Milano Città Aperta - Issue#4 - Summer/2010

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ADVERTISEMENT PUBLIC DENTRO L’AUTO ESTERNI MILANO UNDER CONSTRUCTION MILANO: OMBRE SOTTOSOPRA

ISSUE #4 - SUMMER/2010

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SULLA STRADA C’è stato un tempo, in Italia, durante il quale passeggiare lungo i marciapiedi delle città poteva essere un’esperienza indimenticabile. Per capirlo, sarebbe sufficiente osservare le scene di vita quotidiana fotografate da William Klein lungo le strade di Roma, verso la fine degli anni ‘50 (se passate nei dintorni del Colosseo, non perdete la mostra che dura fino al 25 Luglio). Fu un tempo che la generazione di cui faccio parte può solo immaginare a fatica, subendo inoltre quell’ambigua forma di nostalgia che si prova per qualcosa che non si è vissuto, un tipo di rimpianto molto di moda oggi. “ La strada è la casa degli Italiani” si diceva allora, quando i bambini potevano uscire di casa senza rischiare di essere investiti ogni due passi e quando gli anziani potevano affacciarsi alle finestre senza essere intossicati dai gas di scarico. Oggi, come sappiamo, la strada è diventata invece “la casa delle automobili”, sterile luogo di passaggio da un posto all’altro, utile al massimo a fini commerciali come scenario di cartelloni e vetrine. In questo numero di MilanoCittàAperta, il nostro sguardo sulla città tenta di rendere visibili i frutti della metamorfosi estetica che è avvenuta negli anni dello sviluppo “selvaggio”, rendendo le strade e gli scenari urbani così diversi dall’epoca del dopoguerra. Dall’alienazione dell’automobilista-sardina in scatola all’innaturalezza dei colori che illuminano le strade, dagli scenari semi apocalittici dei cantieri perenni al contrasto con il mondo sotterraneo che ignoriamo completamente, fino alla manipolazione devastante e invasiva della pubblicità che ci osserva ovunque e da qualunque parte ci volgiamo. Crediamo che sia necessario parlare della realtà di oggi anche interrogandosi sulla qualità estetica del mondo che ci circonda e anzi, forse è proprio questo uno degli aspetti più sottovalutati dalla critica sociale che si fa delle città, critica che spesso non tiene conto della gravità dell’inquinamento visivo che ci assedia. Perché la strada è il vero orizzonte del nostro mondo di cittadini e perché, come cantava il milanese Giorgio Gaber: “bisogna uscire dalle case/dove noi ci nascondiamo/ bisogna ritornare nella strada/nella strada per conoscere chi siamo”.

Niccolò de Mojana

IN VISTA ADVERTISEMENT Giorgio Gherardi

PUBLIC Giampietro Agostini

SULLA STRADA DENTRO L’AUTO Piero Raffaelli

ESTERNI Marco Dapino

SOGLIE MILANO UNDER CONSTRUCTION Jacopo Farina

MILANO: OMBRE SOTTOSOPRA Beatrice Mancini


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Giorgio Gherardi

Fuel for life. Foro Buonaparte, ottobre 2007

ISSUE #4 - SUMMER/2010


To photograph is a secret about a secret. The more it tells you the less you know. Diane Arbus La pubblicità vive con noi ormai da decenni. La foto pubblicitaria, presentata in formati sempre più grandi, viene utilizzata per occupare spazi rilevanti della nostra visuale e finisce per integrarsi all’arredo urbano. Essa entra prepotentemente nelle nostre coscienze e, per assuefazione, viene percepita come un elemento naturale di ciò che incontriamo coi nostri occhi nel nostro atto di vivere la città. L’immagine proposta, che rimanda di solito ai miti inarrivabili del nostro costume e alle aspirazioni della nostra società, tende ad amplificare le affinità e i contrasti con la nostra vita individuale ogni qualvolta noi ci rapportiamo con essa. Per questo c’è chi la ama e chi la odia, ma nessuno può ignorarla o rimanerne indifferente. Fotografare la foto pubblicitaria nel contesto reale in cui essa viene presentata, considerando cioè non solo l’immagine stessa, ma l’enorme, infinita, cornice che la circonda, può rivelarci molti segreti e offrirci l’emozione di molte riflessioni. Altre volte, con la complicità della notte, o di riflessi casuali, il poster pubblicitario ci fa scoprire, in quella cornice, geometrie urbane inaspettate o, addirittura, ci stimola all’immaginazione visionaria. Le foto presentate sono state scattate a Milano in prevalenza durante un periodo di tempo abbastanza limitato, fra il 2007 e il 2008, nei luoghi più simbolici della città. La scelta dei soggetti nasceva dall’esigenza di indagare l’interazione tra il messaggio commerciale e il contesto umano o urbanistico in cui la foto pubblicitaria era stata collocata. L’atmosfera è sfavillante e la crisi finanziaria è ancora lontana. I volti umani e i paesaggi che appaiono in quella che chiamo “la cornice” stimolano riflessioni amare, o qualche volta possono anche indurre al sorriso, ma l’immagine pubblicitaria ritratta è certamente l’elemento primario che governa i sentimenti dell’osservatore.

