ANNO 21 Numero Sei Venerdì
MEETING
PRIMO PIANO MARE NOSTRUM Partecipano: Gian Carlo Blangiardo, Università degli Studi di Milano-Bicocca; Michele Emiliano, sindaco di Bari; Roberto Maroni, ministro dell’Interno. Introduce Robi Ronza, giornalista. Salone B7 VOLONTARIATO E SVILUPPO INTERNAZIONALE Partecipano: Alberto Piatti, Avsi; S. Em. Cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum. Introduce Roberto Fontolan, Comunione e Liberazione. Sala A3
11.15
O N A I D I T O U Q
26
15.00
AGOSTO
Dalla Libia al Meeting pag. 4
LA SFIDA DEL NORD AFRICA: CONCILIARE STABILITÀ E DIRITTI Partecipano: Tarak Ben Ammar, produttore cinematografico; Wael Farouq, Università Americana del Cairo; Franco Frattini, ministro italiano degli Affari Esteri; Antonella Mularoni, Repubblica di San Marino. Introduce Roberto Fontolan, Comunione e Liberazione. Auditorium B7 LA PENULTIMA CENA Monologo storico-comicogastronomico di e con Paolo Cevoli Arena D3 Ingresso a pagamento
17.00
21.45
2011
La manager umile pag. 3
PRIMO PIANO
La politica secondo Marcos pag. 7
La certezza non illude Il filosofo francese Fabrice Hadjadj al termine della lezione tenuta ieri.
Il senso di Dio e l’uomo postmoderno el pomeriggio di Rimini Fabrice Hadjadj pareva Gesù nel tempio. In un’ora scarsa, e di fronte a migliaia di persone, il filosofo ha semplicemente fatto a pezzi gli idoli di cui viviamo. Ha decostruito una dopo l’altra le «puerili arlecchinate» (così le chiamava Pasternak) della postmodernità, e le tre forme del postumanesimo che hanno preso il posto, nell’analisi del più sfavillante e carnale dei filosofi viventi, di comunismo e capitalismo. Sono il tecnicismo, l’ecologi-
N
smo e un fondamentalismo definito con perfezione luminosa: «L’importante è che ci si disimpegni dall’umano e dallo storico nella loro inventiva culturale e politica». Se alle grandi ideologie si può sempre assegnare un ruolo di sfondo lontano rispetto alle solite grane, con Hadjadj non si scappa. Denuncia mostri che abitano il quotidiano, tanto che nessuno si alza durante la tesissima lezione, compresi i tanti stranieri con le cuffie in testa. Per questo il suo percorso ardito è lo specchio di quello che il Meeting compie e suggerisce a chi ci passa. Non c’è spazio per una rispettabilissima apologetica che ripeta una lezione giusta. L’incontro non è con gente che condivide un’idea della vita. La proposta cristiana come avvenimento smuove il mondo e genera possibilità di
dialogo su cui è perfino facile agitare l’ombra del sospetto, ma si gioca su un esclusivo terreno di convenienza umana, impossibile da inscatolare nei recinti dei buoni e dei cattivi. Se Hadjadj cita Giussani (e il punto non è certo la citazione) non è per compiacere la platea né perché convinto sia moralmente necessario essere bravi cristiani. Ci arriva come esito della delusione masticata dopo il credito concesso al pensiero di questi che ha chiamato «tempi della sparizione annunciata». Clara Gaymard, figlia del più grande genetista del XX secolo, non diventa capo di General Electric e madre di nove figli per ossequioso omaggio a un papà in via di beatificazione. I profughi libici approdati al Meeting non si sentono abbracciati appena
perché a casa loro si sta peggio. Non a caso l’arcivescovo di Mosca, ieri in Fiera, dice così: «La fede è l’unica cosa che si possa offrire all’uomo di oggi». La sola possibilità reale per cui in questa settimana, nel limite solare di tutto ciò che è umano, si può vedere una certezza in atto è la scoperta di un cammino condivisibile perché buono e gustoso. Un metodo percorribile alla semplice, difficile condizione di uno sguardo appassionato alla propria pericolante umanità. Il resto, sono solo preliminari. O preparativi, come li chiamava – citando ancora Pasternak – Hadjadj: «L’uomo nasce per vivere, non per prepararsi alla vita. E la vita stessa, il fenomeno della vita, il dono della vita, sono così affascinanti, così serie! Perché barattarle con fughe da scolaretti?».
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26 agosto In primo piano, il filosofo francese Fabrice Hadjadj, protagonista ieri di due appuntamenti al Meeting: la presentazione del libro di Lorenzo Leuzzi con i grandi discorsi di Benedetto XVI e l’incontro delle 17 intitolato «L’inevitabile certezza: riflessione sulla modernità».
«Se anche mi confermassero che nel dicembre 2012 ci sarà veramente la fine del mondo, ciò non mi impedirebbe di avere un figlio in novembre, e di scrivere poesie, e di piantare un albero, perché non faccio queste cose solo per l’avvenire terreno, le faccio perché è già partecipare alla vita eterna». Le parole di Fabrice Hadjadj riassumono perfettamente il senso dell’incontro che il filosofo e scrittore francese, introdotto da Stefano Alberto, ha tenuto ieri a Rimini. Non serve altro per descrivere una vita accettata come dono, ovvero come dramma, e quindi certa. Cosa può spingere un uomo ad affermare l’immortalità dell’istante presente nell’imminenza della morte? È follia? Non sarebbe più logico abbandonarsi al dubbio, alle incertezze, al divertimento, alle distrazioni? Una certezza, dice Hadjadj, qualcosa che «fa paura e non è alla moda, ma che è inevitabile e immensa». Inevitabile perché, se anche vogliamo evitarla, non possiamo farlo. Ma inevitabile anche perché non è frutto di un sentimento interiore, non la produciamo noi. La certezza è un’evidenza, «qualcosa che non abbiamo deciso noi, qualcosa che ci è dato e che spacca gli occhi, che viene per ferirci e sconvolgere i nostri piani». E poi immensa perché «sfugge al nostro potere», non è sotto il nostro ossessivo monitoraggio. Essere certi non significa essere sicuri, avere il controllo di quel che ci circonda: significa stare di fronte a qualcosa che apre una breccia nella nostra vita ed è tanto imponente che «spacca gli occhi». Tutto questo è scomodo e ci lacera. Noi, abituati ad afferrare tutto, non possiamo prendercela, non ce la guadagniamo da noi la certezza, ma è lei che prende noi. Starci di fronte significa fare i conti con le incertezze, i dubbi e le contraddizioni che costellano la nostra vita, col dramma della morte. Questo spaventa e proprio per questo nella storia spiccano gli esempi di guru che hanno offerto certezze subito e a poco prezzo, la possibilità di «costruire in terra il paradiso della giustizia e della pace». Basta citare comunismo, nazismo e progressismo. Ma non è finita. Il fallimento delle promesse della modernità e il bilancio dei suoi stermini hanno dato
HADJADJ La caduta degli dèi che hanno fallito Il filosofo francese smaschera i «venditori» di sicurezze a poco prezzo: «Se si vuole salvare l’uomo non resta che la speranza teologale» vita alla nostra epoca, la postmodernità, culla di incertezze e generatrice di aspiranti “aggiustatutto”: il tecnicismo, l’ecologismo e il fondamentalismo. Il primo vuole «costruire il superuomo», immune a tutto e capace di tutto; il secondo aspira ad «un ritorno al primitivo in cui l’uomo viene completamente assorbito nel ciclo della natura»; il terzo agisce in nome di un dio che schiaccia l’uomo. «Di fronte alla dislocazione postmoderna – spiega Hadjadj –, qualunque uomo sensato, se anche fosse miscre-
dente, è obbligato a riconoscere l’ammirevole equilibrio della Rivelazione di Dio nel Logos incarnato. Se si vuole salvare l’uomo non resta che la speranza teologale».
«La certezza è qualcosa che non abbiamo deciso noi e che spacca gli occhi»
L’uomo deve riconoscere che è donato e chiamato a una grandezza e che «non può raggiungere la certezza, la speranza, con un’ideologia. Lo aveva capito don Giussani: il cristianesimo non è un’adesione sociologica né un intruppamento. Bisogna partire dall’esperienza, cioè dall’esistenza». È da lì, dall’esperienza, ovvero dall’evidenza dell’esistenza, che nasce la certezza, non da utopici mondi eterei o dalla soppressione di ogni incertezza: «Eccola l’immensa certezza. C’è qualcosa e non niente. Bisogna ripartire da questa cer-
tezza della vita presente. Io sono, ma non mi sono dato l’esistenza da me stesso. Ho ricevuto l’esistenza da un altro. E l’ho ricevuta per darla a un altro». La vera grande certezza è che senza chiederlo la vita mi è stata donata e quando capisco questo, che la mia vita è un dono che è stato fatto proprio a me, «mi accorgo anche che è un dramma perché l’esistenza non è solo ricettività ma offerta. Chi ci ha dato la vita ci vuole come cooperatori». Cooperatori significa che siamo chiamati ad attraversare l’oscurità che ci circonda, a «scendere tra quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte» forti di questa certezza. Per questo, oltre che inevitabile e immensa, la certezza si può definire anche «apocalittica» cioè che ha a che fare con la rivelazione. «Non ci resta che questo – conclude Hadjadj – ed è ben più grande dei nostri bei sogni devastati: un’immensa ed inevitabile certezza di apocalisse, la novità di una vita feconda che apre cammini nuovi nella strada senza uscita, che manifesta la gloria attraverso la croce, che porta una rivelazione fin nel cuore della catastrofe». Laura Bertoli
La tragedia di Oslo e la nuova Europa Chi fa politica deve essere capace di prendere sul serio il proprio desiderio di infinito di MARIO MAURO «La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere “superato”». Da questa frase, di Albert Einstein del 1931 vorrei partire. Un auspicio che deve trasformarsi in un’immensa certezza. Che crisi sta attraversando l’Europa? Sicuramente una crisi economica, con parecchi Stati che navigano a vista rischiando di naufragare se lasciati soli ad affrontare gli errori del passato e le storture di un sistema ancora troppo fragile. A una crisi sistemica si reagisce contribuendo a migliorare il sistema. L'Unione europea come è oggi concepita e organizzata è inadeguata a provvedere le possibili soluzioni ed è allo stesso tempo inelut-
tabile come sola piattaforma politica in grado di mettere mano ai problemi. Passare dall’Unione europea agli Stati Uniti d’Europa, cioè dare nuova consistenza politica ai passaggi chiave della moneta e del mercato comune, ipotizzando più forte convergenza su politiche della crescita e dei sistemi di welfare che aiutino a sostenere la ripresa. Non è però solo un problema di soldi. La tragedia di Oslo, sebbene opera di un folle accecato dall’ideologia, ha permesso a tutti i cittadini europei di fermarsi e interrogarsi su quale sia la certezza dalla quale ripartire senza paura. Cosa può fare la politica? Molti sono concordi nel dire che la crisi è prima di tutto antropologica e che l’alternativa ai bisogni dell’uomo non è la politica. Questo non vuole dire che la politica non debba avere un ruolo, che non sia uno strumento a disposizione del desiderio dell’uomo. Chi fa politica deve essere capace di prendere sul serio il proprio desiderio, di prendere sul serio
se stesso. Questo non significa aumentare a dismisura il proprio ego, ma capire il nesso che c’è tra le proprie azioni e il desiderio d’infinito. Il bisogno di moralità non nasce dal fatto che si è capaci di resistere alla corruzione, ma se si è capaci di capire che ogni azione deve rispondere al desiderio più vero del cuore dell’uomo. Ci sembrerebbe uno spreco, un peccato, non metterla in relazione con l’infinito. La politica può essere quindi uno strumento di trasformazione del desiderio. Il bene comune non è la media degli interessi in gioco, ma è qualcosa di talmente buono e grande che tiene conto del desiderio di tutti. La rinascita dell’Europa non può essere opera delle istituzioni comunitarie o di una conferenza intergovernativa. L’Europa che dobbiamo avere in mente dev’essere al servizio della vita, delle passioni della gente, nelle quali le persone siano protagoniste attive del proprio destino e di quello dei propri figli.
