2011 03 02, orbecchi, la stampa, con darwin nuovi spiragli sulla mente

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MEDICINA

DIVULGAZIONE

MISTERI

“Noi, vittime dell’illusione delle terapie onnipotenti”

Dimenticate le formule Ora parlano le immagini

L’orangutan si è fermato da 15 milioni di anni

La medicina colleziona successi, ma forse abbiamo maturato aspettative eccessive.

L’Associazione americana per la scienza ha premiato foto e illustrazioni mozzafiato.

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Il Dna di un nostro parente cela alcuni interrogativi a cui non sappiamo rispondere.

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MILANO PAGINA 24

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BECCARIA PAGINA 25

GRASSIA PAGINA 27

TUTTOSCIENZE IDEA MADE IN ITALY: I CAVI SI TRASMUTANO IN GRAFENE E SI SUPERANO ALCUNI PROBLEMI TECNICI FINORA CONSIDERATI INSOLUBILI

Analisi MAURILIO ORBECCHI

Con Darwin nuovi spiragli sulla mente

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partire da Darwin, e in particolare negli ultimi decenni, è cresciuto un campo di ricerca della psicologia che studia lo sviluppo della mente e che ha prodotto un florido dibattito e differenti discipline, tra cui l'etologia umana, l'ecologia del comportamento umano, la coevoluzione gene-cultura, la psicologia evoluzionistica. Benché le divisioni di scuola possano apparire essenziali per gli specialisti, sono in realtà marginali rispetto alla grande quantità di nozioni condivise. Tutte queste discipline ritengono che la mente sia in qualche modo un prodotto dell'evoluzione che ha lasciato i suoi segni sulla psicologia umana e sulle nostre scelte quotidiane. Allo stesso modo, i vari studiosi giudicano un grave errore credere che all'origine della psiche umana vi siano cause qualitativamente diverse da quelle che generano il comportamento animale. Il Nobel Niko Tinbergen sostiene che pensarla diversamente porterebbe a una situazione assurda: sarebbe come se su uno solo dei numerosissimi rami dell'albero evolutivo si trovasse una barriera con un cartello che recita: «Vietato l'accesso allo studio oggettivo: riservato agli psicologi!». Le ricerche sull'evoluzione della mente confermano l'inesistenza di questa barriera e la necessità di partire dalla teoria dell'evoluzione, per chi vuole davvero conoscere la mente umana. CONTINUA A PAGINA 26

TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 2 MARZO 2011 NUMERO 1458 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/

L’ascensore parte per le stelle Dalla fantascienza alla realtà: progetto con i nanotubi di carbonio NICOLA PUGNO POLITECNICO DI TORINO

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l concetto di un elevatore spaziale per portare in orbita astronauti e materiali è semplice. Immaginate un cavo ancorato alla Terra che si estende nello spazio e sui cui viaggiano degli ascensori. Il cavo rimane teso, se sufficientemente lungo (100 mila km, o anche meno con un contrappeso), grazie alle forze centrifughe imposte dalla rotazione terrestre che tendono a prevalere sull'attrazione gravitazionale, una volta superata l'orbita geostazionaria. Il problema principale del cavo, però, è che deve essere al contempo super-resistente e molto leggero. Da subito ci siamo appassionati al problema, perché la sua soluzione porterebbe a molte altre applicazioni, per esempio nell'ingegneria civile (per la realizzazione di ponti sospesi ad elevatissima luce, come quello di Messina). Nel caso dell'elevatore spaziale il ruolo del materiale è supercritico. Un cavo di acciaio, per esempio, dovrebbe sopportare una tensione massima - che si manifesterebbe in corrispondenza dell'orbita geostazionaria - circa 400 volte maggiore della sua resistenza, fatto evidentemente impossibile. Ma con il carbonio le cose stanno diversamente e sarebbe sufficiente un cavo di nanotubi con una resistenza anche minore della metà di quella ideale del nanotubo singolo. Il problema, tuttavia, non si risolve con l'impiego dei nanotubi stessi. Le strutture, infatti, tendono a diventare più fragili con l'aumentare della dimensione strutturale, aumentando con questa anche la probabilità di presentare difetti di dimensione maggiore. E' uno dei motivi per cui le ciliegie nascono sugli alberi, mentre le zucche per terra. E a proposito di alberi, il tronco, a sezione crescente verso il basso, in cui il peso da sopportare diventa via via maggiore, suggerisce una soluzione simile proprio per il cavo dell'elevatore: un progetto «ad uniforme resistenza». Significa un cavo non a sezione costante, con una tensione variabile, ma uno a sezione variabile, tale che la tensione all'interno rimanga costante e si avvicini alla resistenza del materiale stesso, così da sfruttarlo al meglio. La geometria che risulta è una specie di «botte», con la sezione massima in corrispondenza dell'orbita geostazionaria.

