RomĂŠo et Juliette
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Stagione di Balletto 2012 / 2013
RomĂŠo et Juliette Stagione di Balletto 2012 / 2013
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CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Presidente
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Stéphane Lissner Sovrintendente e Direttore artistico Daniel Barenboim Direttore musicale Maria Di Freda Direttore generale
Gastón Fournier-Facio Coordinatore artistico COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI
Presidente
Mario Cattaneo
Membro supplente
Nadia Palmeri
Membri effettivi
Marco De Luca Marcello Coato
La Scala per l’Anno Santo
Roméo et Juliette Libretto di Emilie Deschamps da William Shakespeare
Coreografia di Sasha Waltz
Musica di Hector Berlioz
Nuova produzione Teatro alla Scala In coproduzione con Deutsche Oper Berlin In collaborazione con Opéra National de Paris
EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA
TEATRO ALLA SCALA PRIMA RAPPRESENTAZIONE
Mercoledì 19 dicembre 2012, ore 20 REPLICHE
dicembre
Venerdì Sabato Domenica
Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Martedì
28 Ore 20 - Turno P 29 Ore 20 - Turno R 30 Ore 15 - Invito alla Scala
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gennaio 2013 Ore 20 - Fuori abbonamento Ore 20 - Fuori abbonamento Ore 20 - Fuori abbonamento Ore 20 - Fuori abbonamento Ore 20 - Fuori abbonamento
Anteprima dedicata ai Giovani LaScalaUNDER30 Domenica 16 dicembre 2012, ore 20
In copertina: Roméo et Juliette coreografia di Sasha Waltz, musica di Hector Berlioz. Romeo (Hervé Moreau) e Giulietta (Aurélie Dupont) in un’intensa scena d’amore. Opéra National de Paris, 2007. (Foto Christian Leiber)
SOMMARIO 5
Romanticismo e astrazione: Roméo et Juliette secondo Sasha Waltz
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Roméo et Juliette. Il libretto
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Da Ovidio a Shakespeare, è sempre Romeo e Giulietta
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La bellezza di Romeo e della “garzona” Giulietta secondo Bandello
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Dalla tragedia al balletto
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Il soggetto (ital. - franc. - ingl. - ted. - giapp. - russo)
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Movimenti organici, forza e fluidità Intervista a Sasha Waltz
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Romeo e Giulietta oltre ogni convenzione
Sergio Trombetta
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Roméo et Juliette di Berlioz, un teatro di suoni
Laura Cosso
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Sasha Waltz all’opera. Verso un’idea di teatro totale
Marinella Guatterini
109 Hector Berlioz Cronologia della vita e delle opere 113 Sasha Waltz 120 Aurélie Dupont 123 Hervé Moreau 124 Ekaterina Semenchuk 125 Leonardo Cortellazzi 126 Nicolas Cavallier 127 Bruono Casoni 129 James Conlon 133 Corpo di Ballo del Teatro alla Scala 134 Orchestra del Teatro alla Scala 135 Coro del Teatro alla Scala 136 Makhar Vaziev 137 I ballerini del Teatro alla Scala 148 Teatro alla Scala
Sasha Waltz
Marinella Guatterini
Antonio Polignano
Quarta parte. Romeo al sepolcro dei Capuleti. Romeo (Hervé Moreau), si è disteso sul corpo apparentemente privo di vita di Giulietta (Aurélie Dupont). Balletto dell’Opera di Parigi, Opéra Bastille, 2007.
Romanticismo e astrazione: Roméo et Juliette secondo Sasha Waltz Sasha Waltz In Roméo et Juliette ho cercato di sviluppare un linguaggio astratto che traduca nel modo più pertinente possibile il contenuto emozionale della Symphonie dramatique di Hector Berlioz: il simbolo dell’amore, l’intrecciata relazione tra passione e morte, ma anche la solitudine di fronte alle scelte individuali, il peso delle differenze nella società. Considero la giovanile commedia tragica Romeo e Giulietta di William Shakespeare non solo romantica, ma anche molto tragica. A mio avviso il pericolo del romanticismo è cadere nella sdolcinatezza, è la perdita di profondità. Penso sia importante che il dramma resti ben ancorato a terra, in un modo o nell’altro. Mentre lavoravo, nel 2004, sui pezzi pianistici di Franz Schubert, raccolti in Impromptus, mi sono immersa in una riflessione sui temi della solitudine e della melanconia. Ciò che mi parve subito interessante nel romanticismo è il suo lato d’ombra, il suo desiderio: come una nostalgia per tutto ciò che non si può raggiungere, il sentimento di una costante insoddisfazione. In Roméo et Juliette resta sempre perenne questa impossibilità di pervenire all’amore, di raggiungerlo, e questa prossimità alla morte, associata a uno stato onirico liberatorio. Il fatto che Hector Berlioz non abbia seguito letteralmente la storia dei due amanti di Verona, aggiungendo, ad esempio, un prologo che ne anticipa tutti i passaggi, mi ha concesso una libertà nella ricerca della forma e dunque nei modi di indirizzare e intraprendere il mio lavoro. Rispetto il conflitto tra le due famiglie, ma non ne racconto le vicende in modo totalmente cronologico: mi introduco nelle maglie del recitativo, e pur mantenendo i momenti narrativi, resto astratta. Non ho cercato a tutti i costi di restituire una visione contemporanea, o un’illuminazione politica, attraverso una lettura contemporanea che collochi l’intreccio in un luogo o in un’epoca precisi: piuttosto mi sono messa alla ricerca di una dimensione atemporale.Al di là del mito, Romeo e Giulietta sono diventati il simbolo dell’amore e dell’innocenza; sono vittime che sacrificano la loro unione perché nasca finalmente la pace, ponendo fine a un conflitto tra opposte società. La pregnanza dell’opera di Berlioz si rivela, a mio avviso, nel contrasto tra poesia, emozione, qualche volta humour, e una certa forma di violenza. Nel mio lavoro creativo, considero la musica come un partner: decido di seguirlo, assecondarlo oppure, al contrario, di allontanarmi, ma nulla è mai calcolato. Il movimento è come una luce organica, arriva davvero da una pulsione e da un ritmo, per poi progredire parallelamente alla musica…
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Gustave Courbet. Hector Berlioz, 1850 (Parigi, Museo del Louvre).
Roméo et Juliette Libretto di Emilie Deschamps da William Shakespeare Musica di Hector Berlioz
Questo lavoro non è un’opera da concerto, né una cantata, ma una Sinfonia con cori. Anche se il canto figura sin dall’inizio, esso deve preparare l’animo dell’ascoltatore alle scene drammatiche in cui i sentimenti e le passioni sono espressi dall’orchestra. Ciò inoltre serve per introdurre un po’ alla volta nello sviluppo musicale le masse corali, la cui improvvisa apparizione potrebbe nuocere all’unità della composizione. Così il prologo, sull’esempio di quello del dramma shakespeariano, vede il coro esporre l’azione e cantare a più voci. Più lontano (fuori dalla scena) si ascolta il coro maschile dei Capuleti; poi nella cerimonia funebre il coro maschile e femminile dei Capuleti. All’inizio del finale si ascoltano i due cori completi dei Capuleti e dei Montecchi, insieme a padre Lorenzo; poi tutti e tre i cori. L’ultima scena di riconciliazione delle due famiglie appartiene all’opera o all’oratorio e non è stata mai rappresentata in teatro dai tempi di Shakespeare; è molto bella e musicale e corona degnamente un componimento di alto sentire, quale il musicista non potrebbe immaginare più elevato. Se nelle celebri scene del giardino e del cimitero i dialoghi dei due amanti non sono affidati al canto, se i duetti d’amore fra Giulietta e Romeo sono espressi con l’orchestra, le ragioni sono molte e facile a capirsi. Anzitutto, perché si tratta di una sinfonia e non di un’opera. Poi perché i duetti di questo tipo debbono trovare un modo di espressione, diverso da quello usato da altri grandi maestri. In fondo, in casi del genere il linguaggio strumentale si dimostra più ricco e più vario, più potente nel descrivere i sentimenti sublimi dell’amore. Hector Berlioz
In Mémoires, Prefazione di Hector Berlioz a Roméo et Juliette
1. INTRODUCTION
I. INTRODUZIONE
Combats – Tumulte – Intervention du Prince (Orchestre seul)
Combattimenti – Tumulto – Intervento del Principe (Orchestra)
Prologue Contralto solo et petit chœur D’anciennes haines endormies Ont surgi comme de l’enfer; Capulets, Montagus, deux maisons [ennemies, Dans Vérone ont croisé le fer. Pourtant de ces sanglants désordres Le Prince a réprimé le cours, En menaçant de mort ceux qui malgré ses [ordres Aux justices du glaive auraient encore [recours. Dans ces instants de calme une fête est [donnée Par le vieux chef des Capulets.
Prologo Contralto solo e piccolo coro Antichi rancori assopiti Sono risorti come dall’inferno; Capuleti e Montecchi, due casate nemiche, In Verona hanno incrociato le spade. Tuttavia il Principe ha frenato il corso Di questi sanguinosi disordini Minacciando di morte chi, malgrado i suoi [ordini, Avesse fatto ancora una volta ricorso alla [giustizia della spada. Durante quegli istanti di pace viene data Una festa dal vecchio capo dei Capuleti.
Contralto solo Le jeune Roméo, plaignant sa destinée, Vient tristement errer à l’entour du palais; Car il aime d’amour Juliette, la fille Des ennemis de sa famille!
Contralto solo Il giovane Romeo, piangendo il suo destino, Va errando tristemente intorno al palazzo; Ama di vero amore Giulietta, la figlia Dei nemici della sua famiglia.
Contralto solo et petit chœur Le bruit des instruments, les chants [mélodieux Partent des salons où l’or brille. Excitant et la danse et les éclats joyeux. La fête est terminée et quand tout bruit [expire, Sous les arcades on entend Les danseurs fatigués s’éloigner en [chantant. Hélas! et Roméo soupire. Car il a dû quitter Juliette!
Contralto solo e piccolo coro Il rumore degli strumenti, i canti melodiosi
Soudain, pour respirer encore cet air qu’elle [respire, II franchit les murs du jardin. Déjà sur son balcon la blanche Juliette Paraît et, se croyant seule jusques au jour Confie à la nuit son amour. Roméo, palpitant d’une joie inquiète, Se découvre à Juliette Et de son cœur les feux éclatent à leur tour. Strophes Contralto solo Premiers transports que nul n’oublie! Premiers aveux, premiers serments De deux amants
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Vengono fuori dalle sale dove brilla l’oro, Eccitando e la danza e l’allegria. La festa è terminata e quando ogni rumore [si spegne, Sotto i portici si odono Gli stanchi danzatori allontanarsi cantando. Ahimè! E Romeo sospira Perché ha dovuto lasciare Giulietta! [D’improvviso, Per respirare ancora l’aria ch’ella respira, Scavalca le mura del giardino, Già sul balcone la bianca Giulietta Si affaccia e, credendosi sola fino al giorno, Confida alla notte il suo amore. Romeo, palpitando per un’inquieta gioia. Si rivela a Giulietta e a sua volta Gli si infiamma il cuore. Strofe Contralto solo Primi trasporti d’amore che nessuno [dimentica! Prime confessioni, primi giuramenti Di due amanti
Sous les étoiles d’Italie, Dans cet air chaud et sans zéphyrs Que l’oranger au loin parfume, Où se consume Le rossignol en longs soupirs! Quel art dans sa langue choisie. Rendrait vos célestes appas? Premier amour, n’êtes vous pas Plus haut que toute poésie? Ou ne seriez-vous point, dans notre exil [mortel, Cette poésie elle-même. Dont Shakespeare lui seul eut le secret [suprême Et qu’il remporta...
Sotto le stelle d’Italia, In quell’aria calda e senza venti Che in lontananza profuma l’arancio, Dove si consuma L’usignolo in lunghi sospiri. Quale arte nella sua eletta lingua Potrebbe restituire le vostre celesti bellezze? Primo amore, non stai forse Ancora più in alto di qualsiasi poesia? O non saresti invece in questo nostro [mortale esilio Proprio quella poesia Di cui Shakespeare solo conosceva il [supremo segreto E che porta via con sé...
Contralto solo et petit choeur ... dans le ciel!
Contralto e piccolo coro ... nel cielo!
Contralto solo Heureux enfants aux cœurs de flamme, Liés d’amour par le hasard D’un seul regard, Vivant tous deux d’une seule âme, Cachez-le bien sous l’ombre en fleurs, Ce feu divin qui vous embrase, Si pure extase Que ses paroles sont des pleurs! Quel roi de vos chastes délires Croirait égaler les transports? Heureux enfants! et quels trésors Payeraient un seul de vos sourires?
Contralto solo Felici ragazzi, dai cuori ardenti, Legati d’amore per la sorte Di un unico sguardo, Vivendo entrambi con una sola anima, Celatelo sotto l’ombra fiorita, Questo divino fuoco che vi infiamma, Un’estasi così pura Che le sue parole sono pianti! Quale re potrebbe credere di uguagliare Il rapimento dei vostri casti deliri? Felici ragazzi! E quali tesori Potrebbero pagare uno solo dei vostri [sorrisi? Ah, gustate a lungo questa coppa di miele,
Ah! savourez longtemps cette coupe de [miel, Plus suave que les calices Où les anges de Dieu, jaloux de vos délices, Puisent le bonheur...
Più soave dei calici Dove gli angeli di Dio, gelosi delle vostre [delizie, Attingono la felicità...
Contralto solo et petit chœur ... dans le ciel!
Contralto solo e piccolo coro ... nel cielo! Scherzetto
Scherzetto
Récitatif
Recitativo
Ténor solo et petit chœur Bientôt de Roméo la pâle rêverie Met tous ses amis en gaieté.
Tenore solo e coro Ben presto la pallida fantasticheria di Romeo Infonde letizia in tutti i suoi amici.
Ténor «Mon cher, dit l’élégant Mercutio, je parie Que la reine Mab t’aura visité!»
Tenore «Mio caro», dice l’elegante Mercuzio, [«scommetto Che ti ha fatto visita la regina Mab!»
Ténor solo et chœur Mab! la messagère Fluette et légère,
Tenore solo e coro Mab, la messaggera Delicata e leggera,
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Elle a pour char une coque de noix Que l’écureuil a façonnée; Les doigts de l’araignée Ont filé ses harnois. Durant les nuits, la fée, En ce mince équipage, Galope follement dans le cerveau d’un page Qui rêve espiègle tour Ou molle sérénade Au clair de lune sous la tour. En poursuivant sa promenade La petite reine s’abat Sur le col bronzé d’un soldat. Il rêve canonnades Et vives estocades, Le tambour, la trompette; II s’éveille et d’abord Jure et prie en jurant toujours, Puis se rendort Et ronfle avec ses camarades. C’est Mab qui faisait tout ce bacchanal. C’est elle encore qui dans un rêve habille La jeune fille Et la ramène au bal. Mais le coq chante, le jour brille, Mab fuit comme un éclair Dans l’air.
Ha per carrozza un guscio di noce Che lo scoiattolo ha lavorato; Le zampe del ragno Hanno filato i suoi finimenti. Durante le notti, La fata, con questo minuscolo equipaggio, Galoppa follemente nel cervello di un paggio Che sogna tiri birboni O una tenera serenata Al chiaro di luna, sotto la torre. Proseguendo la sua passeggiata La piccola regina piomba Sul collo abbronzato di un soldato. Egli sogna cannonate E belle stoccate, II tamburo, la tromba! Si sveglia, e subito Impreca, e prega sempre imprecando, Poi si riaddormenta, E russa insieme ai suoi compagni. È Mab che faceva tutto quel chiasso. È ancora lei che in un sogno riveste La fanciulla E la conduce al ballo. Ma il gallo canta, splende il giorno; Mab fugge come un lampo Nell’aria.
Chœur Bientôt la mort est souveraine. Capulets, Montagus, domptés par les [douleurs, Se rapprochent enfin pour abjurer la haine Qui fit verser tant de sang et de pleurs.
Coro E presto la morte regna sovrana. Capuleti, Montecchi, domati dai dolori, Si riavvicinano infine per scongiurare l’odio Che fece versare tanto sangue e tanti pianti.
(Le chœur sort)
(Esce il Coro)
2. ROMÉO SEUL – TRISTESSE CONCERT ET BAL GRANDE FÊTE CHEZ CAPULET
(Orchestre seul)
II. ROMEO SOLO – TRISTEZZA RUMORI LONTANI DI BALLO E DI CONCERTO GRANDE FESTA IN CASA DEI CAPULETI (Orchestra)
3. SCÈNE D’AMOUR Nuit sereine – Le Jardin de Capulet, silencieux et désert. Les jeunes Capulets, sortant de la fête, passent et chantent des réminiscences de la musique du bal.
III. SCENA D’AMORE Notte serena – Il Giardino dei Capuleti, deserto e silenzioso. I giovani Capuleti, uscendo dalla festa, passano cantando delle reminiscenze della musica del ballo.
Deux chœurs Ohé, Capulets! bonsoir, bonsoir! Ohé, bonsoir, cavaliers, au revoir! Ah, quelle nuit! Quel festin! Bal divin! Quel festin! Que de folles paroles! Belles Véronaises,
Coro I e II (fuori scena) Ehi, Capuleti! Buona sera, buona sera! Ehi, buona sera, cavalieri, arrivederci! Ah, che notte! Che banchetto! Ballo divino! Che banchetto! Che pazze parole! Belle veronesi,
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Sous les grands mélèzes Allez rêver de bal et d’amour, Allez rêver d’amour Jusqu’au jour.
Sotto i grandi larici Andate fantasticando le danze e l’amore, Fino al giorno. Tra la la la!
Tra la la la la la
Andate fantasticando l’amore ecc.
Scène d’amour
Scena d’amore (Orchestre seul)
4. LA REINE MAB, OU LA FÉE DES SONGES Scherzo
(Orchestra) IV. LA REGINA MAB O LA FATA DEI SOGNI Scherzo
(Orchestre seul) (Orchestra) 5. CONVOI FUNÈBRE DE JULIETTE
V. CORTEO FUNEBRE DI GIULIETTA
Chœur des Capulets Jetez des fleurs pour la vierge expirée! Jusqu’au tombeau, jetez des fleurs, etc. Et suivez au tombeau notre sœur adorée!
Coro dei Capuleti Spargete fiori per la vergine spirata! Fino alla tomba, spargete fiori, ecc. Accompagnate alla tomba la nostra amata [sorella!
6. ROMÉO AU TOMBEAU DES CAPULETS
VI. ROMEO AL SEPOLCRO DEI CAPULETI
Invocation – Réveil de Juliette Joie délirante, désespoir, dernières angoisses et mort des deux amants
Invocazione – Risveglio di Giulietta Gioia delirante, disperazione, ultima agonia e morte degli amanti
(Orchestre seul)
(Orchestra)
7. FINALE
VII. FINALE
La foule accourt au cimetière – Rixe des Capulets et des Montagus – Récitatif et air du Père Laurence – Serment de réconciliation
La folla irrompe nel cimitero – Rissa tra Capuleti e Montecchi – Recitativo e aria di Padre Lorenzo – Giuramento di riconciliazione
Montagus et Capulets (ensemble)
Montecchi e Capuleti
Choeur des Montagus Quoi! Roméo de retour! Roméo! Pour Juliette il s’enferme au tombeau Des Capulets que sa famille abhorre Ah! malédiction sur eux! Roméo!
Coro dei Montecchi Che! Romeo è ritornato! Romeo! Per Giulietta si chiude nella tomba Dei Capuleti che la sua famiglia aborrisce! Ah, maledizione su loro! Romeo!
Choeur des Capulets Quoi! Roméo de retour! Roméo! Les Montagus ont brisé le tombeau De Juliette expirée à l’aurore. De Juliette expirée à l’aurore. Ah! malédiction sur eux!
Coro dei Capuleti Che! Romeo è ritornato! Romeo! I Montecchi hanno divelto la tomba Di Giulietta morta all’aurora! Di Giulietta morta all’aurora! Ah, maledizione su loro!
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Montagus et Capulets Ciel ! morts tous les deux Et leur sang fume encore! Quel mystère! Ah, quel mystère affreux!
Montecchi e Capuleti Cielo! Morti entrambi E il loro sangue è ancora fumante! Ah, che terribile mistero!
Le père Laurence Je vais dévoiler le mystère! Ce cadavre, c’était l’époux De Juliette. Voyez-vous Ce corps étendu sur la terre? C’était la femme, hélas, de Roméo. C’est moi qui les ai mariés.
Padre Lorenzo Ora svelerò il mistero. Questo cadavere era lo sposo Di Giulietta. Vedete Questo corpo steso sulla terra? Era la moglie, ahimè, di Romeo! Sono stato io che li ho sposati.
Montagus et Capulets Mariés!
Montecchi e Capuleti Sposati!
Le père Laurence Oui, je dois l’avouer. J’y voyais le gage salutaire D’une amitié future entre vos deux maisons.
Padre Lorenzo Sì, lo devo confessare. Vi vedevo il pegno salvifico Di una futura amicizia tra le vostre due [casate.
Montagus et Capulets (ensemble)
Montecchi e Capuleti (insieme)
Montagus Amis des Capulets, nous! Nous les maudissons!
I Montecchi Amici dei Capuleti, noi! Che siano maledetti!
Capulets Amis des Montagus, nous! Nous les maudissons!
I Capuleti Amici dei Montecchi, noi! Che siano maledetti!
Le père Laurence Mais vous avez repris la guerre de famille! Pour fuir un autre hymen, la malheureuse [fille Au désespoir vint me trouver. «Vous seul, s’écria-t-elle, auriez pu me sauver! Je n’ai plus qu’à mourir!» Dans ce péril extrême Je lui fis prendre afin de conjurer le sort, Un breuvage qui, le soir même, Lui prêta la pâleur et le froid de la mort.
Padre Lorenzo Ma voi avete ripreso la guerra di famiglia! Per sottrarsi a un altro imene, l’infelice [fanciulla Mi venne a trovare disperata: «Voi solo», gridò, «avreste potuto salvarmi! Non mi resta che morire!» In quell’estremo pericolo. Le feci prendere, per scongiurare la sorte, Una pozione che, la sera stessa, Le conferì il pallore, il gelo della morte.
Montagus et Capulets Un breuvage!
I Montecchi e i Capuleti Una pozione!
Le père Laurence Et je venais sans crainte Ici la secourir. Mais Roméo, trompé dans la funèbre [enceinte, M’avait devancé pour mourir Sur le corps de sa bien-aimée. Et presqu’à son réveil Juliette, informée De cette mort qu’il porte en son sein [dévasté, Du fer de Roméo s’était contre elle armée
Padre Lorenzo E io venivo qui senza timore a soccorrerla. Ma Romeo, ingannato nella camera [funebre, Mi aveva preceduto per morire Sul corpo della sua amata. E quasi al suo risveglio Giulietta, saputo Quale morte egli portava nel petto [tormentato, Col pugnale di Romeo si era armata contro [se stessa
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Et passait dans l’éternité Quand j’ai paru! Voilà toute la vérité.
E passava all’eternità Quando io arrivai! Ecco tutta la verità!
Montagus et Capulets Mariés!
I Montecchi e i Capuleti Sposati!
Le père Laurence (Air) Pauvres enfants que je pleure, Tombés ensemble avant l’heure, Sur votre sombre demeure Viendra pleurer l’avenir. Grande par vous dans l’histoire, Vérone un jour, sans y croire, Aura sa peine et sa gloire Dans votre seul souvenir. Où sont-ils maintenant, ces ennemis [farouches? Capulets! Montagus! Venez, voyez, touchez.
Padre Lorenzo (Aria) Poveri ragazzi, che io piango, Caduti insieme anzitempo, Sulla vostra cupa dimora Verrà a piangere l’avvenire. Grande per voi nella storia, Verona un giorno – chi lo crederebbe? Avrà la sua pena e la sua gloria Solo nel vostro ricordo. Dove sono ora quei truci nemici?
Dieu vous punit dans vos tendresses! Dieu vous punit dans vos tendresses! Ses châtiments, ses foudres vengeresses Ont le secret de nos terreurs! Entendez-vous sa voix qui tonne: «Pour que là-haut ma vengeance pardonne, Oubliez vos propres fureurs!»
Capuleti, Montecchi! Venite, vedete, [toccate! L’odio nei vostri cuori, l’ingiuria nelle vostre [ labbra! Avvicinatevi, o barbari, a questi pallidi [amanti! Dio vi punisce nei vostri affetti più teneri. Dio vi punisce nei vostri affetti più teneri. I suoi castighi, le sue folgori vendicatrici Svelano il segreto dei nostri terrori. Sentite la sua voce che tuona; «Perché lassù la mia vendetta perdoni, Dimenticate i vostri furori!»
Montagus et Capulets Mais notre sang rougit leur glaive.
I Montecchi e i Capuleti Ma il nostro sangue arrossa la loro spada!
Montagus Le nôtre aussi contre eux s’élève.
I Montecchi Anche il nostro si leva contro di loro!
Capulets Ils ont tué Tybalt!
I Capuleti Hanno ucciso Tebaldo!
Montagus Qui tua Mercutio?
I Montecchi Chi uccise Mercuzio?
Capulets Et Pâris donc?
I Capuleti E Paride allora ?
Montagus Et Benvolio?
I Montecchi E Benvolio?
Capulets Et Tybalt?
I Capuleti E Tebaldo?
Montagus et Capulets Perfides, point de paix! Non! Non, lâches! Point de trêve! Non!
I Montecchi e i Capuleti Perfidi, niente pace! No, vigliacchi! Niente tregua!
La haine dans vos cœurs, l’injure dans vos [bouches! De ces pâles amants, barbares, approchez!
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Le père Laurence Silence, malheureux! Pouvez-vous, sans [remords. Devant un tel amour étaler tant de haine? Faut-il que votre rage en ces lieux se [déchaîne? Rallumée aux flambeaux des morts? Grand Dieu qui vois au fond de l’âme, Tu sais si mes vœux étaient purs! Grand Dieu, d’un rayon de ta flamme Touche ces cœurs sombres et durs! Et que ton souffle tutélaire, A ma voix sur eux se levant, Chasse et dissipe leur colère Comme la paille au gré du vent! Grand Dieu, d’un rayon de ta flamme etc.
Davanti a un tale amore mostrare tanto odio! Bisogna che la vostra furia si scateni in [questi luoghi? Alla luce delle fiaccole dei morti? Gran Dio che vedi in fondo all’anima, Tu sai se i miei desideri erano puri. Gran Dio, con un raggio della tua fiamma Tocca questi cuori cupi e duri, E che il tuo soffio protettore. Levandosi su di loro alla mia voce, Scacci e dissipi la loro collera Come la paglia in balia del vento! Gran Dio, con un raggio ecc.
Montagus Ô Juliette! Douce fleur!
I Montecchi O Giulietta! Dolce fiore!
Capulets Ô Roméo! Jeune astre éteint!
I Capuleti O Romeo! Giovane astro spento!
Montagus et Capulets Dans ces moments suprêmes, Les Capulets (Montagus) sont prêts [eux-mêmes A s’attendrir sur ton destin. Dieu! quel prodige étrange: Plus d’horreur, plus de fiel, Mais des larmes du Ciel Toute notre âme change.
