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STORIA DELLA FISICA
COMPLESSITA’
MISTERI
L’eclisse diede ragione a Einstein
“Ho scoperto il vero Codice da Vinci”
Le catastrofi che i miti non hanno dimenticato
Novant’anni fa Einstein diventava un’icona mondiale: merito di un esperimento.
Fritjof Capra continua la sua indagine su Leonardo: ecco che cosa ha scovato.
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La geomitologia cambia il modo di leggere i miti: racchiudono informazioni terribili.
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DE PRETIS e PIVATO PAGINA 26
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BECCARIA PAGINA 27
DI CIANNI PAGINA 29
TUTTOSCIENZE SPAZIO. IL PRIMO VOLO È PREVISTO GIÀ NEL 2012. «UN GIOIELLO PIENO DI TECNOLOGIA ITALIANA»
Analisi MAURILIO ORBECCHI
Troppo Freud e la psicologia sta morendo
Addio allo shuttle, viva lo shuttle La Nasa lo vuole pensionare e l’Europa scommette sulla mini-navetta
L
e teorie psicologiche alla base della psicoterapia sono ancora, per la grande maggioranza degli psicoterapeuti, quelle elaborate all'inizio del Novecento dai vari fondatori, come Freud, Jung e Adler. A causa dell'idealismo imperante nel secolo scorso la psicologia del profondo ha vissuto una lunga fase antiscientifica, che ha trascurato la ricerca della compatibilità delle proprie concezioni con la scienza. Questo clima ha comportato che le scuole di psicoterapia proseguissero in modo acritico l'insegnamento delle teorie originarie, senza preoccuparsi di evidenziare quali e quante di queste risultino, oggi, scientificamente insostenibili. E’ un fatto che ha mandato in confusione generazioni di psicoterapeuti, che continuano a credere in idee superate. Le scienze ci hanno fornito una grande quantità d'informazioni sul funzionamento della mente, che una volta erano ignote. L'evoluzionismo e le neuroscienze, ma anche la psicologia sperimentale, le scienze cognitive e la genetica hanno fatto passi da gigante rispetto ai tempi in cui sono state poste le basi della psicoterapia moderna. I progressi della biologia evoluzionistica, poi, con gli studi di genetica del comportamento permettono di capire che il determinismo ambientale e psicodinamico - il dogma della psicoterapia - era errato. SEGUE A PAGINA 28
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 17 GIUGNO 2009 NUMERO 1377 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: ALDO LAMANNA GIORDANO STABILE CONSULENZA: PIERO BIANUCCI tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
Automatica La navetta è lunga 5 metri e larga poco più di 2 La seconda versione imbarcherà anche un equipaggio
LUIGI GRASSIA INVIATO A LE BOURGET (Parigi)
L’
Europa traccia la sua rotta nello spazio con una nuova mini-navetta automatizzata lanciata da Torino. Ieri al Salone aeronautico di Le Bourget (Parigi) l'ente spaziale europeo Esa - che equivale alla Nasa americana - ha firmato con l’italiana Thales Alenia Space il contratto per fabbricare un veicolo recuperabile, destinato a fare la spola fra la Terra e lo spazio, capace fra l'altro di agganciarsi alla Stazione orbitale o di collocare satelliti e poi tornare per essere riutilizzato. Per la cronaca, la Thales Alenia Space è una joint-venture fra l'italiana Finmeccanica e la francese Thales e farà da capo-commessa per l'intero programma europeo. Il prototipo del nuovo veicolo spaziale verrà progettato e costruito (quasi tutto) nello stabilimento della Tas di Torino. In principio era lo shuttle
americano, la navetta spaziale per definizione. Il veicolo della Nasa è stato un successo, ma molte delle sue promesse non sono state mantenute. Lo scopo era superare la filosofia del missile, intesa come vuoto a perdere, per sostituirla con qualcosa di più simile a un aereo che fa regolari voli di linea. Si contava su lanci frequenti, almeno due al mese, e a prezzi che venivano immaginati bassi grazie al riutilizzo dei mezzi. Invece lo shuttle ha fatto un gran lavoro (per esempio si è reso utilissimo alla Stazione spaziale e alla messa in orbita del telescopio Hubble), ma ha tradito la promessa dell'economicità; si è rivelato una macchina «difficile», bisognosa di un'elaborata manutenzione che ha imposto cadenze di lanci molto basse. Anche senza considerare che la complessità della macchina-shuttle è stata concausa di due incidenti, per la maggior parte delle missioni più comuni, quelle per cui (in teoria) doveva essere adattissi-
Lo sapevi che? Il business è a Torino Thales Alenia Space è controllata al 67% da Thales e al 33% da Finmeccanica. Ha 11 fabbriche sparse fra Italia, Francia, Belgio e Spagna con 7200 dipendenti. I Il contratto firmato con l'Esa per realizzare il minishuttle varrà, nelle prime fasi di realizzazione del progetto, 100 milioni di euro, con l'impiego a Torino di 70 ingegneri e tecnici altamente qualificati. La produzione di serie farà crescere questi numeri. I
ma, la navetta è stata presa in giro come una Cadillac utilizzata per portare la spazzatura in orbita, visto che alternative a disposizione non c'erano. Ora lo shuttle si avvia alla pensione (per via di una tecnologia superata e dei costi) e gli
Usa sono in ritardo per sostituirlo, mentre si affaccia il programma Orion, che è una copia riveduta del vecchio Apollo. Intanto è cominciata una gara internazionale per costruire un nuovo mini-shuttle che sia semplice, affidabile e capace di fare il suo lavoro (stavolta) in economia. I primi ad arrivarci sono stati i russi, ma il loro prodotto non è piaciuto in Occidente (troppo rudimentale, va bene la semplicità ma senza esagerare). I programmi sono diversi, ci si lavora anche in Cina e India, e tuttavia il progetto più credibile è proprio l'europeo «Future Launchers Preparatory Program». Questo «Fpll» è il prototipo che la Thales Alenia Space è stata incaricata ieri di costruire, mentre al progetto realizzato verrà dato un nome che non suoni così provvisorio. La consegna dell'esemplare capostipite - che volerà senza dover imbarcare un equipaggio - è attesa per il 2012. La mini-navetta ha le dimensioni di un’auto e solo in
una versione successiva potrà ospitare da 3 a 4 astronauti. Come il grande shuttle americano, tornerà sulla Terra da sola: planerà nella prima fase di rientro in atmosfera, mentre nell’ultima parte avrà bisogno di un paracadute. Quanto al lancio, sarà necessario un missile multi-stadio: si tratterà di un lanciatore Vega e qui va notato un particolare curioso. E’ una macchina i cui motori verranno prodotti a Torino, ma in questo caso dalla società Avio: dovrebbe essere disponibile già dal 2010, quando il Vega lancerà il suo primo satellite. Dentro la navetta - lunga circa 5 metri e del peso di soli 1815 kg - ci sarà un modulo configurabile in vari modi, a seconda delle missioni, mentre all'esterno piccole appendici svolgeranno il lavoro degli alettoni e dei piani di coda per dirigere l'atterraggio. Se tutto andrà come previsto, la seconda generazione crescerà un po’ e allora sarà il turno degli esseri umani.
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 17 GIUGNO 2009
Ora curiamo la psicoterapia Analisi. Troppe teorie “vecchie” e una diffusa indifferenza verso le rivoluzionarie acquisizioni delle neuroscienze La deificazione di Freud e Jung impedisce di interpretare i rapporti tra psiche e organismo e i malati soffrono sto dell'organismo e trasmettono ai pazienti l'illusione che MAURILIO ORBECCHI il corpo sia guidato da una specie di pilota esterno, chiamato Le neuroscienze ci mostrano «Psiche» o «Io». che gli stati della mente corNei programmi di formarispondono a stati del corpo zione delle scuole di psicoterae che l'Io è un'espressione pia i temi scientifici sono mardel cervello e dell'organi- ginali rispetto al pensiero dei smo. Sono sorte nuove disci- fondatori, quando non del tutpline che Freud e Jung igno- to trascurati. E, soprattutto ravano, a cominciare dalla nella pratica quotidiana, si genetica del comportamen- continua a parlare dell'inconto e dall'etoloscio come di gia, che evidenun'entità che ziano come nel migliore comportamendei casi è un ti che prima si concetto metaritenevano defisico, ma che terminati dall' RUOLO: E’ MEDICO di solito appaambiente, soPSICOTERAPEUTA E SPECIALISTA re come un meIN PSICOLOGIA CLINICA diocre aggiorno, invece, innati. namento secoMa, nonostante la loro im- lare del concetto di Dio. portanza, le varie materie Molti di questi errori dipenscientifiche non sono state dono dal fatto che la psicoteraintegrate nei modelli di psi- pia moderna ha badato, più cologia del profondo, a parte che a tenere il passo con l'evopoche eccezioni. Gli psicote- luzione scientifica, a costituirrapeuti, nella grande mag- si come movimento istituziogioranza, continuano a ba- nalizzato di persone selezionasarsi su teorie straordinaria- te in seguito a una serie di lunmente invecchiate. Si espri- ghe iniziazioni. Così gli psicomono come se vi fosse una terapeuti si sono avvitati sul frattura tra la psiche e il re- pensiero di un fondatore, morSEGUE DA PAGINA 25
Addio al lettino? Il famoso sofà dove Sigmund Freud faceva accomodare i pazienti
Chi è Orbecchi Psicoterapeuta
Intervista Vipul Patel Stare sotto i ferri, sempre più, non sarà una metafora: in sala operatoria comandano i robot. Il settore all'avanguardia è l'urologia oncologica e la scuola numero 1 è quella di Vipul Patel, del «Global Robotics Institute», in Florida. L'istituto americano ha siglato un accordo con l'Ieo l'Istituto Europeo di Oncologia di Milano - per esportare al centro fondato da Umberto Veronesi l’esperienza applicata al «Da Vinci», il robot telecomandato che s'insinua dall'ombelico nelle viscere con raffinatezza e precisione. Un po' come aveva immaginato Steven Spielberg in «Salto nel buio»: protagonista una navicella miniaturizzata
Chi è Patel Chirurgo RUOLO: E’ IL DIRETTORE DEL «GLOBAL ROBOTICS INSTITUTE» DEL FLORIDA HOSPITAL (USA) E HA REALIZZATO IL MAGGIOR NUMERO DI PROSTATECTOMIE ROBOTICHE AL MONDO IL SITO: WWW.GLOBALROBOTICS INSTITUTE.COM/
che sguazzava nel corpo umano, fornendo al medico immagini di fenomenale risoluzione. Vent'anni dopo è realtà. L'Ieo ha sviluppato l'accordo con il Global Robotics Institute e ha inaugurato una «Scuola di chirurgia robotica», diretta da Bernardo Rocco, chirurgo della Divisione di Urologia dello Ieo. E' una scuola dedicata alle diverse specialità dell'oncologia: urologia, ginecologia, toracica, generale, cervico-facciale ed è gestita da chirurghi, anestesisti e infermieri. A raccontare questa iniziativa
to da tempo, che è quasi deificato con una specie di culto della personalità. Questa chiusura ha dato origine a un modo di fare e a un linguaggio separati dal resto della comunità scientifica: i seguaci del fondatore spesso si limitano a scrivere nuovi commentari, secondo le linee di pensiero stabilite dal caposcuola, sen-
za porsi il problema se siano compatibili con le nuove conoscenze. Si finisce così con il diffondere una scolastica basata su un particolarismo culturale staccato dalla scienza, con una tendenza egemonica sul resto della cultura, interpretata alla luce dei dogmi del proprio movimento. Il distacco dalla scienza
spinge buona parte degli psicoterapeuti a vivere e a proporre la psicoterapia della propria corrente culturale come una sorta di religione, nella quale si trova la verità. Un fatto deleterio, che perpetua il disinteresse nei confronti delle conquiste scientifiche, quando queste non corrispondano agli insegnamenti del fondato-
“Il mio Terminator salva dal cancro” Rivoluzione in sala operatoria GLI INTERVENTI Il braccio microscopico si insinua nella prostata aggredita dal tumore e asporta solo le parti malate
re della propria scuola. Oggi, pertanto, sembra che le cose si siano capovolte: non è più la psicoterapia a guarire le persone, ma è la psicoterapia che ha bisogno di essere guarita da questo ritardo culturale. La conoscenza dell'evoluzionismo, delle neuroscienze e delle discipline correlate è la via per sviluppare una psicoterapia che guardi al principio della realtà scientifica. La cura della psiche, infatti, è importante e spesso necessaria per un' umanità sofferente. Una cura prescientifica, però, causa mali ancora peggiori al paziente, perché con interpretazioni di scuola gli trasmette credenze che sono fuori del principio di realtà. Per questo sembra oggi necessario che le scuole di psicoterapia perdano l'arroganza da cui sono contraddistinte: è opportuno che scendano dalle posizioni d'isolamento, niente affatto splendido, in cui si pongono. Solo così sarà possibile fare della psicoterapia una disciplina radicata sulla scienza, invece che sul pensiero di un fondatore.
trattamento delle malattie della sfera urologica ci sono le incognite della ripresa della potenza sessuale e della continenza urinaria, tutto questo non c'è più con la chirurgia robotica». Tecniche microinvasive, degenza ridotta al minimo, effetti secondari risparmiati: ma alla fine un paziente è sicuro di uscire davvero guarito?
«È una critica ricorrente: c'è una parte di oncologi scettici che si fida più della "mano forte" e che pensa che le tecniche microinvasive siano pulite, sì, ma non radicali. Secondo me, non è vero. Non stiamo parlando di uno specchio per le allodole: la robotica è la tecnologia del futuro nella chirurgia. Ho 3 mila prostatectomie all'attivo eseguite dal robot e i miei pazienti, a cinque anni dall'operazione, stanno bene. Non dimentichiamo, però, che ci sono sempre parametri indipendenti dal robot: l'abilità del medico DALLA FLORIDA A MILANO
«Le mie tecniche d’avanguardia approdano all’Istituto europeo di oncologia» stesso e l'aggressività del tumore».
IL LEADER
LA MACCHINA Dalla postazione fornita di display e joystick il chirurgo guida il robot «Da Vinci» nel corpo del malato con una precisione senza precedenti
d'avanguardia è lo stesso Patel, mentre se ne sta seduto al joystick di «Da Vinci»: tutto camice e guanti, dopo aver appena «sistemato una prostata molto impegnativa». Dottore, come funziona il suo robot?
«Immaginate di essere piccoli qualche millimetro e di entrare voi stessi nel corpo di una persona: c'è uno schermo e potete vedere tridimensionalmente una prostata, apprezzarne la qualità dei tessuti, resecare le parti aggredite da un tumore e uscire quasi senza lasciare traccia. Quello che può fare il braccio microscopico
Dove è stato progettato «Da Vinci»?
«E' stato progettato dalla società Intuitive, poi sperimentato e messo a punto al Global Robotics Institute. E qui è nata anche una scuola: studia come robot e medici possano far fare un salto di qualità alla chirurgia. Vogliamo aprire una nuova era della medicina e in futuro ampliare le possibilità della telemedicina, cioè la chirurgia effettuata da robot attraverso comandi inviati da Internet, per esempio da un team medico di diversi Paesi e con varie competenze».
Vipul Patel è un chirurgo di origine indiana e lavora al «Global Robotics Institute» in Florida: la sua scuola di urologia oncologica è considerata la numero 1 al mondo
di "Da Vinci" non è nemmeno paragonabile alla mano ferma del chirurgo più esperto. Se sedete alle sue manopole, siete come un "poliziotto del sangue". Potete chiedere i documenti d'identità a ogni cellula: se c'è l'esordio di una neoplasia, è sicuro che attraverso "Da Vinci" la scoverete». Il chirurgo dovrà però essere un superesperto, altrimenti chi dice al robot che cosa deve fare?
«Infatti il robot è quello che il suo nome significa: è un "lavoratore". Il chirurgo è la sua intelligenza. Conosce l'anatomia, sa orientarsi negli intri-
chi degli organi e delle cavità. Dev'essere capace di scorgere tumori di dimensioni cellulari. Il medico dà i comandi a "Da Vinci" dal joystick e segue l'ingrandimento tridimensionale delle viscere da uno schermo. Ora stiamo insegnando a usarlo a un gruppo di medici qui in Italia: ci vuole un training specifico e continuo». Come cambia la degenza di un paziente trattato dal robot piuttosto che da mani umane?
«Cambia completamente: un giorno solo, due al massimo, di degenza, con ridotti effetti collaterali. Se dopo un
Perché ha scelto l'Ieo di Milano per portare «Da Vinci»?
«L'accordo con lo Ieo è parte di un piano che vuole esportare l'eccellenza della robotica fuori della sua culla, in Florida. Negli Usa l'80% dei tumori della prostata è risolto con i robot e ora i miei rapporti con l'Italia sono ottimi: ho operato a Roma, Milano, Verona e Padova. Con L'Ieo, in particolare, la relazione è stretta, perché l'Istituto ci manda studenti in periodi di "stage" a specializzarsi: è il perno su cui poggeranno le sedi della nuova scuola in Italia». [M. PIV.]
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 11 NOVEMBRE 2009
Freud è morto. Anzi no GIORDANO STABILE
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Settant’anni fa moriva in esilio a Londra Sigmund Freud, lo scopritore dell’inconscio. Appena in tempo per non vedere le peggiori pulsioni umane, che attribuiva all’enorme iceberg sommerso della mente, di nuovo all’opera nel delirio della guerra. La guerra si sarebbe portata via anche l’epoca d’oro della psicoanalisi. Dagli Anni 50 in poi l’efficacia delle terapie a base di parole sarebbe stata contestata, soprattutto a colpi di psicofarmaci, l’eldorado che prometteva di metter fine alla sofferenza psichica. Inutile quindi rileggersi
l’appassionata difesa della forza della parola dell’«Introduzione alla psicoanalisi», un classico della retorica nel senso buono del termine, un esempio di scrittura così limpida e coinvolgente che garantisce al grande di Vienna per lo meno un posto eterno nella letteratura europea, se non nella scienza. Nonostante la fede nella parola, Freud era però un positivista, uno degli ultimi, e solo dal positivismo poteva venire un suo, anche se parziale, riscatto. L’America pragmatica - quella che da una parte con il cognitivismo-comportamentale e dall’altra con il Prozac, aveva reso obsoleti gli anni, in qualche caso i decenni,
da passare sul lettino - gli sta dando una mano gigantesca, un risarcimento postumo. Gli studi del Nobel Eric Kandell hanno dimostrato che le terapie della parola modificano, fisicamente, la mente, i neuroni. Certo, le teorie freudiane sull’antropologia e i miti delle tribù suonano incredibilmente antichi. La genetica ha ridimensionato il ruolo dell’ambiente e ancor più quello del padre castrante. Ma lo stesso Freud, sempre nella «Introduzione», aveva umilmente scritto e previsto che le sue teorie, un giorno, si sarebbero confrontate con nuove scoperte che avrebbero dato loro una base fisica. Quel giorno sembra essere arrivato.
Perché aveva torto
Perché aveva ragione
Dna ed etologia hanno frantumato il complesso edipico MAURILIO ORBECCHI
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a psicoterapia del profondo è nata da oltre un secolo, Sigmund Freud è morto 70 anni fa e il tempo non è passato invano. Le scoperte a ritmo sempre più serrato delle neuroscienze rendono obsolete molte delle ipotesi dei padri della psicoterapia, eppure, anche se ci sono idee che non sono più considerate valide dalla scienza, spesso queste continuano a essere utilizzate nella pratica clinica quotidiana. Così, tra le osservazioni del passato e le nuove acquisizioni sul cervello, si è creato un divario destinato a crescere esponenzialmente. Ecco 6 casi significativi. 1. La memoria filogenetica. I padri della psicoterapia, nonostante si dichiarassero ammiratori di Darwin, caddero spesso vittime di EREDITÀ GENETICA
Gli studi sui gemelli smontano la tesi che il carattere si formi nei conflitti famigliari un’interpretazione lamarckiana dell’evoluzione. Freud pensava che in tempi ancestrali si vivesse in piccoli gruppi, schiacciati da padri che impedivano di accedere alle femmine, anche ricorrendo alla castrazione. Chi riusciva a sfuggire restava traumatizzato da ciò che avevano subito i fratelli e la memoria degli abusi sarebbe stata trasmessa biologicamente: basterebbe, quindi, un minimo accenno alla castrazione per riattivare un potente complesso inconscio. Ma l’evoluzionismo contemporaneo esclude che sia possibile trasmettere per via genetica il ricordo degli eventi passati. 2. Edipo e il pansessualismo. È il mito fondante della psicoanalisi, che ipotizza la natura sessuale del legame madre-bambino. Freud pensava che il bambino avesse un desiderio sessuale inconscio nei confronti della madre. Quando il bambino realizza che il padre è un impedimento all’attuazione dei suoi desideri incestuosi, sviluppa sentimenti omicidi. Così il Complesso di Edipo spiegherebbe il comportamento ambivalente nei confronti del padre. Il declino di questo complesso avverrebbe solo in seguito alla minaccia di castrazione, tra i 5-6 anni. Ma nella realtà non esistono motivi per pensare che un bambino voglia sostituirsi sessualmente al padre. 3. Determinismo psichico. Buona parte degli psicologi del profondo ritiene che l’individuo sia programmato in modo deterministico dalle esperienze vissute nel passato. Ma oggi restare prigionieri di un rigido determinismo, culturale e biologico, è
un’ingenuità scientifica, perché l’essere umano è il risultato di un complesso intreccio psicobiologico. Robert Plomin e altri genetisti del comportamento hanno dimostrato come gemelli e fratelli, separati alla nascita, risultino essere più simili psicologicamente tra loro rispetto ai fratelli della famiglia adottiva. Allo stesso modo i figli adottati alla nascita sono più simili ai genitori biologici, da adulti, che non a quelli adottivi. L’ambiente è fondamentale, ma non è l’unico responsabile della conformazione psicologica. 4. Le fasi dello sviluppo. L’ipotesi che ci siano «periodi sensibili», in cui avviene uno specifico apprendimento, deriva da Darwin e fu dimostrata già da Douglas Spalding con i pulcini alla schiusa (1873). Freud, però, ha ridotto lo sviluppo a quello della sessualità e ha identificato una serie di fasi che risalirebbero a quelle dell’evoluzione e che il bambino ricapitolerebbe. Freud parlava di fase orale, anale e fallica, perché a suo parere nell’evoluzione queste comparivano in successione: in realtà non ci sono ragioni - scrive lo storico della scienza Frank Sulloway - per cui la psicologia e la psicopatologia debbano essere ridotte alla «ricapitolazione». 5. Individuo e civiltà. Un certo romanticismo, di cui la psicoterapia degli inizi del 900 era intrisa, portò Freud a immaginare che l’uomo avesse attraversato 3 fasi: la prima preglaciale, che coincideva con una specie di paradiso terrestre, la seconda glaciale, che aveva indotto la nascita delle nevrosi per le privazioni indotte da un ambiente ostile, e la terza post-glaciale e storica, in cui nacquero le psicosi per i soprusi subiti dai padri. L’uomo, quindi, sarebbe nevrotico perché non può vivere la libertà delle pulsioni. Da qui deriverebbe il disagio della civiltà. Ma le 3 fasi sono prive di qualsiasi riscontro e l’etologia ha evidenziato come le difficoltà psicologiche siano presenti anche negli animali (come nell’oca superstiziosa di Lorenz). Le cause del disagio non dipendono dalla contrapposizione natura-civiltà. 6. Le forme di sessualità. Freud è rimasto vittima dello spirito del tempo, che considerava normale solo il rapporto eterosessuale. Riteneva che fossero perversioni tutti gli altri tipi di rapporto. L’omosessualità, poi, era un’«inversione». «Gli omosessuali - scrisse - si identificano con la donna e assumono se stessi come oggetto sessuale, vale a dire, partendo dal narcisismo, cercano uomini giovani e simili alla loro persona che li vogliono amare come li ha amati la madre». Pensava che i gay fossero tali a causa di un fallimento dello sviluppo psicosessuale o che fossero regrediti al narcisismo autoerotico.
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Le neuroscienze rivelano le nevrosi con foto in diretta
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Sigmund un’eredità complessa Nato a Pribor il 6 maggio 1856 e morto a Londra il 23 settembre 1939 il fondatore della psicoanalisi ha aperto la via all’esplorazione degli aspetti inconsci della nostra vita psichica
Chi è Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta RUOLO: E’ MEDICO PSICOTERAPEUTA E SPECIALISTA IN PSICOLOGIA CLINICA LA VITA E LE OPERE DI FREUD: HTTP://WWW.FREUDFILE.ORG/ INTERNET ENCICLOPEDIA OF PHILOSOPHY: HTTP://WWW.IEP.UTM.EDU/FREUD/ IL MUSEO FREUD A LONDRA: HTTP://WWW.FREUD.ORG.UK/
e molte delle ipotesi della psicologia del profondo sono superate, alcuni principi generali mantengono una discreta validità e vengono meglio compresi alla luce delle neuroscienze. Non solo. Si sono sviluppate nuove teorie per stabilire una maggiore coerenza tra sapere «classico» e conoscenze scientifiche. È un percorso, però, ancora in fieri: la maggior parte degli psicoterapeuti preferisce un sistema autoreferenziale ed è quindi difficile il passaggio da una filosofia della mente a una scienza della mente. 1. La psicoterapia è una cura. Eric Kandel ha vinto il Nobel per la medicina nel 2000, dimostrando come la comunicazione sia in grado di costruire nuove connessioni neurali nel cervello. Il rapporto con un individuo modifica i neuroni, che sono la base della mente e della psiche, creando nuovi modi di sentire e ragionare. Dato che le relazioni importanti tra le persone non sono mai psicologicamente neutre o indifferenti, si possono qualificare come psicopatogene o psicoterapeutiche: così com’è possibile peggiorare una persona è possibile migliorarla. La psicoterapia si propone di realizzare la seconda possibilità. Kandel ritiene che un giorno si osserverà l’effettivo progresso della psicoterapia, perché esisteranno apparecchi che visualizzeranno come il cervello si modifica nel tempo. 2. Il potere dell’inconscio. La psicoterapia analitica è ancora viva, nonostante gli errori teorici, perché resta valida l’ipotesi di fondo: la vita psicologica avviene in modo perlopiù inconscio. Neuroscienziati e biologi, da Damasio a Cavalli Sforza e da LeDoux a Gould, spiegano come siamo inconsapevoli della nostra vita mentale. Freud e Jung non sapevano, però, come funzionasse la comunicazione inconscia e si spinsero a ipotesi paranormali: Freud immaginava la telepatia, Jung la sincronicità. Oggi conosciamo circuiti neurali che permettono di capire gli altri. I lavori di Giacomo Rizzolatti e Vittorio Gallese indicano che gli individui percepiscono gli stati d’animo del prossimo grazie alla simulazione incarnata: i neuroni specchio fanno sì che il corpo riproduca in maniera subliminale gli atti che vediamo, permettendoci di rispecchiare i sentimenti dell’altro. 3. I meccanismi di difesa. Il concetto è uno dei contributi fondamentali della psicoanalisi e tra i più attuali. La difesa è un tentativo, perlopiù inconscio, di cancellare o attenuare conflitti e stress. Il concetto è entrato nella psichiatria attraverso il «Dsmiv Tr», il manuale di descrizione delle malattie mentali utilizzato dagli psichiatri di tutto il mondo. Freud descrisse diversi meccanismi di difesa, tra cui la rimozione, la re-
gressione, l’introiezione, la proiezione. Le neuroscienze, con lo studio delle vie neurali, permettono di capire come funzionino alcuni di questi meccanismi. Le ricerche sui pazienti con i due emisferi scollegati indicano, secondo il neuroscienziato Michael Cazzaniga, come il cervello sinistro abbia una funzione d’interprete che rielabora i fatti, offrendo spiegazioni di comodo alle quali crede per primo lo stesso individuo. 4. La prima infanzia. Se la riduzione della psicologia a uno sviluppo psicosessuale diviso in fase orale, anale e fallica sembra arbitraria, lo stesso non vale per l’idea di fondo della maggior parte delle psicoterapie e che si riassume con la frase di Wordsworth: «Il bambino è il padre dell’uomo». La psicologia sperimentale e le neuroscienze mostrano come la crescita in un ambiente particolare, con carenze affettive o la mancanza della fiI NEURONI DELL’INCONSCIO
Quelli a specchio danno una spiegazione sperimentale dei meccanismi del profondo gura materna, porti a determinate attivazioni del sistema ipotalamo-ipofisi-surrene che possono anche perdurare per tutta la vita. McEwen e Sapolsky hanno svelato come a uno stress prolungato consegua una perdita di neuroni nell’ippocampo. La psicoterapia ha contribuito alla crescita della sensibilità verso l’infanzia. 5. Via alla neuropsicoanalisi. La psicoanalisi è nata con l’abbandono da parte di Freud, tra 1895 e 1900, del metodo sperimentale. Oggi, però, si assiste al tentativo da parte di neurologi sperimentali e psicoanalisti (Eric Kandel, Antonio Damasio, Joseph Ledoux, Vilayanur Ramachandran, Mark Solms) di riprendere quanto Freud intendeva sviluppare nell’originario «Progetto di una psicologia» del 1895 (poi abbandonato), vale a dire la ricerca delle basi neurali del comportamento, usando il modello psicoanalitico. 6. Gli sviluppi nella psicoterapia. Nella psicoterapia si sono sviluppate teorie, purtroppo minoritarie, che puntano ad adeguare la teoria alla luce delle più recenti scoperte. Tra queste, c’è il lavoro di John Bowlby, che interpreta il rapporto del bambino con la madre sotto la lente dell’evoluzionismo: non è un’attrazione sessuale - spiega - ma un legame biologico per cercare protezione. Bowlby, che si era avvicinato a Darwin studiando l’etologia di Lorenz e Tinbergen, vede l’attaccamento come un effetto della selezione naturale e come un requisito per un sano sviluppo: è un’idea che trova conferme nelle ricerche di neuroscienziati come Levine e Nemeroff. [M. ORB.]
Più neuroni e addio metafisica Ecco la svolta La denuncia del Nobel Kandel: la psicoterapia deve rivoluzionarsi con le neuroscienze
manenza di scuole private di medicina che insegnavano a terapeuti empirici la pratica delle cure più svariate, dai salassi alla medicina tribale, fino alle cure che oggi si chiamerebbero «alternative», ma che allora erano la norma. Interessi economici
MAURILIO ORBECCHI
Tra gli anniversari che si celebrano nel 2010, c’è il centenario del «Rapporto Flexner», che negli Usa e in Canada ha segnato il passaggio dalla pratica medica empirica alla moderna medicina scientifica. Si tratta di un avvenimento che ha letteralmente salvato la vita a decine di milioni di persone, le cui malattie sono state curate da medici scientificamente preparati. All'inizio del secolo scorso, in un periodo di straordinario sviluppo scientifico, la vecchia medicina empirica appariva ormai inattuale. La scoperta dei vaccini, dei raggi X, dei batteri e dei virus, l’instaurazione della chirurgia operativa, la separazione tra medicina e chirurgia, la costituzione delle varie specialità mediche e l’enorme progresso della medicina scientifica si scontravano con la per-
Le nuove acquisizioni scientifiche e i vantaggi derivanti da cure finalmente efficaci rischiavano di rimanere confinati a pochi fortunati, a causa degli interessi economici delle scuole mediche private e dei terapeuti formatisi al di fuori delle università. In questa situazione la Carnegie Foundation incaricò Abraham Flexner di preparare un rapporto sulla formazione dei medici. I risultati apparvero devastanti: le scuole private, secondo la ricerca, presentavano pressapochismo, ignoranza dei più elementari concetti scientifici, ciarlatanerie, improvvisazione, superstizioni miste a pratiche empiriche al di fuori di ogni controllo. Il «Rapporto Flexner» ebbe un effetto travolgente: tutte le scuole mediche non universitarie furono chiuse e si stabilirono criteri, validi ancora oggi, per la formazione scientifica dei terapeuti. Questi parametri furono adottati
dall'Oms, l’Organizzazione mondiale re. La legge Ossicini del 1989, che didella sanità, nel 1978 con la «Dichia- sciplina la materia, ha avuto il merito razione di Alma Ata», garantendo co- di richiedere una laurea in medicina sì la formazione scientifica uniforme o in psicologia a persone che praticadei medici a livello internazionale. vano la psicoterapia senza la minima Che si potessero curare le perso- preparazione accademica specifica, ne con una preparazione privata e con la copertura di associazioni prisenza conoscenze scientifiche e biolo- vate che, secondo Kandel, sono spesgiche sembra una storia del passato. so delle confraternite. Per contro, Invece il grande psichiatra Eric Kan- l'insegnamento della psicoterapia redel, Premio Nobel per la medicina, alizzato al di fuori delle università è sostiene che la pratica terapeutica ormai in crisi. L'Italia detiene il remoderna che va sotto il nome di «psi- cord delle scuole private riconosciucoterapia» sia esattamente nella si- te di psicoterapia (341) e i posti a dituazione in cui si trovava la medicina sposizione per gli aspiranti psicoteraamericana nel 1910. Ritiene che la peuti sono in numero maggiore di copsicoterapia sia rimasta in una fase loro che si laureano ogni anno in psiprescientifica in mano a una pletora cologia. di scuole private che rilasciano attestati di «psicoterapeuta» con criteri Regole rigide sostanzialmente arbitrari. Tali scuo- Per l'insieme di questi motivi la Comle si limitano, per lo più, a insegnare missione ministeriale sulla psicoterapia ha recentemenle teorie del fondate auspicato una tore e degli epigoni, revisione della matrascurando i conteria e regole più tributi della scienrigide che fermino za. Le scuole privaquesta pletora di te proliferano ed elaborano ciascuna RUOLO: E’ MEDICO PSICOTERAPEUTA scuole, molte delle un proprio approcE SPECIALISTA IN PSICOLOGIA CLINICA quali antiscientifiI SITI: HTTP://WWW.MEDICINENET.COM/ che, se non ridicocio alla formazione, SCRIPT/MAIN/ART.ASP?ARTICLEKEY=8795 isolate dalle forme HTTP://CONTENT.NEJM.ORG/CGI/CONTENT/ le, fin dalla loro deSi condivise di sapere FULL/355/13/1339 nominazione. potrebbe approfitscientifico. Kandel auspica un nuovo «Rap- tare di questo momento di difficoltà porto Flexner» per le scuole di psico- per un atto che, come sostiene Kanterapia, ossia uno studio che porti a del, forse non si può più rimandare: riservare l'insegnamento della psico- nuove norme che permettano alla terapia alle sole università. Un simile psicoterapia di diventare una speciacambiamento aiuterebbe questa di- lità come le altre, il cui insegnamento sciplina a diventare sempre più è riservato esclusivamente alle uniscienza della mente, allontanandosi versità. Una successiva formazione dall'empiria di una filosofia della privata dovrebbe essere riservata somente elaborata da un autore e svi- lo per chi ha già una specialità accademica che garantisce un'adeguata luppata dai suoi continuatori. La situazione italiana è particola- preparazione scientifica.
