Menthalia Magazine - Febbraio 2014

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Periodico d’informazione sulla comunicazione e dintorni

© Lorenzo Moscia

NUM. 2 - ANNO III FEBBRAIO 2014

SPECIALE FOTOGRAFICO

LA RIVOLUZIONE PACIFICA DI BANGKOK a cura di Lorenzo Moscia

IN QUESTO NUMERO Super Papa, il murales che piace Audi olimpica I Google Glass arrivano a Springfield James Joyce ritorna in Irlanda Le eccellenze del made in Italy by Google 14 anni fa le ultime vignette di Snoopy Tulip Bridge: viaggio nel futuro


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numero 2 - febbraio 2014

Editoriale

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Registrazione al Tribunale di Napoli N. 27 del 6/4/2012 Direttore Responsabile: Fabrizio Ponsiglione Direttore Editoriale: Stefania Buonavolontà Art Director: Marco Iazzetta Grafica & Impaginazione: Diego Vecchione Hanno collaborato in questo numero: Valeria Aiello, Stefania Buonavolontà, Flaviana Cimmino, Riccardo Michelucci, Andrea Ponsiglione, Marco Quadretti, Diego Vecchione Menthalia srl direzione/amministrazione 80125 Napoli – 49, Piazzale V. Tecchio Ph. +39 081 621911 • Fax +39 081 622445 Sedi di rappresentanza: 20097 S. Donato M.se (MI) – 22, Via A. Moro 50132 Firenze – 17/A, Via degli Artisti Tutti i marchi riportati appartengono ai legittimi proprietari. La pubblicazione delle immagini all’interno dei “Servizi Speciali” è consentita ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca.

n appena tre anni di vita abbiamo realizzato diversi progetti in grado di coinvolgere e andare oltre la diffusione mediata dai nostri canali di comunicazione. Idee nate da strategie di sviluppo concepite prendendo in considerazione le esigenze, le potenzialità e quelle criticità locali, in grado costruire una rete di cooperazione, sia a livello territoriale che nazionale. Ed è partendo da questi presupposti che nasce la nuova partnership tra Menthalia e Azzurro Napoli Basket, la società sportiva di pallacanestro impegnata nel campionato “Lega Adecco DNA Gold”. Un progetto che non comprende semplicemente un accordo economico di sponsorizzazione, bensì un più ampio programma di interventi finalizzati allo sviluppo di una sensibilità nei confronti delle problematiche del settore giovanile. Una traccia per creare nuove opportunità partendo da un’attenzione specifica sulle criticità delle società sportive, con l’auspicio che possa essere di aiuto a tutti gli operatori del settore. In bocca al lupo, ragazzi!

Marco Iazzetta General Manager Menthalia


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Super Papa, il murales che piace di Flavia Cimmino, Account Office

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cco cosa abbiamo visto su una strada di Roma vicino al Vaticano”. Con questo messaggio la Santa Sede non nasconde lo stupore per il murales apparso nei pressi del Vaticano. È un “Super Pope” quello ritratto con il pugno destro proteso in alto, dal fisico muscoloso, la croce in ferro al collo e una valigetta nera che contiene i “superpoteri”, ovvero quei valori del pontificato, dalla quale spunta una sciarpa rossoblu: i colori del San Lorenzo de Almagro, la squadra di calcio favorita di Papa Bergoglio. Un graffito inaspettato che, invece di essere additato come un atto vandalico, stupisce il Vaticano che si mostra aperto nei confronti della street art, a dimostrazione che Papa Francesco è diventato una vera icona pop. Dopo la copertina del Time che a dicembre lo aveva eletto persona dell’anno, Papa Francesco aveva già conquistato anche la cover di Rolling Stone, la prestigiosa rivista americana specializzata in musica e in quello che fa tendenza tra i giovani: la foto del Papa che saluta sorridente era accompagnata da un titolo che non lasciava spazio a fraintendimenti. “Pope Francis, the times are a-changin”, un’esplicita citazione di una delle più note canzoni di Bob Dylan, inno degli anni ‘60 che accompagnava i movimenti e le rivolte dei giovani di tutto il mondo. Un omaggio al Pontefice che, proprio come Bob Dylan, sta conquistando i giovani grazie alla sua “rivoluzione gentile”. Una copertina che è l’ennesimo segnale di un’attenzione sempre crescente anche negli Stati Uniti nei confronti del Papa argentino, che il prossimo 27 marzo riceverà in Vaticano il presidente Barack Obama per il loro primo e storico faccia a faccia. Quello apparso nel quartiere romano di Borgo Pio è però un murales che va oltre il riconoscimento della rivoluzione che Papa Bergoglio sta attuando nella Chiesa: è un nuovo Papa, simpatico, moderno, inusuale, un superPontefice, che sfida tutto e tutti per