I Montecchi e i Capuleti In questi supremi momenti, gli stessi Capuleti (Montecchi) sono pronti
Serment Le père Laurence Jurez donc par l’auguste symbole Sur le corps de la fille et sur le corps du fils, Par ce bois douloureux qui console, Jurez tous, jurez par le saint crucifix. De sceller entre vous une chaîne éternelle De tendre charité, d’amitié fraternelle! Et Dieu, qui tient en main le futur [jugement, Au livre du pardon inscrira ce serment. Deux chœurs, petit chœur puis le père Laurence Jurez tous (nous jurons) par l’auguste [symbole Sur le corps de la fille et sur le corps du fils, Par ce bois douloureux qui console, Jurez tous (nous jurons tous) par le saint [crucifix, De sceller entre vous (nous) une chaîne [éternelle
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Padre Lorenzo Silenzio, infelici! Potete, senza rimorsi,
A intenerirsi sulla tua sorte. Dio, che strano prodigio! Mai più orrore, mai più odio, Mai più lacrime del cielo! L’intera nostra anima cambia. Giuramento della riconciliazione Padre Lorenzo Giurate tutti in nome dell’augusto simbolo Sul corpo della figlia e sul corpo del figlio, In nome di questo legno doloroso che [consola; Giurate sul santo crocefisso, Di suggellare fra voi un eterno legame Di tenera carità, di fraterna amicizia. E Dio che tiene in mano il futuro giudizio Iscriverà nel libro del perdono questo [giuramento. I Montecchi e i Capuleti, piccolo coro, poi Padre Lorenzo Giurate (giuriamo) tutti in nome [dell’augusto simbolo, Sul corpo della figlia e sul corpo del figlio, In nome di questo legno doloroso che [consola; Giurate (giuriamo) sul santo crocefisso, Di suggellare fra voi (noi) un eterno legame
De tendre charité, d’amitié fraternelle! De tendre charité, d’amitié fraternelle! Et Dieu, qui tient en main le futur [jugement, Au livre du pardon inscrira ce serment. Oui, jurez tous (nous jurons) par l’auguste [symbole Sur le corps de la fille et sur le corps du fils, Par ce bois douloureux qui console, Vous jurez (nous jurons) d’éteindre enfin Tous vos (nos) ressentiments, amis, pour [toujours!
Di tenera carità, di fraterna amicizia! Di tenera carità, di fraterna amicizia! E Dio che tiene in mano il futuro giudizio, Iscriverà nel libro del perdono questo [giuramento. Sì, giurate (giuriamo) in nome dell’augusto [simbolo, Sul corpo della figlia e sul corpo del figlio. In nome di questo legno doloroso che [consola; Giurate (giuriamo) di spegnere ogni risentimento, amici, per sempre! Traduzione dal francese di Olga Visentini
Per gentile concessione. Programma di sala del Concerto dell’Accademia di Santa Cecilia; Roma, Auditorium Parco della Musica, 7 Giugno 2003.
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Da Ovidio a Shakespeare, è sempre Romeo e Giulietta
La storia degli sfortunati amanti è quasi certamente un’invenzione letteraria, un prodotto dell’inconscio collettivo. Già nelle Metamorfosi (I sec. a.C.) Ovidio riporta la leggenda babilonese di Piramo e Tisbe, il cui amore, contrastato dall’inimicizia dei rispettivi padri, si conclude tragicamente per l’equivoco causato da una presunta morte. Tuttavia, le fonti più ricche risalgono al Rinascimento italiano. Nel Novellino (1476), una raccolta di novelle di Tommaso Guardati, detto Masuccio da Salerno, si trova il racconto del tragico amore di due adolescenti: nel corso di un alterco, il senese Mariotto commette involontariamente un omicidio ed è costretto all’esilio. Con l’intenzione di raggiungerlo in seguito, la ragazza, Ganozza, simula la morte; ma Mariotto, ricevuta la notizia, ritorna in patria, dove viene catturato e giustiziato, e Ganozza muore di dolore sul cadavere dell’amato. L’argomento è ripreso dal vicentino Luigi da Porto nella sua Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti (1530): i giovani amanti sono ormai diventati Giulietta e Romeo e l’azione si svolge a Verona all’epoca di Bartolomeo della Scala, che fu signore della città dal 1301 al 1304. Tutta l’Italia colta si commuove alla lettura di questo racconto. Una ventina d’anni dopo, nel 1554, Matteo Bandello ne fa il soggetto di una delle sue novelle, ben presto tradotta e adattata anche all’estero: in Francia da Pierre Boaistuau e François de Belleforest (Histoires tragiques, 1559), e in Inghilterra da Arthur Brooke (The Tragical History of Romeus and Juliet, 1562) e da William Painter (in The Palace of Pleasure, 1566). Furono sicura-
Eugène Delacroix. Roméo et Juliette, 1845. Olio su tela (Collezione privata).
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mente queste ultime due opere a ispirare William Shakespeare per il suo Romeo e Giulietta (1597). Da esperto uomo di teatro qual era, egli introdusse nel dramma delle scene comiche, sviluppò i personaggi della nutrice e di Mercuzio, l’amico di Romeo, e creò il personaggio negativo di Tebaldo, cugino di Giulietta, il quale, uccidendo Mercuzio, scatena la tragedia. Da moralista, Shakespeare redige una requisitoria contro le contese degli adulti e denuncia con veemenza il sacrificio dell’innocenza all’odio; ma è anche un poeta delle passioni intense, che dà carattere di esemplarità all’amore assoluto. In epoca romantica, il culto di Shakespeare trova un terreno fertile; è allora che il mito letterario di Romeo e Giulietta diventa una realtà quasi storica, come testimoniano le folle che si recano incessantemente in pellegrinaggio a Verona per visitare il “balcone” e la “tomba” di Giulietta. Per gentile concessione dal programma di sala Hector Berlioz – Sasha Waltz. Roméo et Juliette, Opéra National de Paris, 2007. (Traduzione dal francese di Arianna Ghilardotti)
Francesco Hayez. L’addio di Romeo a Giulietta, 1823. (Tremezzo, Villa Carlotta).
La bellezza di Romeo e della “garzona” Giulietta secondo Bandello «Vieni a veder Montecchi e Cappelletti […] color già tristi, e questi con sospetti!» Dante, Divina Commedia, Purgatorio VI, 106-108
Furono già al tempo dei signori de la Scala due famiglie in Verona tra l’altre di nobiltà e ricchezze molto famose, cioè i Montecchi e i Capelletti, le quali tra loro, che che se ne fosse cagione, ebbero fiera e sanguinolente nemicizia, di modo che in diverse mischie, essendo ciascuna potente, molti ci morirono così di Montecchi e Capelletti come di seguaci che a quelli s’accostarono; il che di più in più i lor odii accrebbe. Era alora signor di Verona Bartolomeo Scala, il quale assai s’affaticò per pacificar queste due schiatte, ma non ci fu ordine già mai, tanto era l’odio abbarbicato nei petti loro. Tuttavia gli ridusse a tale che se non vi pose pace, ne levò almeno le continove mischie che tra loro assai sovente con morte d’uomini si facevano; di maniera che se si scontravano, i giovani davano luogo ai più vecchi de la contraria fazione. Avvenne adunque che un anno, dopo Natale si cominciarono a far de le feste ove i mascherati concorrevano. Antonio Capelletto, capo de la sua famiglia, fece una bellissima festa a la quale invitò gran nobiltà d’uomini e di donne. Quivi si videro per la maggior parte tutti i giovani de la città, tra i quali v’andò Romeo Montecchio che era di venti in ventun anno, il più bello e cortese di tutta la gioventù di Verona. Egli era mascherato e con gli altri entrò ne la casa del Capelletto, essendo già notte. […] Ciascuno guardava Romeo e massimamente le donne, e tutti si meravigliavano ch’egli sì liberamente in quella casa dimorasse. Tuttavia perché Romeo oltra che era bellissimo era anco giovinetto molto costumato e gentile, era generalmente da tutti amato. I suoi nemici poi non gli ponevano così la mente come forse averebbero fatto s’egli fosse stato di maggior etate. Quivi era divenuto Romeo consideratore de le bellezze de le donne che erano su la festa, e questa e quella più e meno secondo l’appetito commendava, e senza danzare s’andava in cotal maniera diportando, quando gli venne veduta una fuor di misura bellissima garzona che egli non conosceva. Questa infinitamente gli piacque e giudicò che la più bella ed aggraziata giovane non aveva veduta già mai. Pareva a Romeo quanto più intentamente la mirava che tanto più le bellezze di quella divenissero belle, e che le grazie più grate si facessero, onde cominciò a vagheggiarla molto amorosamente, non sapendo da la di lei vista levarsi; e sentendo gioia inusitata in contemplarla, tra sé propose far ogni suo sforzo per acquistar la grazia e l’amor di quella. […] Giulietta, – ché così aveva nome la garzona che cotanto a Romeo piaceva – era figliuola del padrone de la casa e de la festa. […] Da Matteo Bandello, La sfortunata morte di dui infelicissimi amanti che l’uno di veleno e l’altro di dolore morirono, con varii accidenti, in Novelle, 1554.
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Anselm Feuerbach. Romeo e Giulietta. Olio su tela (Eisenach, Th端ringer Museum).
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Dalla tragedia al balletto
Oltre alle scene di danza (il ballo al palazzo Capuleti, le danze popolari e carnevalesche nelle piazze di Verona ecc.), vi sono nel Romeo and Juliet di Shakespeare situazioni i cui segreti interiori si possono esprimere solo con la danza: segreti insiti nel profondo degli avvenimenti, ma anche nascosti nelle memorie dei fatti che Shakespeare spesso cita per bocca di Mercuzio, della nutrice, di Giulietta stessa. Tali parole provengono da vibrazioni interiori avvertite dal poeta e restituite con espressioni palpitanti. Danzatori e coreografi non possono che considerare queste tensioni nei loro valori interiori, ovvero astratti. Aurelio Milloss, in Romeo and Juliet dal testo alla scena, 1986
Gli amori di Romeo e Giulietta iniziano a ispirare i coreografi verso la fine del XVIII secolo. Il primo balletto di cui si sia conservata traccia è quello del veneziano Eusebio Luzzi, allestito nel 1785 al Teatro Samuele di Venezia, su musica di Luigi Marescalchi. Due anni dopo, il Teatro alla Scala mette in cartellone una creazione di Filippo Beretti su musica di Vincenzo Martin. Nel 1809 il russo Ivan Val’berch, fervente difensore delle idee di Noverre, allestisce a San Pietroburgo una sua versione, che, allontanandosi dal dramma di Shakespeare, segue l’opera del compositore tedesco Daniel Steibelt, in cui i due clan rivali alla fine si riconciliano e così si evita la morte degli amanti. Nel 1811, Vincenzo Galeotti presenta a Copenhagen la sua interpretazione della vicenda, su musica di Klaus Nielsen Schall, con Antoine Bournonville (padre del celebre August) nel ruolo di Romeo. In seguito, si dovrà attendere più di un secolo per ritrovare un progetto coreografico ispirato al dramma degli infelici amanti di Verona. Il primo tentativo (sicuramente il più audace) risale al 1926 e si deve a Bronislava Tranquillo Cremona. Una visita alla tomba di Giulietta e Romeo. Olio su tela (Milano, Galleria d’Arte Moderna).
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In alto: Pietro Roi. Morte di Giulietta e Romeo, 1882. (Vicenza, Museo Civico). In basso: Pino Casarini. L’addio di Giulietta a Romeo, 1939 (Montecchio Maggiore, Castello della Bella Guardia).
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Nijinska, che, con la collaborazione di Constant Lambert per la musica e di Max Ernst e Joan Miró per la scenografia, modernizza il tema ambientandolo tra le quinte di un teatro, dove Tamara Karsavina viene sedotta da Serge Lifar nei panni di un aviatore. A Leningrado, nel 1934, è il regista Sergei Radlov, specialista di Shakespeare – autore molto apprezzato dai sovietici –, ad affrontare nuovamente la storia; l’incarico di scrivere la musica è affidato a Sergei Prokof’ev. Tuttavia, il Kirov si ritira dal progetto, e lo stesso fa, successivamente, anche il Bol’šoj; il balletto verrà infine allestito a Brno nel 1938, con la coreografia di Vania Psota. Arriverà al Kirov soltanto nel 1940, in una nuova versione firmata da Leonid Lavrovskij e interpretata da Galina Ulanova e Konstantin Sergeev, che diventerà un punto di riferimento imprescindibile, prima di essere adottata dal Bol’šoj nel 1946. Le innumerevoli versioni coreografiche successive della tragedia utilizzano prevalentemente la partitura di Prokof’ev – caratterizzata da un’innegabile teatralità – ma anche, sebbene più raramente, l’omonima Ouverture fantaisie di Čajkovskij (1869 e 1880) e la Symphonie dramatique op. 17 di Hector Berlioz. Quest’ultimo, eliminando i dettagli aneddotici del dramma, ne trae un vasto affresco drammatico indubbiamente adatto a una traduzione coreografica. Una prima versione alquanto eclettica, allestita da Jean-Pierre Grenier, è presentata nel 1955 dal Grand Ballet du Marquis de Cuevas nella Cour Carrée del Louvre; la coreografia è firmata da Serge Golovine, Wladimir Skouratoff, John Taras e George Skibine (che interpreta anche Romeo accanto a Marjorie Tallchief nei panni di Giulietta). Dopo un’elegante versione neoclassica realizzata nel 1959 dal coreografo tedesco Erich Walter per la Staatsoper di Wuppertal, nel 1966 Maurice Béjart ricorre a sua volta alla partitura di Berlioz per il suo Ballet du XXe siècle. Il coreografo francese attualizza il messaggio di pace della vicenda al grido di “Fate l’amore, non la guerra” e narra con forza le lotte e le angosce della gioventù del ventesimo secolo. Accanto a Itomi Asakawa, il diciannovenne Jorge Donn si rivela un Romeo ideale; continuerà a interpretare il personaggio con successo per quindici anni. Tra le successive versioni degne di nota, quella del russo Igor Chernichov, realizzata nel 1969 per il Balletto del Kirov, con Irina Kolpakova (Giulietta), Vadim Gulyaev (Romeo) e un giovanissimo Mikhail Baryshnikov (Mercuzio), ma anche quelle di George Skibine (Teatro alla Scala, 1969), Alberto Alonso (Balletto nazionale di Cuba, 1970, con Alicia Alonso nel ruolo di Giulietta e musiche aggiuntive di Pierre Henry), Lothar Höfgen (Staatsoper di Bonn, 1972), del neozelandese Gray Veredon (Staatsoper di Colonia, 1976, e Ballet de l’Opéra de Lyon, 1979), di Jorge Lefèbre (Ballet Royal de Wallonie, 1980) e Amedeo Amodio (Aterballetto, Reggio Emilia, 1987). Si aggiungono a questo elenco, non esaustivo, l’allestimento di Jean Cocteau, con accompagnamento di arie popolari inglesi (1924), la versione di Antony Tudor, coreografata sulla musica di Frederick Delius per l’American Ballet Theatre (1943), la trasposizione cinematografica West Side Story, realizzata da Jerome Robbins con la colonna sonora di Leonard Bernstein (1957) e la rilettura di Jean-Claude Gallotta, La Légende de Roméo et Juliette, su musiche di Henri Torgue e Serge Houppin (1991). Per gentile concessione dal programma di sala Hector Berlioz – Sasha Waltz. Roméo et Juliette, Opéra National de Paris, 2007. (Traduzione dal francese di Arianna Ghilardotti)
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Quarta parte. Romeo al sepolcro dei Capuleti Romeo (Hervé Moreau) davanti alla tomba di Giulietta (Aurélie Dupont). Balletto dell’Opera di Parigi, Opéra Bastille, 2007.
Foto Christian Leiber
Il soggetto Marinella Guatterini
Prima parte Introduzione L’energico via vai dei danzatori, in costumi bianchi e neri, suggerisce le battaglie tra Capuleti (bianchi) e Montecchi (neri). Non vi sono armi; la scena non ha epoca, né connotazione geografica, e anche le donne, scalze, partecipano ai tumulti. Un corpo a terra richiama l’intervento del Principe, accorrono pure Giulietta e la nutrice; la giovane danza spensierata davanti a lei, mentre Romeo, già innamorato, la guarda, fermo. Un altro corpo è a terra; la presenza del Principe ha raffreddato gli impeti focosi. Coppie si abbracciano o si stuzzicano. L’atmosfera è tesa, gli sguardi sospetti. Prologo Formando una catena che si apre e si rinserra, alcuni danzatori paiono ricordare, con la loro gestualità, e quasi seguendo le parole cantate, i dissidi delle famiglie rivali. Sulla voce del mezzosoprano, nascono da più piccoli e morbidi raggruppamenti coppie che evocano il ballo e la festa preannunciati dal coro. Nel gruppo, Romeo e Giulietta, rimasti soli, svelano il loro amore. Strofe Sulla voce del mezzosoprano, la danza è un’esaltazione “dei primi trasporti passionali che non si dimenticano”. La coppia formata da Romeo e Giulietta si rispecchia in un’altra coppia; nei loro costumi, un gioco di contrapposizione tra libertà e appartenenza alle casate rivali. Continua, sul canto del mezzosoprano, il vortice degli incontri, suggellando l’impossibilità di arginare l’amore per motivi d’appartenenza famigliare, sociale o d’altro genere. L’ingresso di Romeo e di due amici anticipa quello del tenore, seguito dal coro.
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Scherzetto Il tenore “danzante” evoca il baccanale e lo scompiglio creato dalla fata Mab, personaggio solo evocato. Tutti i ballerini sono posseduti dall’estro della fata shakespeariana e da una scanzonata frenesia. Al termine del canto del tenore, il coro ricorda la morte incombente, il sangue e le lacrime versate sfilando in un’austera e composta passerella. Seconda parte Romeo è solo, la sua danza s’allunga nello spazio, quasi alla ricerca di un conforto, che arriverà grazie a due compagni, eleganti e in nero, che evocano Mercuzio e Benvolio. Il bianco della camicia e il nero dei pantaloni di Romeo spezzano la rigidità delle contrapposte convenzioni cromatiche. Al ballo in tutù e marsine i tre partecipano mascherati, ma anche gli altri sfoggiano mascherine e la loro gestualità suggerisce l’atto di mangiare e bere, comune in una festa. Un’intraprendente Giulietta è attratta da Romeo: lo accarezza e balla con lui assieme ad altre coppie. L’incontro, da Shakespeare, delle mani dei due innamorati, è mantenuto, ma il lirismo si mescola all’allegria: la fine del ballo porta al riso collettivo. Quando tutti se ne vanno, Giulietta, seduta, si toglie il tutù. Terza parte Scena d’amore Sul canto del coro, numericamente raddoppiato, tornano come in un sogno i partecipanti alla festa, dividendo lo spazio e i due amanti, seduti ai capi opposti della stessa pedana. Finalmente soli, i due creano un appassionato passo a due, cuore della vicenda, anche intessuto di carezze e baci realistici. Il duetto termina con il sollevarsi obliquo di una delle pedane. Giulietta s’innalza e fugge via, mentre Romeo si sdraia sotto il simbolico verone.
Quarta parte Scherzo Con l’entrata di due ballerini a petto nudo, la danza, in seguito collettiva, riscrive momenti della festa, con il ritorno di Giulietta in tutù. La giovane sale sul pannello obliquo e trova Romeo. Padre Lorenzo sposa i due giovani, semplicemente sollevandoli. Sotto il pannello, ballerine come morte sono trascinate dai compagni. Padre Lorenzo e Giulietta si confrontano. Il pannello si alza ulteriormente e proietta le ombre dei danzatori; cola sul suo nitore una vernice nera, simbolo ambiguo del veleno mortale che inquina la purezza, e della pozione che Giulietta non beve, ma usa per cospargersi il volto, il collo e un braccio prima di cadere svenuta ed essere trascinata via. Nel silenzio Romeo prova a scalare ripetutamente il pannello ancora più alto e obliquo, ogni volta ricadendo giù. Continua a danzare nel silenzio. Il corpo apparentemente privo di vita di Giulietta è portato in scena. Corteo funebre di Giulietta Sfilano coro e danzatori in bianco (Capuleti); Giulietta è sorretta e più volte sollevata da un danzatore che evoca Messer Capuleti e da un altro ballerino in pantaloni neri che scopriremo essere il doppio di Padre Lorenzo, il cantante/basso. Messo in verticale a testa in giù, il corpo di Giulietta sembra non avere pace, prima di essere infine deposto. I danzatori pongono ai suoi piedi e ai lati piccole pietre. Il nobile abbraccia una figura sofferente, che evoca Madonna Capuleti. Dopo un ultimo addio collettivo a Giulietta, tre danzatori in nero versano pietre: Giulietta è sepolta.
Romeo alla tomba dei Capuleti Romeo, sopraggiunto davanti all’amata, si distende sul suo corpo e prova a disseppellirla. Prende il veleno dalle sue mani e china la testa sul suo petto; ma ecco che lei si risveglia, gli accarezza i capelli e Romeo, non ancora morto, danza con lei sino allo sfinimento. Cade esanime, finendo nella tomba che prima era dell’amata. Giulietta, disperata, si butta sul corpo di Romeo, prende dalle sue labbra il veleno, gli chiude gli occhi, afferra la sua mano e si autoinfligge un colpo come di pugnale, accasciandosi su di lui. Finale Una grande folla di ballerini e coristi in bianco e in nero si addensa davanti ai due morti. Il coro si divide in Capuleti e Montecchi ai lati della scena, ove invece resta un gruppo di danzatori in bianco raggiunto dal cantante/basso che impersona Padre Lorenzo e che carpisce qualche gesto e movimento dal suo doppio. Alla danza di Padre Lorenzo/ballerino fanno da contrappunto piccoli e distinti gruppi in bianco: questo colore ha ormai solo il connotato della purezza. Padre Lorenzo/ballerino consegna il corpo di Giulietta al nobile Capuleti. Deposta Giulietta accanto a Romeo, una danza concitata segue il contrasto dei due cori e l’imporsi del cantante/basso/Padre Lorenzo, pure mobilissimo. Alle sue invettive alcuni coristi rispondono fisicamente, sdraiandosi a terra, ma poi le loro contrapposte schiere s’incontrano. Capuleti e Montecchi cominciano a intendersi e il finale, con le braccia sollevate di Padre Lorenzo/ballerino, è un tripudio alla ritrovata amicizia delle famiglie rivali.
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Argument
Première partie Introduction Le va-et-vient rapide des danseurs, en costumes blancs et noirs, suggère la bataille entre les Capulets (blancs) et les Montagus (noirs). Il n’y a pas d’armes; la scène est hors du temps, sans aucun repère géographique, et même les femmes, pieds nus, participent à la bataille. Un corps, à terre, attire l’attention du Prince. Juliette accourt avec sa nourrice; la jeune fille, insouciante, danse devant elle, tandis que Roméo, déjà amoureux, la regarde, immobile. Un autre corps tombe à terre. La présence du Prince a refroidi les élans fougueux. Des couples s’embrassent ou se taquinent. L’atmosphère est tendue, les regards sont méfiants. Prologue Formant une chaîne qui s’ouvre et se referme, quelques danseurs, de par leurs gestes qui suivent presque les paroles chantées, semblent évoquer les différends qui existent entre les deux familles rivales. Au son de la voix du mezzo-soprano, on voit se former, au sein de petits groupes, des couples qui évoquent le bal et la fête que le chœur avait annoncés. Dans le groupe, Roméo et Juliette se déclarent leur amour. Strophe La voix du mezzo-soprano accompagne la danse qui exalte “les premiers transports amoureux que l’on n’oublie pas”. Le couple formé par Roméo et Juliette se reflète dans un autre couple; leur costume souligne un jeu d’opposition entre liberté et appartenance à deux familles rivales. Toujours accompagné du chant du mezzo-soprano, le jeu des rencontres continue et scelle l’impossibilité de mettre un frein à l’amour pour des raisons d’appartenance familiale, sociale ou autre. L’entrée de Roméo et de deux amis anticipe celle du ténor, suivi lui-même du chœur.
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Scherzetto Le ténor “dansant” évoque la bacchanale et la confusion créée par la fée Mab, personnage auquel il est seulement fait allusion. Tous les danseurs sont en proie à la fantaisie de la fée shakespearienne et à une frénésie désinvolte. Lorsque le ténor s’arrête de chanter, le chœur, défilant de façon austère et contenue, semble annoncer la mort menaçante, le sang et les larmes. Seconde partie Roméo est seul, sa danse s’étend dans l’espace, presque à la recherche d’un réconfort, qui arrivera grâce à deux compagnons, élégants et tous en noir, qui évoquent Mercutio et Benvolio. Le blanc de la chemise et le noir du pantalon de Roméo brisent la rigidité des conventions chromatiques opposées. Au bal en tutu et en frac, les trois amis participent masqués, mais les autres aussi portent des loups, et leurs gestes suggèrent l’action de manger et de boire, comme il est usuel à une fête. Juliette, plutôt entreprenante, est attirée par Roméo: elle le caresse et danse avec lui au milieu d’autres couples. Comme dans Shakespeare, la rencontre des mains a lieu, mais ici le lyrisme se mêle à la gaîté: un rire collectif achève le bal. Quand tous s’en vont, Juliette, assise, enlève son tutu. Scène d’amour Lorsque le chœur, qui a doublé en nombre, entonne son chant, les participants à la fête reviennent comme dans un rêve, divisant l’espace et les deux amants assis aux deux extrémités de la même estrade. Enfin seuls, les deux jeunes créent un pas de deux passionné, cœur de leur histoire, mêlé de caresses et de baisers. Le duo se termine quand l’une des deux extrémités de l’estrade se soulève. Juliette se lève et s’enfuit tandis que Roméo s’étend sous le balcon symbolique.
Quatrième partie Scherzo Avec l’entrée de deux danseurs à torse nu, la danse, qui deviendra ensuite collective, décrit à nouveau des moments de la fête avec le retour de Juliette en tutu. Elle monte sur le panneau oblique et trouve Roméo. Le Père Laurence unit les deux jeunes gens en mariage simplement en les soulevant. Sous le panneau, des danseuses sont traînées hors de scène par leurs compagnons, comme si elles étaient mortes. Le Père Laurence et Juliette se font face. Le panneau se soulève encore et projette les ombres des danseurs; de la peinture noire coule sur sa surface blanche, symbole ambigu du poison mortel qui pollue la pureté et de la potion que Juliette ne boit pas, mais dont elle se sert pour s’en couvrir le visage, le cou et un bras avant de tomber évanouie et d’être emmenée hors de scène. Dans le silence, Roméo essaie d’escalader le panneau qui s’élève de plus en plus à la verticale, mais chaque fois il retombe en arrière. Il continue de danser en silence. Le corps apparemment sans vie de Juliétte est amené sur scène. Cortège funèbre de Juliette Chœur et danseurs défilent vêtus de blanc (Capulets); Juliette est soutenue et plusieurs fois soulevée par un danseur qui évoque Capulet et par un autre danseur en pantalon noir, que l’on découvre être le double du Père Laurence, le chanteur/basso. Le corps de Juliette, en verticale et la tête en bas, semble ne pas connaître la paix avant qu’il ne soit enfin déposé sur la scène. Les danseurs alignent de petites pierres à ses pieds et le long de ses flancs. Le noble étreint une figure souffrante, qui évoque Lady Capulet. Après un dernier adieu collectif à Juliette, trois danseurs en noir versent des pierres: Juliette est enterrée.
