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za Attenti a non pensare che le carte delle emozioni di questo libro siano uno strumento utile solo a divertirsi. Le emozioni sono una cosa seria e il diffuso analfabetismo emozionale suggerisce di muoversi con cautela, altrimenti quella delle emozioni rischia di divenire una moda. Per evitare questo occorre mettersi in gioco con le proprie emozioni e, per quanto è possibile, a carte scoperte, con l’intelligenza dei tempi e delle disponibilità da parte di ciascuno. Ecco allora che le carte delle emozioni possono divenire un sussidio ludico di straordinarie potenzialità, utilizzabile nei contesti più disparati, specie in quello educativo. Le attività con le carte, qui proposte dopo un’ampia e collaudata sperimentazione, divengono uno spazio nel quale ciascuno può conoscere meglio se stesso e gli altri, apprendere la gestione dei conflitti, sviluppare una competenza nella costruzione di relazioni sociali positive. Le carte, insomma, non sono tarocchi per costruire storie o per prevedere il futuro, ma uno strumento per stimolare la dimensione progettuale che si sprigiona quando impariamo ad accogliere le emozioni della vita. Si può partire anche da un gioco, in fondo, per migliorare le relazioni. Lidia Piatti è counsellor secondo l’Approccio Centrato sulla Persona e formatrice del Metodo Gordon. Responsabile dell’équipe psicopedagogica del Centro Studi Prospettive, svolge attività di consulenza nelle scuole, progetta e realizza interventi con i gruppi-classe e gestisce sportelli di ascolto. Collabora con enti pubblici e privati soprattutto in ambito di prevenzione del disagio, comunicazione e relazione di aiuto, educazione affettiva e sessuale. Collabora con la comunità terapeutica per tossicodipendenti Arca di Como dalle sue origini. La sua attività di formazione per adulti è rivolta prevalentemente ad insegnanti, educatori e genitori, per i quali ha pubblicato con la meridiana Genitori felici (2006). Alberto Terzi, sociologo del Centro Studi Prospettive, è un promotore di progetti di creatività sociale e si occupa di formazione sulla comunicazione, sulle politiche giovanili e sulla popolazione anziana. Ha partecipato a diverse ricerche e progetti per numerose istituzioni ed è stato consulente di alcuni ministeri. Collabora con Luoghi per crescere, società del gruppo cooperativo CGM. Negli ultimi anni si è dedicato alla gelotologia, studiando la comicoterapia e fondando l’associazione di volontariato Stringhe colorate. Con la meridiana ha pubblicato Giovani possibili (2006), Giochi per ridere (2006), Siamo seri! (2007).
In copertina disegno di Stefano Misesti
Lidia Piatti - Alberto Terzi
EMOZIONI IN GIOCO Carte per educare alle competenze emotive
EMOZIONI IN GIOCO
ISBN 978-88-6153-062-1
Euro 28,00 (I.i.)
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Indice
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Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Parte Prima LE CARTE DELLE EMOZIONI L’idea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Perché interessarsi di emozioni? . . . . . . . . . 15 Descrizione dello strumento . . . . . . . . . . . . 21 L’approccio metodologico e le teorie di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . 23 Gli atteggiamenti di fondo del conduttore . 25 Gli errori da evitare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 Le 10 regole del gioco per i partecipanti . . . 31 Le emozioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 Il vocabolario delle emozioni . . . . . . . . . . . . 45 Carte delle emozioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 Parte Seconda GIOCHI E ATTIVITÀ Per iniziare a giocare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 Tabella delle attività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 Area A Riconoscimento e identificazione delle emozioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 Area B Espansione del lessico emozionale . . 67 Area C Manifestazione delle emozioni . . . . . 73 Area D Espressione mimica delle emozioni . 77 Area E Empatia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 Area F Integrazione delle emozioni . . . . . . . 89 Area G Gestione dei comportamenti . . . . . . 99 Area H Emozioni e creatività . . . . . . . . . . . 105 Area I Clima relazionale . . . . . . . . . . . . . . . 115 Focus sulle emozioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123
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Introduzione
L’invito a usare le carte delle emozioni è una proposta molto seria che può essere vissuta e interpretata anche in modo giocoso, ma con tutte le accortezze e le prudenze che il tema richiede. Consapevoli che nella società odierna stanno prendendo piede sentimenti nocivi come il cinismo e l’indifferenza, siamo convinti che questa situazione si sia acuita grazie a un diffuso analfabetismo emozionale e a una sottovalutazione crescente nella cura delle relazioni interpersonali e sociali. Crediamo che sia utile sottolineare che questo tipo di “disagio non è riconducibile a problemi psicologici dei singoli individui. Piuttosto le persone sono vittime di una diffusa mancanza di progetti e di prospettive se non addirittura di sensi e di legami affettivi per cui il disagio non si configura come esistenziale, ma come disagio culturale”1. Senza pretendere di scorrere in velocità il passato delineando un’ipotetica storia delle emozioni, ci basta individuare due grandi pensatori che le hanno trattate con approcci diversi per dimostrare che questo tema non ha ricevuto un riconoscimento adeguato o ha subìto forti pregiudizi, anche perché la scienza non è stata in grado finora di studiarlo in profondità, non avendo a disposizione gli strumenti di misurazione che la medicina oggi usa quotidianamente. Solo di recente il mondo accademico ha iniziato a interessarsene con continuità sia dal punto di vista psicosociologico che da quello neurologico. 1. Galimberti, 2007.
La posizione più ostica che abbiamo rilevato è quella del filosofo della ragion pura, Immanuel Kant, il quale, con l’autorevolezza che lo contraddistingue, ha manifestato una visione negativa delle emozioni, giudicandole pericolose consigliere nella scelta dei comportamenti morali. Adam Smith, al contrario, da grande economista, era convinto che l’azione intelligente è il frutto di un’armoniosa mescolanza di emozione e ragione. Può essere curioso trovare un alleato in una scienza apparentemente più concreta come l’economia ma, riflettendoci bene, il mercato azionario e il mondo della borsa non vivono spesso di colpi e contraccolpi che hanno poco di razionale? Ci piace pensare che d’ora in poi, per andare oltre tutte le valutazioni storiche inadeguate, nessuna scienza della mente o del corpo possa dirsi completa se non terrà conto anche del cuore, luogo e metafora che nel senso comune “custodisce” il mondo delle emozioni e che, allo stesso tempo, le agisce nella pienezza della sua fisicità in concerto con il cervello. Un riferimento non casuale va alla medicina, la scienza della salute ormai proiettata da un lato nell’ipertecnologia e sostenuta da un sentimento di onnipotenza e dall’altro sempre più disarmata quando si affida alle diagnosi più sofisticate, dimenticando il potere terapeutico di un approccio relazionale che sa individuare nelle emozioni delle importanti alleate. Ancora non si riesce a prendere atto che la scarsa umanizzazione del rapporto medico-paziente finisce per impedire il raggiungimento di risultati che potrebbero essere più efficaci. Così come l’adozione di un approccio poco attento al mondo delle emozioni favorisce, di fatto, l’incremento dell’uso delle cosiddette “pillole della felicità”, che sono la risposta sbagliata e artificiale alla richiesta di una maggiore competenza nella gestione delle emozioni e nel riconoscimento del loro valore individuale e sociale. EMOZIONI IN GIOCO
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Non ci si deve nascondere che oggi parlare di emozioni non è solo una necessità, ma anche una moda. E, come tutte le mode, ha i suoi effetti collaterali: in molti casi sembra assodato che non ci si possa muovere o prendere decisioni senza aver valutato l’impatto emozionale del nostro interlocutore; inoltre, nell’ansia classificatoria tipica del nostro tempo, si sono aggiunti nuovi test e si sono inventate nuove categorie con l’introduzione del quoziente emozionale; in alcuni casi si è assistito ad un’eccessiva invasione nel settore educativo delle tecniche che pretendono di misurare gli stati emozionali. Di fronte a questi fenomeni la reazione può essere ambivalente: ci si può allarmare oppure essere contenti. In realtà sembra più utile capire di volta in volta la serietà dell’uso o il rischio d’abuso delle tecniche che si occupano di intelligenza emotiva. Va detto con franchezza che è scandalosamente manipolatorio utilizzare questa “disciplina” come un’arma di controllo sociale. C’è chi, tra i critici, denuncia con forza la pericolosità della teoria dell’intelligenza emotiva che ha avuto in Daniel Goleman il suo più conosciuto divulgatore. Un primo rilievo viene fatto sul possibile effetto definito come “omologazione dei sentimenti”, quando si vuole stabilire quali comportamenti affettivi sono adeguati e produttivi nella società odierna. Un secondo rilievo vede nelle emozioni una sorta di ultima riserva indiana da tutelare, da non violare mediante presunte misurazioni scientifiche che fotografano lobi neurali o collegamenti elettrici e che hanno la pretesa di spiegare meccanicamente passioni, paure o desideri, che invece restano ambiti non osservabili2. La rilevazione di queste critiche, che soffrono, forse, di una vis polemica talvolta eccessiva, risulta particolarmente utile perché ci permette di essere più chiari nello spiegare il nostro intento culturale, stando ben lontani dalle finalità tipiche delle produzioni manualistiche. 2. Ibidem.