portare i valores tra gli uomini. “Mi piace proprio come uomo, non perché ci credo” spiega Mauro Pallotta, l’autore dello sticker. “Sulla zona non ho mai avuto dubbi: a Borgo Pio, il quartiere papalino per eccellenza, sono nato e cresciuto, e qui oggi tutti adorano Francesco. Proprio per l’empatia che riesce a creare intorno a sé, il Papa è molto pop, e pop come un fumetto l’ho voluto disegnare. I superpoteri di cui l’ho dotato rappresentano l’enorme potere di cui dispone, che lui usa, unico leader al mondo, per fare del bene. È l’unico che fa quel che dice e dice quel che fa. Gli eroi dei fumetti americani discendono da quelli della mitologia greca e io l’ho voluto interpretare in quella chiave, però con tocchi di umanità, quali la sciarpetta della squadra argentina del San Lorenzo, per cui fa il tifo, le vecchie scarpe e quella borsa nera da cui non si separa mai. L’idea mi è venuta una sera di qualche settimana fa: stavo sfogliando un giornaletto di supereroi quando alla tv hanno cominciato a parlare del Papa. Nella mia mente c’è stato come un corto circuito. Ehi, il Papa è un supereroe!” Ma per quanto di gusto e diretto fosse il messaggio, non tutti nella Capitale la pensano come Pallotta. Ed è infatti l’Azienda municipale ambiente di Roma nei giorni successivi a inviare alcuni operatori per rimuovere l’immagine del Papa supereroe. Ma Mauro, che ha avuto un’educazione cattolica ma oggi non pratica, non si arrende e in meno che non si dica fa riapparire il suo Papa Supereroe in un punto che ha ancora più senso: a L’Aquila, sulla vetrina vuota di uno storico negozio di abbigliamento, uno dei 900 esercizi commerciali abbandonati dopo il sisma del 6 aprile 2009. “L’Aquila è una città molto ferita” conclude Pallotta, “è una città che ha bisogno, come i suoi cittadini, di positività”. Un messaggio condiviso e da condividere, affinché i valores possano tornare a dare dignità alla popolazione aquilana. Grazie Super Pope!

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Audi olimpica di Valeria Aiello, Project Manager

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l fail del quinto cerchio olimpico, per quanto alla Russia non sia andato proprio giù (chi non ha visto la foto ritoccata apparsa sui media russi il giorno dopo il flop nella cerimonia di apertura dei giochi invernali o la “forzata” ironia della cerimonia di chiusura) ha ispirato tante battute, che dai social network viaggiano fino a raggiungere t-shirt, i muri di supermercati, i poster pubblicitari di pizzerie, sushi bar (4 roll… più un goccio di wasabi) o dei locali che vendono panini perché oltre alla mozzarella, al prosciutto e ai quattro anelli di cipolla… un quinto mignon non guasta. Perché non c’è pubblicità migliore di quella che nasce da un evento realmente accaduto. E tra tutte, in questa occasione, una ha particolarmente colpito per la sua efficacia. L’abile strategia gioca proprio sul fail del quinto cerchio, quello che non si apre, quello di cui non hai bisogno. Quel cerchio chiuso che troneggia sul campo ghiacciato di Sochi e che diventa un infallibile richiamo per chi su soli quattro cerchi ha costruito un mito.

*When four ring is all you need

Quando quattro cerchi sono tutto ciò di cui hai bisogno recita l’advertising apparso per la prima volta su Reddit, il sito di social news e intrattenimento. Quattro, come i cerchi del logo Audi. In primo piano, ad accompagnare il claim, trionfano due bolidi della casa tedesca in uno scenario glaciale, proprio come quello che si respirava a Sochi quando, ahimè, tutti abbiamo capito che il quinto cerchio sarebbe stato “off ”. Non se la prenda a male Putin, ma questa volta ci sarebbe da complimentarsi con il più sagace dei pubblicitari che, attenzione, non fa parte di quelli della casa automobilistica tedesca. Ebbene sì, la campagna non arriva dall’ufficio marketing del brand di Inglostandt, come riportato da un portavoce di Audi: “Non si tratta di una pubblicità ufficiale. Molto probabilmente è stata l’opera di un fan”. Il risultato è una grande operazione di marketing a costo 0, che fa il giro del mondo per quindi essere additata come un falso, il fake, ad opera di un fan, geniale, ma pur sempre un fan che con la sua sottile ironia saluta da vicino il suo mito automobilistico. Regalargli una R8, no?


