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INNOVAZIONE DIGITALE DIGITALIZZAZIONE: SI PUÒ DARE DI PIÙ
UN MOMENTO DELLA GIORNATA INAUGURALE DELLA FIERA INTERNAZIONALE A&T – AUTOMATION & TESTING DI TORINO, IN CUI È STATA PRESENTATA L’INDAGINE DELL’OSSERVATORIO INNOVAZIONE DIGITALE FOCALIZZATA SULLE PMI.
DIGITALIZZAZIONE: SI PUÒ DARE DI PIÙ
SECONDO UN’INDAGINE DEL POLITECNICO DI MILANO, PRESSO LE PMI ITALIANE NON SI È ANCORA MANIFESTATA UNA REALE VOLONTÀ DI INNOVAZIONE IN AMBITO DIGITALE. LE PREVISIONI DI INVESTIMENTO IN PROCESSI DIGITALI NEL 2020 PARLANO DI STAGNAZIONE E IN ALCUNI CASI ANCHE DI CONTRAZIONE, CONFERMANDO UNA VISIONE DI SVILUPPO IN OTTICA 4.0 ANCORA LIMITATA, RICONDUCIBILE ALL’ORIENTAMENTO A GUARDARE PIÙ AL BREVE CHE AL MEDIO E LUNGO TERMINE.
DI MAURO MURERO
LA CARATTERISTICA PRINCIPALE DELLE SCOMMESSE È CHE... SI POSSONO VINCERE, MA SI POSSONO ANCHE PERDERE. È UNA CONSIDERAZIONE APPARENTEMENTE BANALE MA COMUNQUE INCONFUTABILE E, SE APPLICATA ALL’AMBITO ECONOMICO, FINANZIARIO E PRODUTTIVO, SI TRADUCE IN UN CONCETTO CHE È A SUA VOLTA UN DATO DI FATTO: QUANDO SI PRESENTA UN’OPPORTUNITÀ, O SI È DISPOSTI A CORRERE ANCHE DEI RISCHI PER RIUSCIRE A COGLIERLA O CI SI RASSEGNA A NON TENERE IL PASSO CON L’AVANGUARDIA DEL MERCATO.
Tale presupposto è applicabile anche alle evidenze principali emerse dalla recente analisi di un campione rappresentativo delle circa 200.000 piccole e medie imprese italiane, svolta dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano. Dal report, aggiornato alla fine del 2019, emerge infatti un quadro piuttosto allarmante in riferimento a quel processo di digitalizzazione dell’industria italiana che, sotto certi punti di vista, può essere definito proprio come una ‘scommessa’ la cui posta in palio è nientemeno che il futuro del Sistema Paese: l’88% degli imprenditori considera le innovazioni digitali come necessarie per lo sviluppo del proprio business, ma solo il 26% dimostra di avere una maturità adeguata per poter competere sui mercati globali. Quella che sembra mancare è una reale volontà di innovare: per la maggior parte delle PMI, nel 2020 le previsioni di investimento in digitale appaiono invariate, se non addirittura ridimensionate, rispetto all’anno precedente, a conferma di una visione strategica che gli autori del rapporto, sulla base dei dati emersi, ritengono giustamente limitata.
PRESSO LA LOCATION OVAL LINGOTTO DEL CAPOLUOGO PIEMONTESE, LA FIERA A&T HA
OSPITATO OLTRE 400 ESPOSITORI ITALIANI E
INTERNAZIONALI, ESPRESSIONE MASSIMA DELL’INNOVAZIONE E DELLE TECNOLOGIE INDUSTRIALI.
Le persistenti difficoltà, da parte delle aziende, a dare un ‘giro di vite’ decisivo e irreversibile alle loro strategie e un impulso rilevante agli investimenti in digitalizzazione sono essenzialmente motivate da una vision temporale che guarda più al breve che al medio e lungo termine, nonché da una serie di fattori ritenuti frenanti (costi di acquisto delle tecnologie troppo elevati, mancanza di competenze e di cultura digitale, scarso supporto da parte delle istituzioni) e su cui ci soffermeremo più dettagliatamente fra poco. In sostanza, la sintesi dello stato dell’arte del fenomeno in esame è che le cose vanno… ‘bene, ma non benissimo’: è così, con una voluta semplificazione, che è stata definita l’attuale relazione tra il mondo delle piccole e medie imprese italiane e i processi di innovazione e digitalizzazione 4.0 in occasione dell’ultima Fiera Internazionale A&T – Automation & Testing di Torino. Nella giornata inaugurale è stata presentata in anteprima l’indagine dell’Osservatorio Innovazione Digitale, condotta su un campione di circa 1.500 imprese e focalizzata, come già accennato, sulla maturità digitale del tessuto produttivo italiano.
