TARANTO tra storia, leggenda e tradizioni (prima parte fino a FĂ lanto) a cura di nonna Serena
IL GOLFO DI TARANTO Il golfo di Taranto si estende da punta Alice, sporgenza della costa che si protende nel mare Ionio nei pressi di Cirò Marina (comune di Crotone) fino a punta Meliso, corrispondente al piazzale dove sorge il Santuario di Santa Maria di Leuca. Ăˆ lungo sessanta miglia marine e comprende i territori della Calabria, della Basilicata e della Puglia bagnati dal mare Ionio.
Proprio, in Puglia, al centro di questo territorio, nel 706a.C.fu fondata TARANTO. Di fronte alla cittĂ , in quello che viene chiamato Mar Grande, si trova il piccolo arcipelago delle Cheradi, formato dalle isole di San Pietro e San Paolo. In tempi lontani esisteva anche una terza isola, San Nicolicchio, scomparsa in seguito ai lavori di allargamento del porto mercantile.
LE ISOLE CHERADI Il nome Cheradi deriva dal greco”Chòiràdes” che significa” promontorio” e fu tramandato dallo storico grecoTeucidide per indicare le isole che si trovano nel golfo di Taranto. I greci le chiamavano “Elettridi” forse perché su di esse era abbondante l’ambra ( dal greco elektron), un fossile vegetale che si ricavava dalla resina degli alberi delle conifere e con la quale si fabbricavano dei monili.
Le due isole più grandi vennero chiamate con nome sempre diversi: i greci dettero loro il nome di Phoebe ed Elettra; con i cristiani assunsero il nome di Santa Pelagia e Sant’Andrea e nel periodo napoleonico furono chiamate definitivamente isole di San Pietro e di San Paolo. Nel IV secolo l’isola maggiore,quella di Santa Pelagia, fu abitata dall’eremita Santa Sofronia che vi morì nel 309.
Fino al 1594 le Cheradi appartennero al Clero tarantino, poi furono occupate dai Turchi che le utilizzarono come avamposto per tentare di conquistare Taranto, ma il 19 settembre del 1594, con la battaglia del fiume Tara, le forze cristiane riuscirono a scacciare definitivamente i turchi dalle coste ioniche. Verso la fine del 1700, Napoleone Bonaparte,sull’isola di San Paolo, iniziò la costruzione di un forte dedicato, poi, al generale Pierre Choderlos de Laclos.
Dopo l’Unità d’Italia, sempre sull’isola di San Paolo, passata ormai ai beni del regno, fu costruito un faro per guidare le navi che si avventuravano nel mar Grande. Sull’isola maggiore fu realizzata, invece, la Batteria di San Pietro. Le due isole fanno parte del Demanio militare.
LA CITTÀ DEI DUE MARI Taranto è chamata” la città dei due mari” perché è bagnata dal mar Grande che si estende nel mar Ionio da Capo San Vito a punta Rondinella ed è collegato al mar Piccolo per mezzo di un canale naturale attraversato dal ponte di Porta Napoli ( noto anche come ponte di pietra ) ed uno artificiale valicato dal ponte girevole. Il canale navigabile che è attraversato da questo ponte fu scavato nel 1480 durante la costruzione del Castello Aragonese, per permettere alle
navi di transitare dal mar Grande al mar Piccolo. Nel lato ovest del mar Grande si trova anche il porto mercantile di Taranto, all’estrema punta del quale, nel 1937, venne inaugurata una statua marmorea di San Cataldo, protettore della città.
Il mar Piccolo forma una piccola insenatura a forma di occhiali, in quanto le sue coste sono divise in due seni separati da due penisole, quella di Punta Penna a nord e quella di punta Pizzone a sud, poste una di fronte all’altra e distanti fra loro 560 metri. Nel 1977 queste due penisole sono state collegate dal Ponte Punta Penna Pizzone,dedicato al politico Aldo Moro. I numerosi citri (sorgenti sottomarine di acqua dolce) ed i piccoli corsi d’acqua
che vi sfociano (il Galeso ed il Cervaro) hanno reso le acque del mar Piccolo meno salate e pertanto indicate per l’allevamento dei mitili (cozze). Inoltre il mar Piccolo è un’importante nursery per alcune specie di pesci quali: l’orata, la triglia, la spigola e la seppia.
