Gli Angeli della Pietà intorno a Giovanni Bellini

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RIMINI MUSEO DELLA CITTA’

19 agosto · 4 novembre 2012

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INGRESSO LIBERO

con il contributo


“Gli Angeli della Pietà”, questo è il titolo dell’esposizione incentrata sul capolavoro riminese del più grande pittore veneziano del Quattrocento: Giovanni Bellini (Rimini, Museo della Città, dal 19 agosto al 4 novembre). Chiunque si trovi davanti al quadro di Bellini non può che restare ammaliato dalla sua bellezza. Ma in cosa consiste questa bellezza? Certamente un aspetto importante è la sua altissima qualità pittorica, cui si aggiunge la verità del suo significato iconografico e religioso. Bellini evidentemente affrontò un soggetto a lui caro con la consapevolezza di compiere, stavolta più di altre, un radicale affondo religioso. Lo si deduce dal fatto che il Cristo morto compare al centro del quadro sorretto da quattro angeli che sono diversi dai soliti angeli della Passione. Ciò rappresenta un’anomalia rispetto all’iconografia tradizionale, derivata da quella dell’“Uomo dei dolori”, ovvero del Basileus tes doxes, il Re della Gloria, e diffusa in occidente - nel XV secolo - tramite le sculture di Donatello. Di solito Cristo viene raffigurato da solo, o al massimo sostenuto da due angeli, ed è rappresentato con la corona di spine e con le mani conserte trafitte dai chiodi. E’ evidente che Bellini ha qui voluto sottolineare la presenza angelica in modo più intenso e articolato. Cosa voleva trasmettere? Le interpretazioni sono varie e non tutte attendibili. Va però sottolineato che i testi sacri tacciono su questo particolare momento della Passione. Tra quelle più convincenti spicca quella che sottolinea l’analogia tra il gesto di un angelo che sostiene o solleva il corpo morto di Cristo, compiendo un atto simile all’elevazione dell’ostia; in tal senso l’interpretazione è che si tratti di un Cristo eucaristico, probabilmente collegato a una antica liturgia. Secondo altri studiosi gli angeli stanno preparando il corpo del Salvatore alla Risurrezione. E’ un’ipotesi di grande fascino, che però non ha trovato finora elementi di sostegno teoretico. Ma in occasione della mostra di Rimini viene avanzata una nuova ipotesi avvalorata da profonde basi teologiche. L’interpretazione è connessa con l’atteggiamento dei quattro angeli: le loro espressioni, infatti, sono sospese tra la meditazione, la contemplazione e lo stupore. Nel dipinto di Giovanni Bellini “potrebbe essere presente in filigrana un tema classico della liturgia bizantina, anche se riletto alla occidentale, quello dello stupore-sbigottimento angelico di fronte alla passione del Logos divino” (Paolo Prosperi).

Francesco Raibolini (detto “Francia”) (Bologna, 1447 ca. | 1517)

Cristo morto in Pietà fra due angeli 1490 | olio su tavola | Bologna, Pinacoteca Nazionale In origine la tavola era collocata nella chiesa di Santa Maria della Misericordia a Bologna. Il Cristo morto, seduto su un sarcofago classico e sostenuto da due angeli fanciulli, si staglia su un fondo scuro che riprende l’invenzione di Giovanni Bellini nel capolavoro di Rimini, a sua volta forse ispirata alla pittura vascolare antica.

Forse il significato fondamentale degli angeli è che essi esprimono la traduzione occidentale del tema dello stupore angelico, che diventa una quasi infantile, tra il timoroso e l’attratto, curiosità, la curiosità aristotelica del filosofo che si chiede il senso di ciò che vede per la prima volta. Da notare che l’angelo a sinistra ha le braccia incrociate ed è quasi immobile, anche se è tutt’altro che distratto. Quello di destra “non solo tiene la mano di Gesù, ma soprattutto guarda la piaga”. La loro controllata trepidazione - in qualche misura - rispecchia proprio lo “stupore di fronte all’evento inaspettato e incomprensibile della morte di Cristo” e della sua umiliazione.

Nel percorso della mostra sono presenti alcune opere che, affiancate a questo capolavoro, aiutano a comprendere la fortuna del soggetto: la Pietà di Marco Zoppo (dai Musei Civici di Pesaro) e quelle di Francesco Francia (dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna) e Bartolomeo Bellano, quest’ultima modellata nella cartapesta (Faenza, Pinacoteca Comunale), ma anche una medaglia di Matteo de’ Pasti, scultore che lavorò per Sigismondo Pandolfo nel Tempio Malatestiano di Rimini intorno al 1450, e quindi operoso nello stesso ambiente che, nel giro di due decenni, accoglierà il Cristo morto con quattro angeli di Giovanni Bellini.