Chi è Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta
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SPAZIO
ONCOLOGIA
MISTERI
Addio shuttle Il futuro si chiama “Dragon”
Colon-retto Come si fa la guerra al big killer
Le mummie dei babbuini dalla terra di Punt
Prodotta a basso prezzo dai privati, la prossima navetta si prepara per i primi voli.
Torna la Giornata dell’Azalea organizzata dall’Airc con una buona notizia.
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La sfuggente Terra di Punt comincia a svelare i suoi segreti: merito di due mummie.
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LO CAMPO PAGINA 23
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MANTOVANI PAGINA 24
GRASSIA PAGINA 25
TUTTOSCIENZE Analisi MAURILIO ORBECCHI
La filosofia del martello contro Freud
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a pubblicazione dell'ultimo libro di Michel Onfray su Freud, «Le crépuscule d'une idole», ha innescato un dibattito che ha avuto una grande risonanza in Francia ed è rapidamente giunto fino a noi. Il libro ha ottenuto le prime pagine delle principali riviste francesi e articoli su tutti i quotidiani. «Le Point» ha parlato di «filosofia del martello» e di «carica di violenza inaudita contro Freud e la psicoanalisi che (l'autore) considera come una nuova religione... un'impostura». Onfray, del resto, non usa mezzi termini: la psicoanalisi è «la rapina ideologica più impressionante del XX secolo... un'allucinazione collettiva basata su una serie di leggende». Onfray, come altri autori, è convinto che Freud mirasse a costruire una nuova scienza. Tuttavia non ci riuscì, finendo per edificare una sorta di religione pseudoscientifica. A suo avviso Freud era soprattutto un avventuriero della cultura, con una passione personale per l'incesto, che ha proiettato nel cuore del suo sistema. Freud rivendicava esplicitamente e ossessivamente per sé una gloria planetaria alla pari di Galileo e Darwin, nascondendo però il suo uso giovanile della cocaina e i suoi debiti nei confronti di Nietzsche e Schopenhauer. Una sorta di antifilosofo reazionario, misogino e omofobo, che dedicava persino uno dei suoi libri a Mussolini, definito «eroe della cultura». SEGUE A PAGINA 22
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 5 MAGGIO 2010 NUMERO 1419 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
Paesaggio desolato e lontano dalla civiltà, ideale per le osservazioni degli astronomi: il deserto di Atacama, in Cile, dove verrà costruito il nuovo telescopio gigante E-ELT
ASTRONOMIA. GLI STUDIOSI: «CI ASPETTANO SCOPERTE STRAORDINARIE CHE CAMBIERANNO LE NOSTRE IDEE SULL’UNIVERSO»
C’è casa per il maxi-telescopio Sorgerà su una montagna del Cile l’occhio più grande del mondo MARIO DI MARTINO OSSERVATORIO DI PINO TORINESE - INAF
G
uardare il cielo con un occhio la cui pupilla ha un diametro di 42 metri, contro gli 8 millimetri di quella umana! Un evento rivoluzionario che, in meno di 10 anni, ci permetterà di avere una nuova e spettacolare visione dell'Universo. E’ il progetto European Extremely Large Telescope (E-ELT), avviato dall'Osservatorio Australe Europeo (ESO), l'organizzazione di 14 nazioni che rappresenta la punta di diamante della ricerca e che ha appena scelto il sito dove realizzarlo: si tratta di Cerro Armazones, una montagna di 3060 metri nel deserto cileno di Atacama.
L’obiettivo è scoprire pianeti simili alla Terra e indagare gli enigmi della materia oscura E-ELT è in fase avanzata di progettazione e l'inizio delle osservazioni è previsto per il 2018. L'«occhio» avrà un diametro pari a quasi la metà della lunghezza di un campo da calcio e raccoglierà una quantità di luce 15 volte superiore a quella dei più grandi telescopi ottici oggi in funzione. Lo specchio principale sarà composito - 42 metri di diametro - e avrà un campo visivo pari a circa 1/10 della grandezza apparente della Luna. Lo strumento si basa su uno schema ottico a 5 specchi che permetterà di ottenere immagini di qualità eccezionale, mentre sono previsti dei sofisticati specchi adattivi (controllati al computer) per correggere la sfocatura delle immagini degli oggetti celesti prodotta dalla turbolenza atmosferica. Il telescopio verrà dotato di diversi apparati scientifici e
Il progetto Uno strumento di assoluta avanguardia da un miliardo di euro
La macchina Gli specchi controllati dai computer realizzeranno immagini straordinarie
durante le sessioni di osservazione sarà possibile passare da uno all'altro in pochi minuti. L’abilità di osservare su un ampio spettro di lunghezze d'onda - dall'ottico al medio infrarosso - consentirà di sfruttare al meglio potenzialità che sono portentose. E-ELT, infatti, affronterà i maggiori interrogativi scientifici del momento e non c’è dubbio - sostengono gli studiosi - che potrà effettuare scoperte straordinarie, tra cui
quella di pianeti simili alla Terra e situati nelle «zone abitabili», dove potrebbe esistere qualche forma di vita. Ma fornirà anche contributi fondamentali alla cosmologia, misurando le proprietà delle prime stelle e delle galassie formatesi poco dopo il Big Bang, investigando la materia e l'energia oscura. Inoltre ci si prepara all’inaspettato: nuovi quesiti sorgeranno dalle osservazioni via via realizzate. L'avvento di
questo strumento - in poche parole - rappresenterà per l'astronomia del XXI secolo un salto di qualità paragonabile a quello di 4 secoli fa, quando Galileo iniziò a studiare il cielo con il suo telescopio. E-ELT, il cui costo previsto è di 1 miliardo di euro, surclasserà i maggiori telescopi e sarà molto più grande dei 2 altri strumenti giganti in fase di progettazione, il «Thirty-Meter Telescope» e il «Giant Magellan Telescope». La scelta del Cerro Armazones come sito è avvenuta dopo un’estesa analisi meteorologica: il luogo si trova a 20 km dall'Osservatorio di Cerro Paranal, dove sono ospitati i 4 telescopi da 8,20 metri di apertura che costituiscono il Very Large Telescope dell'ESO. Per realizzare il gigantesco specchio principale - la cui area sarà di 1300 metri quadrati - si ricorrerà a un migliaio di «tasselli» esagonali. Questo «trucco» per realizzare superfici riflettenti di grandi dimensioni - noto anche come tecnica a «occhio di mosca» - in real-
tà non è nuovo: fu proposto negli Anni 30 da Guido Horn d'Arturo, direttore dell'Osservatorio di Bologna, e l’idea, via via migliorata, si ritrova oggi in almeno 3 moderni strumenti: il «Multi Mirror Telescope» in Arizona, i telescopi «Keck» da 10 metri di diametro delle Hawaii e l'«Hobby-Eberly Telescope» dell'Università di Austin in Texas.
Chi è Mario Di Martino Astronomo RUOLO: E’ RICERCATORE ALL’OSSERVATORIO DI PINO TORINESE RICERCHE: CARATTERISTICHE DI ASTEROIDI E METEORITI IL SITO: WWW.OATO.INAF.IT/ INDEX.PHP
Sarebbe significativo se ora il più grande telescopio del mondo - che verrà realizzato a partire da questa intuizione geniale e il cui progetto è sotto la responsabilità di un italiano, Roberto Gilmozzi - fosse battezzato con il nome «Guido Horn d'Arturo».
22 TuttoScienze
LA STAMPA MERCOLEDÌ 5 MAGGIO 2010
Etologia
ANALISI
Gli attacchi di Onfray e la maldestra difesa degli psicoanalisti
GABRIELE BECCARIA
Confini sempre più labili
SEGUE DA PAGINA 21 MAURILIO ORBECCHI
J
ane Goodall, icona di chi passa la vita a studiare i nostri parenti scimmieschi, ha confessato più di una volta un folle desiderio: intrufolarsi nella mente di uno scimpanzè o di un gorilla e assaporare il mondo con occhi, orecchie e naso non umani. Potrebbero essere minuti di estasi, rabbia, noia. O altro ancora, lungo i percorsi di esperienze inconoscibili. L’incursione oltre le porte della comune percezione resta al momento irrealizzabile, eppure una catena di indizi si è materializzata in scene di rara intensità. E’ come se un gruppetto di menti «altre» simili a noi e aliene allo stesso tempo - avesse concesso uno spiraglio LA PRIMA VOLTA
Un documento eccezionale girato in un safari park dell’Inghilterra su se stesse, inviando un involontario messaggio. E’ successo quando le telecamere hanno cominciato a riprendere l’angoscia montante della giovane Rosie: insieme con Blossom, il compagno di sua madre, si aggirava intorno all’anziana morente, osservandola e prendendole periodicamente le mani. Spesso provando a scuoterle le braccia. Tentava anche di farle il «grooming», il rituale di spulciamento che enfatizza i legami interpersonali, e nell’affollarsi dei gesti spiccavano molte e commoventi carezze. Dopo il tramonto l’ansia per il destino di Pansy si è trasformata in un dormiveglia agitato. Rosie ha ceduto alla stanchezza, ma continuava a girarsi da un fianco all’altro, come non aveva mai fatto prima, finché al mattino, davanti al cadavere, ha ceduto di colpo, trascorrendo lunghi momenti nell’immobilità e a testa bassa. L’angolo e le gerarchie
Il corpo è stato portato via di lì a poco, ma lei e Blossom, e un paio di altri parenti, sono rimasti innaturalmente silenziosi, preda del lutto. Per giorni né lei né nessun altro ha violato la piattaforma dove Pansy andava a dormire, anche se era considerato un giaciglio molto comodo, un angolo ben riparato che le simbologie gerarchiche del gruppo avevano eletto a luogo privilegiato. Rosie, Blossom e Pansy sono i
Il video di un etologo della Stirling University ha portato alla luce l’alto livello di consapevolezza degli scimpanzé
Se gli scimpanzé mettono il lutto Uno studio svela il loro “senso della morte” protagonisti di un video girato al nel quale non possiamo non spec«Blair Drummond Safari Park», chiarci. in Inghilterra: spiati più subdola«E’ difficile non pensare quanmente che in un’isola dei famosi, i to labili siano i confini tra noi e lotre scimpanzè si sono prestati a ro. Le nostre scoperte, insieme uno «strip» psicocon altre recenti, logico lontano anL’EPISODIO su come questi ni luce dai soliti reagisco«Abbiamo osservato animali «sequel» docuno alla morte e la figlia e il compagno con i compagni mentaristici di giochi innocenti e sal- di una scimmia morente» morenti indicano ti da un ramo alinfatti che la loro l’altro, inframmezLE REAZIONI consapevolezza è zati da placidi «Mentre l’accarezzavano molto più elevata pranzi e svogliati di quanto venga dimostravano spesso suggerito. grugniti. Quella di essere disperati» Potrebbe essere sconcertante serie di istantanee è legata al loro forservita per uno studio pubblicato te senso di sé - ha sottolineato dalla rivista «Current Biology», che si manifesta in fenomeni come trasformandosi rapidamente - ha la capacità di riconoscersi e di inspiegato l’etologo James Ander- tensa empatia nei confronti dei loson della Stirling University - in ro simili». un inedito dramma primatologico La tristezza e il senso di vuoto
che incrinano l’io di uno scimpanzé, così eloquenti nelle immagini rubate, non erano mai stati registrati prima - ha detto Anderson «e d’ora in poi non potranno che suscitare nuove domande sull’origine del nostro modo di reagire alla morte». Gli antropologi potranno iniziare a incrociare le loro conoscenze con queste testimonianze, indagando il fondo oscuro dei Sapiens. Forse. Insegnamento semplice
Intanto - conclude Anderson - c’è un insegnamento semplice ed immediato, ma il più trasparente. D’ora in poi, quando i nostri cugini costretti alla cattività si ammalano o sono prossimi alla fine, è fondamentale fare attenzione: «Bisogna permettere loro di sentire tutto il conforto dei compagni». Esattamente come se fossero umani.
Un seduttore dell'umanità che si è presentato come un Messia, creando una religione oscurantista, dando in questo modo forma al suo delirio personale. Freud esce dalle pagine del libro come un non-scienziato, che ha esaltato il determinismo psichico ambientale, che Onfray chiama «la causalità magica», negando l'importanza dell'innato nell'uomo. In questo contesto i freudiani sarebbero una specie di corte dei miracoli: «preti» che riciclano il vecchio dualismo della filosofia occidentale sotto forma di «psiche» e «soma», riproponendo null'altro che le vecchie cure sciamaniche di stregoni, maghi, guaritori e esorcisti. Naturalmente i freudiani francesi hanno reagito al libro schierandosi a difesa della psicoanalisi: Elisabeth Roudinesco e Alain de Mijolla accusano Onfray di rimettere banalmente in circolazione notizie note da decenni, già pubblicate tra l'altro nel «Libro nero della psicoanalisi». «L'Express» in un editoriale si domanda, un po' ingenuamente, come si potrebbe spiegare il successo più che secolare della psicoanalisi, se tutto questo fosse vero. Come se il fatto di durare fosse una dimostrazione di validità. Il «Corriere della Sera» ha portato la polemi- Freud ha fallito? ca in Italia con un’invettiva di Bernard-Henri Lévy, che accusa Onfray di banalità, puerilità, pedanteria al limite del ridicolo; per Lévy il libro sarebbe animato da ipotesi complottistiche che adottano «il punto di vista della cameriera». Onfray avrebbe, in effetti, fatto meglio a non utilizzare anche le memorie della cameriera di Freud, ma le repliche dei freudiani non sembrano, nel complesso, convincenti. Alcune critiche di Lévy riguardo agli eccessi dell'autore, come l'accenno all'onanismo di Freud, sono senz'altro condivisibili. Ma resta la sensazione che i freudiani si trovino in difficoltà e ricorrano ad attacchi, anche personali, perché non riescono a difendere la psicoanalisi sul tema centrale che ha colpito la teoria in questi ultimi decenni di rivoluzione neuroscientifica ed evoluzionistica. La psicoanalisi, infatti, è basata su congetture che non trovano riscontro nelle ricerche. Freud attribuiva all'inconscio proprietà, propositi e scopi del tutto immaginari. Il complesso di Edipo, la pulsione di morte, l'omosessualità come narcisismo, l'invidia del pene da parte delle donne, la paura di castrazione maschile, per non dire della memoria filogenetica e del lamarckismo ingenuo - questi ultimi l'intelaiatura della sua opera - sono concetti che non hanno nulla a che fare con quanto è emerso in campo scientifico. Fa riflettere, d'altro canto, che quasi tutti i freudiani che prendono parte al dibattito siano di formazione umanistica: come se la psicoanalisi, che Freud tanto rivendicava come scientifica, sia davvero diventata tutt'altro.
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 16 GIUGNO 2010
Parenti lontani L’albero genealogico dell’uomo continua ad arricchirsi di nuove specie ed «esperimenti» biologici
Il filosofo fa il talebano Perché alla logica post-modernista non piace Darwin In filosofia, l'evoluzionismo è sostenuto da importanti esponenti come Giorello, Pievani, La Licata, Bellone, per limitarci ad alcuni nomi noti. Filosofi pragmatisti, coMAURILIO ORBECCHI nosciuti in tutto il mondo, come Habermas, ritengono che la ragione trovi la sua origine nell'evoluzione delle specie. Invece i filosofi i sta assistendo a una heideggeriani-postmoderni, corstrana alleanza tra fon- rente che ha come bersaglio prividamentalismo religioso legiato la scienza, la tecnica e il e una parte del pensiero concetto di verità, per lo più negafilosofico. Si è formata no l'evoluzione o affermano che è contro un comune obiettivo: la teo- solo un'ipotesi, finendo con l'apria dell'evoluzione, che, quando piattarsi sulle posizioni dei fondanon è apertamente negata, viene mentalisti di tutte le religioni. relativizzata o ridotta a pura ipoteUmberto Galimberti ha scritto si. un libro («Psiche e Tecne») sosteÈ nota la battaglia contro l'evo- nendo che l'uomo non ha nulla a luzione condotta dai protestanti che fare con gli animali, da cui safondamentalisti rebbe «abissalamericani, così comente separato». me quella degli La teoria dell'evoislamici ortodossi. luzione è per lui Da parte cattolica, del tutto «inidonea mentre due Papi a spiegare l'origihanno scritto che ne dell'uomo e la RUOLO: E’ MEDICO PSICOTERAPEUTA sua peculiarità». l'evoluzione non è E SPECIALISTA soltanto un'ipoteIN PSICOLOGIA CLINICA Emanuele Severisi, ci sono ancora IL SITO DELLA STANFORD no, in due recenti ENCYCLOPEDIA: articoli, ha parlato esponenti tradizioHTTP://PLATO.STANFORD. nalisti, come il carEDU/ENTRIES/DARWINISM/ della teoria dell' dinale Renato evoluzione prima Martino, che la negano aperta- come di un'«ipotesi» analoga alle mente. In quest'area si ritrovano ipotesi contrarie e poi come di una anche alcuni scienziati noti per le «teoria» basata sulla «credenza» loro posizioni eccentriche, come che le cose siano come appaiono. Antonino Zichichi e Giuseppe SerEppure è proprio la scienza a monti. mostrarci, da secoli, che le cose so-
Evoluzionismo
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Chi è Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta
no profondamente diverse da co- sulle verità ultime, utilizzando me si manifestano: ai nostri sensi sempre l'esempio della teoria dell' la Terra sembra piatta, ma navi e evoluzione? aerei ci hanno permesso di verifiSiccome per loro la verità è cocare che è sferica. I nostri occhi munque irraggiungibile, potrebbevedono il Sole girare attorno alla ro scegliere un esempio più chiaro Terra, ma Galileo ci ha provato per sostenere le loro idee metafisiche avviene il contrario. I popoli che. Perché non affermano mai, primitivi pensano che le malattie per parafrasare quanto scrive Sesiano causate da stregonerie uma- verino sull'evoluzione, che «le rane, o maledizioni divine, ma la me- gioni di chi ritiene che la Terra sia dicina ci mostra che dipendono da piatta e di chi la ritiene una sfera microrganismi e degenerazioni. sono equivalenti»? Il dubbio sulla Per noi una montagna è piena e Terra sferica apparirebbe troppo impenetrabile, bizzarro anche a ma dalla fisica L’INGANNO DEI SENSI loro, al punto sappiamo che è Una parte di noi rifiuta che preferiscoun enorme spano non utilizzarl’idea controintuitiva lo? Eppure l'evozio vuoto tra i nuclei degli ato- che le specie si trasformino luzione è tanto mi e gli elettrovera quanto è veni. Allo stesso modo il senso comu- ro che la Terra è una sfera! Scene ritiene che le specie siano fisse gliere come esempio la prima, ine immutabili, mentre gli evoluzio- vece della seconda, per negare il nisti hanno svelato la discendenza concetto di verità, significa quindi comune da una forma di vita, for- insinuare dubbi sull'evoluzione se simile a un filamento di Rna svi- che in realtà sono tanto bizzarri luppatosi dalla materia poco me- quanto i primi. no di 4 miliardi di anni fa. Nel contesto filosofico sembra Probabilmente nel futuro le ri- consentito sollevare qualsiasi dubcerche scientifiche ci manifeste- bio, anche il più fantasioso. Forse ranno altre dimensioni della real- è anche lecito non escludere che tà, ma è improbabile che queste sa- tutti potremmo essere dei repliranno in contraddizione con le sco- canti in stile «Blade Runner». Ma perte precedenti: se mai si aggiun- portare questi dubbi metafisici nel geranno in un nuovo contesto, co- contesto quotidiano e scientifico me la meccanica quantistica alla non significa farsi guidare da una Relatività. Occorre, allora, porsi pedanteria estrema, che non ha una domanda: perché questi filoso- nulla a che fare con la scienza e fi post-moderni instillano il dubbio con la stessa realtà?
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BIOLOGIA
GEOLOGIA
MISTERI
La strana storia tra microbi e uomini
“Ho trovato un cratere lunare in Egitto”
Il dodecaedro magico che guidò i Galli
Lo «Human Microbiome Project» cambierà il modo in cui si studiano i microbi.
Mai visto un cratere così: il racconto della scoperta realizzata da un team italiano.
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Simbolo sacro o scettro? Né uno né l’altro. Adesso arriva una nuova interpretazione.
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ARCOVIO e BECCARIA PAG. 24
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DI MARTINO PAGINA 25
DI CIANNI PAGINA 27
TUTTOSCIENZE RICERCA ITALIANA SVELA LE SORPRESE DI UN FENOMENO UNIVERSALE BATTEZZATO «EFFETTO SNARC»
Analisi MAURILIO ORBECCHI
La mente non è più invisibile
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L dualismo cartesiano, la credenza che la mente sia costituita da una sostanza astratta non riconducibile alla materia fisica e biologica, ha dominato il mondo scientifico e intellettuale almeno fino a Darwin. Nonostante le scoperte sul sistema cerebromentale, ancora oggi molti filosofi, sociologi e antropologi di scuola postmoderna utilizzano l'espressione «riduzionismo biologico» per connotare in maniera dispregiativa i contributi culturali di chi si occupa dei rapporti mentecervello da una prospettiva naturalistica. Eppure esistono strumenti - come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) - che ci forniscono immagini del cervello mentre svolge le sue attività. Il loro utilizzo ha rivoluzionato le neuroscienze e comincia a trasformare anche la psichiatria e la psicologia. Con la fMRI è possibile osservare, grazie al consumo differenziale di ossigeno, le zone cerebrali attive durante i processi psichici. Così «vediamo» in azione il cervello mentre pensa, vive delle emozioni, fantastica. Sono ricerche che stanno conducendo psichiatria e psicologia a superare i limiti di aleatorietà da cui erano caratterizzate per raggiungere uno stadio scientifico più maturo, con la ripetibilità degli studi e la misura quantitativa di ciò che accade durante le osservazioni. Due importanti libri, usciti per Bollati Boringhieri, scritti da studiosi torinesi, affrontano la questione, partendo dalle immagini raccolte con questa tecnica. SEGUE A PAGINA 26
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 28 LUGLIO 2010 NUMERO 1431 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
Il senso del pulcino per i numeri Conta come l’uomo, da sinistra a destra: la matematica è “naturale”? MONICA MAZZOTTO
L
a matematica, piaccia o no, è parte della nostra vita ed è alla base di ogni scienza. I numeri danno senso a ogni aspetto del mondo naturale, dalla spirale logaritmica delle conchiglie alla geometria dei fiocchi di neve, dalle celle esagonali delle api al calcolo del moto dei pianeti del Sistema solare. I numeri servono per calcolare le distanze, i pesi o il trascorrere del tempo negli orologi. Ogni lingua possiede parole per definire i numeri e ogni individuo, più o meno spontaneamente, impara a contare sulle dita e possiede una serie di «intuizioni» aritmetiche che permettono di stabilire che 8 è più grande di 5 e che 6 si trova tra 5 e 7. Ognuno di noi ha quello che il matematico e psicologo francese Stanislas Dehaene chiama «il senso del numero». Eppure, «come» si immaginano i numeri? E come sono rappresentati nella mente? Il celebre matematico e Nobel, John Nash, che ispirò il film «A beautiful mind», ha spiegato che lui «vedeva» comparire le soluzioni dei calcoli davanti ai
«Gli esperimenti mettono in crisi i nostri preconcetti sulle influenze culturali» suoi occhi. E anche un’altra celebrità, Albert Einstein, diceva di pensare ai numeri come rappresentazioni nello spazio e non come puri simboli. Secondo Dehaene, e prima di lui lo scienziato inglese Francis Galton, i numeri vengono «visti» su una linea, in ordine crescente da sinistra a destra: i numeri piccoli a sinistra e quelli più grandi a destra. La dimostrazione empirica di questa teoria è emersa da una serie di esperimenti che hanno evidenziato l'effetto «Snarc» («Spatial numerical association of response codes effetc»). Ai soggetti impegnati in questo esperimento viene chiesto di indicare se una cifra, compresa tra 1 e 9, che compare su di uno schermo, sia pari o dispari e di farlo schiacciando un pulsante con una mano. Poi l'esperimento si ripete con la mano opposta. Il risultato è che il tempo di reazione ai numeri piccoli è minore quando viene usata la mano sinistra,
mentre i tempi di risposta ai numeri grandi è minore se viene usata la mano destra. Questa sarebbe la prova che, essendo la linea dei numeri orientata da sinistra a destra in modo crescente, quando vediamo un numero cerchiamo sempre di posizionarlo all'interno di questa linea e rispondiamo con la mano omologa al lato «giusto» più rapidamente. «L'interpretazione tradizionale è che nell'uomo l'orientamento della linea mentale dei numeri sia legato alle abitudini di lettura e scrittura e che, dunque, sia influenzato da variabili strettamente culturali - spiega Giorgio Vallortigara, professore di neuroscienze presso il Center for Mind/Brain Sciences dell'Università di Trento -. Tuttavia numerosi esperimenti hanno messo in crisi questa spiegazione». Non è difficile, infatti, verificare l'ipotesi dell'influenza culturale, osservando se, per esempio, la linea dei numeri si inverta nelle popolazio-
Giorgio Vallortigara Neuroscienziato RUOLO: E’ PROFESSORE DI NEUROSCIENZE PRESSO IL «CENTER FOR MIND/BRAIN SCIENCES» DELL'UNIVERSITÀ DI TRENTO IL SITO: HTTP://PORTALE.UNITN.IT/ CIMEC/
ni arabe, dove la lettura e la scrittura seguono un orientamento da destra a sinistra. «Si è visto che l'effetto “Snarc” sembra essere solo parzialmente influenzato da variabili culturali - puntualiz-
za Vallortigara -. Al massimo tende a ridursi o a scomparire in chi scrive da destra a sinistra, ma raramente si rovescia. Questo suggerisce che i fattori di apprendimento socioculturale possono influenzare l'orientamento della linea mentale dei numeri, ma probabilmente non ne sono la causa iniziale». Una delle strade per capire quanto la cultura influenzi la nostra specie è studiare il medesimo comportamento in altre specie. Una recente ricerca, comparsa su «Biology Letters», ha fatto proprio questo, studiando due uccelli diversi la nocciolaia e i pulcini di gallo domestico - per capire se anche in altri animali, oltre all'uomo, esista una rappresentazione della linea dei numeri. «Osservando il comportamento degli animali - commenta Vallortigara, uno degli autori della ricerca (assieme a Rosa Rugani, Lucia Regolin e ad un team di studiosi canadesi) - si riesce ad
eliminare ovviamente ogni influenza culturale». Ma come si fa a capire che cosa ha in testa un pulcino e capire come vede i numeri? Con una tecnica che si rivela semplice e ingegnosa. «Gli uccelli - continua il ricercatore - posti di fronte a una fila di 16 elementi identici, a questi perpendicolari, sono stati allenati a beccare solo un determinato elemento, per esempio il quarto. A questo punto la serie di oggetti è stata ruotata di 90˚ e da perpendicolare è diventata frontale rispetto alla posizione degli uccelli. Quello che abbiamo evidenziato è che in entrambe le specie i soggetti mostrano di scegliere la posizione corretta, contando da sinistra verso destra, come nell'uomo». Se la linea dei numeri è presente anche nella mente di un pulcino, è allora probabile che l'influenza culturale della scrittura e della lettura sia ininfluente. E le prove dell'esistenza di una «naturalità» della matematica sono sempre più diffuse: esistono numerose ricerche, in laboratorio e in natura, sulle abilità matematiche degli animali. «Le galline sanno fare stime numeriche elementari spiega Vallortigara - e si accorgono se si verificano delle variazioni nel numero di individui della loro covata. Le interazioni preda-predatore suggeriscono complesse valutazioni delle relazioni costi-benefici che richiedono stime di numerosità. Negli scimpanzé, poi, la decisione di attaccare un altro gruppo avviene quando il rapporto tra chi attacca e chi viene attaccato è di almeno una volta e mezzo». Anche nello studio delle strategie di foraggiamento sembra che gli animali adottino modelli matematici sofisticati per massimizzare il tasso energetico in entrata. «Ovviamente questo non vuol dire che gli animali siano in grado di compiere calcoli così difficili, non più di quanto - scherza Vallortigara - un uccello valuti le leggi dell'aerodinamica o un pesce quelle dell'idrodinamica». Vuol dire semmai che la visione e la comprensione del mondo attraverso i numeri potrebbe essere stata una strada intrapresa dall'uomo, non da solo, ma in compagnia di tanti altri «matematici naturali». Ai lettori: Tuttoscienze va in vacanza. Arrivederci a mercoledì 1˚ settembre
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 28 LUGLIO 2010
ANALISI
Tecnologia
La falsa mitologia della mente separata dal cervello
NICOLA PUGNO POLITECNICO DI TORINO
E’
successo a tutti di passeggiare in montagna, su un sentiero poco frequentato, e di imbattersi in una ragnatela, provando un inevitabile fastidio. Colpa della dimensione ridotta dei fili, che la rendono difficilmente visibile, esattamente come è richiesto dalla necessità di catturare le prede. Ma il fastidio è anche dovuto alla resistenza delle ragnatele stesse, paragonabile a quella dell'acciaio, anche se decisamente più leggera: nonostante la quasi invisibilità dei fili, la forza necessaria per romperli è avvertibile anche da un essere umano, che non può non percepire le loro caratteristiche adesive.
SEGUE DA PAGINA 23 MAURILIO ORBECCHI
Nicola Pugno Ingegnere RUOLO: E’ PROFESSORE DI SCIENZA DELLE COSTRUZIONI E RESPONSABILE DEL LABORATORIO DI NANOMECCANICA BIO-ISPIRATA «GIUSEPPE MARIA PUGNO» RICERCHE: NANOMECCANICA IL SITO: HTTP://STAFF.POLITO.IT/ NICOLA.PUGNO/
La proprietà più sorprendente della ragnatela, comunque, resta quella che in gergo si definisce «tenacità». Con «tenacità» di un materiale si intende la capacità di dissipare energia, qualità che non è strettamente correlata alla resistenza. Quest'ultima, infatti, è spesso elevata anche in sostanze fragili. Per avere una idea di quanto tenace sia una ragnatela basta pensare che, se fosse «alzata di scala» in modo da rendere un insetto simile a un aeroplano, ad esempio con cavi di 1 centimetro di diametro, questa sarebbe in grado di stoppare la corsa di un Boeing 747. In effetti, una libellula, capace di raggiungere i 50 chilometri all’ora, non potrebbe mai essere bloccata, se non da fili che abbiano proprio i formidabili poteri di quelli tessuti dai ragni. E’ noto che queste «architetture» sono costituite da una matrice proteica semi-amorfa, all'interno della quale si trovano «affogati» dei nanocristalli bidimensionali. Se la struttura della proteina assomiglia a un groviglio (e mostra delle interazioni deboli), i nanocristalli hanno dimensioni di 3 nanometri, 30 volte la dimensione di un atomo, e sono quindi piccolissimi. Eppure, nonostante questi legami deboli, la ragnatela si rivela molto resistente. Come è possibile un simile fenomeno? Quando si prova a romperla, la
Le ragnatele possiedono una forza straordinaria: è difficile che un insetto possa sfuggire al loro abbraccio mortale
Perché la libellula teme le ragnatele Se fosse un jet, i fili fermerebbero un Boeing proteina si «sgroviglia» e, poi, nel momento in cui l'allungamento raggiunge all’incirca il 13%, i legami deboli trasversali (quelli dell’idrogeno) cominciano a rompersi e la struttura diventa via via meno rigida (la metà del valore iniziale), ma in grado di dissipare molta energia a causa della rottura dei legami stessi. Raggiunto il 48% dell' allungamento, la proteina si è «sgrovigliata» completamente ed è a questo punto che entrano in gioco i nanocristalli: sono loro a irrigidire la struttura - 10 volte il valore iniziale - e, soprattutto, a rendere il tutto estremamente resistente. Poco prima della rottura, e precisamente al 63% dell'allungamento, avviene poi un fenomeno inusuale. E’ lo «stick-slip» tra i nanocristalli, vale a dire l'alternanza di aderenza e di scivolamento (ciò
che accade nelle porte cigolanti). o 63%), prima di tutto a causa dell' Questo fenomeno incrementa assenza del fenomeno di «stickl'energia dissipata a causa dell'at- slip». Questo suggerisce che la ditrito associato allo scorrimento mensione caratteristica di 3 nanotra i nanocristalli di un ulteriore metri sia necessaria per massimiz23%. Quando, infizare la sinergia ne, l’allungamenLA RESISTENZA tra nanocristalli e to arriva a un valoI calcoli I nanocristalli sono matrice. re del 67%, la ranell’ambito del affogati nella struttura progetto «Mitor», gnatela cede. di una proteina realizzato in collaSe immaginassimo di aumentaborazione tra re la dimensione LO STUDIO Markus Buehler dei nanocristalli Mit di Boston E’ stato realizzato del anche di poco, da e il Politecnico di dai Politecnici di Torino Torino (e finanzia3 a 6.5 o a 10 nanoe Milano con il Mit to dalla Compametri, le proprietà meccaniche gnia di San Paolo) verrebbero modificate drammati- - sono stati pubblicati da «Nano camente, inducendo una diminu- Letters». zione del cosiddetto «allungamenLa prossima volta che ci imbatto a rottura» (del 60% o 55% ri- tiamo in una ragnatela il fastidio spettivamente), della resistenza dovrebbe lasciare il posto allo stu(33% o 67%) e della tenacità (43% pore.
