Vogt; Anne Schwanewilms; Eike Wilm Schulte; Marianne Cornetti; Geert Smits; non indicati; non indicati. Coro

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del Groot Omrooepkoor, Orchestra della Radio Filharmonisch Orkest, dir. Jaap van Zweden. Premiere Opera CDNO 3023 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo di una performance in forma di concerto svoltasi il 2 febbraio 2008 al Concertgebouw di Amsterdam. 2008 Kwangchui Youn; Johan Botha; Adrianne Pieczonka; Falk Struckmann; Petra Lang; Eike Wilm Schulte; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Westdeutscher Rundfunk, dir. Semyon Bychkov. Prodil Medien PH 09004 (3 compact SACD). Si ascolta l’incisione effettuata in studio al Westdeutscher Rundfunk. 2009 Christof Fischesser; Jonas Kaufmann; Anja Harteros; Wolfgang Koch; Michaela Schuster; Evgenij Nikitin; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra dell’Opera di Stato Bavarese. dir. Kent Nagano. Premiere Opera CDNO 3829 (4 compact) – Celestial Audio CA 924 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della rappresentazione del 5 luglio 2009 al Nationaltheater di Monaco di Baviera. 2011 Günther Groissböck; Klaus Florian Vogt; Annette Dasch; Gerd Grochowski; Susanne Resmark; Markus Brück; Robert Franke – Holger Marke – Sascha Glintenkamp – Thomas Pfützner; Christine Bischoff - Isabelle Vosskühler Judith Löser - Bettina Pieck. Coro e Orchestra Sinfonica della Radio di Berlino, dir. Marek Janowski. Pentatone PTC 5186 403 (3 compact). Si ascolta la ripresa dal vivo della performance in forma di concerto svoltasi il 12 novembre 2011 alla Philharmonie di Berlino. In video 1982 Siegfried Vogel; Peter Hofmann; Karan Armstrong; Leif Roar; Elizabeth Connell; Bernd Weikl; Toni Kraemer - Helmut Pampuch - Martin Egel - Heinz-Klaus Ecker; Natsue von Stegmann - Irene Hammann - Patricia Lampert-Bucher - Elke Burkert. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Woldemar Nelsson. Regia di Götz Friedrich. CBS 38594 (3 compact) – EuroArts 207 2038 (2 Dvd) – Dreamlife Classics DLVC 1173 (2 Dvd). In audio e in video è documentata la ripresa di


una rappresentazione al Festival di Bayreuth 1982. 1986 John Macurdy; Peter Hofmann; Eva Marton; Leif Roar; Leonie Rysanek; Anthony Raffell; Charles Anthony - John Gilmore - John Darrenkamp - Richard Vernon; non indicati. Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York, dir. James Levine. Regia di August Everding. Deutsche Grammophon 073 4176 (2 Dvd). Il video documenta lo spettacolo allestito al Metropolitan.

2006 Hans-Peter König; Klaus Florian Vogt; Solveig Kringelborn; Tom Fox; Waltraud Meier; Roman Trekel; Markus Ahme - Volker Neitmann - Dominik Hosefelder - Michael Dries; Pei-Min Yu Sharona Applebaum - MarieLys Langlois - Corinne Marquet. Europa Chor Akademie Mainz, Choeurs de l’Opéra National de Lyon, Deutsches Symphonie-Orchester Berlin, dir. Kent Nagano. Regia di Nikolaus Lehnhoff. Opus Arte OA 0964 D (3 Dvd) – Opus Arte Blu-ray OABD 7026 D (2 Dvd). Il video documenta lo spettacolo andato in scena a Lione nel 2006.

1990 Robert Lloyd; Plácido Domingo; Cheryl Studer; Hartmut Welker; Dunja Vejzovic; Georg Tichy; Boijdar Nikolov - Franz Kasemann - Claudio Otelli - Peter Koves; Silvia Panzenbock - Ingrid Sieghart - Ulrike Erfurt - Johanna Graupe. Coro della Staatsoper di Vienna, Wiener Philharmoniker, dir. Claudio Abbado. Regia di Wolfgang Weber. Arthaus Musik 100 956 (2 Dvd). Il video documenta lo spettacolo allestito in studio all’Opera di Vienna.

2006 Reinhard Hagen; John Treleaven; Emily Magee; Hans-Joachim Ketelsen; Luana De Vol; Robert Bork; non indicati; non indicati. Coro e Orchestra del Gran Teatro del Liceu di Barcellona, dir. Sebastian Weigle. Regia di Peter Konwitschny. EuroArts 2056008 (2 Dvd). Il video riprende dal vivo la rappresentazione del 24 o del 27 luglio 2006 al Gran Teatro del Liceu.

1990 Manfred Schenk; Paul Frey; Cheryl Studer; Ekkehard Wlaschiha; Gabrièle Schnaut; Eike Wilm Schulte; Clemens Bieber - Peter Maus Robert Riener - Heinz-Klaus Ecker; Rachel Robins - Natsue von Stegman - Katalin Benei Akiko Makiyama. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Peter Schneider. Regia di Werner Herzog. Deutsche Grammophon 073 4404 (2 Dvd). Il video riprende in studio l’allestimento predisposto al Festival di Bayreuth 1990.

2011 Georg Zeppenfeld; Klaus Florian Vogt; Annette Dasch; Jukka Rasilainen; Petra Lang; Samuel Youn; Stefan Heibach - Willem van der Heyden - Rainer Zaun - Christian Tschelebrew; non indicati. Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth, dir. Andris Nelsons. Regia di Hans Neuenfels. Opus Arte OABD 7103 D (2 Dvd). Il video riproduce dal vivo lo spettacolo andato in scena al Festival di Bayreuth 2011.

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Primo Maestro collaboratore: James Vaughan Maestri collaboratori: James Vaughan - Massimiliano Bullo - Massimo Guantini - Mzia Bakhtouridze Beatrice Benzi - Paolo Berrino - Nelson Calzi - Roberto Curbelo Maurizio Magni - Antonella Marotti - Ilaria Morotti - Marco Munari Bruno Nicoli - Ovidio Pratissoli - Renato Principe - Stefano Salvatori - Paolo Spadaro Maestri ai video libretti: Massimiliano Carraro - Roberto Perata - Stefano Colnaghi

ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA Violini primi Francesco Manara (di spalla) Francesco De Angelis (di spalla) Daniele Pascoletti (concertino) Eriko Tsuchihashi (concertino) Mariangela Freschi Alessandro Ferrari Zsuzanna Demetrovics Corine van Eikema Andrea Leporati Rodolfo Cibin Andrea Pecolo Gianluca Turconi Elena Faccani Fulvio Liviabella Gianluca Scandola Dino Sossai Duccio Beluffi Alois Hubner Agnese Ferraro Kaori Ogasawara Enkeleida Sheshaj