VISION SUL BREVE TERMINE: UN ERRORE DA CORREGGERE Partendo dal presupposto che le aziende con un numero di addetti tra i 10 e i 249 rappresentano solo il 5% del totale delle imprese italiane ma, al contempo, generano da sole il 41% dell’intero fatturato del Paese, una bassa propensione delle stesse al 4.0 impatta ovviamente in modo significativo sull’economia locale e sulla competitività internazionale. In quest’ottica, dall’analisi emergono dati davvero poco confortanti: solo un quarto o poco più delle piccole e medie imprese italiane si dichiara in grado di sfidare i mercati mondiali potendo contare su tecnologie avanzate e processi produttivi digitalizzati.
Ma quali sono, più specificamente, i freni che oggi come oggi ostacolano lo sviluppo tecnologico delle PMI italiane? A parere di Giorgia Sali, Ricercatrice Senior dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano e curatrice della ricerca, “manca la reale volontà di innovare da parte degli imprenditori italiani. Le previsioni di investimento in processi digitali nel 2020 parlano di stagnazione e in alcuni casi anche di contrazione rispetto all’anno appena trascorso, confermando una visione di sviluppo in ottica 4.0 ancora troppo timida. La reticenza nell’allocare investimenti in digitalizzazione è spiegata da un lato da una visione imprenditoriale che guarda più al breve che al medio lungo termine, dall’altro dalla presenza di alcuni elementi di freno quali i costi di acquisto dei servizi digitali percepiti come troppo elevati (27%), la mancanza di competenze e di cultura digitale nell’organizzazione (24%), lo scarso supporto da parte delle istituzioni (11%). Su quest’ultimo punto si riscontra anche una scarsa conoscenza degli incentivi messi in campo dal Governo, in particolare nel Centro e Sud Italia: si è rilevato, ad esempio, che il 68% degli imprenditori non è aggiornato sui ‘voucher consulenza in innovazione’ promossi dal Ministero per lo Sviluppo Economico”. In altre parole, appare quanto mai necessario ‘crederci’ e provare a ‘dare di più’, investendo in tecnologie e in risorse umane. A tal proposito la ricerca ha messo in luce un altro punto cruciale legato allo sviluppo tecnologico delle PMI italiane, ovvero quello delle competenze. Per il 44% delle aziende medio-piccole il presidio delle aree ICT e Digital è del Responsabile IT, il quale, nella maggioranza dei casi, è impiegato a gestire attività non realmente innovative, bensì di manutenzione ordinaria dei sistemi informatici. Solo nel 20% dei casi è presente negli stabilimenti un Innovation Manager che porta avanti le attività legate a percorsi di innovazione, di prodotto e di interi processi aziendali. Il 18% delle PMI ha invece una figura dedicata a uno specifico ambito del digitale o a un singolo processo, ad esempio un responsabile della sicurezza informatica, un eCommerce Manager oppure un Data Scientist, senza però avere un presidio generale che coordini le progettualità in maniera centralizzata. Infine, il 18% non ha alcuna figura dedicata. Siamo quindi davanti a un eccessivo frazionamento delle competenze e dei ruoli che operano all’interno dei processi tecnologici delle imprese; in molti casi, tra l’altro, servizi e opportunità digitali strategici in termini di competitività (ad esempio l’e-commerce, il CRM, le piattaforme web) vengono abitualmente esternalizzati. La scelta dell’outsourcing deriva dalla difficoltà di acquisire competenze ad hoc in azienda, dalla ciclicità delle progettualità digitali (soprattutto in caso di sviluppo di una nuova piattaforma) e dai costi legati all’aggiornamento e alla formazione delle risorse dedicate. Coerentemente, sono ancora poche le realtà in cui sono presenti iniziative di formazione strategica su tematiche digitali: la maggior parte delle aziende punta su attività ‘informali’, nel senso che demanda all’iniziativa del singolo la scelta di formarsi sui temi in oggetto, o su semplici campagne di sensi
A SINISTRA, LUCIANO MALGAROLI, CEO DELLA FIERA A&T; A DESTRA, PAOLA PISANO, MINISTRO PER L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA E LA DIGITALIZZAZIONE.
bilizzazione. A titolo di esempio, nel 2019 il 41% del campione ha investito sulla formazione di base relativa all’analisi dei dati e il 65% ha svolto attività di sensibilizzazione (dall’invio di newsletter informative alla fruizione di corsi verticali) su tematiche legate alla cybersecurity. Ancora, il 28% delle piccole e medie imprese italiane svolge analisi di dati in maniera strutturata, ma meno del 10% punta su analisi avanzate sfruttando i big data, valore che evidenzia uno spiccato e amaro divario rispetto all’atteggiamento mediamente assunto dalle PMI europee.