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La scelta di scrivere un nuovo libro sulle emozioni o, più precisamente, di proporre uno strumento (le carte) che intende facilitare l’alfabetizzazione a partire dalla quotidianità tiene conto di tutti i rischi appena accennati, ma si fonda sulla convinzione che conoscere meglio e vivere con maggiore consapevolezza le proprie emozioni contribuisca ad arricchire la propria vita, a migliorare le relazioni e a combattere l’indifferenza sociale. Non si tratta di una novità assoluta, anche perché alcuni formatori hanno già iniziato ad usare carte simili. La novità e l’originalità di questa scelta editoriale stanno nella ricchezza della tipologia delle carte e nella fruibilità dello strumento nei più svariati contesti. Inoltre, con la loro pubblicazione ci si propone di disseminarne quanto più possibile l’uso a partire dagli spazi educativi. Gli abusi e gli eccessi nel modo di occuparsi di emozioni sono dei rischi da mettere in conto. L’eventuale disegno di perseguire un’affascinante armonia mediante un controllo sociale fondato sulla gestione delle emozioni non può arrestare le ricerche e le scoperte sul nostro corpo, sul nostro cervello e nemmeno impedire un’educazione che comprenda la valorizzazione delle emozioni. C’è la consapevolezza che indagare in questo campo, talvolta ricco di mistero, possa generare resistenze in relazione alla necessità di riservatezza delle persone, alla loro privacy. Naturalmente tutto questo va tutelato. Ma non si può rinunciare a priori a studiare ambiti apparentemente insondabili. L’intelligenza emotiva dovrebbe far parte di una più ampia intelligenza sociale che deve essere tutt’altro rispetto alla possibilità di manipolare gli altri, arte surrettizia sempre in agguato e sulla quale sono stati concentrati troppi investimenti, i cui risultati negativi sono sotto gli occhi di tutti. La nostra proposta è quella di giocare e, innanzitutto, di mettersi in gioco con le proprie emo-
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zioni, facendolo però a carte scoperte per quanto è fattibile, nel rispetto dei tempi e della disponibilità di ciascuno e con la pazienza che un’opera di alfabetizzazione richiede. L’obiettivo è conoscere meglio se stessi e gli altri che ci sono prossimi per condividere meno momenti di incomprensione e più momenti di serenità o di felicità individuale e sociale. L’educazione emozionale non ha l’intento di annullare i conflitti, ma di ridurre al minimo quelli inutili e di rendere possibile un confronto sano e franco per affrontare quelli necessari che la vita offre tutti i giorni naturalmente. Secondo il Dalai Lama una delle esigenze più importanti del nostro tempo è quella di lavorare sulla “compassione” (consapevoli che il significato del vocabolo inglese compassion è più vicino in italiano a quello dei termini “condivisione”, “empatia”) per tenere a bada soprattutto le emozioni distruttive e favorire una migliore convivenza. Addirittura egli ha espresso il desiderio di mettere a punto veri e propri progetti educativi su questo tema per proporli alle scuole e alle comunità. In effetti, si rileva che negli ultimi decenni l’epidemia della paura e il diffondersi della percezione di insicurezza hanno minato alle fondamenta il sentimento della fiducia e hanno fatto crescere forti resistenze a riconoscere l’altro e i suoi bisogni. Non sono utili al riguardo i giudizi morali, piuttosto occorre elevare la capacità di analisi e di comprensione sapendo che le emozioni, in realtà, non possono essere classificate né come positive né come negative. Le emozioni sono e basta. Ci possono offrire però indicazioni per leggere con più accuratezza le situazioni. E ora, secondo un’opinione diffusa, l’incremento delle conflittualità interpersonali e sociali è una caratteristica della nostra epoca sulla quale ci sembra utile orientare nuovi approcci e proporre strategie e strumenti (come le carte, nel loro piccolo) che possano contribuire a costruire condizioni di
convivenza più accettabili. Questo risultato, per essere duraturo, dovrà fondarsi su un lavoro di progettazione e di creatività sociale condivisa e il più possibile partecipata in cui, ci auguriamo, la scuola sia in grado di essere tra i protagonisti. Sul tema della compassione, per esempio, c’è chi sta lavorando a una nuova disciplina che va in questa direzione: la pedagogia del cuore3. Nella parola “cuore” il corpo e le emozioni hanno forse il loro centro propulsore. Prospettare un’educazione sulla pedagogia del cuore è una grande sfida per i prossimi anni. È significativo ricordare al riguardo un’espressione poetica, ricca di immaginazione, che ci è offerta da Romain Rolland quando descrive l’emozione dell’essere apprezzati e accettati da un altro come “un sentimento oceanico”. Si tratta di un’emozione che probabilmente sta in vetta alle aspirazioni di ciascun essere umano. Sembra che solo in Giappone esista un’unica parola che riesce a sintetizzare questo concetto. È il termine amae, che indica “la contentezza per la totale accettazione da parte di un altro”. L’ideogramma cinese che lo descrive è il disegno di un seno che allatta un infante, un’immagine il cui significato ci sembra immediatamente comprensibile come senso comune4. Per ora è importante essere consapevoli che l’accoglienza e l’accettazione incondizionata di se stessi e dell’altro richiedono molto lavoro assieme alla scelta di mettersi in gioco. Nel nostro percorso di vita non potremo certo aspettarci o pretendere di provare solo le emozioni desiderabili. Si apre davanti a noi una danza delle emozioni che ci richiede un’alfabetizzazione graduale e un allenamento costante.
3. Mottana, 2001. 4. Evans, 2002.
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L’obiettivo è essere sempre più pronti ad affrontare e accettare qualsiasi emozione, sapendo però che è il nostro pensiero, il nostro modo di vedere o guardare le situazioni a generare in noi emozioni diverse. Nel gioco di equilibrio vitale tra le emozioni con differenti polarità è naturale attraversare delusioni e sconforto così come è bello ogni tanto sentirsi avvolti in “un sentimento oceanico” di accettazione e di amore. E tutto questo è la pregnanza e l’intensità del vivere. Ci preme qui ricordare che “la nostra emotività può essere educata e, se vogliamo una società migliore, deve essere educata”5. A questo punto il gioco è aperto e non si tratta di un azzardo. Le carte sono disponibili, non per prevedere il nostro futuro, ma per progettarlo e per accogliere le emozioni che la vita ci presenterà. Buon gioco!