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I Google Glass arrivano a Springfield di Andrea Ponsiglione, Events Management

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e credevate di aver archiviato l’argomento regali di Natale… ebbene vi stavate sbagliando, perché a rimetterlo in pista, dall’altra parte del pianeta, ci hanno pensato i Simpson, e più precisamente Mr Montgomery Burns, il dispotico milionario proprietario della centrale nucleare di Springfield, che per Natale ha deciso di fare un regalo ben diverso dalla solita pallina antistress o l’ennesimo calendario ai suoi dipendenti: si tratta dei nuovi Oogle Gloogles, ovvero dei Google Glass, gli occhiali frutto della ricerca e dello sviluppo di Big G, dotati della realtà aumentata. Per Homer, Carl, Lenny e gli abitanti di Springfield, il regalo di Mr Burns non dà solo la possibilità a chi li indossa di conoscere tutte le informazioni relative a cose e persone che li circondano, ma permettono anche allo stesso Mr Burns, preso dalla sua consueta diffidenza, di spiare i proprio dipendenti per evitare furti durante le ore di lavoro. L’innovativo regalo tecnologico, al centro dell’episodio intitolato “Specs and the City” e trasmesso a fine gennaio dall’americana FOX (e che in Italia arriverà probabilmente la prossima stagione), diventa così un’esperienza di vita in quella Springfield che non ha mai nascosto il suo tono sarcastico. E non lo fa nemmeno in questo episodio che si apre con un’esclamazione affidata a Lenni Leonard, tra i primi dipendenti a inforcare il regalo:

“Finalmente non sono più schiavo dei miei stupidi occhi umani!” quasi a preannunciare la conclusione, sorprendentemente umana, sull’uso di un dispositivo incredibilmente tecnologico. Bastano pochi istanti e anche Homer prende confidenza con il nuovo gioiellino:

“Sto guardando dei video di idioti che indossano questi occhiali e che non danno attenzione al mondo reale” esclama papà Simpson con quel suo tono incredulo mentre afferra e morde la sveglia

al posto del suo panino. Così i Google Glass entrano nella quotidianità di Springfield, accompagnando la famiglia Simpson in tutti momenti della giornata, arricchendo la loro vita con interessanti informazioni sul valore degli immobili o sulle caratteristiche delle persone. Perfino quando si va a letto, per vedere cosa cela sotto i vestiti Marge, o mentre si guida la macchina (cosa assolutamente vietata negli Stati Uniti, e lo sa bene la donna che è stata multata per questo). Tanta l’ironia in salsa Simpson ma anche costante discussione sul un tema molto più importante: individuare quella linea di confine tra la condivisione e il rivelare i segreti personali, tra il conoscere le cose e il conoscere se stessi. Proprio come quando Homer scopre un sorprendente segreto che riguarda Marge, e che forse era il caso di non sapere.

“Ho paura che le mogli non dovrebbero lasciare indossare questi occhiali ai mariti” conclude Marge, un epiteto difficile da trascurare che, con quel velo di ironia, fa comprendere le minacce per la privacy che potrebbero derivare da un uso scorretto del device.

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La rivoluzione pacifica di Bangkok Reportage fotografico di Lorenzo Moscia

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ecine di migliaia di manifestanti anti-governativi thailandesi hanno preso possesso pacificamente degli snodi stradali più importanti della città per cercare di paralizzare la capitale fino alla caduta del governo. La protesta denominata “Paralizza Bangkok” che voleva impedire lo svolgimento delle elezioni del 2 febbraio ha mandato in tilt la circolazione stradale ma non è riuscita a bloccare l’ultimo capitolo di un conflitto politico che dura da otto anni, e del quale ancora non si intravede la fine. Le contestazioni contro il governo thai-

landese erano cominciate nel novembre scorso causando una decina di morti. La causa scatenante è una legge di amnistia proposta dall’esecutivo che permetterebbe all’ex premier Thaksin Shinawatra di tornare dall’esilio senza scontare una condanna per corruzione che risale al 2008. Dieci giorni prima delle elezioni il governo ha imposto lo stato d’emergenza nella capitale temendo gravi scontri che invece non si sono verificati, perché alla fine la gente di Bangkok ha preferito organizzare degli accampamenti e dei picnic per le strade, con musica dal vivo, spettacoli