Roméo sur la tombe des Capulets Roméo, arrivé devant sa bien-aimée, s’étend sur son corps et essaie de la sortir de la tombe. Il prend le poison de ses mains et pose la tête sur sa poitrine. Mais voici que Juliette se réveille, lui caresse les cheveux, et le poison n’ayant pas encore fait son effet, il danse avec elle jusqu’à l’épuisement. Il s’affaisse alors sans vie, tombant dans la fosse qui était destinée à Juliette. Désespérée. Juliette se jette sur son corps, boit le poison de ses lèvres, lui ferme les yeux, saisit sa main et se frappe comme d’un coup de poignard, s’écroulant sur lui. Final Un grand nombre de choristes et de danseurs en blanc et noir s’assemblent autour des deux corps. Le chœur se divise en Capulets et Montagus de chaque côté de la scène, tandis qu’un groupe de danseurs en blanc reste sur scène, rejoint par le chanteur /basso qui incarne le rôle du Père Laurence et qui emprunte quelques gestes et mouvements à son double. A la danse du Père Laurence /danseur font de contrepoint des petits groupes en blanc; cette couleur représente désormais la pureté. Le Père Laurence/danseur remet le corps de Juliétte dans les bras du noble Capulet. Une fois que son corps est déposé à côté de celui de Roméo, une danse effrénée suit le contraste entre les deux chœurs et la voix imposante et animée du chanteur/basso/Père Laurence. Quelques membres du chœur répondent à ses invectives en se couchant par terre, mais les deux camps opposés finissent par se rejoindre. Capulets et Montagus commencent à fraterniser et le final, avec les bras levés du Père Laurence/danseur, est une explosion de joie pour l’amitié retrouvée entre les deux familles rivales. (traduzione di G. Viscardi)
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Synopsis
Part one Introduction The vigorous back and forth movement of the dancers dressed in black and white costumes is suggestive of the battles between the Capulets (in white) and the Montagues (in black). There are no weapons; the scene has no particular historical or geographical setting; even the women, barefoot, participate in the tumult. A body lying on the ground recalls the intervention of the Prince; Juliet and her nurse also run onto the scene. The young girl dances lightheartedly before the nurse, while Romeo, already in love with her, stands and watches. Another body falls to the ground; the Prince’s presence cools the fiery tempers. Couples embrace and tease each other. The atmosphere is tense, suspicious glances are exchanged. Prologue The dancers form a chain which opens and closes, and their gestures, which seemingly move to the words being sung, are reminiscent of the animosity between the rival families. To the voice of the mezzosoprano, couples form from smaller and softer groupings, and they evoke the ball and the feast announced by the chorus. In the group, Romeo and Juliet, who are left alone, reveal their love. Verses Accompanied by the mezzosoprano, the dance exalts the first unforgettable transports of passion. The couple formed by Romeo and Juliet is mirrored in another couple and in their costumes; there is a contrast between being free and belonging to rival families. They continue to come together and meet, thus sealing the impossibility of attempting to contain their love for reasons of family ties or social constraints. The entrance of Romeo with two friends anticipates the arrival of the tenor along with the chorus.
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Scherzetto The “dancing” tenor evokes the bacchanal and confusion created by Queen Mab, a character only mentioned, but not present. All the dancers are possessed by the Shakespearian fairy’s inspiration and by a carefree frenzy. At the end of the tenor’s song, the chorus walks in an austere and composed procession, recalling the impending death, the blood and tears spilled. Part two Romeo is alone and in his dance he stretches out in space, almost as if searching for comfort, which is to arrive in the form of Mercutio and Benvolio, his elegant companions dressed in black. The white of Romeo’s shirt and the black of his hose break with the contrasting colour conventions. Dressed in tutus and tails, the three go to the masked ball, but the others also have masks and their gestures suggest they are eating and drinking, as is usual at a ball. A fearless Juliet is attracted by Romeo and she caresses him and dances with him along with other couples. As in Shakespeare, the two lovers’ hands meet, but the lyricism is mingled with happiness: the ball ends in general laughter. When everyone has left, Juliet takes off her tutu. Part three Love scene Doubled in number, the chorus sings, and the guests at the ball return as in a dream, dividing the space and the two lovers, who are seated on opposite sides of the stage. Finally, they are alone and they dance a passionate duet, the heart of the story, also made up of caresses and kisses. Juliet rises and flees, while Romeo lies down under the symbolic balcony.
Part four Scherzo With the entrance of two bare-chested dancers, what becomes a collective dance reenacts moments of the ball with Juliet returning in her tutu. The girl goes up the slanting panel and finds Romeo. Friar Laurence marries the two young people, by simply raising them up. Under the panel, seemingly lifeless girls are dragged on by their partners. Friar Laurence and Juliet are face to face. The panel rises further and projects the shadows of the dancers. Black paint seeps onto the splendid scene as an ambiguous symbol of the deadly poison which pollutes purity, and of the potion that Juliet does not drink, but uses to cover her face, neck and arms before fainting and being carried off. In the ensuing silence, Romeo repeatedly tries to climb the panel which is rising higher and at a more acute angle. Each time he falls back. He continues to dance in the silence. Juliet’s apparently dead body is brought onto the scene. Juliet’s funeral procession The chorus and dancers dressed in white (Capulets) walk on; Juliet is supported and several times lifted up by a dancer who recalls Capulet and another dancer wearing black hose, and who we discover to be Friar Laurence’s double, the bass/singer. Turned upside down, Juliet’s body seems to have no peace before burial. The dancers place small stones at her feet and along her sides. The nobleman embraces a suffering figure, probably Lady Capulet. After a final collective farewell, three dancers drop stones and Juliet is buried.
Romeo at the Capulet tomb Romeo stands before his lover, lies on her body and tries to raise her from the grave. He takes the poison from her hands and rests his head on her breast. When she awakes, she caresses his hair and Romeo, who is not yet dead, dances with her to exhaustion. He falls lifeless into the grave where previously Juliet has lain. Desperate, she throws herself on top of Romeo, takes the poison from his lips, closes his eyes, seizes his hand and seemingly stabs herself, collapsing onto him. Finale The dancers and chorus, dressed in black and white, crowd around the two corpses. The chorus divides into Capulets and Montagues at the sides of the stage. In the centre, a group of dancers in white remains and they are joined by the bass/singer who impersonates Friar Laurence and takes some gestures and movements from his double. The dance of Friar Laurence/dancer is contrasted by small, distinct groups wearing white, the colour that now only stands for purity. Friar Laurence/dancer hand Juliet’s body to her father. Once Juliet has been laid next to Romeo, a frenzied dance follows the contrast of the two choruses and the imposition of the very mobile bass/singer/Friar Laurence. As he rants, some members of the chorus respond physically, throwing themselves to the ground, but then the two opposing sides come together. Capulets and Montagues begin to reach some understanding and the finale, with Friar Laurence/dancer standing arms raised, is a triumph of the re-found friendship between the rival families. (traduzione di Chris Owen)
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Die Handlung
Erster Teil
Introduktion Das energiche Hin und Her der Tänzer in schwarz-weissen Kostümen stellt den Kampf der Capulets (weiss) mit den Montagues (schwarz) dar. Es werden keine Waffen benützt. Die Szene zeigt keine Hinweise auf eine bestimmte Epoche, noch gibt es geographische Anhaltspunkte. Auch die Frauen, mit nackten Füssen, nehmen an dem Tumult teil. Ein Mensch liegt am Boden, und man ruft den Prinzen. Auch Julia und ihre Amme kommen dazu; das junge Mädchen tanzt sorglos vor ihrer Begleiterin, während Romeo – bereits verliebt – ihr reglos zusieht. Ein weiterer Mensch liegt auf der Erde, aber die Gegenwart des Prinzen hat die Gemüter etwas beruhigt. Die Paare umarmen sich und necken sich. Die Atmosphäre ist gespannt, man beobachtet sich gegenseitig mit Argwohn.
Prolog Die Tänzer formieren sich zu einer Kette, die auseinander geht und sich wieder formiert. Einige Tänzer erinnern mit ihren Gesten – die den gesungenen Worten folgen – an die Streitigkeiten der verfeindeten Familien. Begleitet von der Stimme des Mezzo-Soprans bilden sich aus kleinen Gruppen Paare, die den Ball und das Fest darstellen, das der Chor schon angekündigt hat. In der Gruppe bleiben Romeo und Julia allein und gestehen sich ihre Liebe.
Strophen Begleitet von der Stimme des Mezzo-Soprans, ist der Tanz die Darstellung “der ersten leidenschaftlichen Beziehungen, die man nie vergessen kann”. Das Paar Romeo und Julia spiegelt sich in einem anderen Paar. In ihren Kostümen erkennt man die Gegenüberstellung von Freiheit und Zugehörigkeit zu den verfeindeten Häusern. Zum Gesang des Mezzo-Soprans geht das Spiel der Begegnungen weiter: die Liebe kann nicht aufgehalten werden von der Zugehörigkeit zu einer Familie, von sozialen Unterschieden oder anderem. Der Auftritt Romeos und seiner beiden Freunde geht dem des Tenors und des Chors voraus.
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Scherzetto Der “tanzende” Tenor beschwört das Trinkgelage und den Tumult, den die Fee Mab angestellt hat, eine Gestalt, die nur beschwört wird. Alle Tänzer sind besessen vom Geist der shakespearischen Fee und toben wild. Als der Gesang des Tenors endet, erinnert der Chor an den drohenden Tod, an Blut und Tränen und zieht vorbei, geordnet und ernst. Zweiter Teil
Romeo ist allein, sein Tanz entwickelt sich auf einem weiten Raum, so als suche er nach Trost. Dieser kommt in Gestalt von zwei eleganten, schwarz gekleideten Freunden, die Mercutio und Benvolio beschwören. Das Weiss von Romeos Hemd und das Schwarz seiner Hose brechen die Strenge der jeweiligen farblichen Konvention. Am Ball – in Tutu und Frack – nehmen die drei maskiert teil. Aber auch die anderen tragen kleine Masken, und ihre Gesten imitieren Essen und Trinken, wie es auf einem Fest üblich ist. Eine mutige Julia ist von Romeo angezogen: sie berührt ihn zärtlich und tanzt mit ihm, zusammen mit den anderen Paaren. Die beiden Verliebten berühren ihre Hände, wie bei Shakespeare, aber die Romantik vermischt sich mit der Freude: am Ende des Tanzes brechen alle in Lachen aus. Als alle gegangen sind, setzt sich Julia und legt das Tutu ab. Terza parte
Liebesszene Zu dem Gesang des Chores, dessen Mitglieder verdoppelt worden sind, kommen wie in einem Traum die Gäste des Festes zurück. Sie teilen sich den Raum, und die beiden Liebenden sitzen am entgegengesetzten Rand des gleichen Podiums. Endlich allein geblieben, tanzen die Beiden einen leidenschaftlichen Pas de deux, das Herzstück der Handlung, während dessen auch realistische Zärtlichkeiten und Küsse getauscht werden. Das Duett endet mit dem Anheben eines
Podiums in eine schräge Position. Julia erhebt sich und flüchtet, während Romeo sich unter den symbolischen Balkon legt. Vierter teil
Scherzo Mit dem Auftritt zweier Tänzer mit nacktem Oberkörper, zu denen nach und nach alle anderen kommen, wird die Atmosphäre das Festes von Neuem beschworen. Julia trägt das Tutu, steigt auf das schräge Podium und findet hier Romeo. Vater Lorenzo verheiratet die Beiden, indem er sie einfach hochhebt. Unter dem Podium werden Tänzerinnen – wie tot – von ihren Partnern auf dem Boden geschleift. Vater Lorenzo und Julia sprechen miteinander. Das Podium hebt sich noch mehr und projeziert die Schatten der Tänzer; in das helle Licht ergiesst sich schwarze Farbe, zweideutiges Symbol des tödlichen Giftes, das die Reinheit zerstört, und des Trankes, den Julia jedoch nicht trinkt, sondern über ihr Gesicht, den Hals und einen Arm verteilt, bevor sie ohnmächtig weg geschleift wird. In der Stille versucht Romeo mehrmals das Podium – noch höher und mehr geneigt – zu erreichen, aber er fällt immer wieder herab. Er tanzt weiter ohne Musik. Die anscheinend tote Julia wird auf die Bühne zurückgebracht. Der Trauerzug Julias Es kommen Tänzer und Chor in Weiss (Capulets); Julia wird gestützt und mehrmals hochgehoben von einem Tänzer, der Capulet darstellt, und einem anderen in schwarzer Hose, der – wie man später entdeckt – das Double des Vaters Lorenzo, der Sänger/Bass, ist. Der Körper Julias wird gedreht, in der Vertikale mit dem Kopf nach unten gehalten und scheint keine Ruhe zu finden, bis er schliesslich abgelegt wird. Ihr zu Füssen und zur Seite legen die Tänzer kleine Steine. Der Edelmann umarmt eine leidende Figur, die Lady Capulet darstellt. Nach einem gemeinsamen Abschied für Julia, häufen drei Tänzer Steine auf: Julia ist begraben.
Romeo vor dem Grab der Capulets Romeo erscheint vor der Geliebten, legt sich auf ihren Körper und versucht, sie aus dem Grab zu holen. Er nimmt das Gift aus ihrer Hand und legt seinen Kopf auf ihre Brust. Als sie wieder erwacht, streicht sie ihm über die Haare, und Romeo, der noch am Leben ist, tanzt mit ihr bis er umfällt. Es bricht tot zusammen und fällt in das Grab, wo er die Geliebte fand. Julia ist verzweifelt, wirft sich auf den Körper Romeos, nimmt das Gift von seinen Lippen, schliesst ihm die Augen, fasst seine Hand und gibt sich einen Stoss, wie von einem Dolch. Sie fällt neben Romeo zu Boden.
Finale Eine grosse Zahl von Tänzern und Choristen , in Weiss und Schwarz gekleidet, versammeln sich um die beiden Toten. Der Chor teilt sich in Capulets und Montagues am Rand der Szene. Eine Gruppe von weiss gekleideten Tänzern bleibt dagegen auf der Szene. Zu ihnen kommt der Sänger/Bass, der Vater Lorenzo darstellt und einige Gesten und Bewegungen von seinem Double übernimmt. Dem Tanz des Vaters Lorenzo/Tänzers stehen als Kontrapunkt eine kleine Gruppen in Weiss gegenüber: Weiss hat nunmehr nur die Bedeutung von Reinheit. Vater Lorenzo/Tänzer übergibt den Körper Julias dem Edlen Capulet. Sie wird neben Romeo gelegt. Ein aufgeregter Tanz begleitet die Auseinandersetzung zwischen den beiden Chören und den Auftritt des Sängers/Bass/Vaters Lorenzo, auch er in dauernder Bewegung. Ihm antworten einige Choristen, indem sie sich auf der Erde ausstrecken, aber dann suchen die beiden verfeindeten Gruppen die Begegnung. Capulets und Montagues beginnen, miteinander auszukommen, und das Finale – mit den erhobenen Armen des Vaters Lorenzo/Tänzers – feiert die wieder hergestellte Freundschaft zwischen den verfeindeten Familien. (traduzione di Lieselotte Stein)
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RomĂŠo
In questa pagina e nelle successive: alcuni dei figurini disegnati da Bernd Skodzig per la coreografia firmata da Sasha Waltz.
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Juliette
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Due costumi per Père Laurence
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Сюжет
Первая часть
Вступление Оживлённое движение танцоров, в чёрно-белых костюмах, наводит на вражду между Капулетти (белые) и Монтекки (чёрные). Не видно оружия, у сцены нет ни времени, ни географических особенностей. Даже женщины, босиком, задействованы в кутерьме. Один павший призывает внимание Князя, прибегают на помощь Джульетта с Кормилицей. Девушка беззаботно танцует, в то время как Ромео, уже влюблённый, наблюдает за ней, неподвижно. На землю падает вторая жертва. Присутствие Князя охлаждает всеобщее возбуждение. Пары обнимаются или дразнят друг друга. Обстановка напрежена. Взгляды полны подозрения.
цующие одержимы шекспировской сказкой и придаются веселью в беззаботном исступлении. Речитатив тенора сменяется скорбным псалмом хора, который проходит строгим строем, напоминая о неминуемой смерти. Вторая часть
Пролог Сформировав цепочку, которая то открывается то вновь смыкается, танцоры напоминают своими движениями и жестами разногласия враждующих семей. Под голос меццо-сопрано из небольших групп формируются пары напоминающие о празднике, объявленным хором. Ромео и Джульетта, оставшись наедине, открывают друг к другу свои чувства.
Ромео один, его танец наполняет пространство, в поисках утешения, которое приходит вместе с его друзьями. Появляются два юноши, одетые элегантно, в чёрное, Меркуцио и Бенволио. Ромео, одетый в белую рубашку и чёрные брюки, выбивается из жёсткой цветовой конвенции. Друзья облачаются в маски и присоединяются к другим приглашённым на бал, одетыми в пачки и во фраки. Все гости щеголяют в масках. Их жесты напоминают поглощение еды и напитков во время банкета. Джульетту тянет к Ромео. Она ласково дотрагивается до юноши и танцует вместе с ним среди других пар. Прикосновение рук влюблённых, как в оригинале у Шекспира, соблюдено, но лиризм момента разбавлен весельем бала. Танец заканчивается всеобщим хохотом. Когда приглашённые покидают бал, Джульетта, сидя, снимает пачку.
Скерцетто «Танцующий» тенор воскрешает в памяти веселье и гулянья феи Маб, персонажа появляющегося только в описаниях. Все тан-
Сцена любви Под звуки хора, возвращается как во сне гул гостей, который разделяет влюблённых, сидящих на противоположных сторонах площадки, наконец наедине. Начинается страстное па-деде, сердце балета. Движения танцоров переплетаются с ласками и поцелуями. Под конец дуэта, одна из сценических площадок поднимается и наклоняется. Джульетта, оказавшаяся наверху, убегает прочь, в то время как Ромео ложится под этим символическим балконом.
Строфы Под голос меццо-сопрано рождается танец “первой незабываемой страсти”. Ромео и Джульетта отражаются в другой танцующей паре. В их костюмах продолжается игра противопостановления между свободой и родовыми узами. Развивается тема встречи и немыслимого союза. Вход Ромео с друзьями опережает вступление тенора, а за ним, хора.
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Третья часть
Четвёртая часть
Скерцо На сцене появляются два танцора с голым торсом. Их танец, постепенно привлекающих всё больше и больше участников, воскрешает атмосферу праздника. Возвращается Джульетта в пачке. Девушка поднимается по наклонённой площадке и находит там Ромео. Патер Лоренцо венчает влюблённых. Площадка поднимается. Внизу, танцоры уволакивают балерин, как мёртвых. Лоренцо и Джульетта остаются наедине. Площадка поднимается ещё больше, проектируя тени танцующих. На подставку площадки стекает чёрная краска, символ смертельного яда, который порочит чистоту. Яд, который Джульетта не пьёт, а втирает себе в лицо, в шею, в руки, перед тем как упасть в обморок. Её тело уволакивают со сцены. В тишине, Ромео пытается залезть на площадку, всё более высокую и наклонённую. При каждой попытке он падает наземь. Ромео продолжает танцевать в тишине. Тело Джульетты приносят на сцену, как тело мертвеца.
Траурный кортеж Джульетты По сцене проходят хористы и танцоры одетые в белое (Капулетти). Джульетту несут на руках два танцора. Один из них напоминает синьора Капулетти, другой, в чёрных брюках, является двойником Патера Лоренцо-танцора, певец-бас. Тело Джульетты запрокинуто вниз головой. Кажется, что оно обретёт покой только в гробнице. Танцоры кладут её тело на пол и обкладывают камнями. Дворянин обнимает страдающий лик, напоминающий Мадонну Капулетти. После последнего прощания, три танцора в чёрном засыпают тело камнями. Джульетта погреблена.
Ромео в гробнице Капулетти Появляется Ромео. Он ложится на тело возлюбленной, покрытое камнями, и пытается его раскопать. Юноша берёт яд из её рук и кладёт голову усопшей себе на грудь. Джульетта просыпается, гладит его по волосам и Ромео, ещё не умерший, танцует с ней вплоть до истощения. В конце танца, он падает на гробницу возлюбленной. Джульетта, в отчаянии, бросается на его безжизненное тело, прижимается к губам юноши, в попытке отравиться тем же ядом. Затем она закрывает глаза Ромео, сжимает его руку и убивает себя кинжалом, падая на тело возлюбленного.
Финал Вокруг тел умерших любовников скопляется толпа хористов и танцоров, одетых в чёрное и в белое. Хор разделяется на два, Монтекки и Капулетти, и две группы располагаются на противоположных краях сцены. По середине танцует группа в белом. К группе присоединяется певец-бас, Патер Лоренцо, который копирует движения своего двойника танцора. Танец Патера-танцора противопоставлен танцу маленьких группировок в белом. Белый цвет не является более символом семейства Капулетти, а символом чистоты. Патер Лоренцо-танцор вручает тело Джульетты синьору Монтекки. Дворянин вновь кладёт Джульетту рядом с Ромео. Контрасты двух хоров (Монтекки и Капулетти) завершаются взволнованным танцем и призывом Патера Лоренцо-баса. На его возглас некоторые хористы реагируют физически, расстилаясь на полу. Враждующие ряды сближаются. Монтекки и Капулетти начинают ладить, Патер Лоренцо возносит руки ввысь. Финал заканчивается всеобщим ликованием и налаженной дружбой враждующих семей. (traduzione di Margarita Egorova)
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Capuleti
Capuleti
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Montecchi
RomĂŠo
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Foto di AndrĂŠ Rival
La coreografa Sasha Waltz.
Movimenti organici, forza e fluidità Intervista a Sasha Waltz
Come vede oggi la storia di Romeo e Giulietta? Quando cerchiamo un simbolo dell’amore, non pensiamo a Didone ed Enea o ad altri personaggi della mitologia antica: pensiamo a Romeo e Giulietta, perché, in un certo modo, essi incarnano l’amore assoluto, l’amore fino alla morte. È questa contiguità tra amore e morte a rendere la loro storia così commovente, non solo per quello che essa dice a proposito della forza radicale che può avere un amore di gioventù, ma anche per ciò che rivela su una società capace di sacrificare i propri figli in nome di lotte di clan. Romeo e Giulietta sono vittime innocenti, agnelli sacrificali, ma, al tempo stesso, la loro morte è redentrice, giacché il dolore suscitato dalla loro irrimediabile perdita permetterà alle due famiglie di riconciliarsi. È un messaggio molto potente, mi sembra. Tutte le società umane sono portatrici di storie simili. In questo mito è evidentemente insita una dimensione politica sempre attuale: il fatto che, per motivi culturali, in numerosi luoghi del mondo dei giovani che si desiderano non possano scegliersi liberamente. Si potrebbe immaginare un Romeo e Giulietta che metta in scena le società israeliana e palestinese, o che si svolga in Iran. Io però non ho voluto andare in questa direzione: cerco qualcosa che sia molto più atemporale. Qual è la Sua visione del romanticismo? Ho affrontato alcuni temi tipicamente romantici, come il senso di solitudine – una dimensione presente in Romeo e Giulietta –, la malinconia, ma anche quel concetto fondamentale che i tedeschi chiamano Sehnsucht e che indica una mescolanza di desiderio fortissimo e di nostalgia per ciò che rimane per sempre inaccessibile, inafferabile. L’amore tra Romeo e Giulietta è impossibile; ma è appunto questa impossibilità che li spinge a oltrepassare i limiti, al di là delle rispettive famiglie, al di là della morte. Questo legame tra morte e sogno mi pare assolutamente centrale. Del resto, Berlioz lo esprime magnificamente nella sua partitura, in particolare attraverso il personaggio della Regina Mab, di cui rende più complesso il ruolo. Numerosi temi romantici sono presenti anche nel dramma di Shakespeare, sebbene si tratti di un’opera tragica che non ha nulla a che vedere con il romanticismo in quanto tale. In verità, mi sento vicina alla musica di Berlioz per la struttura e la concezione, e affine al testo di Shakespeare per lo humour che affiora nel cuore della tragedia.