IL FATTORE SICUREZZA Per quanto concerne l’utilizzo dei sistemi in Cloud Computing per lo storage delle informazioni aziendali, i numeri crescono se si parla di grandi imprese ma non decollano tra le medie e piccole, visto che solo il 30% di esse utilizza queste tecnologie. Il principale ostacolo, in quest’ambito, riguarda le preoccupazioni sulla sicurezza dei dati e delle applicazioni, una resistenza culturale difficile da superare. Ed ecco un altro dato che l’Osservatorio non esita a definire ‘veramente preoccupante’: il 61% dei piccoli imprenditori non ha mai sentito parlare di soluzioni di Internet of Things per l’Industria 4.0 (una percentuale, in effetti, che appare davvero deludente) e coloro che hanno provato a investire su questo asset (assolutamente centrale per aumentare l’efficienza dei processi) mantengono un certo scetticismo, causato da una difficoltà oggettiva nel misurare nel breve periodo il ritorno degli investimenti effettuati. Va anche sottolineato che nell’area geografica del Nord-Ovest, dove risiede il 32% delle PMI, esiste un maggior livello di maturità digitale relativa a specifici processi interni (è ad esempio più elevato che in altre aree il grado di adozione di sistemi gestionali e di tecnologie IoT), ma se si guarda in direzione di un reale processo di innovazione a 360° i dati continuano a essere preoccupanti: il 13% non ha alcuna figura che si occupi delle tematiche ICT e digital, il 32% non adotta soluzioni di cybersecurity, il 20% non ha nemmeno un sito web! “Secondo il nostro osservatorio di fiera specializzata”, sottolinea Luciano Malgaroli, CEO della Fiera A&T, “oltre sette PMI italiane su dieci sono consapevoli del fatto che occorre investire in innovazione e digitalizzazione per affrontare le sfide della competitività globale. Gli imprenditori hanno ben presente che serve una strategia industriale inclusiva, che consideri l’innovazione centrale in tutto il processo produttivo. Occorre aprirsi alle nuove tecnologie, investire in formazione, sdoganarsi da visioni soggettive di breve periodo e scegliere sistemi innovativi abilitanti di medio e lungo termine. In sostanza non solo è necessaria un’agenda industriale che spazzi via la paura degli imprenditori e consegni al Paese un asset produttivo coraggioso e innovativo: bisogna anche fare chiarezza e raccontare ‘cosa e come fare’ concretamente, per permettere a chi guida o gestisce un’azienda di investire in modo oculato e corretto e di comprendere quali tecnologie servono realmente. In A&T è questo che desideriamo offrire ai nostri visitatori: aiutarli a capire come innovare, con quali tecnologie e attraverso quali competenze”. In chiusura ricordiamo, in sintesi, che la 14° edizione della Fiera A&T Automation & Testing (alla cui cerimonia di chiusura era presente anche Paola Pisano, Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione) ha ospitato a Torino oltre 400 espositori italiani e internazionali, espressione massima dell’innovazione e delle tecnologie industriali. Fra le novità del 2020 spicca ad esempio Spark-up, iniziativa ideata da A&T e dedicata alle migliori start-up e spin-off rivolte al mercato industriale in ottica 4.0. I rappresentanti di tredici di esse hanno potuto presentare progetti, servizi e prodotti innovativi direttamente ai decisori aziendali e agli investitori: un’opportunità offerta alle giovani imprese per farsi conoscere sul mercato manifatturiero italiano e globale. MK
PMI ITALIANE: A CHI È AFFIDATO IL PRESIDIO DELLE AREE ICT E DIGITAL 44% dei casi: al Responsabile IT 20% dei casi: all’Innovation Manager 18% dei casi: a una figura dedicata a uno specifico ambito o a un singolo processo (esempi: eCommerce Manager, Data Scientist) 18% dei casi: l’azienda non ha alcuna figura dedicata