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k e comizi improvvisati. A dispetto dei timori della viglia, le tanto temute elezioni politiche thailandesi si sono svolte in un clima di festosa protesta, con migliaia di persone scese per le strade della capitale per chiedere che non si svolgessero delle consultazioni dall’esito scontato. Il Partito democratico, che sostiene la protesta

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La rivoluzione pacifica di Bangkok


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k anti-governativa, le ha definite “incostituzionali� promuovendo il boicottaggio del voto. In alcuni quartieri del centro della capitale ci sono stati sporadici scontri tra i manifestanti (che hanno bloccato gli incroci principali e costretto molti ministeri

a chiudere i battenti) e alcuni residenti che cercavano di registrarsi per il voto. Secondo i dati ufficiali soltanto il 46% degli aventi diritto ha partecipato alla consultazione. (Foto a cura di Lorenzo Moscia)

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James Joyce ritorna in Irlanda di Riccardo Michelucci, Giornalista

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entrata nel pubblico dominio delle opere di James Joyce, ormai due anni fa, ha dato nuovo impulso anche in Italia agli studi sul grande autore irlandese. La rinnovata attenzione nei suoi confronti ha prodotto nuove traduzioni di quello che è considerato il suo capolavoro, Ulysses, realizzate prima da Enrico Terrinoni per Newton Compton, poi da Gianni Celati per Einaudi. Ma ha anche favorito una rilettura critica del corpus letterario joyceano con una particolare attenzione alle esigenze del lettore comune. Gli studiosi hanno riservato riscontri molto lusinghieri in particolare all’Ulisse tradotto da Terrinoni, validandone non solo l’accuratezza e la vitalità, ma anche

la fi losofia di fondo con la quale è stata compiuta la nuova trasposizione, il cui obiettivo era quello di “restituire Joyce al popolo”, liberandolo una volta per tutte da quell’aura di illeggibilità che lo imprigionava da sempre. E allora chi, meglio dello stesso Terrinoni, poteva fornire al pubblico italiano una guida alla rilettura di questo grande classico della letteratura del XX secolo? Nei prossimi giorni uscirà Attraverso uno specchio oscuro. Irlanda e Inghilterra nell’Ulisse di James Joyce (Universitas Studiorum), un volume che rappresenta un inedito assoluto, almeno per gli studi joyceani in Italia. Traduttore e studioso di Joyce ormai tra i più richiesti e stimati del nostro pae-


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se, Enrico Terrinoni ci off re una nuova mappatura critica dell’irlandesità in Ulysses evidenziando nel dettaglio quella contrapposizione basilare tra Irlanda e Inghilterra che costituisce uno dei tratti fondanti dell’opera, e che nel nostro paese era stato fi nora incredibilmente sottovalutato, spesso addirittura trascurato, al pari del legame profondo e inscindibile dell’opera di Joyce con l’Irlanda. Tanti fattori hanno contribuito ad allontanarlo dalle sue origini, a partire dalla scelta dell’esilio che lo tenne lontano dal suo paese per gran parte della sua vita, fi no al ripudio nei confronti di alcuni aspetti della cultura irlandese. Fatto sta che in Italia, anche per banali motivi linguistici, si è ancora abituati a vedere Joyce come uno scrittore appartenente alla tradizione inglese. O al limite come “un irlandese anglofono educato a una cultura sostanzialmente aliena”, secondo la celebre descrizione del compianto Giorgio Melchiori, padre degli studi joyceani in Italia. Terrinoni fa invece tesoro delle riletture compiute in anni recenti dagli studi postcoloniali e da uno dei suoi capostipiti irlandesi (il professor Declan Kiberd dell’Università di Notre Dame, autore del fondamentale studio Ulysses and Us del 2009) per sostenere con forza la necessità di leggere Ulysses come un testo essenzialmente e profondamente irlandese, e ci invita a seguirlo in un percorso che parte dalla famosa frase di San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, “Videmus nunc per speculum in aenigmate”, cioè “adesso vediamo le cose attraverso uno specchio, nell’oscurità”. Poiché la tecnica del libro si basa su un’inversione costante di significati, Terrinoni sostiene che per decifrare i sottili tranelli linguistici dell’opera sia necessario leggerla come in uno specchio. Il suo libro parte infatti dal presupposto che l’inizio e la fi ne di Ulysses coincidano, e quindi non esamina il capolavoro di Joyce a partire dal principio ma dalla sua conclusione, cioè dal capitolo “Penelope”, da molti considerato l’episodio-chiave dell’opera.