(segue da pag. 20) E’ mancato all’affetto dei suoi cari
cav. Giuseppe Destreri anni 75 Lo annunciano sorelle, fratello, cognati e nipoti. Rosario il 28 luglio 2010 alle ore 18 in cappella parrocchia S. Rita, Funerale il 29 luglio 2010 alle ore 9. – Torino, 27 luglio 2010 O.F. S. Rita - tel. 011.3291978 E’ mancata
Gianna Santagata ved. Debarbieri Lo annunciano i figli Marina, Mario con Rosy, il nipote Luca, parenti tutti. Un ringraziamento a Viorica. Per orari telefonare dalle 14 alle 18. – Torino, 27 luglio 2010 O.F. Giubileo 011.6678 - 30 Linee R.A. E’ improvvisamente mancato
Mario Toldo Ne danno annuncio a Funerali avvenuti la moglie Anna e la figlia Monica. Un sentito ringraziamento alla dottoressa Paola Massucco, alla signora Maura e a tutto il reparto di Diabetologia dell’ospedale S. Luigi di Orbassano. – Torino, 25 luglio 2010
Paola Rocca e Filippo Bogetto in «Fotografare il cervello» mostrano come qualsiasi stato della mente abbia una localizzazione cerebrale e ciò vale non solo per le patologie neurologiche, ma anche per quelle psichiatriche come la schizofrenia, le depressioni e per i normali stati psicologici come le emozioni. Anna Berti, in «Neuropsicologia della coscienza», esponendo i suoi studi sulle funzioni mentali in individui che hanno subito incidenti, si occupa del tema della coscienza, addentrandosi anche in temi filosofici. Dall'integrazione di questi due modi di fare ricerca, da un lato sui luoghi cerebrali attivi durante determinati comportamenti, dall'altro su come funziona la mente quando sono lesi alcuni settori del cervello, risulta chiaro come né la mente né la coscienza siano caratterizzate da un'unità del tipo «tutto o nulla». Il sistema appare composto da parti funzionalmente separate, chiamate con nomi differenti da autori diversi. Quando uno o più di questi circuiti è lesionato, viene meno solo l'espressione mentale correlata alle corrispondenti parti biologiche e non il resto della mente (o della coscienza). Queste parti, relativamente autonome, sembrano corrispondere ai «moduli» del co- A caccia della mente gnitivismo o ai «meccanismi» della psicologia evoluzionistica; un buon punto a favore dell'esempio proposto da Tooby e Cosmides, secondo i quali l'organo mente-cervello assomiglia più a un coltellino svizzero multifunzione configurato per specifici problemi piuttosto che a una lama buona per ogni uso. Gli studi in questo settore sono quindi importanti anche per i biologi evoluzionisti e per i filosofi della mente, che possono rivolgersi alle neuroscienze per trovare una soluzione a una battaglia ultradecennale: per molto tempo si è discusso se la mente e la coscienza fossero un'unità o una sorta di risultato computazionale di ciò che emerge dall'insieme del lavoro di innumerevoli parti differenti. I risultati che delle ricerche neuroscientifiche stanno dando ragione alla seconda ipotesi: la mente e la coscienza non sono una proprietà unitaria, ma un prodotto di sottoinsiemi distribuiti nel cervello. Lo stesso Io appare più come una sensazione derivata dall'integrazione di processi mentali frammentari che come un'unica realtà, localizzabile da qualche parte. Ricerche come queste hanno profonde ricadute filosofiche. L'indipendenza della mente, della coscienza e dell'Io dal cervello sono ormai mitologia e nessuna riflessione sull'essere umano può prescindere da una visione naturalistica. Chi è rimasto impigliato nel postmoderno può verificare che le produzioni culturali umane hanno basi biologiche dalle quali non si può più prescindere. Negare ancora la correlazione mentecervello sembra più una pigrizia intellettuale che una vera e differente visione della realtà.
Gian Luigi Falabrino non c’è più. Lo annuncia con profondo dolore la moglie Franca. Il Funerale avrà luogo mercoledì 28 luglio alle ore 11 nella chiesa di Santa Maria Incoronata di corso Garibaldi 116, Milano. – Milano, 27 luglio 2010
2010
Giuseppe Necco
Incancellabile il tuo ricordo. 1996
2010
prof. Giovanni Chissotti
Sempre ricordato. Rosetta, Mimmo ed Elisa.
Non è più qui
Raffaella Castagna Lo annunciano Katia e Mauro. Funerali giovedì 29 luglio ore 10,30 con benedizione al Cimitero Monumentale di Torino, corso Novara. – Orbassano, 26 luglio 2010 O.F. Astra - tel. 011.280901 La Direzione e il personale della Casa di Cura e di Riposo San Luca ricordano l’
ing. Carlo Ferraris uno dei fondatori della Clinica. – Pecetto, 27 luglio 2010
anniversari 2009
2005
2010
Gabriella Allasia Ci manchi tanto. Mamma e parenti tutti. La Messa, 29 luglio presso chiesa S. Spirito ore 18, via Moncalieri, capolinea 55, Gerbido.
2009
28 luglio
2010
Stefano Pasquariello
ottico E’ trascorso un anno, il tuo sorriso, il tuo amore non si dimenticano facilmente. – Torino, 28 luglio 2010 2009
28 luglio
2010
Rita Zanol Armentano
Ti ricordiamo ogni giorno. I tuoi figli Rosy con Gianni e Marco con Silvana; Giuseppina e Giuseppe con Monica e Andrea.
28 TuttoScienze
LA STAMPA MERCOLEDÌ 29 SETTEMBRE 2010
ANALISI
Come costruire un futuro per i centri d’eccellenza SEGUE DA PAGINA 25 JACOPO MELDOLESI UNIVERSITA’ VITA-SALUTE SAN RAFFAELE
Anche la scienza può macchiarsi di errori deliberati, ma i suoi anticorpi si rivelano molto efficaci
Quante bugie in laboratorio Negli Usa fanno scuola le contromisure dei controlli incrociati te della magistratura americana che in questi casi non è per nulla tenera. I lavori di Hauser sulle risposte ai dilemmi morali da parte MAURILIO ORBECCHI dell'uomo, noti per esempio attraverso il celebre saggio «Menti morali», al momento sono invece indenni da polemiche, anche perché l mondo universitario ameri- si basano su ricerche di numerosi cano è scosso dalla scoperta autori. L'università, intanto, ha indi uno scandalo scientifico: viato alcune note di correzione, riMarc Hauser dell'Universi- guardo ai lavori incriminati, che tà di Harvard, biologo evolu- verranno pubblicate sulle riviste zionista, primatologo e «star» del- dove sono usciti gli articoli. la psicologia cognitiva e sperimenHarvard, che non ha esitato a tale, noto anche in Italia attraver- raccogliere la denuncia di un assiso i suoi libri, è stato dichiarato stente contro uno dei suoi più imcolpevole di frode scientifica da portanti professori, investigando Michael D. Smith, preside della fa- sul caso e senza badare alla diffecoltà di scienze di Harvard. renza di posizione, autorità e preHauser ha amstigio tra i due, si è messo una serie di dimostrata anche «errori» e si è prein questo caso all' so un anno sabbaaltezza della sua tico. Gli articoli reputazione di più che hanno riportaimportante ateto i suoi dati «coneo del mondo. RUOLO: E’ SPECIALISTA struiti» sono tre, La vicenda, coIN PSICOLOGIA CLINICA mentre altri cinsì, è finita non solo IL SITO DEL LABORATORIO que erano in atteDI EVOLUZIONE COGNITIVA: sulle più importanHTTP://WWW.WJH.HARVARD.EDU/ ti riviste a cui Hausa di stampa. Ri~MNKYLAB/DOGLAB.HTML guardano tutti la ser collaborava, risposta a determa sui maggiori minati stimoli musicali o visivi da quotidiani americani, sollevando parte di una scimmia americana, il problema del controllo dei dati il Tamarino edipo, o Tamarino pubblicati dagli scienziati. Semchioma di cotone, evoluzionistica- bra una questione lontana e mente lontano dall'uomo. Sui fatti astratta, invece si tratta di un proè stata aperta un'inchiesta da par- blema che riguarda tutti da vici-
Ricerca
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Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta
no, perché è basandosi sull'onestà neppure documentatissimi casi degli scienziati che si investono di plagio sono stati perseguiti dalmiliardi per le ricerche delle uni- le università e dove i casi di diversità nel mondo e che si impo- missioni per falsi e forzature dei stano le scelte strategiche dei si- dati delle proprie ricerche semstemi sanitari, delle politiche eco- plicemente non esistono. Da noi, nomiche e di sviluppo: sono recen- l'unico deterrente contro questi ti, per esempio, le dimissioni di comportamenti è lo screditamenRajendra Pachauri da presidente to pubblico dell'autore. dell’Ipcc (il Gruppo intergovernaEcco perché, probabilmente, è tivo sui cambiamenti climatici giunto il momento di fare un pasdell'Onu ), vincitore del Nobel per so in avanti e istituire organismi la pace nel ‘97 con Al Gore per la centrali di controllo, sia nazionali diffusione di alcune infauste previ- sia europei, dotati di poteri effettisioni sui cambiavi e in grado di menti climatici, e IL CASO HAUSER individuare successivamenperseguire i casi La star della psicologia te ritrattate, tra di frode scientifievoluzionistica è accusata ca che affliggocui lo scioglidi aver falsificato i dati no il mondo delmento dei ghiacciai dell'Himalale pubblicazioni: ya, previsto per il 2035. dati costruiti per fare carriera, La discussione se questi rap- per ottenere finanziamenti e preporti fossero solo errati o una co- mi, per spingere un prodotto diestruzione artificiosa per influen- tro compenso, oltre a false scoperzare il mondo scientifico e le scel- te e plagi e tutto ciò che mina la te di politica internazionale han- credibilità della scienza. no dato origine a quello che è staLa lezione è che anche nella to chiamato «Climategate», men- scienza, come in qualsiasi altra attre l’utilizzo dei dati forniti dall' tività, gli inganni sono possibili. Ipcc è alla base del libro e del film Ma nella scienza, proprio per la di Al Gore «Una scomoda veri- sua controllabilità, i falsi sono detà», per il quale l'ex candidato al- stinati a emergere prima che in la presidenza degli Usa ha vinto il qualunque altra disciplina. I ricerpremio Oscar. catori fraudolenti devono quindi Il mondo scientifico america- riflettere più di altri sulla massino dimostra in questo modo di ma di Lincoln: «Si può ingannare avere forti anticorpi rispetto ai qualcuno per sempre, o tutti per falsi. Impietoso appare il parago- un po' di tempo, ma non si può inne con il mondo italiano, dove gannare tutti per sempre».
2. Perché non era specificato come il finanziamento dovesse essere speso. La scelta, quindi, fu fatta dai vari centri e in genere non consistette nella spartizione tra i gruppi. Riguardò, invece, iniziative di interesse comune, quali l'organizzazione di convegni, l'acquisto o l'aggiornamento di attrezzature, l'inserimento di nuovi ricercatori e così via. Come si è detto, il finanziamento dei centri si limitò ai primi 2 anni. L'iniziativa, però, non si interruppe. Molti centri continuarono e continuano a lavorare, anche se evidentemente con difficoltà, utilizzando una parte dei finanziamenti individuali dei ricercatori. Ma in futuro, che fine dovranno (o potranno) fare questi centri? E’ stata questa la domanda da cui è nato il convegno: potrebbero avere un ruolo quanto mai positivo da un punto di vista culturale. Il rapido sviluppo delle conoscenze richiede infatti, sempre più, la collaborazione di ricercatori con interessi e conoscenze diversi. Attrezzandosi per interagire con il mondo della produzione, potrebbero essere importanti anche per gli sviluppi in campo applicativo. Serviranno inoltre per la formazione e l'orientamento di studenti e dottorandi, ai quali è spesso difficile distinguere la buona scienza da quella mediocre, e prendere quindi decisioni realmente consapevoli per il loro futuro. Infine potranno servire a trattenere in Italia i giovani ricercatori brillanti, che ogni anno lasciano il nostro Paese, spesso per non tornare, e a richiamare ricercatori stranieri, che sono oggi molto rari . Nei Paesi avanzati l'importanza di questi centri è ben conosciuta. Anche in Italia molta della ricerca migliore è fatta in questi luoghi riconosciuti a suo tempo dal ministero o da altre realtà di eccellenza, rinforzatesi o sviluppatesi nel frattempo. La loro presenza e il loro sviluppo ha quindi un interesse generale e non solo culturale. Una proposta uscita dal convegno di ieri - vale a dire la possibile resurrezione di queste entità - dovrebbe essere presa in attenta considerazione. Resurrezione non vuole dire rifinanziamento dei centri esistenti. Piuttosto deve basarsi su due concetti: valutazione di quanto è stato fatto e competizione con le altre realtà esistenti nel Paese. I centri hanno cominciato a fare chiarezza sulla propria attività attraverso varie iniziative: la pubblicazione di un libro che riassume il lavoro di tutti, siti web e, appunto, il convegno di ieri, dove ogni centro ha presentato la propria attività con un poster e una breve comunicazione. L'argomento principale, però, è stato dedicato al loro ruolo, anche nella difficile situazione economica di oggi. Vedremo se ci saranno sviluppi.
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BIOTECNOLOGIE
INTERVISTA
MISTERI
“Sì agli Ogm: servono contro la fame nel mondo”
“Il nostro alter ego è nascosto in un orso”
E’ possibile fare sesso quando si è nello spazio?
La Pontificia Accademia delle Scienze si schiera a favore delle piante «modificate».
Discendiamo dalle scimmie, ma il nostro immaginario non può fare a meno degli orsi.
I
La medicina spaziale si occupa anche di sesso? Le risposte sono contraddittorie.
I
DEFEZ PAGINA 26
I
CIMATTI PAGINA 27
GRASSIA PAGINA 29
TUTTOSCIENZE IL TEAM ITALIANO DEL TEST «ASACUSA» PRODUCE ATOMI DI ANTI-IDROGENO: «SI AVVICINA IL MOMENTO DI RIVEDERE LE LEGGI DELLA FISICA?»
Analisi MAURILIO ORBECCHI
L’inevitabile separazione da Freud
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on si può neppure dire che la psicoanalisi freudiana sia falsa o non scientifica, perché non è nemmeno raccontabile, o riassumibile, tanto è contraddittoria». Edoardo Boncinelli, biologo affermato in campo internazionale per i suoi fondamentali lavori sui geni Hox - i geni architetto che «dirigono» il lavoro degli altri geni - non teme di inimicarsi il mondo psicoanalitico e va giù pesante: «Il modello freudiano non solo non è scientifico, ma non lo può neppure diventare. Andrebbe riformulato di sana pianta, a cominciare dai concetti di “Io” e di “Inconscio”. Freud assegna delle proprietà, degli obiettivi, delle mire e delle caratteristiche che non hanno nulla a che fare con il nostro inconscio. Quindi Freud e le neuroscienze, nonostante qualcuno dica il contrario, sono due vie separate. Nemmeno parallele, ma divergenti». L'affermazione è particolarmente autorevole, perché pronunciata da un neuroscienziato che è stato chiamato a far parte del Comitato del Centro di Neuropsicoanalisi Internazionale, istituito con lo scopo di cercare le basi biologiche del pensiero freudiano sotto gli auspici del New York Psychoanalytic Institute. Ma non finisce qui: «Per di più i freudiani guardano con supponenza agli junghiani e alle altre scuole, invece non sono affatto meglio degli altri. Sostanzialmente sono tutti delle sette». SEGUE A PAGINA 28
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 1 DICEMBRE 2010 NUMERO 1445 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
“Il mio viaggio nell’antimondo” Al Cern una “fabbrica” di antimateria indaga l’origine dell’Universo GABRIELE BECCARIA
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otrebbe diventare la fonte d’energia perfetta e la chiave della tecnologia del XXI secolo. Oppure la sua capacità distruttiva potrebbe trasformarla nell’arma definitiva di distruzione di massa. E’ troppo presto per saperlo e il fisico britannico Frank Close le ha appena dedicato un saggio con cui si diverte a esplorarne i misteri: si intitola semplicemente «Antimateria», perché basta la parola per evocare un brivido in chiunque. Sulla Terra non esiste, eppure abbiamo imparato a fabbricarla, confinando qualche infinitesimo frammento in po-
Evandro Lodi Rizzini Fisico RUOLO: E’ PROFESSORE DI FISICA ALL'UNIVERSITÀ DI BRESCIA E RESPONSABILE DELLA PARTE ITALIANA DELL’ESPERIMENTO «ASACUSA» IL SITO: HTTP://ASACUSA.WEB. CERN.CH/ASACUSA/
tenti campi magnetici da cui sia impossibile la fuga e, quindi, qualunque rischio: al Cern di Ginevra due esperimenti in parallelo stanno facendo notizia. Mentre «Alpha» la imprigiona, «Asacusa» le spara addosso. L’obiettivo finale dei team è risolvere l’interrogativo, forse, più spaventoso di tutti: perché dopo il Big Bang la materia ha prevalso sull’antimateria, dando forma all’Universo che conosciamo e a ciò che noi siamo? Ci vorrà tempo per abbozzare una risposta e siamo lontanissimi dal custodire l’inquietante ampollina fluorescente che nel film e nel romanzo «Angeli e Demoni» minaccia di annientare il Vaticano. Ma intanto il prossimo passo sta per essere annunciato da un team italiano sulla rivista «Physical Review Letters»: se «Alpha» studia gli anti-atomi di idrogeno imprigionati in una trappola
magnetica a bassissima temperatura, «Asacusa» - l’acronimo di «Atomic spectroscopy and collisions using slow antiprotons» che si pronuncia come il nome del più antico tempo buddhista di Tokyo - bombarderà gli anti-atomi con fasci a microonde, facendoli volare in uno spazio di non più di 20 centime-
tri prima della loro analisi e della disintegrazione. E’ una performance che fa battere forte il cuore dei fisici. «Nei decimillesimi di secondo in cui si spostano nell’apparato potremo vedere come cambierà la loro polarizzazione. Lo scopo - spiega il responsabile del test Evandro Lodi Rizzini -
è capire se gli anti-atomi reagiscono in modo diverso rispetto agli atomi oppure se continua la simmetria apparentemente perfetta tra materia e antimateria». E visto che in gioco ci sono la realtà e il suo specchio, non è un caso che la procedura utilizzata per la ricerca rappresenti
una sorta di opposto a quella che ha reso celebre Lhc, l’acceleratore di particelle: invece di far scontrare protoni alla velocità della luce e a energie via via maggiori, «si fa in modo che gli anti-protoni vengano messi a riposo», sottolinea Lodi Rizzini. Il mondo dell’acceleratore si rovescia così nel «deceleratore»: «E’ possibile grazie a una macchina unica sul pianeta, realizzata al Cern, e d’altra parte “Asacusa” è il solo esperimento in grado di fermare gli anti-atomi e poi di farli ripartire». Anche il trabocchetto per intercettare gli anti-atomi è speciale e Lodi Rizzini la descrive come una strada che da liscia si trasforma in un saliscendi e in cui i «più freddi», vale a dire quelli meno energetici, si bloccano, lasciandosi superare da quelli «più potenti». Così solo il 50% prenderà il volo e il fascio ottenuto verrà passato sotto esame per indagare le interazioni che danno vita all’elusiva antimateria. E la conclusione piena di promesse è che, «se le frequenze tra atomi e anti-atomi non coincideranno, andranno riviste le leggi fondamentali della fisica». Ciò che al momento sappiamo è che nell’antimateria particelle e atomi hanno la stessa massa dei «gemelli» della materia, ma carica elettrica opposta: in teoria un anti-mondo sarebbe indistinguibile dal nostro e tuttavia, se i due entrassero in contatto, si annullerebbero in un inimmaginabile lampo energetico. E’ ciò che per primo aveva previsto il Nobel Paul Dirac nel 1928 e da allora la caccia non si è mai interrotta, tra ripetuti colpi di scena: nel ‘95, sempre al Cern, sono stati generati i primi 9 nove anti-atomi di idrogeno e l’anno prossimo verrà installato sulla Stazione Spaziale l’esperimento internazionale «Ams». Cercherà gli anti-nuclei pesanti, come l’anti-elio e l’anti-carbonio, e nel caso li trovasse - ha dichiarato uno dei responsabili dello studio, Roberto Battiston - «significherà che esistono anti-stelle attive in anti-mondi». Per l’umanità potrebbero spalancarsi spiazzanti scenari da «Alice nel paese delle meraviglie» e poi sogni ad occhi aperti, come gli anti-motori immaginati per l’astronave «Enterprise» di «Star Trek», e incubi come i super-cannoni annichilatori: secondo alcune leggende metropolitane, sono già allo studio al Pentagono.
28 TuttoScienze
LA STAMPA MERCOLEDÌ 1 DICEMBRE 2010
Lo sapevi che? Un’«autostrada» per ricordare i nomi Succede spesso di incontrare per strada o di vedere in tv qualcuno di cui non si ricorda il nome. Succede perchè il cervello fa viaggiare le informazioni su «autostrade dedicate»: ma a volte queste informazioni escono al «casello» sbagliato e un determinato volto non viene collegato al suo nome. Adesso l’«uscita» giusta è stata trovata dai ricercatori dell’Università Bicocca di Milano: si chiama fascicolo uncinato. Il cervello - rivela l’articolo pubblicato sulla rivista «Brain» - è dotato di un circuito specifico proprio per la ricerca dei nomi: dall’area orbito-frontale laterale (localizzata vicino alla tempia) parte l’input per la ricerca dell’informazione, che deve arrivare al polo temporale (più vicina all’orecchio), dove è conservata in memoria la «biografia» di ciascuna persona. A fare da collegamento tra queste due aree è proprio il fascicolo uncinato.
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L’Io non è quello di Freud “Ma la psicoterapia può servire: abbiamo bisogno di fidarci” Analisi MAURILIO ORBECCHI
SEGUE DA PAGINA 25
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uttavia Boncinelli si mostra favorevole alla psicoterapia: «Se fatta bene, dà dei risultati. Soprattutto per il rapporto umano. L'ho sperimentato sia come paziente sia come terapeuta. La gente ha bisogno di fidarsi, di parlare e di essere ascoltata. Si può avere un buon effetto anche senza capire bene il motivo per cui si ottiene. Ma le teorie interpretative della psicoanalisi e delle discipline da essa derivate sono speculazioni che non stanno in piedi». Boncinelli ha abbandonato la ricerca da qualche anno per dedicarsi alla riflessione sui grandi temi, fino a diventare uno dei più importanti esponenti di quella che John Brockman chiama la «Terza cultura». Questo è il termine con il quale si definisce il pensiero degli scienziati che si occupano dei pro-
blemi che una volta erano riservati scopre che sono rimasti dualisti taesclusivamente ai filosofi, un'atti- li e quali, semplicemente hanno tudine inaugurata dai maggiori fi- una terminologia diversa. Solo chi sici del Novecento, da Einstein a pensa che tutto quel che ci passa Bohr e a Heisenberg, e oggi porta- in mente sono segnali e circuiti ceta avanti soprattutto da biologi e rebrali, e che in testa non c'è nienneuroscienziati. Si tratta di una no- te oltre al cervello, è davvero nonvità, nella filosofia, che riporta al dualista». pensiero dell'antica Grecia, dove Tuttavia, anche lui oggi esprilo scienziato e il filosofo erano riu- me una punta di dualismo: «È veniti in una sola figura. ro, faccio una specie di marcia inIn questo periodo Boncinelli si dietro rispetto ad alcune mie posiè occupato di etica, del male, delle zioni precedenti. Divido anch'io il emozioni, dell'amore e in particola- mondo in due parti, anche se totalre del tema della mente sproporziocoscienza, di cui nate: da un lato tuttratta soprattutto ta la mia vita, comnel suo ultimo lipresi i miei desidebro «Mi ritorno in ri, che sono riducimente» (Longanebili alla biologia, si), al quale ha dedall'altro la sensaRUOLO: E’ STATO DIRETTORE zione del mio “Io”. dicato gli ultimi DEL LABORATORIO DI BIOLOGIA anni tre anni di laMOLECOLARE DELLO SVILUPPO Non riesco a capivoro: «Ho voluto ALL’ISTITUTO SCIENTIFICO re, infatti, come la DELL’OSPEDALE SAN RAFFAELE scienza potrà trasoppesare ogni IL LIBRO: «MI RITORNO IN MENTE» singola parola», LONGANESI durre la mia cospiega. Le sue tesi, scienza fenomeniriprese in un interessante libro a ca, cioè il mio “Io”, in termini di due voci con Michele Di Francesco molecole e circuiti». «Che fine ha fatto l'io» (Editrice La sua posizione, in generale, è San Raffaele), sono contro il duali- quella oggi maggioritaria nell'evosmo psiche/corpo: «Chiunque, og- luzionismo e nelle neuroscienze gi, si dichiara non dualista. È di- contemporanee: «La mente deriva ventato di moda. Eppure, quando dall'organismo e ne fa parte. Qualsi approfondisce l'argomento, si siasi emozione va dal corpo alla
Edoardo Boncinelli Genetista
mente: il corpo reagisce prima che la mente sia consapevole di reagire. Mi piace molto, a questo proposito, una frase del famoso neuroscienziato Michael Gazzaniga “La mente è l'ultima a sapere”». Dunque, aveva ragione William James, che sosteneva che, in caso di pericolo, prima viene da fuggire e solo dopo si raggiunge la coscienza della paura?. «Aveva senz'altro ragione James, che è stato un gigante della psicologia, molto superiore a Freud, che lo ha messo ingiustamente in ombra». Ma che spazio c’è per l'anima nel sentimento e nelle emozioni? «Secondo me, non si può e non si deve parlare dell'anima, se non in senso metaforico. Io stesso utilizzo la parola “anima” nel senso di psiche o di animo. Non si può parlare di anima nel senso metafisico del termine, come qualcosa di aggiuntivo alla materia che ci sta in testa, o dentro il corpo, perché la scienza non ha mai incontrato qualcosa di simile». E allora come si può rispondere a un Ivan Karamazov moderno che teme che senza un Dio tutto sia permesso? «Io rovescerei la questione - conclude -: direi che un'etica laica è tanto più necessaria quanto meno posso confidare in un ente superiore».
L’AIRC: I FONDI DAL 5 PER MILLE
Caccia all’ape regina che rende il tumore più aggressivo FRANCESCO SPINI
A cosa possa servire il 5 per mille della dichiarazione dei redditi lo spiega l’Airc, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Serve, per esempio, a dare impulsi concreti alla ricerca in Italia, ad aggiungere 10 tasselli in più nel puzzle della lotta ai tumori. Dopo i primi 5 progetti presentati in aprile, con l’arrivo di ulteriori fondi, l’Airc può dare corso al finanziamento quinquennale per altri 5 progetti e completare così il «Programma di oncologia clinica molecolare» che si propone, in 5 anni, di portare cure innovative dalla fase di ricerca al letto di ospedale. E aprire così nuove frontiere per i malati. L’Airc in questo progetto investe 120 milioni di euro (di cui 36,7 milioni già incassati, il resto con i contributi 2009 e 2010 ancora da ricevere), coinvolgendo mille medici di 48 istituzioni su tutto il territorio nazionale. Così, se prima grazie alla generosità dei 2 milioni di soci erano possibili solo progetti di medio-breve periodo, con il 5 per mille scatta il vero salto di qualità. «Offre quella stabilità nelle entrate che ci permette di pianificare programmi di lungo termine», dice il direttore scientifico dell’Airc, Maria Ines Colnaghi. Logico che il presidente Piero Sierra sia preoccupato per il ridimensionamento di questi fondi: «Abbiamo un treno in corsa che rischia di rallentare», dice. Il treno è per ora un programma fatto di più progetti, ciascuno caratterizzato da elementi di novità tali da portare «risultati clinici che faranno la differenza», come sostengono all’Airc, come pure «una nuova generazione di oncologi clinici molecolari». I 5 nuovi progetti hanno come filo conduttore l’uso delle cellule staminali nella cura di alcune tipologie di cancro e un focus sulle leucemie. C’è chi, come Pier Paolo Di Fiore, dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, punta sulle staminali tumorali come le «api regine» da individuare per sconfiggere il cancro, in particolare il carcinoma mammario. «Per quante operaie possiamo uccidere - spiega - finché non uccidiamo l’ape regine il tumore non è sconfitto». Di tumore al seno si occuperà anche Giannino Del Sal, del Cib di Trieste. Tratterà tumori «tripli negativi», tipologie tra le più aggressive e per cui ancora non ci sono farmaci specifici. Nel progetto guidato da Ruggero De Maria, dell’Istituto superiore di sanità, si riprodurranno in laboratorio i tumori dei pazienti per sviluppare nuovi farmaci e anticorpi contro le cellule staminali che alimentano tali tumori. Leucemie e linfomi del sangue sono nel mirino della squadra di Alberto Mantovani (Fondazione Humanitas per la Ricerca), contro cui sfrutterà le nuove conoscenze sul sistema immunitario. Infine Pierfrancesco Tassone (Università «Magna Grecia» di Catanzaro) punta a sviluppare terapie contro il mieloma multiplo e la leucemia linfatica cronica. Appuntamento al 2011, per quando l’Airc punta a un nuovo bando, per finanziarie altri programmi di ricerca.
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MEDICINA
DIVULGAZIONE
MISTERI
“Noi, vittime dell’illusione delle terapie onnipotenti”
Dimenticate le formule Ora parlano le immagini
L’orangutan si è fermato da 15 milioni di anni
La medicina colleziona successi, ma forse abbiamo maturato aspettative eccessive.
L’Associazione americana per la scienza ha premiato foto e illustrazioni mozzafiato.
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Il Dna di un nostro parente cela alcuni interrogativi a cui non sappiamo rispondere.
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MILANO PAGINA 24
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BECCARIA PAGINA 25
GRASSIA PAGINA 27
TUTTOSCIENZE IDEA MADE IN ITALY: I CAVI SI TRASMUTANO IN GRAFENE E SI SUPERANO ALCUNI PROBLEMI TECNICI FINORA CONSIDERATI INSOLUBILI
Analisi MAURILIO ORBECCHI
Con Darwin nuovi spiragli sulla mente
A
partire da Darwin, e in particolare negli ultimi decenni, è cresciuto un campo di ricerca della psicologia che studia lo sviluppo della mente e che ha prodotto un florido dibattito e differenti discipline, tra cui l'etologia umana, l'ecologia del comportamento umano, la coevoluzione gene-cultura, la psicologia evoluzionistica. Benché le divisioni di scuola possano apparire essenziali per gli specialisti, sono in realtà marginali rispetto alla grande quantità di nozioni condivise. Tutte queste discipline ritengono che la mente sia in qualche modo un prodotto dell'evoluzione che ha lasciato i suoi segni sulla psicologia umana e sulle nostre scelte quotidiane. Allo stesso modo, i vari studiosi giudicano un grave errore credere che all'origine della psiche umana vi siano cause qualitativamente diverse da quelle che generano il comportamento animale. Il Nobel Niko Tinbergen sostiene che pensarla diversamente porterebbe a una situazione assurda: sarebbe come se su uno solo dei numerosissimi rami dell'albero evolutivo si trovasse una barriera con un cartello che recita: «Vietato l'accesso allo studio oggettivo: riservato agli psicologi!». Le ricerche sull'evoluzione della mente confermano l'inesistenza di questa barriera e la necessità di partire dalla teoria dell'evoluzione, per chi vuole davvero conoscere la mente umana. CONTINUA A PAGINA 26
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 2 MARZO 2011 NUMERO 1458 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
L’ascensore parte per le stelle Dalla fantascienza alla realtà: progetto con i nanotubi di carbonio NICOLA PUGNO POLITECNICO DI TORINO
I
l concetto di un elevatore spaziale per portare in orbita astronauti e materiali è semplice. Immaginate un cavo ancorato alla Terra che si estende nello spazio e sui cui viaggiano degli ascensori. Il cavo rimane teso, se sufficientemente lungo (100 mila km, o anche meno con un contrappeso), grazie alle forze centrifughe imposte dalla rotazione terrestre che tendono a prevalere sull'attrazione gravitazionale, una volta superata l'orbita geostazionaria. Il problema principale del cavo, però, è che deve essere al contempo super-resistente e molto leggero. Da subito ci siamo appassionati al problema, perché la sua soluzione porterebbe a molte altre applicazioni, per esempio nell'ingegneria civile (per la realizzazione di ponti sospesi ad elevatissima luce, come quello di Messina). Nel caso dell'elevatore spaziale il ruolo del materiale è supercritico. Un cavo di acciaio, per esempio, dovrebbe sopportare una tensione massima - che si manifesterebbe in corrispondenza dell'orbita geostazionaria - circa 400 volte maggiore della sua resistenza, fatto evidentemente impossibile. Ma con il carbonio le cose stanno diversamente e sarebbe sufficiente un cavo di nanotubi con una resistenza anche minore della metà di quella ideale del nanotubo singolo. Il problema, tuttavia, non si risolve con l'impiego dei nanotubi stessi. Le strutture, infatti, tendono a diventare più fragili con l'aumentare della dimensione strutturale, aumentando con questa anche la probabilità di presentare difetti di dimensione maggiore. E' uno dei motivi per cui le ciliegie nascono sugli alberi, mentre le zucche per terra. E a proposito di alberi, il tronco, a sezione crescente verso il basso, in cui il peso da sopportare diventa via via maggiore, suggerisce una soluzione simile proprio per il cavo dell'elevatore: un progetto «ad uniforme resistenza». Significa un cavo non a sezione costante, con una tensione variabile, ma uno a sezione variabile, tale che la tensione all'interno rimanga costante e si avvicini alla resistenza del materiale stesso, così da sfruttarlo al meglio. La geometria che risulta è una specie di «botte», con la sezione massima in corrispondenza dell'orbita geostazionaria.
