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Il giudizio universale

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“Cosa fai lì nel buio?”

“Niente, sto pensando.” “A che?” “A noi, a ciò che succede, a tutto... questi giorni faccio fatica a calmare il chiacchiericcio costante della mente.” “Dovresti provare a fare meditazione”, sorride. Sarcasmo, non ha mai creduto a queste cose. “Sì... è la fine del mondo questo?”

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Mi ricordo dal catechismo i quadri con gli angeli maestosi che suonano trombe con tanto pathos e gloria celeste che ti viene proprio la voglia di essere uno dei giudicati per assistere a questo strepitoso spettacolo.

“Ma che dici? Sei impazzita?” Ride. “Adesso ti sembra dura ma tra un po’ torneremo alla normalità. Vedrai, ne usciremo presto.” “Io non so più cosa sia normale... come saremo cambiati quando tutto finirà? Come sarà cambiato il mondo?”

“ [...] io vado a dormire. Anche tu non fare tardi. Buonanotte.” “Notte.”

Spengo il telefono e cerco di concentrarmi sulle sensazioni del corpo: il fiato che entra nei polmoni, la leggera tensione della schiena appoggiata sul materasso duro. Fisso il teatrino di luci ed ombre sul soffitto. Non si sentono trombe celesti ma solo l’opprimente silenzio di una città sventrata. Sento un cane abbaiare nella notte, lo scricchiolio del parquet dei vicini di sopra e poi, appena percepibile, un singhiozzo smorzato, inconsolabile.

Così finisce il mondo Così finisce il mondo Così finisce il mondo Non in un baccano ma in un piagnisteo.

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