La simulazione realizzata dalla Nasa per un ascensore spaziale in grado di portare in orbita astronauti e materiali

Giocando sul rapporto tra la sezione massima e minima (che c’è in prossimità della superficie terrestre), è in teoria possibile progettare il cavo con qualsiasi materiale. In pratica, però, non è così: se si considera l'acciaio, questo rapporto dovrebbe essere enorme, nell'ordine di un milione di miliardi di miliardi di miliardi (un 1 seguito da 33 zeri): significa che, se il diametro fosse anche solo di un milionesimo di metro alla partenza, sulla Terra, non sarebbe sufficiente l'Universo conosciuto per contenere il cavo stesso. Tutto cambia, invece, per un cavo con la resistenza ideale di un nanotubo al carbonio: il rapporto, in questo caso, diventa pari solo a 2. Tuttavia - come accennato non è lecito attendersi che il megacavo non abbia problemi. La chiave di volta per progettarlo è quindi quella di valutare il difetto più critico che ci si può aspettare al suo interno e

realizzarne uno «flaw-tolerant» (tollerante alla presenza del difetto): deve operare a una tensione di poco minore a quella necessaria per fare propagare il difetto stesso. E' una soluzione ispirata a quella con cui la Natura progetta i materiali biologici, come le ossa.

Nicola Pugno Ingegnere RUOLO: E’ PROFESSORE DI SCIENZA DELLE COSTRUZIONI AL POLITECNICO DI TORINO E VICE-PRESIDENTE PER L’EUROPA DI «EUROSPACEWARD» ASSOCIAZIONE NO-PROFIT DI RICERCA

La rottura del cavo può essere innescata dalla frattura di un singolo nanotubo o in seguito allo scorrimento relativo tra due di essi. Per affrontare questi problemi, nel primo caso, occorre minimizzare i difetti strutturali, mentre nel se-

condo caso si deve massimizzare la superficie di interfaccia tra i nanotubi. E' da notare che una semplice «vacanza atomica» riduce la resistenza del singolo nanotubo di circa il 20%, un calcolo che - giustamente - minava la realizzabilità di un primo progetto che trascurava proprio il ruolo dei difetti. I nostri calcoli più recenti, invece, si concentrano sullo scorrimento tra i nanotubi (pubblicati sul «Journal of the Mechanics and Physics of Solids») e suggeriscono un'altra ipotesi: progettare cavi con nanotubi sufficientemente «grandi» da «auto-collassare» per effetto del confinamento, imposto dalle forze di van der Waals, da parte degli altri nanotubi. Le forze di van der Waals agiscono sul solido come la tensione superficiale in un liquido, creando così una pressione sul singolo nanotubo, che, quindi, può collassare a seguito di un'instabilità ela-

stica, un po' come farebbe il guscio di un sommergibile a profondità troppo elevata per effetto dello schiacciamento imposto dalla pressione dell' acqua. Tuttavia lo schiacciamento - in questo caso - è benefico, perché genera una maggiore superficie di interfaccia tra i nanotubi, che tendono ad assomigliare a fogli di grafene in mutuo contatto, con un incremento di resistenza di circa il 30%: la conseguenza è la possibilità di progettare cavi di nanotubi collassati superresistenti (30 volte l'acciaio) e leggeri (un terzo rispetto all' acciaio). La soluzione appare al momento la più credibile: ecco perché è stato raggiunto il consenso sulla necessità di impiegare queste nostre strategie «flaw-tolerant». Il progetto di materiale e struttura del cavo dell'elevatore spaziale ha fatto un passo in avanti, grazie alla Scienza delle Costruzioni.