È quindi una sorta di viaggio a ritroso, utile per individuare il senso profondo di una narrazione che procede al contrario e che, lungi dal rappresentare “un testo scomposto, opera di un proletario autodidatta” – come lo defi nì snobisticamente l’inglese Virginia Woolf – evidenzia al contrario un bisogno d’ordine ravvisabile nell’intelaiatura simbolica e nella sua struttura trinitaria. Secondo Terrinoni è impossibile leggere in profondità il capolavoro di Joyce senza gettare uno sguardo approfondito al contesto storico e sociale dell’Irlanda dell’epoca, poiché il libro si compone di un caleidoscopio di personaggi e immagini, di miti e allusioni talvolta subliminali al suo paese e alla teologia della religione cattolica, veri e propri temi dominanti dell’opera. Lo stesso Joyce – peraltro ammiratore del movimento feniano che si batté con le armi per l’emancipazione dal giogo inglese – sosteneva che la cultura irlandese avrebbe dovuto rimanere ancorata alla tradizione cattolica europea, anziché dedicarsi allo scimmiottamento della civiltà inglese. Dall’attenzione alle tematiche del folklore gaelico ai continui riferimenti alla lotta per l’indipendenza – in particolare la rivolta anti-inglese della Pasqua 1916 – dalle continue citazioni alla vita e all’opera di Shakespeare all’universo di micronarrazioni che trattano temi come la patria, la famiglia, la religione, la paternità e infi niti altri: attraverso una complessa architettura linguistica e un utilizzo strumentale della storia e delle sue rappresentazioni, Joyce voleva lanciare con Ulysses un atto di sfida nei confronti della tradizione inglese e compiere un tentativo di autodeterminazione culturale creando il primo grande poema epico per il suo paese. Non a caso Richard Ellmann, il suo maggior biografo, suggerì che l’obiettivo politico di Joyce era l’emancipazione dell’Irlanda. Quanto allo “specchio” usato da Terrinoni, ha grandi meriti nell’aiutarci a decifrare l’affascinante mistero della sua opera.

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Le eccellenze del made in Italy by Google di Marco Quadretti, Web Development

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el 2013 le ricerche su Google legate al mondo del Made in Italy sono aumentate del 12% rispetto all’anno precedente. Un risultato che evidenzia una maggiore curiosità da parte del mondo digitale per quelle che sono le eccellenze della nostra tradizione. Un interesse in crescita specialmente tra giapponesi, russi, americani e indiani che sul motore di Big G ricercano non solo moda e il settore automobilistico, ma anche turismo e cultura gastronomica. Un enorme potenziale per chi è capace di farsi trovare sul web, un potenziale inesplorato e non sfruttato a dovere. Spesso in rete si trovano risposte inadeguate e incomplete, specialmente quando a doverle dare sono le piccole e medie imprese, non necessariamente ancora presenti sul web. Solo il 34% dell’ossatura del nostro tessuto produttivo ha infatti un proprio sito mentre è appena il 13% delle aziende a utilizzare un e-commerce. Un vero peccato se si considera che il 24% del fatturato dell’export delle piccole e medie imprese deriva proprio dalle vendite che avvengono on line. Un valore che si assesta attorno al 39% per le imprese di medie dimensioni. Numeri che dovrebbero spingere le eccellenze del Made in Italy a fare un passo per farsi conoscere. Ma se la montagna non viene a Maometto, ci ha pensato Google ad avvicinarsi alle aziende italiane: il più importante motore di ricerca del mondo ha infatti avviato un progetto in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e con Unioncamere capace di raccogliere e promuovere il pilastro più importante della