5. Galimberti, op. cit.
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PARTE Le carte delle emozioni PRIMA
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L’idea
borazioni di un gruppo di persone (educatori, psicologi, pedagogisti, sociologi) che insieme hanno ideato progetti, li hanno realizzati e ne hanno valutato attentamente i risultati.
Fin dai primi anni Novanta, quando operavamo nell’ambito della prevenzione del disagio giovanile e della promozione del benessere, realizzando progetti soprattutto nelle scuole ma non solo, ci rendemmo conto di quanto fosse urgente e ineludibile occuparci di emozioni, sia dal punto di vista teorico sia come ambito di lavoro con le persone. Sentimmo ben presto anche l’esigenza di avere uno strumento che supportasse questo nostro lavorare sul clima affettivo, sulla consapevolezza emotiva e sul ruolo che le emozioni giocano relativamente al benessere/malessere individuale e collettivo. Uno strumento che desse, per così dire, maggiore “concretezza e visibilità” alle emozioni e, nello stesso tempo, facilitasse le persone nell’esplorarsi e nell’esprimersi, consentisse di cogliere le sfumature, le gradazioni d’intensità, le variabili dei vissuti e di allargare il lessico emotivo. Con l’aiuto di un grafico mettemmo a punto uno strumento che si rivelò, da subito, di grande efficacia ed impatto. Da allora “Le carte delle emozioni” hanno fatto parte della cassetta degli attrezzi in dotazione ai componenti dell’équipe del Centro Studi Prospettive e sono state utilizzate con varie tipologie di utenti, in contesti differenti e con finalità anche diverse. Le modalità di utilizzo delle carte delle emozioni, il loro impiego e i risultati raggiunti sono stati quindi oggetto di confronto e di riflessione comune da parte dell’équipe, così che la presente proposta di manuale risulta essere il frutto di una serie di esperienze condivise e delle rielaEMOZIONI IN GIOCO
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Perché interessarsi di emozioni?
Ecco alcuni buoni motivi per farlo.
Per favorire i processi di apprendimento, motivazionali e decisionali Che i processi cognitivi e intellettivi, quelli sociali e interpersonali, quelli emotivi e affettivi siano tra loro intrinsecamente collegati è un’affermazione che la letteratura scientifica sostiene in modo sempre più crescente e condiviso. Le emozioni facilitano (ovvero ostacolano) l’apprendimento, condizionano la memoria e influiscono sulle motivazioni, contribuendo non poco al successo nel raggiungimento degli obiettivi. Le ricerche sullo sviluppo cognitivo mettono in evidenza il ruolo del contesto sociale e dell’interazione interpersonale6.
Crediamo che chiunque si occupi di formazione, di animazione o di insegnamento si renda conto, soprattutto nella realtà educativa di oggi, dell’inadeguatezza di un approccio che faccia riferimento solo agli aspetti cognitivi o che si appelli solo al ruolo o si focalizzi sul compito, perdendo di vista la dimensione emotiva che comprende: il proprio stato emotivo, quello dei 6. Cfr. Dutto, in Tuffanelli (a cura di), 1999, pp. 13-17.
soggetti a cui ci si rivolge, il contesto affettivo in cui si cala la relazione, la soggettività con cui parole e comportamenti vengono percepiti e interpretati. È capitato a tutti di incontrare (e magari a volte di essere) un animatore impegnato nel suo ruolo ma paradossalmente “senz’anima”, cioè incapace di “agganciare” sul piano emotivo le persone a lui affidate; oppure un insegnante che si propone come puro trasmettitore di un sapere disciplinare, un “cervello che parla ad un altro cervello”, ma che prescinde dal cuore, il suo e quello di coloro che dovrebbero recepire il messaggio; oppure un formatore che si appella alle sue conoscenze, che gli danno sicurezza, ma si barrica dietro il ruolo, senza mettersi in gioco. La scelta di rinunciare a vivere una relazione autentica, che non esclude la messa in gioco delle emozioni, porta senza dubbio all’insuccesso e genera naturalmente una forte frustrazione… Risulta sempre più urgente, dunque, la necessità di adottare un approccio olistico, che integri cioè gli aspetti intellettivi, sociali ed emotivi dell’apprendimento. È indispensabile superare un approccio frammentato al processo di apprendimento per abbracciare una prospettiva integrata7.
La scuola in particolare non può prescindere dalla necessità di riconquistare il bisogno di allenarsi a riconoscere e a gestire il sapere delle emozioni8. Agli alunni vanno insegnati i fondamentali, come trattare i sentimenti, come sviluppare empatia, come controllare gli impulsi, come gestire situazioni conflittuali9.
7. Ibidem. 8. Sclavi, in Lelario, Cosentino, Armellini, 1998, pp. 145-154. 9. Dutto, op. cit.
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Per creare un clima positivo e collaborativo e potenziare le risorse del gruppo Quando due o più persone si mettono insieme per uno scopo comune (raggiungere un obiettivo di lavoro, impegnarsi in un’azione di volontariato, allenarsi per ottenere un traguardo sportivo, frequentare un corso per apprendere un’abilità, per conseguire un diploma, oppure semplicemente per giocare e divertirsi) non è detto che si trovino bene insieme e che cooperino spontaneamente al conseguimento dell’obiettivo. Perché sviluppino un vero spirito di collaborazione, uniscano e moltiplichino le loro energie, incrementando efficacia ed efficienza, è indispensabile che chi guida, forma e cura il gruppo ponga l’attenzione al tipo di interazioni, agli stili di comunicazione prevalenti e soprattutto ai sentimenti che intercorrono tra le persone e si adoperi, per quanto possibile, a costruire un clima emotivo positivo, che a sua volta stimoli la cooperazione. In qualsiasi gruppo, piccolo o grande che sia, il clima affettivo che si respira, la qualità e l’intensità delle interazioni che intercorrono tra i suoi membri, così come lo stato di benessere o malessere emotivo individuale influenzano la qualità del lavoro del gruppo, il senso di appartenenza dei suoi membri, il livello di cooperazione o di conflittualità. Perciò occuparsi di emozioni, gestire le dinamiche affettive più o meno manifeste, riconoscere l’influenza dei “flussi sotterranei”, significa lavorare per potenziare le risorse del gruppo e favorire il raggiungimento dei suoi obiettivi.