Violini secondi Pierangelo Negri* Giorgio Di Crosta* Anna Longiave Anna Salvatori Emanuela Abriani Paola Lutzemberger Ludmilla Laftchieva Silvia Guarino Gabriele Porfidio Stefano Dallera Roberto Nigro Elisa Citterio Damiano Cottalasso Evguenia Staneva Alexia Tiberghien Stefano Lo Re Antonio Mastalli Francesco Tagliavini Roberta Miseferi Estela Sheshi

*Prime parti

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Viole Danilo Rossi* Simonide Braconi* Adelheid Dalvai Emanuele Rossi Marco Giubileo Zoran Vuckovic Giuseppe Nastasi Luciano Sangalli Giorgio Baiocco Maddalena Calderoni Francesco Lattuada Carlo Barato Joel Imperial Giuseppe Russo Rossi Matteo Amadasi

Violoncelli Sandro Laffranchini* Massimo Polidori* Alfredo Persichilli* Jakob Ludwig* Martina Lopez* Clare Ibbott Marcello Sirotti Alice Cappagli Gabriele Zanardi Simone Groppo Massimiliano Tisserant Cosma Beatrice Pomarico Tatiana Patella Gabriele Garofano

Contrabbassi Giuseppe Ettorre* Francesco Siragusa* Claudio Pinferetti Claudio Cappella Demetrio Costantino Emanuele Pedrani Alessandro Serra Attilio Corradini Gaetano Siragusa Roberto Benatti Omar Lonati Roberto Parretti

Flauti Marco Zoni* Giovanni Paciello (ottavino); Oboi Fabien Thouand* Renato Duca (corno inglese) Augusto Mianiti Gianni Viero; Clarinetti Mauro Ferrando* Fabrizio Meloni* Denis Zanchetta Christian Chiodi Latini Stefano Cardo;

Trombe Francesco Tamiati* Mauro Edantippe Gianni Dallaturca Nicola Martelli

Tromboni Daniele Morandini* Riccardo Bernasconi Renato Filisetti Giuseppe Grandi Basso tuba Brian Earl

Arpe Luisa Prandina* Olga Mazzia*

Fagotti Gabriele Screpis* Timpani Valentino Zucchiatti* Nando Russo* Nicola Meneghetti Maurizio Orsini Marion Reinhard (controfagotto) Percussioni Gianni Massimo Arfacchia Giuseppe Cacciola Corni Danilo Stagni* Organo Roberto Miele Lorenzo Bonoldi Stefano Alessandri Claudio Martini Ispettore dell’Orchestra Stefano Curci Vittorio Sisto Piero Mangano Addetti all’Orchestra Eugenio Salvi Werther Martinelli Edmondo Valerio


CORO DEL TEATRO ALLA SCALA Direttore: Bruno Casoni Altro maestro: Alberto Malazzi

Soprani primi Gabriella Barone Lucia Ellis Bertini Chiara Butté Alessandra Cesareo Margherita Chiminelli Silvia Chiminelli Tiziana Cisternino Valentina De Vecchi Maria Gabriella Ferroni Rossella Lampo Barbara Rita Lavarian Silvia Mapelli C. Lourdes Martinez Roberta Salvati Cristina Sfondrini Mila Vilotijevic Rossella Locatelli Soprani secondi Nina Inge Almark Emilia Bertoncello Maria Blasi Rossana Calabrese Inga Djoeva Nadia Engheben Annarita Fratangeli Sara Garau Elisabeth Ann Kilby Ornella Malavasi Alla Utyanova

Maestri collaboratori: Marco De Gaspari Salvo Sgrò

Mezzosoprani Enza Callari Giovanna Caravaggio Marzia Castellini Anna Maria Di Micco Stefania Giannì Gabriella Manzan Valeria Matacchini Kjersti Odegaard Irma Verzeri Agnese Vitali Contralti Francesca Benassi Lucia Bini Claudia Bocca Perla Viviana Cigolini Annalisa Forlani Daniela Gioia Marina Maffei Jivka Markova Patrizia Molina Amor Lilia Perez Lopez Giovanna Pinardi Olga Semenova Claudia Vignati

Tenori primi Luigi Albani Luciano Buono Danilo Caforio Gualtiero Carrara Lorenzo Decaro Massimiliano Difino Luca Di Gioia Stuart James Gardner Felix Gemio Fernandez Renis Hika Jae Ho Jang Antonio Murgo Angelo Scardina Young Hun Shin Giorgio Giuseppe Tiboni Giuseppe Veneziano Tenori secondi Giuseppe Bellanca Giovanni Carpani Oreste Cosimo Andrzej Glowienka Massimiliano Italiani Gilberto Maffezzoni Giovanni Manfrin Alessandro Moretti Paolo Sala Silvio Scarpolini Andrea Semeraro Mauro Venturini Ramtin Ghazavi

Baritoni Guillermo Esteban Bussolini Corrado Cappitta Bruno Gaudenzi Devis Longo Pier Luigi Malinconico Alberto Milesi Alberto Paccagnini Massimo Pagano Andrea Panaccione Robert Porter Lorenzo B. Tedone Giorgio Valerio Bassi Vincenzo Alaimo Luciano G. Andreoli Venelin Arabov Davide Baronchelli Giuseppe Cattaneo Lorenzo Cescotti Sandro Chiri Gerard Colombo Emidio Guidotti Mauro Peconi Alberto M. Rota Gianfranco Valentini Ispettore del Coro Fernando Bairati

MIMI Luca Alberti Matteo Bologna Claudio Bonino

Valter Esposito Salvatore Giaconia Sergio Paladino

Tommaso Rotella Ivan Gessaroli Patrizio Trivellini

Andrea Valfrè

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Fondazione di diritto privato

SOVRINTENDENZA

DIREZIONE GENERALE

Sovrintendente StĂŠphane Lissner Responsabile Relazioni Esterne e Assistente del Sovrintendente Donatella Brunazzi Responsabile Ufficio Stampa Carlo Maria Cella Responsabile Controllo di Gestione Enzo Andrea Bignotti

Direttore Generale Maria Di Freda Responsabile Servizio Rapporti Istituzionali Dino Belletti Coordinatore Segreteria e Staff Andrea Vitalini Responsabile Ufficio Promozione Culturale Carlo Torresani Responsabile Segreteria Organi e Legale Germana De Luca Responsabile Provveditorato Antonio Cunsolo Direzione Tecnica Direttore Tecnico Marco Morelli Responsabile Manutenzione Immobili e Impianti Persio Pini Responsabile Prevenzione Igiene Sicurezza Giuseppe Formentini Direzione del Personale Direttore del Personale Marco Aldo Amoruso Responsabile Amministrazione del Personale e Costo del Lavoro Alex Zambianchi Responsabile Servizio Sviluppo Organizzativo Rino Casazza Responsabile Servizio Tecnologie dell’Informazione Massimo Succi Responsabile Ufficio Assunzioni e Gestione del Personale Marco Migliavacca Responsabile Ufficio Lavoro Autonomo Giusy Tonani