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Come si inserisce il Suo lavoro nella storia scenica degli altri Romeo e Giulietta? Conosco soltanto quello di Béjart. Non ho sentito il bisogno di scoprire le versioni realizzate da altri artisti prima di me. Quando creo una coreografia, è in me stessa che cerco l’ispirazione, e non in influenze esterne o precedenti. In che modo ha affrontato l’opera di Berlioz e quale lettura ha dato della sua interpretazione del dramma di Shakespeare? Ho cercato di capire come Berlioz avesse trasposto in musica il racconto di Shakespeare, e ho tentato di interpretare nel mio linguaggio corporeo i temi presenti nella sua musica. A mio parere, il principale interesse di questo lavoro consiste nella sua forma: non è un’opera, bensì una “sinfonia drammatica”. Mi sembra che, con tale scelta, Berlioz si sia concesso una vera libertà; in questo modo non ha seguito alla lettera il filo della storia, si è permesso grandi salti nella narrazione e ha attribuito un ruolo fondamentale ai cori. Questa scoperta è stata per me una liberazione. Dato che neanche a me piace raccontare storie in modo meramente cronologico, mi sono infilata nell’opera abbandonando ulteriori dettagli della narrazione e concentrandomi sull’essenziale, ossia l’emozione insita nella storia d’amore. Sono addirittura arrivata al punto di conservare soltanto tre personaggi principali. Nel finale, ho rispettato l’essenza del conflitto, ma l’ho presentato in una messinscena e in una coreografia astratte. Mi sono collocata contemporaneamente all’interno della storia e ai margini di essa. Tuttavia, non nascondo di aver avuto qualche difficoltà con la struttura dell’opera musicale! A volte la storia, da una scena all’altra, si sviluppa così rapidamente che ho avuto a malapena la possibilità di rappresentare quei rari momenti cruciali che desideravo conservare, come le scene del matrimonio segreto e dell’avvelenamento. Perché ha scelto di concentrare l’azione unicamente su tre solisti? Lo stesso Berlioz non ha utilizzato tutti i personaggi del dramma di Shakespeare. Nella tragedia, essi servono a incarnare il conflitto tra le due famiglie; è il caso, per esempio, di Tebaldo e Mercuzio. Berlioz ha voluto esprimere tale contrapposizione soprattutto attraverso la musica; ed è questa dimensione che ho voluto, io pure, trasporre in forme coreografiche. Il mio modo di fare teatro non è narrativo, bensì emozionale e astratto. Nella coreografia, alcuni personaggi emergono di quando in quando, per ricordare la trama della storia, ma non rappresentano ruoli definiti: si tratta di semplici evocazioni. Come definirebbe i tre personaggi principali? Padre Lorenzo è, al tempo stesso, il sacerdote che unisce in matrimonio la coppia di innamorati e il tramite tra i due clan. Romeo e Giulietta, per parte loro, incarnano la giovinezza e l’innocenza. Entrambi vivono il loro primo amore, in modo idealista e sognatore come succede quando non si ha ancora vent’anni. Sono capaci di abbandonare tutto ciò che li circonda, perché vivono fino in fondo le proprie emozioni. In questo senso, essi non appartengono completamente ai loro rispettivi gruppi: la giovinezza e i sogni li preservano, permettendo loro di restarne ancora un
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po’ “al di fuori”. È in questo modo che collego il mio racconto a quello di Shakespeare. Per quanto riguarda questo punto, ho l’impressione che non ci sia molta differenza tra i giovani di ieri e quelli di oggi. Quali funzioni attribuisce ai pezzi d’insieme nella coreografia? Come ho fatto per i solisti, anche nei movimenti del corpo di ballo ho cercato di trovare un equivalente emozionale alla musica. Esso rappresenta, in modo astratto, le due famiglie, ma anche la società in senso più generale. Nella pièce si può individuare una sorta di progressione: più si avanza verso la conclusione, più i due clan famigliari sono identificati come tali e coinvolti negli eventi. Nel finale, il dolore provocato dalla morte degli amanti li porta a riconciliarsi. Che collocazione hanno i cori lirici nella messinscena? Nella partitura di Berlioz, il coro svolge un ruolo centrale e di grande importanza, sia per le sue dimensioni sia per la potenza espressa dal suo canto. Ho già lavorato con gruppi di 20-30 persone, come recentemente in Dido & Aeneas e in Medea, ma questa è stata la prima volta che ho affrontato la sfida di mettere in scena un centinaio di artisti! Nelle due opere precedenti, ho cercato di porre fine alla separazione tra solisti e coro, e sono riuscita a realizzare questa unità coinvolgendo realmente il coro nella danza; ma nel caso di Romeo e Giulietta non era possibile lavorare così intensamente con un gruppo tanto numeroso. Ho quindi introdotto una certa mobilità, ma non danza vera e propria. Ho rispettato la drammaturgia di Berlioz, il quale apre la sua sinfonia con una serie di piccoli cori che raccontano la storia e la conclude con un immenso coro che partecipa all’azione. I cantanti sono dunque collocati nell’orchestra per la maggior parte dell’opera, ma salgono sul palcoscenico per le ultime scene del corteo funebre e del giuramento finale, durante le quali si mescolano alle due famiglie, ampliandone i rispettivi clan. Anche i cantanti solisti sono coinvolti nell’azione? Sì, nella misura in cui sono collocati sul palcoscenico e non nella buca dell’orchestra. Il loro contributo è però limitato, giacché in scena avvengono già molte cose. Per questa creazione, ha inaugurato un tipo di lavoro coreografico particolare. Quali ne sono state le fasi? In effetti, raramente creo per compagnie diverse dalla mia; dovevo quindi inventare qualcosa che rispondesse a questa nuova circostanza. In realtà, ho cominciato a lavorare alla coreografia a Berlino, con i ballerini della mia compagnia. Abbiamo fatto sei settimane di improvvisazione in studio per raccogliere materiale; è così che lavoriamo abitualmente. Ci concediamo un lungo periodo di ricerca e scambio: una quantità di tempo di cui non potevo disporre nel 2007, ai tempi della creazione con il Corpo di Ballo dell’Opéra di Parigi. Tale lavoro di ricerca collettiva mi ha permesso di preparare la coreografia dei pezzi d’insieme. Aurélie Dupont, Hervé Moreau e Wilfried Romoli hanno condiviso questa fase; sono venuti a Berlino nel giu-
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gno e nel luglio 2007 e hanno partecipato ai laboratori di improvvisazione. A Parigi, con i miei assistenti, ho poi montato la coreografia, pur mantenendo alcuni frammenti d’improvvisazione strutturata; parallelamente, ho continuato a lavorare senza interruzione con le étoiles. Ci siamo tutti particolarmente concentrati sul pas de deux che segue la scena del ballo, e che è un po’ come il cuore pulsante di tutta l’opera. Come impiega la musica durante le prove? Non lavoro mai con la musica in modo precostituito. Nel mio modo di creare, la considero alla stregua di un partner su cui conto molto, senza peraltro attingerne l’impulso al movimento coreografico. Il movimento che genero deriva anzitutto da una pulsione e da un ritmo del corpo; lo vedo un po’ come una luce organica. Perciò, quando creo, posso anche fare lunghe sessioni di prova senza musica. Come definirebbe le caratteristiche della Sua danza? La mia ricerca si basa sui movimenti organici, sulle forze che attraversano il nostro corpo e sull’esplorazione del suolo. Essa si inserisce nel panorama della danza contemporanea. La concezione dello spazio scenico è un elemento determinante di tutte le Sue coreografie. Come ha affrontato il progetto di Romeo e Giulietta con Thomas Schenk e Pia Maier Schriever, Suoi collaboratori di lunga data? In effetti, il mio lavoro parte sempre da una riflessione sullo spazio; è un dato essenziale. Definire le forme, le proporzioni, le zone d’ombra e di luce della scenografia mi permette di “incorniciare” la coreografia e di stabilirne già le linee guida. Con Thomas Schenk e Pia Maier Schriever abbiamo cominciato con molto anticipo a riflettere sul progetto di Romeo e Giulietta. L’idea iniziale ci è venuta piegando dei fogli di carta! La scena doveva essere divisa da un grande muro, a rappresentare il conflitto tra le due famiglie. Il muro si sarebbe poi spezzato, lasciando posto a uno spazio aperto, propizio alla riconciliazione. Tuttavia, per ragioni tecniche e di sicurezza, non è stato possibile concretizzare quel progetto. Abbiamo allora immaginato di simboleggiare il contrasto tra le famiglie rivali con due piattaforme che, articolandosi sul pavimento, a poco a poco si aprono, come una conchiglia, fino a formare un’unica superficie su tutta la profondità della scena. Anche in questo caso la realizzazione non è stata facile, giacché è difficile spostare nello spazio volumi così grandi, ma il risultato è molto bello. È una scena “che vive” e funziona come una performance a sé stante. Inoltre, grazie ai suoi diversi livelli, agli angoli e alle fratture, fa trapelare una sorta di pericolo, con cui i ballerini si confrontano nel loro muoversi sulla scena, e che rimanda simbolicamente ai “pericoli” dell’amore. Quali principi sono alla base del lavoro di Bernd Skodzig sui costumi? Bernd Skodzig, che è pure mio collaboratore da molto tempo, ha trasposto l’idea del contrasto tra le famiglie nelle forme, nei materiali e nei colori, e ha cercato di dare ai costumi una dimensione atemporale e universale, presentando ciascuna fa-
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miglia come un mondo a sé, fondato su un sistema estetico proprio. In alcuni particolari, le forme ricordano lo spirito del Rinascimento, ma anche le culture indiana e asiatica. I colori variano dal nero al bianco, passando per diverse sfumature di grigio e beige. I materiali giocano sia sulla morbidezza e sulla fluidità, sia sullo spessore e sulla rigidità. Vi si possono quasi leggere le emozioni insite nell’opera. Intervista realizzata da Laure Guilbert, settembre 2007 Per gentile concessione dal programma di sala Hector Berlioz – Sasha Waltz. Roméo et Juliette, Opéra National de Paris, 2007. Estratti aggiornati. (Traduzione dal francese di Arianna Ghilardotti)
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Waltz e il Corpo di Ballo della Scala Sasha, la prima volta al Teatro alla Scala… Mi sento molto onorata di essere stata chiamata a lavorare in questo sontuoso teatro, di cui amo anche l’illustre passato. Non sapevo che cosa avrei trovato e sono rimasta contenta dell’apertura e della disponibilità dei ballerini ad avvicinarsi ai materiali della danza contemporanea. Li ho scoperti affamati di conoscenza e già fluidi, elastici. Per prima cosa ho impostato un workshop per spiegare i principi basilari del mio lavoro e la mia filosofia del movimento; abbiamo lavorato sul peso del corpo e sul concetto di momentum. Naturalmente si tratta di un processo, di una trasmissione di informazioni nuove che non possono cambiare abitudini consolidate in breve tempo. Tuttavia sono convinta che il lavoro di preparazione a Roméo et Juliette abbia fornito una sorta di grammatica basilare del contemporaneo che può essere utilizzata anche nel balletto accademico. La danza contemporanea concerne il trasferimento del peso del corpo, attraverso l'utilizzo del suolo e della gravità. Nella danza classica i movimenti sono più influenzati dalla chiarezza delle linee e degli assi. Mi piace quando i ballerini classici interpretano le mie coreografie, attraverso la chiarezza delle linee. Ha cambiato qualcosa nella coreografia di Roméo et Juliette, rispetto alla prima versione francese del 2007 e al riallestimento, sempre parigino, della primavera scorsa? La coreografia è fissata e quando creo una pièce resto sempre fedele alla prima versione; fa parte della mia filosofia. Anche se mi accorgo che potrei cambiare qualcosa, preferisco conservare queste mie
riflessioni per allestire un nuovo pezzo. Mi pare più onesto. Gli unici cambiamenti che ho apportato a questo balletto sul palcoscenico del Teatro alla Scala riguardano lo spazio. Tutto, dunque, è scritto, immutato, salvo, naturalmente, l’interpretazione individuale dei ballerini, il “colore” della loro danza, che è nuovo. Che cosa è cambiato, in specie nel rapporto tra danza e musica dalla sua prima opera coreografica, Dido & Aeneas, all’ultima, Matsukaze, passando per Roméo et Juliette ? Mi sembra di essere sempre più alla ricerca dell’unità, di un corpo unico in scena e di danzatori, cantanti, coristi che offrano quest’unità. In Dido & Aeneas, mi sono molto concentrata sul linguaggio del movimento dei coristi; in Matsukaze ho potuto lavorare con cantanti incredibili, in grado di muoversi come ballerini dopo aver imparato i principi basilari della danza. Sto preparando, per il 2014, una sesta opera coreografica: sarà l’Orfeo di Claudio Monteverdi e mi sono imposta una nuova sfida, far cantare i miei danzatori: se cantanti e coristi hanno imparato a danzare non vedo perché i ballerini non possano e non debbano imparare a cantare. Sono convinta che quando l’espressione del corpo è totale – e per la danza non parlo di gestualità, ma proprio di danza –, fornisce qualcosa in più alla musica, la rende viva e comprensibile. L’ideale cui aspiro è un Gesamtkunstwerk che parta da tutte le potenzialità espressive del corpo. Intervista realizzata da Marinella Guatterini nel novembre 2012.
Nella pagina accanto e nelle successive: alcuni momenti delle prove. (Foto Rudy Amisano)
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Foto Christian Leiber
Terza parte. Scena d’amore Al termine del pax de deux, cuore della vicenda, Giulietta (Aurélie Dupont) s’innalza come fosse su di un balcone, e Romeo (Hervé Moreau) cerca invano di raggiungerla. Balletto dell’Opera di Parigi, Opéra Bastille, 2007
Romeo e Giulietta oltre ogni convenzione Sergio Trombetta
Mettere in danza un’opera lirica è ardua impresa; ancora di più coreografare una sinfonia drammatica dai contorni così sfuggenti. Sasha Waltz aveva felicemente doppiato la prima prova qualche anno fa, affrontando il Dido and Aeneas di Henry Purcell, e ponendosi così sulla scia di altri grandi maestri del Novecento. Non stupisce allora che nel 2007 l’Opéra di Parigi abbia deciso di affidarle la Symphonie dramatique op. 17 di Hector Berlioz, grandiosa e colma di echi beethoveniani. Uno spettacolo che permette di mettere in valore tutti gli elementi di un teatro d’opera: il corpo di ballo, l’orchestra, il coro. Una partitura “nobile”, di quelle che i grandi direttori non disdegnano di affrontare, come invece a volte può accadere per certi balletti dalle musiche più “ordinarie”. E, infatti, alla prima parigina all’Opéra Bastille sul podio salì il grande russo Valerij Gergiev. A questo occorre aggiungere che, come già aveva dimostrato in Impromptus, un lavoro del 2004 sulla musica di Franz Schubert, la coreografa tedesca ha un talento sicuro nel tenere con i compositori un dialogo preciso e distaccato, ha il polso saldo nel costruire una relazione strutturale fra musica e danza. Rispetto al lavoro di coreografia su un’opera lirica, dove solitamente tutti i personaggi sono “doppiati” in danza, nel Roméo et Juliette, che l’Opéra ha ripreso nella stagione passata, ed è stato trasmesso in diretta in molte sale cinematografiche, non ci sono personaggi precisi da “sdoppiare”, escluso il basso che nel finale dà voce a Padre Lorenzo e il coro che, sempre nel finale, si divide fra Capuleti e Montecchi e anima un dialogo di odio e riappacificazione. Anche il plot non segue passo passo la tragica vicenda dei giovani amanti veronesi narrata da Shakespeare. La sostanza vive nella forza dell’orchestra che riesce a dipingere le emozioni dell’anima, nella complessità delle passioni descritte dalla danza. Gli eventi sono anticipati, commentati dalle parole del coro e dei solisti con un andamento narrativo di grande modernità. Rispetto ad altri creatori che l’hanno preceduta, Sasha Waltz decide di animare la scena portando in primo piano tre soli personaggi: Romeo, Giulietta e Padre Lorenzo. E se i primi due sono protagonisti naturali dello spettacolo, al terzo è affidata l’ardua parte finale di raccogliere i fili della tragedia, mostrare al popolo, di fronte ai due giovani cadaveri, sino a che punto si spinge l’umana follia. E qui la coreografa fa scorrere la danza in perfetto parallelismo con il canto. Infine, quarto personaggio, il corpo di ballo, per il quale la Waltz ha concepito una coreografia mutevole e variegata. Ma in scena Waltz muove anche il coro e i solisti. Nella prima parte il coro è appena
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Seconda parte. Grande festa in casa dei Capuleti. Aurélié Dupont (Giulietta), Hervé Moreau (Romeo) e i danzatori del Balletto dell’Opera di Parigi, Opéra Bastille, 2007.
Foto Christian Leiber
una piccola formazione che racconta, anticipa le vicende, e la cui funzione ricorda quella del coro nelle tragedie antiche. Anche il mezzosoprano, con un elegante e impegnativo abito di raso bianco, si muove lentamente in scena, mentre il tenore è già molto più coreograficamente animato, quando canta della fata Mab. Ma è infine nella terza parte che il coro occupa massicciamente il palcoscenico: oltre sessanta persone che, divise fra Capuleti e Montecchi, diventano personaggi, partecipano alla storia. A loro si mescolano i danzatori, in una visione d’insieme molto viva e complessa. La scenografia, nella cui realizzazione è intervenuta Sasha Waltz stessa, contribuisce a collocare il dramma fra i sentieri e gli spazi dell’anima. Le pedane, le piattaforme che sollevano l’azione rispetto al palcoscenico e la isolano in una dimensione astratta tornano con frequenza nel lavoro della Waltz. Anche in questa occasione. Dunque niente Verona, nulla che possa ricordare storicamente le vicende narrate. Una scelta apparentemente minimalista rispetto alla grandiosità della partitura. Sul palcoscenico, sghemba rispetto alla linea di proscenio, soltanto una vasta, candida piattaforma che al momento dovuto si alzerà per animare la scena e farsi balcone per il duetto d’amore, scivoloso dirupo della disperazione, cappella per le nozze clandestine, tomba e piazza. Pochissimi oggetti, quasi sempre dal forte valore simbolico, come le pietre che ricoprono la sepoltura di Giulietta e che Romeo scosterà per rivedere l’amata. I costumi, disegnati da Bernd Skodzig, seguono un filo parallelo di astrazione: nessuna connotazione temporale, se si escludono i ricchissimi tutù della festa. Attraverso i costumi, i destini sono segnati per l’eternità. Unica evidenza nei colori: nero per i Montecchi, bianco tendente al crema o all’oro (secondo i momenti) per i Capuleti. I personaggi di rango (Padre Lorenzo, il Principe di Verona) indossano stretti caffettani allacciati in vita e larghi copricapo di pelliccia, che rammentano l’abbigliamento degli ebrei ortodossi dell’Europa Orientale. È questo lo spazio in cui si muove Sasha Waltz, che sin dall’inizio affronta la partitura di petto, con un segno preciso, assolutamente contemporaneo, pur senza dimenticare di avere a che fare con una compagnia classica – ma senza tralasciare, tuttavia, un certo modo di muovere il corpo di ballo, profumato di Ausdruckstanz, quando raggruppa i danzatori a catene, con i corpi appoggiati l’uno all’altro. La Waltz organizza degli insiemi molto complessi, sia quando sparpaglia i danzatori sulla scena per la battaglia fra i due clan, dove affida a ciascun danzatore un percorso coreografico individuale, sia quando elabora danze d’insieme, all’unisono, come nella festa a casa Capuleti. Nell’Introduzione i due clan si affrontano in una danza rapida, incalzante, fatta di corse, di prese fugaci. I nemici si tengono a bada, gli amici si avvicinano e si “annusano” con un gesto animalesco: il viso che sfiora il corpo dell’altro dal basso verso l’alto. Nel Prologo, il primo incontro è un passo a due delicato e pudico mentre il coro intona la melodia che tornerà in seguito nella grande scena d’amore. Mab, la regina delle fate, “messaggera, delicata e leggera”, personaggio fantastico legato alla saga arturiana e citato da Shakespeare, impone una danza elegante e scattante dell’intero corpo di ballo, che coinvolge anche il tenore: momento di gioia spensierata al quale si contrappone il tema della morte incombente, che il coro evoca muovendosi come in una processione. Il cuore drammatico della sinfonia sta nel grande squarcio orchestrale che descrive la tristezza di Romeo, il ballo a casa dei Capuleti, la notte d’amore.
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In alto: Roméo et Juliette, musica di Hector Berlioz, coreografia di Maurice Béjart (1966). Scena d’amore con Suzanne Farrell e Jorge Donn, Ballet du XXe Siècle, Milano, 1971. In basso: modellino della scenografia lignea di Mario Ceroli per Romeo e Giulietta, su musica di Hector Berlioz, coreografia di Amedeo Amodio; Teatro Romolo Valli, Reggio Emilia, 1987.
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Lo spazio vivo di Roméo et Juliette “I miei lavori nascono sempre da un processo associativo e di sistemazione dello spazio, della musica, dei costumi. Lo spazio è molto importante, poiché è la prima espressione della pièce e già ne racchiude il tema centrale. Nella mia poetica, lo spazio è così importante da dover subito, di primo acchito, connotare il linguaggio del corpo, e permette o meno determinate soluzioni e possibilità. Sovente lo spazio determina anche la drammaturgia. Ecco perché partecipo sempre alla realizzazione delle scenografie… Da oltre dodici anni collaboro in quest’ ambito con Thomas Schenk… In Roméo et Juliette, lo spazio scenico è un ‘décor vivo’, che evolve assieme allo spettacolo: un po’ come nelle performance.” Sasha Waltz
Due elementi astratti formano una scena bianca su più livelli. I corpi chiari creano un contrasto con il compatto impiantito nero della scena. Sin dal primo quadro, i diversi spazi, delimitati su vari livelli da gradini, angoli e confini, sono il luogo dell’incontro e della disputa, giacché la parola chiave, qui, è l’ambivalenza, suggerita, in una delle scene principali, dall’ombra che si allunga sotto il balcone, spazio aereo sospeso che si contrappone al carattere opprimente di un luogo delimitato da oggetti. Poi l’impiantito si innalza, diventando un alto muro, portatore di cattivi presagi. Alle spalle di tutto ciò, infine, lo spazio si apre e le superfici si stabilizzano. Una grande scena riunisce allora tutti i protagonisti nel lutto, nella morte e nella riconciliazione. L’ambivalenza è il filo conduttore. Thomas Schenk, Pia Maier Schriever Per gentile concessione, dal programma di sala Hector Berlioz – Sasha Waltz. Roméo et Juliette, Opéra National de Paris, 2007. (Traduzione dal francese di Arianna Ghilardotti)
Nella pagina accanto e nelle successive: alcuni momenti delle prove in Ansaldo dove sono stati montati gli elementi che compongono la scenografia ideata da Pia Maier Schriever, Thomas Schenk e Sasha Waltz. (Foto Rudy Amisano)
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Costumi minimalisti Rispondendo all’intento dell’opera, la trasformazione dei costumi di Romeo e Giulietta segue lo svolgimento della storia dei due amanti fino alla loro tragica fine. Due famiglie di cultura radicalmente diversa si affrontano. Pur senza incrinare la coerenza dell’insieme, alcuni dei personaggi, all’occasione, ne emergono singolarmente, attraverso i rapporti che s’intrecciano tra l’astrazione della scenografia, la trama, la tensione musicale e l’interpretazione di Sasha Waltz. I diversi stili degli abiti sono ispirati a libri sui costumi regionali. Portati dai membri delle due famiglie nemiche e abbinati a un processo creativo che gioca sui dettagli stilistici, essi suggeriscono, per associazioni di idee, le posizioni sociali, le credenze e le concezioni dell’esistenza; inoltre cercano, grazie a mezzi minimalisti – nelle linee, nei materiali e nel colore –, di sottolineare la singola personalità di ciascun ballerino o ballerina. Analogamente, l’aspetto statico dei costumi del coro riflette la rigidità delle strutture
all’interno delle due famiglie; inoltre, il ballo dei Capuleti si contrappone, con la sua sgargiante e voluttuosa sensualità, all’elegante, austero purismo dei Montecchi. In questo modo, i due innamorati scoprono che è poprio ciò che separa le loro famiglie a unirli ineluttabilmente. Dicotomia, polarità e ambivalenza sono, ancora una volta, i concetti che governano la nostra storia. Nel corteo funebre di Giulietta, il corpo di ballo e il coro si mescolano in un rito mistico, formando un grande quadro d’insieme. Il confronto tra le famiglie rivali, dalle loro dispute fino alla riconciliazione finale operata da Fra Lorenzo, costituisce il momento culminante dell’opera. Bernd Skodzig
Per gentile concessione, dal programma di sala Hector Berlioz – Sasha Waltz. Roméo et Juliette, Opéra National de Paris, 2007. (Traduzione dal francese di Arianna Ghilardotti)
Costumi per la scena del ballo.
In questa pagina e nelle successive: alcuni dei figurini disegnati da Bernd Skodzig.
Costumi per la scena del ballo.
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Foto Bernd Skodzig
Foto Rudy Amisano
Il coro 78
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Terza parte. Scena d’amore Aurélie Dupont (Giulietta) e Hervé Moreau (Romeo) nell’essenziale ed eloquente allestimento scenico di Roméo et Juliette a firma di Sasha Waltz, Thomas Schenk e Pia Maier Schriever. Balletto dell’Opera di Parigi, Opéra Bastille, 2007.
Foto Christian Leiber
Sono slanci delle braccia, giri in arabesque i passi con cui Romeo nel suo assolo esprime la piena amorosa del cuore. Una fila di ragazzi seduti per un banchetto intenti a mimare come bambini l’assalto a cibo e bevande, apre la festa. È il momento in cui, grazie agli sbuffanti tutù e agli abiti dei ragazzi che vanno dall’avorio al marron glacé, si scatena al massimo la fantasia visiva. I due innamorati si osservano da lontano per poi avvicinarsi, toccarsi, accarezzarsi. E danzare insieme. Le coppie allacciate compiono una comica camminata, inframmezzata da salti con i corpi piegati in avanti. La scena d’amore è un passo a due fluido e leggero. Passi realistici: un bacio, una camminata come sul filo. E poi lift, giri. Il tema ricorrente è una presa in cui Giulietta, sorretta da Romeo, disegna un anello con la gamba e con il braccio portati all’indietro. La pedana si alza per diventare balcone, ma anche un muro che separa i due giovani. Ed è là in alto che Padre Lorenzo, con gesti brevi e incisivi, unisce Romeo e Giulietta. Il liquido nero che cola dalla piattaforma rialzata al massimo e poi ribaltata, è il simbolo del veleno/sonnifero con cui Giulietta finge la morte. Con quell’inchiostro si disegna sul viso, sul collo e sul braccio lo scorrere del tossico nelle vene. Ed è quell’impervio scivolo che Romeo disperato, questa volta nel silenzio orchestrale, tenta di scalare senza riuscirci. Infine anche il corpo pur privo di vita di Giulietta, a lungo sorretto da Messer Capuleti e Padre Lorenzo e condotto alla sepoltura, diventa danzante. E si rianima di esaltazione e disperazione, nell’ultimo attimo di passione con Romeo prima della morte definitiva. La prova di Sasha è, in ordine di tempo, l’ultimo appuntamento di un coreografo con l’imponente partitura di Berlioz, che ha sempre suscitato grandi imprese. Il catalogo contempla nomi e luoghi importanti, come la Cour Carrée del Louvre che nel 1955 accolse il Grand Ballet du Marquis de Cuevas, con la scenografia di Léonor Fini e la coreografia addirittura a firma collettiva di Serge Golovine, Wladimir Skouratoff, John Taras e George Skibine (anche protagonista accanto a Marjorie Tallchief). Ma forse val la pena di soffermarsi sulla versione, molto legata al suo tempo, che ne fece nel 1966 Maurice Béjart e di cui è rimasta una preziosa memoria video, per quanto un po’ rovinata dal tempo, girata dalla Rai nei giardini di Boboli, con Suzanne Farrell e Jorge Donn. Béjart ci raccontava la vicenda già in chiave sessantottina, un inno al “Fate l’amore non fate la guerra” con immancabile happy end. Inquadrava la vicenda all’interno di una rissosa prova di danzatori che il coreografo placa conducendoli verso la vicenda degli amanti veronesi. Nel finale la scena è riconquistata dai danzatori in prova, mentre la radio manda notizie di attacchi terroristici, esplosioni, morti. Milioni di morti. I due giovani privi di vita si rialzano. Ma nel cielo passano cacciabombardieri e risuonano i rumori delle mitraglie. Tutti cadono a terra, tranne gli amanti immortali che poi, a loro volta, coinvolgono l’intero corpo di ballo nella resurrezione dell’amore. Molto più tradizionale la versione che nel 1987 ha creato per l’Aterballetto Amedeo Amodio. Splendide le scenografie di Mario Ceroli, che realizzò nel legno, il suo materiale d’elezione, il profilo della Città Ideale: una piazza rinascimentale in cui collocare la vicenda degli amanti. Grande interprete Elisabetta Terabust accanto a Marc Renouard come Romeo, ruolo poi ripreso da Alessandro Molin, e con Vladimir Derevianko come Mercuzio. Lo spettacolo è stato nel tempo riallestito al Teatro Massimo di Palermo e al San Carlo di Napoli. Tutte sono letture in qualche modo legate alla complessa drammaturgia shakespeariana, a differenza di questa versione scaligera, che preferisce fare tabula rasa delle convenzioni per esaltare il tema dell’amore e della morte.
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Foto Bernd Uhlig
Quarta parte. Corteo funebre di Giulietta. Sfilano i danzatori in bianco della famiglia Capuleti. Balletto dell’Opera di Parigi, OpÊra Bastille, 2007.
Hector Berlioz in uno scatto fotografico di Pierre Petit.