nostra economia e della nostra cultura. Ideato e realizzato dal Google Cultural Institute, il nuovo volto comunicativo di Big G (http://google.it/madeinitaly) è una vera e propria narrazione digitale, fatta di foto, video, documenti storici e racconti che riportano indietro nel tempo, alla scoperta dei prodotti e dei territori del Bel Paese. Il Google Made in Italy è una vera e propria vetrina, facile da navigare e davvero ben fatta: una piattaforma, in italiano e in inglese, pronta per una platea internazionale. Al suo interno ospita, al momento, cento mostre, le cento storie che caratterizzano la nostra tradizione alimentare e artigianale. E altre verranno aggiunte in seguito. Un tour che stupisce per la qualità delle informazioni arricchite da documenti storici, lettere originali, fotografie, affissioni pubbliche digitalizzate e tante curiosità. Come quella del cappello indossato da Federico Fellini, oggi esposto al Museo di Montappone e nato dall’attività tradizionale del distretto del cappello, tra i comuni di Montappone e Massa Fermana. Un ventaglio molto ampio che oltre ai notissimi Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto San Daniele e Mozzarella di Bufala Campana, ha tante perle nascoste, ciascuna con testi, video e foto ad alta risoluzione che mettono insieme tanti piccoli dettagli e rarità spesso non note agli stessi italiani. Una vera e propria cassetta degli attrezzi a disposizione di tutti gli imprenditori che hanno intenzione di rafforzare in rete il proprio business e farsi trovare da chi cerca il Made in Italy sul web. “Una fine-


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stra sul mondo” commenta Carlo D’Asaro Biondo, il presidente Sud Est Europa, Medio Oriente e Africa di Google.

“Una strada che potesse essere uno sbocco sensato per le eccellenze del made in Italy, un modo per portare l’Italia verso il mondo e il mondo in Italia”. Una risposta al periodo di crisi che stiamo aff rontando, come spiega Nunzia de Girolamo, ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: “Vogliamo creare l’agroalimentare 2.0. Dare visibilità attraverso la rete a chi, anche in un periodo di crisi, ha dato vita a prodotti straordinari che fanno parte della cultura italiana. Abbiamo creato un collegamento tra la Food Valley e la Silicon Valley”. Per contribuire a far sì che le imprese siano in grado di cogliere i benefici derivanti da internet, alla vetrina Google Made in Italy, si affianca il progetto Eccellenze in Digitale: nato in collaborazione con la Fondazione Symbola e con il coordinamento scientifico del prof. Stefano Micelli dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, si tratta di un percorso formativo online per sviluppare le competenze digitali. Consultabile cliccando la voce “Casi di successo”, è possibile esaminare le esperienze di alcuni imprenditori che hanno scommesso sulla rete e sviluppato il loro business on line, permettendo di apprendere le competenze per raggiungere i migliori risultati. Una risorsa davvero utile che si pone l’obiettivo di sensibilizzare le aziende italiane all’uso del web quale vantaggio competitivo nell’economia moderna.

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14 anni fa le ultime vignette di Snoopy di Stefania Buonavolontà, Marketing & Communications

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ari amici, ho avuto la fortuna di disegnare Charlie Brown e i suoi amici per quasi 50 anni. È stata la realizzazione del sogno che avevo fin da bambino. Purtroppo, però, ora non sono più in grado di mantenere il ritmo di lavoro richiesto da una striscia quotidiana. La mia famiglia non vuole che i Peanuts siano continuati da altri: per questo motivo annuncio il mio ritiro dall’attività. Sono grato per la lealtà dei miei collaboratori e per la meravigliosa amicizia e l’affetto espressi dai lettori della mia “striscia” in tutti questi anni. Charlie Brown, Snoopy, Linus, Lucy... non potrò mai dimenticarli!”.

L’addio di Schulz è scritto su una tavola. Una delle sue tavole, una di quelle 18mila strisce quotidiane che hanno accompagnato milioni di lettori, una di quelle che non si possono dimenticare. 14 anni fa, come scriveva sempre Snoopy, il 12 febbraio 2000 a Santa Rosa, California, “era una notte buia e tempestosa” quando Schulz ci salutava. Salutava così tutti i nati dalla sua penna, i Peanuts, da Charlie Brown a Lucy, Linus e Piperita Patty. In 50 anni da instancabile disegnatore, Schulz si era preso solo cinque settimane di vacanza per festeggiare il suo 75esimo compleanno. In ogni striscia Schulz metteva la propria vita, i propri sogni, le passioni e le delusioni. Emozioni raccontate dai suoi personaggi, capaci di narrare un aspetto del suo carattere attraverso storie che sono diventate un fenomeno di culto mondiale e che hanno riscosso l’interesse anche di grandi letterati.