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Direzione Marketing e Fund Raising Direttore Marketing e Fund Raising Cristina Paciello Responsabile Ufficio Marketing Francesca Agus Responsabile Biglietteria Annalisa Severgnini Responsabile di Sala Achille Gozzi Direzione Amministrazione e Finanza Direttore Amministrazione e Finanza Claudio Migliorini Capo Contabile Sefora Curatolo Museo Teatrale alla Scala Direttore Museo Teatrale alla Scala Renato Garavaglia


DIREZIONE MUSICALE

DIREZIONE ALLESTIMENTO SCENICO

Direttore Musicale Daniel Barenboim

Direttore Allestimento Scenico Franco Malgrande Assistente Direttore Allestimento Scenico Elio Brescia Responsabile Reparto Macchinisti Cosimo Prudentino Responsabile Realizzazione Luci Marco Filibeck Realizzatori Luci Vincenzo Crippa Andrea Giretti Responsabile Reparto Elettricisti Roberto Parolo Responsabile Cabina Luci Antonio Mastrandrea Responsabile Audiovisivi Nicola Urru Responsabile Reparto Attrezzisti Luciano Di Nicuolo Responsabile Reparto Meccanici Castrenze Mangiapane Responsabile Parrucchieri e Truccatori Francesco Restelli Responsabile Calzoleria Alfio Pappalardo

DIREZIONE ARTISTICA Direttore Artistico St茅phane Lissner Coordinatore Artistico Gast贸n Fournier-Facio Responsabile Servizi Musicali Andrea Amarante Responsabile Controllo di Gestione Artistica Manuela Cattaneo Responsabile Compagnie di Canto Ilias Tzempetonidis Direttore Editoriale Franco Pulcini Responsabile Archivio Musicale Cesare Freddi Regista Collaboratore Lorenza Cantini Direzione Ballo Direttore del Corpo di Ballo Makhar Vaziev Coordinatore del Corpo di Ballo Marco Berrichillo

Capi Scenografi Realizzatori Stefania Cavallin Angelo Lodi Luisa Guerra Capo Scenografo Realizzatore Scultore Venanzio Alberti Scenografi Realizzatori Claudia Bona Emanuela Finardi Verena Redin Flavio Erbetta Claudio Spinelli Barrile Scenografo Realizzatore Scultore Silvia Rosellina Cerioli Responsabile Reparto Costruzioni Roberto De Rota Responsabile Reparto Sartoria Cinzia Rosselli Responsabile Sartoria Vestizione Filomena Graus

Direzione Organizzazione della Produzione Direttore Organizzazione della Produzione Andrea Valioni Assistente Direttore Organizzazione della Produzione Maria De Rosa Responsabile Direzione di Scena Luca Bonini Direttori di Scena Silvia Fava Andrea Boi

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EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA DIRETTORE EDITORIALE

Franco Pulcini

Ufficio Edizioni del Teatro alla Scala REDAZIONE

Anna Paniale Giancarlo Di Marco RICERCA ICONOGRAFICA

Mercedes Viale Ferrero PROGETTO GRAFICO

Emilio Fioravanti G&R Associati

Le immagini degli spettacoli scaligeri provengono dall’Archivio Fotografico del Teatro alla Scala Realizzazione e catalogazione immagini digitali: “Progetto D.A.M.” per la gestione digitale degli archivi del Teatro alla Scala Si ringrazia per la collaborazione il Museo Teatrale alla Scala Il Teatro alla Scala è disponibile a regolare eventuali diritti di riproduzione per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte Pubblicità: A.P. srl - Str. Rigolino, 1 bis 10024 Moncalieri (TO) - Tel. 011/6615469 Finito di stampare nel mese di dicembre 2012 presso Pinelli Printing srl © Copyright 2012, Teatro alla Scala

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Daniel Barenboim Regia

Claus Guth

La stagione 2012-2013 del Teatro alla Scala è realizzata in collaborazione con

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Christian Schmidt Luci

Olaf Winter Coreografia

Volker Michl Drammaturgia

Ronny Dietrich

Interpreti René Pape, Jonas Kaufmann, Anja Harteros, Tómas Tómasson, Evelyn Herlitzius, Zeljko Lucic Nuova produzione Teatro alla Scala

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Stagione d’Opera 2012 ~ 2013

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Direttore

Nicola Luisotti

Falstaff

GIUSEPPE VERDI

Daniel Harding

Nabucco

GIUSEPPE VERDI Direttore Regia

Robert Carsen

Daniele Abbado

Brigitte Reiffenstuel

Costumi

Alessandro Carletti

Interpreti Ambrogio Maestri/Bryn Terfel Fabio Capitanucci/Massimo Cavalletti Francesco Demuro/Antonio Poli Carlo Bosi, Riccardo Botta, Alessandro Guerzoni Barbara Frittoli/Carmen Giannattasio Irina Lungu/Ekaterina Sadovnikova Laura Polverelli/Manuela Custer Daniela Barcellona/Marie-Nicole Lemieux

Luca Scarzella

Regia

Scene

Paul Steinberg Luci

Robert Carsen e Peter Van Praet

Nuova produzione Teatro alla Scala In coproduzione con Royal Opera House, Covent Garden, Londra; Canadian Opera Company, Toronto Con il sostegno di

Scene e costumi

Alison Chitty Luci

Movimenti coreografici

Simona Bucci Video

Collaboratore del regista

Boris Stetka

Interpreti Leo Nucci/Ambrogio Maestri, Aleksandrs Antonenko/ Piero Pretti, Vitalij Kowaljow/Dmitry Beloselskiy, Liudmyla Monastyrska/Lucrezia Garcia, Veronica Simeoni/Nino Surguladze, Giuseppe Veneziano, Tatyana Ryaguzova/ Silvia Della Benetta, Ernesto Panariello

Nuova produzione Teatro alla Scala In coproduzione con Royal Opera House, Covent Garden, Londra; Houston Grand Opera; Gran Teatre de Liceu, Barcellona

28 febbraio - 3, 6, 9, 12, 15 marzo 2013

Der fliegende Holländer RICHARD WAGNER Direttore

Hartmut Haenchen Regia

Andreas Homoki Scene e costumi

Wolfgang Gussmann Luci

Franck Evin

Interpreti Ain Anger, Anja Kampe, Klaus Florian Vogt/ Michael König, Rosalind Plowright, Dominik Wortig, Bryn Terfel Nuova produzione Teatro alla Scala In coproduzione con Opernhaus, Zurigo; Den Norske Opera and Ballett, Oslo Con il sostegno di


Stagione artistica 2011- 2012

Il Progetto di Rinnovamento del Repertorio di Allestimenti d’Opera e Balletto in funzione degli impegni per l’Anno Verdiano e Wagneriano e dell’Expo 2015 è stato sostenuto da


