5 minute read
1.1 L’accompagnamento spirituale
altri (ministri del culto, stregoni e altri facenti funzioni di curanti dello spirito), non significa che non sia parte costitutiva della persona. Anzi evidenza il mancato sviluppo della ricerca scientifica e professionale, finalizzato all’esplorazione di queste dimensioni e di quanto possono contribuire all’aiuto e alla cura. In questo senso quindi la dimensione spirituale non è un valore aggiunto, un complemento ma un fattore costitutivo dell’azione umana e della relazione d’aiuto in primis8 . Ogni accadimento della vita, la malattia in particolare o ancor più l’avvicinarsi della morte modificano l’esperienza di senso, interrogano sui propri valori e fondamenti. La presenza della malattia grave o mortale mette tutti, pazienti e curanti, nella stessa barca, a contatto con la finitezza della vita umana, con quel limite con il quale è inevitabile confrontarsi prima o poi. Dunque la malattia non è un’esperienza puramente biologica così come la morte non è un evento medico. A qualsiasi operatore potrà essere chiesto “cosa accadrà di me adesso che sto per morire?”.
2.
Advertisement
Il senso del lavoro dell’Assistente Sociale in hospice
di Maria Rosa Rizzi1
Il lavoro dell’Assistente Sociale nel mondo sanitario è sempre stato caratterizzato da una ricerca continua di senso, di confini, di fronte alla dominanza sanitaria, alla sua scientificità e dimostrabilità. A distanza di più di quarant’anni dalla legge n. 833/78 di riforma sanitaria, che introduce il principio di salute come presa in carico globale della persona, ancora è difficile realizzare pienamente nei servizi sanitari e socio-sanitari questo concetto di visione integrata. La legge 38 del 15 marzo 2010 ribadisce con forza che nella fase finale di vita l’intervento di aiuto alla persona non può essere solo di carattere sanitario, ma rimarca con determinazione il concetto di qualità di vita, fatto di presa incarico sanitaria, psicologica, sociale, relazionale, quindi globale e integrata, concetti espressi in molte normative a partire dalle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli sforzi per concretizzare questi principi sono costanti e preziosi e a questo riguardo un ringraziamento va all’importante contributo della Rete Nazionale Assistenti Sociali in Cure Palliative per il lavoro di realizzazione del Core Curriculum e del documento “Suggerimenti operativi per Assistenti Sociali nelle Cure Palliative”. Tuttavia a distanza di dieci anni dall’entrata in vigore della legge 38/2010, non c’è ancora la sua piena attuazione: non tutti i servizi della Rete di Cure Palliative hanno all’interno dell’équipe psicologo e Assistente Sociale, e spesso troviamo solo infermieri e medici; ancora oggi il lavoro di presa in carico globale della persona viene parcellizzata, frammentata senza che ci sia la piena realizzazione ad esempio dei percorsi integrati di cura.
2.1
Lavorare in un hospice quindi ha impattato necessariamente nella ricerca di senso, del ruolo, delle funzioni, della mia professione non solo nel mondo sanitario, ma del significato del mio lavoro nel fine vita. Ho sentito, non molto tempo fa, un medico palliativista che diceva “cosa me ne faccio di una Assistente Sociale in hospice, l’invalidità civile la faccio io e l’amministratore di sostegno non c’è il tempo per farlo…”. Ne deriva che la professione dell’Assistente Sociale è spesso poco conosciuta e compresa nelle sue potenzialità da parte degli altri professionisti dell’aiuto.
I prIncIpI normatIvI e la realtà professIonale
Nel riflettere sulle funzioni dell’Assistente Sociale ho considerato alcuni punti di analisi.
La prima riflessione su cui mi soffermo è il termine diritto: viviamo in uno stato di diritto e le persone hanno dei diritti. Le Cure Palliative sono state inserite nei LEA nel 2001. La legge n. 38 del 15 marzo 2010 all’art. 1 recita: “La presente legge tutela il diritto del cittadino ad accedere alle Cure Palliative”. L’Oms nel 1990 definisce che “l’obiettivo delle Cure Palliative è il raggiungimento della migliore qualità di vita per il paziente e per la famiglia”. Credo che il nostro compito fondamentale come Assistenti Sociali sia di trasformare, declinare i diritti in possibilità concrete per le persone. Nelle nostre quotidiane attività dobbiamo avere l’obiettivo di accorciare il gap di distanza tra i diritti delle persone e la realtà concreta fatta di disponibilità di risorse, purtroppo sempre più ridotte. Quindi avere chiaro che il cittadino, la persona, ha un diritto ci aiuta a condurre le nostre azioni, le nostre comunicazioni con le persone in situazione di bisogno: è un loro diritto, io sono un professionista che svolge una funzione di tramite, di accompagnamento verso l’acquisizione di un diritto. Tutto ciò è ben individuato nel nostro Codice Deontologico al Titolo V, art. 41:
L’Assistente Sociale favorisce l’accesso alle risorse, concorre al loro uso responsabile e contribuisce a ridurre lo svantaggio legato alla loro scarsa
o mancata conoscenza. Parimenti favorisce la corretta e diffusa informazione sui servizi e sulle prestazioni erogate dal sistema in cui opera e, più in generale, dal sistema di welfare locale, regionale e nazionale, comunque articolato.
Le funzioni e le azioni che concretizzano il diritto dei cittadini ad accedere e a utilizzare il servizio di un hospice passano attraverso alcuni interventi dell’Assistente Sociale, quali:
• fornire informazioni e aiutare le persone nell’accesso ai servizi, quello che noi chiamiamo il segretariato sociale. Il termine
“segretariato” potrebbe richiamare una idea di banale informazione su moduli e servizi, ma in realtà è già una lettura del bisogno, e la modalità con cui si attua questo primo intervento può già essere un sostegno per aiutare le persone a scegliere.
A distanza di dieci anni dall’emanazione della legge 38/2010 ci sono ancora medici di medicina generale che non hanno i moduli per la richiesta di hospice, ancora le persone non sanno che esistono le Cure Palliative, ancora si pensa che le Cure Palliative siano basate sull’uso di farmaci placebo. Pertanto questo diritto alla conoscenza e all’utilizzo del servizio si concretizza nel ricevere familiari e persone che chiedono informazioni, nel ricevere richieste di informazioni sul servizio da colleghi, da altri medici, e questo lavoro contemporaneamente favorisce una cultura e conoscenza delle Cure Palliative; • accompagnare il paziente e la famiglia a una conoscenza del servizio in modo che la scelta di questo loro diritto, sempre estremamente difficile e complessa, sia più consapevole possibile.
Ciò si traduce in colloqui con le persone, familiari, amici dei pazienti prima di un eventuale accoglienza in hospice, che con apprensione, timori, preoccupazioni, paure chiedono spiegazioni: “Ma è eutanasia? Ma lo farete morire senza curarlo? Ma i medici ci informeranno? Ma soffrirà? Ma dobbiamo pagare la retta? Ma gli direte che sta morendo?” sono solo alcune delle domande più frequenti; • costruire con l’équipe e con la famiglia, a volte con il paziente stesso, il progetto “socio-assistenziale”, per il tempo che rimane, e nel dopo, con la famiglia se chiede un sostegno.
Questo intervento si concretizza nel collegamento con la rete dei servizi territoriali, con informazioni alla famiglia su aiuti economici, domiciliari, servizi per figli minori, per sostegno