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Organizzazione d’arte e cultura del milanese
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settembre09
mdArtisti
artMagazine
Paolo Massimo Ruggeri
Il ciclo del tempo La nuova installazione di Alessandro Papetti
"Sono nato a Cremona nel 1955, ma avrebbe potuto essere qualsiasi altro anno e luogo. Per anni ho continuato a dipingere tenui atmosfere rarefatte e stemperate, poi, come in uno scoppio, i miei quadri sono diventati spudorate e vivissime costruzioni di forme e di colori. Ed oggi non penso più che un mio quadro sia la rappresentazione della mia interiorità, ma che sia piuttosto un atto di creazione e non solo di creatività. La creazione di nuovi mondi. Una cosmogonia cromatica, dove la bellezza e l'arte non si legano alla fatica di vivere o alla dolce e malinconica impotenza esistenziale, ma gridano che c'è altro. Parlo della felicità. Ovviamente nella mia vita ci sono altre cose. Le cose migliori sono spesso indicibili: le raccontano meglio i miei quadri." Un caleidoscopio di colori intensi, di forme libere, opere di ampio respiro su grandi tele. Questa è la pittura di Paolo Massimo Ruggeri, nato a Cremona (1955), studi compiuti a Parma. Esperto ed affermato artista non ha mai cercato la visibilità delle mostre. Solo esposizioni di qualità e scelte, a Cortina D’Ampezzo, a Montecarlo, a S. Maria del Popolo a Roma, a Genova a Salsomaggiore e al Castello Estense di Ferrara, a Milano, a Nizza. “ Amo l’azzardo, il senso dell’armonia , l’equilibrio sottile e raffinato”spiega Ruggeri - “ da bambino mi piaceva disegnare, colorare, era il mio svago più che il gioco. Ero attratto dal mondo degli adulti.” Una sorta di precoce maturita”. L’autore dichiara assonanze agli spazi di Klimt o a certi colori carichi di Van Gogh. Le pitture ad olio, morbido e steso, di Paolo Massimo Ruggeri, su tele di grande formato sono dinamiche, vibranti di luminosità, fortemente espressive. Sono composizioni cosmiche, spazi liberi di forme e di colori, vivaci in tutte le tonalità cromatiche, sviluppate dall’autore in una sorta di partenogenesi della pittura, che si moltiplica incessantemente in forme aliene, istintive, autonome. Ruggeri quando crea s’impegna di non essere razionale. Le sue composizioni nascono d’istinto, non si tratta di pittura mentale, c’è una sorta di stacco dal pensiero. Energie di grafica informale , di spazi, di tinte, di composizioni forse ricorrenti. Lirismo, sogno, armonie, utopie che si combinano o contrastano. Accostamenti repentini di colori eclatanti che danno corpo a effetti molto definiti o sfumati. Idee, sensazioni, miti nella loro rappresentazione universale, non sempre definiti, che si muovono, non sono statici. Dimensioni universali che significano tutto ciò che l’osservatore riesce a vedere ed ognuno a proprio modo. Universi liberi o paralleli che s’incrociano. Gli opposti non sono tali, ma s’intersecano, si toccano come nella significativa opera “ Toccami”. Titoli magici alchemici fatati. Non c’è applicazione di prospettiva o di ombre nelle opere di Ruggeri. Esistono giochi di sovrapposizioni, suggestioni, stimoli iniziali, su cui si sviluppa la sintesi. Valori assoluti e primari degli elementi grammaticali della pittura: segno e colore. I quadri a grande formato di Ruggeri sono come porte aperte sul cosmo poetico e visionario, simbolo della sua arte. Ermanno Sagliani Non lascia indifferenti la creatività cosmogonica del cremonese Paolo Massimo Ruggeri dai toni cangianti, vivificati dalla rarefazione del segno e da utopie formali. La concezione ottimistica di “Truc aux plumes” e di "Petali in decollo" fonda un nuovo modo di concepire l’arte, approfondendo l’immagine fantastica con inconsueta stravaganza cromatica. Sabrina Falzone
Michela Sala
Per iniziare un dialogo dal quale scaturiscano nuove sensibilità si è pensato di collegare idealmente mostre contemporanee ad altre di arte antica o moderna: è il caso de Il ciclo del tempo di Papetti e Il tempo delle Ninfee di Monet in mostra a Milano fino al 27 settembre. Nella "corte interna" di Palazzo Reale è montata una tensostruttura per la messa in opera di un'istallazione formata da tre ambienti pittorici circolari nei quali il visitatore può entrare. Sono tre grandi cerchi dal diametro interno di otto metri ciascuno, dedicati uno all’Acqua, uno al Bosco e il terzo al Vento. Appena entrati si è avvolti dal colore, risucchiati dal vortice dell’aria o dallo sgocciolio dell'acqua. I colori sono cupi, profondi, tendenti al notturno e il gesto informale lascia sulla tela quelle tracce che hanno origine nell’anima. Ma quello che è determinante sono le visioni dilatate ben ventisei metri alte tre, per cui cadono quelle barriere che solitamente si frappongono tra l'osservatore e l'opera quando la realtà rimane presente.
mdArtisti in primo piano
VITO CARTA Realtà e Immaginazione
Le opere dell’Artista esposte alla De Agostini di Novara.