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LA STAMPA MERCOLEDÌ 2 MARZO 2011

Icona Giorgio Guglielmo Federico di Hannover (1738 – 1820) è stato re di Gran Bretagna e Irlanda. Nel 1765 cominciò a dare segni di squilibrio mentale: sull'origine della sua follia sono state avanzate diverse ipotesi. Secondo alcuni potrebbe essere stata una conseguenza della porfiria

La follia oltre re Giorgio Gli “strani casi” che svelano gli interrogativi sull’autismo D'altronde, considerando i limiti apparentati ai confini, ne viene fuori che, scrutando la malattia della mente, se ne può scorgere l'essenza: è come dire che la diGIOVANNI NUCCI storsione può mostrare la linearità potenziale. Ma questo spiega anche l'incredibile fortuna letteraria della follia, in generale, e unico che sembra ave- dell'autismo (che ne è, per così dire una chiara perce- re, una delle migliori espressioni) zione di quanto il re- in particolare. Da una parte pergno di Danimarca sia ché l'obbligo di una prospettiva profondamente cor- inusuale rende l'affetto da autirotto, e quindi falsmo un persoso, è Amleto. E il naggio ideale: regno, per proquale punto di teggersi dalla mivista migliore naccia che il prinsulla corte inglecipe rappresense che la follia di ta, lo addita coRUOLO: È SCRITTORE ED EDITOR Re Giorgio? E in me pazzo. Ma E HA LAVORATO NEL CAMPO secondo luogo DELLA LETTERATURA PER RAGAZZI perché la letteAmleto è davveIL LIBRO: «IL MARE COLOR DEL VINO» ro pazzo? Perché EDITORE E/O ratura procede le premesse alnello stesso momeno all'appado: parte dai lirenza ci sono tutte: visione di un miti del linguaggio, cioè dalle sue fantasma del padre sui bastioni ambiguità, per mostrarne l'essendel castello, cogitamenti filosofici za, si muove dai confini del monsull'esserci o il non esserci in quan- do per poterne descriverne la toto tali. Ora, la via d'uscita che sce- talità. Così il Re Giorgio di Allan glie Amleto è quella della finzione Bennett («La pazzia di re Giorletteraria. Il che spiega un sacco gio», Adelphi) non si limita a racdi cose piuttosto interessanti sul contare la corte inglese, ma sconpiano delle malattie mentali. fina un po' in tutti i sistemi di po-

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Giovanni Nucci Scrittore

Lo sapevi che? «La Scienza Narrata» dagli studenti Il concorso per gli studenti liceali «La Scienza Narrata» è indetto dalla Merck Serono in collaborazione con «Tuttoscienze». I Questo è il 6˚ articolo per i partecipanti. I libri suggeriti sono: Allan Bennett, «La pazzia di re Giorgio», Adelphi; Mark Haddon, «Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte», Einaudi; Paul Collins, «Né giusto, né sbagliato», Adelphi. I Informazioni e materiali didattici sul sito: www.premioletterariomerckserono.it. I

tere. O come il racconto di Mark Haddon, «Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte» (già vincitore del premio Merck Serono nel 2004), più banalmente, certo, di Bennett o di Shakespeare, non mostra la follia del giovane protagonista autistico, ma la follia della società che il protagonista si trova, suo malgrado, a dover affrontare.

