Dicembre 2010

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Arte e cultura del milanese

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artMagazine

Michela Sala

D’annunzio segreto È il D'Annunzio Segreto quello che è stato messo in mostra al Vittoriale degli Italiani; è un incontro immediato con il Vate (Pescara 1863 – Gardone 1938) che ignora la scenografia da lui preferita e con la quale era solito accogliere gli ospiti. È un'occasione esclusiva per cogliere il rapporto che aveva con il proprio corpo. Decine di scarpe, una gran quantità di vestiti, vestaglie e cappotti, cappelli, biancheria e poi ancora abiti e calzature di sua proprietà e da lui disegnati per le sue donne. Nello spazio espositivo, in aggiunta alle grandi fotografie, sono sistemate una serie di bacheche che contengono gli oggetti più rari e preziosi: sono argenterie e ceramiche, gioielli, scritti e i collari per i suoi diletti cani. Tutti questi averi appartenuti al poeta sono raccolti e resi pubblici nel nuovo museo allestito all'interno della casa di Gardone Riviera, nel grande ed essenziale vano sottostante l'Anfiteatro. È interessante notare la raffinatezza e l'eleganza del bagaglio, per esempio il baule nécessaire per calzature è realizzato a più piani per contenere scarpe e stivali, oppure la biancheria tutta con le sue iniziali: le cifre non hanno sempre lo stesso carattere grafico, ma cercano addirittura di rifare la grafia del poeta che può essere definito anticipatore e arbitro del costume e del gusto italiano. Tantissimi sono gli oggetti che si trovano ancora nei magazzini di Gardone e che potrebbero in futuro, essere esposti magari in quell'immobile affacciato sul Canal Grande che accolse il poetasoldato durante la prima Guerra Mondiale. "L'immagine di D'Annunzio deve essere rinfrescata e rinnovata" ha detto Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale all'inaugurazione ed è suo desiderio portare la mostra a fare il giro del mondo fino a New York, ad Atene e a Tokio. A coronamento della festa per l'inaugurazione e a testimonianza di come Gabriele d'Annunzio desiderasse il Vittoriale, l'ingresso al museo è impreziosito da due nuove sculture, alte due metri, in bronzo – Il grande angelo e L'altro angelo - del maestro Ugo Riva, perché il luogo continui ad essere una Casa di pietre vive come aveva sognato il poeta e non un mausoleo.

presenta un codice che non conosce confini di tempo e spazio; per descrivere quell'universo fantastico che è dentro di lui usa simboli, stelle filanti, punti rossi e neri, occhi, uccelli accompagnati da vigorose pennellate per quei temi che spaziano dalle sue origini alla sessualità, dalle metamorfosi alla vita e alla morte. Fino alla fine del prossimo mese di gennaio Pisa dedica all'artista una mostra dal titolo Joan Miró I miti del Mediterraneo, curata da Claudia Beltramo Ceppi, con la collaborazione di Teresa Montaner conservatrice alla Fundació Miró di Barcellona - per narrare la sua lunga stagione d'interprete dell'arte del XX secolo conclusasi, a 90 anni, a Palma di Maiorca. Nell'esposizione toscana tutta la sua straordinaria parabola creativa è indagata nelle sue più ampie accezioni e simbologie: le centodieci opere esposte, tra le quali i grandi dipinti di 2,50x1,80 metri, le sculture, le litografie, i disegni e le illustrazioni di libri, sono accompagnate da testi scritti dallo stesso Miró. In mostra appare chiaro come il mito sia stato utilizzato per reclamare, nei primi anni del secolo, la specificità della sua terra quando la tragedia della guerra civile e il nuovo governo, sempre più autoritario, delimitavano gli orizzonti: per ritrovare un pò di speranza Miró traeva forza dal paesaggio, dalla luce, dalle montagne, dai campi lavorati e dalle spiagge brillanti sotto il sole. Il percorso espositivo inizia con alcune opere dedicate al mito di Dafne e Cloe e a quello di Minotauro. Il primo, con il suo interesse per l'aspetto agreste, esalta l'unione della terra alla forza umana mentre quello di Minotauro, evocato da litografie come L'éveil du géant e poi ripreso in anni successivi con la scultura Tête de taureau, oltre a rappresentare la relazione e l'interdipendenza fra l'uomo e la natura, simboleggia la bestialità e la violenza cieca dell'uomo durante gli anni di guerra.

dicembre2010 Anche durante la maturità Miró, sempre alla ricerca di pace interiore, ha continuato a proporre la realtà attraverso il mito e in mostra si trovano le illustrazioni per Costellations di André Breton, in cui la poesia si associa alla raffigurazione di uno spazio infinito dove linee, colori e forme si compongono e scompongono. Le serie Archipel Sauvage e L'espoir du navigateur fanno parte, insieme a altre importanti tele raramente esposte e agli haiku (testi poetici giapponesi) illustrati, di una sezione dedicata ai viaggi come evasione dal presente verso campi infiniti della mente. Chiudono il percorso espositivo le sezioni dedicate al mito della donna, della Madre Natura e dell'uccello mitologico. Qui s'incontrano lavori dai colori forti, le pennellate sono spesse con pesanti tracce di nero che esprimono la violenza del ciclo vitale e della natura. L'asprezza delle linee, la dilatazione dell'aria intorno alle figure deformate, sono il tentativo di allontanare i mostri che il mito porta sempre con sé.

Joan Mirò - I miti del mediterraneo Per trasformarsi in liriche d'idee pure il canto di Miró (1893-1983)

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Le opere sono visitabili on-line dal 2 al 31 dicembre

APERTURA 2 dicembre 2010

www.mdarte.it


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