Giovanni Bellini (attribuito) (Venezia, 1438 ca. | 1516)

Cristo morto con quattro angeli 1475 ca. | tempera e olio su tavola | Rimini, Museo della Città La prima notizia documentaria che abbiamo di una “tabulam depictam manu Johannis Bellini in qua est depicta imago domini nostri Iesu Christi Salvatoris mortui et sublati de cruce in formam pietatis” è del 17 febbraio 1499 e la dice collocata nella chiesa di sant’Antonio facente parte dell’allora complesso di edifici pertinenti al Tempio Malatestiano riminese (Campana 1962). E’ il testamento del giureconsulto Rainerio di Ludovico Migliorati, consigliere di Pandolfo di Roberto Malatesta, che la intende legare all’altare del proprio sepolcro. Questa la prima collocazione presunta della tavola in parola, nonostante si tratti di un’opera eseguita più di vent’anni prima, intorno al 1475.

Matteo de’ Pasti

Vasari la ricorda, come dipinta da Bellini per Sigismondo Malatesta e questo circoscriverebbe l’esecuzione entro il 1468, anno di morte di Sigismondo, ma la maturità aulica della composizione e la cifra classica delle forme fisiche non sono compatibili con una data così precoce. Si può dire che gran parte degli studiosi concordino per una prossimità stilistica alla pala pesarese (realizzata tra il 1471 e il 1475). Più ancora della magnifica e sontuosa “Incoronazione” di Pesaro, l’opera riminese si affianca ai modi della “Santa Giustina” del Museo Bagatti Valsecchi e al “Ritratto di Giovinetto” di Birmingham, che insistono sulle medesime cronologie e che prestano confronti fisionomici alle figure degli angioletti. E’ l’apparente distrazione di questi giovani angeli a restare un unicum in tutta la produzione del Bellini. Ognuno sembra impegnato a ripassare con la mente la propria parte nell’attesa di un momento liturgico.

(Verona, 1420 ca. | Rimini, 1467-1468)

D/ Cristo rivolto a sinistra con manto e nimbo R/ Cristo a mezzo busto nel sepolcro davanti alla croce

con due angeli uno dei quali gli sorregge la testa, mentre l’altro piange levando le braccia.

1455·1460 | bronzo fuso | Collezione privata Matteo de’ Pasti lavorò per Sigismondo Pandolfo nel Tempio Malatestiano intorno al 1450. La somiglianza tra alcuni bassorilievi nella seconda cappella di destra e i due angeli che sorreggono il corpo morto di Cristo, al rovescio della medaglia, consente di stringere rapporti anche con il dipinto riminese di Giovanni Bellini, donato nel 1499 alla chiesa di Sant’Antonio Abate, un tempo situata nei pressi del Tempio.

Marco Zoppo

(Cento, 1433 | Venezia, 1478)

Bartolomeo Bellano (attribuito) (Padova, 1437? | post 1496?)

Cristo morto tra due angeli

Cristo in Pietà e tre angeli

1471 | tempera su tavola | Pesaro, Musei Civici

anni sessanta-settanta del XV secolo cartapesta su supporto ligneo con rinforzi in tela Faenza, Pinacoteca Comunale di Arte Antica e Moderna

La resa scultorea delle figure attesta la formazione di Marco Zoppo nella bottega di Donatello a Padova. La tavola è riconosciuta quale cimasa della grande “macchina” che il pittore consegnò nel 1471 alla chiesa pesarese di San Giovanni Battista dell’Osservanza. Pochi anni dopo Giovanni Bellini, sempre a Pesaro, realizzerà un altro polittico, mentre a Rimini affronterà, in modo del tutto nuovo rispetto a questo, il tema del Cristo morto sorretto dagli angeli.

Si conoscono pochi esemplari che, al pari di questo, sono realizzati in cartapesta. Il patetismo della scena è reso attraverso l’espressione dolente degli angeli, uno dei quali costituisce il vertice della composizione, al centro dietro al Cristo. Ancora una volta il modello è Donatello, maestro di Bartolomeo Bellano a cui è attribuita questa opera.


Giovanni Bellini (attribuito) (Venezia, 1438 ca. | 1516)

Testa di San Giovanni Battista 1465 ca. | tempera su tavola | Pesaro, Musei Civici Ormai generalmente ritenuto parte dello stesso polittico che comprendeva anche la Pietà dei Musei Civici di Pesaro, la Testa del Battista è invece un’opera a sé stante, la cui provenienza risale a un dono dei duchi di Urbino alla chiesa di San Giovanni Battista di Pesaro. Per quanto riguarda l’attribuzione, l’altissima qualità del tondo (che si nota soprattutto nella finissima descrizione dei dettagli del volto, dalla barba ai capelli), nonché alcuni confronti stilistici pertinenti consentono di recuperare, sia pur con una certa prudenza, l’antica proposta di Roberto Longhi di ascriverla alla mano di Giovanni Bellini, in luogo di quella di Marco Zoppo.

ORARI: dal 19 al 25 agosto 2012 tutti i giorni: 10·23 dal 26 al 31 agosto 2012 da martedì a sabato: 14·23 | domenica: 17·23 martedì e giovedì: anche 10·12,30 | lunedì chiuso dal 1° settembre 2012 da martedì a sabato: 8.30·13 • 16·19 domenica e festivi: 10·12.30 • 15·19 lunedì non festivi chiuso

INGRESSO LIBERO INFO: Museo della Città via L. Tonini, 1 47921 Rimini tel 0541 793851 www.museicomunalirimini.it


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