Stagione d’Opera 2012 ~ 2013

13, 16, 21, 27 marzo - 3 aprile 2013

Cuore di cane

ALEXANDER RASKATOV

(Sobacˇ’e serdce) Direttore

Valery Gergiev Regia

Simon McBurney Scene

Michael Levine Costumi

Christina Cunningham Luci

Paul Anderson Video

Finn Ross Marionette

Blind Summit Theatre Movimenti coreografici

Toby Sedgwick

Interpreti Paulo Szot, Ville Rusanen, Peter Hoare, Elena Vassilieva, Nancy Allen Lundy, Vasily Efimov, Andrew Watts, Graeme Danby, Sophie Desmars, Matthew Hargreaves, Brian Galliford, Annett Andriesen, Sophie Desmars, Andrew Watts, Vasily Efimov, Eugeny Stanimirov Nuova produzione Produzione De Nederlandse Opera, Amsterdam In collaborazione con Thèâtre de Complicité, Londra

28 marzo - 2, 4, 7, 9, 13, 16, 18, 21 aprile 2013

Macbeth

GIUSEPPE VERDI Direttore

Valery Gergiev/ Gaetano D’Espinosa Regia

Giorgio Barberio Corsetti Scene

Giorgio Barberio Corsetti e Cristian Taraborrelli Costumi

Cristian Taraborrelli e Angela Buscemi Luci

Fabrice Kebour Coreografia

Raphaëlle Boitel

Interpreti Franco Vassallo/Vitaliy Bilyy Sˇtefan Kocán/Adrian Sampetrean Lucrezia Garcia/Tatiana Melnychenko Emilia Bertoncello, Stefano Secco/Wookyung Kim, Antonio Corianò, Gianluca Buratto, Ernesto Panariello, Luciano Andreoli, Guillermo Bussolini, Lorenzo Tedone Nuova produzione Teatro alla Scala

17, 20, 23 aprile - 2, 5, 10, 14 maggio 2013

Oberto conte di San Bonifacio GIUSEPPE VERDI Direttore

Riccardo Frizza Regia

Mario Martone Scene

Sergio Tramonti Costumi

Ursula Patzak Luci

Pasquale Mari

Interpreti Fabio Sartori, Sonia Ganassi, Maria Agresta Michele Pertusi/Adrian Sampetrean, José Maria Lo Monaco Nuova produzione Teatro alla Scala


Stagione d’Opera 2012 ~ 2013

18, 22, 26, 30 maggio - 3, 7 giugno 2013

9, 12, 15, 16, 19, 20, 22, 25 luglio 2013

Götterdämmerung

Un ballo in maschera

Regia e scene

Damiano Michieletto

Assistente regista

Carla Teti

RICHARD WAGNER

(Der Ring des Nibelungen) Direttore

Daniel Barenboim Guy Cassiers

Collaboratore del regista

Luc De Wit

Derek Gimpel

Assistente del regista

Adrienne Altenhaus Scene e luci

Enrico Bagnoli Costumi

Tim Van Steenbergen Video

Arjen Klerkx e Kurt D’Haeseleer Coreografia

Sidi Larbi Cherkaoui Drammaturghi

Michael P. Steinberg e Erwin Jans

Interpreti Ian Storey, Gerd Grochowski, Johannes Martin Kränzle, Mikhail Petrenko, Iréne Theorin, Marina Poplavskaya/ Anna Samuil, Waltraud Meier, Margarita Nekrasova, Marina Poplavskaya/Anna Samuil, Aga Mikolaj, Maria Gortsevskaya, Anna Lapkovskaja Nuova produzione In coproduzione con Staatsoper Unter den Linden, Berlino In collaborazione con Toneelhuis (Antwerp)

GIUSEPPE VERDI Direttore

Daniele Rustioni Regia

Scene

Paolo Fantin Costumi Luci

Alessandro Carletti

Interpreti Marcelo Álvarez/Piero Pretti, Zeljko Lucic/ Gabriele Viviani, Sondra Radvanovsky/Oksana Dyka Marianne Cornetti/Marina Prudenskaya, Patrizia Ciofi/ Serena Gamberoni, Alessio Arduini, Fernando Rado, Simon Lim, Andrzej Glowienka, Giuseppe Bellanca Nuova produzione Teatro alla Scala

20, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30 settembre 2013

Progetto Accademia

La scala di seta GIOACHINO ROSSINI Direttore

Christophe Rousset Regia

Damiano Michieletto Scene e costumi

Paolo Fantin Luci

Alessandro Carletti

In collaborazione con Accademia Teatro alla Scala

Nuova produzione Produzione del Rossini Opera Festival di Pesaro


Stagione d’Opera 2012 ~ 2013

12, 16, 19, 23, 26, 29 ottobre 2013

25, 28, 31 ottobre - 3, 5, 14, 16, 17, 19 novembre 2013

Direttore

Gianandrea Noseda/ Gaetano D’Espinosa

Don Carlo GIUSEPPE VERDI

Fabio Luisi/ Gaetano D’Espinosa Regia e scene

Stéphane Braunschweig Costumi

Thibaut Van Craenenbroeck Luci

Marion Hewlett

Interpreti René Pape/Sˇtefan Kocán, Fabio Sartori, Massimo Cavalletti, Sˇtefan Kocán/ Rafal Siwek, Fernando Rado, Martina Serafin, Ekaterina Gubanova, Barbara Lavarian, Carlos Cardoso, Carlo Bosi, Roberta Salvati Ernesto Panariello, Simon Lim, Davide Pelissero Filippo Polinelli, Mattia Denti, Luca Dall’Amico Produzione Teatro alla Scala

Aida

GIUSEPPE VERDI Direttore

Regia e scene

Franco Zeffirelli Costumi

Maurizio Millenotti Luci

Marco Filibeck Coreografia

Vladimir Vasiliev

Interpreti Alexander Tsymbalyuk, Nadia Krasteva/ Ekaterina Semenchuk, Hui He/ Liudmyla Monastyrska, Marco Berti/ Jorge De Leon, Orlin Anastassov/Marco Spotti Ambrogio Maestri/Zeljko Lucic, Jaeheui Kwon, Sae Kyung Rim Produzione Teatro alla Scala 2006


I settimana 17, 18, 20, 22 giugno 2013

Der Ring

II settimana 24, 25, 27, 29 giugno 2013

Der Ring des Nibelungen RICHARD WAGNER Direttore

Daniel Barenboim Regia e scene

Guy Cassiers

Das Rheingold 17, 24 giugno 2013 Vigilia, in un atto

Interpreti

Michael Volle, Ian Buchwald, Marius Vlad, Stephan Rügamer, Johannes Martin Kränzle, Peter Bronder, Iain Paterson, Alexander Tsymbalyuk, Ekaterina Gubanova, Anna Samuil, Anna Larsson, Aga Mikolaj, Maria Gortsevskaya, Anna Lapkovskaja

Die Walküre

Collaboratore del regista per Götterdämmerung

18, 25 giugno 2013

Luc De Wit

Prima giornata, in tre atti

Scene e luci

Enrico Bagnoli

Interpreti

Costumi

Tim Van Steenbergen Video

Arjen Klerkx e Kurt D’Haeseleer Coreografia

Das Rheingold, Siegfried e Götterdämmerung Sidi Larbi Cherkaoui Die Walküre Csilla Lakatos