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26 agosto
GAYMARD «Sarà l’umiltà a salvarci» La manager di General Electric, figlia del grande genetista Lejeune: «Da mio padre ho imparato uno sguardo povero» La sequela è un mistero strano. Ci sono vie nelle quali mettersi sulle orme dei padri coincide con l’affermazione della propria stupefacente originalità. «Mio papà non ha mai cercato di dirci cosa fare, non si è mai messo a decidere per noi: ci ha lasciati intraprendere la strada che volevamo, anche quando non era d’accordo». Clara Gaymard non è figlia d’arte, ma a suo modo è un’artista. Figlia di uno dei più grandi biologi del ‘900, quel Jerome Lejeune che ha diagnosticato la sindrome di Down, è oggi presidente di un colosso come General Electric France e madre di nove figli. «Seguire mio padre», dice al Quotidiano Meeting dopo l’incontro di ieri moderato da Letizia Bardazzi, «non ha significato diventare dottoressa o scienziata, ma fare il mio dovere. Conosce la parabola dei talenti? Io sto semplicemente facendo il mio compito. A chi mi dice che con una famiglia numerosa come la mia dovrei starmene a casa a fare la mamma, rispondo: no, se così facessi sarei una persona pigra. Ho studiato, ho avuto successo, e non può essere per niente. Certo, c’è pure l’orgoglio personale, ma il punto è che ci sono cose che sono capace di fare, e allora farle significa servire la mia famiglia, la mia patria, la mia azienda, la mia gente». Cosa significa per lei che suo padre è «servo di Dio»? «Da quando è morto, ho scoperto cose di lui e della sua vita che non conoscevo. Moltissime persone vengono a dirmi: “Sai, tuo padre ha fatto questo per me”. Ora non appar-
Clara Gaymard è presidente di General Electric France e vicepresidente del gruppo a livello internazionale. Nel 2007 è iniziato il processo di beatificazione di suo padre, scopritore della sindrome di Down. A dare impulso decisivo alla pratica è stata l’amicizia con Karol Wojtyla.
tiene più a me: è mio quanto lo è delle persone che aiuta o a cui serve da esempio. Appartiene a tutti, e questo è il senso di iniziare un processo di beatificazione. Può essere una testimonianza del fatto che si può essere grandi scienziati e mantenere la propria fede, in un momento in cui questo sembra impossibile. Nel tempo la scienza ha dimostrato che quello che lui ha scoperto con la sua ricerca e la sua fede era vero, e questo perché mio padre grazie alla fede era umile davanti alla realtà. In termini ribaltati, è la stessa cosa all’origine della crisi economica». Che c’entra, scusi? «La crisi non è stata provocata da ignoranti: quelli erano i più intelligenti di tutti. Ma erano troppo intelligenti, e sono diventati presuntuosi. Così non hanno visto l’ovvio: vivevano in una bolla fuori dal mondo reale. Quando se ne sono accorti, hanno pensato che loro erano nel giusto, e il mondo dalla parte sbagliata. E allora hanno tentato di incastrare il mondo reale nei loro modelli. Invece la cosa più importante è l’umiltà, chiedersi sempre: sto vedendo tutto? Non sto tenendo qualcosa di importante fuori dalla mia visuale?». Come riesce ad essere presidente di una grande multinazionale e mamma di nove figli? «Ho alcune semplici regole nella mia vita, e una di queste è che ci sono cose importanti, e altre urgenti. E molte cose urgenti non sono importanti. Quelle importanti, poi, spesso non possono essere risolte rapida-
mente. Perciò, non vanno fissate come urgenti: non riuscire a farle genererebbe rabbia. La pace è riconoscere cosa si può fare giorno per giorno, e cercare di farlo». Il titolo di questo Meeting è: «E l’esistenza diventa un’immensa certezza». Cosa le dice? «Viviamo in un mondo in cui pensavamo che grazie alla scienza, alle statistiche, al tentativo di governance globali, l’incertezza sarebbe stata ridotta. Quello che succede è invece un moltiplicarsi di crisi e conflitti: l’incertezza sta crescendo. E quando il tempo è avverso e non si riesce a vedere nulla chiaramente, si guarda solo a una persona: il capitano. Per questo oggi chi ha una leadership ha enormi responsabilità. Per questo vediamo moltiplicarsi il lamento sui comportamenti della classe dirigente: non è perché la gente è gelosa, ma perché servono modelli per un futuro incerto. Così non solo sono responsabile dell’andamento della mia azienda, e del suo profitto, ma innanzitutto delle persone. Questa è l’unica cosa importante, perché se faccio una cosa nella maniera migliore, anche il mio team la farà in quel modo, e la mia azienda renderà di più». Martina Saltamacchia
«Così il Meeting di Rimini ha cambiato la mia vita» Commovente intervento in video di Mauro Ferrari: dopo la morte della moglie, si è dedicato alla lotta ai tumori Può la morte della moglie cambiare in positivo un marito? Una risposta astratta è impensabile, il volto di un uomo cambiato no. «Libers di scugni là», cioè «liberi di dover andare» in dialetto friulano, è il filo conduttore dell’intervento che, in un messaggio video, il dottor Mauro Ferrari dell’Università del Texas ha inviato al Meeting, per l’incontro «La libertà dei geni: complessità e controllo del genoma umano» introdotto dal dottor Marco Pierotti, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano. «Siamo soltanto figli del caso e prodotto della necessità?», si è chiesto, aggiungendo che per monsignor Giussani il caso - contrariamente al senso comune - era assimilabile alla parola avvenimento. Nel video, Ferrari – ospite conosciuto dal popolo del Meeting: l’anno scorso fu invitato a un incontro sulle nanotecnologie – afferma
Qui a fianco, il momento della proiezione del video di Mauro Ferrari. A lato, gli altri relatori dell’incontro «La libertà dei geni: complessità e controllo del genoma umano», tenutosi ieri mattina.
che la libertà del dover andare significa che la cosa più importante è che possiamo fare del bene ai nostri fratelli, non dove lo facciamo. «Libertà di dovere andare significa anche attraversare diverse discipline per tramutare il dolore interno in energie al servizio degli altri», riferendosi alla sua personale esperienza d’incontro con il dolore e la sofferenza (la moglie si è ammalata di tumore ed è morta nel giro di pochi mesi), che lo ha riavvicinato alla Chiesa, ma sempre con un certo timore a parlarne. Ha abbandonato le ricerche nel campo dell’astronomia per dedicarsi alle applicazioni delle nanotecnologie, alla cura e al-
la diagnostica dei tumori. Libertà di dovere andare, nell’incontro con il Meeting, è divenuta la testimonianza e la confessione della verità della propria radice. «Rimini è stata la svolta della mia vita: ha dato luogo ad altre mille attività; libertà del dovere nel servizio al prossimo, nel non farsi bloccare dalle difficoltà, e libertà del dovere testimoniare… Ciò ha portato a un’esplosione di comunanza del sentire, ha permesso di pensare meglio ai valori della fede e di perdere la timidezza nell’affermarli». Il professor Carlo Croce, genetista molecolare di fama mondiale all’Università Statale
dell’Ohio, ha descritto le sue fondamentali ricerche nel campo della ricerca sui tumori che lo hanno portato alla scoperta di una nuova famiglia di geni (microRna) coinvolti nei processi neoplastici. Infine il dottor Pier Giuseppe Pelicci, Istituto Europeo per l’Oncologia, ha spiegato, con alcuni esempi, che non è vero che ciò che siamo e ciò che saremo, ciò di cui ci ammaleremo, sia tutto scritto nel DNA (come se inserendo il nostro DNA in un supercomputer fosse possibile ottenere il nostro aspetto, i nostri gusti, le nostre abilità e i nostri interessi). Franco Belosi
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26 agosto
Il viaggio della certezza I profughi libici in Fiera vedono «il cuore buono dell’uomo» Dalla rete dell’accoglienza la speranza di una vita normale «Il regime di Gheddafi ha avuto quello che si meritava». Munir ha vissuto in Libia nove anni, abbastanza per essere consumato dall’orrore della guerra e della repressione del regime. A Tripoli era arrivato dal Sudan, girone infernale persino inferiore al deserto dove i ribelli e le forze occidentali hanno spodestato il Colonnello. Quando gli si domanda quali circostanze lo abbiano spinto a nord verso la Libia, Munir sfrega l’indice il e pollice, gesto universale che non ha bisogno di chiose. «Mi hanno portato in galera – racconta – perché mi sono rifiutato di riparare l’auto di un poliziotto. Mi hanno accusato di essere un terrorista, sono stato tre mesi in prigione senza processo. Mi hanno picchiato, torturato, sono uscito in fin di vita». Poi, come tanti, Munir ha avvolto le sue poche cose nel risentimento e si è infilato su un barcone che porta verso una vita migliore. Mille dinari libici (580 euro) per arrivare a Lampedusa. Da lì in un centro di permanenza temporanea vicino ad Asiago e poi alla Fondazione San Gaetano a Vicenza, accolti nel progetto di accoglienza per immigrati «Coast to Coast», realizzato assieme alla cooperativa sociale «Il gabbiano». Nella sua nuova casa, Munir ha incontrato altri che come lui sono scappati dalla guerra, storie analoghe di afflizione e incertezza che a un certo punto si sono imbattute in un’ipotesi di cambiamento. Grazie all’associazione possono lavorare, integrarsi in un contesto, intessere rapporti sui quali edificare una speranza di vita nuova. Da Vicenza sei rifugiati sono arrivati a Rimini: sono i libici del Meeting, e la loro peculiarità è che non sono libici. Tripoli è il collo di bottiglia dell’immigrazione africana e non solo, lo snodo da cui tutti passano per imbarcarsi alla volta di qualcosa. Qualunque cosa pur di andarsene. Qualcuno di loro in Libia c’è stato solo qualche mese, altri molti anni; quasi tutti sono arrivati nella primavera inoltrata, all’inizio dell’operazione militare delle forze Nato per spodestare il rais. Aseer e Shaukat vengono dalla città di Lahore, in Pakistan, e sono contenti che qualcuno gli riconosca la loro identità Punjab. Parlano punjabi e urdu, ma accedono all’italiano tramite l’arabo, tradotto da Touré, ragazzone ivoriano con un sorriso che non finisce più. È un lontano cugino di Yaya Touré, centrocampista del Manchester City. Con un ingorgo di lingue di proporzioni evangeliche, Touré rende possibile un dialogo fra le autorità della fondazione e la Cdo, realtà di accoglienza e sussidiarietà che sono strette in un abbraccio proficuo. Iles Braghetto, presidente della fondazione San Gaetano, spiega che la scelta di portare questi ragazzi al Meeting è nata dall’idea di mostrare loro «il cuore buono dell’uomo». Dopo tanta sofferenza, la vista dei padiglioni pieni di gente che si muove per uno scopo ha l’aria di un miraggio. C’è chi racconta di barconi con 600 persone a bordo che colano a picco senza che nessuno si accorga di nulla e chi, come un ragazzo del Mali, che non si dà pace pensando alla propria famiglia rimasta nel paese d’origine. Shaukat faceva il fotografo. In Libia aveva uno studio suo, aperto alla fine degli anni Ottanta, quando a Tripoli si facevano affari d’oro rispetto al calderone metropolitano al confine con l’India dal quale proveniva. Un giorno sperate di tornare a casa? «No, ne ho avuto abbastanza – dice Munir – ora voglio rimanere qui, imparare un mestiere, rifarmi una vita e portare qui la mia famiglia». Certo, la
Sei profughi venuti dalla Libia sono arrivati ieri al Meeting. Tre pachistani, due sudanesi e un ragazzo del Mali si sono immersi nei padiglioni, visitando mostre e incontrando persone. A Rimini sono giunti grazie al progetto «Coast to Coast», organizzato dalla Fondazione San Gaetano di Vicenza e dalla cooperativa «Il gabbiano».
burocrazia non aiuta il processo di stabilizzazione dei profughi. Tutti sono ancora in attesa di ricevere lo status di rifugiati politici «e i tempi potrebbero dilatarsi», dicono dalla fondazione. Monica Poletto, presidente della Compagnia delle Opere – Opere sociali, è l’indaffarato anfitrione di questa delegazione che si aggira fra l’intimorito e lo stupito per i padiglioni della Fiera. Si sono completamente immersi in una giornata tipo del Meeting, visitando mostre e incontrando persone che orbitano nel mondo dell’accoglienza. Touré fa sforzi epici perché tutti possano godere di questa strana
bellezza che si palesa davanti ai loro occhi. Rimangono stupiti quando viene loro offerto un posto tranquillo dove pregare rivolti verso la Mecca. Siamo nella coda del Ramadan, periodo intenso di preghiera e digiuno, e che anche qui qualcuno abbia a cuore la loro professione religiosa è fonte di gratitudine. Alla fine della giornata raccontano la loro riconoscenza «per aver visto così tanta gente unita da uno scopo» e aver percepito quel cuore buono di cui parlava Braghetto. Nel centro di Vicenza ci sono al momento 32 profughi e altri 12 sono in arrivo. «All’inizio erano soprattutto tunisini – dicono dalla
Fondazione – ma dopo lo scoppio della guerra in Libia abbiamo iniziato a ricevere profughi che venivano da lì. Sono di tutte le nazionalità, come si vede, ma a un certo punto sono passati tutti da Tripoli». Mentre in Libia infuria la battaglia finale dei ribelli per stanare il Colonnello Gheddafi dopo che anche il suo bunker è stato preso, c’è chi grazie alla Fondazione San Gaetano e alla sua trama di amicizie ha trovato un luogo che inizia a essere stranamente familiare. Una rete di rapporti umani attraverso la quale costruire una vita nuova fuori dall’inferno libico. Mattia Ferraresi
L’incertezza del Nord Africa «La sfida del Nord Africa: conciliare stabilità e diritti». Una proposta ambiziosa che sarà discussa oggi alle ore 17.00 in auditorium. Sarà presente il ministro degli Esteri, Franco Frattini. «Quest’incontro s’inserisce nello storico interesse che il Meeting ha avuto per l’altra riva del Mediterraneo – spiega Roberto Fontolan, direttore del centro internazionale di Comunione e Liberazione – e per il medio oriente, oltre a continuare la collaborazione con il ministero degli Esteri. Quest’anno poi è accaduta la novità imprevista della primavera araba». All’incontro parteciperanno Tarek Ben Ammar, produttore cinematografico e fondatore di Quinta Communications, e Wael Farouq, professore all’università americana del Cairo e vicepresidente del Meeting Cairo. Come far convivere i diritti richiesti con un quadro di stabilità? Stiamo capendo questo mondo? Come possiamo aiutarli? «Come diciamo al Meeting: l’imprevisto è una speranza. Davanti all’imprevisto della primavera araba facciamo agire la speranza, che è antidoto alla paura» continua Fontolan, che modererà il dibattito. Ci sarà anche il saluto di Antonella Mularoni, segretario di Stato agli Affari esteri di San Marino e verrà data lettura del saluto di Nabil El Arabi, segretario generale della Lega Araba, che non potrà partecipare all’incontro a causa dell’attuale situazione internazionale. B.C.