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Roméo et Juliette di Berlioz, un teatro di suoni Laura Cosso
Vagheggiata per oltre dieci anni e infine portata a termine tra il gennaio e il settembre 1839, la stesura di Roméo et Juliette si lega a un episodio preciso della biografia berlioziana: il mirabolante dono di 20.000 franchi che Nicolò Paganini fece pervenire al compositore, dopo averne ascoltato la sinfonia Harold en Italie, accompagnandolo con queste parole: «Beethoven spento non c’era che Berlioz che potesse farlo rivivere». Mai intervento fu più provvidenziale; liberato dalle difficoltà finanziarie, ecco Berlioz far convergere le sue due grandi passioni per Beethoven e per Shakespeare interpretandole alla luce di una singolare osmosi: una duplice attrazione, sia verso il teatro shakespeariano, sia verso le possibilità evocative del linguaggio sinfonico. Lo stesso Émile Deschamps, coinvolto come versificatore, non poté che lasciar trasparire una qualche sorpresa: «Sarà una cosa veramente unica, un libretto per una Sinfonia! Un’orchestra che rappresenta un’opera!». Ne esce un lavoro che, accanto alla triade sinfonica di Allegro, Adagio e Scherzo (i movimenti II, III e IV), inanella un Prologo vocale (I), un compianto destinato al coro (V), un brano strumentale quasi pantomimico (VI), fino a chiudere su una vera e propria scena d’opera (VII) con tanto di personaggio solista (Padre Lorenzo) e la chiamata a raccolta di Capuleti e Montecchi. Poco importa allora che Berlioz abbia parlato di una “sinfonia con cori” (in omaggio alla Nona di Beethoven). Anche da uno sguardo sommario ai sette brani di cui essa si compone, è evidente come la Symphonie dramatique Roméo et Juliette si collochi in una sorta di terra franca tra la sinfonia e l’opera, giocando sullo slittamento tra registri evocativi, narrativi, drammatici, e su equilibri di volta in volta ridisegnati tra ragioni formali e intenti rappresentativi. In ciò consiste la natura ibrida del capolavoro, ma anche la sua ricchezza: una ricchezza basata sulla convinzione che un accrescimento delle possibilità espressive potesse nascere dalla combinazione tra le risorse provenienti dai campi più disparati (sinfonia, opera, oratorio, musica di scena), dagli innesti attuati esaltando il dislivello dei singoli apporti. Nel trarre conseguenze radicali da quella commistione tra i generi praticata in epoca romantica, Berlioz inventa così il “teatro immaginario” di Roméo et Juliette: un unicum nel quale anche i brani sinfonici obbediscono a un ordine drammaturgico, contribuendo al progetto interpretativo con cui il compositore si appropria, a suo modo, del dramma di Shakespeare. Il lavoro si apre con un Prologue che assomiglia a un piccolo oratorio, con il coro a narrare la vicenda, mentre i temi musicali della partitura fanno il loro ingresso quasi come personaggi che calcano la scena. Segue l’episodio della festa in casa Capuleti (II), brano sì strumentale, ma la cui introduzione è guidata da una sceneggiatura rappresentativa. All’An-
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dante iniziale, dotato di uno splendido preludio sull’arabesco dei violini, fa seguito uno squarcio di Allegro che anticipa il tema della Grande fête, e una sorta di aria strumentale (Larghetto), di solipsistica meditazione, dove l’oboe sembra dar corpo alla voce del protagonista maschile. Si direbbe, cioè, che sia Romeo a percepire i suoni della festa, tanto da essere indotto a parteciparvi; e della sua presenza in casa Capuleti farà fede, nell’Allegro, il ritorno variato della melodia dell’oboe disposta in una virtuosistica sovrapposizione con il motivo danzante (réunion des thèmes). La Scène d’amour (III) è uno dei brani più alti di tutto Berlioz e, nell’Adagio, un esempio di quale complessità il compositore sappia ottenere attraverso il principio di metamorfosi tematica. La pagina contiene due folgoranti momenti notturni, di pura sospensione temporale: la fascia timbrica vagante che prelude all’ingresso del coro (Allegretto) e poi il lungo pedale su cui si avvia l’Adagio, sul quale s’intersecano fremiti di contrappunto ritmico. Responsabile del senso d’inappagamento che percorre lo slancio emotivo non è solo lo splendido tema che domina da cima a fondo, ma una sottile strategia illusionistica capace di renderlo sfuggente. Nella prima apparizione della melodia, ai violoncelli e ai corni, pare udire la voce di Romeo cui Giulietta sembrerebbe rispondere attraverso quello slancio cantabile, al flauto e al corno inglese, che altro non è se non una nuova immagine della stessa idea tematica. Eppure, il volto definitivo del tema si rivelerà solo più avanti, in una forma in cui si ritrovano tratti delle precedenti versioni, ora incorporate in una stabile affermazione. L’incontro tra gli amanti è rappresentato da un’unica grande idea melodica, sfuggente al punto da mimetizzarsi in forme sempre diverse ma che infine si compenetrano in una sola anima: esito supremo di un teatro di suoni. La cosa più sorprendente, tuttavia, è come l’emergere definitivo del tema segni anche il momento della sua consumazione. Una volta mostrato il suo vero volto, la melodia è sottoposta a trasformazioni che progressivamente la corrodono, privandola di un ritorno affermativo o anche solo di un punto d’approdo, fino a dissolverla in brandelli di reminiscenze; come se, nell’immaginario berlioziano, la storia dei due amanti fosse già fin d’ora romanticamente congiunta al destino di morte che la suggella. Per La reine Mab (IV), il compositore estrapola e pospone un momento iniziale del dramma, la tirata di Mercuzio sulla regina dei sogni, facendone lo spunto per uno Scherzo sinfonico. Il riferimento è già tutto contenuto nella trama immateriale tessuta, fin dall’attacco, da archi con sordina e violini divisi, legni in pianissimo, trilli e pizzicati: insomma, un vertice dell’orchestrazione berlioziana e, insieme, un’incursione musicale nei territori del fantastico. Da un punto di vista drammaturgico, lo Scherzo serve a sostituire gli eventi irrazionali che, nella pièce di Shakespeare, conducono all’esito tragico. Ecco, infatti, dopo l’irruzione fantastica di Mab, la lacerazione prodotta dal passaggio repentino alle scene di morte: dapprima con la pagina corale del Convoi funèbre (V), dove il compositore approfondisce la sovrapposizione tra fugato strumentale e salmodia corale già praticata nell’Offertorium del suo Requiem; poi con un brano strumentale (Roméo au tombeau des Capulets) che s’impone tanto per violenza distruttiva quanto per la frammentarietà della sua concezione. Come già il Convoi funèbre, anche il Roméo au tombeau (VI) si attiene alla versione del dramma di Shakespeare promossa dall’attore David Garrick; in tal caso, alla prassi di anticipare il risveglio di Giulietta – dopo l’assunzione del veleno da parte di Romeo, ma prima della morte di questi – in modo da lasciare agli amanti un’ultima possibilità d’incontro. Il brano è densissimo di richiami tematici, specie dalla precedente Scène d’amour i cui singoli
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Il frontespizio del programma della prima rappresentazione di RomĂŠo et Juliette di Hector Berlioz, 24 novembre 1839.
Emile Signol. Ritratto giovanile di Hector Berlioz. Olio su tela. AcadĂŠmie de France, Roma.
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Una pagina della partitura originale di RomĂŠo et Juliette di Hector Berlioz.
Attribuito a ThĂŠodore GĂŠricault. Ritratto di un artista nel suo studio. (Museo del Louvre, Parigi).
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In alto: Interno di un palco all’OpÊra. Stampa di E. Lami da Jules Janin, Un estate a Parigi, 1834 (Museo Carnavalet, Parigi). In basso: Thomas Shotter Boys, Parigi dalla Senna, riproduzione di un acquarello firmato e datato 1833 (British Museum, Londra).
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episodi compaiono ora frammentati, ora combinati con il ritmo della Grande fête, ora annichiliti in una isterica e accelerata reiterazione. La frequenza di simili citazioni (compreso un richiamo al Convoi funèbre), ma soprattutto le alterazioni a cui sono sottoposte conferiscono al Roméo au tombeau una valenza visionaria, quasi fosse la mimesi di un evento psichico. Ciò che la musica racconta è l’annebbiarsi dei ricordi poco prima della morte, il momento in cui gli amanti rivedono la loro vita esposta in un solo istante, entro una visione simultanea e deformata. Ed è proprio qui che Berlioz, facendo unicamente appello alle risorse della musica strumentale, pone l’ultimo incontro dei protagonisti sotto il segno del delirio, saldando in un’unica espressione trasporto amoroso e pulsioni di morte. Fortissimo è infine lo scarto con la scena operistica del Final (VII), destinata al momento di riconciliazione tra le due famiglie nemiche. Pagina di grande mestiere, assai apprezzata all’epoca in quanto mostrava un pieno possesso dei meccanismi operistici, questa conclusione risponde alla necessità di riunire l’intero organico sinfonico-corale, ma ci dice anche quale importanza Berlioz attribuisse al tema della riconciliazione, quasi che solo il ricorso alla scena d’opera (con tanto di basso solista e doppio coro) potesse conferire l’idoneo respiro collettivo. Eppure, malgrado le 450 battute del Final, nella drammaturgia di Roméo et Juliette il tema delle famiglie nemiche risulta inoperante nei confronti della storia d’amore. Confinata inizialmente ad antefatto (nel Prologue), la faida ritorna nell’ultimo movimento, traducendosi in uno scontro che non coinvolge più i due giovani, la cui parabola si è consumata del tutto indipendentemente, nei movimenti centrali. E la ragione è da cercarsi proprio nella natura ibrida di questa Symphonie dramatique, nella scelta di affidare alla musica strumentale il nucleo poetico di Shakespeare, col risultato di consegnare la coppia di amanti a una realtà sinfonica che la pone a distanza abissale dalla dimensione operistica degli scontri tra le due famiglie. L’impressione è che, nella lettura di Berlioz, le componenti del dramma shakespeariano si collochino in due dimensioni parallele: da una parte, il mondo notturno degli amanti, il decorso, tradotto nel linguaggio sinfonico, di una passione consumata nella elettiva simbiosi di due anime; dall’altra, il mondo diurno, operistico, degli scontri e degli odi familiari, capaci infine di riscattarsi grazie all’intervento di Padre Lorenzo. Un simile tradimento verso Shakespeare non è senza conseguenze: slegando la storia dei due giovani da ogni riferimento esterno (la faida familiare), Berlioz non poteva che cercare entro la stessa vicenda d’amore le ragioni della sua tragica conclusione. Pertanto, il destino tragico degli amanti non è più interpretato come una forza negatrice esterna, ma, in senso pienamente romantico, come un elemento connesso alla natura del loro sentimento. Da qui l’ombra che già contamina la melodia della Scène d’amour, l’espressione di uno slancio che si consuma già nell’affiorare, o l’intensità delirante del Roméo au tombeau, dove l’incombenza della morte diventa una componente del desiderio amoroso, rendendolo ancora più intenso (con le parole del compositore, «l’ebbrezza della felicità alle prese con quella della disperazione»). La forzatura operata da Berlioz sul dramma di Shakespeare consiste nell’aver concepito la parabola dei due amanti come una vicenda interna alla natura del loro sentimento, traendone conseguenze musicali. Ma sarà proprio Roméo et Juliette ad aprire la strada alla nuova qualità di un sentimento amoroso in simbiosi con la morte: quella che il Wagner di Tristano e Isotta, con l’implicita ammissione di qualche lascito berlioziano, avrebbe anni dopo affrontato.
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Roméo et Juliette si lega a un episodio preciso della biografia berlioziana: il mirabolante dono di 20.000 franchi che Nicolò Paganini fece pervenire al compositore, dopo averne ascoltato la sinfonia Harold en Italie, accompagnandolo con queste parole: «Beethoven spento non c’era che Berlioz che potesse farlo rivivere». A sinistra: Niccolò Paganini, disegno a penna di Edwin Landseer, 1831-32. In alto: pianta e distribuzione dei posti, su tre differenti livelli, della prima rappresentazione di Roméo et Juliette di Hector Berlioz, a Parigi il 24 novembre 1839.
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Seconda parte. Grande festa in casa dei Capuleti. Giulietta (Aurélie Dupont) e Romeo (Hervé Moreau) si incontrano, e il primo contatto è quello delle loro mani. Balletto dell’Opera di Parigi. Opéra Bastille, 2007.
Foto Bernd Uhlig
Due suggestive immagini del prologo acquatico di Dido & Aeneas, opera di Henry Purcell, coreografia di Sasha Waltz, 2005. Fotografie di Sebastian Bolesch.
Sasha Waltz all’opera. Verso un’idea di teatro totale Marinella Guatterini
Sino a qualche decennio fa parlare d’opera ai coreografi contemporanei suscitava solo imbarazzo: lo spettacolo occidentale più antico era considerato un terreno ammuffito, adatto a quei professionisti accademici che in breve tempo allestivano i divertissements delle opere dell’Ottocento, spesso con la mano sinistra. Poi giunse lei, l’indimenticabile Pina Bausch che aveva dato la scalata al successo con due opere di Gluck tutte danzate – Iphigenie auf Tauris del 1974 e Orpheus und Eurydike del 1975 – e un numero sempre crescente di coreografi famosi (come Lucinda Childs, Trisha Brown, Reinhild Hoffmann, Mark Morris, per citarne solo alcuni) cominciò ad accostarsi all’opera. Motivo di grande interesse: il Teatro alla Scala ha scelto la tedesca Sasha Waltz e il suo Roméo et Juliette sulla sinfonia drammatica di Hector Berlioz, definita dalla stessa autrice “un’opera coreografica”, non per un semplice inserimento nel nuovo cartellone, bensì per aprire la stagione di balletto 2012-2013! Naturalmente era già accaduto anche alla Scala che la messinscena di una pièce di teatro musicale fosse affidata per intero a un adepto della danza. Una delle nuove tendenze, o forse meglio delle aperture, di questo settore influenzato da tutte le innovazioni apportate dalla scomparsa Bausch, ma non solo (pensiamo a Einstein on the Beach di Wilson/Glass/Childs, un’opera totale del 1976), continua a essere quella di tornare anche allo spettacolo clou della tradizione europea, il melodramma. Nel 2006, fu l’inglese Wayne Mc Gregor, artista di un decennio più giovane della Waltz, a curare sul palcoscenico del Piermarini una Dido and Aeneas di Henry Purcell, diretta da Christopher Hogwood, che però compariva nella stagione operistica. In quell’occasione il coreografo anglosassone a capo della Random Dance e residente al Royal Ballet ebbe a dire che «l’opera è una sfida ideale per i coreografi d’oggi, non solo perché sintesi delle arti, ma in quanto espressione di tutto il corpo nello spazio e nel tempo». Addio ai cantanti che emettono i loro acuti stando ben piantati in un metro quadrato di palcoscenico? Nella sua intensa e originalissima Dido & Aeneas,1 presentata nel 2005 al Grand Théâtre de Luxembourg e ripresa in molti altri teatri sempre con enorme successo, la Waltz ha creato un flusso di danza continua in cui si fa fatica a distinguere i danzatori dai coristi e questi ultimi dai cantanti. Henry Purcell si è rivelato, del resto, un autore ideale per i nuovi coreo-registi; dal suo parziale inserimento in Café Müller (1978) della Bausch alle polimorfe divagazioni del corpo di King Arthur, allestito nel 2006 da Mark Morris al London Coliseum, il compositore anglosassone ha continuato a prestare alla danza musica e proto-opere, suggestionate dai masques. Tan-
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ti coreografi hanno tuttavia abbandonato il terreno musicale del Seicento, così ricco di edizioni coreo-registiche dell’Orfeo di Monteverdi, e si sono occupati di opere contemporanee come Amu/Del cuore di Sir John Tavener (2006), aggredita con piglio tecnologico ancora da McGregor, o come Da gelo a gelo di Salvatore Sciarrino, restituita da Trisha Brown ancora nel 2006, oppure sono stati conquistati da compositori di altri secoli: Mozart per un Idomeneo diretto da Riccardo Muti, nel 1996 al Festival di Salisburgo, nell’allestimento di Reinhild Hoffmann, e Puccini per una più recente Madama Butterfly del 2007, sempre secondo le corde neoespressioniste di questa capostipite del Tanztheater storico. La ricerca di soluzioni registiche imprevedibili, derivate dalla libertà nell’uso dello spazio – libertà propria della danza – e da una conseguente e maggiore interrelazione dei corpi (siano essi danzanti o cantanti), è di solito ciò che più colpisce negli allestimenti per il teatro musicale firmati da coreografi contemporanei. Nel prologo della sua Dido & Aeneas, Sasha Waltz ha allestito una grande piscina, dove nuotano armoniosamente (anche sott’acqua!) tritoni, ninfe, divinità dell’Olimpo: poi ne riemergono, recitano il testo di Nahum Tate e si rituffano. A memoria, nessun regista teatrale aveva osato tanto: il successo della prima opera firmata dalla coreografa di Karlsruhe dopo un tempo infinito di prove, distese lungo un intero anno, e con il decisivo e convinto apporto dell’Akademie für Alte Musik di Berlino e del Vocalconsort aveva già in consegna il debutto di una seconda produzione, una Medea su musica di Pascal Dusapin e testo di Heiner Müller (Medeamaterial) al Grand Théâtre de Luxembourg e nello stesso 2007, a pochi mesi di distanza, la creazione di Roméo et Juliette per il Théâtre National de l’Opéra di Parigi che ora giunge alla Scala, dopo un ritorno all’Opéra Bastille risalente appena al maggio scorso. Appurato l’interesse – che persevera – per il teatro musicale, è importante scoprire come e perché Sasha Waltz vi sia approdata, e oggi con la fortunata eredità di una personale riflessione e di un’appassionante ricerca sulla relazione tra musica, canto e danza, a partire, come lei stessa asserisce, “dal linguaggio fisico, dal corpo”. Nuova ipotesi di Gesamtskunstwerk, l’opera d’arte totale di wagneriana memoria? Vedremo. Sasha Waltz è una scoperta della critica tedesca (nel 1994 ha conseguito il premio dell’autorevole Berliner Zeitung) e internazionale (nello stesso anno ha ottenuto il secondo premio al Concorso Internazionale di Coreografia di Groningen); i suoi lavori d’esordio già mostravano una maestria compositiva senza tentennamenti, unita a un’innovazione linguistica tale da far scattare un campanello d’allarme. Ma se all’epoca della sua affermazione, grazie alla trilogia Travelogue (1993-1995) – composta da tre generi, uno televisivo, uno cinematografico e uno letterario (una sit-com, un thriller e una favola multietnica e urbana), risolti in un’inedita forma di teatrodanza scanzonato e sensuale –, non sapevamo ancora se il tintinnio di quel campanello avrebbe conservato la sua potenza d’urto e una durata, oggi ne abbiamo la certezza, e al riparo da ogni tentazione di considerarne l’esperienza come derivativa rispetto a quella di Pina Bausch. Grazie a una manciata di spettacoli degli anni Novanta, come Allee der Kosmonauten (1996) o Zweiland (1997) e, oltre alla trilogia Travelogue, anche Na Zemlje (La terra), creato in Russia nel 1998, la schietta e volitiva Waltz aveva infatti già spostato di centottanta gradi la prospettiva di lettura del teatrodanza (Tanztheater), indicando le modalità ultime del suo tempo, e svelando un respiro poetico in grado di tradurre gli
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In questa foto: Travelogue I - Twenty to Eight, coreografia di Sasha Waltz (1993). Foto di Sebastian Bolesch. In basso: Kรถrper, coreografia di Sasha Waltz (2000). Foto di Bernd Uhlig.
Kรถrper, coreografia di Sasha Waltz (2000). Foto di Bernd Uhlig
umori delle giovani generazioni alle soglie del nuovo Millennio, in particolare in quella delicata sfera dei rapporti interpersonali e di coppia di cui la Bausch ci aveva restituito un suo spaccato d’epoca, segnato dalle disillusioni, dalle angosce e frustrazioni di una Germania ancora cocentemente ferita dall’orrore dell’Olocausto. Negli anni Novanta il segno della Waltz appariva “più allegro” e al tempo stesso meno universale di quello dei campioni e delle campionesse del Tanztheater anni Ottanta. Sebbene l’umorismo (spesso nero) dei suoi pezzi e la vorace sensualità della sua danza si schiantassero volentieri contro alienazione, horror vacui e solipsismo giovanili, e contro lo smarrimento di una Germania da poco riunificata, l’alito della sua coreografia era fresco. Vi serpeggiava, grazie a una gestualità affogata in una danza pressoché continua, la speranza costruttiva di chi non si sente ancora del tutto provato dal faticoso mestiere di vivere, né intende abbandonarsi a quella Sehnsucht o nostalgia così tipica del romanticismo tedesco, che affiora persino dalle rovine dei “paesaggi Bausch”. Se il tempo, le occasioni lavorative, e l’esperienza di vita avrebbero poi spinto la Waltz a considerare quella forte bramosia per ciò che resta sempre inaccessibile e insaziabile – proprio secondo la nozione tedesca di Sehnsucht – e a cullarsi, a suo modo, nell’alveo del romanticismo non solo tedesco, come prova questo rapinoso Roméo et Juliette, non v’è dubbio che la sua poetica giovanile si fosse invece sviluppata in un qui e ora contiguo alla sua generazione anni Sessanta, cavalcando voglia di riscatto, recupero, fantasia. Del resto l’artista, oggi quasi cinquantenne, aveva alle spalle una formazione e una storia personale ideologicamente positive. Terminati gli studi “tedeschi” con Waltraud Kornhaas, un’allieva di Mary Wigman, ha continuato il suo apprendistato con vari maestri, in Olanda, a New York. Come gran parte dei coreografi emersi negli anni Novanta, la nostra ospite non ha seguito un iter di studi “regolari”: la “regolarità” nella costruzione di un coreografo odierno equivale a una prigione. Occorre invece accumulare esperienze diverse e la Waltz, rifuggendo dalle scuole dei grandi maestri del contemporaneo, come ad esempio, in America, Merce Cunningham, ha gettato il suo corpo e il suo cuore nell’avventura sperimentale dei più radicali postmoderni (come Pooh Kaye), convinti della necessità di una danza semplice, naturale, lontana dagli intellettualismi: un’arte di contatto. E si vedrà quanta Contact Dance2 emerge, sia pure con cautela, anche in questo Roméo et Juliette… Singolare, e tuttavia esemplificativo dell’attualità del suo lavoro coreografico, il fatto che l’artista non abbia creato, una volta tornata in Germania, e insediatasi a Berlino, una sua compagnia fissa, ma abbia preferito la formula della “Sasha Waltz & Guests”, cioè dell’invito a “ospiti” anche di volta in volta diversi, scelti in base alla necessità di un dialogo dal quale scaturissero danza e coreografia nuove. Waltz firma le idee, i progetti, l’impostazione – il suo abituale metodo di lavoro è proprio l’improvvisazione – e il resto nasce dal dialogo che sin dagli anni Ottanta per lei è stato anche interdisciplinare con drammaturghi, a partire dal compagno di vita Jochen Sandig, architetti, artisti visivi, designer, musicisti, cantanti. E si sa quanto muti il nostro modo di comunicare se cambiano i nostri interlocutori… Quanto all’approdo al teatro musicale e all’ “opera coreografica”, l’ingresso, nel 2000, alla Schaubühne am Lehniner Platz di Berlino può esserne considerato un primo passo, fatto insieme alla sua compagnia, diventata d’improvviso “stabile” ma ben decisa a rimanere diseguale – con corpi alti e bassi, personalità radiose o penitenziali –, nello stile tipico del teatrodanza storico. L’insediamento
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nelle istituzioni, specialmente se famose e floride, genera in qualsiasi artista la certezza, ma anche la responsabilità, di potere/dovere progettare “in grande”: un destino tra l’altro non scontato per chi, come la Waltz, aveva cominciato a esprimersi nei pochi metri quadrati della tumultuosa stanza abitata da inquieti pseudo-studenti di Travelogue ITwenty to Eight. La seconda trilogia dell’artista, composta da Körper, “S”, noBody (2000-2002), proprio perché nata alla Schaubühne, ne sfruttava i larghi mezzi scenografici, però era nutrita da un nuovo sguardo sulla realtà e da notevoli cambiamenti linguistici. Dal punto di vista poetico ed estetico i tre lavori dedicati al corpo nella temperie contemporanea, alla sua fisicità vilipesa, alla sua sensualità umiliata e alla sua spiritualità e “anima” differivano da tutto ciò che la Waltz aveva creato in precedenza: erano il punto finale di una linea narrativa che, se all’inizio era interessata all’ambiente sociale, all’individuo, alla sua intimità quotidiana, ora si situava all’esatto opposto. Movimenti, personaggi, spazi, drammaturgia s’incuneavano, in specie nell’acclamatissimo e impressionante Körper, in una personale forma di neo-espressionismo, e segnalavano il passaggio da una visione generazionale e pure geograficamente riconoscibile (la Germania e i travagli successivi al crollo del Muro di Berlino) a un respiro invece universale. Nella teca trasparente che in Körper vede ammassarsi, poco alla volta, come api in un alveare, tutti i danzatori seminudi della pièce, vive un’umanità in incessante movimento ascendente e discendente, e la calca è tale, nel ristrettissimo spazio bidimensionale, e talmente soffocante, da rammentare raccapriccianti immagini di forni crematori, ma anche di stupri. In noBody si giunge invece all’astrazione, con un grande pallone che, riempiendo l’intero spazio, distrugge tutto ciò che prima era in scena. Anche l’anima, nella Weltanschauung della Waltz, qui impegnata ad abbracciare un tema immenso e inafferrabile (ma senza riuscirci, perché “siamo materia, e viviamo in un mondo materiale”, disse in quell’occasione), ha contorni fisici, naturali, di nuovo evidenziati nella creazione che direttamente le dischiuse il mondo dell’opera: Impromptus (2004). Sui diciotto pezzi pianistici dell’omonima raccolta musicale di Franz Schubert, l’incontro con la musica – già al di fuori della Schaubühne, rivelatasi alla lunga un contenitore costrittivo per le inquiete curiosità e mire della “Sasha Waltz & Guests” – fu una rivelazione potente come un fiume in piena. Persino nella biografia del compositore tedesco, Waltz ci rivelò di aver ravvisato motivi per creare in Impromptus un più intimo rapporto con i corpi, e utilizzando una scenografia a lastre bianche sovrapposte, che già anticipava quella di Roméo et Juliette, concepì una danza pura, come mai aveva fatto prima. Sono assoli, duetti, terzetti per sette interpreti che scompaiono dietro un grande pannello dorato e oscillante. Poi però un irresistibile impulso teatrale impone a due danzatori di indossare delle galosce ricolme d’acqua, che snervano il silenzio frapposto tra i vari pezzi schubertiani (e alcune annessi Lieder: tutti dal vivo come la musica pianistica), e di utilizzare vernici per imbrattare il nitore dei loro corpi. Amore, comprensione reciproca, fragilità di certi istanti di vita gioiosa illividiscono nel dolore, nell’imponderabile assenza di purezza, nelle avversità dell’esistenza, nella sensazione dell’irreparabile distacco dal mondo, e tornano amplificati nella Dido & Aeneas di Purcell. La prima opera coreografica dell’artista, che, apertasi con la sorprendente piscina di corpi natanti-danzanti, si chiude con un altro coup de théâtre – Didone avvolta nell’intricata selva di lunghissimi capelli tra fiammelle di luci vere sul pal-
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Impromptus, coreografia di Sasha Waltz (2004), musica di Franz Schubert. Fotografia di Sebastian Bolesch, Jirka Jansch, Jochen Sandig. In basso: Dido & Aeneas, opera di Henry Purcell, coreografia di Sasha Waltz, 2005. Fotografia di Sebastian Bolesch.
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Medea, opera di Pascal Dusapin, coreografia di Sasha Waltz (2007)
co nudo – è proprio l’apoteosi della sua tensione verso la natura, qualcosa che si sente scorrere come il sangue nelle vene e si osserva con grande partecipazione, perché si nutre di energia vera, non formale. Dopo Impromptus Sasha Waltz ha rinnovato il suo interesse per la musica dal vivo lavorando ancora con grandi orchestre, nuovi cantanti e cori, oltre che con danzatori anche di formazione accademica. Unire insieme tutte le forme dell’arte nell’opera si è trasformato, per l’artista tedesca, nello sforzo di ricollocarvi la danza come necessità espressiva e non ornamentale, com’era agli esordi del suo secolare cammino. La sfida riguardante, è ovvio, anche Roméo et Juliette, progetto assai diverso sia da Dido & Aeneas, sia da Medea o Passion (la quarta messinscena musicale della Waltz, seguita dalla più recente Matsukaze, pièce del Teatro Nō) consiste nel ricercare una forma organica specifica, necessaria a ogni diversa atmosfera e struttura sonora, e soprattutto nel mutare la percezione dello spettatore, nel convincerlo a credere alla prospettiva del coreografo per cui tutti danzano: il coro, il solista, i danzatori, e non v’è alcuna differenza tra di loro. Chiamiamola pure opera coreografica o Wort-Ton-Drama, in cui la danza (Tanz) non completa l’idea di teatro totale, ma ne è la sorgente assieme alla musica. Questo Gesamtkunstwerk parte dal corpo musicale dentro e fuori e ne restituisce universali sentimenti. Sasha Waltz è coreografa umanistica: romanticamente concreta, sensibilmente realistica.
Cfr. Dido & Aeneas in L’ABC della Danza. La storia, le tecniche, i grandi coreografi della scena moderna e contemporanea, Mondadori Electa, Milano 2008, pp. 162-169. 2 Contact Dance può essere una variante terminologica di Contact Improvisation ma deve essere adottata, perché impropria, solo in taluni casi, analoghi a questo Roméo et Juliette. La Contact Improvisation non è una tecnica, bensì una tipologia di danza di coppia in cui due partner rivelano la loro personalità interagendo continuamente. La sua nascita si fa risalire al 1972 e a Magnesium del postmoderno Steve Paxton, una declinazione, se non spettacolare, almeno già pubblica, di questa ricerca di espressività “a due”. Cfr. Contact Improvisation in L’ABC della Danza, op. cit., p. 136; e il capitolo “Steve Paxton: Physical Things” in Sally Banes, Terpsichore in Sneakers. Post-Modern Dance, Houghton Mifflin, 1980 (tr. it. Tersicore in scarpe da tennis. La postmodern dance, Ephemeria, Macerata 1993, pp. 84-87). 1
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Passion, opera di Pascal Dusapin; opera coreografica di Sasha Waltz (2010). Fotografie di Bernd Uhlig.