Simon O’Neill, Mikhail Petrenko, René Pape, Waltraud Meier, Iréne Theorin, Ekaterina Gubanova, Danielle Halbwachs, Carola Höhn, Ivonne Fuchs, Anaik Morel, Susan Foster, Lean Sandel-Pantaleo, Nicole Piccolomini, Simone Schröder

Siegfried

20, 27 giugno 2013 Seconda giornata, in tre atti

Drammaturghi

Michael P. Steinberg e Erwin Jans

Interpreti

Produzione Teatro alla Scala Lance Ryan, Peter Bronder, Juha Uusitalo, In coproduzione con Staatsoper Unter den Linden, Berlino Johannes Martin Kränzle, Alexander Tsymbalyuk, Anna Larsson, Iréne Theorin, Mari Eriksmoen In collaborazione con Toneelhuis (Antwerp)

Götterdämmerung 22, 29 giugno 2013

Terza giornata, in un prologo e tre atti

Interpreti

Ian Storey, Gerd Grochowski, Johannes Martin Kränzle, Mikhail Petrenko, Iréne Theorin, Marina Poplavskaya, Waltraud Meier/ Marina Prudenskaya, Margarita Nekrasova, Marina Poplavskaya, Aga Mikolaj, Maria Gortsevskaya, Anna Lapkovskaja Con il sostegno di

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L’Associazione Dettaglianti Fiori di Milano nasce nell’immediato dopoguerra con l’obiettivo di ricostituire lo spirito associativo della categoria dopo i duri anni del conflitto mondiale. Negli anni ’50 si costituisce la Scuola Professionale dell’Associazione presso i locali messi a disposizione da alcuni fioristi, in corso Garibaldi e in Napo Torriani, magazzini dove si svolgeva il commercio all’ingrosso. Oggi l’organizzazione riunisce 350 operatori del settore tra Milano e provincia e, attraverso Confcommercio Imprese per l’Italia Milano, Lodi, Monza e Brianza, assicura la più completa assistenza alle imprese associate. L’Associazione Fioristi dal 1985 realizza l’addobbo floreale del Teatro alla Scala in occasione della “Prima” di S. Ambrogio. Per l’inaugurazione della stagione 2012-2013, il Teatro alla Scala, riconoscendone l’alta professionalità, ha riconfermato ai nostri operatori associati l’importante fase progettuale, oltre alla consueta realizzazione degli addobbi.








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Sarà una stagione irripetibile. Da dicembre 2012 Verdi e Wagner celebrano il loro bicentenario alla Scala. Vivilo. Se hai meno di trent’anni, hai ancora più occasioni: vai su lascalaunder30.org

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Con la riapertura della sala del Piermarini, anche il Museo Teatrale è ritornato nella sua sede storica di Piazza Scala. Curato da Pier Luigi Pizzi, il nuovo percorso espositivo interpreta l’emozione del Museo come venne creato nel 1913, e la volontà di far rivivere il respiro originario di un’epoca indimenticabile. Il Museo Teatrale alla Scala, oltre ad essere un luogo d’incontro per il grande pubblico, vuole anche continuare ad essere un punto di riferimento per gli studiosi, per gli appassionati della lirica e per l’educazione musicale delle nuove generazioni attraverso l’attività dei laboratori didattici. Un Museo dedicato alla vita del Teatro nel tempo attraverso un’ampia collezione di ritratti, cimeli, busti, documenti, locandine dedicati ai grandi personaggi della lirica, da Giuseppe Verdi ad Arturo Toscanini e Victor De Sabata. Le sale che ospitano le collezioni sono rivestite con stoffe dai colori preziosi per ricreare l’atmosfera di un secolo di vita del Museo. Le visite al Museo offrono, inoltre, la possibilità di ammirare la sala del Teatro riaperta dopo il restauro. La Biblioteca Livia Simoni è tornata nella sua sede storica, all’interno del Museo. Questo permette a un grande numero di studiosi e di studenti di poter consultare i 150.000 volumi, le stampe e i documenti sulla storia del teatro e della musica dal 1500 ai nostri giorni.

Partner Istituzionale

YOKO NAGAE CESCHINA Mecenate del Museo Teatrale alla Scala

Museo Teatrale alla Scala Biblioteca Livia Simoni Largo Ghiringhelli, 1 20121 Milano www.teatroallascala.org Orari Tutti i giorni tranne • 7 dicembre • 24 dicembre pomeriggio • 25 dicembre • 26 dicembre • 31 dicembre pomeriggio • 1° gennaio • Domenica di Pasqua • 1° maggio • 15 agosto Dalle 9.00 alle 12.30 (ultimo ingresso alle 12.00) e dalle 13.30 alle 17.30 (ultimo ingresso alle 17.00)


Consultazione Biblioteca Livia Simoni su prenotazione tel. 0288792088

Come arrivare MM linea 1 fermata San Babila, Duomo, Cordusio. MM linea 3 fermata Montenapoleone, Duomo Autobus linea 61 Tram 1, 2

Prezzi Biglietto intero Biglietto ridotto Biglietto scuole

Informazioni Tel. 02.88797473

€ 6,00 € 4,00 € 2,50

Servizio visite guidate Civita Servizi. Tel: 02 43353521 (prenotazione obbligatoria per le scolaresche)

Centro guide. Tel: 02 86450433 La sala del Teatro è visibile da un palco, solo qualora non siano in corso prove o spettacoli.

Visite guidate al Teatro Per informazioni e prenotazioni rivolgersi a Francine Garino via email garino@fondazionelascala.it o via fax allo 02.88792090 Catalogo del Museo (italiano - francese, inglese - spagnolo, giapponese - tedesco) in vendita a € 15,00


PER VIVERE DA VICINO UNA GRANDE TRADIZIONE La Fondazione Milano per la Scala nasce nel 1991 con lo scopo esclusivo di sostenere il Teatro alla Scala, attraverso i contributi di coloro che ne amano il patrimonio culturale ed artistico e desiderano vivere più intensamente la sua grande tradizione. È la prima istituzione sorta a supporto di un teatro lirico in Italia. Presidente Giuseppe Faina

Vice Presidente Hélène de Prittwitz Zaleski

Consiglieri Lodovico Barassi, Francesca Colombo, Jean-Sébastien Decaux, Margot de Mazzeri, Bruno Ermolli, Gioia Falck Marchi, Alfredo Gysi, Marino Golinelli, Stéphane Lissner, Marco Margheri, Paolo Martelli, Francesco Micheli, Federico Radice Fossati, Franca Sozzani, Fiorenzo Tagliabue, Diego Visconti, Paolo M. Zambelli Presidente d’Onore: Ottorino Beltrami

Per informazioni e per adesioni

Milano per la Scala Via Clerici, 5 20121 Milano Tel. 02.7202.1647 Fax. 02.7202.1662 E-mail. miscala@milanoperlascala.it www.milanoperlascala.it


Milano per la Scala ringrazia tutti i Sostenitori che hanno generosamente contribuito alla speciale raccolta fondi del nostro

Albo d’Oro del Ventennale Grazie di cuore.