Dalla prima striscia a fumetti pubblicata dal St. Paul Pioneer Press, il giornale della sua città, nel 1947, dal titolo Li’l Folks, al debutto al grande pubblico dei suoi personaggi trascorrono 3 anni. È il 1950 quando Schulz raccoglie le sue tavole migliori e le invia alla United Features Syndicate, ricevendo quel riscontro che lo porterà a trasferirsi a New York per curare “Peanuts”, storie da leggere velocemente di cui non ci si sazia mai, proprio come le noccioline. In breve tempo i Peanuts diventano il fumetto più famoso al mondo, diffuso in 67 Paesi e pubblicato su oltre 2000 giornali. Un successo universamente riconosciuto e costruito giorno dopo giorno su quella capacità di saper metter a fuoco i problemi e le domande che riguardano tutti noi. Su quella capacità di spiegare attraverso lo sguardo dei bambini il contesto americano di quell’epoca. Dall’innocenza e dall’ingenuità di Snoopy alle insicurezze di Charlie Brawn passando per la rivoluzione al femminile di Lucy e Piperita Patty: i Peanuts rappresentano il vero progresso sociale del fumetto che manifesta l’identità culturale di un’epoca in tutte le sue sfaccettature. E così, quando il papà dei Peanuts se ne è andato, con lui sono finite anche le avventure dei suoi piccoli personaggi. Niente più sport, scuola e sofferenze d’amore calcate di una certa ironia. Nessuno avrebbe dovuto mai continuare a disegnare le avventure dei Peanuts: non solo per la volontà espressa nel testamento da Schulz, quanto per il rispetto di quella profonda empatia tra i personaggi e il proprio ideatore che ha accompagnato intere generazioni raccontanto il normale e il bello della vita.


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Tulip Bridge: viaggio nel futuro di Diego Vecchione, Graphic Designer

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msterdam è una città in continua evoluzione e alla costante ricerca di spazi. Da questa esigenza nascono meravigliose opportunità, tra cui una delle più recenti che sta facendo il giro del globo: quella di creare un ponte multifunzionale che possa diventare simbolo della città. Da quale “icona” dei Paesi Bassi lasciarsi ispirare per un’opera di questo calibro? Ma certamente dal tulipano, simbolo dell’Olanda e forma particolarmente attraente, capace di ispirare la mente dei creativi dello studio di architettura Michael Labory & Bertrand Schippan. Avete intuito bene. La proposta è un ponte a forma di tulipano, ideato non solo per la traversata ma per divenire uno spazio di vita nel quartiere del Museo Hermitage. Un fiore che a seconda del momento della giornata dispiega i propri petali in posizione diverse, il cui cuore diventa il posto dove godere del panorama al centro del canale, dove fermarsi e respirare l’atmosfera cittadina fino a scoprire una nuova visione di Amsterdam. Ma non solo. Il ponte può divenire una spiaggia sofisticata, idonea a prendere il sole anche in una città come Amsterdam, o con un leggero innalzamento dei petali, assumere la for-

ma di un anfiteatro a gradini che ospiterà eventi e concerti pubblici. Un’opera versatile, capace di infinite evoluzioni che può essere utilizzata sia spazio espositivo che attrazione lungo il canale. Ebbene sì, perché con i petali chiusi, il tulipano rivela tutto il suo incanto diventando un richiamo per le barche in navigazione. Nella parte centrale del fiore è previsto un bar a livello dell’acqua da cui godere di una vista prospettica sul fiume decisamente unica. Non basta. La mente degli architetti è andata oltre. Di notte, il Tulip Bridge si veste della forma di una lanterna, cambiando colore a seconda di un determinato evento. Ad esempio può diventare arancione in occasione della festa della Regina, o illuminarsi di rosso per il giorno di San Valentino, o di giallo, per celebrare l’inizio dell’estate… tutti i colori naturali del tulipano capaci di rendere ancora più speciale la notte della città. Un progetto dalla forma straordinaria e avanguardistica che consentirà di vivere al massimo l’elemento principe della cultura olandese, l’acqua, e di regalare alla città uno spazio simbolo che riflette l’atmosfera unica della città. Non ci resta che vederlo realizzato.

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