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Per promuovere la salute e prevenire il disagio Dagli studi sul disagio psicologico e sociale, dall’analisi dei fattori che concorrono a favorirne l’insorgenza, sono emerse alcune linee guida utili per gli interventi di prevenzione. Tra queste è stata ormai unanimemente recepita l’indicazione suggerita dall’OMS nel 1997 a educare alle life skills (abilità per la vita) ovvero abilità che, insieme ai fattori protettivi e rinforzanti, contribuiscono a creare comportamenti favorevoli alla salute. Qualsiasi intervento di educazione alla salute oggi non può prescindere dall’educare o rafforzare tali skills. Esse sono: la capacità di prendere decisioni e di risolvere i problemi, il pensiero creativo e il pensiero critico, le competenze di comunicazione efficace e quelle per le relazioni interpersonali, la capacità di affrontare lo stress (individuarne le fonti, gli effetti, imparare le strategie di coping). Ma fra tutte assumono particolare rilevanza per il nostro discorso l’autoconsapevolezza (o autocoscienza), l’empatia e la capacità di gestire le proprie e altrui emozioni. Al contrario, la carenza di tali capacità può rappresentare un fattore di rischio in quanto la persona, specie l’adolescente, potrebbe spingersi alla ricerca compulsiva di regolatori affettivi esterni a sé, come le sostanze psicoattive (droghe e alcol). Chiunque sia in contatto con il proprio mondo emotivo ha maggiori possibilità di utilizzare le emozioni per conoscersi e per “funzionare” meglio, può decidere se esprimerle, con quali modalità, o contenerle, per adattarsi alle situazioni invece che farsene dominare. Chi ha una certa dimestichezza con la dimensione emotiva può comprendere meglio anche gli altri, tenere conto del loro stato emozionale, per preservare la relazione, se è nel suo interesse farlo, o per prenderne le distanze, se il rispetto della propria salute psichica lo suggerisce. Diversamente chi non ha autoconsapevolezza rischia di “agire” le emozioni, mettendo in atto
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comportamenti a rischio per sé e/o per gli altri, o di reprimerle e ignorarle, andando incontro a nevrosi, malattie psicosomatiche, ecc. Le emozioni infatti fanno parte di noi e se ne impediamo l’espressione andiamo incontro a sofferenza. Una sana crescita psicologica implica che le emozioni siano simbolizzate e si trasformino in sentimenti. Chiunque sia interessato alla salute in senso fisico e psicologico e al benessere della persona prende in giusta considerazione la formazione alle competenze emotive che comprendono: la capacità di ascoltare e riconoscere le proprie ed altrui emozioni, la capacità di esprimerle, controllandole quando è il caso, di gestirle, regolandone l’intensità, scegliendo tempi e modalità di espressione, la capacità di decodificare e riceverle dagli altri senza farsi troppo ferire e influenzare. Le nostre ricerche in questo ambito ci hanno portato a considerare l’intelligenza del cuore come uno degli spazi più significativi di intervento per i genitori che desiderino accrescere la felicità familiare e promuovere la massima felicità possibile nella vita dei loro figli. Accenniamo soltanto alle ricerche sull’intelligenza emotiva di Goleman, ai concetti di intelligenza interpersonale e intrapersonale di Gardner e agli studi e alle ricerche sulla delinquenza minorile e sulla dipendenza da sostanze psicotrope. Tra coloro che sono portatori di forme di disagio conclamato come l’abuso di sostanze, infatti, sono state riscontrate diffuse carenze nella capacità di prendere contatto, tollerare e gestire le proprie emozioni e di interagire con quelle degli altri. A queste carenze spesso si associano scarse abilità di comunicazione, di gestione dei conflitti e relazionali in genere. Un insufficiente autocontrollo (che si manifesta con comportamenti impulsivi e aggressivi) e una carenza di abilità emozionali nel bambino e nel ragazzo sono risultate correlate al malessere
in età adulta. Doti di competenze sociali, in particolare emotive e comunicative, sono richieste anche nel mondo del lavoro. È opportuno dunque educare a tali competenze per prevenire la devianza, il malessere psicologico dell’età adulta, ma anche per formare cittadini in grado di muoversi all’interno dell’organizzazione di lavoro.
Per migliorare le relazioni Le relazioni con gli altri sono permeate di emozioni. Ogni interazione passa attraverso il filtro delle emozioni dei soggetti coinvolti. Avere consapevolezza emotiva si traduce dunque in una migliore opportunità di gestire le emozioni e i comportamenti conseguenti, il che influisce in modo notevole sulle relazioni. Esemplifichiamo. Saper ascoltare e accogliere le emozioni significa ascoltare e accogliere le persone in modo intimo e profondo, gettando le fondamenta per relazioni uniche e significative. Saper leggere, ascoltare, decodificare le emozioni vissute dalle altre persone permette di conoscerle meglio, di intuire e capire cosa stanno provando, di scoprire come funzionano, cosa fa loro piacere o dispiacere, quali eventi-comportamenti rischiano di provocare certe loro emozioni, ecc. Chi è più competente da un punto di vista emotivo è più probabile che sappia quando è il caso di parlare o tacere, di fare un gesto o stare a debita distanza, è più probabile che riesca ad andare oltre i comportamenti o le parole dell’altra persona quando è arrabbiata, che riesca a capirla e a darle empatia, a condividere con lei gioie e dolori… Insomma ha maggiori chance di entrare in un rapporto di vicinanza autentica, profonda. Cosa che dà stabilità e fondamento alla relazione. Aiuta anche a risolvere le tenEMOZIONI IN GIOCO
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sioni, le situazioni difficili o conflittuali (come vedremo più avanti). Al contrario, chi è meno in contatto con le proprie e altrui emozioni ed è scarsamente competente a gestirle, si rivela facilmente persona incompetente anche nei rapporti, cioè meno capace di stare con gli altri in modo significativo e piacevole per sé e per l’altro. La persona che manifesta un’accentuata aggressività, per esempio, otterrà in risposta comportamenti altrettanto aggressivi o, nei migliori dei casi, verrà evitata, respinta. Quella eccessivamente timida, insicura, timorosa avrà difficoltà ad inserirsi nel gruppo, a trovare amici. Ancora una volta, risultati di diverse ricerche evidenziano come i deficit di abilità sociali (di cui l’analfabetismo emozionale è una componente) siano correlati al disadattamento scolastico, alla delinquenza, alla non accettazione dei pari. Così come rilevano che i bambini con scarse abilità interattive, raffrontati con coetanei socialmente più competenti, corrono grossi rischi di imbattersi, in età adulta, in problemi di adattamento. Educare ed esercitare alle competenze emotive dunque significa contribuire a dotare la persona di più adeguate competenze relazionali.
Per promuovere i comportamenti prosociali In particolare è la capacità di ascoltare e di condividere i sentimenti altrui a distinguersi come uno dei fattori più importanti che entrano in gioco nel regolare le relazioni sociali, la comunicazione umana e lo scambio tra simili. Sulla capacità empatica si fondano le relazioni di aiuto di carattere professionale, ma anche le amicizie. L’empatia è, per così dire, un prerequisito e un fattore legato alla prosocialità. 18
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Definiamo “prosociale” qualsiasi comportamento teso a migliorare il benessere di una o più persone e/o a ridurne lo stato di sofferenza, senza l’aspettativa di una ricompensa. Rientrano in questo ambito l’atteggiamento di attenzione, di rispetto, di accoglienza nei confronti degli altri, la valutazione positiva, i riconoscimenti positivi dell’altro, il desiderio di alleviare le sue sofferenze, la disponibilità al servizio, le azioni di aiuto fisico, verbale, le dimostrazioni di affetto, i ringraziamenti, ecc. Chiunque intenda educare a comportamenti collaborativi-altruistici o semplicemente sollecitare la solidarietà umana trova nell’empatia un’alleata e una leva per la motivazione ad agire a favore di un altro essere umano. In un mondo che restringe gli spazi della solidarietà, della tolleranza e della diversità, essere capaci di leggere gli affetti degli altri e di rispondere in sintonia consente di modulare il livello della propria esperienza sociale ed apre luoghi mentali ed affettivi all’incontro, alla disponibilità, all’ascolto10.
Per prevenire e contenere fenomeni di bullismo Oggi di bullismo si parla molto, ma abbiamo la sensazione che si faccia poco per prevenire o contenere, forse anche perché non si sa bene cosa fare (al di là del reprimere). Eppure dagli studi sul fenomeno qualche suggerimento emerge. Tra le condizioni che favoriscono l’insorgenza del fenomeno, la letteratura pone in evidenza come caratteristica comune sia al bullo sia alla vittima, l’incapacità a leggere le emozioni, a riconoscerle dentro di sé e nell’altra persona, ad esprimerle in modo adeguato, e l’incapacità a 10. Bonino, Lo Coco, Tani 1998.