NICE BARBERIS FIGARI BENIAMINO BELLUZ LUCIANO BERTI CARLA BOSSI COMELLI EDOARDO TEODORO BRIOSCHI ALFREDO CAMPANINI BONOMI LIVIO E MARIA LUISA CAMOZZI HELENE DE PRITTWITZ ZALESKI LORENZO ENRIQUES GIUSEPPE FAINA PAOLA FATTORINI RENZO FERRANTE MARINELLA FERRARI MARGOT FERRARI DE MAZZERI MARINO GOLINELLI LIA KERBAKER VINCENZO MAGRI MATTEO MAMBRETTI PAOLO MARTELLI FRANCESCO MICHELI RICCARDO OTTAVIANI ROSANNA PIROVANO VIERI POGGIALI FABRIZIO RIVOLTA GIORGIO ROSSI POLVARA ROSSANA SACCHI ZEI NATACHA SANCHEZ DE TAPIA LUIGI STAFFICO GIOVANNI VIVIANI GIOVANNI M. VOLONTE’

VITTORIA ASSICURAZIONI S.P.A.

Il 18 ottobre 2011 Milano per la Scala ha compiuto vent’anni. Vent’anni in cui con passione, energia, impegno e dedizione costanti, ha raccolto fondi per il Teatro alla Scala, sensibilizzando privati cittadini e aziende al mecenatismo culturale, così importante nel mondo dell’arte e della cultura. Nei vent’anni trascorsi la Fondazione ha donato al Teatro circa dieci milioni di euro, finanziando allestimenti, spettacoli e iniziative artistiche, eventi e mostre, pubblicazioni, progetti speciali, e molte altre attività tra le quali l’importantissimo versante formativo gestito dall’Accademia Teatro alla Scala di cui Milano per la Scala è “main sponsor”.

La raccolta fondi per l’Albo d’Oro del Ventennale prosegue per tutto il 2012: partecipa anche TU!


Foto Marco Brescia


ringrazia

l’ALBO D’ORO 2012 Ada Barberis Fortina Maria Elina Barberis Mosca Nice Barberis Figari Maria Bonatti Mameli Carla Bossi Comelli Francesco Brioschi Giancarlo Colombo Giuseppe Deiure Hélène de Prittwitz Zaleski Giuseppe Faina Margot Ferrari de Mazzeri Marino Golinelli Beatrix Habermann Paolo Jucker Pompeo Locatelli Matteo Mambretti Francesco Micheli Riccardo Ottaviani Vieri Poggiali Patrizia Staffico Roberto Telò Diego Visconti Giovanni M. Volonté Paolo Maria Zambelli

Accenture S.p.A. Amici della Scala - Lugano Banca BSI S.A. Boehringer Ingelheim Italia S.p.A. Fondazione Schlesinger Mittel S.p.A. Natixis S.A. Pirelli Cultura S.p.A. Sipcam S.p.A. Studio Legale Zambelli-Luzzati-Meregalli UBI Banca Vittoria Assicurazioni S.p.A.

per il contributo speciale

AI PROGETTI DI FORMAZIONE DEI GIOVANI DELL’ACCADEMIA D’ARTI E MESTIERI DELLO SPETTACOLO TEATRO ALLA SCALA

per vivere una grande Tradizione


Fondatori Luigi Agarini, Bernardo Ansbacher, Maria Luisa de Banfield Mosterts, Giuseppe Barbiano di Belgiojoso, Ottorino Beltrami, Adolfo Beria di Argentine, Luciano Berti, Dino Betti van der Noot, Maria Bonatti Mameli, Bianca Borletti di Arosio, Andrea Brenta, Carlo Camerana, Alfredo Campanini Bonomi, Antonio Castellini Baldissera, Francesco Cingano, Richard Colburn, Maria Vittoria Colonna Rimbotti, Fedele Confalonieri, Nella Cosulich Borletti, Carlo de Angeli, Alghiero de Micheli, Giuseppe Deiure, Marcello dell'Utri, Marina Deserti, Roberto Einaudi, Alberto Falck, Giulia Falck Devoto, Martina Fiocchi Rocca, Giorgio Fioravanti, Carlo Fontana, Walter Fontana, Luca Formenton, Maresa Gabanna Vallone, Domenico Garavoglia, Furio Garbagnati, Riccardo Garrone, Giuseppe Gazzoni Frascara, Claudio Gianotti, Fernanda Giulini, Vera Giulini, Federico Guasti, Francesco Guasti, Donald Kahn, Gilbert Kaplan, Daniel Kraus, Luigi Lazzaroni, Alfredo Leonardi, Pompeo Locatelli, Giuseppe Lodigiani, Antonio Magnocavallo, Maria Majno, Giovanni Malvezzi, Carlo Marchi, Paolo Martelli, Rodolfo Molo, Cristina Mondadori, Gian Marco Moratti, Massimo Moratti, Giulia Maria Mozzoni Crespi, Joseph Nissim, Lorenzo Orsenigo, Alessandro Pedersoli, Marino Piacitelli, Fabio Pierotti Cei, Leopoldo Pirelli, Filiberto Pittini, Sergio Pivato, Luisa Portaluppi Castellini, Ennio Presutti, Simonetta Puccini, Monique Pudel, Federico Radice Fossati, Urbano Rattazzi, Marida Recchi, Alberto Recordati, Michele Ributti, Harry Richter, Gian Felice Rocca, Anna Maria Rocca Bonatti, Jean Rodocanachi, Cesare Romiti, Milton Rose, Erinno Rossi, Giovanni Saibene, Enrico Saraval, Gian Battista Savini, Gianguido Scalfi, Piero Schlesinger, Sergio Siglienti, Guido Taidelli, Felice Tibaldi Chiesa, Emanuele Torrani, Carla Treccani degli Alfieri, Roberto Tronchetti Provera, Guido Valerio, Michele Vitali Mazza, Alberto Zevi. Fondatori Società Associazione Industriale Lombarda, Astra Zeneca S.p.A., BCommunications, Banca Brignone, Banca Commerciale Italiana, Banca Popolare di Milano, Bracco, Club di Milano, Clubino, Comitato Direttivo Agenti di Cambio Borsa Valori di Milano, Davide Campari–Milano, Dibra, Edera Finanziaria Srl., Erg, Fratelli Branca Distillerie, Gazzoni 1907, I.F.I., Lanificio Fratelli Cerruti, La Rinascente, Mediaset S.p.A., Mediocredito Lombardo, Monzino, Publitalia '80, Rusconi Editore, Saffa, Techint, Tecnimont S.p.A.