La simulazione realizzata dalla Nasa per un ascensore spaziale in grado di portare in orbita astronauti e materiali
Giocando sul rapporto tra la sezione massima e minima (che c’è in prossimità della superficie terrestre), è in teoria possibile progettare il cavo con qualsiasi materiale. In pratica, però, non è così: se si considera l'acciaio, questo rapporto dovrebbe essere enorme, nell'ordine di un milione di miliardi di miliardi di miliardi (un 1 seguito da 33 zeri): significa che, se il diametro fosse anche solo di un milionesimo di metro alla partenza, sulla Terra, non sarebbe sufficiente l'Universo conosciuto per contenere il cavo stesso. Tutto cambia, invece, per un cavo con la resistenza ideale di un nanotubo al carbonio: il rapporto, in questo caso, diventa pari solo a 2. Tuttavia - come accennato non è lecito attendersi che il megacavo non abbia problemi. La chiave di volta per progettarlo è quindi quella di valutare il difetto più critico che ci si può aspettare al suo interno e
realizzarne uno «flaw-tolerant» (tollerante alla presenza del difetto): deve operare a una tensione di poco minore a quella necessaria per fare propagare il difetto stesso. E' una soluzione ispirata a quella con cui la Natura progetta i materiali biologici, come le ossa.
Nicola Pugno Ingegnere RUOLO: E’ PROFESSORE DI SCIENZA DELLE COSTRUZIONI AL POLITECNICO DI TORINO E VICE-PRESIDENTE PER L’EUROPA DI «EUROSPACEWARD» ASSOCIAZIONE NO-PROFIT DI RICERCA
La rottura del cavo può essere innescata dalla frattura di un singolo nanotubo o in seguito allo scorrimento relativo tra due di essi. Per affrontare questi problemi, nel primo caso, occorre minimizzare i difetti strutturali, mentre nel se-
condo caso si deve massimizzare la superficie di interfaccia tra i nanotubi. E' da notare che una semplice «vacanza atomica» riduce la resistenza del singolo nanotubo di circa il 20%, un calcolo che - giustamente - minava la realizzabilità di un primo progetto che trascurava proprio il ruolo dei difetti. I nostri calcoli più recenti, invece, si concentrano sullo scorrimento tra i nanotubi (pubblicati sul «Journal of the Mechanics and Physics of Solids») e suggeriscono un'altra ipotesi: progettare cavi con nanotubi sufficientemente «grandi» da «auto-collassare» per effetto del confinamento, imposto dalle forze di van der Waals, da parte degli altri nanotubi. Le forze di van der Waals agiscono sul solido come la tensione superficiale in un liquido, creando così una pressione sul singolo nanotubo, che, quindi, può collassare a seguito di un'instabilità ela-
stica, un po' come farebbe il guscio di un sommergibile a profondità troppo elevata per effetto dello schiacciamento imposto dalla pressione dell' acqua. Tuttavia lo schiacciamento - in questo caso - è benefico, perché genera una maggiore superficie di interfaccia tra i nanotubi, che tendono ad assomigliare a fogli di grafene in mutuo contatto, con un incremento di resistenza di circa il 30%: la conseguenza è la possibilità di progettare cavi di nanotubi collassati superresistenti (30 volte l'acciaio) e leggeri (un terzo rispetto all' acciaio). La soluzione appare al momento la più credibile: ecco perché è stato raggiunto il consenso sulla necessità di impiegare queste nostre strategie «flaw-tolerant». Il progetto di materiale e struttura del cavo dell'elevatore spaziale ha fatto un passo in avanti, grazie alla Scienza delle Costruzioni.
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 2 MARZO 2011
Icona Giorgio Guglielmo Federico di Hannover (1738 – 1820) è stato re di Gran Bretagna e Irlanda. Nel 1765 cominciò a dare segni di squilibrio mentale: sull'origine della sua follia sono state avanzate diverse ipotesi. Secondo alcuni potrebbe essere stata una conseguenza della porfiria
La follia oltre re Giorgio Gli “strani casi” che svelano gli interrogativi sull’autismo D'altronde, considerando i limiti apparentati ai confini, ne viene fuori che, scrutando la malattia della mente, se ne può scorgere l'essenza: è come dire che la diGIOVANNI NUCCI storsione può mostrare la linearità potenziale. Ma questo spiega anche l'incredibile fortuna letteraria della follia, in generale, e unico che sembra ave- dell'autismo (che ne è, per così dire una chiara perce- re, una delle migliori espressioni) zione di quanto il re- in particolare. Da una parte pergno di Danimarca sia ché l'obbligo di una prospettiva profondamente cor- inusuale rende l'affetto da autirotto, e quindi falsmo un persoso, è Amleto. E il naggio ideale: regno, per proquale punto di teggersi dalla mivista migliore naccia che il prinsulla corte inglecipe rappresense che la follia di ta, lo addita coRUOLO: È SCRITTORE ED EDITOR Re Giorgio? E in me pazzo. Ma E HA LAVORATO NEL CAMPO secondo luogo DELLA LETTERATURA PER RAGAZZI perché la letteAmleto è davveIL LIBRO: «IL MARE COLOR DEL VINO» ro pazzo? Perché EDITORE E/O ratura procede le premesse alnello stesso momeno all'appado: parte dai lirenza ci sono tutte: visione di un miti del linguaggio, cioè dalle sue fantasma del padre sui bastioni ambiguità, per mostrarne l'essendel castello, cogitamenti filosofici za, si muove dai confini del monsull'esserci o il non esserci in quan- do per poterne descriverne la toto tali. Ora, la via d'uscita che sce- talità. Così il Re Giorgio di Allan glie Amleto è quella della finzione Bennett («La pazzia di re Giorletteraria. Il che spiega un sacco gio», Adelphi) non si limita a racdi cose piuttosto interessanti sul contare la corte inglese, ma sconpiano delle malattie mentali. fina un po' in tutti i sistemi di po-
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Lo sapevi che? «La Scienza Narrata» dagli studenti Il concorso per gli studenti liceali «La Scienza Narrata» è indetto dalla Merck Serono in collaborazione con «Tuttoscienze». I Questo è il 6˚ articolo per i partecipanti. I libri suggeriti sono: Allan Bennett, «La pazzia di re Giorgio», Adelphi; Mark Haddon, «Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte», Einaudi; Paul Collins, «Né giusto, né sbagliato», Adelphi. I Informazioni e materiali didattici sul sito: www.premioletterariomerckserono.it. I
tere. O come il racconto di Mark Haddon, «Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte» (già vincitore del premio Merck Serono nel 2004), più banalmente, certo, di Bennett o di Shakespeare, non mostra la follia del giovane protagonista autistico, ma la follia della società che il protagonista si trova, suo malgrado, a dover affrontare.
L'interesse scientifico di tutto ciò sembra, sinceramente, sfuggire. In realtà - come scopriranno i partecipanti al concorso «La Scienza Narrata» - è alla scienza che sfugge la comprensione della malattia mentale, e dell'autismo in particolare. E questo, probabilmente, perché la scienza si muove a partire dalle regole, e non dai limiti, o dalle eccezioni. Questo viene chiaramente mostrato dal bellissimo libro di Paul Collins, «Né giusto, né sbagliato» (Adelphi). Il commovente racconto di come due genitori scoprono, vivono, e poi accettano la diagnosi di autismo per il loro figlio Morgan, viene alternato al racconto della storia dei vari tentativi perlopiù disperati da parte della la scienza di spiegare, e comprendere, l'autismo. Le vicende di Peter ragazzo selvaggio nella Londra del settecento, le difficoltà di Freud a capire con cosa avesse a che fare, gli studi (e le cantonate) di Bettelheim negli Anni 60, nonché una serie di microbiografie degli autistici più celebri, o misconosciuti, che hanno attraversato la nostra storia, senza che noi probabilmente neanche ce ne rendessimo conto. Collins non lo postilla, ma Amleto, se era matto, era senza dubio autistico. [6 - Continua]
La Stampa presenta: TECNICHE
ANALISI
Un’unica mente supera le barriere delle culture SEGUE DA PAGINA 23 MAURILIO ORBECCHI
È perlomeno improbabile, infatti, che i meccanismi cerebrali che si sono formati in milioni di anni per risolvere problemi comuni abbiano smesso improvvisamente di far sentire il loro peso nella vita della sola specie umana. Il dibattito, tra gli addetti ai lavori, verte su come la mente e la psicologia si sono formate nel corso dell'evoluzione e su quanto la loro origine influisca sull'uomo contemporaneo. Si cerca di capire se i meccanismi mentali del cervello siano adattamenti a condizioni ambientali del passato, prodotto collaterale di adattamenti precedenti o sviluppi casuali. Si discute sul numero dei meccanismi psicologici, sulla plasticità del cervello e su quanto gli stimoli ambientali influiscano sull'espressione psicologica dell’individuo e sul suo comportamento. Secondo il paradigma denominato «Psicologia evoluzionistica», l'opera socio-culturale umana si presenta proprio come il tentativo di risolvere, a un livello sempre più sofisticato, i problemi comuni a tutta la vita animale. Il più importante è la necessità di ottenere il successo riproduttivo. È per raggiungere questo risultato che durante l'evoluzione si sono sviluppati il piacere sessuale e l'innamoramento, fonti primarie dei nostri interessi, delle nostre gioie e dei nostri dolori. L'idea più seguita è che la psicologia umana non sia espressa tanto dai comportamenti dei singoli individui, molto variabili, quanto dai meccanismi psicologici che forniscono i prerequisiti dei comportamenti. Sarebbero questi a essersi formati nel corso dell'evoluzione e a venire poi configurati dall'ambiente culturale, in particolare nella prima infanzia. Questa doppia determinazione biologica e culturale significa che aspetti prima ritenuti di origine esclusivamente culturale, come la morale, il linguaggio, la razionalità e la bellezza, hanno invece radici biologiche comuni che sono alla base della mente umana. L'importanza della psicologia collettiva è tale da caratterizzare lo stesso concetto di specie. Alcuni animali, come il cane, formano una specie a sé non per l'impossibilità di generare prole feconda con le specie più vicine, ma per differenti comportamenti, capacità e interessi. In breve, per la diversa psicologia che rende impossibile per i cani vivere nell'ambiente dei lupi, adottando il loro stile di vita, e viceversa. Se le varie specie animali sono caratterizzate da una medesima psicologia condivisa, non si comprende perché per gli esseri umani dovrebbe essere differente, come sostengono varie correnti psicosociologiche e psicodinamiche. In generale, le ricerche sull'evoluzione della mente portano a conclusioni che evidenziano più fattori psicologici strutturali di somiglianza tra gli esseri umani, nonostante le molteplici culture di provenienza, che non differenze. Le diversità comportamentali fra gli appartenenti alle varie culture sono pertanto superficiali e derivano da una sovrapposizione educativa e ambientale che non riesce a eliminare la possibilità per gli esseri umani di riconoscersi e comunicare su valori psicologici comuni.
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ARCHEOLOGIA
NEUROSCIENZE
MISTERI
Riemerge il tesoro dei signori del ferro
“Siamo meno liberi di quanto crediamo”
I rigagnoli fantasma che bagnano Marte
Un’élite di 2800 anni fa sta svelando il proprio universo mentale e sociale.
L’imaging cerebrale (un esempio è la foto a fianco) cambia l’idea di libero arbitrio.
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Ci sono fiumi sul Pianeta Rosso? Le immagini della Nasa fanno pensare di sì.
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GIUBILEI PAGINA 26
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SEGEV PAGINA 27
DI MARTINO PAGINA 29
TUTTOSCIENZE BIOLOGIA. LA RICERCA: «PUÒ MODIFICARE MORFOLOGIA E STRATEGIE RIPRODUTTIVE IN RISPOSTA AI CAMBIAMENTI DELL’HABITAT»
Analisi FILIPPO BOGETTO MAURILIO ORBECCHI UNIVERSITA’ DI TORINO
Depressione: ecco le prove che esiste
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egli ultimi decenni le neuroscienze hanno vissuto un'epoca di splendore, con un fiorire di ricerche e di acquisizioni che hanno radicalmente cambiato la visione dell'uomo di se stesso. Si è trattato di una rivoluzione scientifica che ha portato a conoscenze imprescindibili non solo per un neuroscienziato, ma per una persona di cultura. La prima di queste è che ogni processo mentale si correla con un processo neurale, ossia che non esiste una mente astratta separata dal cervello. Un processo mentale si svolge sempre nella biologia del cervello di un individuo, dal quale viene condizionato, anche quando le sue cause sono ambientali. Il corollario di questo principio è che le malattie e i disturbi mentali si esprimono attraverso una modificazione della normale anatomia e fisiologia cerebrale, anche quando la loro origine è socio-ambientale, non essendovi altra matrice della mente che il cervello. Il cervello-mente è un organo di collegamento del corpo con il mondo, in continua trasformazione in relazione a ciò che riceve e a ciò che produce. Per comprendere l'importanza di questo fatto, basti pensare che la stessa psicoterapia modifica, attraverso l'apprendimento, le connessioni neurali e crea nuovi circuiti nervosi, che esprimono quanto si è imparato. Eric Kandel vinse il Nobel per la medicina dimostrando proprio queste tesi. CONTINUA A PAGINA 28
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 30 MARZO 2011 NUMERO 1462 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
Questa pulce ha più geni di noi Un Dna speciale che la rende capace di straordinarie metamorfosi SARA BOVIO
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a secoli ha conquistato l'attenzione dei biologi per alcuni straordinari aspetti della sua biologia e per il ruolo chiave negli ecosistemi acquatici. Ma oggi più che mai la pulce d'acqua continua a sorprendere gli scienziati che, a conclusione del progetto di sequenziamento del suo genoma, hanno scoperto che è l'animale con il più ricco patrimonio genetico. Ma la scoperta non finisce qui. Più di un terzo dei geni di questo organismo non sono mai stati trovati in nessun altro, cioè sono completamente nuovi per la scienza. Gli autori dello studio sono un gruppo di ricercatori del Centro di genomica e bioinformatica dell'Università americana dell'Indiana e dell'Istituto sul genoma del dipartimento dell'Energia americano diretti da John Colbourne: han-
Si spalanca una nuova disciplina: la genomica ambientale cambierà anche la medicina no sequenziato e analizzato il genoma della specie Daphnia pulex e pubblicato i risultati della loro ricerca sulla rivista «Science». «Esistono circa 200 specie di pulce d'acqua spiega Colbourne - e noi abbiamo scelto per il nostro progetto Daphnia pulex, perché è una specie molto comune e soprattutto è quella che conosciamo meglio, dal momento che su di essa sono stati fatti, fino a oggi, moltissimi studi in campo ecologico». Daphnia, infatti, è considerata da tempo una «specie sentinella», utilizzata come indicatore biologico per la sua sensibilità alle sostanze chimiche tossiche. Il microscopico crostaceo, lungo appena 3 millimetri, ha in tutto 31 mila geni. Circa 8 mila in più dell'uomo e quasi il doppio del moscerino della frutta. «L'elevato numero di geni - precisa Michael Pfrender, uno dei coautori dello studio - deriva dal fatto che molti sono presenti in duplice copia. La duplicazione dei geni è un errore che può avvenire nel corso della replicazione del Dna durante la riproduzione. Daphnia pulex, tuttavia, sembra duplicare i suoi geni a una velocità tre volte superiore a
quella degli altri invertebrati e del 30% maggiore rispetto a quella dell'uomo. Non sappiamo quale sia la causa di una così frequente insorgenza di copie di geni; probabilmente questi duplicati sono utili, dal momento che Daphnia non li elimina, ma al contrario li conserva tre volte più a lungo di altri invertebrati». Per scoprire la funzione di questi geni i ricercatori hanno condotto una serie di test. Daphnia è nota per le sue eccezionali capacità di adattamento all'ambiente: può modificare la sua morfologia, fisiologia e addirittura la sua strategia riproduttiva in risposta a precisi segnali chimici presenti nell'acqua. Per esempio, in presenza di predatori, molte specie di Daphnia risultano munirsi di vere e proprie armi di difesa, come appuntiti elmetti sul capo e lunghe spine caudali. «Dal momento che Daphnia si riproduce in modo clonale - spiega Pfrender - è stato semplice ottenere tante copie dello stesso individuo per saggiare gli effetti dell'introduzione nell'ambiente di otto fattori di stress. Esaminando la risposta dei geni alle diverse condizioni, è stato possibile ottenere un profilo
dell'espressione genica, cioè capire quali sono i geni che vengono tradotti in presenza di quel particolare fattore nell' ambiente. Con il tempo i geni duplicati possono accumulare mutazioni e assumere rapidamente nuove funzioni: con la nostra ricerca abbiamo potuto dimostrare che i geni rispondono in maniera selettiva ai diversi stress ambientali a cui l'ani-
John Colbourne Genetista RUOLO: E’ DIRETTORE DEL «CENTER FOR GENOMICS & BIOINFORMATICS» DELLA INDIANA UNIVERSITY (USA) IL SITO: WWW.BIO.INDIANA.EDU/ FACULTY/DIRECTORY/PROFILE.PHP? PERSON=JCOLBOUR
male è sottoposto e, dunque, rappresentano una risorsa importante per la specie». Gli scienziati ritengono che il piccolo crostaceo si candidi con questa scoperta a modello di una nuova scienza, chiamata genomica ambientale. «La genomica ambientale - precisa Colbourne - indaga come una popolazione si adatti a un nuovo ambiente. Studia il collegamento tra l'espressione dei ge-
ni e le condizioni esterne. Ulteriori indagini su Daphnia potranno fornire risposte valide anche per la biologia umana». Dallo studio è emerso che Daphnia pulex ha molti più geni in comune con l'uomo di altri invertebrati anche se - va detto - è il primo crostaceo ad essere stato sequenziato. A che cosa è dovuto questo apparente paradosso di somiglianza tra una pulce e l'uomo? «Una possibile spiegazione sottolinea Pfrender - è che Daphnia abbia mantenuto molti geni che sono, invece, andati perduti nel corso dell'evoluzione della linea degli insetti. Una volta compresi gli effetti degli agenti ambientali sui processi molecolari in Daphnia, si può dunque pensare ad un collegamento con processi simili che avvengono nell'uomo. Questo nuovo settore della ricerca può, perciò, rivelarsi importantissimo per studiare le correlazioni tra rischi ambientali e patrimonio genetico umano». Quello che è certo per i ricercatori è che Daphnia custodisce ancora molti segreti, soprattutto legati al suo particolare ciclo riproduttivo. Si sa, infatti, che si riproduce per partenogenesi ciclica: in con-
dizioni ambientali favorevoli le femmine producono uova che si schiudono dopo pochi giorni, liberando in acqua piccoli cloni uguali a se stesse. In caso di condizioni ambientali sfavorevoli, poi, la mamma inizia a produrre maschi che, dispersi nell'ambiente, feconderanno le femmine. Il risultato è un uovo duraturo, in cui l'embrione è sigillato in un guscio protettivo - noto come «efippio» - in grado di resistere per decenni in situazioni estreme, quali l'essiccamento o il congelamento. Nell'«efippio» lo sviluppo dell'embrione si arresta, fino a quando le condizioni non tornino a essere favorevoli. Solo allora l'uovo riceverà i segnali che determineranno la ripresa del suo sviluppo e della sua schiusa. «La prossima sfida alla quale lavoriamo - rivela Pfrender riguarda proprio l'analisi del Dna proveniente da uova durature. Poter confrontare il genoma antico di Daphnia con quello attuale rappresenta uno dei mezzi più potenti per comprendere in modo diretto i meccanismi evolutivi che entrano in gioco in risposta ai cambiamenti ambientali». Non mancheranno nuove sorprese.
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 30 MARZO 2011
All’origine
ANALISI
Charles Robert Darwin (12 febbraio 1809 19 aprile 1882) è stato il padre della teoria dell' evoluzione delle specie animali e vegetali per selezione naturale
Il grande abbaglio dei negazionisti della depressione SEGUE DA PAGINA 25 FILIPPO BOGETTO e MAURILIO ORBECCHI UNIVERSITÀ DI TORINO
Il cuore batte per Darwin La rivoluzione dell’evoluzionismo è appena cominciata tra «Pippi calzelunghe» e «Huckleberry Finn». Oppure: il difficile percorso di liberazione di un ragazzo nei confronti del padre, puritano, moraliGIOVANNI NUCCI sta e del tutto incapace di dimostrare un qualsiasi tipo di affetto. L'antagonista contro cui il protagonista di questo splendido roerso la fine dell'Otto- manzo si muove è, tra l'altro, uno cento, in Texas, una zoologo, che nell'Inghilterra vittoragazza di 11 anni, in- riana cerca disperatamente di vece di studiare porta- contrastare l'idea scientifica che mento, pianoforte, cu- in quegli anni sta sconvolgendo il cito e buone mamondo occidenniere, si avventutale: l'evoluzionira alla scoperta smo. Il libro è della natura, dei «Padre e figlio» suoi misteri e dei di Edmund Gossuoi segreti. I se (Adelphi). RUOLO: È SCRITTORE ED EDITOR suoi non è che avCi sono delle E HA LAVORATO NEL CAMPO vallino molto scoperte scientiDELLA LETTERATURA PER RAGAZZI questa propenIL LIBRO: «IL MARE COLOR DEL VINO» fiche che segnaEDITORE E/O no la storia, acsione naturalistica, tutti tranne il compagnandola nonno, personaggio aspro e bur- nella più profonda quotidianità: bero, che però sul più bello tira cioè vengono antropologicamente fuori dal settore «libri segreti» assimilate dalla comunità, finendo della sua biblioteca uno dei volu- per modificarne la percezione e mi più segreti: Charles Darwin, l'elaborazione della realtà. Questo «L'origine delle specie». è certamente avvenuto con GaliÈ, in poche righe, la trama de leo Galilei nel Cinquecento; o con «L'evoluzione di Calpurnia» (Sala- Albert Einstein e la Relatività, ni) un promettente racconto d'av- Werner Heisenberg e l'indetermiventura, un po' una via di mezzo nazione nel Novecento; e sta pro-
Concorso
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Giovanni Nucci Scrittore
Lo sapevi che? «La Scienza Narrata» dagli studenti Il concorso per gli studenti «La Scienza Narrata» è indetto dalla Merck Serono in collaborazione con «Tuttoscienze». I Questo è il 10˚ articolo per i partecipanti. I libri suggeriti: Jacqueline Kelly «L'evoluzione di Calpurnia» (Salani), Edmund Gosse «Padre e figlio» (Adelphi), Randal Keynes «Casa Darwin» (Einaudi). I Info: www.premioletterariomerckserono.it. I
babilmente avvenendo anche oggi con le biotecnologie (tra l'altro il motivo per cui l'Accademia delle Biotecnologie della Merck Serono ha indetto il concorso «La Sscienza Narrata» credo sia proprio voler assecondare questo processo di assimilazione antropologica del del progresso scientifico). Sicuramente, vivere nell'Ottocento significava fare i conti con la teoria dell'evoluzione di Darwin: l'aria che si respirava era quella, sia prima della pubblicazione de
«L'origine della specie» nel 1859, sia dopo: tutto il secolo è stato segnato dall'elaborazione di quella teoria. La posta in gioco era enorme, l'influenza religiosa, politica, sociale di ciò che Darwin stava definendo era altissima. Ora, saper raccontare come, all'epoca, veniva percepita una tale rivoluzione significa raccontare il vero peso e valore di quella scoperta scientifica. Sembra quasi che la scienza, in questo senso, abbia bisogno della letteratura, perché detiene il mezzo per poter produrre un resoconto, sottile e impalpabile, ma proprio per questo determinante, di ciò che ha prodotto. Un'ultimo esempio: «Casa Darwin» di Randal Keynes (Einaudi): in cui si racconta la vita nella casa di Darwin e di sua moglie Emma Wedgwood in un paesino di Downe, nel Kent. Cioè i luoghi da dove il grande naturalista elaborò non solo la sua teoria scientifica, ma più in generale la sua interpretazione metafisica del mondo, l'interpretazione naturalistica del bene e del male, del posto che l'uomo ha nella natura: tutto ciò è venuto dai suoi studi e dalle sue ricerche, ma anche dalla sua vita privata che questo libro racconta. [10 - Continua]
Gli strumenti di «imaging» permettono di osservare i luoghi attivi del cervello durante le funzioni sane o nei disturbi mentali, come le depressioni, associando gli aspetti mentali e cerebrali. La biologia è dunque il terreno su cui nasce la psiche e senza biochimica non esistono emozioni, sentimenti, pensieri; in breve non esistono mente, psicologia, senso dell'Io. Questi dati sono patrimonio comune e sono a disposizione di qualsiasi ricercatore e persona interessata. Crea, pertanto, tristezza vedere come ci siano persone che si presentano come critici della depressione, della psichiatria, della correlazione mente-cervello, in breve delle neuroscienze, senza conoscere le più importanti ricerche. E’ il caso dello psicoterapeuta Gary Greenberg, autore di un libro sulla depressione, intervistato da «Tuttoscienze». Greenberg attacca la concezione della depressione come disturbo biochimico, presentando una scissione mente-cervello di cartesiana memoria, antistorica e sorpassata, senza offrire nulla a sostegno di questa affermazione. Nella sua analisi manca la distinzione elementare fra tristezza fisiologica e i quadri patologici dell'umore. La prima è un momento fondativo per la rielaborazione degli avvenimenti e la maturazione dell'individuo, la seconda uno stato drammatico di sofferenza per riconoscere la quale occorre una buona esperienza psichiatrica. Riguardo alla terapia, la critica degli antidepressivi da parte di Greenberg confonde l'abuso e il cattivo uso degli stessi con l'uso corretto e adeguato. Un discorso che vale per tutti i metodi di cura. Per quanto riguarda i loro effetti, la medicina non funziona come la meccanica classica: le risposte sono sempre probabilistiche, mai deterministiche. Per questo motivo i risultati non possono essere sempre buoni. In ogni caso il trattamento antidepressivo, nei quadri clinici che lo richiedono, va instaurato per evitare gravi rischi al paziente. Non farlo è indice di ignoranza professionale e di comportamento non etico. Ciò che lascia poi perplessi è il clima di cospirazionismo, per non dire di paranoia, che attraversa il libro: la depressione sarebbe una malattia inventata da un insieme di medici e case farmaceutiche per motivi di denaro. Se è vero che alcune case farmaceutiche hanno ottenuto grandi profitti per avere scoperto importanti antidepressivi, ciò non significa che la depressione sia stata inventata; come il fatto che le case farmaceutiche si siano arricchite con gli antibiotici, non sta a indicare l'inesistenza delle infezioni. Quest'accusa copre un'amara realtà: i movimenti antiscientifici e antipsichiatrici «vendono» prodotti che denunciano continui intrighi, cercando di acquisire consumatori in quello che è diventato un «mercato del complotto». Tutto questo, però, non deve intimorire: non è così difficile distinguere tra un'operazione di mercato, come quella effettuata dagli antiscienziati, e il lavoro fecondo dei ricercatori e dei clinici, basato su risultati sperimentali, che porta al miglioramento delle conoscenze scientifiche e della salute dell'uomo.
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4 1861: la libertà www.lastampa.it
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FISICA
MATEMATICA
MISTERI
I segreti del nuovo occhio sul cosmo
“Perché senza numeri non c’è futuro”
Scimpanzé e umani: che cosa ci divide?
Sta per partire: è un esperimento che cambierà il modo di concepire l’Universo.
Una «star» della matematica racconta le nuove frontiere della sua disciplina.
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Quanto cambia il Dna «nostro» e «loro»? Uno studio ribalta alcuni stereotipi.
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BECCARIA PAGINA 27
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VACCARINO PAGINA 28
GRASSIA PAGINA 29
TUTTOSCIENZE UN MANUALE DA ZERO A CINQUE ANNI: «ATTENTI A CIÒ CHE FATE. E’ QUESTO IL PERIODO DECISIVO CHE INFLUENZERÀ TUTTA LA LORO VITA»
Consigli per il cervello dei figli Analisi MAURILIO ORBECCHI
Emozioni e gelidi computer
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colori che rendono la nostra vita piena di bellezza non esistono in natura, ma sono il prodotto dell' interazione tra alcune lunghezze d'onda e il sistema occhio-cervello. Nonostante questo dato, qualunque fisico continua a rimanere incantato dai colori di una giornata d'autunno. Sapere che certi fenomeni sono differenti da come appaiono non intacca il modo di percepirli, perché il cervello umano funziona a moduli relativamente indipendenti. La conoscenza cognitiva riguarda, infatti, parti del cervello differenti da quelle coinvolte nella percezione, che continueranno a funzionare in modo sostanzialmente autonomo. Lenostre peculiarità si sono sviluppate a contatto con la natura percepita dall'Homo sapiens nel corso della sua evoluzione e rimangono le stesse nel mondo odierno, da allora enormemente mutato. Se perdessimo la dimensione psicologica che ci definisce, e che si è formata per le esigenze dei cacciatori-raccoglitori da cui ci siamo evoluti e adeguassimo il cervello alla tecnologia odierna, diverremmo simili a dei gelidi computer. In altre parole diverremmo disumani. Fortunatamente, per come è strutturato il cervello, la cosa non può avvenire. La cultura scientifica non può sostituire le sensazioni immediate. CONTINUA A PAGINA 28
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 27 APRILE 2011 NUMERO 1466 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
Musica, emozioni e niente bugie: che cosa rivelano le ultime ricerche ELISA FRISALDI
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he cosa devo fare per proteggere lo sviluppo di mio figlio durante la gravidanza? Come ci si deve comportare di fronte a un bambino di quattro anni che racconta una bugia ogni due ore? Quali comportamenti devo seguire perché mio figlio possa essere felice? E anche intelligente? Gli scienziati iniziano a dare le prime risposte. Molte sono raccolte nel saggio «Naturalmente intelligenti», che rivela, attraverso aneddoti affascinanti e divertenti, le tappe dello sviluppo del cervello dalle prime settimane fino ai cinque anni e spiega come fare in modo che tutto avvenga senza intoppi. L'autore, John Medina, professore alla University of Washington, si occupa di biologia molecolare e dello sviluppo, è un appassionato di genetica dei disordini psichiatrici ed è il papà di Josh e Noah, due ragazzi alle soglie dell'adolescenza. LE PROVE. «Ciò che si fa nei primi cinque anni di vita di un figlio - e non solo nel primo anno - influenzerà profondamente il suo comportamento adulto», sottolinea. E a dimostrare quanto l'ambiente può essere importante nell'educazione dei bambini è l'«HighScope Perry Preschool Study», una ricerca cominciata nel 1962 che ha coperto quattro decenni di vita di 123 bambini del Michigan, a partire dall'età prescolare. Non si deve dimenticare, però, che nessun tipo di educazione potrà mai cambiare il fatto che il 50% delle potenzialità di un figlio sono il risultato della sua componente genetica. «La buona notizia è che, in veste di genitori, altro non si può fare se non del proprio meglio. Detto questo, sono convinto, anche come genetista, che si possa esercitare sul comportamento dei figli un' influenza molto maggiore di quanto in genere si pensi». Un compito impegnativo che ha radici inscritte nell'evoluzione. L’ESSERE BIPEDI. Torniamo indietro a quando l'Homo sapiens ha dovuto sviluppare un restringimento del canale pelvico per riuscire mantenersi in equilibrio su due gambe. Per le donne ciò ha significato parti dolorosi, spesso con esito fatale. Si è quindi rapidamente messa in moto, secondo quanto teorizzato dai biologi evoluzionisti, una sorta di competi-
zione tra l'ampiezza del canale pelvico e le dimensioni del cervello. Risultato finale? I neonati vengono alla luce con un cervello non del tutto sviluppato e quindi non possono sopravvivere in assenza di cure parentali attente e continue. Se la sopravvivenza rappresenta per il cervello la massima priorità, la sicurezza è l'espressione più importante di tale bisogno. Può essere sconcertante rendersene conto, ma i neonati tengono d'occhio il comportamento dei genitori sin dall'istante in cui vengono al mondo. «Qualcuno mi sta toccando? Qualcuno mi nutre? Chi sono i miei riferimenti?». I bambini hanno a disposizione una ristretta finestra temporale per creare dei legami sicuri e di dipendenza «produttiva» con le persone che in quel momento si prendono cura di loro. Se ciò non accade, possono subire danni alla sfera emozionale con effetti anche a lungo termine. «L'attaccamento alle figure di riferimento può avvenire nei confronti di qualsiasi adulto che soddisfi i bisogni di sicurezza del bambino - dice Medina -. Indipendentemente dal genere sessuale». L’INTELLIGENZA. Il professore ritiene siano ben cinque gli ingredienti fondamentali della
John Medina Biologo RUOLO: E’ PROFESSORE DI BIOINGEGNERIA ALLA UNIVERSITY OF WASHINGTON (USA) IL LIBRO: «NATURALMENTE INTELLIGENTI» BOLLATI BORINGHIERI
nostra intelligenza, nessuno dei quali misurabile dagli attuali test del QI: desiderio di esplorare, capacità di controllare i propri impulsi, creatività, comunicazione verbale e capacità di verbalizzare le emozioni. Grazie agli studi che lo psicologo Walter Mischel fece alla fine degli Anni 60, sappiamo che per un bambino la capacità di controllare il proprio desiderio di gratificazione, come resistere per 15 minuti alla ten-
tazione di assaggiare una dolce, è un fattore predittivo del futuro rendimento universitario, assai migliore del QI. Indica in che misura il bambino è in grado di filtrare i pensieri distraenti, concentrandosi invece sull'obiettivo principale. Inoltre, quanto prima un bambino impara a dare un nome alle emozioni che prova, invece di esserne sopraffatto, tanto più sarà in grado, da adulto, di stabilire relazioni empatiche e profonde con gli altri. Insomma, avrà una chance in più per essere felice. «Se i vostri figli sono circondati da persone che sanno parlare di ciò che provano, anche loro impareranno a verbalizzare le emozioni e questo si rivelerà utilissimo per voi quando loro entreranno nella pubertà!», confessa Medina. LA PRATICA. Ci sono suoni e odori che hanno un miracoloso effetto calmante su vostro figlio e possono diventare antidoti per le crisi di pianto. Probabilmente si tratta degli stimoli che il bambino ha percepito mentre era nell'utero e che quindi gli trasmettono protezione e sicurezza. Un’altra informazione preziosa riguarda le bugie. A quattro anni i bambini ne dicono una ogni due ore circa; a sei
una ogni 90 minuti. Il gioco inizia quando, intorno ai 36 mesi, si rendono conto che i genitori non sono sempre in grado di leggere nella loro mente. Con piacere (oppure orrore) scoprono di poter dare false informazioni senza che, necessariamente, papà e mamma se ne accorgano. «Non vedo niente di sbagliato nel riprendere un bambino che racconta bugie, ma questo rimprovero raggiunge la massima efficacia se gli adulti smettono di mentire», aggiunge lo studioso. LA PSICHE. Un altro suggerimento riguarda la psicologia: con la nascita di un figlio, per la coppia, è probabile sperimentare alcuni di quelli che il professore definisce i «quattro calici dell'ira»: carenza di sonno, isolamento sociale, carico ineguale di lavoro, depressione. Le coppie che hanno relazioni solide, connotate dall'empatia, hanno le più elevate probabilità di far crescere dei bambini intelligenti e felici. Infine, mettete da parte i soldi per pagare 10 anni di lezioni di musica: suonare uno strumento, cantare o ballare, purché la musica entri a far parte delle esperienze di vostro figlio. È dimostrato che questa pratica aiuta i piccoli a percepire le emozioni altrui.