In queste foto: Matsukaze, opera di Toshio Hosokawa. Opera coreografica di Sasha Waltz (2011). Fotografie di Bernd Uhlig.
Hector Berlioz
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HECTOR BERLIOZ CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE Antonio Polignano
1803 Louis Hector Berlioz nasce l’11 dicembre a La Côte-Saint-André, nel dipartimento d’Isère, da Louis, proprietario terriero e medico, e Marie-Antoinette Marmion. 1816-19 Impara dal padre a leggere la musica e a suonare il flageolet; in seguito studierà anche il flauto e la chitarra, ma mai il pianoforte. 1821 Ottenuto il baccalauréat ès lettres, si trasferisce a Parigi dove si iscrive alla facoltà di medicina. Ascolta e studia Gluck. 1823 Interrotti gli studi di medicina, diviene allievo di composizione di Jean-François Lesueur. Inizia la collaborazione alla rivista Le Corsaire. 1826 In luglio, Hector si presenta al concorso per il Prix de Rome ma non viene ammesso in finale. In ottobre si iscrive al Conservatorio di Parigi dove studia con Lesueur e Anton Reicha. 1827 Ritenta il Prix de Rome ma la sua cantata, La mort d’Orphée, è ritenuta ineseguibile. Dopo avere assistito a una recita dell’Amleto di Shakespeare, si innamora dell’attrice irlandese Harriet Smithson. 1828 Organizza un concerto al solo scopo di farsi notare dalla Smithson. Ottiene il secondo posto al Prix de Rome. Legge il Faust di Goethe nella traduzione di Gérard de Nerval. 1829 Compone le Huit scènes de Faust per soli, coro e orchestra, e le invia a Goethe che, avutone un parere negativo dall’amico musicista Zeller, non gli risponde neppure. Tenta nuovamente il Prix de Rome con la scena lirica La mort de Cléopâtre.
1830 Deluso da maligne insinuazioni sul conto della Smithson, inizia a frequentare la pianista Camille Moke, con la quale si fidanzerà alcuni mesi dopo. Compone intanto la Symphonie fantastique, che verrà eseguita il 5 dicembre nella sala del Conservatorio di Parigi. Si tratta di uno dei primi esempi in assoluto di quella “musica a programma” che larga parte avrà nella produzione dei romantici. In luglio, con la cantata Sardanapale, ottiene finalmente il Prix de Rome. Conosce Liszt, che gli sarà amico per tutta la vita. 1831 Inizia il soggiorno italiano, previsto dal regolamento del Prix de Rome. Durante la permanenza in Italia, che Berlioz, dopo la rottura del fidanzamento con la Moke, è quasi sul punto di interrompere, il musicista conoscerà Mendelssohn e scriverà l’ouverture del Roi Lear. 1832 Rientrato a Parigi a novembre, conosce finalmente la Smithson che sposerà l’anno successivo. 1834 In agosto nasce il figlio Louis. Paganini gli commissiona la sinfonia Harold en Italie per viola e orchestra, che esegue il 23 novembre. Ispirata a Byron e ai ricordi abruzzesi del viaggio in Italia, la sinfonia presenta un programma suddiviso in quattro episodi, idealmente unificati dal tema di Aroldo, nei quali Berlioz riesce a mediare efficacemente tra intenti descrittivi e scrittura virtuosistica. Inizia a collaborare al Journal des débats. 1837 Prima esecuzione della Grande messe des morts per soli, coro e orchestra (Parigi, Les Invalides, 5 dicembre); la grandiosa concezione della forma e le dimensioni dell’organico strumentale (che prevede anche quattro orchestre distinte di ottoni) fanno di questo lavoro un caso quasi unico nella storia
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della musica e un esempio della concezione creativa del musicista. 1838 Prima rappresentazione dell’opera Benvenuto Cellini (Parigi, Opéra, 10 settembre); l’opera, che sposa il gusto per la ricostruzione storica fedele con l’autorevole richiamo a un soggetto di Hoffmann, avrà scarso successo e sarà replicata solo tre volte. In dicembre, al termine di un concerto nella sala del Conservatorio parigino, Paganini bacia la mano a Berlioz; il giorno successivo gli invia un biglietto, nel quale alle lodi aggiunge un sussidio di 20.000 franchi. 1839 Prima esecuzione della sinfonia drammatica Roméo et Juliette per soli, coro e orchestra (Parigi, Conservatorio, 24 novembre). In essa Berlioz tenta di realizzare un connubio tra l’opera, genere che dopo l’insuccesso del Cellini trascurerà alquanto, e la sinfonia, dei cui mezzi si sentiva maggiormente padrone. Il risultato è un lavoro esecutivamente difficile e di grande complessità. Ad onta dei “numerosi e prolungati vuoti e banalità” (notati da un Wagner peraltro entusiasta), resta uno dei lavori più riusciti e apprezzati di Berlioz. 1840 Il 28 luglio, nel decimo anniversario delle Trois Glorieuses, viene eseguita la Symphonie funèbre et triomphale per banda, coro ad libitum e orchestra. Di questo lavoro Wagner scriverà che gli “aveva pienamente rivelato la grandezza e l’energia di questa natura d’artista a suo modo unica e senza pari”. 1841 Si accentuano i dissidi con la moglie: Berlioz si lega alla cantante Marie-Geneviève Martin (Marie Recio). 1842 Primo viaggio in Germania: Mannheim, Weimar, Lipsia (dove rivede Mendelssohn e conosce Schumann), Dresda (nella quale Wagner era direttore dell’orchestra del teatro), Berlino, Hannover e Darmstadt. 1843 Torna a Parigi a maggio. Esce il Grand traité d’instrumentation et d’orchestration modernes. Inizia la composizione di Le Carnaval romain per orchestra, nel quale confluiscono e vengono sviluppate alcune delle pagine più significative dello sfortunato Cellini, come il duetto del primo atto e il saltarello del secondo. 1844
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Esce Voyage musical en Allemagne et
en Italie, nel quale sono raccolte molte lettere ad amici e conoscenti. Berlioz si separa dalla moglie. 1845-46 Si reca a Vienna, Budapest e Praga. Al suo ritorno a Parigi, il 6 dicembre, all’Opéra-Comique, dirige La damnation de Faust, leggenda drammatica per soli, coro e orchestra. Il lavoro, nel quale confluiscono le Huit scènes del 1829, in luogo di una struttura coerente e logica, presenta una scelta di quadri in sé conclusi e irreali, più simile a un polittico che a un’opera in musica. L’insuccesso porta Berlioz sull’orlo del tracollo finanziario. 1847 Tra febbraio e giugno si reca a San Pietroburgo, per una serie di concerti che riassestano le sue finanze, e a Mosca, dove ascolta Una vita per lo zar di Glinka. In novembre si reca a Londra, scritturato per dirigere al Drury Lane. 1848 Il 26 luglio muore il padre. Inizia a scrivere i Mémoires. Fallito il progetto londinese, torna a Parigi. 1849 Compone il Te Deum per tre cori, orchestra e organo; la complessità della scrittura e l’organico smisurato (oltre a un’orchestra estesa fino al quarto legno, trovano posto 6 tromboni, 8 piatti e 12 arpe) ne renderanno possibile un’esecuzione solo sei anni dopo. 1852 In marzo, a Weimar, Liszt organizza una settimana di concerti dedicati a Berlioz; vengono eseguiti una nuova versione di Benvenuto Cellini, Roméo et Juliette e alcune scene di La damnation de Faust. 1854 Il 3 marzo, a Parigi, muore Harriet Smithson. Termina L’enfance du Christ per soli, coro e orchestra, che dirigerà a dicembre e che verrà subito accolta favorevolmente. Il 18 ottobre sposa Marie Recio. 1855 Si reca a Gotha, Weimar, Bruxelles e Londra, dove attende all’esecuzione dei suoi lavori. Esce L’art du chef d’orchestre, che compendia un’esperienza direttoriale ormai più che ventennale. 1858 Completa la “tragédie-lyrique” Les Troyens. Si tratta del progetto operistico più ambizioso tra quelli concepiti da Berlioz. Con essa l’autore intendeva contrapporre alla visione wagneriana, nordica e profonda-
mente germanica, una concezione solare e mediterranea, peraltro formalmente più convenzionale, anche se arricchita da un apporto sinfonico decisamente insolito. 1861 Accoglie con soddisfazione la caduta del Tannhäuser senza comprendere che la reazione nei confronti di Wagner è il sintomo di un’intolleranza più vasta nei confronti di lui stesso e di Les Troyens. 1863 Prima esecuzione di Les Troyens à Carthage (Parigi, Théatre Lyrique, 4 novem-
bre); il successo è dovuto alla nuova veste dell’opera che rispetto al progetto originario presenta i primi due atti compendiati in un prologo e i rimanenti tre ridivisi in cinque. Lascia il Journal des débats. 1867 All’Avana, il figlio Louis muore di febbre gialla. 1868 Debole e moralmente stanco, il musicista è colpito da una congestione cerebrale. 1869 Muore l’8 marzo, a Parigi.
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Foto Rudy Amisano
Sasha Waltz in prova al Teatro alla Scala, Milano, novembre 2012.
Sasha Waltz 1963 Nasce a Karlsruhe, in Germania (suo padre è un architetto) e inizia a studiare danza all’età di cinque anni presso lo studio di Waltraud Kornhaas, un’anziana allieva di Mary Wigman, grande figura della danza espressionista tedesca. 1973 Partecipa a un atelier di Contact Improvisation, il metodo che si rivelerà un elemento decisivo per il suo approccio al movimento, essendo una danza che favorisce una presa di coscienza sensoriale del corpo piuttosto che l’acquisizione di un vocabolario definito. 1983 È ammessa alla School for New Dance Development di Amsterdam, ove prosegue la sua formazione con professori esperti nella danza postmoderna americana. 1986 Al termine degli studi del triennio olandese soggiorna a New York per approfondire le tecniche dell’improvvisazione con molti coreografi, quali Pooh Kaye, Yoshiko Chuma e Lisa Kraus, danzatrice della Trisha Brown Dance Company ed esperta nel Release, un metodo, più che una tecnica, di totale rilassamento muscolare.
mente lontano dal postmodernismo della sua formazione, per prediligere una forma narrativa che ricorre a costumi e oggetti di scena. 1992 Crea False Trap che con le precedenti coreografie è presentata in Europa, in Venezuela e negli Stati Uniti. Si stabilisce a Berlino e collabora come artista residente al Künstlerhaus Bethanien per il progetto Dialoge-Dialogue, un work in progress realizzato in collaborazione con Sybille Pomorin, David Moss, Jon Rose, Peter Hollinger, Dietmar Diesner, Sven Ake Johansson e altri. Il laboratorio esplora i rapporti tra le diverse discipline artistiche. Partecipa al programma berlinese “Una città per l’Europa”. 1993 Fonda con il drammaturgo Jochen Sandig, suo compagno, il collettivo artistico “Sasha Waltz & Guests”. La vita in seno a questa compagnia poco convenzionale e il modo di lavorare che vi è praticato – basato sull’improvvisazione – implicano una forte partecipazione degli interpreti. Presenta la prima assoluta di Travelogue I – Twenty to Eight al Gran Teatro di Groningen in Olanda.
1990 Crea Anna hat kein Heimweh mehr.
1994 Al Concorso Internazionale di Coreografia di Groningen ottiene il secondo premio per Travelogue I – Twenty to Eight. Partecipa alla produzione di L’Histoire du soldat di Igor Stravinskij con la Philarmonie di Berlino. Crea un programma di assoli, Paulinchen, in collaborazione con Jochen Sandig, al Kunsthaus Tacheles di Berlino. Ottiene il Premio della Critica 1994 del giornale Berliner Zeitung. Debutta al Podewil, sempre a Berlino, con Travelogue II: Tears Break Fast.
1991 Si unisce per qualche tempo alla compagnia di Mark Tompkins, con cui partecipa allo spettacolo La Plaque tournante, e alle relative tournée in varie città europee. Allestisce la coreografia Morgen war sie sprachlos, che, come le precedenti, sviluppa un linguaggio paradossal-
1995 Completa la trilogia Travelogue con Travelogue III: All Ways Six Steps, in scena al Theater am Halleschen Ufer di Berlino nel mese di agosto. Con il supporto del Goethe Institut, intraprende una lunga tournée negli Stati Uniti e in Canada.
1988 Di ritorno nei Paesi Bassi, s’immerge attivamente nella scena creativa e partecipa a diversi progetti interdisciplinari di coreografia, musica e arti plastiche. Familiarizza con il violoncellista Tristan Honsinger, il performer Frans Poelstra, Barbara Steppe, Laurie Booth e il danzatore e coreografo David Zambrano. Firma la sua prima coreografia, Schwarze Sirene.
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Foto Bernd Uhlig
Dialoge 09 – Neues Museum. Installazione coreografica di Sasha Waltz 2009, Berlino. Staatliche Museen Berlin, Neues Museum.
Foto Bernd Uhlig
In queste foto: Dialoge 09 – MAXXI. Installazione coreografica di Sasha Waltz, Roma, 2009.
Foto Bernd Uhlig
noBody, coreografia di Sasha Waltz (2002).
1996 Presenta Travelogue I – Twenty to Eight in prima assoluta italiana al Teatro Comunale di Ferrara. Apre, acclamata dalla critica, la Sophiensaele, un teatro da lei co-fondato assieme a Sandig, e debutta con Allee der Kosmonauten, una coreografia che impone la “Sasha Waltz & Guests” a livello nazionale e internazionale. 1997 Presentata in diversi festival internazionali, Allee der Kosmonauten viene scelta per rappresentare la Germania al Teatro delle Nazioni di Seul in Corea. Crea Zweiland. Invitata alla 34esima edizione degli Incontri teatrali di Berlino, Zweiland viene ripresa da Arte e dalla ZDF, che per questa produzione video ottengono il Premio “Adolf Grimme”. 1998 Realizza a Ljiubimovka, nei paraggi di Mosca, Na Zemlje (Sulla terra), una co-produzione russo-tedesca, elaborata con gli attori della Scuola d’Arte Drammatica di Anatoli Vassiliev. 1999 Due dei progetti di Dialoge-Dialogue, sviluppati contemporaneamente alle sue pièces di repertorio, sortiscono due ambiziosi studi sui legami tra danza, corpo e architettura: Dialoge ’99/I e Dialoge ’99/II. Quest’ultimo invade gli spazi appena acquisiti del nuovo Museo ebraico di Berlino, realizzato dall’architetto Daniel Liebeskind. Inizia a presentare installazioni e progetti in vari musei, spazi abbandonati, sale disadorne, chiese sconsacrate. 2000 Otto anni dopo il suo debutto nella coreografia, viene chiamata, accanto a Jochen Sandig, al regista Thomas Ostermeier e al suo drammaturgo Jens Hillje, alla direzione artistica della celebre Schaubühne am Lehniner Platz di Berlino. Per la prima volta in Germania s’inaugura un rapporto egualitario tra la danza e il teatro contemporanei. Nel gennaio dello stesso anno debutta Körper, prima tappa di una nuova trilogia, dedicata a ciò che fonda l’essere umano, il corpo. Ancora in quest’anno crea la coreografia S. 2002 Conclude la trilogia inaugurata con l’ingresso della sua compagnia alla Schaubühne con noBody, una pièce realizzata in coproduzione con il Festival di Avignone.
2003 In settembre rinnova il suo interesse per l’approccio sociologico e presenta a Graz, in Austria, in collaborazione con il sociologo Karl Stocker, l’installazione coreografica insideout. La creazione ottiene il Premio OPUS per la miglior scenografia dell’anno. Presentata in spazi diversi, insideout incita il pubblico a “costruire il suo proprio spettacolo e anche a interrogarsi sulla nozione di identità e di gruppo”. 2004 Nella creazione Impromptus, presentata al Festival di Avignone e in prima nazionale italiana al Teatro Comunale di Ferrara, viene utilizzata per la prima volta la musica classica, grazie alla scelta degli otto pezzi per solo pianoforte che compongono Impromptus di Franz Schubert (1827). La coreografia torna a essere interpretata da un piccolo gruppo di danzatori. 2005 La “Sasha Waltz & Guests”, con la direzione artistica di Jochen Sandig, si distacca dalla Schaubühne berlinese, pur mantenendo con essa rapporti regolari, e ritrova la sua indipendenza. Subito, in gennaio, in collaborazione con l’Akademie für Alte Musik Berlin e il Vocalconsort Berlin, nasca la prima opera-coreografia barocca: Dido & Aeneas, che debutta alla Staatsoper Unten den Linden. La coreografia Körper è rappresentata in prima italiana al Teatro Regio per il festival “TorinoDanza”. Dido & Aeneas è presentata al Teatro Comunale di Ferrara in esclusiva nazionale italiana. 2006 Sempre in Germania crea Gezeiten (Maree), la cui prima italiana si svolge al Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia. Si occupa, inoltre, dell’allestimento di Dialoge 06 – Radiale Systeme per l’apertura del Radialsystem V, nuovo spazio di creazione e diffusione, allestito all’interno di un’antica stazione idraulica. Al progetto, che prevede una programmazione pluridisciplinare, partecipano l’Akademie für Alte Musik Berlin e numerosi artisti contemporanei. Crea Solo für Vladimir Malakhov. 2007 Tra altri lavori, continua il suo ciclo per il teatro musicale che unisce canto, musica, danza e teatro, creando Medea con la musica di Pascal Dusapin e su testo di Heiner Müller (Medeamaterial), in collaborazione con l’Akademie für Al-
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te Musik Berlin e il Vocalconsort Berlin. Il debutto mondiale avviene in maggio al Grand Théâtre de Luxembourg sotto l’egida della “European Culture Capital City”, e in seguito alla Staatsoper Unten den Linden di Berlino. Dopo aver raggiunto oltre centocinquanta recite nel mondo, la coreografia Körper è riproposta alla Schaubühne am Lehniner Platz, dove aveva debuttato nel 2000. Inoltre, in ottobre, il Théâtre National de l’Opéra di Parigi presenta la sua nuova creazione di teatro musicale, Roméo et Juliette, sull’omonima sinfonia drammatica di Hector Berlioz; danzano i ballerini del Ballet de l’Opéra de Paris, con le étoiles Aurélie Dupont e Hervé Moreau, sotto la direzione di Valerij Gergiev. La coreografia noBody debutta al Teatro Comunale di Ferrara. 2008 In primavera debutta a Francoforte sul Meno il progetto coreografico Jagden und Formen (Zustand 2008) su musica di Wolfgang Rihm, sviluppato in collaborazione con l’Ensemble Modern. 2009 In marzo, la Sasha Waltz & Guests presenta il progetto Dialoge 09 – Neues Museum nel Nuovo Museo di Berlino, ricostruito da David Chipperfield. Ottiene la borsa di studio per le arti pratiche dell’Accademia tedesca di Villa
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Massimo, a Roma. In novembre il suo Dialoge 09 – MAXXI by Sasha Waltz inaugura il nuovo Museo d’Arte Contemporanea di Roma, progettato da Zaha Hadid. 2010 La sua coreografia Continu debutta a Zurigo, in Svizzera, seguita da una nuova opera coreografica, Passion, composta da Pascal Dusapin e presentata al Théâtre des Champs Élysées, a Parigi. Ottiene il Premio “Caroline Neuber” e in nome della fratellanza culturale è nominata “Officier de l’Ordre des Arts et des Lettres”. 2011 In maggio firma la coreo-regia dell’opera Matsukaze del compositore giapponese Toshio Hosokawa: la prima si tiene al Théâtre de La Monnaie di Bruxelles. Viene insignita della Croce al merito della Repubblica Federale Tedesca. 2012 Firma con Mark Andre gefaltet, un nuovo concerto coreografico: la prima mondiale va in scena durante la Mozartwoche del Mozarteum a Salisburgo, in Austria. In febbraio allestisce noBody per il Göteborg Ballett: è la prima volta che un lavoro del suo repertorio viene donato a un altro ensemble. Nel maggio 2012 Roméo et Juliette torna all’Opéra Bastille di Parigi, con i danzatori, i cantanti, i coristi e l’orchestra del teatro maggior teatro nazionale francese, sotto la direzione di Vello Pähn.
Foto Rudy Amisano
Sasha Waltz in prova al Teatro alla Scala, Milano, novembre 2012.
Aurélie Dupont Ballerina francese, è entrata nel 1983 alla Scuola di Ballo dell’Opéra di Parigi e sei anni dopo, all’età di sedici anni, è stata inserita nella Compagnia, diventando in rapida successione quadrille (1990), coryphée (1991) e sujet (1992). Sempre nel 1992 ha danzato il pas de trois delle Ombre in La bayadère (versione di Rudolf Nureyev). Nel 1993 ha interpretato il pas de deux dei Contadini in Giselle e il Sanguigno nei Quattro temperamenti di George Balanchine. Per le Soirées Jeunes danseurs ha danzato Čajkovskij Pas de deux, ancora di Balanchine, e Gamzatti in La bayadère. Nel 1995 ha interpretato il pas de six in Napoli di August Bournonville, In The Middle, Somewhat Elevated di William Forsythe, Études di Harald Lander, Don Chisciotte nella versione di Nureyev e il pas de trois di Paquita di Marius Petipa. Nel 1996 è Clara in Lo schiaccianoci di Nureyev, la Ragazza in Le Loup di Roland Petit, Maria in Annonciation di Angelin Preljocaj e la Primavera in The Four Seasons di Jerome Robbins; nello stesso anno è nominata première danseuse. Tra il 1997 e il 1998 ha interpretato Les Sylphides di Michail Fokin, il Grand Pas Classique di Victor Gsovskij, il pas de deux degli scozzesi nella Sylphide di Pierre Lacotte (da Taglioni), L’Histoire de Manon di Kenneth MacMillan, Raymonda, Don Chisciotte (Kitri) e La bayadère (Gamzatti) nelle versioni di Nureyev. E ancora: Soir de fête di Léo Staats, Ancient Airs and Dances di Richard Tanner e Dark Elegies di Antony Tudor. Il 31 dicembre 1998, al termine di una rappresentazione del Don Chisciotte, è nominata étoile. Da allora ha aggiunto al suo repertorio: Capriccio/Rubies, Symphony in C, Violin Concerto, Concerto Barocco, Agon (Balanchine); Giselle (nella versione classica di Coralli-Perrot e in quella moderna di Mats Ek), Onegin (John Cranko), La Sylphide (nella versione di Pierre Lacotte da Filippo Taglioni, che ha interpretato anche al Teatro alla Scala nel 2005), Paquita (ancora di Lacotte, da Mazilier e Petipa), Suite en
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blanc e Les Mirages (Serge Lifar); Sylvia e Il sogno di una notte di mezza estate (John Neumeier); La Bella addormentata, Cenerentola, La bayadère (Nikija), Romeo e Giulietta, Il lago dei cigni (nelle versioni di Nureyev); Carmen di Petit, Le Parc (Angelin Preljocaj, interpretato anche al Teatro alla Scala nel 2007); In the Night, En Sol e Dances at a Gathering (Jerome Robbins). All’Opéra ha creato i ruoli principali nelle seguenti coreografie: Rythme de valses di Roland Petit (1994), Le Sacre du printemps di Pina Bausch, nel ruolo dell’Eletta (1997), Musings di James Kudelka (1997), Casanova di Preljocaj (1998), Le Concours di Maurice Béjart nel ruolo di Ada, Perpetuum di Ohad Naharin (2000), Stepping Stones e Bella Figura di Ji í Kylián (2001), Liebeslieder Walzer di Balanchine (2003), Il faut qu’une porte ancora di Kylián (2004), O zlozony / O composite di Trisha Brown (2004), La dame aux camélias, ancora di Neumeier (2006), Amoveo di Benjamin Millepied (2006 e 2009), Roméo et Juliette di Sasha Waltz (2007 e 2012), Siddharta di Preljocaj, nel ruolo del Risveglio (2010), L’Anatomie de la sensation di Wayne McGregor (2011), Psyché di Alexei Ratmansky (2011). Con il Balletto dell’Opéra di Parigi ha partecipato a tournée in Giappone, Cina, Italia, a Helsinki, Manchester e Vienna. Si esibisce spesso in Giappone con il Tokyo Ballet e più volte è stata invitata a danzare al Teatro alla Scala. Compare in diversi DVD di allestimenti dell’Opéra di Parigi, quali Jewels (Balanchine), Sylvia (Neumeier), La Sylphide (Lacotte da Taglioni), Don Chisciotte e La Bella addormentata (Nureyev); il regista Cédric Klapisch le ha inoltre dedicato un documentario, Aurélie Dupont – L’espace d’un instant (2010). Nel 1992 ha vinto la medaglia d’oro al Concorso di Varna (categoria junior); nel 1993 ha ricevuto il Prix de l’AROP, e nel 2001 il Benois de la danse. Nel 2005 è stata nominata “Chevalier des Arts et des Lettres”.
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Foto Anne Deniau
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Foto David David Elofer
Hervé Moreau Ballerino francese, è entrato nel 1989 alla Scuola di Ballo dell’Opéra di Parigi e nel 1995, a diciotto anni, è stato accolto nel suo Corpo di Ballo. Nel 1998, in occasione delle Soirées Jeunes danseurs, ha interpretato il ruolo del Principe Siegfried nel pas de trois del Cigno Nero nel Lago dei cigni (Rudolf Nureyev). Nel 1999 è diventato coryphée. William Forsythe lo ha scelto per interpretare In the Middle, Somewhat Elevated e The Vertiginous Thrill of Exactitude. Ha danzato la Variazione delle Pietre preziose nella Bella addormentata e Bernard in Raymonda (Nureyev). Nel 2001 è stato nominato sujet. In seguito ha interpretato il pas de trois di Diamonds da Jewels (George Balanchine), Bella Figura (Jiří Kylián), Lisandro in Sogno di una notte di mezza estate (John Neumeier), Espada in Don Chisciotte (Nureyev), Phoebus in Notre-Dame de Paris (Roland Petit), il ruolo maschile di Afternoon of a Faun (Jerome Robbins). Nel 2002 ha interpretato il Principe Siegfried nel Lago dei cigni (Nureyev) ed è stato promosso premier danseur. Nel suo repertorio spiccano: Čajkovskij Pas de deux, I Quattro temperamenti, Symphony in C, Diamonds da Jewels (Balanchine), Webern opus V (Maurice Béjart), il Principe Albrecht in Gi-
selle (nella versione originale di Coralli e Perrot), Pas./parts (William Forsythe), Kourbski in Ivan il Terrible (Jurij Grigorovič), Suite en blanc (Serge Lifar), Aminta in Sylvia (John Neumeier), il Fidanzato in Les Noces (Bronislava Nijinska), Romeo in Roméo et Juliette (Nureyev). Il 3 marzo 2006, al termine di una appresentazione di La bayadère (Nureyev) in cui interpretava per la prima volta il ruolo di Solor, è stato nominato étoile. Ha poi aggiunto al suo repertorio: Agon (Balanchine), Paquita (Pierre Lacotte da Mazilier e Petipa), Les Mirages (Lifar), La Dame aux camélias (Neumeier) e la Terza Sinfonia di Gustav Mahler (Neumeier). Le sue creazioni all’Opéra comprendono: Approximate Sonata (Forsythe, 2006), Proust ou les intermittences du cœur nel ruolo di Proust da giovane (Petit, 2007), Roméo et Juliette (Sasha Waltz, 2007 e 2012), Onegin, nel ruolo eponimo (John Cranko, 2009). Nel 2011 ha danzato per la prima volta al Teatro alla Scala, partecipando al Gala des Étoiles. Compare nel DVD Proust ou les intermittences du coeur con Mathieu Ganio, Manuel Legris, Stéphane Bullion, Eleonora Abbagnato e Stéphanie Romberg. Nel 2002 ha vinto il Prix de l’AROP e nel 2007 il Benois de la danse.