Benemeriti Pietro Barilla, Lorenzo Biglia, Luigi Campi, Yoko Nagae Ceschina, Valentina Cortese, Francesco Cutellé, Philippe Daverio, Gioia Falck Marchi, Vera Giulini, Maddalena Guaineri Varasi, Liana Lari, Marco Margheri, Riccardo Muti, Piero Parma, Daria Tinelli di Gorla Rocca, Mariuccia Zerilli-Marimò, Amici del Loggione del Teatro alla Scala, Credito Lombardo, G & R Associati, Ospiti della Casa di Riposo per Musicisti Fondazione Giuseppe Verdi, Società del Giardino.


SOSTENITORI (persone fisiche) Anonima 13 Emilia Acquadro Folci Alessia Alberti de Mazzeri Stefano Alberti de Mazzeri Susanna Aldinio Aldo Amicasto Francesco Saverio Amman Marisa Andreoni Schena Beatrice Annoni di Gussola Patricia Arbucias Sierra Giulio Artom Erica Astesani Vanna Austoni Rivolta Giovanni Averoldi Cesare Bacchini Gian Piero e Piera Bandera Lodovico Barassi Maria Elina Barberis Mosca Nice Barberis Figari Michele Andrea Bareggi Mariella Battistoni Ardito Maria Bellomo Beniamino Belluz Marina Beloni Benito Benedini Doris Beretta Beatrice Bergamasco Rocca Giuseppe Bernoni Mauro Beta Carla Biancardi Emilia Biancardi Lodigiani Giovanna Bianchi Risso Lorenzo Biglia Nicola Bonuomo Francesco Boscu Patrizia Boselli Silvana Bossi Brezzi Carla Bossi Comelli Isabella Bossi Fedrigotti Giuliana Bossi Rocca Gian Cristoforo e Laura Bozano Luisa Braga Frigerio Nicoletta Braibanti Valletti Edoardo Teodoro Brioschi Francesco e Ilaria Brioschi Maja Broadbent Luca Bruché Giuliana Buratti Amarilli Cabella Castelli Francesca Cabrini Lenner Antonio Cairone Lamberto Calderoni Mina Caldirola Laura Calissoni Colnaghi Antonella Camerana Giorgio Caporali Giuliana Caprotti Bianca Carbonero Giuse Carena Rossi Carla Casalini

Patrizia Castellacci Riva di Sanseverino Clateo Castellini Letizia Castellini Taidelli Gisella Cavaggioni Introini Edda Margherita Cavalli Sergio Cavallini Nicola Cavalluzzo Enrica Cebulli Rossella Celebre Fusi Monica Chiurazzi Valdettaro Maria Luisa Cintilini Camozzi Emilio Cipelletti Antonino Cittadini Lucilla Clerici Monteleone Maria Teresa Clerici Esther Codagnone Luciano Francesca Colombo Giancarlo Colombo Federica Comolli Acquaviva Coppola Giuliana Costa Casnedi Annaluisa Crippa De’Sanna Maria Grazia Crotti Maria Elena Daverio Tonello Anna De Angeli Jean-Sebastien Décaux Eleonora Del Bono Lorenza de’ Medici Stucchi Hélène de Prittwitz Zaleski Antonio De Santis Camillo De Silvestri Margherita Dezi Silvana Della Rocca de Candal Daniela Di Lorenzo Laura Dorigo Dalmartello Maria Carla Drago Lorenza Enrico Lorenzo Enriques Lars H. Ericson Stefano Eretti Bruno Ermolli Giuseppe Faina Toni e Paola Fasoli Paola Fattorini Gian Giacomo Faverio Mariagiulia Ferioli Borghi Renzo Ferrante Margot Ferrari de Mazzeri Marinella Ferrari Maurizio Ferrari Maria Elena Ferrario Alberta Figari Silvana Fiolini Ivana Fiorani Giovanna Maria Flora Fabrizio e Mara Foresio Gianpiero Forlani Françoise Foube Mousquet Paola Frugiuele Biglia Marisa Galtrucco Cipelletti Carlo Garbagnati

Antonio Gariboldi Vittorio Garrone Stefania Gatti Marcello Gemelli Riccardo Genghini Sandro Gerbi Andrea Giacobino Marinella Giacomelli Graziano Giacomini Piero Giarda Andrea Giardino Marcello Gioscia Poggi Pier Filippo Giuggioli Marina Gnecchi Ruscone Marino e Paola Golinelli Anna Grassi Marsano Margaretha Grashuis Palma Piero Grunstein Emma Guagnellini Beatrix Habermann Hans-Christian Habermann Mania Hruska Eulalia Hugony Lorenzo Jacchia Paolo Jucker Enrico e Lia Kerbaker Liliana Konigsman Hans Kusche Laura Levi Lidia Marcella Linguanti Antonio Liserre Eleonora Lodolo d’Oria Franco Longoni Cecilia Lurani Cernuschi Amman Maria Massimiliana Macalli Andreina Maffei Vincenzo Magri Matteo Mambretti Beatrice Mangiameli Molinari Roberto Mangiavacchi Beppe Manzitti Federico Marcello Carlo e Gioia Marchi Elena Marchini Ambrogio Mariani Antonietta Marsaglia Aldo Marsegaglia Luciano Martini Giulio Masera Maurizio Mauri Renato Mazzolini Lena Medini Federico Mezzanotte Francesco Micheli Maddalena Mina di Sospiro Vittorio Moccagatta Fosca Montibelli Noris Morano Natale Motta Ughetta Orlando Radice Fossati Camillo Olivetti Amos Oppizio


Maria Grazia Orsini Riccardo Ottaviani Stefano Ottina Silvia Pacces Angelo Pagliarini Giuliana Pallavicini Scevola Carlo Pappalettera Claudia Parma Renata Parma Vittorio Pattumelli Mariantonietta Paveri Fontana Bruni Ruth Pavese Westen Pietro Pavone Kay Peterson Vanda Petrolini Rinaldo Piaggio Tinetta Piontelli Renato Pirota Rosanna Pirovano Giovanna Pitteri Marina Pivetti Vieri Poggiali Giovanna Poletti Spadafora Anna Polimeno Francesco Pomati Lidia Ponzi Zecca Monica Poss Todisco Carla Pragliola Ratti di Desio Renata Andrea Prevost Maurizio Puttini Maria Maddalena Radice Fossati Dino Rebay Maria Luisa Redaelli del Bono Benedicte Rerolle Fabrizio Rivolta Marisa Rivolta Spaini Carla Robbiati Paolo Rocca Giorgio Rocco Bruno Romani Giorgio Rossi Polvara Roberto Ruozi Elisabetta Rusconi Bassetti Mario Giorgio Sacchi Rossana Sacchi Zei Maria Vittoria Saibene Paolo Saibene Estella Sala Ferruccio Salimbeni Natacha Sanchez Noris Sanchini Mercedes Sandron Andrea Sangalli Manuela Vicky Schapira Carlo Schiavoni Beatrice Schmitt Alessandro Scotti Giuliana Seccafieno Dall’Ora Jane Segre Liliana Segre Luisa Simondetti