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 27 APRILE 2011
Surplus di dati
Intervista
L'esplosione del mondo globalizzato costringerà sempre di più aziende e governi a utilizzare gli strumenti della matematica
FRANCESCO VACCARINO POLITECNICO DI TORINO
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siste, soprattutto in Italia, una forte diatriba tra chi fa matematica «pura» e i matematici che si occupano di applicazioni e modellistica. Per quanto ridicolo dal punto di vista culturale, spesso i matematici «puri» assumono un atteggiamento di vaga superiorità nei confronti degli «applicativi». L'idea, più o meno, è che i teoremi, in una sorta di cosmogonia medievale, si trovino più lontani dalle lordure della terra che i modelli matematici, sviluppati ad esempio per studiare fenomeni naturali, sociali o biologici. Questa posizione - com’è noto - è priva di fondamento scientifico. I teoremi sono risposte a problemi posti internamente alla matematica, cioè sono applicazioni infradisciplinari, mentre i modelli sono risposte a questioni esterne, cioè sono prodotti inter e multidisciplinari. Sarebbe come dire che l'introversione è superiore all' estroversione. Chi conosce bene la questione è Bernd Sturmfels, professore a Berkeley, vincitore del Von Neumann Prize 2010: è considerato uno dei massimi matematici e si occupa di algebra, geometria algebrica, statistica, biologia e ottimizzazione. Professore, che cosa ci fa un'algebrista e geometra in mezzo a questioni «reali» come catene fosfolipidiche, inferenze e problemi di consegne della posta?
“Vivrete soltanto di numeri” Matematica. Le previsioni della “star” Sturmfels: un boom globale, dalle aziende ai governi “Le dimostrazioni teoriche non bastano, questa è l’era dei test realizzati con i supercomputer” struzione abbia senso è necessario che le probabilità soddisfino le equazioni di una “superficie” multidimensionale detta Grassmanniana tropicale. Ecco come geometria, filogenetica e statistica si combinano tutte insieme!».
«Io lavoro nel campo della geometria algebrica e della combinatoria. Mi occupo di enti definiti da sistemi di equazioni polinomiali e di problemi di conteggio di configurazioni complesse». Sembrano questioni astratte e invece non è così: che cosa hanno a che fare con la biologia o la statistica?
Una delle rivoluzioni degli ultimi decenni è stata la possibilità di realizzare esperimenti matematici grazie ai computer. Cosa ne pensa?
«Facciamo un esempio: consideriamo una serie di specie animali e il loro albero filogenetico. Siamo di fronte a una sorta di mappa in cui ciascuna specie è connessa solo con quella che gli è più vicina. Supponiamo, a questo punto, di dedurre tra due specie contigue la probabilità che una sia discendente dell'altra: perché questa co-
«Lo standard massimo della matematica è sempre stato la dimostrazione dei teoremi. Io ho una fiducia limitata in questa come verità assoluta. Gli umani fanno errori e, a volte, una dimostrazione viene presa per buona, ma, in realtà, nessuno ne ha controllato tutti i dettagli. Preferisco quindi un approccio in cui, usando il computer, si possano effettua-
Bernd Sturmfels Matematico RUOLO: E’ PROFESSORE DI MATEMATICA, STATISTICA E COMPUTER SCIENCE ALLA BERKELEY UNIVERSITY (USA) E VINCITORE DEL VON NEUMANN PRIZE IL SITO: HTTP://MATH.BERKELEY. EDU/~BERND/
Analisi MAURILIO ORBECCHI
SEGUE DA PAGINA 25
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i limita ad aggiungersi alla nostra conoscenza di base ogni volta che gli studi ci forniscono risultati convincenti. Uno dei casi in cui la vita emotiva e la conoscenza acquisita possono entrare in conflitto è la valutazione del male, se sia in diminuzione o, come appare a molti, in aumento. Un cittadino che si guarda attorno non può che pensare che le cose stiano andando in modo pessimo: ragazze violentate e uccise, criminalità organizzata, abusi su minori, politici corrotti, nazionalismi, integralismi, guerre... Se da
re esperimenti per sostenere oppure rigettare un’ipotesi. Certo, le dimostrazioni rimangono, ma bisogna fare anche gli esperimenti».
che, invece, il XXI secolo sarà quello in cui il ruolo-chiave verrà preso dalla biologia e la matematica pura salirà verso nuove altezze».
Quale futuro spetta quindi alla matematica?
Qual è il consiglio che si può dare a un giovane che voglia avventurarsi nel mondo dei numeri?
«La matematica continuerà a crescere come disciplina, ma penso che vedremo dissolversi la tradizionale divisione tra matematica pura e applicata. L'esplosione di una civiltà globalizzata, caratterizzata da fenomeni e problematiche complesse, costringerà i governi e le grandi multinazionali ad usare sempre più risorse che abbiano competenze matematiche superiori». E la ricerca scientifica come verrà influenzata?
«A un giovane dico: segui l’istinto e rimani con la mente aperta. Non diventare il superspecialista di una sottodisciplina. Mantieni, invece, una prospettiva ampia e arriva alla massima profondità che puoi nel maggior numero di aree. Parla del tuo lavoro con scienziati, ingegneri, finanzieri, medici e con tutti quelli che sono ansiosi di sapere come la tua matematica potrà aiutarli».
«Nel secolo appena passato la matematica ha tratto grande spunto dalla fisica. Credo
C'è un problema che non ha risolto e che continua ad appassionarla o a ossessionarla?
L’evoluzione insegna l’ottimismo ragionevole una parte è vero che una sola violenza o un singolo omicidio è sempre di troppo, occorre però capire se le cose erano davvero migliori in altri tempi, o in altre culture. Anche qui, la conoscenza che si basa sulla ricerca ci dice che le cose sono molto differenti da come le percepiamo. Il motivo sta nel fatto che noi, in definitiva, siamo un po' autoreferenziali. Lo sviluppo di quest'atteggiamento nel passato ha aiutato la sopravvivenza dei nostri progenitori in un ambiente ostile. Per aggirare la parte egoista della nostra psicologia, che ci porta a pensare che gli altri stiano meglio, occorre dunque utilizzare indicato-
ri neutri e confrontarli con epoche ri culturali portano in questa dirediverse. zione: alfabetizzazione, numero Gli studiosi che fanno queste ri- dei diplomati e dei laureati, libri cerche trovano dati evidenti sul pubblicati, spettacoli di teatro e di fatto che gran musica, visitatori parte dell'umanidei musei e delle tà, oggi, vive memostre. glio che in qualunL'illusione che ci que epoca passafa credere che le cota: aspettativa di se vadano male ragRUOLO: E’ SPECIALISTA IN PSICOLOGIA giunge vita, malattie, nuprobabilCLINICA trizione, comfort IL LIBRO: MATT RIDLEY «THE RATIONAL mente il suo apice ambientale, serviOPTIMIST» - HARPER COLLINS quando abbiamo a zi igienici, potabiche fare con ciò che lità dell'acqua, sicurezza sociale, troviamo maggiormente disumano, soprusi politici, numero degli omi- ossia gli omicidi e le guerre. Eppure cidi e numero delle guerre, svilup- anche qui le ricerche ci mostrano po economico. Anche gli indicato- non solo che gli omicidi sono in co-
Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta
«Quando ero studente di dottorato, il mio relatore, Victor Klee, mi spinse a lavorare sulla congettura di Hirsch sui politopi convessi. Era un problema molto famoso, nato negli Anni 50. Ci lavorai per un anno senza risultato. Era semplicemente troppo difficile per me. Ma, qualche mese fa, Francisco “Paco” Santos, un mio postdoc, ha trovato la soluzione: ha costruito un contro-esempio alla congettura in uno spazio a 43 dimensioni. Sono infinitamente felice per Paco: è stato più acuto di me e la sua ingegnosa costruzione ha dato una soluzione al problema che io non avevo risolto!». Non mi era mai successo che un famoso matematico mi parlasse del successo di un suo allievo là dove lui aveva fallito!
stante discesa, ma perfino che il decennio appena finito è stato quello con meno morti - percentualmente alla popolazione - di tutta la storia moderna, e molto probabilmente della storia dell'umanità. Se le curve di sviluppo manterranno l'andamento dell'ultimo secolo, ossia se le innovazioni tecnicoscientifiche non cesseranno e la libera circolazione delle idee e dei beni non sarà bloccata, è ragionevole supporre che anche la parte dell' umanità che non è ancora stata sufficientemente beneficiata dallo sviluppo, lo sarà nei prossimi decenni. Oggi la possibilità di comunicare istantaneamente le proprie idee e i propri risultati sembra imprimere un'ulteriore accelerazione al miglioramento della vita. Per questo, evoluzionisti come Matt Ridley, che presenta alcuni di questi dati nel libro «The Rational Optimist», (Harper Collins), di prossima pubblicazione in Italia da Rizzoli, invitano a guardare con ragionevole ottimismo al futuro.
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FISICA
ANTROPOLOGIA
MISTERI
Tre cervelli in fuga e i raggi gamma
I cacciatori di fossili fanno pace a New York
Le follie virali di uomini e animali
La storia di 3 italiani in 3 continenti e gli studi su uno dei grandi fenomeni del cosmo.
Si chiamano Leakey e Johanson e hanno messo fine a una lite trentennale.
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Batteri e virus possono trasformare i comportamenti di animali ed esseri umani?
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ARCOVIO PAGINA 30
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BECCARIA PAGINA 31
MAZZOTTO PAGINA 33
TUTTOSCIENZE ENERGIA. IL «FLARE GAS» CHE VIENE SPRECATO PER MANCANZA DI INFRASTRUTTURE È PARI AL 5% DELLA PRODUZIONE MONDIALE
Analisi MAURILIO ORBECCHI
La psiche sotto l’occhio di Darwin
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e grandi domande sull'uomo hanno determinato la nascita di tre settori culturali: la religione, la filosofia e, recentemente, la psicologia. Sono discipline che derivano da persone con idee eterogenee su aspetti essenziali della vita, e producono pertanto differenti visioni del mondo. La scienza, invece, in radicale antitesi a questo modo di procedere, porta a risultati che possono essere controllati empiricamente. Per questo motivo riesce a superare le differenze tra le diverse opinioni e a imporsi nel mondo contemporaneo come il più importante elemento di condivisione interculturale e universale tra gli esseri umani (se non prendiamo in considerazione le frange di quanti hanno problemi con il pensiero razionale). I risultati scientifici sono di tale rilevanza, rispetto alla conoscenza che l'uomo ha di se stesso, da incidere direttamente anche negli altri settori. Religione, filosofia e psicologia conservano certo una loro libertà espressiva, ma non hanno più tutta la libertà: il limite risiede proprio nell'impossibilità di contraddire in maniera troppo palese le scoperte scientifiche. Se un tempo era possibile costruire una filosofia che individuava nell'acqua e nel fuoco il principio di ogni cosa, oggi sarebbe insensato continuare a farlo. CONTINUA A PAGINA 32
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 18 MAGGIO 2011 NUMERO 1469 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
Il falò da 20 miliardi di dollari Lo studio: ogni anno si butta l’equivalente di un giacimento di metano LUIGI GRASSIA
’è un giacimento di metano che produce 150 miliardi di metri cubi all’anno, ma tutto il suo gas viene bruciato e buttato via per niente, perché nessuno si dà la pena di utilizzarlo. I tecnici chiamano queste elusiva risorsa «flare gas»; è quel metano le cui gigantesche fiamme baluginano giorno e notte da tanti pozzi di petrolio sparsi nel mondo e che vediamo spesso in televisione. Nelle foto notturne dallo spazio le torce del «flare gas» contendono la luminosità a quella delle città, soprattutto in zone come l’Africa occidentale, il Medio Oriente, la Russia. Per fortuna, ci sono anche centinaia di impianti petroliferi attrezzati per recuperare questo metano; però ce ne sono moltissimi (la maggior parte) in cui il gas naturale viene trattato come un rifiuto di cui liberarsi. Il problema ha origine nel sottosuolo, dove il petrolio è mescolato al metano e ad altri gas (butano, propano) ridotti
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Le emissioni extra di anidride carbonica equivalgono a quelle di 77 milioni di auto
La Nigeria è uno dei Paesi produttori di petrolio dove vengono bruciate (sprecandole) le maggiori quantità di metano
allo stato liquido dalla pressione. Man mano che risalgono verso la superficie, attraverso le condutture dei pozzi trivellati dall’uomo, le componenti di questa poltiglia idrocarburica vengono sempre meno trattenute dalla pressione e così si separano. Il metano si rigassifica, un po’ come fanno le bollicine dell’acqua minerale o dello champagne. Se la compagnia petrolifera è interessata solo al greggio, e non ha attrezzato il pozzo per catturare anche il gas, il metano deve essere bruciato. Non basta liberarlo in atmosfera: se si facesse così, potrebbe saturare l’ambiente intorno al pozzo e poi decidere di accendersi per conto suo ed esplodere, distruggendo l’installazione. Quando sentiamo citare 150 miliardi di metri cubi all’anno di «flare gas» sprecato, la cifra può dirci tutto o niente. Ma per dare un’idea più chiara, corrisponde a quasi il doppio del consumo annuale di metano di un grande Paese come l’Italia (siamo sugli 80 miliardi
di metri cubi). Il «flare gas» rappresenta il 5% del metano estratto nel mondo. E, bruciando ogni anno 150 miliardi di metri cubi di gas, si scarica nell’atmosfera tanta anidride carbonica quanta ne emettono 77 milioni di auto di media cilindrata. Settantasette milioni. Anche a voler considerare solo quest’ultimo aspetto della questione, sembra paradossale dannarsi l’anima, con grande impegno di tecnici e sacrificio di investimenti economici, per limare qua e là le emissioni delle auto, degli aerei, degli impianti industriali, delle case, eccetera, mentre quelle torce colossali stanno lì a bruciare sopra i pozzi di petrolio giorno e notte, 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno, per decenni. Eppure non ci vorrebbe tantissimo sforzo a migliorare le cose. Le tecnologie per recuperare il metano ci sono e sono né più né meno che quelle ordinarie per estrarre, trasportare e utilizzare il metano. Il gas naturale anziché bruciato può es-
sere usato in loco per produrre elettricità; oppure incanalato nelle condutture dei metanodotti; oppure liquefatto e trasportato su navi-cisterna verso mercati lontani; oppure riiniettato nei pozzi petroliferi, un espediente che ha senso perché, essendo greggio e metano mescolati nelle profondità dei giacimenti, tenere alta la pressione sotterranea del gas agevola l’estrazione del petro-
«Le alternative: nuovi gasdotti, liquefazione oppure generazione di elettricità in loco» lio e prolunga la vita del pozzo. Un rapporto della General Electric, il gruppo multinazionale che costruisce apparati industriali per l’energia e altro, calcola che, con adeguati investimenti, recuperando il «flare gas» i produttori di petrolio in tutto il mondo potrebbero ricavare almeno 20 miliardi di dollari all’anno. Lentamente, il
pianeta si sta rendendo conto che adeguare gli impianti sarebbe un affare, ma al ritmo attuale, secondo i calcoli della Ge (che ha dati di prima mano su tutto il mercato globale), ci vorranno più di 10 anni, mentre «con un’adeguata accelerazione degli investimenti - dice Michael Farina, “program manager” di Ge Energy e autore dello studio - si potrebbe attrezzare tutto il mondo al recupero del “flare gas” in meno di cinque anni». Però, i produttori di petrolio devono stanziare le risorse necessarie (e questo non dovrebbe essere un problema: a loro i soldi non mancano) e devono prendersi il disturbo di scegliere la tecnologia più adatta: se il pozzo è vicino a zone di consumo, va bene costruire un metanodotto, e, se è lontano da città ma vicino a un porto, si può pensare a un impianto di liquefazione, e così via. L’Eni nei suoi pozzi fa tutte queste cose, ma la prima opzione è sempre l’impiego per la produzione di elettricità a beneficio delle popolazioni locali:
Antonio Vella, direttore operations della divisione Exploration and Production del gruppo, fa l’esempio della Nigeria e del Congo, dove quello del «flare gas» è un problema storico: «In quei Paesi siamo stati pionieri nella produzione di energia elettrica per le comunità e nella ri-iniezione di gas in giacimento». Schema poi applicato da Eni in altri Paesi africani. Esistono anche apposite tecnologie per recuperare metano dalle deiezioni zootecniche - che sarebbe la definizione elegante dello sterco e dell’orina di mucche, maiali, galline eccetera. È tutta roba ecologica, naturale, alternativa. Inoltre si produce in piccoli impianti decentrati a contatto con la natura. Il Centro di ricerca ambiente e materiali dell’Enel è attivo in questo senso già dai primi Anni 90 e ha attrezzato molti allevamenti per ricavare energia extra. La miscela gassosa che si ottiene è composta di metano in proporzione fra il 65 e l’80%. Anziché «flare» è «fart gas».
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 18 MAGGIO 2011
ANALISI
Perché sappiamo essere altruisti e a volte bugiardi SEGUE DA PAGINA 29
MAURILIO ORBECCHI
Le buone idee? Non bastano Lo Skoll World Forum: “Ecco la formula per le sfide globali” Ricerca MASSIMIANO BUCCHI UNIVERSITA’ DI TRENTO
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lcuni anni fa Barry e Andrea Coleman hanno fatto una scoperta. Numerosi programmi di assistenza medica e sanitaria in Africa non fallivano per mancanza di medicinali o di personale sanitario, ma per il degrado in cui si trovavano i mezzi di trasporto. La distanza tra i luoghi abitati e la condizione delle strade mettevano a dura prova i collegamenti e la possibilità di raggiungere i pazienti o i destinatari della prevenzione. Concentrare gli sforzi
Auto, jeep e moto guaste, difficoltà di trovare pezzi di ricambio o personale in grado di riparare i mezzi lasciavano languire le scorte di farmaci nei magazzini e rendevano difficile il lavoro di medici e infermieri. Barry e Andrea hanno quindi deciso di concentrare i propri sforzi su questo problema, elementare ma cruciale. Oggi la loro iniziativa «Riders for Health» mette a disposizione dei servizi sa-
nitari 1300 veicoli e impiega uno logica, per avere un impatto sulle staff di 270 lavoratori locali tra Ni- grandi sfide globali, debbano ingeria, Zimbabwe, Kenya, Zambia, contrare un terreno altrettanto Tanzania e Lesotho, spesso in col- fertile sul piano sociale e culturalaborazione con governi e investi- le. In altre parole, che serva una tori locali. Nelle zone coperte dall' corrispondente innovazione sociainiziativa sono diminuiti del 21% i le e un'imprenditoria altrettanto decessi dovuti a malaria e sono au- visionaria di quella che ha segnato mentati significativamente i tassi la rivoluzione dei media digitali. di vaccinazione infantile. Non è un caso che il fondatore «Riders for Health» è uno dei del «Forum» e dell'omonima fonprogetti presentati allo «Skoll dazione sia il miliardario Jeff World Forum», il Skoll, la cui fortuforum dell'imprenna è legata al sito ditoria sociale che di aste eBay. Skoll ogni anno riunisce è stato attivo ana Oxford le iniziatiche in campo cineve più innovative matografico - ha del settore. Proprodotto film coRUOLO: E’ PROFESSORE DI SCIENZA me «Una scomoda getti che iniziano TECNOLOGIA E SOCIETÀ là dove spesso finiALL’UNIVERSITÀ DI TRENTO verità», il docusce il lavoro delle IL LIBRO: «SCIENTISTI mentario con Al E ANTISCIENTISTI. PERCHÉ SCIENZA Gore dedicato alla istituzioni e quello E SOCIETÀ NON SI CAPISCONO» di ricerca in senso IL MULINO questione del camstretto: che si tratbiamento climatiti di accesso all'acqua potabile o al- co. Un'altra figura di spicco della le cure sanitarie, di sostenere e ve- fondazione Skoll è il medico ed epirificare l'apprendimento dei bam- demiologo Larry Brilliant, noto sobini delle zone più povere dell'In- prattutto per il suo ruolo chiave dia, di promuovere l'accesso aper- nel programma di eradicazione to ai risultati nel settore della bio- della poliomelite dell'Organizzalogia o di monitorare la qualità zione Mondiale della Sanità. Ma dell'acqua, utilizzando le potenzia- Brilliant fu anche tra i fondatori lità di strumenti come Google Ear- (nel 1985!) di «The Well», una delth. le primissime «comunità virtuali», Ad accomunarli è la percezio- ed è stato anche a capo di Google. ne che i risultati più sofisticati del- org, il braccio filantropico di Goola ricerca e dell'innovazione tecno- gle. Secondo Brilliant, «un impren-
Massimiano Bucchi Sociologo
ditore sociale è una persona che, quando vede un problema, invece di segnalarlo, si impegna in prima persona per risolverlo». Così, lo «Skoll Forum» è una singolare combinazione di ricerca di frontiera, slancio umanitario e audacia imprenditoriale. Senza dimenticare la possibilità di contare su testimonial non alla portata di tutti: all'edizione di quest'anno c'erano l'arcivescovo sudafricano e Premio Nobel per la pace Desmond Tutu, Peter Gabriel e Jude Law (venuto, pare, a documentarsi per il «thriller pandemico» «Contagion», in cui recita accanto a Matt Damon, Kate Winslet e Gwyneth Paltrow). I numeri
Anche se alla fine quello che più impressiona sono i numeri: in un decennio di attività la sola «Skoll Foundation» ha erogato più di 250 milioni di dollari a 81 «innovatori sociali» e 66 organizzazioni di cinque continenti; nel 2003, con il più grande finanziamento mai erogato nella storia a una business school, ha creato un centro di ricerca sull'imprenditoria sociale presso l'Università di Oxford. Numeri che, quanto meno, configurano questo settore come uno dei contesti con cui occorrerà fare i conti, se si vuole capire la scienza (e la società) di domani.
Fino a 150 anni fa il libro della Genesi era sostanzialmente proposto come verità letterale, mentre oggi perfino il Papa sostiene che è una narrazione simbolica. Alcuni elementi offerti dall'evoluzionismo stanno cambiando anche il quadro teorico attraverso il quale l'uomo interpreta se stesso. Darwin sosteneva che la vita emozionale degli esseri umani condivide molte espressioni comuni con gli altri animali e lo spiegava per mezzo di una discendenza comune. Tuttavia si sono dovuti attendere gli Anni 70 del secolo scorso perché i biologi si occupassero anche della mente dell'uomo, oltre che del corpo. Tra questi va segnalato Robert Trivers, definito da Steven Pinker «uno dei grandi pensatori del mondo occidentale». Trivers ha avuto grande impatto nella biologia evoluzionistica. Tra i suoi contributi, lo studio sull'«altruismo reciproco», un meccanismo geneticamente determinato che porta l'individuo a ridurre temporaneamente la propria «fitness», in vista del ricambio successivo da parte dell'individuo beneficiato; quindi la teoria dell'investimento parentale differente tra maschi e femmine, un comportamento che deriva dalla limitata capacità riproduttiva delle femmine rispetto ai maschi. Per questo motivo le femmine sono un bene di valore, per il quale i maschi lottano tra loro. O ancora, la comprensione del conflitto genitori-figli su base genetica, che deriva dal fatto che ogni membro di una famiglia è imparentato al 100% con se stesso e solo al 50% con gli altri. La conseguenza è che ciascun fratello ritiene equa una spartizione in cui riceva il doppio dell'altro. Purtroppo, però, anche gli altri la pensano allo stesso modo, con risultati immaginabili. Una delle teorie più affascinanti di Trivers di cui uscirà in autunno «Deceit and Self-Deception» - è quella sull'autoinganno, interpretato come una forma aggressiva di inganno. Il tentativo di raggiro è presente in tutto il mondo biologico e deriva dalla necessità degli organismi di mantenersi in vita e raggiungere il successo riproduttivo. Secondo Trivers, l'autoinganno, come l'inganno, ha una funzione di adattamento all'ambiente perché nascondendo la verità anche a se stessi, permette a chi lo attua di sembrare più vero. Questo meccanismo porta a raggiungere i propri scopi di manipolazione più facilmente: non c'è miglior impostore di chi si convince di essere autentico, proprio quando mente. L'autoinganno, geneticamente predisposto negli individui, diventa così una delle maggiori fonti di conflitto nella vita perché ogni persona si rappresenta - ingannandosi - migliore di quanto non sia. Ha sempre l'impressione che in ogni rapporto e in ogni compromesso sia l'altro a guadagnarci. Contributi come questi sono importanti non solo perché danno la possibilità di capire quanto l'uomo sia simile agli altri animali, ma soprattutto perché permettono di comprendere quanto la teoria dell'evoluzione sia una chiave interpretativa dalla quale non si può prescindere se si vuol davvero capire l'uomo.
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 1 GIUGNO 2011
Foto di gruppo
MAURILIO ORBECCHI
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n un autore che ha scritto oltre 20 mila pagine nell'arco di 60 anni è difficile non trovare incoerenze e cambiamenti di opinioni. Carl Gustav Jung non sfugge a questa regola e quindi appare come una figura complessa che si contraddice numerose volte. In particolare, da una parte ha costruito una psicologia su basi biologico-evoluzionistiche piuttosto avanzata per il periodo in cui fu elaborata; dall'altra ha trascurato questa elaborazione per introdurre nella sua psicologia posizioni filosofiche e religiose paranormali che hanno allontanato lui e buona parte della sua scuola non solo dal rapporto con la scienza, ma a volte anche dal principio di realtà. I suoi contributi scientifici sono tuttavia importanti e, quindi, la sua figura è destinata a rimanere un punto fermo nella storia della psicologia.
In primo piano da sinistra Sigmund Freud Stanley Hall e Carl Gustav Jung Alle spalle Abraham Brill Ernest Jones e Sandor Ferenczi
Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta RUOLO: E’ SPECIALISTA IN PSICOLOGIA CLINICA IL SITO DELL’INTERNATIONAL ASSOCIATION FOR JUNGIAN STUDIES: WWW.JUNGIANSTUDIES.ORG/
Chi non si fa distrarre dalle opinioni parapsicologiche e spiritualiste espresse in diverse occasioni da Jung nel corso della sua vita trova in molti suoi lavori, in particolare tra gli anni Dieci e Venti del secolo scorso, l'elaborazione di una psicologia evoluzionistica sorprendentemente moderna che conserva un notevole valore alla luce delle conoscenze attuali. Fin dall'inizio del suo percorso intellettuale Jung si era proposto di agganciare le teorie psicoanalitiche ai risultati della biologia, un obiettivo che dichiarava esplicitamente: «Sarà uno dei grandi compiti futuri trasferire la metapsicologia freudiana all'interno della biologia». Jung era ancora un giovane psichiatra, quando incontrò un Freud già famoso. Era di quasi 20 anni più giovane del fondatore della psicoanalisi, il quale tuttavia fu profondamente colpito dal suo valore, tanto che lo nominò presidente della società psicoanalitica internazionale. Freud ebbe, però, un'influenza molto meno marcata sulla psicologia junghiana di quanto comunemente si pensi. In diverse occasioni avvenne semmai il contrario, come quando Freud si spinse a cer-
Gli archetipi che ci sono amici Psicologia. A mezzo secolo dalla scomparsa le neuroscienze dissezionano il pensiero di Jung “Promossa la ricerca biologica-evoluzionistica della psiche, bocciata la deriva spiritualistica” care i fondamenti della sua ipotesi sul parricidio nei periodi ancestrali, allargando così il proprio concetto di inconscio per includervi una struttura evoluzionistica. Jung s'ispirava alla teoria dell'evoluzione, così com'era filtrata dalla psicologia degli istinti di William James, nei confronti del quale riconosceva apertamente il suo debito: «È stato il suo spirito così vasto e aperto ad ampliare a dismisura per me l'orizzonte della psicologia umana». Nel costruire una propria psicologia Jung sviluppò le conseguenze della scoperta di Darwin, secondo il quale la mente e la coscienza si sono formate come evento naturale nel corso dei tempi evoluzionistici. Se l'uomo non è un'eccezione rispetto alle altre specie viventi, sosteneva, possiede anch'egli modelli di comportamento ereditati che lo portano a esprimere i modi di vita propri della specie. Ciò significa che la mente non è una tabula rasa, pronta per essere
Analisi ALDO VIARENGO - EUGENIO BRUTI LIBERATI UNIVERSITA’ DEL PIEMONTE ORIENTALE
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obiettivo è realizzare percorsi comuni, che permettano ai ricercatori delle discipline scientifiche di confrontarsi con la normativa per renderla il più possibile efficace ed al tempo stesso consentano ai giuristi di percepire meglio le innovazioni scientifiche per poterle adeguatamente valorizzare sia nelle future normative europee, nazionali o regionali, sia nell'interpretazione di quelle esistenti. Un esempio per tutti. La normativa attualmente in vigore è orien-
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Nella foresta dei simboli
Lo sapevi che? Un‘eredità controversa
Il mandala tibetano è una metafora dell’inconscio collettivo teorizzato da Jung
scritta interamente nel corso della storia personale, ma è il prodotto dell'evoluzione di una lunghissima serie di antenati. Il sistema biologico-mentale, che chiamò inconscio collettivo, è pertanto destinato a generare risultati simili a quelli che si sono già prodotti, infinite volte, nella storia degli individui e delle culture. In altre parole, gli esseri umani, anche quando credono di com-
Si avvicina l’anniversario dei 50 anni della morte di Carl Gustav Jung, scomparso il 6 giugno 1961. Che cosa è sempre attuale e che cosa è invece entrato in crisi del pensiero del celebre psichiatra e psicologo svizzero? L’articolo in questa pagina e quello della prossima settimana analizzano alla luce delle scoperte della biologia e delle neuroscienze i punti di forza e i punti deboli della teoria e della tecnica d'intervento sul paziente che Jung chiamò «psicologia analitica».
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piere libere scelte individuali, in realtà stanno eseguendo solo variazioni personali o socioculturali di alcuni modelli biologici che derivano dalle strutture del sistema mente-cervello. Queste caratteristiche universali, da Jung chiamate arche-tipiche, si sono sviluppate nel corso dell'evoluzione. Le differenze manifestate nelle varie culture e nelle varie epoche sono solo superficiali, de-
rivando da meccanismi cerebrali condivisi da tutti gli esseri umani. In altre parole, oggi, potremmo dire che l'evoluzione non fornisce i documenti scritti, ma i programmi atti a
Abbraccio di scienza e leggi per salvare la natura Lo sapevi che? Online le mappe dello smog nell’Ue La situazione dell'inquinamento atmosferico in Europa è ora online: su http://prtr.ec.europa.eu/DiffuseSourcesAir.aspx sono disponibili le mappe con i dati sulle principali fonti di smog. L’iniziativa è della Commissione Europea con l'Agenzia europea dell'ambiente.
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tata ad una valutazione basata sui ca 248 mila! (è un dato riportato singoli «limiti di legge» delle concen- dall'«American Chemical Society» trazioni dei diversi inquinanti (ad nel 2010). Lo sviluppo indicato a liesempio metalli pesanti, IPA e dios- vello europeo, tuttavia, è quello di sine) nelle differenti matrici ambien- disporre di un quadro normativo tali. Le agenzie amcon un approccio bientali sono, in geecosistemico della nere, in grado di vaconservazione dell' lutare all'incirca ambiente. 150 inquinanti preOggi sappiamo senti nel suolo opche i dati chimici pure nelle acque: RUOLI: IL PRIMO È PRESIDE DELLA FACOLTÀ possono essere adema sapete quanti inteDI SCIENZE MATEMATICHE E FISICA guatamente E IL SECONDO E’ PROFESSORE DI DIRITTO grati con dati ecosono i potenziali inAMMINISTRATIVO PRESSO LA FACOLTÀ quinanti presenti DI GIURISPRUDENZA DELL’UNIVERSITÀ tossicologici e ciò nell'ambiente? CirDEL PIEMONTE ORIENTALE permette di mette-
Aldo Viarengo Eugenio Bruti Liberati Ecologo e Giurista
scriverli. Per comprendere il concetto basti pensare per esempio alla credenza nel soprannaturale, al matrimonio, alla danza, alla morale, al divieto di alcune forme di violenza. Questi elementi sono archetipici (tipici degli esseri umani) ed esistono dappertutto, al di là dei vari modi in cui vengono espressi. Jung rappresentava l'inconscio collettivo con un'immagine efficace: un essere umano al di là della giovinezza e della vecchiaia, dell'età di due milioni di anni, tempo che corrisponde al periodo evoluzionistico in cui si sono sviluppate le caratteristiche umane. Quest'individuo avrebbe un forte senso della storia, del divenire, della nascita e della morte. E’ paradossale che questa parte della psicologia junghiana, quanto mai attuale, sia stata tacciata per anni di misticismo per poi (quando cambiarono i tempi) essere sprezzantemente definita biologista. [1 - Continua]
re in evidenza gli effetti biologici dovuti al carico totale degli inquinanti biodisponibili presenti nell'ambiente. Solo uno stretto rapporto tra ricerca scientifica e ricerca nel campo giuridico potrà far sì che i risultati dovuti all'utilizzo di nuove tecnologie possano contribuire all'evoluzione - speriamo rapida - della normativa vigente e ad una sua corretta ed efficace applicazione. Per queste ragioni, nell'Università del Piemonte Orientale «Amedeo Avogadro», è stato attivato dallo scorso anno il «Corso di Perfezionamento in Diritto Ambientale», in cui l'approccio scientifico e quello giuridico si fondono nell'approfondimento delle principali tematiche poste dalla regolazione finalizzata alla tutela dell'ambiente. Agli stessi fini, inoltre, il corso di laurea in Scienze Ambientali e Gestione del Territorio si va sempre più caratterizzando per la forte interazione tra discipline scientifiche e giuridiche.
