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1.2 La dimensione religiosa

personale, il “dopo di noi”, i servizi di volontariato e l’associazionismo, ecc.; • costruire con l’équipe e la famiglia progetti alternativi al ricovero se l’hospice non è più il ricovero adatto (rientro al domicilio, servizi domiciliari, rete Cure Palliative, collegamento con i servizi del territorio per la co-costruzione del progetto, ecc.); • promuovere una cultura delle Cure Palliative, in qualsiasi occasione e momento, attraverso un linguaggio appropriato e una divulgazione sul concetto di care globale, insito nell’accompagnamento al fine vita.

Questo tipo di operatività – e possiamo metterci dentro molto altro del nostro lavoro – è rendere possibile il diritto alla persona di utilizzare i servizi. Non nego che nei primi tempi di lavoro nell’hospice mi sono chiesta spesso “io che ci faccio qui? Io mi occupo di futuro” e avvicinarmi al grande tema del morire non è stato semplice, ma gradualmente ho sentito la profondità del messaggio, del valore delle Cure Palliative: noi ci occupiamo di vita, di un tratto finale di vita, e ci occupiamo di qualità di vita, valore professionale che rientra pienamente nella professionalità di un Assistente Sociale. E la qualità di vita è solo la traduzione un po’ più concreta del fondamentale principio etico della dignità umana.

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Introduco il secondo punto di analisi citando una frase che ho ascoltato a un convegno lo scorso anno da Ines Testoni che ho fatto mia: “L’intervento di Assistente Sociale e psicologo nelle Cure Palliative declina la dignità del fine vita”. La riflessione che svolgerò riguarda la qualità di vita e la dignità come diritto di legge. La qualità di vita è dignità; è un diritto del cittadino che nei servizi sia garantita una buona qualità di vita attraverso il rispetto della dignità della persona e della sua famiglia. La legge n. 38/2010 all’art. 1, comma 2 recita:

È tutelato e garantito l’accesso alle Cure Palliative e alla terapia del dolore da parte del malato, nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza […] al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l’equità nell’accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze.

lori umani, rischia di essere un concetto e un termine vago, che rimane sullo sfondo, rischia di essere un riferimento astratto, generico, impersonale: non è misurabile, è di interpretazione molto soggettiva ed è molto difficile concretizzarlo in un settore come quello della salute, che si sta orientando sempre più a tecnicismi e misurazioni oggettive. Luhmann afferma che la dignità non è una condizione originaria dell’essere umano, ma è un concetto che si forma nelle relazioni sociali ed è un processo dinamico che si modifica in continuo2 . Pertanto la dignità si concretizza nelle relazioni. Sebbene noi esseri umani non sappiamo definire bene la dignità, abbiamo però una buona capacità di sentire la mancanza di dignità, che nella vita quotidiana viene immediatamente percepita da chi se ne sente privato3 . Ho analizzato, con estrema soddisfazione e allo stesso tempo con amarezza, come il termine dignità sia indicato, e reso un valore obbligatorio da rispettare, in moltissime normative:

• Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (New York 1948); • Costituzione italiana (1948); • Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Nizza 2000, Lisbona 2007); • Convenzione del Consiglio d’Europa (Oviedo 1997) ratificata dallo Stato italiano con la legge n. 145/2001; • legge n. 833/1978 di riforma sanitaria; • legge n. 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”; • legge n. 38/2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle Cure

Palliative e alla terapia del dolore”; • legge n. 219/2017 “Norme in materia di consenso informato e di Disposizioni Anticipate di Trattamento; • World Health Organization (1990; 2002; 2014); • codici deontologici di medici, Assistenti Sociali, psicologi, infermieri; • i Piani socio-sanitari nazionali; • i Piani socio-sanitari Regione Veneto.

Tutte le normative elencate declamano il valore della dignità, che si deve tradurre nel prendersi cura della persona nella sua “globalità”, altrimenti non è cura, non è salute. Sebbene sia evidente

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