ALLA RICERCA DELLE ORIGINI DI TARANTO Taranto, perla dello Ionio, Taranto città dei due mari,fu fondata, così tramanda la storia, nel 706 a.C. Ma cosa sappiamo delle epoche precedenti? Verso il 1950, sulla Litoranea Salentina, in località Torre Castelluccia, nei pressi di Pulsano, fu scoperto il più antico insediamento preistorico presente nel territorio, risalente al XVI secolo a.C. ed è costituito da una serie di capanne difese da una cinta muraria e da reperti che dimostrano che gli
abitanti si dedicavano alla pesca ed all’agricoltura. Ma, certamente, la testimonianza più rappresentativa dell’Età neolitica sono i dolmen, cioè imponenti tombe preistoriche erette su poche pietre infisse nel suolo che sostengono un lastrone orizzontale. Questi monumenti potevano servire anche come tavola per mangiare o per compiere sacrifici.
A Statte, sono stati scoperti due dolmen, il più grande dei quali, risalente al II millennio a.C. si trova in località Leucaspide ed è detto “ Dolmen di San Giovanni della masseria”; è stato rinvenuto nel sottobosco, vicino alla gravina,nel 1884 dal professor Luigi Viola, ma fu
la viaggiatrice inglese Janet Ross che per prima ne dette notizia. Nel 1889, a Taranto, in località Scoglio del Tonno, durante gli scavi per l’ampliamento del Porto mercantile e la costruzione della ferrovia, furono rinvenuti dei reperti fatti risalire alla metà del II millennio, questo grazie allo studio della stratigrafia dello scoglio che attestò l’esistenza di abitanti in quel territorio.
LA FONDAZIONE DI TARANTO NELLA LEGGENDA
TARAS Secondo una leggenda, dodici secoli prima della fondazione di Roma, Taras, figlio di Nettuno, dio del mare, e della ninfa Satureja, partito da Creta, approdò nello Ionio, nelle vicinanze di un fiume dove decise di edificare, per la sua gente, una nuova città. Chiamò Tara questo fiume che scorre attualmente nella zona sud-ovest di Taranto, alimentato da
sorgenti perenni,per sfociare poi nel Golfo di Taranto, quindi fondò la città scolpendo sul marmo alcune sigle che, in seguito, furono interpretate da Eraclide, un celebre studioso tarantino.Una sigla:T.N.F.E.N.T.E. venne così tradotta dallo stesso Eraclide:Taras Neptuni Filius Extincto Nembroto Tarentum Aedificavit”
Antiche monete di Taranto hanno l’effigie di Taras che cavalca un delfino , tenendo con la mano sinistra un tridente, simbolo del dio Nettuno. Ma perché Taras viene rappresentato su di un delfino? Sempre secondo la leggenda, Taras, prima di fondare la città, vide schizzare fuori dalle acque un delfino, cosa che egli interpretò come buon auspicio. Dopo lunghi anni di buon governo- durante i quali
Taras espanse la città, edificando anche il villaggio di Saturo, in onore della madre Satureja- la leggenda di Taras si concluse. Infatti, un giorno, mentre sulle rive del fiume Tara sacrificava a Nettuno, finì in acqua trascinato poi verso il mare e non fu più possibile rinvenirne il corpo, perciò si sparse la voce che fosse stato salvato da un delfino e portato in cielo, nel mondo degli Eroi dal padre Nettuno.
FÀLANTO Fino all’VIII secolo a.C., quando Fàlanto giunse a Taranto, la città fu in guerra con i popoli Japigi-Messapi, di origine cretese. Dopo molti anni conclusero un accordo, grazie anche al contributo del citarista greco Arione. Anche nella leggenda di questo poeta compare un delfino che, dalle onde del mare, nei pressi di Taranto lo salvò da morte certa.
Dopo molti anni di pace, ecco arrivare Fàlanto… oppure Ebalo? Questi, nella mitologia greca era un leggendario re di Sparta da cui discesero Castore e Polluce, chiamati perciò gli”Ebalidi” e tutte le città da loro fondate venivano indicate con questo patronimico, così anche Taranto era chiamata dai romani Oebalia arx “ “cittadella di Ebalo”. Alcuni storici identificano Ebalo con Fàlanto, ma i più sono concordi nello stabilire che furono i Parteni, guidati da Fàlanto i fondatori di Taranto.
I Parteni erano figli illegittimi nati da donne spartane e uomini messeni, durante la guerra messenica. Alla fine della guerra, quando gli spartani tornarono in patria, emarginarono i Parteni lasciandoli fuori da ogni forma di potere.Questi, allora, abbandonarono Sparta per andare a fondare nuove colonie. Fàlanto, figlio di Arato, aveva combattuto valorosamente contro i messeni ma si schierò dalla parte dei Parteni, diventando il
loro ecista (cioè capo della spedizione), ma prima di partire volle andare a Delfi, dal dio Apollo,per averne la protezione e per conoscere la località dove avrebbe dovuto fondare la nuova colonia. L’oracolo gli promise che gli avrebbe dato Saturo e gli avrebbe fatto sottomettere la città di Taranto e le numerose popolazioni japigie. Lo storico Antioco dice testualmente:
“ Satyrium tibi do, pingues pogosque Tarenti incolore, infectis, et Japigias opprimere armis…” Fàlanto continuò a chiedere:” ma quando mi sarà concesso di raggiungere queste terre e di prenderne possesso?” E l’oracolo rispose:” Tunc,reperturam esse regionem sedesque promissas, cum Pluvia latius descendente sub aetra humesceret”.Egli avrebbe fondato una città quando avesse visto cadere la pioggia da un cielo sereno e senza nuvole.