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 8 GIUGNO 2011
MAURILIO ORBECCHI
La crisi La psicologia analitica junghiana si è allontanata dalla scienza e la figura del «maestro» è stata presentata dai suoi seguaci con caratteristiche filosoficoreligiose e trasformata in una specie di icona e in un punto di riferimento per i culti New Age
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l più frequente rimprovero rivolto a Carl Gustav Jung è stato di confondere e compendiare, nel suo concetto d'inconscio collettivo, due elementi del tutto differenti: l'eredità dei meccanismi che forniscono i prerequisiti di base delle idee e dei comportamenti insieme con i ricordi di quanto era accaduto nel corso dei tempi alle varie popolazioni umane. La prima è una posizione coerente con la sintesi moderna dell'evoluzionismo, la seconda è un residuo del lamarckismo più ingenuo: la credenza nella trasmissione dei caratteri acquisiti, compresa la memoria. Non sono osservazioni dettate da pregiudizio: le posizioni evoluzionistiche di Jung soffrono
Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta RUOLO: E’ SPECIALISTA IN PSICOLOGIA CLINICA IL SITO DELL’INTERNATIONAL ASSOCIATION FOR JUNGIAN STUDIES: WWW.JUNGIANSTUDIES.ORG/
davvero di alcune confusioni lamarckiane, comuni in quei tempi, tanto che alcune si trovano nello stesso Darwin. La scarsa considerazione della sua psicologia da parte degli scienziati non va quindi attribuita a questi errori. La psicologia freudiana, le cui basi evoluzionistiche sono fondate sul ricordo delle esperienze ancestrali, è molto più ingenuamente lamarckiana di quella junghiana. Nonostante ciò, la psicoanalisi, pur scientificamente non accettata, non è considerata con la stessa supponenza che la comunità scientifica riserva allo junghismo. I motivi del rifiuto vanno invece ricercati nelle posizioni parapsicologiche e spiritualistiche di Jung, alle quali vanno aggiunte le polemiche dei suoi ultimi decenni contro la scienza, un atteggiamento che l'ha reso uno dei principali precursori del pensiero postmoderno. Probabilmente, però, il fattore che più ha pesato per l'opposizione scientifica nei suoi confronti è stata la creazione di una scuola e di un' associazione che hanno sviluppato le parti più retrive del suo pensiero con caratteristiche di isolamento triba-
E Jung divorziò dalla scienza Psicologia. Il lato oscuro del celebre maestro ha poco a che fare con le influenze lamarckiane E’ legato alle derive parapsicologiche e spiritualistiche, enfatizzate poi da molti dei suoi allievi le (tipiche delle scuole private di psicoterapia) che ignorano le confutazioni scientifiche delle ipotesi del loro maestro. Questo stato di cose ha portato a un atteggiamento terapeutico che caratterizza la corrente culturale e artistica chiamata «realismo magico», tanto che oggi si può affermare che il realismo magico non definisce solo un genere letterario e pittorico, ma anche un modo di esercitare la psicoterapia. Per questo insieme di motivi la psicologia analitica junghiana si è allontanata dalla scienza e la figura di Jung è stata presentata dai suoi seguaci con caratteristiche filosofico-religiose e trasformata in una specie di icona, un punto di riferimento
Analisi ADRIANO ZECCHINA UNIVERSITA’ DI TORINO
SEGUE DA PAGINA 27
uesti conferiscono maggiore resistenza alle temperature elevate, rendendoli così particolarmente efficaci nelle applicazioni aerospaziali. Infine mediante opportune applicazioni delle nanotecnologie - i materiali polimerici possono essere modificati fino a diventare «funzionali», capaci cioè di svolgere nuove funzioni: tra le altre, quelle sensoristiche acquisiscono un peso sempre più preminente.
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Un ruolo crescente
Ma il ruolo della chimica e delle nanoscienze nella sintesi e nelle applicazioni dei materiali non si ferma certo ai polimeri e alle materie plastiche. Basti ricordare la produzione e l'ottimizzazione dei
per i culti New Age. Certo, Jung credeva nella parapsicologia. Ma occorre ricordare che le ricerche parapsicologiche appassionavano allora moltissimi studiosi, al punto da essere quasi endemiche nel mondo della psicologia di quel periodo. Paradossalmente, era stato proprio il clima positivistico a rilanciare gli studi parapsicologi, perché gli scienziati volevano ricondurre entro un orizzonte scientifico tutto quanto ritenevano potesse esistere, inclusi i fantasmi. In quegli anni, perfino il grande psicologo darwiniano William James arrivò a fondare una società parapsicologica; lo stesso Freud sosteneva l'esistenza della telepatia e l'eminente biologo Alfred Russel Walla-
Anche la teoria degli archetipi perse parte delle sue basi biologiche co di questi fenomeni, tanto che, in quegli anni, prestigiose università istituivano cattedre di parapsicologia, un termine coniato nel 1889 da Max Dessoir, professore all'Università di Berlino. Fino agli Anni 50 del secolo scorso Joseph Banks Rhine, della prestigio-
sa Duke University, pubblicava rigorosi lavori scientifici che si riteneva dimostrassero l'esistenza della telepatia. Jung, come tanti altri, era rimasto impressionato da questi esperimenti e scrisse il suo lavoro sulla sincronicità, le coincidenze significative che a suo avviso non sarebbero casuali (la credenza che sta a fondamento delle religioni New Age), proprio sulla base dei risultati pubblicati da Rhine. Con dispiacere osserviamo che, con l'avanzare della sua età, le citazioni di William James scompaiono mentre fioriscono quelle di Rhine. In Jung gli spiritualismi hanno indubbiamente pesato in modo maggiore rispetto ad altri autori. Il suo progressivo allontanamento dalla
scienza è evidente nel corso degli anni, al punto che perfino le stesse teorie dell'inconscio collettivo e degli archetipi, nate con solide fondamenta biologiche, furono trasformate in teorie spiritualiste. Dal punto di vista scientifico il percorso di Jung e la sua psicologia, ossia ciò che lui chiama la sua «individuazione», appaiono più come un'involuzione che un'evoluzione. Eppure, nulla toglie che, per l'effettivo valore teorico ed euristico di tante sue descrizioni, nonché per l'attualità della sua psicologia evoluzionistica, rifiutare interamente l'opera di Jung a causa dello spiritualismo è davvero, come si usa dire in questi casi, buttare via il bambino con l'acqua del bagno. [2 - Fine]
Perché non possiamo fare a meno della chimica
E sempre in relazione al problema dell'energia la chimica e le nanoscienze stanno giocando un ruolo determinante nel campo delle batterie (come quelle al litio), dove la miniaturizzazione e una crescente capacità di immagazzinamento energetico sono imperativi.
catalizzatori a base di metalli nobi- di titanio o di altri ossidi fotoattivi li o di ossidi finemente dispersi, sia, infine, a base di molecole orgache permettono di ridurre le emis- niche fotosensibili. sioni nocive dei motori a combuLe questioni dell'energia sono stione interna, o che sono progetta- destinate ad assumere un ruolo ti e utilizzati nella sintesi del biodie- centrale: è perciò realistico consisel a partire dagli derare la ricerca oli vegetali e, in gein campo chimico nerale, da materie come strategica. prime rinnovabili. Un'area di grande Un altro campo interesse, per di enorme imporesempio, riguarda tanza, dove la chila produzione di foRUOLO: E’ PROFESSORE EMERITO mica dei materiali ALL'UNIVERSITÀ DI TORINO E PRESIDENTE tocatalizzatori (gee le nanotecnoloDEL COMITATO PROMOTORE neralmente a base PER IL PIEMONTE DELL'«ANNO di nanoparticelle di gie giocano un ruoINTERNAZIONALE DELLA CHIMICA» lo crescente oltre biossido di titanio) che strategico, è per la purificazioquello della sintesi e dell’ottimizza- ne delle acque, la produzione di rivezione di materiali per le celle foto- stimenti fotoattivi con attività antivoltaiche, sia a base di silicio cri- batteriche, la realizzazione di fibre stallino o amorfo (anche in forma tessili autopulenti e, infine, anche la di film sottili) sia a base di biossido creazione di cementi autopulenti.
Ma anche il problema della cattura dell'anidride carbonica (il prodotto obbligato della combustione, principale rifiuto della civiltà moderna con le sue pesanti implicazioni sul clima del presente e del futuro) è intimamente legato alla sintesi di materiali porosi di nuova concezione. E, infine, il settore dei materiali metallici nanostrutturati, delle leghe, delle superleghe e soprattutto dei loro rivestimenti protettivi vede la chimica dei materiali e delle nanotecnologie in posizione sempre più centrale. Questa breve descrizione fa certamente torto a tanti altri materiali importanti, ma questo primo elenco vuole rendere l'idea del peso e del ruolo pervasivo della chimica nello sviluppo della civiltà globale del XXI secolo e anche del suo benessere.
Lo sapevi che? Convegno su mobilità e aerospazio «Mobilità sostenibile e industria aerospaziale: il contributo della chimica e dei nuovi materiali». E’ è il titolo del congresso previsto dopodomani al Centro Congressi di Torino Incontra, organizzato in occasione dell’«Anno Internazionale della Chimica». I La partecipazione è gratuita e prevede l’iscrizione entro oggi sul sito www.promopoint.to.camcom.it/ chimica_mobilita_aerospazio. Programma e informazioni sono invece disponibili su www.annodellachimica.unito.it. I
ce, co-scopritore con Darwin della selezione naturale, credeva negli spiriti. Erano anni precedenti alla diffusione del «debunking», termine che si può tradurre con smascheramento scientifi-
Adriano Zecchina Chimico
L’impatto sul clima
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NEUROSCIENZE
RICERCA
MISTERI
Chi ricorda e chi cancella i sogni notturni?
A Cambridge una fabbrica di Premi Nobel
L’Eldorado dei quadrati giganti in Amazzonia
Una ricerca italiana indaga un meccanismo ancora oscuro. BANFI, PARRINI
Come rendere la ricerca produttiva al massimo: Cambridge ha trovato la soluzione.
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La giungla rivela le tracce di una civiltà insospettabile: ecco cosa dicono i primi studi.
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e NEWBURY PAGINE 28 E 29
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BECCARIA PAGINA 30
DI CIANNI PAGINA 31
TUTTOSCIENZE ETOLOGIA. NELLA «BASE» DELLE TREMITI SI STUDIA COME SALVARE UNO DEI VOLATILI PIU’ MINACCIATI DEL MEDITERRANEO
Analisi MAURILIO ORBECCHI
Non si smette mai di essere razzisti uando si guarda la storia con animo privo di retorica, non si può che rimanere colpiti dalla ferocia che assumevano le relazioni umane nei tempi passati. In particolare non si può evitare di osservare che nessuna forma sociale è mai stata indenne dalla discriminazione, che ha assunto aspetti che vanno dalla prevaricazione al razzismo. Lo schiavismo, che è una delle conseguenze più diffuse del razzismo, era endemico nei tempi antichi, come il sessismo. Le fonti ci dicono che i bambini nati deformi, in molti casi, venivano eliminati alla nascita, mentre le guerre finivano spesso con la soppressione della maggior parte degli avversari, dei bambini, degli anziani e la presa in schiavitù delle donne migliori. Fino a oggi le teorie che offrono spiegazioni sulla nascita del pregiudizio e della discriminazione sono per la maggior parte di ordine sociologico, psicologico e giuridico. Manca a livello generale la consapevolezza che siamo di fronte a un fenomeno che non è nato con l'umanità, perché si trova anche in numerose altre specie, tra cui gli scimpanzé. Richard Wrangham, primatologo dell'Università di Harvard, ha descritto sia il comportamento non esattamente tenero che gli scimpanzé tengono con gli estranei che entrano nel loro territorio sia i raid mortali che compiono nei territori altrui.
Tra i fantasmi delle falesie Un programma internazionale spia l’odissea delle ultime berte La cura delle uova I nidi delle berte sono isolati e in luoghi spesso inaccessibili: riuscire a fotografarne uno è una vera e propria impresa
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TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 20 LUGLIO 2011 NUMERO 1478 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
EUGENIO MANGHI
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l sole è tramontato e l'ultima striscia arancione, all' orizzonte, si è spenta. Dall'alto della falesia, a picco sul mare delle Tremiti, l'acqua della Grotta delle Viole è diventata invisibile. Passa qualche istante e il buio è totale. Questa notte la luna non sorgerà. Quasi d'improvviso, ecco il primo richiamo gutturale. E'
Maschi e femmine si scambiano informazioni sfregandosi i becchi come una specie di miagolio, fatto da un bambino che cerca di imitare un gatto. Dall'altra parte della falesia risponde un «maialino», con un breve grugnito. «Questa è la femmina», mi spiega Jacopo Cecere, l'ornitologo della Lipu-BirdLife Italia che da tre anni porta avanti in Italia l'attività di ricerca del progetto internazionale sugli uccelli marini: si tratta di uno dei gruppi di uccelli più misteriosi e in declino di tutto il Mediterraneo. «Le berte sono i nostri albatri e come gli albatri volano
per centinaia di chilometri alla ricerca di cibo. Alla fine dell'inverno le berte maggiori arrivano nel Mediterraneo, migrando dal Sud Africa, e si fermano sulle nostre isole per riprodursi, oltre che in Grecia, Tunisia, Malta... Questi che sentiamo nel frattempo i gorgheggi hanno invaso lo spazio buio intorno a noi - stanno rientrando dopo una settimana di peregrinazioni verso Nord, verso l'alto Adriatico. L'abbiamo scoperto studiando i tracciati rilevati da leggerissimi Gps, sistemati sul dorso di alcuni esemplari e che ora recuperiamo man mano che gli uccelli ritornano ai propri nidi per sostituire il partner impegnato nella cova. Il “cambio della guardia” avviene dopo una decina di giorni». I nidi sono ovunque intorno a noi, ma, anche se fosse giorno, non riusciremmo a vederne neppure uno. Né qui, alla Grotta delle Viole, né a Caprara, l'isolotto davanti a San Nicola e dichiarato off-limits dal Parco Nazionale del Gargano per chiunque non sia ufficialmente impegnato in questo progetto di ricerca. I nidi, infatti, si trovano nelle profondità di cunicoli e anfratti strettissimi che, anche per gli studiosi, sono difficili - talvolta impossibili - da raggiungere. Solo qual-
cuno, qua e là, è più facile da esplorare e proprio su questi Cecere e Carlo Catoni devono concentrarsi per studiare le berte. «Alle Tremiti teniamo sotto osservazione una trentina di nidi, ma sono in tutto qualche centinaia. Si tratta di colonie esistenti da tempo e note agli ornitologi. Catturiamo alcuni campioni, li pesiamo, ne valutiamo lo stato di salute e li do-
Jacopo Cecere Ornitologo RUOLO: E’ RICERCATORE DELLA LIPU-BIRDLIFE ITALIA E DA 3 ANNI CURA IN ITALIA UN PROGETTO INTERNAZIONALE SUGLI UCCELLI MARINI
tiamo di un Gps di pochi grammi. Infine - dice Cecere - li identifichiamo con un anello, dipingiamo le piume del sottogola con un colorante temporaneo rosso o nero e li rimettiamo sul nido. Controllandole ogni giorno, scopriamo il momento in cui le berte vengono sostituite nella cova dal partner e si allontanano per alimentarsi. A questo punto ripetiamo l'operazione con il nuovo arrivato. Al loro ritorno i successivi controlli ci permettono di recuperare il Gps e, leggendo i dati, scopria-
mo dove le berte scelgono di alimentarsi». E così si è scoperto come alcuni esemplari volino per centinaia e centinaia di chilometri, ma come abbiano anche imparato a frequentare le aree dei porti, come Pescara e Ancona. «Lavoriamo così anche a Linosa, dove c'è una colonia di 10 mila coppie - spiega Cecere - e in tutto l'arcipelago toscano». Il vociare delle berte, ora, è assordante e fatico a sentire le spiegazioni dei due ricercatori. Ma, se sorgesse la luna o qualcuno accendesse una torcia elettrica, tutto cesserebbe all' istante. Sussurrandomi nell'orecchio, Catoni mi spiega che, oltre ai ratti, che sono i più formidabili predatori delle uova delle berte, l’altro pericolo incombente su questi uccelli è l'inquinamento luminoso: bastano le luci di una strada per indurre le berte ad abbandonare la colonia. E per ammutolirle è sufficiente che i fari delle auto di passaggio illuminino l'area di nidificazione. Per fortuna alle Tremiti il problema non si pone: il sentiero che porta alla Grotta delle Viole è immerso nel buio. Ma a Linosa una strada secondaria passa proprio nei pressi della colonia e, se fosse illuminata in modo perma-
nente, sarebbe un disastro! Ormai è quasi l'una di notte e l'attività delle berte è all'apice. Le sentiamo volare vicinissime e gridare. Una mi sfiora i capelli come un poltergeist. Decido di fare qualche ripresa e accendo un illuminatore a raggi infrarossi, così il paesaggio può restare immerso nella più totale oscurità. Dopo qualche minuto due berte compaiono nello schermo monocromatico della telecamera e le filmo. La scena è di quelle che Jacopo e Carlo non esitano a definire irripetibile: la femmina esce dal nido, poi il maschio - lo si capisce dal canto querulo - arriva in volo. I due si scambiano dei brevi convenevoli, fregandosi i becchi, finché il maschio assesta una decisa beccata all'ala della femmina. Non è una sgarberia: nel linguaggio delle berte significa: «Cara, vai a cena, ora ci sono qui io ad occuparmi della casa e delle uova!». La compagna vola via e scompare nella notte più nera. Arriverà là dove neppure il nostro faro a infrarossi potrà raggiungerla. A proteggerla c’è il mito delle sirene, che dal canto delle diomedee vocianti sembra essersi originato. Ma - speriamo - anche qualche legge lungimirante sulla tutela del mare.
30 TuttoScienze
LA STAMPA MERCOLEDÌ 20 LUGLIO 2011
Il futuro Proteine e geni: sono al centro della biologia computazionale del XXI secolo
ANALISI
Piccoli, brutti, grassi: ecco le nuove forme della discriminazione SEGUE DA PAGINA 27
MAURILIO ORBECCHI
E’ qui la fabbrica dei Nobel “Science”: svelata la formula dei laboratori di Cambridge Ricerca GABRIELE BECCARIA
H
ills Road, Cambridge, Gran Bretagna. Difficile trovare un posto con più Nobel all’ora del tè (almeno in Gran
Bretagna). Il palazzo è in anonimo stile razionalista Anni 60 e il nome «MRC Laboratory of Molecular Biology» - non è stato pensato per far scattare scintille d’emozione. Il bello si nasconde nei suoi laboratori: è a questo indirizzo che è cambiato per sempre il modo di concepire la vita (e noi stessi) ed è da qui che si propaga un’avventura iniziata ufficialmente nel 1953, con l’annuncio della scoperta della struttura a doppia elica del Dna. Il centro continua a collezionare successi, tanto da aver spinto una delle grandi riviste scientifiche internazionali - «Science» - a scriverne un elogio che, in realtà, prova a carpirne i segreti.
Se si vuole fare ricerca d’alto, d’altissimo livello - suggerisce l’autrice - è essenziale seguire una serie di regole, messe abilmente a punto in questa fabbrica di intelligenza fondata nel 1947 per facilitare il lavoro a due signori - Max Perutz e John Kendrew - che volevano fare della diffrazione a raggi x lo strumento con cui studiare le proteine. Ci riuscirono così bene da vincere il Nobel nel ‘62, lo stesso anno in cui fu assegnato all’altra coppia, John Watson e Francis Crick, i primi investigatori del Genoma. E da allora il numero dei premiati made in Stoccolma che prendono il tè al «Laboratory» è salito a 13. Ultimo in ordine di tempo, nel 2009, Venki Ramakrishan, per gli studi sui ribosomi, le particelle responsabili della sintesi delle proteine (sempre loro). Prima regola, spiegata dal direttore Hugh Pelhman: i Nobel non si vanno a cercare a cose fatte, si devono creare «in casa», con pazienza e metodo. Seconda regola: puntare sui giovani. Un esempio è Jason Chin, che si è appena aggiudicato la medaglia d’oro della «European Molecular Biology Organization». Anche lui è stato ingaggiato con una strategia preci-
Il laboratorio di biologia molecolare
sa, che va a caccia dei cervelli nel mondo. Terza regola: i migliori si distinguono per le idee e i progetti, non necessariamente per la quantità bruta di pubblicazioni a più mani. Quarta regola: chi entra nella squadra viene periodicamente valutato. I bravi vanno avanti, quelli che deludono devono lasciare. Quinta regola: incoraggiare il lavoro in team. L’accesso ai «group leaders» è continuo, la burocrazia interna ridotta al minimo. Sesta regola: la ricerca è libera e l’originalità è premiata rispet-
to alla richiesta ossessiva di risultati immediati. Settima regola: anche i finanziamenti seguono la logica del lavoro interdisciplinare. Nessun gruppo o individuo deve considerarsi un’isola. Regola finale, ancora enfatizzata da Pelham: «Concentrarsi sulle grandi questioni e tentare di dare loro una risposta». E infatti gli interrogativi che aleggiano a Cambridge sono tra quelli centrali della scienza del XXI secolo. Toccano la biologia computazionale, aggrediscono i meccanismi dell’immunità e del cancro, riguardano i segnali intracellulari e l’analisi genetica dei circuiti neurali, si tuffano nei processi delle malattie neurodegenerative e flirtano con la biologia sintetica e con la vita artificiale. Al momento i talenti che si sono fatti attrarre dall’orbita del Laboratory of Molecular Biology» sono 320 e sottolineano a Cambridge - «le opportunità di carriera precoce sono straordinarie». I successi, maneggiando geni e proteine, lo dimostrano. E anche le società biotech che sbocciano dai team. Creatività e profitto si intrecciano così come si contaminano fisica, chimica e genetica. Anche all’ora del tè.
Una ricerca di Neha Mahajan dell’Università di Yale ha mostrato che i macachi rhesus associano i membri del gruppo con buone cose, come i frutti, e gli estranei a cattive, come i ragni. È probabile che pregiudizi, discriminazioni e comportamenti feroci con l'estraneo abbiano radici biologiche dovute alla lotta per la riproduzione. È noto che nel mondo animale i maschi competono per l'accesso alle femmine. La competizione avviene non solo in via diretta con la lotta, ma anche in via indiretta, con l'esibizione delle proprie qualità al fine di essere scelti dalle femmine. Tra i primati, mentre un maschio produce milioni di spermatozoi e può teoricamente fecondare innumerevoli femmine, una femmina può partorire pochi figli nel corso della vita. Secondo gli studiosi di evoluzione della mente, una simile differenza è alla base della maggior promiscuità maschile; del privilegio femminile della qualità sulla quantità nella scelta sessuale; del senso di proprietà dell'uomo nei confronti della donna; e soprattutto della competizione tra maschi umani, così come accade nel resto del mondo animale. Una delle forme in cui si manifesta la rivalità tra gli umani è la squalifica dell'avversario, che viene inquadrato in categorie inferiori al fine di essere discriminato, ossia tolto di mezzo come competitore. Identificare presunte categorie di esseri inferiori è, infatti, il modo più immediato e a basso costo per emergere la propria presunta superiorità. Questo gioco perverso si manifesta a due livelli, quello esterno alla propria popolazione, con il razzismo propriamente detto, e quello interno, con le estensioni del razzismo (tra cui quelle fondate su sesso, orientamento sessuale, disabilità, religione, età) che psicologicamente e socialmente sono analoghe alla prima. Queste forme di discriminazione, presenti da sempre nella storia, hanno trovato posto e tutela da pochi anni nella Carta europea dei diritti fondamentali e in alcune Costituzioni. Sapere che il pregiudizio è un fattore che spesso opera automaticamente, più che una deliberata scelta razionale, aiuta a prendere i provvedimenti corretti di carattere legislativo, istituzionale e culturale per contrastarlo. Rendersi conto che fino a pochi decenni fa non ci si accorgeva neppure dell'esistenza del pregiudizio (contro le donne o i gay) permette di capire che la strada percorsa ultimamente porta nella giusta direzione. Forse, però, andrebbe meglio sottolineato che, quando si rifiuta una persona indicando motivazioni che comprendono una categoria di individui, si ricade nuovamente nel pregiudizio di carattere razzista. Non possiamo lamentare il razzismo subito dalle categorie discriminate nei secoli scorsi per poi utilizzare oggi termini che squalificano altre persone, tacciandole di «brutte», «piccole», «grasse», «vecchie» (come si ha l'occasione di vedere in certi dibattiti politici). D'altra parte, finché sarà tollerata la richiesta di «bella presenza» nelle offerte di lavoro, significa che, nonostante i passi fatti, siamo ancora lontani dal contrastare le tendenze animali più arcaiche e dal raggiungere le pari opportunità per tutti.
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26 TuttoScienze
LA STAMPA MERCOLEDÌ 12 OTTOBRE 2011
Psicologia MAURILIO ORBECCHI
C
he ci crediate o no – e so che molta gente non ci crede - la violenza è in declino da molto tempo. Noi viviamo, probabilmente, nel periodo più pacifico dell’esistenza dell’intera specie umana». Steven Pinker presenta con queste parole il suo nuovo libro, intitolato «The Better Angels of Our Nature: How Violence Has Declined», in uscita negli Stati Uniti. Pinker, titolare della cattedra di psicologia a Harvard, è una star internazionale, al punto di essere stato inserito dalla rivista «Time» tra gli uomini più influenti al mondo. Per sostenere la sua tesi, si avvale di una notevole quantità di esempi e di dati. Parte dall’archeologia forense, disciplina che indaga sul rinvenimento dei resti scheletrici. Questi studi rilevano, su oltre il 15% degli scheletri preistorici, segni di traumi come teschi sfondati da colpi violenti, scheletri decapitati, femori con frecce conficcate e mummie con funi attorno al collo. Paragonando questi dati con quelli degli Usa e dell’Europa nel XX secolo, che hanno una media di morti violente inferiori all’1%, nonostante due guerre mondiali e alcune altre a dimensione regionale, si evidenzia una differenza netta, che indica maggiore violenza nella Preistoria rispetto ad oggi. Se poi si allarga la valutazione del XX secolo a tutto il mondo, considerando come morti violente anche quelle dovute alle grandi carestie create dall’uomo, la differenza si attenua leggermente, perché si arriva al 3% dei morti per cause violente. Una percentuale che, tuttavia, rimane ancora ben lontana da quella della Preistoria. Un altro settore di studio utilizzato è quello della statistica etnografica contemporanea, che registra, nelle società prestatali ancora esistenti, una media di 500 persone morte per omicidio (con punte di 1500) ogni 100 mila. Tra le società statali più violente del XX secolo ci sono, a quote decisamente più basse, la Germania, con un tasso di 135 persone per 100 mila abitanti, la Russia
Perché siamo più buoni Il nuovo saggio di Pinker vuole dimostrare che viviamo nella società più pacifica di sempre Il merito è dell’evoluzione culturale, ma il rischio di un salto all’indietro è sempre incombente
Steven Pinker Psicologo RUOLO: E’ PROFESSORE DI PSICOLOGIA ALLA HARVARD UNIVERSITY (USA) IL LIBRO: «THE BETTER ANGELS OF OUR NATURE: THE DECLINE OF VIOLENCE IN HISTORY AND ITS CAUSES» - PENGUIN
(130) e il Giappone (30). La media del mondo intero, includendo le carestie indotte dall’uomo, è di 60 morti violente per
Medicina LETIZIA MAZZINI CENTRO REGIONALE SLA - NOVARA
L
a Sclerosi Laterale Amiotrofica rimane per i ricercatori una delle malattie più frustranti tra quelle che colpiscono il sistema nervoso centrale: per molti anni, infatti, la ricerca è rimasta confinata a pochi istituti e con scarsi risultati. Ma negli ultimi due decenni abbiamo assistito alla produzione di una straordinaria quantità di materiale scientifico che ha fatto luce su alcuni meccanismi che possono essere considerati tra le cause dell'insorgere della malattia: la maggior parte dei risultati ci sono arrivati dai laboratori di genetica. E' quindi la genetica la strada maestra per arrivare all'obiettivo di trovare una cura? Su questo argomento AriSLA, la fondazione per la Ricerca sulla SLA, primo organi-
100 mila persone. Una terza disciplina utilizzata da Pinker per provare la sua tesi è la criminologia della storia. Il ricercatore di punta in questo settore è Manuel Eisner dell’Università di Zurigo, i cui studi hanno evidenziato un forte declino delle morti violente nel nostro continente. In Inghilterra e in Germania, per esempio, calano di oltre il 95%, dall’anno 1300 a oggi. La prima causa della diminuzione degli omicidi va sicuramente riferita alla formazione degli Stati moderni, che si riservano il monopolio dell' uso della forza, del giudizio e della pena, rendendo meno frequenti le ritorsioni private che creano faide plurigenerazionali. Tuttavia gli stessi Stati hanno prodotto una grande violenza al loro interno. Pinker evidenzia con l’ausilio di eloquenti grafici che la vio-
lenza degli Stati, terribile al- tivi, nel 1861. La pena di morte l’inizio della loro formazione, è poi stata abolita progressiè diminuita ancor più degli vamente in tutta l’Europa. Gli omicidi nel corso dei secoli. Usa, l’unica nazione occidenPer esempio la tortura è stata tale a mantenerla in vigore anprogressivamente vietata a cora oggi (in due terzi degli cominciare dalla fine del 1600 Stati, mentre in un terzo è in Inghilterra e Scozia; il di- abolita), hanno conosciuto vieto si è poi esteso alla mag- una diminuzione notevole delgior parte dei Paesi europei le pene capitali, passando dalalla fine del le 16.500 esecu1700, per finire LE PROVE zioni annuali del con Spagna, Vaalle 50 eseDalla preistoria 1700 ticano, Portogalcuzioni (in mefino al presente dia) di questi ullo e Russia, gli un declino costante timi anni. ultimi Stati ad aver abolito la Negli ultimi tortura nel XIX secolo. due secoli la schiavitù, un alNello stesso periodo c’è sta- tro indicatore inequivocabile ta una riduzione dell’uso della di violenza interna allo Stato, pena di morte per crimini non è stata abolita in tutto il monletali. Per esempio in Inghilter- do. Se poi si considera quanto ra si è passati da 222 ragioni avvenuto dal 1945 a oggi, il peper comminare la pena di mor- riodo che Pinker chiama «la te nel 1600 (tra cui sodomia, lunga pace», vediamo che tutti furto, adulterio, falsificazione gli Stati più sviluppati hanno e stregoneria) ad appena 4 mo- vietato il maltrattamento e la
Genetica e staminali: le due vie per battere la Sla smo a livello italiano e nel panorama europeo a occuparsi in maniera esclusiva di ricerca sulla patologia e ad avere come obiettivo la creazione di un network tra i ricercatori del settore, ha lanciato un dibattito, domandandosi quale delle due strade oggi perseguite - la genetica e le staminali - possa essere risolutiva. Negli ultimi 15 anni la ricerca genetica è stata limitata alla mutazione del gene della SOD1 e a questo modello indotto di degenerazione del motoneurone come unica causa nota della malattia. Oggi, invece, la scoperta di altre mutazioni ci permetterà un approccio più ampio anche dal punto di vista terapeutico. Al momento, infatti, nessuna scoperta ha ancora portato a una terapia efficace. Proprio una mutazione genetica è
la più recente scoperta sulla SLA: la ri- principale causa genetica della malatvista «Neuron» ha appena pubblicato tia, almeno tra quelle oggi conosciute. due studi indipendenti, di cui uno con Naturalmente la mutazione di quela partecipazione di alcuni centri ita- sto gene non è la causa di tutte le forliani, che individuame di SLA, ma le ulno un nuovo e ultetime scoperte aproriore gene come no nuove e prometcausa della malattenti strade per la tia. La mutazione ricerca. I prossimi del «c90rf72», locaprimi passi saranlizzato sul cromosoRUOLO: E’ DIRIGENTE MEDICO no infatti la realizma 9, sarebbe rePRESSO IL CENTRO REGIONALE PER LA SLA zazione di modelli DELL’AZIENDA cellulari e animali sponsabile del 38% OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA MAGGIORE dei casi familiari DELLA CARITÀ con queste mutazio(cioè ereditari) e di DI NOVARA ni, nei quali studiacirca il 4% delle forre i meccanismi pame sporadiche. Secondo i ricercatori, togenetici e in cui identificare i nuovi inoltre, queste percentuali salirebbe- bersagli terapeutici da colpire. ro rispettivamente al 46% e 21% nella Gli studi sulle staminali sono quinpopolazione finlandese. Se conferma- di una strada da abbandonare? Assoti, i dati farebbero di questo gene la lutamente no. Dalle staminali possia-
Letizia Mazzini Neurologa
discriminazione di gruppi da sempre svantaggiati, come le minoranze razziali, gli omosessuali, le donne, i bambini e perfino gli animali. Non dobbiamo però - avverte Pinker - cadere in facili illusioni. Il declino della violenza non avviene per un' evoluzione della specie umana, ma per un'evoluzione culturale della società. Per questo motivo non siamo al riparo dal rischio che la violenza si ripresenti in forme anche molto gravi e distruttive. Ma una visione corretta della storia aiuta a creare le condizioni per ascoltare i propri migliori angeli, ossia la parte più nobile della natura umana. Per la quantità e la qualità dei dati offerti Pinker risulta convincente. Il suo libro può segnare una svolta nella concezione che l’essere umano ha della propria storia e del suo futuro.
mo creare nuovi modelli da studiare in vitro e dal loro trapianto ci auguriamo si possano ottenere effetti terapeutici. Le staminali posseggono un elevato potenziale terapeutico in quanto, rispetto ai farmaci, potrebbero avere la capacità sia di proteggere sia di riparare le cellule nervose. Questa linea sperimentale appare tuttavia complessa e sono molti i dubbi che devono essere chiariti. Tuttavia, un primo «trial» sull'uomo, che prevedeva il trapianto di cellule staminali mesenchimali autologhe (staminali adulte derivate dal paziente che le riceve), ha già dimostrato la sicurezza anche a lungo termine di questo tipo cellulare e dell' impianto nel midollo. Il futuro è ora rivolto alle potenzialità delle staminali ottenute con riprogrammazione da cellule adulte. Queste, denominate IPs (Induced Pluripotent Stem Cells), presenterebbero le stesse potenzialità delle cellule embrionali, ma senza creare problemi etici o di rigetto. Proprio per la limitata aspettativa di vita che è riservata ai pazienti sofferenti di SLA ci si augura che presto questi filoni di ricerca possano indicarci una terapia o, almeno, aprano concrete prospettive in cui sperare.