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26 agosto
«Duemila russi per il Papa» Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca: «Che gioia i giovani corsi a Madrid. Il loro animo non conosce il nostro scetticismo» L’uomo che da Russi (Ravenna) è passato alla Russia è seduto sotto il palco da cui il filosofo Fabrice Hadjadj sta leggendo il suo intervento. Monsignor Paolo Pezzi, 51 anni, arcivescovo metropolita dell’Arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca dal 2007, è a Rimini per un paio di giorni, all’interno di una settimana che è iniziata e finirà nella sua sterminata diocesi. Il «Quotidiano Meeting» lo raggiunge tra gli stand della Fiera per una breve intervista, che comincia dalla situazione attuale della presenza cattolica in Russia. «Alla Giornata mondiale della Gioventù di Madrid c’erano oltre duemila giovani russi. È il segno più imponente dei frutti che sta iniziando a portare la proposta fatta, soprattutto ai ragazzi, dalla Chiesa cattolica. Quella, in fondo, per cui la vita è una cosa seria, che come tale merita di essere presa. Tutto il mio e il nostro vivere è teso a comunicare ciò che abbiamo visto, e cioè che si nasce per uno scopo, e la nostra vita non è un caso». Concretamente, come si declina questa proposta esistenziale nella sua missione? «Siamo partiti dalla lettera che il Papa ha rivolto ai giovani nell’agosto dell’anno scorso, e da questa abbiamo iniziato un’attività che ruota su due fulcri. Il primo è la centralità, prima di qualunque programma, dell’opportunità di incontro che questa proposta genera. Il secondo è il rapporto sistematico con i depositari veri di questa proposta, cioè i preti, soprattutto nei tre centri principali di irradiazione: Mosca, San Pietroburgo e Kaliningrad». Come influisce in questa comunicazione umana il legame con il movimento di Comunione e Liberazione? «Partirei dai dati di fatto. Ci sono giovani che hanno scoperto coraggio e affezione nel rapporto con altri ragazzi o sacerdoti legati all’esperienza del Movimento. La proposta legata in particolare alla dimensione culturale è stata decisiva, a cominciare dalla grande attività del Centro culturale della Biblioteca dello Spirito. E poi ci sono grandi segni per quanto riguarda i rapporti con gli ortodossi. Nasce, nei legami tra tanti di Cl e gli ortodossi, un momento di vera fiducia, che fa cadere le diffidenze. Ambito privilegiato di questa esperienza è l’università ortodossa del San Tichon, dove tanti giovani hanno timidamente iniziato una condivisione con gli amici cattolici del Movimento. Penso poi alla straordinaria novità della Siberia, dove una scuola diocesana ortodossa ha voluto dei cattolici come insegnanti o come
Monsignor Paolo Pezzi, originario di Ravenna, guida l’Arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca dal 21 settembre 2007, dopo la nomina da parte di Benedetto XVI. Appartiene alla Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo.
sostenitori di un comune progetto educativo. In queste dinamiche ciascuno segue le proprie peculiarità: non è un ecumenismo all’acqua di rose, ma una sorprendente condivisione del tessuto costitutivo dell’umano. È sempre più chiaro che soltanto la proposta cristiana è in grado di dire qualcosa di interessante all’uomo di oggi». Che tipo di ricettività trova nel popolo russo rispetto alla vostra presenza e alla vostra
«Il rapporto col potere non è problematico, ma c’è un interesse crescente nei nostri confronti. Dobbiamo provocare tutti al lavoro per il bene comune»
proposta? «Nell’animo russo è facilitata la capacità di far vibrare le corde del cuore. Non intendo qui appena un’esasperazione del sentimentalismo: piuttosto, dopo un secolo violento e terribile di comunismo sovietico, questo popolo non ha conosciuto lo scetticismo disperato dell’Occidente. “Da tempo”, diceva il grande regista Andreij Tarkovskij, “l’uomo occidentale ha bruciato la bisaccia e il bastone
Tettamanzi sulle tracce di san Carlo
Da sinistra: Ambrogio Pisoni, il cardinal Dionigi Tettamanzi e Giuseppe Bolis ieri nei padiglioni della Fiera. L’arcivescovo uscente di Milano è intervenuto ieri alla presentazione della mostra «San Carlo Borromeo. La casa costruita sulla roccia».
del viandante, con la sua commovente attitudine alla domanda. La dimora dell’uomo non è più l’orizzonte, ma il nascondiglio, dove non incontra nessuno e dove per ciò comincia a dubitare della sua stessa esistenza”. Il russo, no. Per questo popolo non è accaduto. C’è ancora una capacità immediata di domanda, magari critica, ma comunque aperta, che è la migliore disposizione d’animo che io mi possa augurare». Lei è sostegno e centro di una diocesi che misura quanto un continente: ma chi sostiene lei in questo compito che può apparire sconfinato? «C’è un paradosso: a sostenermi maggiormente sono i rapporti che non brillano per frequenza. Penso al Papa, a don Massimo Camisasca, e agli amici più cari del Movimento. La lettura dei documenti e degli incontri di Comunione e Liberazione non è un’adesione meccanica a un gruppo, ma una scoperta decisiva e assetata per l’oggi. E poi qui, sul posto, ho la grazia di avere persone che sorreggono l’evidenza di ciò che vivo». La Russia non è esattamente un contesto facile. In che rapporti siete con il potere? «Non problematico, perché la Chiesa cattolica, dal punto di vista fisico e quantitativo, non rappresenta un problema. Nella misura in cui si vive una presenza, nel tempo si può diventare interlocutori necessari e credibili per chiunque. Oggi la nostra proposta può ancora lasciare indifferente il potere, dal punto di vista sociale. Registro però un crescente interesse: anche in ambiti specifici, dall’architettura alla sicurezza, fino alla posizione sulle nascite che ha ovvie conseguenze demografiche, cominciamo a essere interpellati o coinvolti. Più semplicemente, si creano un interesse e un’attenzione crescenti per noi, per chi siamo e per cosa facciamo». È un bene che questa attenzione cresca, o rappresenta anche un rischio? «Io credo sia auspicabile che questa attenzione cresca. Il problema decisivo è che ciò non comporti una perdita di autenticità da parte nostra. Sarebbe drammatico se questa dinamica comportasse un nostro inserimento nel gioco del potere. Il nostro problema è esclusivamente non perdere mai l’autorità di provocare chiunque al lavoro per il bene comune, del singolo e del popolo». Q.M.
L’INTERVENTO 6
26 agosto
Quell’occasione chiamata crisi Il modello di crescita degli ultimi decenni non c’è più. I rapporti economici sono mutati. I giovani protagonisti di un nuovo sviluppo di MAURO MAGATTI* La crisi in cui versa l’Italia, insieme con gli altri Paesi avanzati, si presenta con i tratti drammatici tipici dell’interruzione della crescita: economica, demografica, spirituale. Il che è, in prima battuta, paradossale: guardando alle nostre spalle, in fondo, in questi anni non si era parlato d’altro. Come occidentali, figli di una storia secolare di libertà, siamo “condannati” a crescere, dato che abbiamo liberato il genio della lampada di milioni di individui. La crescita altro non è che la traccia più evidente, anche se misconosciuta, della vocazione trascendente dell’essere umano, il quale è incapace di stare fermo, immobile, senza vita. Prova inconfutabile della natura dell’uomo come essere desiderante. Per questo, ogni società è, nel suo fondo, retta da una particolare struttura del desiderio. Il potere – nel suo lato proiettivo e non repressivo – ne definisce la forma. Ci sono società più spirituali o più materiali, più religiose o più secolarizzate, più individualistiche o più collettive. Ma tutte ruotano attorno a questo nodo.
Noi viviamo in un tempo in cui la proposta di fondo è stata quella di ridurre il desiderio a godimento. E cioè, il modello predicato è stato individualistico, materialistico, laico, immanente, appropriativo. Dove la tecnica e i media hanno costituito le due infrastrutture fondamentali. Gli esiti, tuttavia, sono ambivalenti. Da un lato, è innegabile l’aumento delle opportunità su una scala mai vista: si pensi all’allungamento della vita media o al miglioramento del livello di vita di decine di milioni di persone. Dall’altro, ci sono segni evidenti di fallimento: l’accumulo generalizzato di debiti, l’aumento delle disuguaglianze, la diffusione della depressione come malattia sociale, l’assenza di senso e la percezione di incertezza. La crisi dunque è profonda. Siamo di fronte ad un passaggio difficile, anche perché si tende a non ammetterne la portata. Il problema è che, reso godimento, il desiderio ha un esito distruttivo. Di sé e del mondo. Il desiderio reso appropriazione si spegne e ammazza la vita stessa. Il dominio, infatti, è la tomba del desiderio: per fare
il mondo come lo vogliamo, lo facciamo sparire. Incorporazione e rimozione sono due movimenti tipici del nostro tempo. Il desiderio reso godimento favorisce un’espansione del sé che non incontra mai la realtà - semplicemente perché la si fa coincidere con la propria proiezione. Di fronte ai rischi della crisi, si deve parlare di crescita. Ma lo si deve fare essendo «realisti». Le condizioni del modello di sviluppo che ha prevalso negli ultimi tre decenni non ci sono più. I Paesi occidentali, invecchiati, indebitati, depressi non possono più essere mobilitati dal desiderio reso godimento. E d’altra parte, i rapporti economici globali sono profondamente cambiati. Alla spalle di tutto ciò sta lo sfaldamento di uno dei presupposti centrali del nostro tempo, cioè l’idea semplicistica che ciascuno sia padrone del proprio senso. Ciò di cui si deve parlare oggi è un altro tipo di crescita. Per questo occorre costruire un nuovo immaginario della libertà. Come adolescenti abbiamo pensato che essere liberi volesse dire che ciascuno semplicemente fa quello che vuole, ribellandosi ad ogni
Un gruppo di giovani al Meeting. Per Magatti, «la transizione in corso è una occasione per le nuove generazioni di far emergere desideri oggi soffocati».