L'interesse scientifico di tutto ciò sembra, sinceramente, sfuggire. In realtà - come scopriranno i partecipanti al concorso «La Scienza Narrata» - è alla scienza che sfugge la comprensione della malattia mentale, e dell'autismo in particolare. E questo, probabilmente, perché la scienza si muove a partire dalle regole, e non dai limiti, o dalle eccezioni. Questo viene chiaramente mostrato dal bellissimo libro di Paul Collins, «Né giusto, né sbagliato» (Adelphi). Il commovente racconto di come due genitori scoprono, vivono, e poi accettano la diagnosi di autismo per il loro figlio Morgan, viene alternato al racconto della storia dei vari tentativi perlopiù disperati da parte della la scienza di spiegare, e comprendere, l'autismo. Le vicende di Peter ragazzo selvaggio nella Londra del settecento, le difficoltà di Freud a capire con cosa avesse a che fare, gli studi (e le cantonate) di Bettelheim negli Anni 60, nonché una serie di microbiografie degli autistici più celebri, o misconosciuti, che hanno attraversato la nostra storia, senza che noi probabilmente neanche ce ne rendessimo conto. Collins non lo postilla, ma Amleto, se era matto, era senza dubio autistico. [6 - Continua]

La Stampa presenta: TECNICHE

ANALISI

Un’unica mente supera le barriere delle culture SEGUE DA PAGINA 23 MAURILIO ORBECCHI

È perlomeno improbabile, infatti, che i meccanismi cerebrali che si sono formati in milioni di anni per risolvere problemi comuni abbiano smesso improvvisamente di far sentire il loro peso nella vita della sola specie umana. Il dibattito, tra gli addetti ai lavori, verte su come la mente e la psicologia si sono formate nel corso dell'evoluzione e su quanto la loro origine influisca sull'uomo contemporaneo. Si cerca di capire se i meccanismi mentali del cervello siano adattamenti a condizioni ambientali del passato, prodotto collaterale di adattamenti precedenti o sviluppi casuali. Si discute sul numero dei meccanismi psicologici, sulla plasticità del cervello e su quanto gli stimoli ambientali influiscano sull'espressione psicologica dell’individuo e sul suo comportamento. Secondo il paradigma denominato «Psicologia evoluzionistica», l'opera socio-culturale umana si presenta proprio come il tentativo di risolvere, a un livello sempre più sofisticato, i problemi comuni a tutta la vita animale. Il più importante è la necessità di ottenere il successo riproduttivo. È per raggiungere questo risultato che durante l'evoluzione si sono sviluppati il piacere sessuale e l'innamoramento, fonti primarie dei nostri interessi, delle nostre gioie e dei nostri dolori. L'idea più seguita è che la psicologia umana non sia espressa tanto dai comportamenti dei singoli individui, molto variabili, quanto dai meccanismi psicologici che forniscono i prerequisiti dei comportamenti. Sarebbero questi a essersi formati nel corso dell'evoluzione e a venire poi configurati dall'ambiente culturale, in particolare nella prima infanzia. Questa doppia determinazione biologica e culturale significa che aspetti prima ritenuti di origine esclusivamente culturale, come la morale, il linguaggio, la razionalità e la bellezza, hanno invece radici biologiche comuni che sono alla base della mente umana. L'importanza della psicologia collettiva è tale da caratterizzare lo stesso concetto di specie. Alcuni animali, come il cane, formano una specie a sé non per l'impossibilità di generare prole feconda con le specie più vicine, ma per differenti comportamenti, capacità e interessi. In breve, per la diversa psicologia che rende impossibile per i cani vivere nell'ambiente dei lupi, adottando il loro stile di vita, e viceversa. Se le varie specie animali sono caratterizzate da una medesima psicologia condivisa, non si comprende perché per gli esseri umani dovrebbe essere differente, come sostengono varie correnti psicosociologiche e psicodinamiche. In generale, le ricerche sull'evoluzione della mente portano a conclusioni che evidenziano più fattori psicologici strutturali di somiglianza tra gli esseri umani, nonostante le molteplici culture di provenienza, che non differenze. Le diversità comportamentali fra gli appartenenti alle varie culture sono pertanto superficiali e derivano da una sovrapposizione educativa e ambientale che non riesce a eliminare la possibilità per gli esseri umani di riconoscersi e comunicare su valori psicologici comuni.

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