2 minute read
di Aida Talliente
Teatro L’ATLETA DEL CUORE
@aidatalliente
Advertisement
di Aida Talliente - fotogramma dal film “Principe Costante” di Grotowski
Quando lavoro sulla formazione, per poter dare gli strumenti che riguardano il percorso attoriale, parto dal lavoro fisico cercando di formare un attore come persona e come strumento per la scena, attraverso diverse tecniche. Queste utilizzano elementi della danza contemporanea, del feldenkrais, della biomeccanica, di training che hanno radici Grotowskiane o Barbiane e di tutti quei princìpi che possono mettere in moto la materia fisica in tutte le sue direzioni, per contattare lo strumento corpo, ovvero lo strumento della nostra azione e della nostra presenza. Una parte del lavoro è dunque dedicata al corpo, una parte è dedicata al lavoro sulle sensazioni, che ha bisogno di un tempo più lungo e di più tappe. Il corpo e la parte emotiva sono elementi fondamentali per questo lavoro. Il corpo deve essere preparato perché diventa lo strumento che permette di andare a ritrovare delle sensazioni che abbiamo attraversato in momenti importanti della nostra vita soprattutto sul piano affettivo, perciò si parla di amori, di amici, di famigliari, di dolori e di tutti quei paesaggi che ci abitano dentro, che si trovano all’interno di una dimensione più intima e che si sono accumulati come forti esperienze personali all’interno di ognuno di noi. Questi elementi sono dei motori importantissimi per il lavoro di un attore. Non basta però preparare un corpo o riordinare una struttura (poiché gli attori lavorano sulle strutture); la magia e la capacità di un attore di attraversare queste strutture dipende soltanto da lui e da quanto egli riesce ad affondare questa materia, in risonanza con delle esperienze di vita personale. Quando si attraversa un personaggio, più si è capaci di trovare delle similitudini tra il personaggio e quello che è accaduto a noi, più si è in grado di parlare con cognizione di causa rispetto a quello che si sta recitando. Questo significa attingere in modo più consapevole alle esperienze di vita vissuta. Perciò il corpo è davvero lo strumento degli attori e va costantemente allenato, curato, nutrito perché andando in scena è sempre sotto “tritura”. Con il passare del tempo questo strumento perde in elasticità, si irrigidisce ma si va sulla scena, non per compiere delle acrobazie come farebbe un atleta di 20 anni, ma per avere una consapevolezza maggiore del proprio corpo, per abitarlo e per capire che tipo di antenna fisica siamo; per capire come le azioni fisiche possono portare delle percezioni piuttosto che altre e capire come la postura che abbiamo mette in moto delle forze piuttosto che altre o ci fa parlare in un modo piuttosto che in un altro e soprattutto ci fa comunicare in un modo piuttosto che in un altro. In scena poi, si aprono altri punti di attenzione: lo spazio, i compagni di lavoro, la cura con cui ci rapportiamo agli oggetti e la precisione delle azioni. Sulla scena più si è precisi, più si è generosi. Perciò il lavoro dell’attore è davvero un lavoro fatto di strati in cui cercare di tenere insieme molte esperienze accumulate, dal lavoro fisico, al lavoro sulle sensazioni, sull’immaginazione, sull’emozione che sale a partire dall’immaginazione e sulla consapevolezza di stare sul palco davanti ad un pubblico. Tutta questa complessità viene portata sulla scena. Perciò il corpo deve essere costantemente allenato a questa sensibilità e a questa concentrazione. Si diventa così ciò che Antonin Artaud chiamava “Attore” ovvero “l’Atleta del cuore”.