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Ekaterina Semenchuk
Foto Sheila Rock
(mezzosoprano)
Mezzosoprano russo, nelle scorse stagioni ha interpretato i ruoli di Marina (Boris Godunov), Sonia (Guerra e pace) e Polina (La dama di picche) al Met e ha debuttato in quello di Azucena (Il Trovatore) a Valencia, sotto la direzione di Zubin Mehta. Ha cantato Olga (Evgenij Onegin) al Covent Garden e Preziosilla (La Forza del Destino) alla Berlin Staatsoper sotto la direzione di Daniel Barenboim. Con Valerij Gergiev è stata Didon (Les Troyens) al Mariinsky di San Pietroburgo e alla Carnegie Hall a New York; inoltre ha cantato Fricka (Die Walküre) all’Opera di Los Angeles.
I figurini dei costumi disegnati da Bernd Skodzig per i cantanti solisti.
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Si è esibita in numerosi recital in Europa e in America. Con il suo accompagnatore Simion Skigin, ha recentemente dedicato una serata a Šostakovič al Konzerthaus di Vienna e si esibità alla Wigmore Hall a Londra. In ambito concertistico, ha cantato la Messa di Requiem di Verdi diretta da Gustavo Dudamel, Das Klagende Lied di Mahler diretto da Conlon al Ravinia Festival e Aleksandr Nevskij all’Accademia di Santa Cecilia a Roma sotto la direzione di Vasilij Petrenko. Ha inoltre cantato La Mort de Cléopatre di Berlioz diretta da Gergiev al Concertgebouw di Amsterdam. Tra gli impegni nel corso della stagione 2012-13: il debutto al Festival di Salisburgo nel ruolo di Eboli, in un nuovo allestimento del Don Carlo diretto da Antonio Pappano, La Gioconda all’Opera di Roma, concerti del Requiem di Dvořák con l’Orchestre de Paris diretta da James Conlon e Aida con la Berlin Staatsoper.
Leonardo Cortellazzi (tenore)
Nato a Mantova, si è laureato in Economia e Commercio e diplomato in canto sotto la guida di Lelio Capilupi al Conservatorio di Parma. Nel 2006 vince il Concorso internazionale Giuseppe Di Stefano per il ruolo di Ferrando in Così fan tutte di Mozart e debutta al Luglio Musicale Trapanese. Nel 2007 inizia il suo impegno con l’Accademia d’arti e mestieri del Teatro alla Scala, durante il quale partecipa, tra l’altro, al Concerto Pucciniano diretto da Riccardo Chailly e al Così fan tutte diretto da Ottavio Dantone. Nel 2008 interpreta il ruolo protagonista nel Don Giovanni di Pacini al Rossini Festival di Wilbad e torna al Teatro alla Scala per i Vesperae solemnes de confessore di Mozart diretti da Myung-Whum Chung. Attivo in campo concertistico, ha cantato il Requiem, la Messa dell’Incoronazione e la Missa Brevis KV 192 di Mozart, la Messa in do maggiore di Beethoven, la Cantata Erschallet, ihr Lieder di Bach, il Gloria RV 588 di Vivaldi e il Nisi Dominus di Händel. Nelle ultime stagioni ha interpretato Le convenienze ed inconvenienze teatrali di Donizetti e L’occasione fa il ladro di Rossini (Conte Alberto) al Teatro alla Scala, Lucia di Lammermoor (Arturo) a Sassari e al Teatro La Fenice di Venezia, Don Giovanni al Teatro La Fenice di Ve-
nezia e al Teatro Comunale di Bologna, Die Zauberflöte (Tamino) nei Teatri del Circuito Lirico lombardo, Risorgimento di Ferrero al Teatro Comunale di Bologna, Rigoletto (Borsa) nella produzione di Andrea Andermann trasmessa in mondovisione in diretta da Mantova, con Placido Domingo nel ruolo principale, Zubin Mehta alla direzione dell'Orchestra Sinfonica della Rai e Marco Bellocchio alla regia, Anna Bolena (Percy) all’Engadin Festival, Il ritorno di Ulisse in patria (Telemaco) al Teatro alla Scala, L’occasione fa il ladro di Rossini (Conte Alberto) a Reggio Emilia Modena e Treviso, Il cappello di paglia di Rota nei teatri del Circuito Lirico lombardo, Così fan tutte al Teatro La Fenice di Venezia e Le nozze di Figaro e Don Pasquale al Teatro alla Scala. Tra i prossimi impegni: I Pagliacci al Teatro Comunale di Bologna, Dido and Aeneas a Verona per la Fondazione Arena, il debutto in L’elisir d’amore a Massy e quello nell’Otello di Verdi (Cassio) ad Avignone.
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Nicolas Cavallier (basso)
Nato in Francia, dopo aver studiato alla Royal Academy of Music e al National Opera Studio a Londra, ha debuttato al Festival di Glyndebourne nel ruolo di Sarastro in Die Zauberflöte, cui è seguito quello di Don Fernando nel Fidelio per la Glyndebourne Touring Opera. Ha poi debuttato come Zuniga nella Carmen (Welsh National Opera), con la Scottish Opera come Jacopo Loredano ne I due Foscari (Festival Internazionale di Edinburgo e in tournée) e con Les Arts Florissants come Phorbas nell’Alcione di Marin Marais (Parigi, Amsterdam e Bologna). Nelle ultime tre stagioni si è esibito molto spesso in Francia e in Belgio. A Nancy ha interpretato Masetto e Leporello nel Don Giovanni, Flint in Billy Budd di Britten, Pythéas nella Sappho di Gounod; a Metz è stato Publius nella Clemenza di Tito, Don Alfonso in Così fan tutte, Leporello nel Don Giovanni, Rocco nel Fidelio, Selim nel Turco in Italia, Mefistofele nel Faust, Nick Shadow in The Rake’s Progress, Mustafà nell’Italiana in Algeri; a Montecarlo ha cantato Sir Walter Raleigh in Roberto Devereux di Donizetti, il Primo Becchino in Hamlet di Ambroise Thomas, il Ciambellano in Le Rossignol di Stravinskij e il Messaggero in Œdipus Rex, sempre di Stravinskij; ha interpretato ancora Leporello e poi Dulcamara nell’Elisir d’amore a Liegi, nonché Célé-
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nus nell’Atys di Lulli per Les Arts Florissants. È stato Farasmene nel Radamisto al Festival di Händel di Halle e a quello di Göttingen e ha interpretato vari ruoli nell’Alceste di Gluck al Concertgebouw di Amsterdam. Per il Théâtre de La Monnaie di Bruxelles è stato Claudio in Béatrice et Bénédict di Berlioz, Selim nel Turco in Italia e Johann nel Werther accanto ad Alfredo Kraus. Per l’Opéra Royal de Wallonie di Liegi ha cantato Don Profondo nel Viaggio a Reims, Escamillo nella Carmen, Figaro nelle Nozze di Figaro e il ruolo eponimo nel Don Giovanni, che ha interpretato anche a Tolone e più recentemente ad Avignone. È stato Colline nella Bohème a Bordeaux, il Sultano in Marouf, savetier du Caire di Henri Rabaud a Marsiglia e Don Pasquale nell’opera omonima all’Opéra-Comique. Ha interpretato il ruolo di Bellone in un nuovo allestimento di Les Indes galantes di Rameau firmato da Andrei Serban e diretto da William Christie all’Opéra Bastille. Il suo repertorio concertistico comprende la Messa in do maggiore di Beethoven, L’enfance du Christ di Berlioz, Jephta di Carissimi, La creazione di Haydn, i Vespri di Monteverdi, il Requiem di Mozart, l’oratorio A Child of our Time di Michael Tippett e la Messa di Requiem di Verdi. Ha cantato Plutone nell’Orfeo di Monteverdi con la Filarmonica di Rotterdam diretta da Marc Minkowski e ha interpretato opere di Rameau e Charpentier con i St James Singers and Baroque Players, diretti da Ivor Bolton, ai Proms alla Royal Albert Hall di Londra.
Bruno Casoni
Nato a Milano, dopo aver conseguito i diplomi di pianoforte, composizione, musica corale e direzione di Coro al Conservatorio “G. Verdi” della sua città, ha assunto l’incarico di direttore del Coro del Teatro Pierluigi da Palestrina di Cagliari e successivamente, dal 1983, di altro Maestro del Coro al Teatro alla Scala di Milano, incarico mantenuto fino al 1994. Sempre nel 1994 è diventato Direttore del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala. Dal 1979 al 2006 è stato docente di esercitazioni corali al Conservatorio di Milano. Nel 1984 ha fondato il Coro dei Pomeriggi Musicali di Milano, che ha diretto fino al 1992.
Parallelamente ha collaborato con numerose istituzioni e festival musicali italiani e stranieri, sia come Direttore di Coro sia dirigendo varie formazioni orchestrali. Nel 1994 è stato nominato Direttore del Coro del Teatro Regio di Torino, alla guida del quale ha ottenuto unanimi consensi di critica e di pubblico nel repertorio lirico, svolgendo con il complesso un intenso lavoro volto ad ampliare il repertorio concertistico e a intensificare la collaborazione con altre istituzioni musicali. Particolarmente significativo il rapporto consolidato con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Dal 2002 è Direttore del Coro del Teatro alla Scala di Milano. Nel luglio dello stesso anno ha iniziato la collaborazione con l’Associazione del Coro Filarmonico della Scala, del quale è Direttore Principale. Dal 2005 collabora stabilmente con il Coro di Radio France, con il quale ha realizzato importanti produzioni, tra le quali ricordiamo i Carmina Burana di Carl Orff registrati anche in DVD. Socio onorario degli Amici del Teatro Regio di Torino e degli Amici del Teatro alla Scala, nel contesto dei Premi Abbiati 2008 ha ricevuto dall’Associazione Nazionale Critici Musicali Italiani lo speciale Premio Gavazzeni per il complesso della sua attività musicale.
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Foto Chester Higgins
James Conlon Direttore Musicale della Los Angeles Opera, considerato fra i più eminenti direttori d’orchestra del nostro tempo, vanta un vasto repertorio sinfonico, operistico e corale nonché durevoli rapporti con le più prestigiose orchestre sinfoniche e i maggiori teatri d’opera del mondo. Fin dal suo debutto alla New York Philharmonic nel 1974, è apparso con quasi tutte le maggiori orchestre nordamericane ed europee, ed è stato Direttore Ospite al Metropolitan di New York per oltre trent’anni. Direttore Musicale dell’Opera di Los Angeles, del Ravinia Festival (sede estiva della Chicago Symphony Orchestra) e del Cincinnati May Festival (il più antico festival di musica corale negli Stati Uniti), è stato inoltre Direttore Principale all’Opéra National de Paris (1995-2004), Generalmusik-direktor a Colonia (1989-2002) e Direttore Musicale alla Filarmonica di Rotterdam (1983-91). Nella stagione 2009-10 prosegue alla Los Angeles Opera il suo primo ciclo del Ring wagneriano, iniziato nella stagione scorsa, con le due giornate finali Siegfried e Götterdämmerung e tre cicli integrali nel giugno 2010. Ha pure diretto L’elisir d’amore di Donizetti, mentre continua “Recovered Voices”, un suo progetto dedicato alla presentazione sulle scene della Los Angeles Opera di lavori dei compositori banditi dal regime nazista, con la prima statunitense di Die Gezeichneten di Schreker. Nella stagione 2009-10 torna a dirigere al Metropolitan La damnation de Faust di Berlioz e alla Scala Rigoletto di Verdi. I suoi impegni orchestrali includono esecuzioni con la Los Angeles Philharmonic, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, l’Orquesta Nacional de España e la Filarmonica Nazionale della Russia a Mosca, e una tournée europea con la Chamber Orchestra of Europe. Nell’estate del 2009 ha diretto la Chicago Symphony Orchestra in sei settimane di concerti al Ravinia Festival, e tre concerti al-
l’Aspen Festival of Music. Nell’intento di aumentare la conoscenza dei lavori di compositori le cui vite e opere vennero bandite dal regime nazista, si è dedicato a una estesa programmazione di tale musica in Nord America e in Europa. Sia al Ravinia Festival sia alla Los Angeles Opera, continua a programmare opere di questi compositori fra cui Alexander von Zemlinsky, Viktor Ullmann, Franz Schreker, Kurt Weill, Erich Wolfgang Korngold, Karl-Amadeus Hartmann, Erwin Schulhoff, Ernest Krˇenek. Vanta un ricca discografia e si è esibito parecchie volte in sede televisiva. Nel 2009 ha vinto due Grammy Awards (Best Classical Recording e Best Opera Album) per la produzione della Los Angeles Opera di Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny di Weill. Fra i recenti riconoscimenti: il Duskin Award del Music Institute of Chicago, la Medaglia della Liszt Society e il Premio Galileo 2000. Ha inoltre ricevuto il Crystal Globe Award dalla Anti-Defamation League (ADL) per la sua attività nel far conoscere le opere di compositori banditi dal Terzo Reich. È uno dei primi cinque artisti ad aver ricevuto l’Opera News Award; ha pure ottenuto tre lauree ad honorem: Doctor of Music Degree dalla Juilliard School di New York, Doctor of Arts dalla Chapman University e Doctor of Human Letters dalla Brandeis University. Ha ricevuto lo Zemlinsky Prize per aver portato alla attenzione internazionale la musica di questo compositore. Nel 1996 è stato nominato “Officier de l’Ordre des Art et des Lettres” dal Governo Francese (nel 2004 promosso “Commandeur”); nel 2002 è stato insignito della Légion d’Honneur, la più alta onorificenza francese, dalle mani del Presidente della Repubblica, Jacques Chirac. Alla Scala ha già diretto: nel 1992-93 Oberon di Weber, nel 1999-2000 Wozzeck di Berg, nel 2003-04 Gianni Schicchi di Puccini e Eine florentinische Tragödie di Zemlinsky, e, nel 200405, un concerto con la Filarmonica della Scala.
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Il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala.
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Foto Marco Brescia
CORPO DI BALLO DEL TEATRO ALLA SCALA
Maître principale Laura Contardi
Professeurs ospiti Jean Philippe Halnaut Piötr Nardelli Marco Pierin
Ispettore Filippo Russo
Maîtres e Professeurs Olga Chenchikova Lienz Chang
Maestri Collaboratori Fabio Ghidotti Alberto Nanetti Paolo Piazza Marcello Spaccarotella
Professeur Biagio Tambone
Primi ballerini étoile Svetlana Zakharova Roberto Bolle Massimo Murru Artisti ospiti Aurélie Dupont Natalia Osipova Hervé Moreau Ivan Vasiliev Primi ballerini Sabrina Brazzo Petra Conti Gilda Gelati Marta Romagna Alessandro Grillo Eris Nezha Antonino Sutera Mick Zeni
Ballerini solisti Antonella Albano Beatrice Carbone Sabina Galasso Deborah Gismondi Emanuela Montanari Francesca Podini Sophie Sarrote Gabriele Corrado Claudio Coviello Matthew Endicott Massimo Garon Maurizio Licitra Riccardo Massimi Corpo di ballo Lara Agnolotti Stefania Ballone Alessia Bandiera Raffaella Benaglia Catherine Beresford Chiara Borgia Brigida Bossoni Daniela Cavalleri Christelle Cennerelli Serena Colombi Sonia De Cillis Azzurra Esposito Lorella Ferraro Licia Ferrigato Chiara Fiandra Antonella Luongo
Patrizia Milani Lara Montanaro Alessia Passaro Jennifer Renaux Serena Sarnataro Luana Saullo Giulia Schembri Daniela Siegrist Adeline Souletie Monica Vaglietti Alessandra Vassallo Caroline Westcombe Corinna Zambon Giuseppina Zeverino Marco Agostino Giuseppe Conte Massimo Dalla Mora Christian Fagetti Federico Fresi Matteo Gavazzi Andreas Lochmann Daniele Lucchetti Marco Messina Salvo Perdichizzi Andrea Piermattei Andrea Pujatti Fabio Saglibene Luigi Saruggia Gianluca Schiavoni Massimiliano Volpini Andrea Volpintesta
Corpo di ballo aggiunti Sofia Caminiti Antonina Chapkina Stefano De Angelis Lusymay Di Stefano Denise Gazzo Marta Gerani Roberto Gonzales Sanchez Francesca Loi Valerio Lunadei Walter Madau Giulia Paganelli Sofia Rosolini Nicoletta Sansucci Marianna Suriano Virna Toppi Vittoria Valerio Giacomo Vitelli Mattia Vitelli
*Permanent guest
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Primo Maestro collaboratore: James Vaughan Maestri collaboratori: James Vaughan - Massimiliano Bullo - Massimo Guantini - Mzia Bakhtouridze Beatrice Benzi - Paolo Berrino - Nelson Calzi - Roberto Curbelo Maurizio Magni - Antonella Marotti - Ilaria Morotti - Marco Munari Bruno Nicoli - Ovidio Pratissoli - Renato Principe - Stefano Salvatori - Paolo Spadaro Maestri ai video libretti: Massimiliano Carraro - Roberto Perata - Stefano Colnaghi
ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA Violini primi Francesco Manara (di spalla) Francesco De Angelis (di spalla) Daniele Pascoletti (concertino) Eriko Tsuchihashi (concertino) Mariangela Freschi Alessandro Ferrari Zsuzanna Demetrovics Corine van Eikema Andrea Leporati Rodolfo Cibin Andrea Pecolo Gianluca Turconi Elena Faccani Fulvio Liviabella Gianluca Scandola Dino Sossai Duccio Beluffi Alois Hubner Agnese Ferraro Kaori Ogasawara Enkeleida Sheshaj
Violini secondi Pierangelo Negri* Giorgio Di Crosta* Anna Longiave Anna Salvatori Emanuela Abriani Paola Lutzemberger Ludmilla Laftchieva Silvia Guarino Gabriele Porfidio Stefano Dallera Roberto Nigro Elisa Citterio Damiano Cottalasso Evguenia Staneva Alexia Tiberghien Stefano Lo Re Antonio Mastalli Francesco Tagliavini Roberta Miseferi Estela Sheshi
*Prime parti
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Viole Danilo Rossi* Simonide Braconi* Adelheid Dalvai Emanuele Rossi Marco Giubileo Zoran Vuckovic Giuseppe Nastasi Luciano Sangalli Giorgio Baiocco Maddalena Calderoni Francesco Lattuada Carlo Barato Joel Imperial Giuseppe Russo Rossi Matteo Amadasi
Violoncelli Sandro Laffranchini* Massimo Polidori* Alfredo Persichilli* Jakob Ludwig* Martina Lopez* Clare Ibbott Marcello Sirotti Alice Cappagli Gabriele Zanardi Simone Groppo Massimiliano Tisserant Cosma Beatrice Pomarico Tatiana Patella Gabriele Garofano
Contrabbassi Giuseppe Ettorre* Francesco Siragusa* Claudio Pinferetti Claudio Cappella Demetrio Costantino Emanuele Pedrani Alessandro Serra Attilio Corradini Gaetano Siragusa Roberto Benatti Omar Lonati Roberto Parretti
Flauti Marco Zoni* Giovanni Paciello (ottavino);
Oboi Fabien Thouand* Renato Duca (corno inglese) Augusto Mianiti Gianni Viero;
Clarinetti Mauro Ferrando* Fabrizio Meloni* Denis Zanchetta Christian Chiodi Latini Stefano Cardo;
Trombe Francesco Tamiati* Mauro Edantippe Gianni Dallaturca Nicola Martelli
Tromboni Daniele Morandini* Riccardo Bernasconi Renato Filisetti Giuseppe Grandi Basso tuba Brian Earl
Arpe Luisa Prandina* Olga Mazzia*
Fagotti Gabriele Screpis* Timpani Valentino Zucchiatti* Nando Russo* Nicola Meneghetti Maurizio Orsini Marion Reinhard (controfagotto) Percussioni Gianni Massimo Arfacchia Giuseppe Cacciola Corni Danilo Stagni* Organo Roberto Miele Lorenzo Bonoldi Stefano Alessandri Claudio Martini Ispettore dell’Orchestra Stefano Curci Vittorio Sisto Piero Mangano Addetti all’Orchestra Eugenio Salvi Werther Martinelli Edmondo Valerio
CORO DEL TEATRO ALLA SCALA Direttore: Bruno Casoni Altro maestro: Alberto Malazzi
Soprani primi Gabriella Barone Lucia Ellis Bertini Chiara Butté Alessandra Cesareo Margherita Chiminelli Silvia Chiminelli Tiziana Cisternino Valentina De Vecchi Maria Gabriella Ferroni Rossella Lampo Barbara Rita Lavarian Silvia Mapelli C. Lourdes Martinez Roberta Salvati Cristina Sfondrini Mila Vilotijevic Rossella Locatelli Soprani secondi Nina Inge Almark Emilia Bertoncello Maria Blasi Rossana Calabrese Inga Djoeva Nadia Engheben Annarita Fratangeli Sara Garau Elisabeth Ann Kilby Ornella Malavasi Alla Utyanova
Mezzosoprani Enza Callari Giovanna Caravaggio Marzia Castellini Anna Maria Di Micco Stefania Giannì Gabriella Manzan Valeria Matacchini Kjersti Odegaard Irma Verzeri Agnese Vitali Contralti Francesca Benassi Lucia Bini Claudia Bocca Perla Viviana Cigolini Annalisa Forlani Daniela Gioia Marina Maffei Jivka Markova Patrizia Molina Amor Lilia Perez Lopez Giovanna Pinardi Olga Semenova Claudia Vignati
Maestri collaboratori: Marco De Gaspari Salvo Sgrò
Tenori primi Luigi Albani Luciano Buono Danilo Caforio Gualtiero Carrara Lorenzo Decaro Massimiliano Difino Luca Di Gioia Stuart James Gardner Felix Gemio Fernandez Renis Hika Jae Ho Jang Antonio Murgo Angelo Scardina Young Hun Shin Giorgio Giuseppe Tiboni Giuseppe Veneziano Tenori secondi Giuseppe Bellanca Giovanni Carpani Oreste Cosimo Andrzej Glowienka Massimiliano Italiani Gilberto Maffezzoni Giovanni Manfrin Alessandro Moretti Paolo Sala Silvio Scarpolini Andrea Semeraro Mauro Venturini Ramtin Ghazavi
Baritoni Guillermo Esteban Bussolini Corrado Cappitta Bruno Gaudenzi Devis Longo Pier Luigi Malinconico Alberto Milesi Alberto Paccagnini Massimo Pagano Andrea Panaccione Robert Porter Lorenzo B. Tedone Giorgio Valerio Bassi Vincenzo Alaimo Luciano G. Andreoli Venelin Arabov Davide Baronchelli Giuseppe Cattaneo Lorenzo Cescotti Sandro Chiri Gerard Colombo Emidio Guidotti Mauro Peconi Alberto M. Rota Gianfranco Valentini Ispettore del Coro Fernando Bairati
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Makhar Vaziev
Foto Marco Brescia
Nato nel 1961, ad Alagir, nell’Ossezia Settentrionale, sulle montagne del Caucaso, al confine russo con la Georgia (nome originale Makharbeq, secondo un’antica indicazione nobiliare osseta), è entrato all’Accademia “Agrippina Vaganova” dell’odierna San Pietroburgo nel 1973, nella classe di Jurij Umrikin, e si è diplomato nel 1981. Già a partire dal 1979 ha cominciato a danzare a San Pietroburgo con il Balletto del Kirov, in cui è stato ufficialmente ingaggiato nel 1981, dopo il diploma. Nel 1986 è stato nominato Primo Ballerino e, nel 1989, Principal Dancer. Il suo repertorio include oltre venti balletti, tra i quali La Sylphide (James), Giselle (Albrecht), Il corsaro (Alì), La bayadère (Solor), Il lago dei cigni (Siegfried), La Bella addormentata (Désiré), Lo schiaccianoci (Principe), Raymonda (Abderachman), Don Chisciotte (Basilio), Chopiniana (Poeta), Shéhérazade (Schiavo d’oro), Carmen (Don José). Dall’aprile 1995 al marzo 2008 ha diretto il Balletto del Kirov. In questi tredici anni il repertorio della compagnia, considerata “la casa di Marius Petipa”, si è considerevolmente ampliato sino a includere lavori contemporanei. Sono stati allestiti balletti dei maggiori coreografi del XXI secolo: George Balanchine (Il figliuol prodigo, Apollo, Tema e Variazioni, Jewels, I quattro temperamenti, Serenade, La valse), Hans van Manen, John Neumeier, William Forsythe, Haral Lander (Études) e Kenneth MacMillan, oltre a coreografie di Pierre Lacotte (Ondine) e David Dawson (Reverence). Inoltre sono stati ricostruiti alcuni balletti di Marius Petipa, sulla base degli originali in notazione Stepanov conservati presso la Sergeev Collection di Harvard, negli Stati Uniti: ricostruzioni affidate alle cure del coreologo Sergej Vikharev: La Bella addormentata (1999), La bayadère (2002) secondo la versione allestita da Petipa nel 1900, e Il risveglio di Flora (2007). Grande impulso ai coreografi dell’ultima generazione, tra i quali Aleksej Ratmanskij, Aleksej Mirošnicˇenko e Kirill Simonov: hanno così debuttato al Mariinskij: Cenerentola di Ratmanskij, Lo schiaccianoci (produzione di Michail Šemjakin, coreografia di Simonov), La noce magica (ancora produzione di Šemjakin e coreografia di Donvena Pandourskij) oltre a Il cappotto (da Gogol’) e L’età dell’oro, entrambi nella coreografia di Noah D. Gelber. Ma sono da ricordare anche Les noces (Bronislava Nijinska), La sagra della primavera nella versione di Millicent Hodson e Kenneth Archer, dall’originale di Vaslav Nijinskij, e il trittico Metaphysics. La mite. La sagra della primavera con coreografie della Pandourskij. Dal 1995 al 2008 il Balletto del Kirov si è esibito al Covent Garden e al Coliseum Theatre di Londra, al Lincoln Center di New York, al Kennedy Center di Washington, al Teatro Colón di Buenos Aires, al Teatro Real di Madrid e in vari teatri di Tokyo e Hong Kong, oltre che al Bol’šoj di Mosca e in diversi teatri italiani. Nel 2001 è nata l’idea del Festival Internazionale del Balletto del Teatro Mariinskij che da allora coinvolge i migliori danzatori del mondo. Ma è soprattutto importante la nuova generazione di ballerini emersa in questi tredici anni: Ul’jana Lopatkina, Diana Višnëva, Dar’ja Pavlenko, Viktoria Terëškina, Olesja Novikova, Evgenija Obratsova, Alina Somova, Igor’ Kolb, Andrian Fadeev, Leonid Sarafanov, Vladimir Škljarov. Nominato Artista Emerito della Russia nel 2002, è stato insignito del Premio “Spirit of Dance 2002” nella categoria “Knight of Dance”.