forma di autorità. Ma questo pensiero è ormai inadeguato. Oggi, noi abbiamo la possibilità di rilanciare sul futuro a condizione di essere capaci di ridire la nostra idea di libertà. Il desiderio ha a che fare con l’incontro. In questo senso, abbiamo bisogno di un’espansione che non ci faccia rifuggire dalla realtà e dalle sue domande, ma ci permetta di essere alla ricerca, e in qualche modo di riconoscere e di incontrare l’A/altro. A me piace chiamarla libertà generativa. Una libertà, cioè, che si riconosce dentro una storia, che rispetta e ama anche quando ne prende le distanze; che si pone in relazione agli altri e al mondo, riconoscendoli e prendendosene cura; che ha il coraggio di assumersi il rischio di spendersi per un bene che vale la vita, imparando che senza sacrificio nulla di buono può e-
sistere; che riconosce il mistero dell’esistere e lo attraversa con coraggio. È qui che i giovani possono e devono fare molto: collocandosi dentro una storia, ma avendo anche il coraggio di una novità che può – ed anzi deve – cambiare, ancora una volta, il mondo. Se affrontiamo i numeri implacabili della crisi con gli schemi di lettura di questi anni, lo spazio per l'ottimismo non c’è. Tutto diverso è, invece, se guardiamo alla transizione in corso come un’occasione grande, per questa nuova generazione, di fare emergere un nuovo desiderio di Vita che il nostro tempo sembra soffocare. Non c’è crescita senza sviluppo. Non c'è sviluppo senza spirito. Non c’è spirito senza apertura. Non c’è apertura senza Dio. * sociologo, Università Cattolica da www.ilsussidiario.net
CRISTIANI NEL MONDO 7 26 agosto
Il volto cristiano della politica Daul, Formigoni, Zerbini, Blond e Bhatti raccontano le loro esperienze di credenti impegnati in prima linea «Non un dibattito teorico, ma un racconto di esperienze vissute». Questo il senso dell’incontro «I cristiani in politica» a cui hanno partecipato Paul Bhatti, consigliere del primo ministro del Pakistan per le minoranze religiose (e fratello di Shabhaz, il politico pachistano ucciso perché cristiano); il direttore del think-thank ResPublica Philip Blond; Joseph Daul, presidente del gruppo del Ppe a Bruxelles, e l’amico del Meeting e parlamentare brasiliano Marcos Zerbini. Il tema dell’incontro è stato lanciato dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, il quale ha sfidato i presenti ricordando quale sia il vero compito del cristiano in politica: «Siamo convinti che il fatto cristiano abbia un’implicazione sociale e politica. La comunità cristiana deve educare alla politica». Quale è dunque il primo punto di riferimento? «La dottrina sociale della Chiesa – ha spiegato il governatore –, ovvero muoversi nella costruzione del bene comune rispettando i principi di dignità della persona e della sussidiarietà». Per Philip Blond, intervenuto dopo Formigoni, l’ingresso nella scena politica non è stato immediato. Laureato in filosofia, aveva intrapreso inizialmente la carriera da filosofo e teologo fino a quando non si è stufato di continuare a vedere errori nei politici, sia quelli di sinistra sia quelli di destra. «Ho notato – ha raccontato il direttore di ResPublica – un’analogia tra il cristianesimo e la politica: entrambe sono incontro, sono una trama di relazioni». Da qui la scelta di scendere in campo: «Mi è capitato di nascere in Inghilterra, uno dei Paesi più laici d’Europa. Non so se è stata una fortuna o una sfortuna. Sono quindi partito dal concetto più semplice che potevo portare di fronte al mondo. Quello di bene comune, perché è qualcosa che riguarda tutti, cristiani e non». Il clou dell’incontro è stato senza dubbio la testimonianza di Paul Bhatti, accolto da due minuti di applausi commossi per lui e per suo fratello martirizzato lo scorso inverno in Pakistan. Bhatti ha esordito citando una frase di Paolo VI: «“La politica è un modo esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri”, questa è la testimonianza di mio fratello minore Shabhaz». Il pachistano ha poi spiegato le forti differenze per un cristiano impegnato in politica nel mondo occidentale, e per uno nel mondo o-
Da sinistra Marcos Zerbini, Paul Bhatti, Joseph Daul, Roberto Formigoni e Philip Blond.
rientale: «Nel mio Paese il rischio della propria Un commosso Daul («Dopo questa testimovita è per noi reale». Quindi, il ricordo del fra- nianza, potremmo tranquillamente interrompetello: «Mio fratello ha dato testimonianza con re l’incontro») ha raccontato la sua esperienza forte fede cristiana. Non ha mai voluta nascon- da politico cristiano in una continua esortazione derla soprattutto da quando a rendersi utili nella società: è entrato nel governo nel «Ognuno è chiamato a svol2002. Dopo le minacce di gere in maniera responsabimorte quando gli consi- Il deputato brasiliano: le e con impegno nel quotigliammo di andarsene dal diano, un ruolo nella propria non dobbiamo Pakistan ci ha risposto: comunità, che sia il parla“Non posso andarmene, se mento, il comune o la famiaccontentarci no la mia testimonianza di glia», poiché se «date senza Cristo non sarebbe signifi- delle briciole che cadono aspettare di ricevere, ricevecativa”». Bhatti non ha esidal tavolo del potere rete il centuplo!». La contato nel concludere il suo inclusione del suo intervento è tervento traendo le fila delstata una sorta di invito “pal’insegnamento del fratello: pale”: «Non abbiate paura, «In politica la testimonianza di Cristo diventa la impegnatevi!». scelta più vera, non per questo, però, dovrebbe Marcos Zerbini, al Meeting dal 2004, ha eviessere necessario il martirio». denziato, in uno «sgangherato italiano, come
ringraziamento a don Giussani e a tutti gli amici di Cl», che anche il cristiano rischia di cadere nella tentazione di perseguire soltanto il potere nel fare politica, mentre «per chi è cristiano la logica della politica dovrebbe consistere nell’ operare politicamente per dare un ulteriore spazio alla testimonianza di Cristo». Al riguardo ha ricordato una frase di Carròn rivolta ad un gruppo di politici scontenti per non essere stati eletti in giunta: «Non accontentavi delle briciole che cadono dal tavolo del potere». In conclusione il presidente Formigoni ha raccontato la sua esperienza da cristiano in politica, in maniera semplice, cioè descrivendo quello che è stato possibile grazie alla collaborazione dei colleghi nei suoi 16 anni di governo in Lombardia: «Il successo del metodo sussidiario», strada maestra per un cristiano in politica.
«Io, editore di Benedetto XVI vi racconto come lavora il Papa»
Marco Capizzi
Parla don Giuseppe Costa, direttore della Libreria editrice vaticana
Don Giuseppe Costa ha presentato ieri il nuovo libro del Pontefice: «Una nuova cultura per un nuovo umanesimo».
«Io rappresento il Papa sul mercato dei diritti dell’editoria. Quando lui scrive un libro e lo vuole far stampare con un’altra casa editrice, io mi occupo del contratto, dei diritti d’autore e cerco di farne stampare più copie possibili». L’editore in questione è don Giuseppe Costa, direttore della Libreria editrice vaticana, ospite ieri al Meeting per la presentazione dell’ultimo libro del Papa: «Una nuova cultura per un nuovo umanesimo. I grandi discorsi di Benedetto XVI» (a cura di Lorenzo Leuzzi, editore LEV). Il Quotidiano Meeting ha raggiunto Costa e gli ha posto qualche domanda. Da dove nasce l’idea di questo libro? «Il vicariato di Roma organizza
i suggerimenti e le correzioni che gli vengono fatte. È anche aperto ai diversi ruoli dell’editoria. Per esempio, riguardo “Luce del mondo”, uno dei suoi ultimi libri, le case editrici volevano che scrivesse di suo pugno il titolo del libro. Lui, con pazienza, si è prestato alla stesura del titolo in ben dodici lingue». Che rapporto ha lei con il Papa? «Il Papa è una persona gentilissima, di una pazienza straordinaria. Il rapporto che mi è permesso avere con lui, io non l’avrei mai potuto immaginare, è un dono del Signore. E anche se io sono il suo editore mi fa sentire sempre assolutamente a mio agio». Emanuele Ranzani
numerosi incontri in cattedrale sulle omelie e i discorsi del Papa. Questi incontri sono molto seguiti dai giovani e noi invitiamo relatori specializzati in settori differenti, per commentare le parole del Papa. Il libro raccoglie tre discorsi: quello di Ratisbona sull’intolleranza e il fanatismo religioso e sulla razionalità della fede, l’intervento pronunciato durante il viaggio in Francia al College des Bernardins sul ruolo del cristianesimo nella cultura europea e il discorso tenuto dal Papa alla Westminster Hall, sul rapporto tra Stato e Chiesa e sulla laicità dello Stato. Il libro vuole essere uno strumento per diffondere questi discorsi in maniera più diretta e risulta una facile consultazione per gli incontri che svolgia-
mo. La pubblicazione è anche un omaggio per il 60° anniversario dell’ordinazione sacerdotale di papa Benedetto XVI». Qual è il fil rouge di questi tre interventi? «La ricerca di Dio da parte dell’uomo e l’incontro tra la fede e la ragione. Ciò in cui noi abbiamo fede è credibile? Siamo stupidi se crediamo in queste cose? Il Papa vuole affermare il valore che c’è tra la ragione e la fede». Qual è lo scopo di questo testo? «Il Papa vuole sottolineare l’esigenza di fare esperienza di un incontro con Cristo nella storia. Noi non crediamo in un Dio generico o in una esperienza religiosa. La sfida più grande per ogni cattolico è
di cercare Cristo. Se noi non ci impegniamo nella nostra esperienza di fede, incontreremo sicuramente un Dio frutto della nostra immaginazione». Come ha commentato il Papa la pubblicazione di questo libro? «Ha risposto in maniera molto autoironica dicendo: “Speriamo che possa servire a qualcosa”. È un maestro che con molta semplicità offre i suoi scritti». Qual è il rapporto di Benedetto XVI con il “sistema editoriale”? «Il Papa è molto preciso nella stesura dei suoi scritti, ma accoglie
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SOCIETÀ E POLITICA 9 26 agosto
L’amore al tempo del federalismo Calderoli, Alemanno e Fassino discutono del nuovo assetto dello Stato Il leghista e il sindaco Pd scoprono di essere più vicini del previsto Fa scuola il “metodo Napolitano”, quella ricerca responsabile di soluzioni bipartisan in tempo di crisi che il presidente della Repubblica ha lanciato domenica scorsa dal palco del Meeting. Ieri, infatti, il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, ha voluto richiamare «con piacere» le convergenze raggiunte sul federalismo fiscale con il sindaco Pd di Torino, Piero Fassino, anche lui presente come l’esponente leghista all’incontro del Meeting sul federalismo fiscale. «Non ci siamo sparati i pallettoni nella schiena – ha detto Calderoli – ma ci siamo seduti per uscire da un problema e i risultati sono stati migliori del punto di partenza. È una logica che andrà perseguita in altri campi. Una convergenza che mi ha colpito: che io sia diventato comunista e lui leghista?». Il ministro, dopo aver toccato i temi dell’attualità politica (difesa delle pensioni e volontà di rivedere il sistema dell’irreversibilità e degli assegni di accompagnamento e di chi non ha mai lavorato), e dopo aver lanciato la pro-
A sinistra, il ministro Calderoli scherza con il sindaco di Roma, Alemanno. Sopra, Piero Fassino.
posta «di una tassa sull’evasione che renderebbe inutile il contributo di solidarietà», ha parlato del suo impegno per il federalismo: «Tre anni fa sono venuto al Meeting e avevamo appena dato il via alla delega. Oggi possiamo dire di aver approvato gli otto decreti. Certo, sono io il primo a lamentarmi di questi tempi lunghi. Non si può governare il Paese puntando sui sondaggi, la classe politica deve anticipare i bisogni dei cittadini (è chiaro che mi riferisco a Berlusconi), ma non si può nemmeno sempre dire, come fa l’op-
posizione, che è sempre tutta colpa del governo e di Berlusconi». Ma Calderoli ha dovuto incassare comunque gli attacchi di Gianni Alemanno, sindaco di Roma e presidente del consiglio nazionale dell’Anci (presente pure lui all’incontro) e dello stesso Fassino. Nel mirino la manovra in discussione al Parlamento. Dopo un vivace battibecco sui fondi per Roma, il sindaco della Capitale ha detto al ministro leghista che con la manovra «il governo ammazza il federalismo». E se Calderoli aveva sot-
tolineato che la «sussidiarietà orizzontale rimane la grande incompiuta», Alemanno ha rimarcato che «il federalismo è uno strumento della sussidiarietà orizzontale». «Lo spazio dato alle famiglie e alle imprese sarà l’attuazione del federalismo. Siate coerenti – ha detto rivolgendosi ai leghisti – con il vostro messaggio sul federalismo dando spazio alla società civile e alle imprese». Dal canto suo Fassino ha criticato l’ipotesi di riduzione del numero dei comuni: «La strada è costruire unioni e basterebbe trasformare le comunità montane in unioni di comuni». Ed ha proposto di far diventare le province un ente di emanazione regionale: «Siano le Regioni a prendere decisioni». Convergenza inattesa con Calderoli: «In commissione Affari istituzionali stiamo fissando dei paletti su popolazioni e superfici, ma i passi successivi toccheranno alle Regioni». Adriano Moraglio
Intesa con la Provincia di Novara
È la prima convenzione tra la Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli e un ente locale. L’hanno sottoscritta ieri il presidente della provincia di Novara, Diego Sozzani, e quello del Meeting, Emilia Guarnieri. Il protocollo d’intesa prevede una collaborazione a favore della convivenza, dell’impegno sociale e per la diffusione del principio di sussidiarietà orizzontale, per dare sempre maggiore responsabilità alla società civile, aprendo i palazzi della politica ai cittadini. «Oltre al federalismo fiscale – ha spiegato Sozzani – vogliamo promuovere quello sociale».
libreria Jaca Book Rimini
Padiglione D5
VITA DA MEETING 10 26 agosto
Il vero volontario è alle porte Custodiscono i cancelli della Fiera. Esposti al sole e qualche volta all’impazienza dei visitatori. Sono quelli per cui si fa più pressante la domanda sul significato della militanza. Ne hanno voluto parlare con Giorgio Vittadini «Pass disabili…». «…Ok». «Scarica una persona…». «…Ricevuto». La radio è l’unico divertimento per loro. Vengono anche sgridati se la usano impropriamente. Sono i parcheggiatori, i sovrani dei cancelli. Insultati, non rispettati e sempre al sole spietato di Rimini. Si improvvisano vigili urbani. Si sbracciano, indicano la via al visitatore appena arrivato. L’ultimo lavoro che un volontario vorrebbe fare. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha ripreso Mark Twain, mercoledì sera, all’incontro con le maglie verdi del Meeting. «La zia Polly obbliga Tom Sawyer a dipingere una staccionata, mentre i suoi amici vanno al mare. Il ragazzo inizia a spennellare. Arriva un amico e vedendolo contento gli chiede di poterlo sostituire. Tom accetta. Arriva un altro e propone a Tom di donargli un aquilone pur di impugnare il pennello al suo posto. La cosa si ripete con altri amici. Alla fine Tom si ritrova carico di oggetti barattati e la staccionata dipinta dagli amici. Apparentemente più fortunati ma in realtà meno lieti di un castigato Sawyer».