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NEUROSCIENZE
SPAZIO
MISTERI
Le sorprese del gene che ci regala le parole
Arriva Vega e l’Europa riparte per le stelle
I neutrini super fanno impazzire i fisici
Le origini del linguaggio sono sepolte nel nostro Dna: ecco le ultime scoperte.
Sta per debuttare un nuovo razzo europeo. E l’Italia ha un ruolo di primo piano.
I
Il test al Gran Sasso sui neutrini? Un labirinto in cui i fisici si stanno perdendo.
I
BECCARIA PAGINA 26
I
LO CAMPO e MAGGI PAGINA 27
GALLAVOTTI PAGINA 29
TUTTOSCIENZE UNO DEI PROTAGONISTI DEL FESTIVAL DELLA SCIENZA DI GENOVA: «RAPPRESENTO UN SIMBOLO DELL’INTEGRAZIONE UOMO-MACCHINA»
Analisi
MAURILIO ORBECCHI
L’ebollizione che ci fa coscienti
E
se invece di derivare da un’Assoluta Intelligenza fossimo stati assemblati nel corso di qualche miliardo di anni da una natura assolutamente ignorante di ciò che stava facendo, né aveva in mente di costruire alcunché? Noi siamo condizionati dalla nostra psicologia immediata e ingenua; per questo motivo siamo indotti a pensare che per realizzare qualcosa sia necessario un progetto. Ma l’evoluzione della vita - afferma Daniel Dennett, evoluzionista, filosofo della mente, scienziato cognitivista, direttore del Center for Cognitive Studies alla Tufts University - è la dimostrazione di come per costruire una macchina pensante, tremendamente complicata come un essere umano, non sia necessario sapere come farlo. È sufficiente quella che chiama «ebollizione dal basso» («bubble up»), termine con cui Dennett descrive la teoria di Darwin: in natura emergono casualmente alcuni caratteri che, se funzionali all’ambiente, si conservano; altrimenti vengono eliminati. Daniel Dennett, a Torino la scorsa settimana per ricevere il premio «Mente e cervello» del Centro di psicologia cognitiva, ha illustrato in due conferenze, al Rettorato dell’Università e al Centro incontri della Cassa di Risparmio, come la stessa coscienza sia spiegata dalla teoria dell’evoluzione. CONTINUA A PAGINA 26
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 26 OTTOBRE 2011 NUMERO 1487 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
“Mi presento, sono un cyborg” La testimonianza di chi ha superato la sordità grazie a un computer ELISA FRISALDI
P
rima sente il suono e poi ne comprende il significato. E’ il doppio passaggio a cui deve abituarsi chi, dopo aver perso l'udito, ricorre all'impianto cocleare. È ciò che è accaduto all'americano Michael Chorost, programmatore informatico, ricercatore e autore dei saggi sui rapporti uomo-macchina «Rebuilt» e «World Wide Mind», che perde del tutto l'udito il 7 luglio di 10 anni fa, mentre è alla guida di una macchina a noleggio per le strade di Reno, nel Nevada. Nato già con un udito debole, Michael aveva sempre portato apparecchi acustici che, amplificando i suoni, riuscivano a fargli sentire alcuni frammenti delle frasi pronunciate dagli altri. Poi, per ricostruire il senso del discorso, gli era essenziale aiutarsi con la lettura del labiale. Ma è l’impianto cocleare che gli cambia la vita come spiegherà oggi pomerig-
Michael Chorost Programmatore RUOLO: E’ RICERCATORE E PROGRAMMATORE E TEORICO DELL’INTEGRAZIONE TRA ARTE E INFORMATICA IL LIBRO: «REBUILT» - GAFFI EDITORE
gio al Festival della Scienza di Genova -. A differenza degli apparecchi acustici, infatti, la sua funzione è inviare meccanicamente tutti i suoni al cervello, i quali, però, restano privi di significato, se l’individuo non impara ad ascoltarli e ad associarli alle parole che già conosce. Ogni impianto è costituito da una parte esterna e una interna: l’elaboratore del linguaggio, dietro l'orecchio, ha un microfono che capta i suoni, li trasforma in segnali digitali e li invia a una bobina che fa da tramite con la sezione interna. Superando la barriera della cute, la bobina trasmette i segnali digitali a un ricevitore che li trasforma in segnali elettrici e li invia, attraverso un filo porta-elettrodi, alle fibre del nervo acustico nella coclea. I segnali generati da questa stimolazione arrivano quindi ai centri uditivi del cervello, dove vengono riconosciuti come suoni. Dottor Chorost, che cosa si prova ad affidare il proprio
udito a un computer?
«Non avevo alternative. Volevo uscire dall'isolamento. La difficoltà di adattarsi a un impianto cocleare è paragonabile allo sforzo che facciamo da piccoli per imparare la nostra prima lingua o, in seguito, per conoscere una lingua straniera. Per diverso tempo non capisci nulla, le parole che si affollano la testa sono suoni privi di senso. Solo dopo un anno la mia capacità uditiva era paragonabile a quella di quando usavo l'apparecchio acustico. La famiglia e i miei amici sono stati un supporto fondamentale: hanno rispettato con pazienza i miei tempi di recupero». In che senso si sente un cyborg?
«Dal momento in cui il primo impianto di coclea è entrato in funzione, il mio corpo è cambiato in modo irreversibile. Ero l'esempio vivente della possibile integrazione uomo-macchina. Mi sono dovuto abituare all' apparecchio esterno che, grazie a un magnete, aderisce alla testa, e al fatto che ogni cosa suonava in modo diverso rispetto a prima. Ma l'impianto non ha modificato la mia personalità, la percezione che ho di me stesso. Ero e rimango Mi-
chael, l'uomo che adora le lasagne e il suo gatto, Elvis, che odia gli insegnanti noiosi e che allora, come poi è accaduto, sperava di innamorarsi». Come ha imparato a decodificare gli impulsi che gli elettrodi trasmettono al suo nervo acustico?
«Con gli audiolibri per bambini: ascoltavo la lettura dei racconti e contemporaneamente seguivo il testo. Così, un po' al-
«L’impianto cocleare lascerà il posto a sonde nanotech per leggere nel pensiero degli altri» la volta, ho imparato ad associare i suoni che sentivo alle parole di cui già conoscevo il significato. Anche parlare con gli altri è stato un esercizio di grande aiuto. Dovevo familiarizzare il più possibile con i nuovi suoni e imparare a spostare l'attenzione dalle labbra del mio interlocutore ai suoi occhi. Un vero sprone a vincere la mia timidezza». E’ passato un quarantennio dai primi impianti di coclea. Quanto è stata perfezionata la tecnica chirurgica?
«I progressi sono stati notevoli. Basti pensare che l'installazione del mio primo impianto ha richiesto un'ora e mezza mentre, a distanza di soli quattro anni, il secondo intervento si è concluso dopo 41 minuti. Oggi questa tecnica chirurgica è diventata di routine, ma ho notato che negli ultimi anni i progressi sono rallentati. I motivi possono essere diversi, tra cui i costi necessari a migliorare la resa degli apparecchi già in uso e il fatto che il settore è nelle mani di una sola società. Ma non escludo che impianti cocleari basati sulle potenzialità degli impulsi elettrici abbiano raggiunto il loro massimo sviluppo e sia quindi arrivato il momento di spingersi oltre». Ha qualche idea?
«Tra le tecnologie più promettenti, già in fase di sperimentazione sui roditori, si parla di optogenetica e nanotecnologie. L'optogenetica, una nuova branca della scienza che combina ottica e genetica, ricorre a raggi laser in grado di attivare e disattivare i singoli neuroni in base alla lunghezza d'onda della luce emessa. In alternativa, una serie di nanosonde potrebbero risalire i capillari dalla periferia del corpo fino al
cervello e da lì regolare lo scambio di informazioni tra neuroni. A ogni modo credo dovremo attendere alcuni decenni prima che nuove tecnologie prendano il posto degli impianti cocleari». In «World Wide Mind» lei immagina un futuro in cui le tecnologie ci metteranno in contatto con le emozioni altrui. Può spiegare?
«Credo che potremo avere la possibilità di conoscere in tempo reale ciò che un amico o i nostri colleghi vedono e sentono. Sarà la risposta della scienza al desiderio di relazioni più profonde e al tentativo di raggiungere livelli d'intelligenza superiori. Così, per esempio, un gruppo di poliziotti impegnati in un’operazione potrà coordinarsi a distanza». Non ha paura di scenari così estremi?
«Il mio scopo è stimolare gli altri a pensare come la tecnologia può favorire modalità d'interazione più umane. Resto convinto del fatto che, per quanto sofisticata, nessuna tecnologia potrà insegnarci a comunicare, ad ascoltare con attenzione o a entrare in empatia. Questo è un compito che, per fortuna, spetta solo a noi».
Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - 28 - 21/12/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOSCIENZE/02 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 20/12/11 21.03
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 21 DICEMBRE 2011
Medicina/1 MARCO PIVATO
L
Le giraffe non hanno sviluppato un collo lungo a forza di ostinarsi ad acchiappare le foglie più alte...». Si potrebbe cominciare così un'argomentazione per confutare Lamarck, giacché il meccanismo dell'evoluzione intuì Darwin – è la comparsa casuale di caratteri che si affermano quando risultano più vantaggiosi in uno specifico ambiente: le giraffe un po’ più «dotate», arrivando al cibo più facilmente, avevano un’aspettativa di vita più lunga e quindi più probabilità di avere progenie che ereditasse il carattere «collo lungo». Oggi tuttavia c'è chi rivaluta il contributo dei comportamenti individuali e delle pressioni ambientali – in gergo la disciplina si chiama «epigenetica» – nella trasmissione dei caratteri. Come il team guidato dallo svedese Lars Olov Bygren, specialista di medicina preventiva al Karolinska Institute, ospite in Italia della Fondazione Bracco e del Museo della scienza e della tecnologia di Milano. Bygren ha cominciato a studiare l'influenza degli stili di vita sul cervello in un campione di 12 mila individui e si è trovato sotto la lente i meccanismi con i quali i comportamenti influiscono sulle istruzioni a priori dei geni e, addirittura, come questi possano essere ereditati. Il professore parte da alcuni dati di fatto. «Gli stili di vita – spiega – influenzano l'espressione genica». E fa un esempio: «Se una donna possiede il gene Brca1, che espone al cancro al seno, può ritardare fino ad antagonizzare l'esordio della malattia grazie a un'alimentazione ricca di antiossidanti, abbondanti in frutta e verdura, che inducono l'espressione degli enzimi deputati a "spegnere" i radicali liberi e grazie all'attività fisica, che promuove il silenziamento di geni prooncogeni». Il destino, dunque, non è scritto nei geni, ma «dipende dalla modulazione dell'azione dei geni». Il dogma centrale della biologia, secondo cui «un gene produce una proteina» – alla base dei vari processi fisiologici – è stato infatti confutato, quando si è scoperto che, pur possedendo
Il gene “sente” come vivi Il nostro destino non è inciso nel Genoma, ma si trasforma con le abitudini “buone” e “cattive” Una disciplina emergente, l’epigenetica, svela come l’ambiente influenza l’espressione del Dna solo circa 25 mila geni, il nostro Genoma è in grado di produrre centinaia di migliaia di proteine: «Ogni gene - spiega Bygren - è capace di codificare allo stesso tempo per più di una proteina e la codifica dipende dai segnali chimici che riceve, indotti proprio dagli stili di vita individuali». Il campione a disposizione era composto da individui selezionati per particolari attitudini alla lettura, interessi per la musica, il cinema, il teatro e la cultura in generale. L'esperimento ha individuato come queste attività migliorino la salute del cervello e in ultima analisi l'organismo in generale: «L'allenamento delle capacità cognitive - continua - guida lo sviluppo delle cellule staminali nelle aree del cervello primitivo a differenziarsi in nuovi neuroni, che a loro volta formano nuove sinapsi». Il cervello, proprio come un muscolo, se sollecitato, conserva e
Medicina/2 MAURILIO ORBECCHI
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n bambino potrebbe ereditare per via biologica le conseguenze psicologiche (depressione o ansia) del maltrattamento che il padre ha subito in età infantile dal nonno. Sembra fantascienza, pseudoscienza o lamarckismo retrivo. Invece sono le conseguenze a cui ci possono condurre le scoperte epigenetiche, se saranno confermate da ulteriori studi. Tamara Franklin, del «Brain Research Institute» dell'Università di Zurigo, ha stressato un gruppo di topi maschi, sottraendoli alla madre per tre ore al giorno durante le prime due settimane di vita. Una volta adulti, questi topi manifestavano il trauma con sintomi simili alla depressione: gettati in acqua, per esem-
potenzia le sue funzioni, «in l'insorgenza del morbo di Alparticolare nell'area dell'ipota- zheimer e aumenta in generalamo, deputata alla gestione le la capacità di gestire al medella memoria, e in quella dell' glio tutto il sistema nervoso ippocampo, che tra le tante periferico e quindi la funzionafunzioni sottende l'espressio- lità degli organi, mantenendoli ne degli stati emotivi». Se in- in buona salute». Lo studio fatti viviamo un evento emo- prova che cultura e svago sozionante, e quindi «stressan- no al secondo posto come fatte» per il certori che devello, l'ormoterminano ne cortisolo l'aspettativa media un di vita, dopo processo l'assenza di che porta almalattie e la fortissima prima di fatE’ PROFESSORE DI CLINICA GENETICA impressione RUOLO: come NELL’UNITA’ DI MEDICINA PREVENTIVA tori di quell'evenDEL KAROLINSKA INSTITUTE DI STOCCOLMA età, reddito, to nella melavoro e sesmoria. «Ecco perché - esempli- so. Ma è possibile fissare le fica il professore - tutti ci ricor- buone abitudini nei geni destidiamo cosa stavamo facendo nati alla progenie, ossia nei gal'11 settembre 2001». meti? «Secondo noi, è possibiL'effetto «anabolizzante» le, ma il processo non è mediadella cultura sul cervello può to dai gameti - precisa il proaumentare l'aspettativa di vi- fessore -. E spiega: «Un nostro ta anche di decine d'anni: «La studio su popolazioni del Tergenerazione di nuove sinapsi – zo Mondo, in famiglie con una continua Bygren – contrasta storia di denutrizione perpe-
Lars Olov Bygren Genetista
Lo sapevi che? Meeting internazionale Lars Olov Bygren è stato uno dei protagonisti del simposio internazionale organizzato dalla Fondazione Bracco lo scorso 2 dicembre al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano con il titolo «Stili di vita, salute e cultura: per un nuovo welfare» (www. fondazionebracco.com/).
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tuata da generazioni, mostra che i neonati hanno una fisiologia precaria e sono più esposti alle malattie. Analogamente le popolazioni che si sovralimentano trasmettono ai figli una fisiologia che li espone ad altre malattie, come il diabete». I cromosomi non sono l'unico veicolo per la trasmissione
Così un figlio eredita gli stress di padre e madre pio, restavano a galleggiare a lungo, in- logia molecolare», come lo chiamò vece di guadagnare la riva con pron- Francis Crick, scopritore della struttutezza, come i topi normali. La novità ra del Dna, è che l’informazione passa stupefacente, però, è che lo stesso solo dal Dna alle proteine e non vicecomportamento versa, il che dovrebcome viene descritbe significare che le to nel lavoro pubbliesperienze acquisicato su «Biological te nella vita di un inPsychiatry» - si madividuo non potrebnifestava anche nei bero essere trafigli e nei nipoti di smesse alle generaRUOLO: E’ RICERCATRICE AL «BRAIN quei topi, sebbene RESEARCH INSTITUTE» DELL'UNIVERSITÀ zioni successive. Il fossero stati alleva- DI ZURIGO E AL DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA codice genetico che DELLO SWISS INSTITUTE OF TECHNOLOGY arriva ai nostri figli, ti in condizioni di normale affetto mainfatti, è lo stesso terno e senza contatti con i padri trau- che abbiamo ricevuto dai nostri genimatizzati. tori, salvo mutazioni. Come può, quinFino a poco tempo fa sembrava im- di, trasmettersi un trauma attraverso possibile ereditare le esperienze di un le generazioni per via biologica? La rigenitore, visto che il «dogma della bio- sposta la dà proprio la branca della
Tamara Franklin Neuroscienziata
biologia che è l’epigenetica. Il Dna nelle cellule si trova avvolto attorno a una struttura formata da proteine, chiamate istoni. Un cromosoma è formato da istoni e Dna e la struttura così compattata può mettere in evidenza o nascondere taluni filamenti. Ciò significa che alcune parti di Dna sono spinte ad esprimere le proprie caratteristiche, mentre altre non lo fanno: il complesso, di «contorno» al filamento del Dna, può quindi andare incontro a certe modifiche, dette, appunto, epigenetiche. Poiché non sembrano esserci dubbi sul fatto che le cure materne modifichino la metilazione di numerosi geni, si può dire che queste sono in grado di «accendere» o «spegnere» certi geni. Oggi appare che queste modificazioni
dei caratteri e Bygren lo spiega con una similitudine: «Le conseguenze della "fame da cibo" si trasmettono con le stesse regole della "fame da cultura". Le donne incinte che si alimentano correttamente trasmettono segnali chimici che favoriscono uno sviluppo virtuoso del feto così come quelle che si alimentano intellettualmente trasmettono segnali chimici utili allo sviluppo del sistema nervoso nella fase embrionale». Ma attenzione: «Proprio perché l'espressione genica è modulata dagli stili di vita, una volta al mondo, i geni "buoni" vanno coltivati altrimenti la loro espressione è inibita: così, se parliamo di cultura, la stimolazione cognitiva dev'essere promossa nel nascituro, perpetuata nella crescita e con l'avanzare dell'età, affinché i geni che promuovono il differenziamento delle staminali in neuroni e sinapsi rimangano accesi».
possano essere trasmesse alla progenie: è una scoperta che apre orizzonti straordinari. I potenziali sono così sconvolgenti che la rivista «Time» ha parlato di «era dell'epigenetica». Gli studi sono ormai numerosi. Marcus Pembrey ha rivelato che gli uomini che iniziano a fumare precocemente hanno figli con alta incidenza di obesità. Bastian Heijmans ha invece lavorato su individui normalmente nutriti nel corso della vita, ma nati nel 1944-1945 da madri che soffrivano la fame, e ha riscontrato profili di metilazione alterati di alcuni geni per il metabolismo. Un terzo studio, di Oliver Rando, ha mostrato che nei ratti la dieta paterna influenza l’espressione di geni per il metabolismo lipidico anche in figli che non sono stati a contatto con i padri. Sembra quasi di trovarci di fronte a una maledizione biblica in cui «le colpe dei padri ricadranno sui figli e poi sui figli dei loro figli». Questa prospettiva, che qualche tempo fa sarebbe stata guardata come superstiziosa, oggi trova convincenti evidenze sperimentali e i la stessa teoria dell’evoluzione dovrà tenerne conto.
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BIOLOGIA
MISTERI
Quando un topolino diventa elefante
“Entro il 2012 la verità sul bosone inafferrabile”
Quanto tempo richiedono le mutazioni di taglia degli animali? Ecco una simulazione.
Si stringe il cerchio attorno alla Particella di Dio, il bosone che «crea» la massa.
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ARCOVIO PAGINA 29
GALLAVOTTI PAGINA 31
TUTTOSCIENZE RICERCA&INNOVAZIONE. E’ CACCIA AGLI STRANIERI E CRESCONO ANCHE I GIOVANI ITALIANI CHE SI TRASFERISCONO OLTREOCEANO
Analisi MAURILIO ORBECCHI
Il talento raro che i pazienti inseguono
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e un uomo muore - ha scritto il grande poeta-medico americano William Carlos Williams - è perché la morte / prima si è impadronita della sua immaginazione». Siddharta Mukherjee, vincitore del premio Pulitzer con il bellissimo libro «L’imperatore del male», definito «una biografia del cancro», cita questi versi per indicare come uno dei momenti più importanti dell’agire medico sia tenere viva l’immaginazione. Si tratta di una capacità magistrale, fondamentale per la stessa terapia. Alcuni, per esempio il famoso oncologo polmonare Thomas Lynch, descritto da Mukherjee, possiedono questa dote come un talento naturale. Ma si tratta di un talento raro, come testimoniano molti pazienti che raccontano di frettolosità, trascuratezza, freddezza, mancanza di ascolto da parte dei clinici. Quante persone escono, da una visita medica frustrati, con la sensazione di essere stati trattati in modo sbrigativo e privo di comprensione? Il paziente, di fronte al proprio destino, aspetta le parole del medico come un assetato l’acqua. In quei momenti vi possono essere modi di fare urtanti, parole che tolgono la speranza o che, al contrario, sono talmente false da sollevare momentaneamente il morale, giusto il tempo per far ricadere rovinosamente nella disperazione. CONTINUA A PAGINA 28
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012 NUMERO 1501 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
Cercansi cervelli disperatamente Negli Usa “vuoti” 3 milioni di posti di lavoro: mancano gli scienziati RICCARDO LATTANZI NEW YORK UNIVERSITY
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li economisti calcolano che quasi il 50% della crescita del prodotto interno lordo americano deriva dall'innovazione. Quest'ultima richiede lavoratori sempre più qualificati, che però scarseggiano, a causa di un mediocre sistema scolastico di base. Basti pensare che, nonostante la crisi, lo scorso settembre in America c'erano oltre 3 milioni di posti di lavoro vacanti, inclusi 607 mila nell' istruzione e nei servizi sanitari. La colpa della mancanza di capitale umano con le competenze necessarie non è solo delle scuole, ma dipende dal fatto che sono pochi gli americani che frequentano master o dottorati in materie scientifiche e
Una fuga dal Belpaese sempre più grave: ogni laureato costa allo Stato 500 mila euro tecnologiche, dove la maggioranza è costituita da studenti e ricercatori stranieri. La National Science Foundation per il 2008 indica che oltre il 50% dei dottorati in ingegneria, matematica, informatica, fisica ed economia è stato conseguito da studenti stranieri. Grazie alle ultime leggi per l'immigrazione, che per certe discipline permettono di lavorare col visto da studente fino a due anni e mezzo dopo il diploma, i due terzi degli «extracomunitari» restano negli Usa e molti vengono regolarizzati dalle aziende. Tra il 1990 e il 2000 gli individui con almeno la laurea, nati in Asia e impiegati negli Usa in ambito scientifico-tecnologico, sono aumentati da 141 mila a 460 mila: la percentuale di cinesi e indiani a cinque anni dalla fine degli studi è addirittura del 92% e 85%, rispettivamente. Sono valori che danno l'idea di quanto lo sviluppo americano, che si basa sull'innovazione, sia legato alla capacità di attrarre lavoratori qualificati da altre nazioni. Il mercato stesso degli studenti è da solo un affare miliardario. La Nafsa, l'associazione per la promozione degli studi internazionali, ha stimato che nell'anno accademico 2009-2010 i 723.277 studenti stranieri e le loro famiglie hanno contribuito per 19 mi-
liardi di dollari all'economia Usa. E’ una cifra che diventerebbe ancora più alta se si aggiungesse il contributo, soprattutto in termini di brevetti, dei 113.494 ricercatori stranieri post-dottorato. Quello che per gli Usa è un guadagno, per i Paesi d'origine è una perdita. Nel caso dell'Italia gli studenti negli Usa rappresentano meno dell'1% del totale degli stranieri, ma è comunque un problema che non va sottovalutato. Prima di tutto la percentuale di connazionali cresce nelle università americane più prestigiose, suggerendo che non si tratti di giovani qualunque, ma di alcuni tra i migliori delle rispettive generazioni. In secondo luogo il «brain drain» dall'Italia verso gli Usa riguarda soprattutto persone già laureate, che partono per il master o il dottorato, e persone che hanno completato gli studi, a cui viene offerto un contratto da post-dottorato o da professore. Il dan-
Riccardo Lattanzi Bioingegnere RUOLO: E’ PROFESSORE DI RADIOLOGIA AL «BERNARD AND IRENE SCHWARTZ CENTER FOR BIOMEDICAL IMAGING» DELLA NEW YORK UNIVERSITY SCHOOL OF MEDICINE
no immediato è spaventoso, se si considera che ogni laureato costa allo Stato 500 mila euro. Ancora peggio è la previsione nel lungo periodo. Una ricerca dell'Istituto per la Competitività ha mostrato che l'attività brevettuale dei 20 scienziati italiani all'estero più produttivi vale 861 milioni di euro, per un valore cumulato pari a 2 miliardi nei 20 anni di protezione della proprietà intellettuale. La perdita dei cervelli è allora un problema serio e il modo migliore per risolverlo non è tanto nel trattenere chi vuole andare all'estero, quanto nel compensare la perdita con un
flusso analogo di cervelli in ingresso. Le basi per una simile inversione di tendenza ci sarebbero già, dato che, secondo l'Institute of International Education, l'Italia è in assoluto la seconda meta preferita, dopo l'Inghilterra, dagli studenti di università americane per brevi esperienze all'estero. Ci sarebbe anche l'opportunità di attrarre studenti e ricercatori asiatici, approfittando delle loro difficoltà nell'ottenere visti per gli Usa dopo l'11 settembre. Come fare? Prima di tutto bisogna aumentare gli investimenti. Un rapporto dell'Ocse mostra che nel 2008 l'Italia ha speso il 4,8% del pil in istruzione (ancora meno in ricerca e sviluppo), 1,3 punti percentuali in meno rispetto al totale Ocse di 6,1%, posizionandosi al 29º posto su 34 Paesi. Una parte delle risorse andrebbe poi destinata al potenziamento di tre-quattro centri di eccellenza in altrettanti settori strategici per permettere
loro di scalare le classifiche internazionali, così da attrarre i migliori studenti e ricercatori dall'estero. Questo potrebbe andare di pari passo con la creazione di nuove tipologie di visto per gli extra-comunitari, che facilitino l'inserimento nelle università o nelle industrie. La burocrazia andrebbe snellita, eliminando il concorso pubblico per l'accesso alla carriera accademica o, almeno, affiancandolo a meccanismi più semplici e trasparenti, che consentano di assumere un ricercatore eccellente in tempi brevi. Favorire l'internazionalizzazione degli atenei, aumentando gli stranieri, significa creare le condizioni per un cambio di mentalità nel lungo termine. In un Paese dove per cultura ancora oggi si sottintendono le conoscenze umanistiche la sfida è far capire che nel XXI secolo sono la ricerca scientifica e l'innovazione tecnologica a determinare la crescita economica.
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012
DOMENICO FREZZA UNIVERSITA’ TOR VERGATA
uando pensiamo ai cromosomi, generalmente abbiamo in mente le immagini della divisione cellulare. Minuscoli bastoncini di Dna condensato, che si dispongono ordinatamente all’equatore della cellula e, a duplicazione finita, si dividono, migrando verso i due poli, per finire in dote alle due cellule figlie. Ma tra una divisione e l’altra può passare un lungo intervallo di tempo. In queste fasi intermedie, che rappresentano la condizione più frequente per le cellule di un organismo adulto, come si presentano i cromosomi? Hanno posizioni fisse o variabili? Sono disposti secondo un ordine preciso? Tra i gruppi che si sono distinti nello studio della dinamica nucleare c’è quello di Peter Fraser a Cambridge. Le sue ricerche, rese possibili da nuove tecniche d’indagine, stanno contribuendo a rivelare la vivacità della vita all’interno del nucleo. Il costituente principale dei cromosomi è la cromatina, che è formata da Dna e proteine. Ma i meccanismi con cui queste strutture si «preparano» a funzionare sono rimasti a lungo oscuri. Fino a ieri si poteva solo sapere (indirettamente) se i geni fossero attivamente funzionanti o quiescenti e si avevano conoscenze parziali della transizione della cromatina da attiva a quiescente (e viceversa). È proprio nella transizione del Dna nella cromatina da attivo a quiescente (e viceversa) che i cromosomi vivono trasformazioni di struttura tridimensionale e cambiamenti di localizzazione nel nucleo cellulare. Lunghi e sottili come fili di tela di ragno, i cromosomi non si aggrovigliano casualmente, ma, forse in forma di frattali, si compattano e si decondensano senza rompersi e senza formare nodi, spostandosi all’interno del nucleo. Si collocano ora nei settori con attività geneticamente intensa, che sono chiamati «factories» (fabbriche), ora nei settori stanziali, detti «territories» (territori). Bisogna partire dal presupposto che nei nuclei di ogni cellula ci sono tutti i cromosomi con il Dna completo dell’individuo. Le cellule sono identiche per quanto riguarda la dotazione genetica, ma dal punto di vista funzionale sono diverse, perché si attivano solo le parti di cromosomi funzionalmente necessarie in un dato momen-
E’ scritto nel DNA
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Acrobazie I cromosomi non si aggrovigliano casualmente ma si compattano e si alterano senza rompersi e senza formare nodi spostandosi all’interno del nucleo della cellula
Quante sono le metamorfosi nell’universo dei cromosomi? Nascosti nel nucleo delle cellule, cominciano a rivelare le loro trasformazioni in 3D “E’ come se esplorassimo un altro codice genetico, in cui il determinismo non vale”
Domenico Frezza Genetista RUOLO: E’ PROFESSORE DI BIOLOGIA MOLECOLARE ALL’UNIVERSITÀ DI ROMA TOR VERGATA IL SITO: HTTP://NEIDOS.IT/INDEX. PL?POS=03.01&IDS=323A
to. Qui sta la novità: per diventare attiva, la cromatina deve cambiare collocazione nel nucleo, separandosi dalle parti inattive dello stesso cromosoma e subendo dei cambiamenti strutturali sulle tre dimensioni. Questo spostamento della cromatina non è passivo, ma guidato da specifiche interazioni. Per capire chi dia le istruzioni in questo processo dobbiamo fare riferimento a un fatto noto grazie al sequenziamento del Genoma umano: i geni che codificano per le proteine occupano solo il 5% dell’intero Dna, per il restante 95% si stanno trovando continuamente nuovi tipi di funzioni, tra cui quelle di tipo regolativo. Sono queste regioni che guidano lo spostamento della cromatina e rego-
lano molte altre funzioni ancora da scoprire. Il Dna che non codifica proteine interagisce con complessi proteici ed enzimi, grazie alla propria struttura che codifica altri tipi di istruzioni con codici diversi. La plasticità della cromatina non è una caratteristica indispensabile solo per i singoli geni che rappresentano il 5% del Dna, ma per gli interi cromosomi e ora è possibile studiare il fenomeno anche al livello complessivo del Genoma. Le nuove scoperte ci descrivono i movimenti del Dna in 3D nel nucleo secondo nuove regole: un nuovo codice genetico? In altri termini, lo stretto determinismo genetico verso cui ci siamo incamminati dopo Mendel e Darwin va ripensato. È sempre
Senza immaginazione non sarai un buon medico
Analisi MAURILIO ORBECCHI
SEGUE DA PAGINA 27
Lo sapevi che? Il cuore artificiale che non batte
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a relazione con il paziente richiede le capacità di equilibrio di un funambolo: troppo facile, scrive Mukherjee, riscattare l’immaginazione con false promesse. Molto più difficile farlo con sfumature di verità. La comunicazione con il paziente è una circostanza nella quale il
Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta RUOLO: E’ SPECIALISTA IN PSICOLOGIA CLINICA IL LIBRO: MUKHERJEE SIDDHARTHA «L’IMPERATORE DEL MALE. UNA BIOGRAFIA DEL CANCRO» - NERI POZZA
medico deve compiere un esercizio continuo di partecipazione e di autocontrollo, in un contesto dove un eccesso di riscatto diventa illusione, mentre la sua assenza uccide l’immaginazione. Per evitare questi estremi occorre realizzare una medicina del dialogo che consenta al paziente e ai suoi familiari di sentir-
Il battito del cuore nell’immaginario collettivo è il segno della vita, ma in realtà non è indispensabile: l’hanno dimostrato due medici del Texas Hearth Institute, che hanno fatto sopravvivere un uomo per un mese con un dispositivo che funziona in continuo, vale a dire un cuore artificiale «senza battito». La vicenda, che risale allo scorso marzo, è ora raccontata in un cortometraggio del regista Jeremiah Zagar.