Fàlanto partì e dopo un viaggio avventuroso, durante il quale fece naufragio presso Corintoqui interviene ancora la leggenda che lo vuole salvato da un delfino-, arrivò nel mare Ionio ed approdò sulle coste della Messapia. Ma gli abitanti di quelle terre non gli permisero di impossessarsi di una città per risiedervi , perciò, dopo alcuni anni di lotte Fàlanto ed i suoi Parteni erano ancora accampati in campagna.
Fàlanto era disperato, convinto, ormai, che la profezia non si sarebbe avverata. In un pomeriggio afoso d’estate, stanco e deluso, cercò riposo presso le rive del fiume Tara, accovacciandosi ai piedi della moglie Etra che, vedendolo triste, incominciò a piangere accarezzando il capo del marito Poco dopo l’uomo venne scosso dal dolce pianto di Etra, le cui lacrime inondarono il capo di Fàlanto come una grande pioggia in un pomeriggio di sole e senza nubi. A questo punto
Fàlanto capì che la profezia si era avverata, perché la traduzione del nome Etra è” cielo sereno” e la pioggia cadeva quindi da un cielo sereno. Da quel momento l’eroe si rincuorò e quella notte piombò su Taranto e la conquistò. Pausania, storico e geografo greco, in un passo del suo” Descrizione e itinerario della Magna Grecia” parla dell’episodio di Etra con molta efficacia ed il professore Fulvio Volpe ne ha fatto una traduzione ed un apprezzato poemetto: “ Canzone di Fàlanto”
Dal testo di Pausania: “ Gli Spartani fondarono la colonia di Taranto e fondatore fu Fàlanto spartano. A lui migrante in cerca di colonia giunse da Delfi un oracolo: che quando avesse sentito gran pioggia cadergli sul capo dall’etra, dal cielo sereno, allora avrebbe conquistato terra e città. Ed egli era triste e senza speranza.Ma la sposa, che sempre lo aveva seguito, lo consolava con amore; e poi ch’ella ebbe preso sul suo grembo il capo del marito,
Vinta dal dolore, un pianto struggente l’assale, vedendo che a nulla l’impresa dell’uomo volgeva. Ed egli sentì gran copia di lacrime: pioveva infatti sul capo di Fàlanto. E comprese il vaticino, giacché la sua donna aveva nome Etra. E la notte seguente conquistò Taranto, la più grande delle città straniere, la più bella e la più ricca delle città sul mare.” Fàlanto, quindi, espugnò Taranto, ma molti dei cittadini, pensando di essere caduti in mano ad
un tiranno, abbandonarono volontariamente la città, cercando rifugio a Brindisi, che, così,ingrandita dagli esuli tarantini, divenne ben presto una ricca città. Gli abitanti che scelsero di restare a Taranto cominciarono ad apprezzare Fàlanto che governava con leggi più eque e più moderate di quelle di Sparta ed inoltre si era dedicato ad abbellire e a fortificare la città per timore che gli esuli di Brindisi potessero decidere di riprendersi Taranto.
Infine decise di andare all’attacco dei nemici, ma una volta giunto a Brindisi, dovette rinunciarvi perché trovò una resistenza ben organizzata. Fàlanto governò con equità ma anche con fermezza, pretendendo una rigida osservanza delle leggi, cosa questa che non piacque a tutti, perciò una rivolta costrinse Fàlanto ad abbandonare la città ed a rifugiarsi a Brindisi, dove fu accolto bene, perché era considerato un condottiero valoroso.
Passarono gli anni ed egli, prossimo a morire, dimenticò la cattiveria dei suoi concittadini e chiese che, alla sua morte, le sue ceneri fossero sparse nel foro di Taranto, perché l’oracolo gli aveva anche predetto:” Gli spartani vivranno per sempre in quella terra dove saranno sparse le tue ceneri.” I tarantini, commossi da tanto amore per la loro città, fecero come Fàlanto aveva chiesto e gli decretarono onori divini.
Dopo Fàlanto, i tarantini vissero un periodo di tranquillità in cui si dedicarono a consolidare la loro posizione, stringendo alleanze con i popoli vicini, ma poi, come sempre accade…