La sfida che lancia Vittadini ai volontari dei parcheggi e del servizio d’ordine è che il dovere diventi qualcosa di lieto. E viene quasi invidiato per il lavoro che doveva svolgere. Vittadini all’assemblea, a cui ha partecipato solo una parte degli addetti alla sicurezza (un centinaio di persone), ha chiesto ai giovani come stava andando il lavoro, le difficoltà e le scoperte fatte durante la settimana. Due volontari ai cancelli del Meeting sotto il solleone. I parcheggiatori sono parecchie decine. Ha detto loro Vittadini: «O siete pazzi o evidentemente c’è una Presenza all’opera tra voi. Da questa certezza tutte le circostanze diventano dialogo»
Sono emerse numerose difficoltà come il caldo, la durata del turno, il senso stesso di quella fatica… «quando ho saputo quale sarebbe stato il mio lavoro – racconta Agnese – la mia reazione è stata scoraggiante, perché si lavora poco, si sta fermi lontani dai padiglioni». «Non ho ancora capito perché sono qui – continua – ma lo faccio». All’assemblea un volontario racconta di ciò che una signora
gli aveva detto ai parcheggi: «Perché non mandate tutti a quel paese?». «Non posso rispondere così alla gente – le ha detto – perché io non sono stato trattato così». La rotonda sud diventa sede di cambi di turno: «Quando Giovanni mi ha raccontato come stava andando – racconta Simone – ho chiesto di poter essere con lui. Mi sembrava certo, mentre io faccio ancora molto fatica». Ogni giorno
alle sbarre dei tre ingressi si alternano tre turni: 8-13.30, 13.30-19, 19-0.30. «Quando mi hanno riferito il lavoro che avrei fatto – racconta Marta – e che sarebbe stato il secondo turno di tutti i giorni volevo rinunciare». Marta è arrivata sull’asfalto cocente dell’ingresso ovest domenica mattina. «Mi sono chiesta se fosse una fregatura. Ma capivo che non mi bastava quella risposta. Solo partendo dalla domanda “mi ami tu?”, che in questo periodo si fa sempre più stringente, posso diventare grande anche davanti ai miei amici di radio. Questo lavoro è una grazia in quanto non posso stare tranquilla, la mia ferita non si chiude perché devo avere chiare le ragioni per cui sono qui sotto il sole. O se no me ne vado». Vittadini fa la sintesi: «O siete un gruppo di pazzi o evidentemente c’è una Presenza in opera. E da questa certezza tutte le circostanze diventano dialogo». «La gente non verrebbe senza di voi – conclude Vittadini -. Voi siete i primi in cui i visitatori incappano al Meeting». Forti della vostra responsabilità, forza ragazzi! Davide Ori
VITA DA MEETING 11 26 agosto
United Colors of Meeting Egiziani, lituani, californiani, tedeschi, svizzeri, kazaki: ecco l’Internazionale dei volontari «Ciao, chi sei?» irrompe Tim, Le bandiere dei vari Paesi sventogiovane californiano, nel tavolo lano e scandiscono lo show. Saldei lituani. Il ritornello delle pre- gono sul palco i lituani, che prosentazioni non si arresta mai nella pongono al pubblico una canzone serata dei volontari stranieri, di malinconica e poi si torna a ballamercoledì, alla parrocchia di San re. Le vilniusiane insegnano la Giuliano a Rimini. «Da una deci- polka, che prende il sopravvento na di anni ospito dei kazaki nella nell’oratorio in uno spettacolo inmia parrocchia credibile: mulini – dice don Maumani di quattro rio – e proprio a in quattro uniscopartire dal siLe bandiere dei vari no egiziani con gnificato del russi e italiani, e Paesi sventolano Alcune delle danze che hanno animato il parterre della festa . Meeting, l’amitante altre combicizia tra i popo- e scandiscono lo show. nazioni. Nessun li, abbiamo Ognuno fa ballare gli sudoku potrebbe «Luntane cchiù luntane», e la ri- ti». Si sentono a casa e questo è pensato di offriimprigionare le sposta dei presenti è travolgente. il segreto della loro contentezza. altri con la propria varianti disponibi- Un plotone di bambini tra i 6 e i Lo stesso vale per il gruppo di re una cena romagnola a tutti musica. Una babele in li al «Meeting 16 anni, già noto ai visitatori del svizzeri che propongono un cangli amici stradi San Giu- Meeting, prende spazio sul palco. to della tradizione montanara e cui tutti si capiscono point» nieri. Così ogni liano. La gioia dei Si tratta del coro dei ragazzi della per gli argentini che dedicano anno si aggiunballerini è tangibi- cattedrale di Nis, che sprigiona u- «Ojos de cielo» a don Giussani. gono ospiti le e si fomenta con na grande forza sotto la direzione L’ultima esibizione è un fado nuovi e la festa è sempre garanti- la samba dei brasiliani e il ballo di Jovina Mikic. Entrano in scena portoghese. La musica è sempre ta». kazako. Tutti desiderano parteci- anche i tedeschi con una canzone la stessa dai padiglioni a San Il banchetto è servito e gli ospi- pare ai numeri stranieri, anche dalla lenta melodia. «Per loro è il Giuliano: i volontari non smettoti colorano lo spazio con lingue e con il semplice battere le mani. secondo anno alla festa – racconta no mai di stupire e di dare tutto caratteri diversissimi. La tavolata Gli italiani offrono alcuni canti, il padrone di casa –. Quest’anno in ogni momento. dei sudamericani e dei portoghesi come «'O surdato 'nnammurato» e sono stati particolarmente contenDavide Ori è separata da quella dei vivacissimi egiziani da un oceano davanti al palco. Nell’arcipelago dei tavoli si trovano anche argentini, palestinesi, kazaki, russi, brasiliani, svizzeri, tedeschi, lituani, «che – racconta don Mario – sono sempre stati protagonisti della serata». Lasagne, carne, frutta, dolce e un «Camminavo in una galleria di Temple Bar a questa settimana Ning era spaesata. «Ci sono più buon sangiovese. Il cibo non manca, mentre tra i tavoli accadono le Dublino, quando ho visto una mostra sulla scrit- persone di quelle che pensavo – dice – dai grancose più impensabili. Mohamed, trice americana Flannery O’Connor». Questo è di ai bambini. Questa cosa mi colpisce, perché è simpatico rubacuori egiziano, per l’inizio dell’avventura che ha portato la giovane per tutti». A settembre ritornerà a casa e ciò che esempio stravolge la tranquillità taiwanese Ning Wang, 24 anni, al Meeting di Ri- vorrebbe fare è lavorare nell’organizzazione deldei vilniusiani esordendo con un mini per la prima volta. «Ho studiato all’Univer- le mostre, anche se in questo Meeting spiega i sorridente: «Ciao a tutti amici». sità di Taiwan letteratura inglese e dopo la laurea pannelli. L’impatto con la gente inizialmente non Poco più tardi chiede di essere fo- dei tre anni ho fatto un master in art education in è stato facile: «Presentavo solo i fatti e questo tografato con le ragazze. «Vorrei Olanda». Rimane nella terra dei tulipani per un non mi aiutava. Quando, invece, ho iniziato a questa foto – dice – ma non per anno e lo scorso dicembre si trasferisce a Dubli- spiegare partendo da me stessa è cambiato tutto. me. Per i ragazzi delle fanciulle». no, dove fa un’esperienza lavorativa in un museo Ho iniziato a capire le cose che non avevo ancoC’è grande curiosità da parte di per tre mesi. Proprio nella capitale irlandese in- ra colto a fondo». «In questi giorni di guide – continua – ho imtutti i presenti che, dopo aver e- contra il Movimento, seguendo la sua passione: splorato a fondo la propria isola si la letteratura. «Sono entrata nella mostra e sono parato che nella vita bisogna che sia cosciente di lanciano verso nuovi orizzonti. rimasta molto colpita dal modo in cui si affronta- ciò che faccio e il perché. Ho visto molte persoNascono così nuove amicizie. Al- va quella scrittrice». Si è incuriosita e ha cono- ne, pagate, spiegare delle mostre o dei musei, ma lo sparecchiare inizia lo spettaco- sciuto chi aveva portato la mostra in quel luogo. non avevo mai visto nessuno appassionato a ciò lo: ogni Paese propone un canto o «Non avevo mai sentito parlare del Meeting pri- che esponeva. I volontari mi stanno colpendo un ballo. Partono subito gli egizia- ma di quella visita, ma ho voluto subito farne proprio per questo». Anche la sorella della taiwani, con musiche veramente scate- parte attivamente». Così ha chiesto di potere fare nese raggiungerà i padiglioni nei prossimi giorni nate. Si aprono le danze e tutti gli la volontaria quest’anno. «Mi hanno assegnato la per vedere cosa le sta succedendo. «Questa visiospiti vanno a coprire quell’ocea- mostra di Newman – racconta –. Ora sono qui e ta e questa settimana sono un dono inaspettato». D. O. no, che diventa una grande festa. la spiego in inglese e in cinese». All’inizio di
La taiwanese che spiega Newman folgorata sulla via della O’Connor
San Marino in fiore
Il Meeting di Rimini è stato scelto come teatro per il riconoscimento di diverse realtà sanmarinesi raccolte sotto il tetto dei nostri padiglioni. Ieri Beppe De Simone, amministratore delegato della fiera di Genova, insieme a Ivano Tocchi (fiera di Genova) e a una delegazione politica sanmarinese, ha consegnato tre premi Euroflora. Alla repubblica di San Marino per l’attenzione che ha dedicato alla manifestazione Euroflora, in occasione della quale ha emesso dei francobolli con temi fioriti. Medaglia e targa sono andati anche alla guida «I fioristi italiani», che contiene il meglio del mondo del verde italiano ed è realizzata da un’azienda sanmarinese. In particolare un gruppo di fioristi e decoratori legati alla guida si sono occupati degli allestimenti delle «Stanze del Risorgimento» a Euroflora in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Infine, è stata premiata Mara Verbena per la più bella composizione di erbe aromatiche, presentata in occasione della fiera a Genova.