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mettersi nei panni degli altri. La vittima, che solitamente ha difficoltà a individuare la rabbia, stenta a riconoscere l’altro come aggressore e a identificare nel proprio comportamento modalità che attivano nell’altro la rabbia. Il bullo risulta invece incapace di riconoscere le emozioni della vittima, di mettersi nei suoi panni, cosa che potrebbe contribuire a indurlo ad astenersi dal mettere in atto i suoi comportamenti di prevaricazione. In un’ottica di prevenzione del fenomeno del bullismo risulta utile dunque proporre esperienze di alfabetizzazione emotiva, che promuovano la capacità di lettura, di decodificazione, il riconoscimento delle emozioni proprie e altrui, l’individuazione delle sensazioni che le accompagnano, degli eventi-comportamenti che le stimolano e dei comportamenti che possono seguirle. Tali capacità sono preliminari a loro volta all’empatia per l’altro, ritenuta fondamentale nel prevenire comportamenti di prevaricazione e di aggressione. Inoltre conta il clima affettivo del contesto. Spesso è la diversità, vera o presunta, di qualsiasi tipo, a provocare atteggiamenti di rifiuto e a suscitare prevaricazioni, scherni, emarginazioni… La diversità può spiazzare e diventare il pretesto per innescare atteggiamenti di bullismo. Ma là dove ci sono le condizioni per entrare in una relazione più calda e dove il clima permette di avvicinarsi, anche la lettura e il vissuto della diversità cambiano. Si può passare all’accettazione delle peculiarità personali, alla tolleranza e alla valorizzazione delle differenze. Si può scoprire che la diversità, per quanto a volte “faticosa” e destabilizzante rispetto alla propria sicurezza, può diventare occasione di crescita, di arricchimento reciproco, di maggiore consapevolezza della realtà.
Per prevenire, affrontare e risolvere i conflitti Se le competenze emozionali sono una parte rilevante nella prevenzione di situazioni problematiche dal punto di vista relazionale, ancora più sono chiamate in gioco quando si intende affrontare e risolvere conflitti, vale a dire quando incomprensioni, contrasti, equivoci, sono già in atto, quando bisogni contrapposti si sono già scontrati, magari ripetutamente, e hanno portato ad una crisi del rapporto o ad un’aperta rottura. Nel processo di soluzione dei conflitti (facciamo qui riferimento al metodo senza perdenti di Thomas Gordon e al metodo win-win o della negoziazione) uno step fondamentale è quello che prevede che entrambi i contendenti, a turno, esprimano come si sentano (utilizzando Messaggio-Io), avendo la garanzia che l’altro ascolterà attentamente (ascolto attivo), astenendosi dal giudicare, dal sovrapporsi, dal controbattere, almeno finché non sia arrivato il suo momento di esprimere il suo vissuto. In questo passaggio è importante che la persona sappia entrare in contatto con il suo stato d’animo e sappia comunicarlo all’altro in modo chiaro, diretto, non aggressivo (cioè senza accusarlo, senza dare giudizi su di lui), assumendosi la responsabilità di ciò che prova. Per colui che ascolta si tratta di mettere in pratica la capacità di mettersi in contatto autentico con lo stato d’animo dell’altra persona (con cui al momento è in conflitto, non dimentichiamolo!), di ascoltarlo con interesse e desiderio di comprenderlo davvero, di calarsi nei suoi panni, decentrandosi da sé, di inviargli messaggi di rimando (empatia) tali che chi precedentemente si è aperto (autorivelato) ha la certezza che il suo punto di vista è stato compreso. Altra capacità richiesta, corrispondente ad un altro step del processo di soluzione dei conflitti, è quella di individuare la situazione (l’evento, il EMOZIONI IN GIOCO
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comportamento) che ha dato origine, almeno indirettamente, all’emozione provata e di descriverla con modalità più neutre possibili, cioè con linguaggio descrittivo, oggettivo. In questo caso la consapevolezza emotiva e l’autocontrollo permettono di tenere separate la descrizione dal vissuto emotivo. In mancanza o carenza delle competenze emotive sopraddette, uscire dal conflitto diventa ancora più difficile! Possiamo affermare che più alto è il livello di competenza emotiva, in un gruppo o in un rapporto a due, meno numerose saranno le occasioni di scontro (si tratterà piuttosto di “confronti”) e meno distruttive saranno le modalità con cui si espliciterà lo scontro e si tenterà di risolverlo.
Per comunicare in modo assertivo ed efficace Nelle relazioni interpersonali la comunicazione ha un ruolo importante e le competenze comunicative presuppongono adeguate competenze emozionali. Facciamo riferimento alle tecniche dell’Ascolto attivo, del Messaggio- IO e del Messaggio di confronto della Comunicazione Efficace Studiata e diffusa da T. Gordon. L’autoconsapevolezza emotiva è prima di tutto condizione per la pratica dell’ascolto attivo: come sarebbe possibile ascoltare empaticamente l’altro, comprenderlo a fondo in ciò che sta vivendo ed esprimendo, dargli dei rimandi su ciò che prova, se chi ascolta non avesse imparato prima ad ascoltare se stesso? A riconoscere e dare un nome a ciò che lui stesso prova? Come potrebbe accogliere, accettare, integrare i sentimenti dell’altro se non fosse impegnato nel fare la stessa operazione con se stesso? È frutto dell’esperienza di ognuno, cre20
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diamo, la convinzione secondo la quale sappiamo stare nel dolore dell’altro, sappiamo gioire con l’altro, tollerare la sua delusione, l’impotenza, la paura se noi stessi abbiamo fatto i conti con la nostra personale delusione, le nostre paure, il nostro senso di impotenza, ecc. L’autoconsapevolezza emotiva è ingrediente irrinunciabile inoltre dei Messaggi Io (l’I-Message, detto anche “di autorivelazione”) attraverso i quali vengono espressi contenuti personali, anche relativi ad emozioni, stati d’animo, sentimenti. Altrettanto per i “messaggi di confronto”, con i quali si entra in un confronto con l’altro, evidenziando delle incongruenze nel suo comportamento o portandolo a conoscenza di qualche sua azione che ha procurato in colui che parla determinate conseguenze ed effetti. Concludendo, dal momento che l’intelligenza sociale e l’intelligenza emotiva hanno una grande rilevanza nell’apprendimento, nel processo di integrazione sociale delle persone in un gruppo e più in generale influenzano la loro crescita e il loro benessere, una formazione che voglia tener conto della persona nella sua globalità, complessità e ricchezza prende necessariamante in considerazione la dimensione affettiva e “lavora con le emozioni”. Le carte delle emozioni possono essere uno strumento (certamente non il solo!) a servizio di tale formazione.
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Descrizione dello strumento
Ciascuna delle carte delle emozioni allegate riporta uno o più termini relativi ad una specifica emozione, accompagnato da un disegno che metaforicamente cerca di definirla attraverso espressioni grafiche di senso comune. Inoltre ogni carta riporta la scritta “Mi sento…” come invito ad avviare una comunicazione di tipo personale e quindi ad aprirsi ad una relazione più autentica con gli altri. Le carte utilizzano dunque sia il linguaggio verbale (più comune, più ricco di sfumature), sia il linguaggio iconico, più simbolico, evocativo, di immediata comprensione anche per chi non conoscesse la lingua o non sapesse ancora leggere (come nel caso di stranieri o di bambini della scuola dell’infanzia). Le carte delle emozioni allegate al presente manuale sono 96, 3 per pagina raccolte in due fascicoli. Certamente non pretendono di esaurire l’infinita varietà di emozioni che l’essere umano può sperimentare, ma ne rappresentano comunque una gamma significativa. La scelta è caduta su queste tra il migliaio di termini disponibili nel vocabolario della lingua italiana e le 200 circa sperimentate in questi 15 anni. I criteri alla base della scelta sono stati: la frequenza con cui sono state scelte nei gruppi e il grado di efficacia nel cogliere l’emozione rappresentata; naturalmente si è tenuto conto anche dell’esigenza di offrire la massima varietà possibile. Potrete voi stessi infine arricchire l’elenco, come la pratica vi suggerirà.
