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COMBATTERE L’ANSIA CON L’INTELLIGENZA EMOTIVA
Quante volte lo stress generato dal timore di fallire ci ha travolti sui banchi di scuola? Già dalle medie, l’ansia si rende protagonista della vita di ogni studente. Che tu sia più o meno capace, la paura di non riuscire a dare il meglio ti assale. Allora perché persone che hanno studiato meno di altre, rendono di più in ambito accademico?
Come suggerisce il noto psicologo D. GOLEMAN nel suo libro “L’intelligenza emotiva”, il cervello non ha valenza unicamente cognitiva; ma assume un significato ben più ampio che abbraccia anche le emozioni. L’intelligenza non è di fatto un’elaborazione fredda e metodica degli eventi; ciò che ci distingue da una macchina sono proprio quei sentimenti che noi tutti proviamo durante il corso della vita e che ci rendono “speciali”.
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La cosiddetta “intelligenza emotiva” è pertanto un insieme di capacità – che si possono identificare come “carattere” – le quali aiutano le persone a interagire armoniosamente nonché a dare “sapore” alla vita. Questa branca dell’intelligenza è la chiave del benessere psicologico, in quanto aiuta a gestire meglio le emozioni che a volte possono risultare incontrollabili. In tal senso, l’ansia e la paura sono quelle più temute perché incidono sulle prestazioni lavorative e/o scolastiche. Analizzando quanto accade durante la manifestazione di tali sentimenti, i neuropsichiatri hanno condotto importanti studi sul ruolo dell’amigdala – una parte del cervello che sembra in grado di scatenare reazioni impulsive e ansiose, oltre che essere la sede delle emozioni stesse. La paura, così come l’ansia, qualora inadeguate al contesto, possono innescare diverse reazioni all’interno dell’amigdala che, agendo in maniera tale da far prevalere i sentimenti sul pensiero, può condurci al più inevitabile dei fallimenti. Come tutte le indagini scientifiche anche quelle sull’amigdala riportano il concetto teorico all’osservanza della realtà. In numerose circostanze si è visto che l’angoscia si manifesta con sudorazione, tachicardia, nausea e tremori. Per quanto non sempre sia semplice riconoscerne le cause, i contraccolpi che l’ansia può avere sul rendimento di chi ne soffre sono però cosa quasi certa. Sicuramente, il pensiero costante di non essere mai abbastanza, così come l’impossibilità di guardare al domani sotto una luce migliore, non possono che condizionare negativamente quelle che sono le nostre azioni. Tale condizione può essere interpretata come una sorta di cicatrice emozionale, ovverosia un insieme di convinzioni alimentate dall’angoscia e solidificatesi nella mente. In generale, combattere l’inquietudine significa doversi
trovare a rare i conti con uno stato d’animo di continua preoccupazione e tensione mentale rispetto a una situazione futura percepita come tragica.
Concentrarsi sul risultato finale non può che alimentare la situazione di ansia ed è un’azione da evitare se la si vuole contrastare. Inevitabile, a tal punto, dedurre che l’ansia sia un nemico comune e difficile da debellare se non attraverso una “vaccinazione” psicologica.
Si potrebbe superarla, quindi, non pensando a dove si vuole arrivare, bensì concentrandosi sul processo per raggiungere l’obiettivo prefissato.
Alla base di ciò, vi sono una serie di pensieri, sotto forma di aspettative e credenze su sé stessi e sugli altri, i quali stimolano, mantengono ed amplificano, una reazione di fatto eccessiva e/o inappropriata rispetto alla situazione.
Il trattamento che si mostra maggiormente efficace nella cura dell’Ansia da Prestazione è la Terapia Cognitivo-Comportamentale che concentra la propria attenzione sui pensieri disfunzionali al fine di ottenere una loro ristrutturazione, ad esempio attraverso il dialogo socratico.
Alla luce di quanto spiegato, tutto sembra portare ad un’unica e impensabile conclusione: l’ansia, così come ogni altra emozione, è dettata dall’intelligenza.