I VOLTI 12
È una lotta, una lotta epica, quella che Silvio Cattarina, presidente della cooperativa sociale «L’imprevisto» di Pesaro con una laurea in Sociologia “conquistata” negli anni della contestazione giovanile, ingaggia ogni giorno contro i «signori della notte», come li chiama lui. Ne parlerà oggi alle 19.00 in C1, all’incontro «Le strade del sabato sera: sicurezza e stupefacenti» assieme a Marco Bertoli, psichiatra, Iles Braghetto, presidente della Fondazione San Gaetano e Umberto Guidoni, segretario generale della Fondazione Ania per la sicurezza stradale. In questa battaglia Silvio è sulla breccia da 20 anni, e quelli che arrivano nella sua cooperativa spesso sono «ragazzi della notte» che lentamente iniziano a dar battaglia. Questa sera saranno in prima fila a raccontare la loro storia, come hanno fatto al Meeting dello scorso anno, alla presentazione di «Torniamo a casa», il libro che racconta la vicenda di Silvio: «pericolante tra i pericolanti». Un tema attuale e affrontato spesso, quello di questa sera, che però Silvio guarda da un’angolatura originale: «Questa è una battaglia che si combatte di giorno, non di notte, perché è nella realtà vera che mancano gli adulti che dicano ai ragazzi: “Facciamo un cammino, ti accompagno io”. Manca chi mostri che la realtà è positiva, la lotta affascinante. Questo è il compito del padre». Senza di esso è più facile cadere nei tranelli dei «signori della notte». Eppure la loro proposta non è un granché, gli psicologi la chiamano «coazione a ripetere», «ma per i ragazzi è più semplice
26 agosto
Il pericolante è il suo mestiere Silvio Cattarina al Meeting con i ragazzi dell’Imprevisto «Vi racconto la mia guerra contro i signori della notte» – spiega Silvio – quando ti parlano sinceSilvio punta al cuore del problema, ramente, ti dicono che si accorgono anche sfronda la discussione e tralascia progetti, loro che cercando il divertimento e l’evaregole o valori per andare alla radice: «Noi sione finiscono inevitabilmente a fare dell’Imprevisto possiamo essere un test cose stabilite da altri. E sempre interessante per un dono che able stesse, in preda a monotobiamo ricevuto. Non si tratta nia e ripetitività. I balli di nostre capacità, ma ci è della movida sono parastato concesso di capire digmatici: sempre lo cosa serve ai giovani stesso movimento perché non finiscano delle gambe e delle nei luoghi falsamente braccia per tutta la fantastici e fantasiosi notte. I ragazzi sandel mondo della notno di “rompersi”, ma te». Se questa fosse la non fanno altro». pretesa di avere in taArrivati a questo sca la ricetta per risolvepunto, scivolare nell’ilre il dramma delle stragi lusione della droga è facidel sabato sera, sarebbe una le: «Quando non c’è nessuno cosa da pazzi, mentre è solo il che gli va incontro e non c’è racconto di quello che Silvio veSilvio Cattarina. nessuna proposta all’altezza de accadere davanti ai suoi ocdella domanda, per un ragazzo l’unica alchi: un’alternativa che regge il confronto ternativa è pensare di potersi costruire con con la realtà. le proprie mani, diventare un superuomo Negli occhi di Cattarina si vede un fuoco all’altezza della prestazioni che il mondo che brilla, una fiamma più vivida di quella esige. Di fronte a questa pretesa di “farsi” di tanti ventenni. Questo è il primo impretanti non reggono e finiscono per “farsi”, visto, appunto un dono immeritato. Esattacome dicono i tossicodipendenti, creando mente l’opposto dell’idea di “farsi da sé”: un proprio mondo di fantasia e illusione». «Se non fosse così, se fosse frutto di una
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nostra capacità, chi saremmo noi rispetto a tutti quelli che li hanno traditi? Farebbero bene a non fidarsi, perché noi siamo poveri diavoli come tutti loro». All’«Imprevisto» quindi si è in cammino assieme, non si eroga un servizio e non si fanno sconti a nessuno: «In un mondo di psicologismo e tolleranza, si tende a chiedere solo il minimo sindacale a chi è stato abbandonato o ha avuto storie di tossicodipendenza, mentre noi chiediamo il doppio, perché non aspettarsi nulla da un ragazzo è un ulteriore e più cocente tradimento. Noi facciamo capire loro che nella vita possono concorrere al primo premio, alla grandezza infinita e alla felicità eterna. E la vita diventa una pace e una festa. Una immensa certezza». Certezza, non illusione, perché chi ha sofferto e ha il cuore scorticato arriva prima alla verità, come quando Silvio tornava dalle letture che don Giussani faceva dei testi degli autori che hanno sempre accompagnato la storia di Cl: «L’annuncio a Maria», «Barabba» e «Miguel Mañara». Bloccava il lavoro di tutta la cooperativa per due o tre giorni e rifaceva le letture come le faceva don Giussani: «Le stesse parole e le stesse pause. Poi andavo dal Gius a raccontare, e mi incalzava: “E loro? Cosa dicono? Come lo prendono”? “Gius, dovresti esser lì anche tu. Capiscono più di noi”. E lui: “Non può essere diversamente”». Una commozione presente e reale quella che bagna gli occhi di Silvio ricordando il Gius, perché «il più bisognoso ero io, per questo l’imprevisto più bello deve essere per me». Pietro Bongiolatti
VOLTI 13
26 agosto
Il successo di un’In-presa La cooperativa nata dall’impegno di Emilia Vergani raccontata nel libro del giornalista di «Tempi» Emanuele Boffi «Io non ho niente di cui lamentarmi, ma solo da ringraziare». Claudia, 18 anni, aspirante cuoca amante dei dolci, arriva allo stand di Inpresa mostrando la frase sulla sua maglietta. Si mette pure in posa per una foto. All’inizio però si lamentava eccome. Quando è arrivata al corso di formazione professionale per cuochi della cooperativa sociale l’In-presa. «Non mi piaceva niente – spiega –, poi ho scoperto che è bello fare da mangiare per gli altri, mi rende felice». All’In-presa, cooperativa sociale nata nel 1997 a Carate Brianza, ci sono 60 persone tra operatori, educatori e insegnanti, che lavorano per Claudia e per gli altri 370 ragazzi che frequentano il centro. Sei di loro sono venuti al Meeting dove lavorano come volontari-cuochi presso il ristorante «Il chicco e il grano». Formazione professionale, inserimento lavorativo, sostegno scolastico, ma non solo. L’idea è nata dall’appassionato lavoro di Emilia Vergani. La storia è raccontata dal giornalista di Tempi Emanuele Boffi che oggi alle 15.00, all’Eni Caffè in D5, presenta il suo libro «Emilia e i suoi ragazzi. L’opera civile della fede». «È un racconto fatto attraverso altri racconti. Ci sono le storie dei ragazzi, degli assistenti sociali, dei primi che ci hanno lavorato. La stessa opera è fatta così, da tante storie – racconta –. Emilia ha visto che c’era un buco nell’assistenza sociale, che la scuola non bastava, ma occorreva inserire alcuni ragazzi in un contesto educativo a tutto tondo». L’avventura dell’In-presa inizia con un ragazzo che ha bisogno di aiuto per prendere la licenza di terza media. Emilia lo prende in casa
I ragazzi della cooperativa sociale l’In-presa che lavorano come volontari-cuochi al Meeting.
con sé, un affido diurno. Dopo la terza media lo aiuta ad orientarsi nel mondo del lavoro e chiede a un amico carrozziere di insegnargli un mestiere. «Emilia aveva capito che certi ragazzi per dire “io” hanno bisogno di un ambito che non sia la scuola» racconta Stefano Giorgi, direttore della cooperativa sociale. «Aveva la certezza che chiunque potesse trovare il suo posto nel mondo – prosegue –. I ragazzi davanti alle difficoltà hanno bisogno di qualcuno che gli dica: vienimi dietro, io sto con te». Come il ragazzo palermitano che, condividendo la passione per il dialetto siciliano con
un insegnante catanese, ha imparato l’italiano per scrivere una bella lettera alla fidanzata. «Per trovare il tuo posto nel mondo devi fare un cammino di conoscenza – continua Giorgi –. Questi ragazzi scoprono che attraverso quello che sanno fare rendono più bella la realtà che li circonda». «La prima tappa che tutti devono raggiungere si chiama licenzia media – prosegue –. Come l’acqua aggirando gli ostacoli, piuttosto scavando nella roccia, raggiunge il mare, loro devono finire la terza media». A sostenerli una proposta didattica che li aiuti a scoprire di più chi sono. Un lavoro inces-
sante da parte di chi sta con loro: «Quello che ci ha lasciato Emilia è di essere instancabili nel proporre ai ragazzi una realtà positiva. Affinché un ragazzo possa trovare il suo posto deve essere guardato senza misura. Ci troviamo tra noi adulti tutti i lunedì mattina per aiutarci a mantenere questa posizione». Aiutarsi a non mollare, perché per qualcuno è proprio dura. Uno dei ragazzi non riesce nemmeno ad alzarsi dal letto la mattina, perché è distrutto dalla sofferenza della separazione dei genitori. La madre è alcolizzata, il padre la picchiava. Gli amici non mollano la presa e vanno a casa sua a prenderlo, perché tutti lo stanno aspettando al corso. Anche giunti alla meta non va sempre tutto liscio. «Una volta c’è stata una rissa tra due studenti e io in quanto direttore – racconta Giorgi – ho dovuto far loro la predica. Poi ho capito che è così grande quello che stiamo vivendo insieme che ci sta dentro anche tutto questo. Sono tornato in classe e li ho ringraziati perché mi hanno richiamato all’urgenza che sentiamo dentro e che cerchiamo di nascondere, magari con reazioni sbagliate come picchiare qualcuno. L’urgenza di vita è saltata fuori, questa ferita è la nostra risorsa». Emilia Vergani è scomparsa il 30 ottobre 2000. Subito dopo la notizia Giorgi si è precipitato a casa sua, dove ha trovato i figli. Checca, la seconda, appena lo ha visto gli ha chiesto: «Cosa succederà adesso all’In-presa?». La risposta è stata immediata: «Sarà più grande di prima». Benedetta Consonni
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I VOLTI 14
26 agosto
Un Risorgimento che passa da Rimini Per Aldo Cazzullo la Chiesa ha alimentato l’unità del Paese permettendo di superare la frattura con lo Stato: «Il Meeting lo dimostra» Pubblico in piedi, mano sul cuore e inno nazionale cantato all’unisono. È iniziata così la presentazione del libro «VIVA L’ITALIA!» di Aldo Cazzullo, nota firma del «Corriere della sera». Lo spettacolo, tenutosi ieri al caffè letterario, è poi proseguito per oltre un’ora con immagini, letture e video, accompagnati dalle spiegazioni dell’autore. Con il supporto di tre attori del Teatro Stabile di Verona, Cazzullo ha guidato i presenti in un viaggio alla riscoperta della storia nazionale attraverso due momenti fondamentali: il Risorgimento e la Resistenza contro i nazisti. Alla fine dell’incontro, fra un autografo e una dedica, siamo riusciti a porre qualche domanda all’autore. La settimana si è aperta con la presenza del presidente Napolitano, come commenta questa visita ufficiale? «La visita inaugurale di un capo dello Stato a una manifestazione come il Meeting è estremamente significativa. Innanzitutto per la centralità che ormai il Meeting ha acquistato nella vita pubblica italiana. In secondo luogo perché Comunione e Liberazione è un movimento cattolico sviluppatosi anche in
reazione al Sessantotto, la cui protesta aveva un’origine positiva ma poi finì per abbracciare il cadavere del marxismo e Cl rispose a questo. Quindi la visita di un personaggio come Napolitano, di estrazione comunista, dimostra come ormai abbiamo superato le divisioni. Se ricordiamo, anche gli inizi del Regno d’Italia con la prima legge, la legge Siccardi, sulla soppressione dei conventi, è evidente che ora abbiamo un’unità che la Chiesa ha alimentato permettendo di superare una frattura fra Stato e Chiesa. Il Meeting, aprendosi così, consacra questo. Anche perché è lo spazio in cui i giovani entrano nella vita pubblica, i giovani su cui si fa tanto polemica, ed è un altro segno positivo. Per questo direi che sono felice di essere qui». Questo è il terzo anno di fila per lei al Meeting, ha qualche ricordo particolare degli anni passati? Perché ha deciso di tornare anche quest’anno? «Negli ultimi due anni sono venuto tutta la settimana, quest’anno non potevo, però ci tenevo comunque a venire innanzitutto per presentare il libro di don Massimo. In secondo luogo perché ci tenevo a portare al Meeting que-
«Ho due figli, 14 e 11 anni, nelle due edizioni in cui sono venuto tutta la settimana li ho portati con me. Quest’anno no, ma sono sicuro che diventeranno degli habitué» Il giornalista Aldo Cazzullo (a destra) con don Camisasca: «L’amicizia con lui è davvero importante per me, è uno degli uomini pi^ù affascinanti che conosca».
sti temi. Non è così scontato che il pubblico del Meeting si alzi in piedi a cantare l’inno di Mameli, che è scritto da un eroe risorgimentale e anticlericale. Quella antica frattura fra “pro“ e “contro“ il Risorgimento oggi è colmata, questo grazie anche al lavoro della Chiesa. Mentre oggi abbiamo raccontato anche storie di cattolici, di sacerdoti, di militari. Per me portare questi temi al Meeting era qualcosa di molto importante, come aver incrociato la sensibilità delle persone che sono qui. Degli anni passati ho un ricordo
molto forte, soprattutto dell’incontro con Scola, l’anno scorso. Diecimila giovani ad ascoltare Angelo Scola. Poi io ho due figli, 14 e 11 anni, nelle due scorse edizioni in cui sono stato qui tutta la settimana li ho portati al Meeting con me, anche se erano piccoli. Quest’anno no, ma sono sicuro che diventeranno presto degli habitué». Ha detto più volte, anche oggi, che per lei una figura importante è don Massimo Camisasca, rettore della Fraternità San Carlo Borromeo. Cosa può dirci?