Punti di forza dello strumento Tra gli effetti positivi registrati nell’utilizzo delle carte all’interno dei percorsi formativi e dei progetti di educazione socioaffettiva abbiamo riscontrato soprattutto i seguenti: 1) Sorpresa e piacere. Introdotte al momento giusto e usate con le opportune avvertenze, le carte non mancano di sorprendere piacevolmente e di attirare l’attenzione e l’interesse dei partecipanti, siano essi adulti, ragazzi o bambini. Le persone, anche quelle inizialmente diffidenti, riservate o poco propense ad affrontare la dimensione affettiva, invitate a visionare, a prendere in mano le carte e ad analizzarle con calma, finiscono il più delle volte con il trattenersi piacevolmente nell’operazione. 2) Autoconoscenza ed espressione di sé. Così facendo i partecipanti prendono contatto più facilmente con i propri stati emotivi e, grazie al potere evocativo e proiettivo delle carte, si sentono più liberi di esprimerli. 3) Ascolto e conoscenza degli altri. Dal momento che tutti o quasi tutti scelgono liberamente di esprimere i loro stati emotivi (anche se lo fanno a livelli di profondità diversi), accade che, grazie all’ascolto, i partecipanti accrescano in misura a volte anche sorprendente la conoscenza e la comprensione reciproche. 4) Effetti positivi sul clima, sulle relazioni e sull’efficacia del gruppo. Nel gruppo, in cui siano stati introdotti opportunamente i giochi e le attività con le carte delle emozioni, generalmente migliora in misura significativa il clima affettivo: si alza il livello di intimità, aumentano l’attenzione e l’interesse per l’altro, si smorzano le tensioni, si affrontano e a volte si risolvono i conflitti, cresce la motivazione a cooperare. 5) L’attività lascia tracce sia nella memoria del gruppo sia in quella del singolo. Anche a distanza di tempo i partecipanti la ricordano come un’esperienza intensa e piacevole e chiedono che sia riproposta. EMOZIONI IN GIOCO
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Dove e quando utilizzare le carte delle emozioni Numerosi sono i contesti in cui le carte delle emozioni si sono rivelate un utile sussidio, per esempio: • nei gruppi di adulti in formazione (operatori sociali e scolastici, animatori, educatori, pedagogisti, psicologi, genitori…); • all’interno di progetti aziendali che abbiano tra le loro finalità l’empowerment dei team di lavoro, la qualità e l’efficacia del lavoro; • nel counseling individuale; • in tutti quei contesti, istituzionali o informali, in cui si avverte il bisogno di curare il clima affettivo e di intervenire sulle relazioni (la dimensione socioaffettiva); • all’interno dei progetti specifici di alfabetizzazione emotiva, in cui si vogliano promuovere la prosocialità, l’intelligenza emotiva, le competenze relazionali e comunicative; • nell’ambito degli interventi di educazione all’affettività e sessualità con bambini e ragazzi; • laddove sia necessario prevenire o contenere fenomeni di bullismo; • nei progetti specificamente finalizzati alla gestione dei conflitti; • negli interventi di educazione alla salute e di promozione del benessere psicologico in genere. Fondamentalmente l’ambito del loro impiego è quello dell’educazione socioaffettiva. A titolo esemplificativo personalmente le abbiamo utilizzate, verificandone l’efficacia, nei percorsi di formazione sia con genitori, sia con insegnanti, negli interventi con i gruppi classe (dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado), nei gruppi giovanili (scout, utente di Cag, Grest, campi estivi), nella formazione con adulti appartenenti a varie categorie 22
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professionali (forze dell’ordine, impiegati di uffici pubblici, operatori sociosanitari in strutture per anziani, personale dipendente da esercizi commerciali…), con gli ospiti delle comunità di recupero per tossicodipendenti, nei gruppi di mutuo aiuto, nell’attività di counseling. L’elenco delle situazioni potrebbe proseguire. Spetta a voi espanderlo, in base alla vostra creatività e ai contesti nei quali vi trovate ad operare.
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L’approccio metodologico e le teorie di riferimento
Il quadro di riferimento all'interno del quale è nata e cresciuta l'esperienza del Centro Studi Prospettive è quello della Psicologia umanistica e della Psicologia di Comunità. I principali autori di riferimento sono: Gordon Willard Allport, Arnold P. Goldstein, Abraham Maslow, Carl Rogers, Rollo May, Erich Fromm, Thomas Gordon, Robert Carkhuff, Marshall Rosenberg, Donata Francescato, Anna Putton, Daniel Goleman, ecc. Le modalità con cui suggeriamo di utilizzare le carte delle emozioni sono in consonanza con tali principi.
I principi teorici che ci sembrano comuni a La loro applicazione nel lavorare e “giocare” questi approcci sono: con le emozioni. Il rispetto e la centralità della persona in tutte le sue componenti, corporee, razionali, emotive, etiche, secondo una visione olistica (l’individuo è un’unità psicosomatica da considerare nella sua totalità).
Innanzitutto dare spazio, valore e visibilità a tutte le dimensioni della persona, in particolare a quella affettiva e relazionale, spesso sottovalutata e trascurata, integrandola con le altre (quella corporea, cognitiva, etica).
La visione dell’essere umano nella sua complessità e contraddittorietà ma anche nelle sue potenzialità, in continua evoluzione e crescita: un essere limitato, dunque, ma anche un soggetto attivo e creativo (agente libero e responsabile) che aspira costantemente a migliorare se stesso e le sue condizioni di vita, in un processo di autorealizzazione di cui è sostanzialmente il protagonista (tendenza attualizzante di Carl Rogers).
Lavorare e “giocare” con le emozioni significa accogliere e valorizzare l’individuo (e il gruppo) così come è nel momento presente (nel qui e ora), con i suoi bisogni, i suoi sentimenti, le sue emozioni in continua evoluzione, che rappresentano la specificità dell’individuo in quel dato momento e che, se comprese ed accolte, possono aiutarlo a progredire.
Valore irrinunciabile della cultura umanistica è lo sviluppo e la salvaguardia della salute mentale ed emozionale delle persone: il riconoscimento dei bisogni di ogni individuo, lo sviluppo dei sentimenti di autostima, la valorizzazione massima delle risorse personali e del contesto, la riduzione al minimo delle cause di malessere relazionale costituiscono altrettante tappe verso il benessere.
Riuscire a fare questo vuol dire dare la possibilità alle persone di stare meglio, alleggerendosi di tensioni e carichi emotivi e liberando energie per altri fini, di sentirsi capite e accettate, con conseguenti effetti positivi sull’autostima, sul benessere psicologico e sulle relazioni con gli altri.
Anche il concetto di benessere psicologico individuale dunque ha a che fare con il sistema sociale ed è il risultato di un equilibrio e di un adattamento tra attese, bisogni, risorse del singolo e richieste e risorse dell’ambiente.
Lavorare e “giocare” con le emozioni significa promuovere l’acquisizione della consapevolezza emotiva e della capacità di gestione delle emozioni, l’apprendimento delle capacità di espressione personale e di ascolto, l’assunzione di un atteggiamento di rispetto, di riconoscimento e valorizzazione delle differenze e delle originalità delle persone (che si manifestano essenzialmente attraverso il mondo delle emozioni).