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si meno soli nel difficile percorso esistenziale della patologia. Un uomo ansioso, con un tumore al polmone, ha bisogno di riscattare la sua immaginazione, prima di accettare una chemioterapia dolorosa, che potrebbe allungargli la vita. Una donna che desidera avere un bambino, di fronte alla difficoltà di rimanere incin-
ta, ha sempre bisogno di riconciliare la sua immaginazione con la realtà frustrante che sta incontrando. In casi come questi le capacità di comunicazione del medico sono fondamentali. Le nuove acquisizioni tecnicoscientifiche sono il motore di continue trasformazioni e grandi successi nella medicina, ma richiedono un parallelo
miglioramento della qualità umana del medico, che deve essere sempre più attento alla relazione con pazienti e familiari, divenuti naturalmente più esigenti e attenti grazie all’evoluzione della cultura e della sensibilità umana. Oggi sappiamo che la dote di Thomas Lynch, la qualità umana del medico e dell’operatore sanitario, può esse-
più chiaro che il Genoma agisce in maniera analoga alle cellule e agli organismi viventi, con le loro complesse interazioni descritte dalla fisiologia. Questa ci insegna che il cervello, sottoposto a stimoli diversi, risponde in modi diversi, adattandosi in maniera molto plastica. Adesso sappiamo che neppure il Genoma è così rigido come ci sembrava nella sua struttura primaria, con un meccanismo «on-off» che poteva essere solo acceso o spento. La sua complessità e la rete di regolazioni e interazioni di cui è dotato rivela una plasticità che stiamo appena cominciando a conoscere. A cura dell’Agi - Associazione Genetica Italiana 2 - CONTINUA LA PROSSIMA SETTIMANA
re insegnata attraverso idonei percorsi di formazione. Per questo è necessario, per il personale sanitario, prepararsi con le ormai raffinate tecniche formative che prevedono lo sviluppo delle capacità d’immedesimazione, l’analisi di dialoghi, la ricostruzione di processi comunicativi, sperimentando concretamente l’impatto delle sfumature contenute nelle parole. I medici dovrebbero venire formati e preparati alla dimensione umana della terapia fin dalle scuole di specialità. Tuttavia, senza attendere auspicabili riforme, un’occasione per sviluppare la capacità di empatia si trova oggi davanti a noi: la recente riforma varata dal governo Monti prevede sanzioni anche per i professionisti che non frequentano i corsi di formazione e aggiornamento: entro il 13 agosto 2012 i singoli ordini professionali, incluso quello che raggruppa i medici, dovranno fissare le sanzioni da applicare a chi non ottiene i 50 crediti necessari nell’ambito dell’Educazione Continua in Medicina (ECM). La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni ha stabilito che l’ECM non deve limitarsi alle parti tecniche e mediche in senso stretto, ma deve occuparsi anche degli aspetti relazionali e dell’umanizzazione delle cure. Si tratta di obiettivi che, perseguiti seriamente, permetteranno ai pazienti d’incontrare un medico in grado di aiutare a tenere viva l’immaginazione più spesso di quanto non accada oggi. Non più un’eccezione, ma un evento sempre più auspicabilmente normale.
Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - 23 - 29/02/12 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOSCIENZE/01 - Autore: PATZAN - Ora di stampa: 28/02/12 19.59
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MATEMATICA
MISTERI
Scoprite le meraviglie della fisica delle bolle
I casi sempre aperti dei tesori scomparsi
Dai modelli fisici all’architettura, passando per l’arte: ecco un’avventura unica.
Tre «scrigni» scientifici svaniti nel nulla: ecco tre casi clamorosi ancora aperti.
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EMMER PAGINA 25
BECCARIA PAGINA 27
TUTTOSCIENZE MEDICINA. OGGI LA GIORNATA MONDIALE DEDICATA ALLE PATOLOGIE GENETICHE: «ECCO GLI ULTIMI SUCCESSI DELLA RICERCA»
Analisi MAURILIO ORBECCHI
La violenza e i suoi falsi stereotipi
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hi non è preoccupato per l'aumento degli omicidi in famiglia? Tutto quello che sentiamo e leggiamo a questo proposito ci trasmette un profondo sentimento d'inquietudine. I media sviscerano per mesi casi impressionanti, come quelli di Sarah Scazzi e Annamaria Franzoni. Rinomati istituti scrivono rapporti che lascerebbero intuire un aumento degli omicidi totali e famigliari. Movimenti femministi pongono l'accento su presunti aumenti delle vittime in famiglia. Ebbene, nulla di tutto questo è vero: non solo gli omicidi sono in netta diminuzione da secoli e decenni, ma c'è anche un netto calo degli omicidi in famiglia, quelli che fanno più impressione perché smuovono i sentimenti degli affetti più cari. Sono soprattutto gli omicidi in famiglia che stimolano i luoghi comuni sulla degenerazione della nostra cultura sociale. Eppure i dati della ricerca che ho effettuato con Paola Rocca, professore straordinario di psichiatria, nel Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Torino diretto da Filippo Bogetto, professore ordinario di psichiatria, non lasciano adito a dubbi. I risultati sono controintuitivi e strabilianti rispetto a quanto possiamo pensare: in Italia il numero delle vittime totali di omicidio è in calo da molti anni, così come quello degli omicidi in famiglia. CONTINUA A PAGINA 24
TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 29 FEBBRAIO 2012 NUMERO 1504 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/
Malattie rare soltanto di nome Se ne scoprono 5 a settimana, colpiscono 30 milioni di persone in Europa DANIELE BANFI
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ietro (chiamiamolo così, con un nome di fantasia) è un bimbo affetto da immunodeficienza «AdaScid». Si tratta di una rara malattia genetica, caratterizzata dall’assenza di difese dalle infezioni. La mutazione presente nel gene «Ada» lo rende incapace di sviluppare un sistema immunitario funzionante. Per lui, quindi, un banale raffreddore poteva essere fatale. Ora, però, non più. Tutto grazie alla ricerca: con la terapia genica la sua malattia è diventata curabile. Purtroppo, quella di Pietro è una delle poche storie di successo terapeutico. Sono ancora molte le persone colpite da malattie rare che attendono una cura. Oggi - e la scelta della data non potrebbe essere migliore, vista la rarità del 29 febbraio - è il loro momento: nel mondo si celebra la quinta «Giornata internazionale delle malattie rare». A dispetto dell’aggettivo, queste patologie rappresentano un fenomeno in continua crescita: solo in Europa colpiscono 30 milioni di persone. Rientrano nella categoria tutte le malattie che affliggono una persona ogni 2 mila abitanti. Esistono, tuttavia, alcuni disturbi talmente sporadici da colpire un solo malato ogni 200 mila persone. «Sono circa 7 mila le malattie rare scoperte e, grazie ai progressi della genetica, ne vengono individuate sempre di nuove, con un ritmo di quasi 5 patologie a settimana. Peccato che siano poche quelle che, al momento, si riescono a curare con buoni risultati», spiega Luigi Naldini dell’Istituto San Raffaele Telethon di Terapia Genica di Milano. Numeri importanti, che hanno spinto i ricercatori a dare vita all’iniziativa internazionale «Irdirc» (International rare diseases research consortium): lanciato nell’aprile 2011 dalla Commissione Europea e dal National Institute of Health Usa, il consorzio riunisce enti governativi, ricercatori, associazioni dei malati, rappresentanti dell’industria farmaceutica e professionisti del settore sanitario. Obiettivo: disporre, entro il 2020, di 200 nuove terapie e rendere fruibili i test diagnostici per la maggior parte delle 7 mila patologie già note. Un progetto che vedrà protagonista anche l’Italia grazie
Andrea Ballabio Luigi Naldini Genetisti RUOLI: IL PRIMO E’ DIRETTORE DELL’ISTITUTO TELETHON DI GENETICA E MEDICINA (TIGEM) DI NAPOLI E IL SECONDO DIRETTORE DELL’HSR-TIGET DI MILANO
alla nomina di Andrea Ballabio, direttore dell'Istituto Telethon di Napoli e professore di genetica medica all'Università Federico II, e dello stesso Naldini in due comitati dell’«Irdirc», dedicati rispettivamente alle diagnosi e alle terapie. Le malattie rare sono una
sfida. «Fino a 15-20 anni fa queste patologie erano definite incurabili. Essendo causate da mutazioni ereditate da un individuo insieme con il Dna, si pensava fossero irreversibili. Oggi, invece, grazie alla ricerca, in particolare ai passi da gigante compiuti dalla terapia genica, alcune malattie rare possono essere curate», sottolinea Naldini. E il caso di Pietro è emblematico: grazie a questo approccio futuristico è possibile sostituire il gene mutato, che è la causa della malattia, con una copia sana. Ma non sono solo le immunodeficienze ad essere trattate così: anche per le leucodistrofie, che causano difetti nella mielina, la sostanza che avvolge i neuroni, e per altre malattie da accumulo lisosomiale (un gruppo di 100 patologie), si fanno progressi. E l’elenco potrebbe presto estendersi ad alcune forme di retinopatie e all’emofilia. Fondamentale è e sarà la genomica. Una rivoluzione che ha
Lo sapevi che? Il ruolo di Telethon Quest’anno, in occasione della «Giornata sulle malattie rare», i pazienti hanno un motivo in più di ottimismo: la nascita dell’iniziativa internazionale «Irdirc». Il consorzio riunisce, tra l’altro, enti governativi e ricercatori, oltre a soggetti, come la Fondazione Telethon, che vantano una lunga tradizione per la ricerca su queste patologie.
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permesso di diagnosticare con certezza e in modo precoce (un aspetto importante per evitare l’aggravarsi dei sintomi) le malattie che per troppo tempo sono rimaste senza un nome. «A oggi è possibile mappare l’intero genoma con rapidità e quindi, quando sorge il sospetto di
malattia, ci si può concentrare sull’intero “materiale genetico” e non solo sul possibile gene candidato», aggiunge Ballabio. Ora che l’analisi del Dna rappresenta una pratica di routine come fare a centrare l'obiettivo di trovare almeno 200 nuove terapie? Il numero è elevato e le difficoltà sono ancora molte. «In realtà - conclude Naldini - le malattie rare, pur essendo numerose, sono suddivise in famiglie e il caso delle leucodistrofie è un esempio. Spesso sottendono a un meccanismo alterato comune a tutte le varianti. Trovare la cura per una forma può significare avere individuato il trattamento anche per le altre». Domande & Risposte IN ULTIMA PAGINA
E’ scritto nel DNA La rubrica settimanale di genetica A PAGINA 24
Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - 24 - 29/02/12 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOSCIENZE/02 - Autore: PATZAN - Ora di stampa: 28/02/12 19.59
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 29 FEBBRAIO 2012
VIOLA CALABRÒ UNIVERSITÀ DI NAPOLI FEDERICO II
E’ scritto nel DNA
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hi affronta viaggi «mordi e fuggi» che sconvolgono i ritmi naturali o ha avuto l'opportunità di raggiungere Paesi lontani, cambiando rapidamente diversi fusi orari, conosce sicuramente il «jet-lag». A causare questo malessere psicologico e fisico è una perturbazione del ciclo biologico, che soffre i cambiamenti repentini di latitudine, perché è sincronizzato prevalentemente con il tempo solare. Per fortuna, invece, sono poche le persone che conoscono gli effetti destabilizzanti di una permanenza al buio protratta per settimane, o addirittura per mesi. Che cosa succede all'orologio biologico di speleologi e minatori che decidono di rimanere nelle viscere della Terra o vi restano intrappolati? E che cosa succede alle creature adattate a vivere negli abissi? Il ritmo circadiano è un ciclo di circa 24 ore, caratterizzato da variazioni ormonali e dell'attività cerebrale, in grado di far funzionare bene e in armonia, di giorno e di notte, importanti funzioni vitali. Dal sonno all'attività cardiaca, dalla forza muscolare alla pressione sanguigna, senza dimenticare la capacità di coordinazione o di reazione. In assenza di luce la durata si allunga un po' ed è una costante geneticamente determinata, tipica di ogni specie. Nell'uomo è di circa 25 ore, ma in condizioni estreme può estendersi notevolmente, rendendo il ritorno alla normalità molto difficile. Il ritmo circadiano del nostro organismo si adatta al tempo dell' orologio endogeno e, in assenza di luce, questa condizione è definita «free-running». In condizioni normali, invece, la luce sincronizza il ritmo, riconducendolo ad un periodo di 24 ore. Il cuore del meccanismo dell'orologio circadiano è costituito da proteine, le proteine del «clock», che fungono da attivatori o repressori dell'espressione genica. Queste proteine sono codificate dai cosiddetti «geni del clock», che sono regolati mediante fotorecettori. Nei mammiferi i principali fotorecettori circadiani sono le cellule fotosensibili del ganglio della retina, mentre nei vertebrati non-mammiferi vi sono recettori periferici di cui devono ancora essere chiariti l’identità e il funzionamento. L'abilità del genetista molecolare è quella di estrarre informazioni sul funzionamento dell'orolo-
Dal sonno al cibo, un orologio ticchetta in ogni organismo Nell’uomo è la luce a sincronizzarlo, ma in alcuni pesci i meccanismi cambiano Protagoniste dei cicli vitali sono alcune proteine codificate dai “geni del clock”
Viola Calabrò Genetista RUOLO: E’ PROFESSORESSA DI GENETICA PRESSO LA FACOLTÀ DI SCIENZE BIOTECNOLOGICHE DELL’UNIVERSITÀ FEDERICO II DI NAPOLI
gio biologico attraverso la misurazione dell'accensione e dello spegnimento dei «geni del clock». Studiando un pesce, il Phreatichthys andruzzii, un gruppo di ricercatori, guidato da Nicholas Foulkes dell'Istituto di Tecnologia di Karlsruhe, in Germania, ha messo in evidenza la presenza di un orologio circadiano alquanto insolito. Questa specie vive in Somalia, in caverne buie. Nel corso della sua evoluzione, circa 2 milioni di anni al buio, completamente isolato dal ciclo giorno-notte, ha perso la vista e gli occhi. Nell'articolo pubblicato sulla rivista «PLoS Biology» gli scienziati si sono chiesti se possegga ancora un orologio circadiano in grado di rispondere alla luce.
Confrontando la risposta agli stimoli luminosi e alla somministrazione di cibo di Phreatichthys andruzzii con quella di Danio rerio, un piccolo pesce tropicale che vive invece alla luce, gli scienziati hanno dimostrato che il pesce cavernicolo conserva un ritmo biologico. Il suo tempo interno è caratterizzato da un periodo particolarmente lungo, di circa 47 ore, scandito dalla disponibilità di cibo e insensibile alla luce. Sorprendentemente gli scienziati hanno trovato che la causa della foto-insensibilità del ritmo biologico non è la perdita della funzionalità degli occhi, ma la presenza di mutazioni nei geni che codificano per alcuni fotorecettori periferici (Melanopsina e TMT-opsina). So-
Così le donne attenuano le violenze famigliari
Analisi MAURILIO ORBECCHI
SEGUE DA PAGINA 23
Lo sapevi che? L’intolleranza al lattosio di Oetzi
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n quest'ultimo ambito diminuiscono sia le vittime maschili sia il numero delle donne uccise dai mariti. Gli omicidi diminuiscono in maniera costante per un insieme di motivi, che vanno dalla formazione degli Stati moderni alla femminilizzazione della società e dello stesso genere maschile.
Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta RUOLO: E’ SPECIALISTA IN PSICOLOGIA CLINICA
La ricerca conferma, infatti, che la violenza omicida appartiene al genere maschile, per un sonante 90% dei casi. Ma mette anche in risalto un dato spesso trascurato: anche le vittime degli omicidi sono, in grande prevalenza, maschi (quasi l'80% dei casi). Gli omicidi in famiglia sono circa un terzo degli omicidi totali. In
Aveva occhi marroni, era intollerante al lattosio e aveva probabilmente un antenato in comune con gli attuali abitanti della Sardegna: è l’identikit di Oetzi, la celebre mummia del Similaun, il cui identikit è stato ricostruito grazie alla mappa del Dna. La ricerca, pubblicata su «Nature Communications», è stata condotta da un team coordinato da Albert Zink dell’Accademia Europea di Bolzano.
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quest'ambito i maschi uccidono percentualmente meno che nel resto della società, passando da più del 90% a poco più dell'80%, mentre aumentano dal 10% al 20% le autrici femminili. Questi dati, insieme con altri esposti nella ricerca, significano diverse cose. La più interessante è la conferma di alcune ipotesi evoluzionistiche: i maschi umani, come quelli di altre
specie a noi vicine, tendono a uccidere soprattutto altri maschi, eccetto che in famiglia, dove le vittime femminili superano quelle maschili di 20 punti percentuali. Il motivo è probabilmente dovuto al fatto che i maschi competono soprattutto tra loro nella lotta per lo status gerarchico. In famiglia, però, sentono una maggiore competizione femminile, che in diver-
si casi risolvono, ancora troppo spesso, anche con l'omicidio. Perché gli uomini, più delle donne, arrivano a uccidere per motivi di competizione? La quasi totalità delle risposte che comunemente si sentono chiama in causa il nostro modello culturale, la società capitalistica, i falsi valori, la televisione o i videogiochi. Ebbene, anche queste analisi appaio-
no queste mutazioni a impedire al pesce cavernicolo di percepire e rispondere alla luce. Oltre a descrivere un interessante sistema di adattamento biologico a condizione estreme, Foulkes e i colleghi, alcuni dei quali italiani, hanno scoperto l'esistenza di un oscillatore biologico, il cui controllo può ottimizzare l'utilizzazione dei nutrienti. Vale solo per i pesci? Difficile dirlo. Ma di certo la luce non è il solo regolatore dell'orologio circadiano e, almeno in alcune specie, il ritmo circadiano viene attivato anche dall' assunzione del cibo. Ha collaborato Girolama La Mantia
A cura dell’Agi - Associazione Genetica Italiana 5 - CONTINUA LA PROSSIMA SETTIMANA
no superficiali, per non dire errate; basti pensare che non esiste società umana dove non vi sia una lotta maschile, anche sanguinaria, per stabilire le gerarchie. La smentita più importante deriva, però, dal fatto che nelle specie di animali dove esiste dimorfismo sessuale, ossia differenza fisica tra i due sessi, si trovano spesso feroci lotte maschili per il potere. Quest'ultimo serve allo scopo di ottenere l’obiettivo più prezioso per i maschi: l'accesso alle femmine, indispensabile per trasmettere i propri geni alla generazione successiva. Più lo status del maschio è elevato, maggiore è il numero di femmine con cui può avere rapporti e quindi figli. L'interesse nei confronti della salvaguardia delle proprie linee genetiche è così marcato da rivelarsi il più importante fattore che ostacola gli omicidi in famiglia: nei due terzi dei casi le vittime non sono parenti biologici dell'assassino. Per l'insieme dei risultati ottenuti la nostra ricerca ci ha suggerito una teoria che si contrappone alle ipotesi dominanti: le donne potrebbero rappresentare un fattore che attenua la violenza maschile. Probabilmente ciò avviene per fattori legati alla psicologia femminile, all'amore, al sesso e al comune interesse nell'allevamento dei figli. È possibile addirittura ipotizzare che, se i maschi eterosessuali convivessero tra di loro per decine di anni, invece che con femmine, gli omicidi in famiglia diventerebbero più frequenti di quanto sono oggi.
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 18 APRILE 2012
Chi diventa un sognatore lucido migliora anche i movimenti del corpo NICLA PANCIERA Vaticini per il nostro futuro, sede di ritorno del represso, sottoprodotto di attività cerebrali dovute ad attivazioni neurofisiologiche spontanee: considerati nei secoli in modo diverso, i sogni ci accompagnano da sempre. «Sognano i mammiferi e sognano i feti dal quinto mese di gestazione», spiega Allan Hobson della Harvard Medical School, pioniere degli studi sulla neurobiologia del sonno. E proprio lo scienziato americano è stato uno dei primi a studiare i sogni lucidi, quelli nei quali l’individuo che dorme è cosciente di stare sognando e può agire intenzionalmente nel sogno come se fosse sveglio. Svegliarsi all’interno del proprio sogno ed intervenire si può imparare con dei piccoli accorgi-
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TERZA ETÀ
menti da prendere prima e dopo il sonno e avrebbe ripercussioni positive sullo stato di veglia, secondo gli scienziati. I vantaggi riguarderebbero la capacità di trovare soluzioni originali a problemi difficili, come gestire sonni agitati ma anche lo stress quotidiano, forse grazie al senso di controllo sperimentato durante questi sogni, come dimostra uno studio israeliano sul «Journal of Traumatic Stress». Non solo. Sognando, si può imparare. Studi con la tecnica della risonanza magnetica e della spettroscopia nel vicino infrarosso al Max Planck Institute of Psychiatry, a Monaco, dimostrano che le attivazioni cerebrali di un individuo che sogna un movimento sono le stesse di quando ci si muove per davvero: l’esercizio motorio durante un sogno lucido, quindi, si tradurrebbe in prestazioni fisiche migliori, negli sportivi e negli individui con problemi motori come gli anziani. All’Università di Yale (Usa) si sono registrati anche altri tipi di apprendimento nei sognatori lucidi, osservando un miglioramento nelle prestazioni sociali, emotive e decisionali.
Socievoli e onesti: ecco come la moralità ci fa vivere meglio P PSICOLOGIA MAURILIO ORBECCHI
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iate cooperativi e vivrete meglio! Un invito che può sembrare una piccola predica trova i suoi fondamenti in un rigoroso dibattito scientifico. La scienza, da Darwin in poi, ha molto da dirci sull’egoismo e sull’altruismo. Non a caso la presenza degli istinti sociali e l’origine della morale è uno degli argomenti dominanti de «L’origine dell’uomo», dove occupa i capitoli IV e V. Tuttavia il dibattito in ambito scientifico non ha ancora portato a una posizione comune. Da una parte si è formata una scuola di pensiero che considera la moralità come una sovrastruttura culturale, un sottile strato che ricopre una natura umana profondamente egoista e brutale. Questa visione risale a Thomas Henry Huxley, detto «il mastino di Darwin»; vi si riconoscono, tra gli altri, la maggior parte dei biologi «adattazionisti», come George Williams e il primo Richard Dawkins. L’altro orientamento, invece, origina dallo stesso Darwin e passa, con sfumature diverse, attraverso Kropotkin, Westermarck, E. O. Wilson per arrivare a Jonathan Haidt. Questi autori interpretano la morale umana come un’estensione degli istinti
Morale umana e istinti animali: un problema già caro a Darwin
sociali degli animali che, uniti allo sviluppo del sistema cerebrale, avrebbero permesso di arrivare a un grado inedito di complessità. Del resto la specie umana, come nota Frans de Waal, tra i maggiori esponenti di questo indirizzo, non ha mai vissuto davvero un momento in cui è diventata sociale, perché deriva da una lunga serie di scimmie che erano già altamente sociali. Il primo punto di vista è stato quello prevalente nel secolo scorso. Ma con l’inizio del nuovo millennio le posizioni si sono ribaltate. Lo stesso Dawkins ha modificato le sue posizioni più radicali: nella prefazione (inedita in Italia) all’edizione pubblicata per il
trentennale del suo famoso «Il gene egoista» afferma che nella prima edizione del libro non aveva ancora chiara la distinzione tra «veicolo» (l’organismo) e «replicatore» (il gene). Per questo motivo oggi non scriverebbe più che «siamo nati egoisti». Ritiene perfino che lo stesso libro si sarebbe potuto chiamare «Il gene cooperativo» per sottolineare come gruppi di geni mutualmente compatibili siano avvantaggiati dalla reciproca influenza. A questo cambiamento di paradigma non sono state probabilmente estranee le neuroscienze, in particolare la scoperta, da parte di Giacomo Rizzolatti dei neuroni specchio che, nel cervello, ri-
RUOLO: E’ SPECIALISTA IN PSICOLOGIA CLINICA IL LIBRO: ROGER HIGHFIELD E MARTIN NOWAK «SUPERCOOPERATORI. ALTRUISMO ED EVOLUZIONE» CODICE EDIZIONI
spazio a un nuovo ciclo di cooperazione. Il fenomeno avverrebbe a tutti i livelli: un defezionista individualista, per esempio, è la cellula cancerosa. Ma la selezione naturale, indifferente al dolore e alla morale, deve la sua efficacia proprio ai fattori ultra-egoisti, come le cellule cancerose, che hanno causato la morte dei giovani portatori, impedendo la diffusione dei loro geni alle generazioni successive. Nell’Homo sapiens - conclude Nowak - insieme con la cooperazione si è evoluto anche il linguaggio. Questi due fattori, uniti, affinano e diffondono sempre più i comportamenti generosi e altruistici. Il dibattito continua.
Storie ai confini della scienza
La premonizione esiste o no? Tra scienziati finisce in rissa LUIGI GRASSIA
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specchiano le emozioni di un altro individuo, permettendoci di viverle in prima persona, pur se attenuate. Oggi la visione cooperativa e l’accento sulla socialità della natura umana trova un esponente radicale in Martin Nowak, biologo matematico di Harvard. Dopo aver analizzato infinite situazioni di conflitto tramite modelli al computer, sostiene che la forza più creativa della biologia è proprio la cooperazione, un fattore di evoluzione che gli sembra pari alla mutazione e alla selezione naturale. In ogni caso la cooperazione lasciata a sé - afferma - non è stabile, ma cresce e scema come le pulsazioni del cuore. A lunghi momenti cooperativi seguono situazioni in cui prevalgono i defezionisti, che poi lasciano lo
Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta
P MISTERI
esoconto di una stranissima faccenda. Lo psicologo americano Daryl Bem fa sentire a un gruppo di persone una parola inventata. Poi chiede a tutti di scriverla e verifica quanti l’abbiano recepita. Diciamo che ci sia riuscito il 50%. A un altro gruppo viene fatta sentire la stessa parola una seconda volta. Le persone che colgono la parola «xxx» aumentano. Per semplicità diciamo che salgono al 70%. Fin qui niente di strano. Ma ecco che cosa succede a un terzo gruppo. Le persone sentono xxx, poi scrivono quello che sono riuscite cogliere, e solo «dopo» riascoltano xxx. Questo ter-
TuttoScienze VII
zo gruppo ottiene un risultato intermedio fra il primo e il secondo, diciamo il 60%. Come è possibile? Lo psicologo Bem fa un’ipotesi: alcune delle persone sondate hanno doti di premonizione, e hanno potuto beneficiare non solo della parola xxx che hanno sentito prima di scrivere il risultato, ma anche della xxx che è stata fatta ascoltare dopo, e che loro hanno «sentito» in anticipo. Azzardato? Altroché. Lo stesso Daryl Bem dopo aver pubblicato i suoi risultati su una rivista scientifica sollecita i colleghi scienziati a replicare il suo esperimento, per verificare o «falsificare» l’esito.
Qui entra in gioco un altro psicologo, il britannico Chris French. Pieno di buona volontà replica il test di Bem. Ma il risultato è diverso: le persone che hanno sentito il suono xxx una volta «prima» e una volta «dopo» ottengono solo il 50% di successi. Nessun indizio di premonizione. Bene, a questo punto French vorrebbe dare il suo contributo alla conoscenza scientifica internazionale e pubblicare su una rivista accademica i risultati della verifica negativa. Ma ha una sgraditissima sorpresa: tutte le riviste respingono il suo articolo: «Non pubblichiamo repliche», «Non ci facciamo coinvolgere in polemi-
che». «Ma come? - sbalordisce French - Le pubblicazioni accademiche non dovrebbero fare proprio questo, cioè pubblicare le verifiche o le smentite delle ricerche controverse?». Lui lo aveva dato sempre per scontato, e invece scopre che no, non è così. A un certo punto, a forza di sbraitare, French riesce a trovare udienza presso un’autorevole rivista internazionale di psicologia. Come d’uso, prima della pubblicazione il suo articolo viene sottoposto allo scrutinio di validità di due commissioni accademiche. La prima dà un verdetto favorevole. Ma la seconda respinge la domanda di pubblicazione. Sorpresa: da chi è diretta la seconda commissione? Dallo stesso Bem, cioè proprio lo psicologo i cui risultati French mette in discussione. Un caso monumentale di conflitto d’interesse. In conclusione: l’articolo non si pubblica. Non sulla stampa specializzata, la sola che faccia testo in campo scientifico. Chris French resta basito. E a noi sorge il dubbio che il mondo funzioni in modo diverso da come credevamo.
LA STAMPA MERCOLEDÌ 23 MAGGIO 2012
«Quello che vogliamo per le staminali» Al dibattito conclusivo di «Scienza Attiva» per il 2012 erano presenti studenti, docenti, ricercatori e rappresentanti delle istituzioni. Questi ultimi hanno raccolto raccomandazioni e proposte elaborate da circa 40 classi per analizzarle e renderle operative. Si è discusso in particolare di cellule staminali, della ricerca e dei problemi etici che le riguardano. Le nostre conclusioni, frutto di un lungo studio, sono ora accessibili su www. scienzattiva.eu.
L’iniziativa
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Dai banchi di scuola al giornale Questo è il secondo dei 3 articoli delle classi vincitrici del premio di «Scienza Attiva»
P STORIA/2 MAURILIO ORBECCHI
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oggi o un viaggiatore del tempo che si ritrovò nel XVII secolo. Ma è sbagliato. Lui non era come noi. Riportarlo nel suo mondo è un’impresa fondamentale e incompiuta». E allora qual è il filo che ci lega a lui e ai suoi colleghi?
«La scienza del XVII secolo continua a modellare le nostre esistenze. Galileo e Newton non starebbero nella pelle se potessero visitare uno stabilimento automobilistico o volare su un jet, mentre per affer-
rare cosa sono computer e cellulari avrebbero bisogno di un po’ di tempo. Ma non si tratta solo del fatto che molte realtà del presente si basino su leggi fisiche e tecniche matematiche scoperte allora. Più importante è la nozione che esistano delle leggi di natura, che il mondo obbedisca a queste regole e che l’umanità possa decifrarle: questa è l’eredità del Seicento. E’ così che Kepler, Galileo e Newton e altri geni hanno plasmato l’oggi».
l progresso della scienza e della tecnica determina da sempre forti resistenze. Potere religioso, burocrazie di apparato, intellettuali, oscurantisti di tutte le aree politiche, ampi settori di opinione pubblica spesso si scoprono spaventati da innovazioni che fanno fatica ad afferrare. Per questo motivo molti tendono a vedere nella scienza e nella tecnica più una minaccia che un alleato e finiscono per applicare le categorie e le modalità del dibattito politico. Così viene inventato un nemico che non esiste, utilizzando termini come «riduzionista» o «scientista» con funzione apotropaica nei confronti di chiunque parli di questioni culturali, tenendo in conto ciò che la scienza ha da dirci. In questo clima storico non stupisce che anche le teorie della democrazia prevalenti come sostiene Gilberto Corbellini nel suo recente «Scienza, quindi democrazia» - tendano a sottovalutare, a ignorare o a fraintendere il ruolo della scienza nella costruzione stessa della moderna mentalità civile. La politica e la cultura occidentali faticano a riconoscere che la scienza e la tecnica moderna non solo hanno fornito alle società umane conoscenze e possibilità straordinarie, ma anche modelli e procedimenti che hanno profondamente influenzato l’evoluzione del diritto e del pensiero politico. Non a caso la democrazia è più solida nei Paesi di maggiore tradizione e cultura scientifica. La scienza, infatti, si è sviluppata sulla base dell’applicazione di regole procedurali e del controllo degli esperimenti. Chiunque poteva verificare quanto sostenuto da Galileo e Newton molto tempo prima
Ci siamo concentrati sul problema della corretta informazione scientifica a livello scolastico, mediatico e professionale che dovrebbe incrementare la consapevolezza dei cittadini e sensibilizzarli sull'importanza di questa ricerca. Abbiamo anche evidenziato alcune criticità legislative italiane e, su tutte, l'assenza di una legge - per noi fondamentale - che regolamenti l'estrazione di staminali da embrioni crioconservati e da feti abortivi. Le informazioni a cui abbiamo avuto accesso, grazie ad alcuni esperti di Agorà Scienza, hanno evidenziato che le cellule staminali rappresentano una reale speranza in medicina. Guardando al futuro, vorremmo che diventasse possibile l'accesso da parte di tutti alle nuove applicazioni, indipendentemente dalle possibilità economiche,
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per evitare anche il pericoloso fenomeno del «turismo staminale». Per questo motivo chiediamo ai politici un maggiore impegno di fondi pubblici, ma auspichiamo anche una serie di interventi degli enti privati e un coordinamento a livello europeo per aumentare e specializzare i centri di ricerca. Se queste proposte venissero applicate, pensiamo che le istituzioni conquisterebbero l'apprezzamento e il riconoscimento dei cittadini, dimostrando grande sensibilità verso un tema attuale e importante per la nostra salute. Mercoledì prossimo, nell'ultima puntata di questa breve serie, appariranno i risultati sul tema delle nanoscienze. 4 A - Liceo «Camillo Golgi» di Breno Continua la prossima settimana
Cari oscurantisti senza numeri e provette non ci sarebbe la libertà Troppi dimenticano il legame scienza-democrazia ne naturale ci ha predisposti alla lotta per la dominanza, alla predazione e ai valori tribali, piuttosto che ad accettare la complessità, la mediazione e il tipo di razionalità necessario in un mondo moderno. La scienza, dunque, fornisce un modello di ragionamento. Educa alla razionalità, al pensiero critico, al rispetto delle opinioni, all’onestà intellettuale e al controllo dei risultati. Insegna a pensare liberamente, a rispettare punti di vista differenti, a valutare le opinioni, utilizzando criteri razio-
Maurilio Orbecchi Psicoterapeuta Un simbolo della democrazia: il Congresso di Washington
che regole democratiche e controllo degli atti dei politici diventassero i principi fondanti della democrazia liberale. La scienza, poi, come la democrazia, è profondamente innaturale. La prima va contro l’ingenuità del senso comune (il sole che gira attorno alla Terra, la natura dei colori ecc.) e cerca di capire cosa c’è oltre le nostre percezioni immediate; la seconda è una costruzione collettiva estranea in un mondo nel quale le specie animali sociali, come quella umana, sono organizza-
te sul principio del maschio dominante, un tiranno che detiene il potere e compie continui soprusi, senza regole e senza sanzioni, su coloro che hanno la sfortuna di essergli sottoposti. Scienza e democrazia, insieme con l’economia di mercato, sono pertanto radicali novità rispetto al mondo naturale in cui il genere umano si è sviluppato. Per questo motivo è difficile accettare e maneggiare queste acquisizioni: tendiamo a temerle, se non a demonizzarle, perché la selezio-
RUOLO: E’ SPECIALISTA IN PSICOLOGIA CLINICA IL LIBRO: GILBERTO CORBELLINI «SCIENZA, QUINDI DEMOCRAZIA» EINAUDI
nali condivisi. La scienza forma i requisiti di base della vita civile e democratica, educando a rifiutare identificazioni tribali, spiritualismi e pensiero magico. E’ quanto mai necessario, dunque, che l’insegnamento della scienza diventi prevalente nelle scuole, non solo perché trasmette informazioni essenziali su come funziona il mondo, ma per il suo carattere di formazione interiore, di apertura ai temi collettivi e ai valori umani ed esistenziali in cui l’individuo realizza la sua umanità.