«L’amicizia stretta che è nata con Massimo Camisasca è davvero importante per me e per la mia presenza al Meeting. Don Massimo è uno degli uomini più affascinanti che abbia incontrato nella mia vita confessionale e uno dei più interessanti in tutta Italia. È un uomo dotato di grande fascino e magnetismo. Tanto che ogni volta che vengo al Meeting pongo come “condizione” di poter presentare il suo libro, anche per aver la sala ancora piena al mio turno». Camilla Binasco
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VITA DA MEETING 15 26 agosto
Il «Villaggio dei Ragazzi» è cresciuto. L’abbiamo percorso con i responsabili Luca Fiorin, editore di «Piccola Casa Editrice», Raffaella Ottaviani e Antonietta Garbuglia. Spazi per il gioco, laboratori per la scienza, il teatro, la scenografia e tanto altro ancora. Insomma, un Meeting dentro al Meeting su misura per bambini da uno a 11 anni. «La dignità e serietà con cui guardiamo i bambini – dice Luca Fiorin – è la stessa con cui guardiamo gli adulti. Altrimenti capirebbero subito che non è una cosa per loro». Tutte le pareti sono illustrate da studenti dell’Accademia di Brera. I genitori accompagnano i figli nella loro piccola esplorazione. Nella mostra «Siamo tutti scienziati» si vedono gli stessi temi proposti agli adulti. Aggiunge Luca: «I bambini fanno esperimenti guidati dagli educatori. Per esempio, l’approccio alla realtà mette in gioco i sensi, e con la vista, aiutata dal microscopio, vedono la struttura della pelle, la differenza fra una pietra pomice e una pietra più dura. Insomma, sperimentano che dal
Padre Marco Finco è uno dei protagonisti del Villaggio ragazzi.
Il Meeting dei bimbi che piace ai grandi Gioco, scienza e teatro (e molto altro) al Villaggio dei Ragazzi Professionisti «in gioco» per insegnare la serietà del vivere metodo arrivi a conoscere». La mostra è preparata da Paola Platania, astrofisica di mestiere. Il contenuto di Marco Bersanelli è nel catalogo. I volontari sono tutti studenti universitari di Matematica, Scienze, Fisica. Tutto è in ordine, i bambini sono tanti. I percorsi sono differenziati in base all’età. I più piccoli giocano nello spazio chiamato del «Pesce felice»,
dal personaggio della rivista Pin Pan di Piccole Tracce, un grande memory e una casetta da costruire. Raffaella spiega che tutti i giochi prevedono un educatore: «Nessuna consolle per videogiochi, niente Disney Channel. La compagnia di un adulto non si sostituisce all’impegno dei piccoli, ma rende la pur piccola fatica un po’ più lieve».
Ieri Leonardo Magnani con i maestri panettieri di Maiolo ha insegnato ai bambini l’arte della panificazione. Nello stand di Popotus operatori di Avvenire insegnano come si fa un giornale. «La nostra sorpresa – osserva Raffaella – è che capiscono al volo. Scelgono un tema, lo illustrano con un disegno e un piccolo testo. Una bimba inglese ha proposto l’intervista esclu-
siva a Cenerentola prima del matrimonio, un altro si chiede: «Ma siamo sicuri che il cattivo sia il lupo?». Alle 18 si svolgono gli incontri a tema. Ancora Raffaella: «Per esempio Nando Sanvito, seguitissimo dai ragazzi, racconta fatti di sport sconosciuti, storie di atleti con risvolti umani che insegnano una dimensione dello sport che sui giornali raramente emerge». Gli spettacoli delle 21 sono realizzati da professionisti di compagnie come L’Altro Cantiere e I Rintocchi, rappresentano Cappuccetto Rosso o La spada nella roccia. Padre Marco Finco, francescano, che sembra frate Tuck uscito dal film di Robin Hood, con la sua compagnia Fin Comics realizza spettacoli con scenografie, canti e testi tutti originali. Quotidianamente 300 bambini lo ascoltano divertiti. E ancora: le classi elementari (scuole Karis di Rimini) accompagnate dalle maestre (in ferie) a raccogliere temi che svilupperanno durante l’anno. Una professionista come Silvana Valmaggi (cura per la Rai le scenografie dell’Albero Azzurro e delle manifestazioni per l’elezione di miss Italia) insegna ai bambini come utilizzare materiali poveri per creare scenografie. C’è poi lo Spazio Enel, lo sponsor, che ha allestito un’area con grandi schermi che si animano qualora i bambini agiscano su speciali tavolette. Questa manifestazione ha impegnato quotidianamente una cinquantina di operatori oltre a quelli che hanno contribuito all’allestimento del Villaggio. Venerdì alle 20.30 grande festa finale con i 65 volontari, tutti gli artisti e i piccoli ospiti. Per l’occasione il Villaggio si sposterà alle piscine Ovest. Ezio Tosco
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SPETTACOLI 17
26 agosto
«Ho fatto il catering per Gesù» Dall’assessore Palmiro Cangini alle storie del Vangelo. Una pièce gastronomico-religiosa per il comico Paolo Cevoli Sold out. Tutto esaurito. Il suo volto non è nuovo al Meeting. Qual è il segreto di Paolo Cevoli che è riuscito già lunedì a vendere tutti i biglietti del suo spettacolo «La penultima cena» (Arena D3, ore 21.45)? Il Meeting non è un evento nuovo a lui. Viene da Riccione, a due passi da qui, non dovrebbe far notizia più di tanto. Certo, è un personaggio del mondo dello spettacolo, il cosiddetto showbusiness, ma non è uno di quelli che cerca di apparire a ogni costo. Non si fa neanche troppa pubblicità, tutto sommato. Ma allora perchè ha conquistato tutti ancora prima di salire sul palco? Il «menù» dello show è senz’altro molto ricco; si capisce dalla similitudine gastronomico-religiosa col quale si presenta: « Il cristianesimo è come le tagliatelle: devi assaggiarle, per sentire quanto sono buone. Così il cristianesimo devi provarlo: è un fatto da gustare e godere». Solo sul palco, con la regia di Daniele Sala, Paolo Cevoli vestirà i panni di un improbabile cuoco dell’antica Roma che si ritroverà a organizzare un catering per Gesù e i suoi apostoli. Dopo questo fatto la vita del cuoco, comprensibilmente, non sarà più la stessa. Un percorso geografico-gastronomico-religioso pieno di gag e imprevisti, dove l’umorismo non impedisce una lettura più profonda della vicenda. Ma la vera ragione del sold out di questa sera si può intuire scoprendo la sua storia (da lui commentata): nasce a Riccione nel 1963, da Luciano e Marisa, albergatori romagnoli. Frequenta il liceo scientifico, poi studia giurisprudenza, laureandosi con 105/110. «Laurea in giurisprudenza. Un perfetto mix fra studio-impegn-
Un angelo per l’Africa Il 16 luglio un grande missionario amico del Meeting (ospite nel 2009 per l’incontro «La nostra Africa»), monsignor Cesare Mazzolari, vescovo in sud Sudan, è morto improvvisamente mentre celebrava la messa nella sua chiesa di Rumbek. L’associazione che ne sostiene le opere, Cesar onlus, è presente al Meeting al padiglione A2 con la biografia del vescovo comboniano «Un Vangelo per l’Africa» (Lindau) scritta da Lorenzo Fazzini. «Assieme possiamo sviluppare la vita del nostro villaggio globale con l’Africa e l’Italia in stretta di mano. Vi sfido. E non accetto un “no”», scriveva Mazzolari nel suo ultimo messaggio ad un gruppo di giovani di Genova. Questa sera nell’Arena D3 lo spettacolo «La penultima cena». I biglietti sono esauriti già da luned^ì.
cazzeggiamento. Mi sono tanto divertito. E basta». Inizia a lavorare nello sviluppo e nella gestione dei fast food «Italy&Italy», per tutti gli anni Ottanta. «Ho tanto sgobbato. Tanto imparato. Abbastanza divertito». Poi si trasferisce a Bologna dove continua a lavorare nel settore: «Numero 14 (quattordici) locali comprati, inventati, ristrutturati, gestiti e rivenduti. In compagnia di soci-amici e amici-soci. Tanto sgobbato. Tanto imparato. Tanto divertito». Parallelamente intraprende un’altra carriera: nel 1990 partecipa al concorso per
giovani comici «La zanzara d’oro», classificandosi terzo. Da quel momento la sua vita subisce una svolta. Porta avanti entrambe le carriere fino a quando nel 2001 non approda a Zelig, dove da subito conquista il pubblico col personaggio Cangini Palmiro («Prima viene il cognome e poi il nome per una questione di educazione e di rispetto»), “piccolo” assessore alle Attività Varie ed Eventuali del comune di Roncofritto. Da lì in poi, il successo. «Zelig TV. Con tutti quelli dell'altra volta più Bisio e tanti altri. A sopresa, tanta gente parla co-
me l'assessore. E ridono. Non solo di testa, ma con tutto l'insieme della persona stessa. Divertito moltissimo. Imparato moltissimo. Vago presentimento che dovrò ricominciare a sgobbare. Difatti». Partecipa al programma televisivo Zelig fino al 2010, e intanto pubblica quattro libri: «Cent'anni di Roncofritto» (2002) che ha vinto il Premio Forte dei Marmi, «Mare mosso bandiera rossa» (2003) che ha vinto il Premio Flaiano, «Maiali & menaggment» (2004) «che non ha vinto niente», «Si vive solo 200 volte» scritto con Patrick
Fogli (2008). Inoltre porta in tour per l’Italia vari spettacoli teatrali: «Roncofritto global show», «Motonave Cenerentola», «Ah, che bel vivere», «Disco paradise ’77» e dal 2010 «La penultima cena», con cui sta spopolando nei teatri di tutto il Paese. La carriera del comico mostra come la popolarità sia nata dal basso, in modo spontaneo, grazie alla simpatia e alla naturale predisposizione a far ridere; il carattere, allegro ed estroverso, fa di lui uno dei comici più amati in Italia, sia sul palco che nella vita. Alberto Castagna
Non è soltanto un Film Festival Due registi toccati da un incontro Robert Hackett racconta con le immagini quella «positività della vita» che ha sperimentato visitando la Fiera. Francesco Filippi raccoglie la sfida: «Voglio capire come le cose che vedo riescano a stare insieme» La premiazione del Meeting Rimini Film Festival è l’occasione per incontrare alcuni giovani cineasti, le cui opere, nelle parole del presidente della giuria, Krysztof Zanussi, «hanno dimostrato un particolare sguardo di apertura nei confronti della vita». È facile, come rimarca il famoso regista polacco, cadere in una delle due tentazioni che possono colpire un autore: cercare il facile consenso del pubblico oppure provare a scioccarlo usando temi o immagini “forti”. Quello che la giuria ha invece inteso valorizzare è innanzitutto la sincerità di chi è disposto a coinvolgersi con la realtà. Un impegno che traspare dalle opere premiate, come abbiamo avuto modo di verificare, anche incontrando due degli
autori premiati. Robert Hackett è un giovane regista londinese, che ha vinto il terzo premio con un corto, «Patience», su due anziane donne in ospedale che dialogano dai due lati della tenda che divide i loro letti. Una è pessimista, risentita dalla malattia e dall’immobilità; l’altra (pur nelle stesse condizioni), ha uno sguardo totalmente differente. Abbiamo chiesto a Robert il perché di questo soggetto: «Mi interessava mostrare come si possa guardare alla vita con una posizione di particolare positività, e come questo non sia forzatamente determinato dalla salute o dalla giovane età: le protagoniste sono due ottantenni bloccate nei loro letti, e una si immagina che l’altra veda tutto rosa solo perché può guardare da una
finestra che lei invece non ha. Invece neanche la prima ha una finestra: tutto quello che teneramente descrive, lo immagina guardando un disegno fatto dalla nipotina. Cosa spinge una persona, anche in punto di morte, a continuare a vedere la vita come qualcosa di positivo, quando potrebbe soltanto recriminare?» È un atteggiamento che pensi di aver trovato anche nel Meeting? «Sono stupitissimo: pensavo di essere stato invitato a un Film Festival come ne ho visti tanti. Ho incontrato una cosa nuova, differente e totalmente inaspettata. Un Meeting che affronta temi diversissimi, ma nel quale vedo un interesse di tutti, giovani e no, per tutti questi aspetti. Una cosa che non ho mai visto, né in patria né all’estero».
Krysztof Zanussi tra Robert Hackett (sinistra) e Francesco Filippi.