Rosanna Sinelli Giovanna Sioli Luisa Sormani Verri Cortesi Franca Sozzani Cristina Spagnulo Demetrio Spinelli Franca Spinola Germanio Spreafico Luigi e Patrizia Staffico Susanna Stefani Selene Stoppani Marietta Strasoldo Fiorenzo Tagliabue Franca Tangari Ciccoli Roberto Telò Dina Terruzzi Berardi Daria Tinelli di Gorla Rocca Vincenzo Tola Letizia Torrani Gonzales Pier Giuseppe Torrani Massimo Trabaldo Togna Carlo Usiglio Lodovico Valentini Nathalie Veber Flora Vestri Giovanna Viarana Giuseppina Viarana Mariuccia Viarana Alberta Vigano Imperiali Luisa Viola Diego Visconti Fulvia Visconti Ferragamo Chiara Vismara Regazzoni Mirella Vivante Bernasconi Giovanni Viviani Giovanni M. Volonté Romain Zaleski Alberto Zambelli Paolo Maria Zambelli Michela Zane Francesca Zardini Sergio Zarelli

Fondazione Falck Fondazione Schlesinger Gruppo De Nora Knorr-Bremse Sac S.p.A. Merion Srl. European Cultural Tours Mittel S.p.A. Ordine degli Avvocati di Monza Pirelli & C. S.p.A. Recordati S.p.A. Robilant & Associati S.p.A. Sipcam S.p.A. Studio Legale Zambelli - Luzzati Meregalli Studio Notarile Ferrario Hercolani UBI Banca S.p.A. VITRUM S.r.l. Vittoria Assicurazioni S.p.A. Weber Shandwick Italia S.p.A.

Sostenitori Giovani Gilberto Accurso Ekaterina Adamova Antonio Alessandri Giacomo Alessandri Arina Alexeeva Sofia Amelio Viola Amman Chiara Araldi Masayoshi Arisaka Alice Arpini Renata Baruffaldi Marina Bertolini Pietro Biancardi Camilla Biondi Morra Francesca Biondi Morra Andrei Bogatsh Tim Borgmann Olga Brambilla Paola Brioschi Camilla Bruché Marina Caprotti Moncada Valentina Capsoni SOSTENITORI (Società ed Enti) Chiara Cargnel Accenture S.p.A. Giada Eleonora Carioti Alfa Wassermann S.p.A. Silvia Catalano Associazione Amici della Scala Maria Chernyavskaya Lugano Giovanni Maria Compagnoni Associazione Wagneriana di Milano Giulia Covelli Assophie – Les Amis de la Musique Sara Covili Faggioli et des Concerts Antonio Dell’Acqua Banca BSI Italia S.p.A. Simone Di Crescenzo Banca di Credito Cooperativo di Francesca e Silvia Di Giovanni Barlassina Scrl. Elena Dimichino Boehringer Ingelheim Italia S.p.A. Giacomo Faina Cartografica Pusterla S.p.A. Luca Fazzolari Casa Musicale Sonzogno di Cesare Figari Barberis Piero Ostali Michela Frattarolo Harue Fujii De Agostini S.p.A. Roberto Gagliardi Fineurop S.p.A.


Leonardo, Lodovica e Niccolò Genghini Cristina Gerosa Yuka Gohda Riccardo Gregotti Alberto Grunstein Axel e Foucauld Henin Giulia e Ludovico Jacchia Yun Jang Eva Jastrzebski Kie Kanazawa Suryun Kang Fanny Kihlgren Eui Sung Kim Eunhee Kim Jiyoung Kim Valeriya Korf Ekaterina Korotkova Izabella Kouznetsova Alina Kovaleva Ksenia Kuchukova Roberta Legori Nicoletta Leone Davide Levi Shuaifeng Li Davide Libreri Alessandra Lonza Stefano Madonna Giorgia Maffioli Brigatti

Alessio Francesco Marinoni Andrea Massaria Elisabetta Matranga Ammirata Anna e Michele Mazzini Simona Luisella Migliavacca Francesca Minelli Elisa Montecchia Martin Mousquet Andrea Musumeci Risa Namekawa Viviana Nebuloni Marcello Negri Matilde Virginia Negri Alessandro Negrini Mai Nishida Keigo Okumura Miyuki Omori Carlotta, Costanza e Ughetta Orlando Yoshihito Oshima Jacopo Parravicini Velia Pirone Alberto Penati Beatrice Ponte Cristina Ragno Joséphine Raynaud Arnaud e Jeanne Rerolle Filippo Rocchi Elena Rodighiero

Roberta Romanelli Rosalba Russillo Dayana Salaris Takara Sato Benedikt Sauer Carlotta, Letizia e Sofia Schena Maria Giulia Schlechtleitner Massimiliano Selvitella Carlo Sgarzi Matteo F.M. Sommaruga Ambra Sorrentino Stefano Soso Michiyo Sugiura Yoshitaka Tahara Shino Takahara Junko Takenouchi Valentino Tamburi Silvia Tosi Susumu Tsukino Natalia Tyurina Anouk e Come Veber Andrea Stefano Villa Bing Bing Wang Le Yin Natsuki Yoshida Sara Zanichelli Nadezhda Zvereva

Elenchi aggiornati al 16 novembre 2012

Milano per la Scala fondazione di diritto privato e-mail: miscala@milanoperlascala.it www.milanoperlascala.it Gruppo Giovani e-mail: giovani@milanoperlascala.it Via Clerici 5 – 20121 Milano tel. 02.7202.1647 - fax 02.7202.1662 Responsabile Rapporti con gli Aderenti: Giusy Cirrincione Responsabile Amministrazione e Segreteria Giovani: Maria Giallombardo Segreteria: Anna Piccini Comunicazione e iniziative promozionali: Pietro Paolucci

orario della Segreteria per il pubblico: da lunedì a venerdì, ore 10.00 – 13.00 orario della Segreteria Giovani: da lunedì a venerdì, ore 17.00 - 19.00

Fondazione senza scopo di lucro riconosciuta con decreto del Presidente della Regione Lombardia n. 1119 del 6 febbraio 1992 Tribunale di Milano, Registro Persone Giuridiche n. 1329/53/1329


Foto Marco Brescia


Mapei per l’arte e la cultura

Il legame con il Teatro alla Scala ha radici profonde nella storia di Mapei. Si è concretizzato sin dal 1984 come Abbonato Sostenitore ed è proseguito con il contributo alla ristrutturazione e al restauro del Teatro, grazie alla tecnologia e alla ricerca Mapei. Dal 2008 Mapei ha rafforzato ulteriormente il rapporto con la Scala divenendo Socio Fondatore Permanente. Il 75° anno di attività è stato un’ulteriore occasione per consacrare lo storico connubio tra il lavoro, l’arte e la cultura.


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