Presentati alla De Agostini i nuovi lavori dell’Artista.
L'artista, Alessandro Papetti (Milano 1958) pittore colto, amato da Giovanni Testori, capace di suscitare forti emozioni quando tratteggia personaggi e scene del nostro tempo, ha detto durante la presentazione dei suoi lavori alla stampa che l'idea di questo ciclo di dipinti circolari è nata alcuni anni fa per ripensare ed approfondire non solo la ricerca espressiva, ma anche la sua posizione e il suo atteggiamento nei confronti della pittura. Da questa riflessione è scaturita la necessità di non essere tradizionale, di dover estendere i limiti di una situazione spazio-temporale dove non esista un inizio e una fine, dove il gesto pittorico possa tratteggiare il principio e, nello stesso tempo, anche il punto terminale senza l'esistenza di un centro. I tre cerchi de Il ciclo del tempo rappresentano l'osservazione e l'emblema della cultura, racchiudono ciò che accade in alcuni momenti salienti della vita. All'Acqua, tradizionalmente in blu, è legata una sensazione anormale: mette in crisi lo spettatore gettandolo in una dimensione che non sembra far parte del reale, ma degli ambiti dell'inconscio e dello sgomento. Nel bagno notturno i corpi e i volti, dalle sembianze malinconiche un pò deboli, stanche e i connotati espressionisti, si rivelano poco più di una visione improvvisa. Tutte le tracce della natura e del paesaggio usuale sono sovvertite dal ripetuto susseguirsi dei tronchi nell'opera ispirata al Bosco. Qui la presenza umana appare quasi di corsa alla caccia di una via di fuga; ma è nel terzo cerchio che Papetti va alla ricerca di ciò che non ha peso e spessore: il Vento. È la sfida della rappresentazione di quello che non ha struttura, ma che viene percepito in tutta la sua intensità quando assale e riempie i vuoti con la sua energia. Qui tratteggia un solo personaggio in un territorio vuoto, dove tutto è spinto da una forza invisibile che invade e coinvolge. La pennellata veloce dell'artista descrive un mondo silenzioso, desertico, con il motivo costante di una luce livida. La scena è vuota, sembra ruotare sotto le raffiche, anche la città in lontananza perde la sua definizione sotto la pressione dell'aria che imperversa, quasi spostasse anche i pensieri sottesi nelle ombre nerastre del terreno.
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Le sei tavole, che rimarranno esposte in permanenza nella sede di Novara della De Agostini, rappresentano la sintesi evolutiva del lavoro dell’Artista milanese. Le tavole, di mt. 2x2,80, realizzate appositamente, sono il frutto di una tecnica che l’Artista utilizza per le fantastiche rappresentazioni d’immaginarie realtà. Quando le nuove tecniche permettono di rendere verosimili delle immagini irreali, ci troviamo in un campo simile a quello degli artisti surrealisti. In verità si tratta di un surrealismo rivisitato. Surrealista può anche voler dire "più vero di ciò che sempre la verità". Maria Vinci, nata a Palermo il 3 gennaio 1950, laureata nel 1979 in Medicina si è poi dedicata completamente all'arte, sperimentando diverse tecniche, tra le quali l'incisione, pur prediligendo la pittura ad olio. Avendo fatto della riservatezza e dell'isolamento il proprio stile di vita, in un'epoca in cui l'apparire e il comunicare sembrano comandamenti indispensabili per molti dei suoi colleghi, Maria ha scelto di vivere ed operare in una casa nascosta ai margini di Balestrate, quasi sospesa tra aspre epifanie fossili e dolcissimi estenuanti tramonti sul mare. Così anche la sua produzione, rarefatta e poco esibita, evita il rischio della ripetizione e della banalizzazione in cui quasi sempre si trasforma l'eccesso di comunicazione. Nelle sue opere, ogni tela e ogni segno hanno una loro storia da raccontare, sono il risultato di un percorso in cui la lentezza della stesura costituisce uno dei pregi maggiori da cogliere. "C'è il regno della fantasia e dell'immaginazione nelle sue invenzíoni realsurreali. La tecnica raffinata che risente dell'amore per i grandi maestri della píttura, consente all'artista di affrontare temi surreali o del tutto calati in un realismo dagli esiti luministici affascinanti." Pino Schifano "Sicuramente la sua arte, ricca di colori espressivi, possiede una sua autonomia di linguaggio che le consente di estrinsecare tutto il suo mondo fantastico ed affascinante". Domenico Zora "La sua pittura non è gridata ed esibita a tutti i costi, né invadente.La brama di comunicazione non travolge né la sua vena artistica né le sue creazioni pittoriche. La sua opera non appare immediata, anzí rifiuta ogni forma di immediatezza. La sua è una tecnica che potremmo definíre riflessiva. I suoi dipinti comunicano una complessità che è frutto di un percorso e di una storia che "si fanno" lentamente, dunque né facili, né rapidi. Anima creativa allora, quella di Maria Vinci, che modella le immagini nel tempo, e la lentezza appunto è l’aspetto più significativo della sua pittura." Eveline Magaddino