Uno stupore che accomuna anche Francesco Filippi, animatore che ha vinto con il corto «Gamba Trista», storia di un ragazzo handicappato che vive sulla sedia a rotelle ma sogna di volare: «Volevo parlare dell’handicap riuscendo anche a far sorridere: lavoro spesso coi bambini e capisco che con loro si può affrontare qualunque tema. Io sono un animatore, così ho girato un cartoon che raccontasse una storia di disagio, ma anche di amici-
zia, speranza, e anche il sogno di volare, che non è solo di chi sta su una sedia a rotelle, e in questo mi rivedo molto nei panni del mio protagonista. Sono un curioso, e la mia prima volta a Rimini (anche se sono di Bologna non ci ero mai stato) è improntata a questo sentimento: voglio cercare di capire come le tante cose che vedo riescano a stare tutte insieme». Beppe Musicco www.sentieridelcinema.it
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QUOTIDIANO Direttore Stefano Filippi Direttore responsabile Cesare Trevisani Editore Associazione Meeting per l’amicizia tra i popoli Associazione riconosciuta con D.P.R. n.869 del 6/8/1986, sede: via Flaminia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini. Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422. Progetto grafico G&C, Milano Impaginazione Edita, Rimini Fotolito e stampa Sigraf via Redipuglia, 77 Treviglio (BG) Registrazione Tribunale di Rimini n.16/91 del 15/07/1991 Pubblicità Ufficio commerciale Meeting Tel. 0541-783100 Fotografi Roberto Masi, Paola Marinzi, Giovanni Zennaro E.mail: quotidiano@meetingrimini.org
RASSEGNA STAMPA
LA GIORNATA
MARE NOSTRUM Ore 11.15 Salone B7 Partecipano: Gian Carlo Blangiardo, Università degli Studi di Milano-Bicocca; Michele Emiliano, sindaco di Bari; Roberto Maroni, Ministro dell’Interno. Introduce Robi Ronza, giornalista. MANZONI E IL RISCATTO DEL POPOLO Ore 11.15 Sala A3 Partecipa Mario Morcellini, Università la Sapienza di Roma. Introduce Davide Rondoni, poeta e scrittore. LA CERTEZZA DELLA SALUTE Ore 11.15 Sala C1 Partecipano: Giancarlo Cesana, Università degli Studi di Milano-Bicocca; S. Ecc. monsignore Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari. Introduce Marco Bregni, presidente dell’associazione Medicina e Persona. DESIDERIO, POPOLO E PARTITI Ore 11.15 Sala Neri GE Healthcare Partecipano: Massimo Borghesi, Università degli Studi di Perugia; Mauro Magatti, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Alberto Martinelli, Università degli Studi di Milano. Introduce Andrea Simoncini, Università degli Studi di Firenze. VOLONTARIATO E SVILUPPO INTERNAZIONALE Ore 15.00 Sala A3 Partecipano: Alberto Piatti, segretario generale della Fondazione AVSI; S. Em. cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum. Introduce Roberto Fontolan, direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione. LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: FRENO O SOSTEGNO ALLO SVILUPPO? Ore 15.00 Sala C1 In collaborazione con Invitalia. Partecipano: Gabriella Alemanno, direttore dell’Agenzia del Territorio; Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia; Attilio Befera, direttore della Agenzia delle Entrate; Renata Polverini, presidente della Regione Lazio. Introduce Monica Poletto, presidente della Compagnia delle Opere–Opere Sociali. FEDERALISMO IN SANITÀ: RISORSE UMANE E FINANZIARIE. QUALE FUTURO? Ore 15.00 Sala Neri GE Healthcare Sono stati invitati: Francesco Bombelli, presidente del Consorzio Hcm; Mario Colombo, direttore generale Istituto Auxologico Italiano; Sandro De Poli, presidente di Ge Healthcare Italia; Carlo Lucchina, direttore generale della Direzione Sanità della Regione Lombardia; Marina Panfilo, Pubblic Affairs & Regional Access Director Pfizer Italia; Costantino Passerino, direttore centrale Fondazione Salvatore Maugeri. Introduce Marco Bregni, presidente dell’associazione Medicina e Persona.
La sfida del Nord Africa LA SFIDA DEL NORD AFRICA: CONCILIARE STABILITÀ E DIRITTI Ore 17.00 Auditorium B7 Partecipano: Tarak Ben Ammar, produttore cinematografico e fondatore di Quinta Communications; Wael Farouq, Università Americana del Cairo e vicepresidente del Meeting Cairo; Franco Frattini, Ministro Italiano degli Affari Esteri. Sarà letto un intervento di Nabil El Arabi, segretario Lega Araba. Saluto di Antonella Mularoni, segretario di Stato agli Affari Esteri della Repubblica di San Marino. Introduce Roberto Fontolan, direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione. LE STRADE DEL SABATO SERA: SICUREZZA E STUPEFACENTI Ore 19.00 Sala C1 In collaborazione con la Fondazione Ania per la Sicurezza Stradale. Partecipano: Marco Bertoli, psichiatra e direttore sanitario dell’Azienda per i Servizi Sanitari Isontina di Gorizia; Iles Braghetto, presidente della Fondazione San Gaetano; Silvio Cattarina, presidente della cooperativa sociale L’Imprevisto; Umberto Guidoni, segretario generale della Fondazione Ania per la Sicurezza Stradale. Introduce Monica Poletto, presidente Compagnia delle Opere-Opere Sociali. CIBO: QUALITÀ O QUANTITÀ PER NUTRIRE IL PIANETA? Ore 19.00 Sala Neri GE Healthcare Partecipano: Giuseppe Battagliola, presidente de La Linea Verde Spa; Stefano Berni, direttore generale del Consorzio per la Tutela del Grana Padano; Marco Lucchini, direttore Fondazione Banco Alimentare Onlus; Vincenzo Tassinari, presidente di Coop Italia. Introduce Camillo Gardini, presidente della Compagnia delle Opere Agroalimentare.
Focus PON RETI E MOBILITÀ. L’Italia al centro del sistema di trasporto euromediterraneo: intermodalità, nuove infrastrutture, sicurezza e innovazione per lo sviluppo della logistica Ore 15.00 Sala Mimosa B6 In collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Partecipano: Pietro Baratono, autorità di gestione del Pon Reti e Mobilità 2007/2013 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Letterio Denaro, responsabile di linea d’intervento del Pon Reti e Mobilità
«Fiat continuerà a fare auto, l’Italia ha ancora voglia di produrle?». Parla John Elkann, dalla platea del Meeting di Rimini e in prima fila Sergio Marchionne applaude. Presidente ed amministratore delegato. Raro vederli insieme, in genere si dividono le “presenze”, ma il messaggio lanciato ieri dal Lingotto evidentemente doveva arrivare da entrambi i canali: proprietà e management. Luca Orlando Il centrodestra potrà vincere anche le prossime elezioni politiche «a patto che entro Natale Silvio Berlusconi faccia un discorso che io definisco a reti unificate per annunciare che non intende ricandidarsi alla carica di primo ministro. Penso che se questo accadrà il centrodestra potrà continuare a governare in Italia». È un Roberto Formigoni a tutto campo quello che al termine di una cena al ristorante «Il basilico» di Rimini confessa le sue previsioni sul futuro politico italiano al margine del Meeting di Comunione e Liberazione. Paolo Griseri
E che cosa c’è nell’aria del Meeting di Rimini, dove il presidente della Re-
2007/2013 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Mario Laurenti, direttore generale per i Sistemi Informativi, Statistici e la Comunicazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Lanfranco Senn, direttore scientifico di Gruppo Clas; Roberto Zucchetti, presidente di Gruppo Clas. IL NUOVO APPRENDISTATO PER SOSTENERE L’OCCUPAZIONE GIOVANILE Ore 19.00 Sala Mimosa B6 In collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Partecipano: Stefano ColliLanzi, vicepresidente di Assolavoro; Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato; Alessandro Mele, direttore della Fondazione Cometa; Gianni Rossoni, assessore al Lavoro e Formazione della Regione Lombardia; Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl. Introduce Emmanuele Massagli, segreteria tecnica del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
Testi&Contesti INVITO ALLA LETTURA. Introduce Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano. Ore 11.15 Eni Caffè Letterario D5 «Il bicentenario dell’indipendenza dei paesi latinoamericani: ieri e oggi» Presentazione del libro di Guzmán Carriquiry (Editore Rubbettino). Partecipano: l'Autore, segretario della Pontificia Commissione per l'America Latina; Anibal Fornari, ricercatore indipendente del Consiglio Nazionale Ricerche Scientifiche e Tecniche dell'Argentina. A seguire: «Di padre in figlio. Conversazioni sul rischio di educare» Presentazione del libro di Franco Nembrini (Editore Ares). Partecipano: l'Autore, direttore della scuola La Traccia; Stefano Alberto, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. INVITO ALLA LETTURA. Introduce Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano. Ore 15.00 Eni Caffè Letterario D5 «Cosa tiene accese le stelle. Storie di italiani che non hanno mai smesso di credere nel futuro» Presentazione del libro di Mario Calabresi (Editore Mondadori). Partecipano: l’Autore, direttore de La Stampa; Alessandro D'Avenia, insegnante e scrittore.
pubblica, domenica scorsa, è stato accolto con le ovazioni («applausi da rock star», scrive la Stampa) che un tempo erano riservati a Giulio Andreotti? Davvero, che cosa c’è nell’aria della grande kermesse estiva di Comunione e Liberazione, raduno di santi e forse anche di qualche navigatore (mentre d’eroi, senza offesa, nemmeno l’ombra)? Diego Gabutti «Cor ad cor loquitor», il cuore parla al cuore. Il motto del cardinal John Henry Newman campeggia, con fotoritratto del prevosto, al Padiglione A1 del Meeting di Rimini, sopra la testa di flotte di visitatori, neanche fosse la Cappella Sistina. È uno strano fenomeno nazionalpopolare, questa mostra dedicata al cardinale anglicano che si convertì al cattolicesimo e che col suo sermone sulla «Seconda Primavera» rilanciò la cultura cattolicaassieme agli inediti di G.K. Chesterton, qui venduti più della Bibbia. Anche un laico può rimanere quasi affascinato (quasi). Francesco Specchia
Da un’intervista a Zanussi:«A Rimini sono venuto la prima volta nel 1981 e poi sono tornato molte volte. Quello che mi ha colpito subito è stata l’in-
A seguire: «Emilia e i suoi ragazzi. L’opera civile della fede» Presentazione del libro di Emanuele Boffi (Editore Lindau). Partecipano: l’Autore, giornalista e scrittore; Stefano Giorgi, direttore di In-presa. INVITO ALLA LETTURA. Introduce Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano. Ore 19.00 Eni Caffè Letterario D5 «La guerra contro Gesù» Presentazione del libro di Antonio Socci (Editore Rizzoli). Partecipano: l’Autore, giornalista e scrittore; Massimo Borghesi, Università degli Studi di Perugia. A seguire: «La ragazza che guardava il cielo. Storia di una grazia inattesa» Presentazione del libro di Alberto Reggiori (Editore Rizzoli). Partecipano: l’Autore, medico; Veronica Asaba, operatrice sociale, responsabile del Meeting Point di Hoima, Uganda.
Spettacoli LA PENULTIMA CENA Ore 21.45 Arena D3 Ingresso a pagamento Monologo storico-comico-gastronomico di e con Paolo Cevoli
Sport CALCIO A 5 Ore 10.30 Il Gioco del Lotto Sport Village Squadra Rolafer Briantea84, Campione d'Italia 2011. IL GIOCO DEL LOTTO SPORT VILLAGE Ore 11.00 Il Gioco del Lotto Sport Village Spazio dedicato allo sport da praticare dove il Gioco del Lotto in collaborazione con Csi e Cdo Sport hanno predisposto e allestito campi per il calcetto, la pallavolo, il beach volley, il basket e il minibasket, il biliardino, il ping pong, la dama, gli scacchi e una fantastica area dedicata al Golf. Tutti i giorni dalle 11.00 alle 24.00 SCHERMA Ore 15.00 Area Piscine Ovest Edison Esibizioni e prove libere con istruttori con l'Accademia d'arme G. Voltolini di Rimini. 4° TORNEO MEETING di RUGBY UNDER 16 Ore 15.00 Stadio di Via Montefiore - Cesena In collaborazione con Federazione Italiana Rugby - Comitato Emilia Romagna. CALCIO A 5 Ore 15.30 Il Gioco del Lotto Sport Village Squadra Rolafer Briantea84, Campione d'Italia 2011. CAMMINATE PER LE VIE E LA STORIA DI RIMINI Ore 21.00 Partenza dall'Arco d'Augusto Ritrovo ore 21.00 Arco d'Augusto Passeggiate per riscoprire le bellezza del centro storico A cura dell’Asd La Pedivella e Csi.
tuizione degli ideatori di non proporre una manifestazione specializzata in un solo campo, ma di fondere tutto insieme, musica, teatro, dibattiti, politica. Questa fusione è poi diventata la tendenza dell’epoca attuale.» Angela Calvini
«Devo confessare che anch’io sono rimasto stupito quando ho visto a Rimini i nomi di tutti i portatori di incertezza che esistono in giro, sia nel mondo politico che in quello economico. Per i politici, prendete il duo Lupi (vicepresidente della Camera, Pdl) ed Enrico Letta, vice capogruppo dei deputati del Pd. So che entrambi fanno parte di un esotico trans gruppo della “sussidiarietà”. So anche che sono intelligenti e si rendono conto che quell’intergruppo non conta niente e non ha alcun ruolo o senso nelle certezze, meno che mai in quelle immense». Furio Colombo
Da un’intervista a Giorgio Vittadini: «L’Intergruppo è la testimonianza di una legittimazione reciproca, ma anche di una vera amicizia che si contrappone a tutte le risse politiche che vediamo la sera in tv». Ettore Maria Colombo
Ci sono grandi progetti e progetti che diventano grandi e ci sono grandi idee che diventeranno grandi realtà, o parte di una grande realtà: il nostro Paese.
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MEETING RIMINI - 21.27 AGOSTO 2011 - RIMINI FIERA PAD. D5
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