L’attenzione e l’interesse alla persona dunque non solo come individuo ma come “essere - in - relazione” con se stesso, con gli altri, con l’ambiente, quindi in interazione costante con il contesto che influenza e dal quale è influenzato. Ne consegue un grande valore attribuito al gruppo, come contesto in cui l’essere sociale uomo ha la possibilità di soddisfare alcuni bisogni fondamentali, potenziare le sue risorse, condividere vissuti, opinioni ed esperienze, esercitare le competenze comunicative e relazionali, sperimentare ruoli, praticare la solidarietà, confrontare e mettere alla prova valori. In sintesi vivere un’esperienza e poterla rielaborare per farne occasione di crescita.
Lavorare e “giocare” con le emozioni significa promuovere nel contesto del gruppo delle esperienze anche emotivamente forti, da vivere e successivamente elaborare insieme, nella convinzione che quanto avviene nel gruppo può costituire una grande risorsa che trascende l’esperienza del singolo, che pure rimane il soggetto attivo del proprio apprendimento e cambiamento. Significa dunque favorire la nascita, la crescita e il consolidamento del gruppo: la condivisione di vissuti e di esperienze nel gruppo e la loro rielaborazione “guidata” hanno solitamente l’effetto di accrescere la conoscenza reciproca, il senso di appartenenza e l’integrazione dei singoli individui nel contesto e tendono a trasformare il gruppo da aggregato più o meno casuale a gruppo collaborativo, solidale, motivato al raggiungimento di obiettivi comuni.
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Il nostro approccio metodologico, dunque, si ispira agli orientamenti della psicologia umanistica e di comunità, ma soprattutto è nato e cresciuto nella nostra esperienza diretta come formatori, conduttori di gruppo e consulenti, e attraverso questa ha confermato la sua efficacia lo possiamo sintetizzare e concretizzare in alcuni punti essenziali: • Il punto di partenza è il valore fondamentale riconosciuto alla persona umana, chiunque essa sia (anche il bambino dunque ha diritto alla medesima considerazione e rispetto dell’adulto, anche il ragazzo difficile, anche l’anziano che è andato via di testa…). La persona vale e ha diritto ad una forma di rispetto incondizionato non tanto e non solo per quello che sarà o potrebbe diventare, ma per quello che è attualmente, con i suoi bisogni, più o meno consapevoli, le sue potenzialità reali, anche se più o meno espresse, i suoi sentimenti, le sue emozioni, i suoi limiti. Siamo convinti che ogni persona abbia una sua ricchezza che sta essenzialmente nelle sue caratteristiche individuali. E siamo convinti che ogni persona, quando percepisce di godere di fiducia, quando è stata messa in condizione di sentirsi sicura e sente che non ha nulla da temere ad essere semplicemente se stessa, allora è in grado di mettere in gioco questa sua individualità nell’interazione con gli altri e può scoprire di arricchire e di arricchirsi attraverso la differenza. • Lo sguardo positivo sulla persona. Ci accompagnano, nell’approccio con l’altro, la fiducia in lui (un atteggiamento quasi di anticipazione positiva nei suoi confronti) e la disponibilità a vederne le ricchezze, più che le carenze, a credere nella sua possibilità di evolvere da eventuali situazioni di blocco o di sofferenza. • Il conduttore-facilitatore non può prescin24
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dere naturalmente dalla cura del proprio sé e del proprio benessere, per quanto possibile. “Star bene con se stessi per stare meglio con gli altri”, per dirla con uno slogan. • Il clima e le relazioni. Siamo convinti che in ogni contesto (familiare, di classe, di formazione, di lavoro...) i fattori determinanti siano il tipo di clima emotivo che si crea e le relazioni che si instaurano al suo interno. La relazione infatti è lo strumento chiave perché possa avvenire un autentico scambio di esperienza, una trasmissione di contenuti, un apprendimento, un cambiamento. Ne siamo così convinti che il tema del clima nei gruppi è per noi oggetto di ulteriori studi e sperimentazioni la cui rielaborazione potrebbe confluire in una futura pubblicazione. • Le condizioni, necessarie ma non sufficienti, perché si crei una relazione facilitante di questo tipo, prevedono innanzitutto la sospensione di qualsiasi atteggiamento giudicante, valutativo, dogmatico, quindi l’assunzione di una comunicazione che sia chiara, assertiva, autentica, che lasci trasparire rispetto, interesse, attenzione, che sia fatta di ascolto e di comprensione empatica, che si nutra e tenga conto degli aspetti affettivi della persona e della relazione, che parta dal cuore (e non solo dalla testa) e parli al cuore dell’altro e non solo alla sua razionalità.
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PARTE Giochi e attività SECONDA
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Per iniziare a giocare
In questa seconda parte del testo vengono proposte, per educare alle competenze emotive, attività e giochi psicopedagogici che prevedono l’utilizzo delle carte delle emozioni (a volte anche solo come spunto). La scelta delle attività, fra le molte possibili e le loro infinite varianti, è stata dettata dalle finalità che ci sembra importante perseguire quando si intenda lavorare sulle emozioni. I motivi della scelta di tali finalità si evincono da tutte le riflessioni fin qui fatte nella prima parte del testo, tenendo conto della teoria e dell’esperienza. Anche le avvertenze metodologiche da tenere presenti, le modalità con cui procedere, gli atteggiamenti di fondo da assumere il più possibile da parte di chi conduce le attività, crediamo siano state esplicitate adeguatamente nella parte teorica, alla quale caldamente rimandiamo, prima di lanciarsi nella sperimentazione pratica. Le attività, raccolte per macro obiettivi, costituiscono 8 aree contrassegnate da una lettera alfabetica maiuscola. Il lettore potrà scegliere, in base al contesto in cui opera e alla sua esperienza, quali aree privilegiare, quali obiettivi porsi, da dove cominciare… potrà cioè costruirsi un percorso scegliendo per esempio di muoversi all’interno di una sola area o sperimentando progressivamente un’attività per ognuna delle aree. Gli obiettivi generali comuni alle diverse atti-
vità di un’area vengono elencati qui sotto, quindi ripresi e indicati un’unica volta in apertura di area. Gli obiettivi specifici e particolari di ogni attività invece vengono esplicitati in apertura all’attività stessa. Alcune attività hanno obiettivi che appartengono a più aree e potrebbero pertanto essere incluse nell’una o nell’altra. Di seguito presentiamo le aree, identificate con i loro obiettivi e contraddistinte da una lettera alfabetica. A) Obiettivi dell’area riconoscimento e identificazione delle emozioni: • prendere contatto con il proprio stato emotivo e con quello di altre persone; • riconoscere e identificare le emozioni, proprie e altrui, contestualizzandole rispetto a spazi, tempi, persone; • riconoscere la soggettività dei vissuti emotivi; • praticare l’ascolto attivo nei confronti di chi esprime vissuti personali; • cogliere la varietà delle emozioni possibili, la presenza simultanea di stati d’animo diversi, anche di segno opposto (ambivalenza). B) Obiettivi dell’area espansione del lessico emozionale: • arricchire e approfondire il vocabolario delle emozioni; • affinarne l’uso; • incrementare la capacità di discriminazione lessicale emotiva e di categorizzazione fine (percepire e riconoscere le diverse intensità e tipologia delle emozioni). C) Obiettivi dell’area manifestazione delle emozioni: • riconoscere le modalità con cui le emozioni si manifestano, all’interno e all’esterno del corpo; • imparare a individuare i correlati neurovegetativi delle emozioni e da questi risalire alle emozioni. EMOZIONI IN GIOCO
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D) Obiettivi dell’area espressione mimica delle emozioni: • esprimere adeguatamente le proprie emozioni attraverso il linguaggio non verbale; • riconoscere e identificare le emozioni espresse dagli altri attraverso il linguaggio non verbale.