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I ballerini del Teatro alla Scala
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Prima ballerina étoile
Svetlana Zakharova Nata a Lutsk, in Ucraina, ha iniziato a studiare danza, soprattutto folkloristica, in una scuola locale; a dieci anni è stata ammessa alla Scuola coreografica di Kiev, dove ha seguito gli insegnamenti di Valeria Sulegina. Nel 1995 ha partecipato al Concorso Internazionale per Giovani Ballerini di San Pietroburgo, ottenendo il secondo premio. In seguito ha continuato la sua formazione all’Accademia Vaganova di San Pietroburgo, dove, invece di essere ammessa al secondo corso, è subito entrata al terzo, nella classe del diploma (diretta da Elena Evseeva, ballerina emerita del Kirov). Ancora studentessa, ha interpretato il Regno delle Ombre in La bayadère, Maša in Lo schiaccianoci, la Regina delle Driadi in Don Chisciotte e La morte del cigno sul palcoscenico del Teatro Mariinskij. Nel giugno 1996 si è diplomata danzando il Čajkovskij pas de deux di Balanchine ed è subito entrata a far parte del Balletto del Teatro Mariinskij-Kirov; un anno dopo è stata nominata prima ballerina. Il suo vasto repertorio al Kirov, costruito sotto la guida di Olga Moiseeva, includeva i ruoli protagonisti in Giselle, La Bella Addormentata, Il lago dei cigni, La bayadère, Les Sylphides, La fontana di Bakhchisaraj (nella versione di Rostislav Zacharov), Shéhérazade e Romeo e Giulietta (nelle versioni di Leonid Lavrovskij), L’histoire de Manon (Kenneth MacMillan), Études (Harald Lander). Tra i balletti di George Balanchine di cui è protagonista abituale: Apollon musagète (nel ruolo di Tersicore), Serenade, Čajkovskij pas de deux, Symphony in C e Jewels. Tra le creazioni di cui è stata protagonista: Poème de l’extase di Alexej Ratmanskij, Now and Then di John Neumeier, Young Lady and the Hooligan di Konstantin Bojarskij. Con il Balletto del Teatro Mariinskij-Kirov ha preso parte a varie tournée e a partire dal 1999 è stata invitata come guest artist dalle maggiori compagnie di balletto del mondo, quali il NewYork City Ballet, l’American Ballet Theatre, il Balletto dell’Opéra di Parigi, il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, l’English National Ballet, il New National Theatre Ballet di Tokyo. Nel 2004 ha debuttato accanto a Roberto Bolle al Teatro San Carlo di Napoli nell’allestimento di La bayadère di Derek Deane (nel ruolo di Nikija). Dall’ottobre 2003 ha iniziato a danzare come étoile con il Balletto del Bol’šoj di Mosca, dove prepara i suoi ruoli con Ljudmila Semenjaka. Il suo repertorio al Bol’šoj comprende: Giselle nella versione di Vladimir Vasiliev, La fille du pharaon nella ricostruzione coreografica di Pierre Lacotte (poi ripresa in DVD), Sogno di una notte di mezza estate di John Neumeier (sia nel ruolo di Ippolita sia in quello di Titania), Raymonda (Jurij Grigorovič), Carmen Suite (Alberto Alonso), Le corsaire nella versione di Alexei Ratmansky e Jurij Burlaka da Petipa, Spartacus (Grigorovič), Paquita (Burlaka), Don Chisciotte (Fadeečev). Il 9 aprile 2009 Francesco Ventriglia ha creato per lei lo spettacolo Zakharova Super Game, su musica di Emiliano Palmieri. Ha ottenuto numerosi premi: il “Golden Sophit” di San Pietroburgo nel 1998; due volte la “Zolotaja Maska” (Maschera d’Oro), il più importante premio teatrale russo, per Serenade di Balanchine (1999) e per La Bella Addormentata nella versione di Vikharev (2000); “Ljudi našego goroda” (Gente della nostra città”), premio speciale della città di San Pietroburgo nella categoria balletto (2001); il premio “Danza&Danza”, attribuito dall’omonima rivista italiana (2002); il Benois de la danse per Sogno di una notte di mezza estate (2005). Il 6 giugno 2005 è stata nominata Artista Emerita della Russia. Ha esordito al Teatro alla Scala come prima ballerina étoile, con Il lago dei cigni che ha inaugurato la stagione di balletto 2007-2008.
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Primo ballerino étoile
Roberto Bolle Formatosi alla Scuola del Teatro alla Scala di Milano, di cui è étoile dal 2004, ha danzato in tutti i maggiori teatri del mondo e con le compagnie più prestigiose, tra le quali: l’American Ballet Theatre, il Balletto dell’Opéra di Parigi, il Balletto del Bol’šoj e del Mariinskij-Kirov, il Royal Ballet. Il 1° giugno 2002 si è esibito al Golden Jubilee della Regina Elisabetta, a Buckingham Palace. L’evento è stato trasmesso in Mondovisione dalla BBC. Il 1° aprile 2004 ha danzato al cospetto di Sua Santità Giovanni Paolo II sul sagrato di Piazza San Pietro, a Roma, per la giornata della Gioventù. Nel febbraio 2006 ha preso parte alla cerimonia di apertura, trasmessa in Mondovisione, dei Giochi Olimpici Invernali di Torino. Dopo il successo di pubblico e critica riscosso al suo esordio al Met di New York nel 2007, dove ha danzato con Alessandra Ferri per l’addio alle scene della étoile, è entrato a far parte dell’American Ballet Theatre in qualità di Principal Dancer – titolo mai finora assegnato ad un danzatore uomo italiano – a partire dalla stagione 2009. Nominato nel 2009 “Young Global Leader” dal World Economic Forum di Davos, dal 1999 è “Ambasciatore di buona volontà” per l’UNICEF, organizzazione per la quale partecipa a una serie numerosa e significativa di iniziative. Nel 2012 è stato insignito del prestigioso titolo di “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana” conferitogli dal Preseidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in virtù dei meriti acquisiti verso il Paese in campo culturale.
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Primo ballerino étoile
Massimo Murru Inizia a studiare danza alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diplomandosi nel 1990. Nello stesso anno entra a far parte del Corpo di Ballo. Viene promosso Primo Ballerino nel 1994 dopo la sua prima recita come interprete principale in L’histoire de Manon di Kenneth MacMillan. Da allora ha interpretato i principali ruoli del repertorio classico: Lo schiaccianoci (Nureyev, Poliakov, Hynd), Il lago dei cigni, La Bella addormentata e Cenerentola di Rudolf Nureyev, Giselle (Bart, Ruanne, Guillem, Ek), La sylphide di Peter Schaufuss, La bayadère di Natalia Makarova, Études di Harold Lander, Romeo e Giulietta di Kenneth MacMillan. Protagonista, inoltre, di La vedova allegra di Ronald Hynd con Carla Fracci e Susan Jaffe, Il rosso e il nero di Uwe Scholtz, La bisbetica domata di John Cranko, Winter Dream di Kenneth MacMillan, Marguerite et Armand, A Mounth in the Country, Ondine di Frederick Ashton, Agon, Apollo, I quattro temperamenti, Sogno di una notte di mezza estate di George Balanchine. Diventa uno degli interpreti preferiti di Roland Petit che gli affida numerosi titoli del suo repertorio: Carmen, Il pipistrello con Alessandra Ferri, Proust, Notre Dame de Paris che lo porta a danzare, prima étoile italiana ospite, all’Opéra di Parigi. Per lui Petit firma numerose creazioni: Chéri con Carla Fracci, ripreso poi con Dominique Khalfouni e Altinai Assylmouratova, Boléro su musica di Ravel, Le lac de cygnes et ses maléfices e l’assolo Les feuilles mortes. Mats Ek gli affida il ruolo di Albrecht in Giselle e, per il debutto della sua Carmen nel repertorio del Royal Ballet, quello di Don José con Sylvie Guillem al Covent Garden di Londra. Al Teatro alla Scala è protagonista di Daphnis et Chloe di John Neumeier e della creazione Quartetto di William Forsythe. Oltre alla Scala e ai maggiori teatri italiani, Buenos Aires, Sidney, Melbourne, New York, Los Angeles, Londra, Berlino, Parigi, Città del Messico sono le principali città che lo hanno visto protagonista sulle scene. È artista particolarmente apprezzato dal pubblico giapponese che ha avuto modo di applaudirlo in numerose edizioni del World Ballet Festival e in produzioni a fianco di Alessandra Ferri e Sylvie Guillem. Nel dicembre 2003 è nominato étoile del Teatro alla Scala. Nel marzo 2004 è invitato, nell’ambito del quarto Festival Internazionale di Balletto a danzare La Bella addormentata al Teatro Kirov di San Pietroburgo accanto a Diana Vishneva.
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Primi ballerini
Petra Conti
Alessandro Grillo
Eris Nezha
Gilda Gelati
Marta Romagna
Antonino Sutera
Mick Zeni
Foto Marco Brescia
Sabrina Brazzo
141
Foto Marco Brescia
Ballerini solisti
Beatrice Carbone
Sabina Galasso
Deborah Gismondi
Emanuela Montanari
Francesca Podini
Foto Marco Brescia
Antonella Albano
Sophie Sarrote
142
Foto Marco Brescia
Foto Brescia Amisano
Ballerini solisti
Gabriele Corrado
Claudio Coviello
Matthew Endicott
Massimo Garon
Maurizio Licitra
Riccardo Massimi
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Corpo di Ballo
Raffaella Benaglia
Chiara Borgia
Brigida Bossoni
Daniela Cavalleri
Serena Colombi
Sonia De Cillis
Azzurra Esposito
Catherine Beresford
Foto Marco Brescia
Foto Marco Brescia
Stefania Ballone
Foto Andrea Tamoni
Alessia Bandiera
Lara Agnolotti
Christelle Cennerelli
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Corpo di Ballo
Licia Ferrigato
Chiara Fiandra
Antonella Luongo
Patrizia Milani
Lara Montanaro
Alessia Passaro
Jennifer Renaux
Luana Saullo
Giulia Schembri
Serena Sarnataro
Foto Marco Brescia
Foto Marco Brescia
Lorella Ferraro
145
Foto Marco Brescia
Corpo di Ballo
Adeline Souletie
Monica Vaglietti
Alessandra Vassallo
Caroline Westcombe
Corinna Zambon
Giuseppina Zeverino
Marco Agostino
Giuseppe Conte
Massimo Dalla Mora
Christian Fagetti
Foto Marco Brescia
Foto Marco Brescia
Foto Marco Brescia
Daniela Siegrist
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Federico Fresi
Foto Brescia Amisano
Foto Marco Brescia
Foto Brescia Amisano
Foto Brescia Amisano
Corpo di Ballo
Andreas Lochmann
Daniele Lucchetti
Marco Messina
Salvatore Perdichizzi
Andrea Piermattei
Andrea Pujatti
Fabio Saglibene
Luigi Saruggia
Gianluca Schiavoni
Massimiliano Volpini
Andrea Volpintesta
Foto Marco Brescia
Matteo Gavazzi
Servizio fotografico di Graziella Vigo
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Fondazione di diritto privato
SOVRINTENDENZA
DIREZIONE GENERALE
Sovrintendente StĂŠphane Lissner Responsabile Relazioni Esterne e Assistente del Sovrintendente Donatella Brunazzi Responsabile Ufficio Stampa Carlo Maria Cella Responsabile Controllo di Gestione Enzo Andrea Bignotti
Direttore Generale Maria Di Freda Responsabile Servizio Rapporti Istituzionali Dino Belletti Coordinatore Segreteria e Staff Andrea Vitalini Responsabile Ufficio Promozione Culturale Carlo Torresani Responsabile Segreteria Organi e Legale Germana De Luca Responsabile Provveditorato Antonio Cunsolo Direzione Tecnica Direttore Tecnico Marco Morelli Responsabile Manutenzione Immobili e Impianti Persio Pini Responsabile Prevenzione Igiene Sicurezza Giuseppe Formentini Direzione del Personale Direttore del Personale Marco Aldo Amoruso Responsabile Amministrazione del Personale e Costo del Lavoro Alex Zambianchi Responsabile Servizio Sviluppo Organizzativo Rino Casazza Responsabile Servizio Tecnologie dell’Informazione Massimo Succi Responsabile Ufficio Assunzioni e Gestione del Personale Marco Migliavacca Responsabile Ufficio Lavoro Autonomo Giusy Tonani
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Direzione Marketing e Fund Raising Direttore Marketing e Fund Raising Cristina Paciello Responsabile Ufficio Marketing Francesca Agus Responsabile Biglietteria Annalisa Severgnini Responsabile di Sala Achille Gozzi Direzione Amministrazione e Finanza Direttore Amministrazione e Finanza Claudio Migliorini Capo Contabile Sefora Curatolo Museo Teatrale alla Scala Direttore Museo Teatrale alla Scala Renato Garavaglia
DIREZIONE MUSICALE
DIREZIONE ALLESTIMENTO SCENICO
Direttore Musicale Daniel Barenboim
Direttore Allestimento Scenico Franco Malgrande Assistente Direttore Allestimento Scenico Elio Brescia Responsabile Reparto Macchinisti Cosimo Prudentino Responsabile Realizzazione Luci Marco Filibeck Realizzatori Luci Vincenzo Crippa Andrea Giretti Responsabile Reparto Elettricisti Roberto Parolo Responsabile Cabina Luci Antonio Mastrandrea Responsabile Audiovisivi Nicola Urru Responsabile Reparto Attrezzisti Luciano Di Nicuolo Responsabile Reparto Meccanici Castrenze Mangiapane Responsabile Parrucchieri e Truccatori Francesco Restelli Responsabile Calzoleria Alfio Pappalardo
DIREZIONE ARTISTICA Direttore Artistico St茅phane Lissner Coordinatore Artistico Gast贸n Fournier-Facio Responsabile Servizi Musicali Andrea Amarante Responsabile Controllo di Gestione Artistica Manuela Cattaneo Responsabile Compagnie di Canto Ilias Tzempetonidis Direttore Editoriale Franco Pulcini Responsabile Archivio Musicale Cesare Freddi Regista Collaboratore Lorenza Cantini Direzione Ballo Direttore del Corpo di Ballo Makhar Vaziev Coordinatore del Corpo di Ballo Marco Berrichillo
Capi Scenografi Realizzatori Stefania Cavallin Angelo Lodi Luisa Guerra Capo Scenografo Realizzatore Scultore Venanzio Alberti Scenografi Realizzatori Claudia Bona Emanuela Finardi Verena Redin Flavio Erbetta Claudio Spinelli Barrile Scenografo Realizzatore Scultore Silvia Rosellina Cerioli Responsabile Reparto Costruzioni Roberto De Rota Responsabile Reparto Sartoria Cinzia Rosselli Responsabile Sartoria Vestizione Filomena Graus
Direzione Organizzazione della Produzione Direttore Organizzazione della Produzione Andrea Valioni Assistente Direttore Organizzazione della Produzione Maria De Rosa Responsabile Direzione di Scena Luca Bonini Direttori di Scena Silvia Fava Andrea Boi
149
EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA DIRETTORE EDITORIALE
Franco Pulcini
Ufficio Edizioni del Teatro alla Scala A CURA DI
Marinella Guatterini Consulente scientifico e ricerca iconografica per i programmi di balletto REDAZIONE
Anna Paniale Giancarlo Di Marco PROGETTO GRAFICO
Emilio Fioravanti G&R Associati
Le immagini degli spettacoli scaligeri provengono dall’Archivio Fotografico del Teatro alla Scala Realizzazione e catalogazione immagini digitali: “Progetto D.A.M.” per la gestione digitale degli archivi del Teatro alla Scala Si ringrazia per la collaborazione il Museo Teatrale alla Scala Il Teatro alla Scala è disponibile a regolare eventuali diritti di riproduzione per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte Pubblicità: A.P. srl - Str. Rigolino, 1 bis 10024 Moncalieri (TO) - Tel. 011/6615469 Finito di stampare nel mese di dicembre 2012 presso Pinelli Printing srl © Copyright 2012, Teatro alla Scala
Prezzo del volume € 10,00 (IVA inclusa)
Il Teatro alla Scala ringrazia
Per il Progetto Speciale “Grandi Artisti alla Scala”
STAGIONE 2012 - 2013
Sarà una stagione irripetibile. Grazie a chi l’ha resa possibile.
Il Teatro alla Scala ringrazia i propri Partner e Fornitori Ufficiali
Exclusive timepiece
STAGIONE 2012 - 2013
Stagione di Balletto 2012 ~ 2013 16*, 19, 28, 29, 30 dicembre 2012 2, 3, 4, 5, 8 gennaio 2013
Roméo et Juliette
Libretto di Emilie Deschamps da William Shakespeare
Coreografia
Sasha Waltz Musica
La stagione 2012-2013 del Teatro alla Scala è realizzata in collaborazione con
Hector Berlioz Direttore
James Conlon Scene
Pia Maier Schriever, Thomas Schenk e Sasha Waltz Costumi
Bernd Skodzig Luci
David Finn
Ekaterina Semenchuk, mezzosoprano Leonardo Cortellazzi, tenore Nicolas Cavallier, basso Coro del Teatro alla Scala Maestro del Coro, Bruno Casoni Artisti ospiti Aurélie Dupont (19, 28, 29 dic.) Hervé Moreau (19, 28, 29 dic.)
Nuova produzione Teatro alla Scala In coproduzione con Deutsche Oper Berlin In collaborazione con Opéra National de Paris * Anteprima dedicata ai Giovani Con il sostegno di
Stagione di Balletto 2012 ~ 2013
10, 14, 16, 19, 21, 23 febbraio 1 (2 rappr.), 5 marzo 2013
26, 27, 28, 30 (2 rappr.) aprile 3, 4 maggio 2013
Coreografia e libretto
Jean Coralli - Jules Perrot
Notre-Dame de Paris Roland Petit
Supervisione coreografica Luigi Bonino Musica
Maurice Jarre
Giselle Coreografia
Ripresa coreografica di Yvette Chauviré
Musica
Adolphe Adam Direttore
Direttore
Alessandro Ferrari
René Allio
rielaborati da Angelo Sala e Cinzia Rosselli
Paul Connelly Scene
Costumi
Yves Saint-Laurent Luci
Jean-Michel Désiré
Étoiles Roberto Bolle (10, 14, 16 feb.) Massimo Murru (19, 21 feb.)
Artisti ospiti Natalia Osipova (10, 14, 16 feb.) Ivan Vasiliev (1s, 5 mar.)
Produzione Teatro Bol’šoj, Mosca
Scene e costumi
Aleksandr Benois
Étoiles Svetlana Zakharova (26, 28, 30s apr.) Roberto Bolle (26, 28, 30s apr.)
Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala Produzione Teatro alla Scala
17, 18, 23, 24 luglio 14, 15, 17, 18 ottobre 2013
Il lago dei cigni Coreografia e regia
Rudolf Nureyev
da Marius Petipa e Lev Ivanov
Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij Musica
Direttore
Paul Connelly Scene
Ezio Frigerio Costumi
Franca Squarciapino
Artista ospite Natalia Osipova (17, 18, 23 lug.) Produzione Teatro alla Scala
Stagione artistica 2012- 2013
Il Progetto di Rinnovamento del Repertorio di Allestimenti d’Opera e Balletto in funzione degli impegni per l’Anno Verdiano e Wagneriano e dell’Expo 2015 è stato sostenuto da
Stagione di Balletto 2012 ~ 2013
6, 7, 9, 10, 11, 12, 13 settembre 2013
7, 8 (2 rappr.), 9, 10, 12, 13, 15 novembre 2013
Regia e coreografia
Kenneth MacMillan
L’altra metà del cielo Martha Clarke
Musica e drammaturgia
Vasco Rossi Orchestrazione
Celso Valli Scene
Robert Israel Costumi
Nanà Cecchi Luci
Christopher Akerlind e Marco Filibeck Assistente alla drammaturgia
Stefano Salvati
musica su base registrata
Produzione Teatro alla Scala
L’histoire de Manon Coreografia Musica
Jules Massenet
arrangiate e riorchestrate da Leighton Lucas
Direttore
David Coleman Scene e costumi
Nicholas Georgiadis
Étoiles Svetlana Zakharova (7, 9, 12) Roberto Bolle (7, 9, 12) Artista ospite Natalia Osipova (8s, 10)
Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala Produzione Teatro alla Scala
coccinelle.com
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Il Teatro alla Scala ringrazia per la collaborazione alle iniziative specifiche gli SPONSOR TECNICI ATM COCCINELLE COLLATERAL FILMS MEETING PROJECT LEDIBERG RCS DIRECT ROBERT BOSCH S.P.A. Il Teatro alla Scala ringrazia per la collaborazione al progetto tecnologico DAM gli SPONSOR TECNICI FONDAZIONE MILANO PER LA SCALA ROBERT BOSCH S.P.A. FASTWEB ORACLE ITALIA
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Con la riapertura della sala del Piermarini, anche il Museo Teatrale è ritornato nella sua sede storica di Piazza Scala. Curato da Pier Luigi Pizzi, il nuovo percorso espositivo interpreta l’emozione del Museo come venne creato nel 1913, e la volontà di far rivivere il respiro originario di un’epoca indimenticabile. Il Museo Teatrale alla Scala, oltre ad essere un luogo d’incontro per il grande pubblico, vuole anche continuare ad essere un punto di riferimento per gli studiosi, per gli appassionati della lirica e per l’educazione musicale delle nuove generazioni attraverso l’attività dei laboratori didattici. Un Museo dedicato alla vita del Teatro nel tempo attraverso un’ampia collezione di ritratti, cimeli, busti, documenti, locandine dedicati ai grandi personaggi della lirica, da Giuseppe Verdi ad Arturo Toscanini e Victor De Sabata. Le sale che ospitano le collezioni sono rivestite con stoffe dai colori preziosi per ricreare l’atmosfera di un secolo di vita del Museo. Le visite al Museo offrono, inoltre, la possibilità di ammirare la sala del Teatro riaperta dopo il restauro. La Biblioteca Livia Simoni è tornata nella sua sede storica, all’interno del Museo. Questo permette a un grande numero di studiosi e di studenti di poter consultare i 150.000 volumi, le stampe e i documenti sulla storia del teatro e della musica dal 1500 ai nostri giorni.
Partner Istituzionale
YOKO NAGAE CESCHINA Mecenate del Museo Teatrale alla Scala
Museo Teatrale alla Scala Biblioteca Livia Simoni Largo Ghiringhelli, 1 20121 Milano www.teatroallascala.org Orari Tutti i giorni tranne • 7 dicembre • 24 dicembre pomeriggio • 25 dicembre • 26 dicembre • 31 dicembre pomeriggio • 1° gennaio • Domenica di Pasqua • 1° maggio • 15 agosto Dalle 9.00 alle 12.30 (ultimo ingresso alle 12.00) e dalle 13.30 alle 17.30 (ultimo ingresso alle 17.00)
Consultazione Biblioteca Livia Simoni su prenotazione tel. 0288792088
Come arrivare MM linea 1 fermata San Babila, Duomo, Cordusio. MM linea 3 fermata Montenapoleone, Duomo Autobus linea 61 Tram 1, 2 Prezzi Biglietto intero Biglietto ridotto Biglietto scuole
Informazioni Tel. 02.88797473
€ 6,00 € 4,00 € 2,50
Servizio visite guidate Civita Servizi. Tel: 02 43353521 (prenotazione obbligatoria per le scolaresche)
Centro guide. Tel: 02 86450433 La sala del Teatro è visibile da un palco, solo qualora non siano in corso prove o spettacoli.
Visite guidate al Teatro Per informazioni e prenotazioni rivolgersi a Francine Garino via email garino@fondazionelascala.it o via fax allo 02.88792090 Catalogo del Museo (italiano - francese, inglese - spagnolo, giapponese - tedesco) in vendita a € 15,00
PER VIVERE DA VICINO UNA GRANDE TRADIZIONE La Fondazione Milano per la Scala nasce nel 1991 con lo scopo esclusivo di sostenere il Teatro alla Scala, attraverso i contributi di coloro che ne amano il patrimonio culturale ed artistico e desiderano vivere più intensamente la sua grande tradizione. È la prima istituzione sorta a supporto di un teatro lirico in Italia.
Presidente Giuseppe Faina
Vice Presidente Hélène de Prittwitz Zaleski
Consiglieri Lodovico Barassi, Francesca Colombo, Jean-Sébastien Decaux, Margot de Mazzeri, Bruno Ermolli, Gioia Falck Marchi, Alfredo Gysi, Marino Golinelli, Stéphane Lissner, Marco Margheri, Paolo Martelli, Francesco Micheli, Federico Radice Fossati, Franca Sozzani, Fiorenzo Tagliabue, Diego Visconti, Paolo M. Zambelli
Presidente d’Onore: Ottorino Beltrami
Per informazioni e per adesioni
Milano per la Scala Via Clerici, 5 20121 Milano Tel. 02.7202.1647 Fax. 02.7202.1662 E-mail. miscala@milanoperlascala.it www.milanoperlascala.it
Milano per la Scala ringrazia tutti i Sostenitori che hanno generosamente contribuito alla speciale raccolta fondi del nostro
Albo d’Oro del Ventennale Grazie di cuore.
NICE BARBERIS FIGARI BENIAMINO BELLUZ LUCIANO BERTI CARLA BOSSI COMELLI EDOARDO TEODORO BRIOSCHI ALFREDO CAMPANINI BONOMI LIVIO E MARIA LUISA CAMOZZI HELENE DE PRITTWITZ ZALESKI LORENZO ENRIQUES GIUSEPPE FAINA PAOLA FATTORINI RENZO FERRANTE MARINELLA FERRARI MARGOT FERRARI DE MAZZERI MARINO GOLINELLI LIA KERBAKER VINCENZO MAGRI MATTEO MAMBRETTI PAOLO MARTELLI FRANCESCO MICHELI RICCARDO OTTAVIANI ROSANNA PIROVANO VIERI POGGIALI FABRIZIO RIVOLTA GIORGIO ROSSI POLVARA ROSSANA SACCHI ZEI NATACHA SANCHEZ DE TAPIA LUIGI STAFFICO GIOVANNI VIVIANI GIOVANNI M. VOLONTE’
VITTORIA ASSICURAZIONI S.P.A.
Il 18 ottobre 2011 Milano per la Scala ha compiuto vent’anni. Vent’anni in cui con passione, energia, impegno e dedizione costanti, ha raccolto fondi per il Teatro alla Scala, sensibilizzando privati cittadini e aziende al mecenatismo culturale, così importante nel mondo dell’arte e della cultura. Nei vent’anni trascorsi la Fondazione ha donato al Teatro circa dieci milioni di euro, finanziando allestimenti, spettacoli e iniziative artistiche, eventi e mostre, pubblicazioni, progetti speciali, e molte altre attività tra le quali l’importantissimo versante formativo gestito dall’Accademia Teatro alla Scala di cui Milano per la Scala è “main sponsor”.
La raccolta fondi per l’Albo d’Oro del Ventennale prosegue per tutto il 2012: partecipa anche TU!
ringrazia
l’ALBO D’ORO 2012 Ada Barberis Fortina Maria Elina Barberis Mosca Nice Barberis Figari Maria Bonatti Mameli Carla Bossi Comelli Francesco Brioschi Giancarlo Colombo Giuseppe Deiure Hélène de Prittwitz Zaleski Giuseppe Faina Margot Ferrari de Mazzeri Marino Golinelli Beatrix Habermann Paolo Jucker Pompeo Locatelli Matteo Mambretti Francesco Micheli Riccardo Ottaviani Vieri Poggiali Patrizia Staffico Roberto Telò Diego Visconti Giovanni M. Volonté Paolo Maria Zambelli
Accenture S.p.A. Amici della Scala - Lugano Banca BSI S.A. Boehringer Ingelheim Italia S.p.A. Fondazione Schlesinger Mittel S.p.A. Natixis S.A. Pirelli Cultura S.p.A. Sipcam S.p.A. Studio Legale Zambelli-Luzzati-Meregalli UBI Banca Vittoria Assicurazioni S.p.A.
per il contributo speciale
AI PROGETTI DI FORMAZIONE DEI GIOVANI DELL’ACCADEMIA D’ARTI E MESTIERI DELLO SPETTACOLO TEATRO ALLA SCALA
per vivere una grande Tradizione
Mapei per l’arte e la cultura
Il legame con il Teatro alla Scala ha radici profonde nella storia di Mapei. Si è concretizzato sin dal 1984 come Abbonato Sostenitore ed è proseguito con il contributo alla ristrutturazione e al restauro del Teatro, grazie alla tecnologia e alla ricerca Mapei. Dal 2008 Mapei ha rafforzato ulteriormente il rapporto con la Scala divenendo Socio Fondatore Permanente. Il 75° anno di attività è stato un’ulteriore occasione per consacrare lo storico connubio tra il lavoro, l’arte e la cultura.