• valutare se i comportamenti messi in atto sono funzionali o disfunzionali, per sé e per gli altri; • acquisire abilità di autoregolazione del proprio comportamento; • allargare la gamma delle strategie di comportamenti possibili (“cos’altro potrei fare?”).
E) Obiettivi dell’area empatia: • aumentare la consapevolezza circa l’esistenza simultanea di più punti di vista, anche diversi tra loro; • riconoscere la soggettività e la legittimità di tutti i punti di vista e dei relativi vissuti; • sapersi decentrare dal proprio punto di vista e assumere la prospettiva altrui; • calarsi in situazioni diverse da quella attuale; • esercitare l’empatia: mettersi nei panni dell’altro, provare ciò che lui prova e mostrare comprensione; • sperimentare i benefici del dare e ricevere empatia; • imparare a tenere conto delle emozioni degli altri oltre che delle proprie.
H) Obiettivi dell’area emozioni e creatività: • esercitare la creatività (personale e di gruppo) nell’esprimere le emozioni; • leggere e decodificare le emozioni veicolate attraverso opere musicali e artistiche; • riflettere sulle molteplicità dei modi in cui le emozioni possono essere espresse; • favorire l’espressione delle emozioni attraverso modalità non convenzionali.
F) Obiettivi dell’area integrazione delle emozioni: • diventare più consapevoli del livello di accoglienza, accettazione e tolleranza delle emozioni; • riconoscere l’utilità e la funzione svolta da ogni emozione; • accogliere e integrare tutte le emozioni. G) Obiettivi dell’area gestione dei comportamenti: • prendere consapevolezza che i pensieri, le interpretazioni soggettive influenzano le emozioni e di conseguenza i comportamenti; • accrescere la consapevolezza del proprio modo di reagire alle emozioni (azioni messe in atto a seguito di un determinato stimolo ed emozione); • riflettere sugli effetti e le conseguenze dei comportamenti; 54
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I) Obiettivi dell’area clima relazionale: • rilevare il clima prevalente nel gruppo e le dinamiche affettive che agiscono al suo interno; • aumentare la conoscenza, l’interesse e l’attenzione reciproche tra i partecipanti; • migliorare le relazioni tra i membri del gruppo; • monitorare nel tempo il clima del gruppo; • restituire al gruppo un’istantanea del clima emozionale esistente.
Per chi opera nella scuola Chi lavora in ambito scolastico troverà nei laboratori, nelle attività pomeridiane ma anche all’interno delle discipline e delle ore curriculari l’occasione per proporre i percorsi e le attività con le carte delle emozioni nel pieno rispetto degli obiettivi previsti dai programmi ministeriali. Facciamo qualche esempio. Lingua italiana: rientrano a pieno titolo nell’insegnamento della lingua italiana tutte le attività
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finalizzate all’arricchimento del lessico emotivo, al riconoscimento e all’identificazione delle emozioni, all’affinamento della capacità linguistica di discriminare tipi di emozioni, livelli di intensità, sfumature di significato. Parimenti possono facilmente rientrare nella didattica della lingua le attività finalizzate a individuare in un testo scritto le parole che connotano l’emozione, quelle che stimolano a distinguere e saper usare sia il linguaggio descrittivo-oggettivo (utile per esempio quando si debba descrivere l’episodio, il comportamento-stimolo) sia il linguaggio soggettivo (da utilizzare quando si intenda esprimere vissuti personali). Inoltre tutte le attività che favoriscono l’espressione del proprio stato soggettivo e l’ascolto attivo di quello degli altri.
Scienze: all’interno di questa disciplina possono trovare posto le attività per riconoscere i segnali che il corpo invia in presenza di una data emozione e per individuare i correlati fisiologici delle emozioni.
Educazione all’immagine: tra gli obiettivi della disciplina trovano spazio l’imparare a riconoscere gli elementi che in un’immagine indicano le emozioni (il tratto grafico, la scelta cromatica, l’utilizzo dello spazio a disposizione), l’apprendere ad utilizzare tecniche, materiali, colori ai fini espressivi, sperimentare modalità diverse e creative per esprimere emozioni personali. Educazione al suono e alla musica: fa parte dell’insegnamento della disciplina l’attività di analisi delle emozioni suscitate dall’ascolto di brani musicali, l’individuare e riconoscere gli elementi attraverso i quali sono veicolati i messaggi emotivi (ritmo, tono, intensità…) e il produrre brani capaci di indurre particolari stati d’animo. Educazione motoria: l’insegnante di questa disciplina ha occasione di stimolare gli alunni a esprimere con il corpo le varie emozioni e a decodificare quelle degli altri, a mettere in collegamento posture e mimiche a particolari stati emotivi. Può insegnare tecniche di rilassamento agli alunni come mezzo per contenere reazioni negative connesse a forti emozioni. EMOZIONI IN GIOCO
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za Attenti a non pensare che le carte delle emozioni di questo libro siano uno strumento utile solo a divertirsi. Le emozioni sono una cosa seria e il diffuso analfabetismo emozionale suggerisce di muoversi con cautela, altrimenti quella delle emozioni rischia di divenire una moda. Per evitare questo occorre mettersi in gioco con le proprie emozioni e, per quanto è possibile, a carte scoperte, con l’intelligenza dei tempi e delle disponibilità da parte di ciascuno. Ecco allora che le carte delle emozioni possono divenire un sussidio ludico di straordinarie potenzialità, utilizzabile nei contesti più disparati, specie in quello educativo. Le attività con le carte, qui proposte dopo un’ampia e collaudata sperimentazione, divengono uno spazio nel quale ciascuno può conoscere meglio se stesso e gli altri, apprendere la gestione dei conflitti, sviluppare una competenza nella costruzione di relazioni sociali positive. Le carte, insomma, non sono tarocchi per costruire storie o per prevedere il futuro, ma uno strumento per stimolare la dimensione progettuale che si sprigiona quando impariamo ad accogliere le emozioni della vita. Si può partire anche da un gioco, in fondo, per migliorare le relazioni. Lidia Piatti è counsellor secondo l’Approccio Centrato sulla Persona e formatrice del Metodo Gordon. Responsabile dell’équipe psicopedagogica del Centro Studi Prospettive, svolge attività di consulenza nelle scuole, progetta e realizza interventi con i gruppi-classe e gestisce sportelli di ascolto. Collabora con enti pubblici e privati soprattutto in ambito di prevenzione del disagio, comunicazione e relazione di aiuto, educazione affettiva e sessuale. Collabora con la comunità terapeutica per tossicodipendenti Arca di Como dalle sue origini. La sua attività di formazione per adulti è rivolta prevalentemente ad insegnanti, educatori e genitori, per i quali ha pubblicato con la meridiana Genitori felici (2006). Alberto Terzi, sociologo del Centro Studi Prospettive, è un promotore di progetti di creatività sociale e si occupa di formazione sulla comunicazione, sulle politiche giovanili e sulla popolazione anziana. Ha partecipato a diverse ricerche e progetti per numerose istituzioni ed è stato consulente di alcuni ministeri. Collabora con Luoghi per crescere, società del gruppo cooperativo CGM. Negli ultimi anni si è dedicato alla gelotologia, studiando la comicoterapia e fondando l’associazione di volontariato Stringhe colorate. Con la meridiana ha pubblicato Giovani possibili (2006), Giochi per ridere (2006), Siamo seri! (2007).
In copertina disegno di Stefano Misesti
Lidia Piatti - Alberto Terzi
EMOZIONI IN GIOCO Carte per educare alle competenze emotive
EMOZIONI IN GIOCO
ISBN 978-88-6153-062-1
Euro 28,00 (I.i.)
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