Un violinista piccolo piccolo. Piazza San Babila, ottobre 2007

Sguardo indiscreto. Stazione Centrale, gennaio 2008

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Prospettive contrastanti. Corso Vittorio Emanuele, luglio 2007

L’incanto delle sirene. Stazione Centrale, maggio 2007

L’uomo qualunque. Stazione Centrale, luglio 2007

Senza titolo. Piazza Caiazzo, settembre 2009

L’uomo qualunque. Stazione Centrale, luglio 2007

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Aspettando il tram. Largo Cairoli, dicembre 2007

Luci e illusioni. Piazza Missori, febbraio 2007

Convergenza. Corso Buenos Aires, gennaio 2007

Navigli scomparsi. Via Gorizia, marzo 2007

Luna calante. Via Pisani, novembre 2007

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Giorgio Gherardi

Due visi nella notte. Via Restelli, novembre 2007

Laetitia e i riflessi del Duomo. Piazza Duomo, novembre 2007

Giorgio Gherardi, medico ospedaliero, 58 anni, si è riavvicinato alla fotografia dopo anni di professione per coltivare una passione antica. È un fotografo amatoriale autodidatta che ha tratto dal proprio lavoro la metodologia a osservare, classificare, approfondire la realtà attraverso l’immagine. Ha vissuto, oltre che in diverse regioni d’Italia, anche in Africa e negli USA. Ha ottenuto dei premi in concorsi fotografici e i suoi lavori sono stati pubblicati in riviste, materiale pubblicitario e istituzionale, in Italia e all’estero. Ammiratore della modernità in tutti i suoi aspetti ama, oltre alla fotografia, il cinema, l’arte moderna e il viaggiare. Sufficientemente non milanese per amare Milano in modo profondo e acritico, si dedica principalmente all’immagine di strada in questa città cercando di esplorarne le tensioni, le emozioni, le chiusure e le aperture. Per saperne di più... Guarda il servizio online Commenta il servizio sul blog di MilanoCittàAperta Contatti: email Pubblicato su MiCiAp: Advertisement

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PUBLIC

Giampietro Agostini

ISSUE #4 - SUMMER/2010

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Public #66

In un punto della nostra storia contemporanea gli uomini hanno iniziato a mettere in mostra se stessi, i loro volti, i loro corpi, in modo sempre crescente e coatto, sia direttamente, sia attraverso l’esibizione della loro immagine. Man mano che nella società del capitalismo maturo e liberista, quella che viene definita postmoderna, ma anche ipermoderna, i segni di “status” tradizionali hanno perso significato fino a venir meno, il corpo in sé è diventato uno strumento di comunicazione attraverso il quale tentare di imporre la propria identità sessuale e sociale. Per questo il manifesto pubblicitario, insieme al suo fratello gemello - il manifesto politico, si sono rivelati dei medium molto persistenti, seppure certamente non nuovi, e ideali per lo scenario urbano, luogo principe di quel processo di vetrinizzazione (come direbbe Vanni Codeluppi) nel quale ci troviamo immersi. Politica e pubblicità si danno la mano: gli stessi volti, gli stessi occhi ammiccanti, gli stessi sorrisi, la stessa pelle. Più mutevole la pubblicità, che con facilità lancia nella città non solo volti ma anche corpi discinti, che scoppiano di una stereotipata salute, e pose dell’intimità violentemente rese pubbliche; più rigida, per ora, la politica, che rimane ancorata al volto, presentato come maschera dell’ottimismo e della serenità; ma anche il circo, il cinema, l’arte ricorrono al manifesto per cercare di parlare alle moltitudini in continuo movimento negli spazi urbani. Giampietro Agostini da alcuni anni fotografa manifesti e ha ormai creato una grande raccolta di corpi e volti provenienti da questi diversi mondi, apparentemente lontani e invece vicini. Li mescola tra loro in quanto essi sono sempre e comunque presenze messe in scena nella città-palcoscenico, presenze finalizzate allo scambio delle merci e alla spettacolarizzazione degli affetti, delle idee, della sessualità, del tempo libero, delle scelte politiche. Qua e là, nel racconto, la forma di un billboard vuoto, rettangolo muto che si mette in evidenza nel tessuto urbano, in attesa di altre figure ancora, che si tratti di un uomo politico, di un attore, di una modella, di uno sportivo, pronti, anzi costretti, a diventare pubblici, inesistenti se pubblici non diventano.

Public #41

Public #02

(testo di Roberta Valtorta, Direttore Sceintifico della Fondazione Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo)

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Public #37

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Public #78

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Public #31

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Public #11

Public #59


Giampietro Agostini

Public #08

Giampietro Agostini nasce a Borgo Valsugana il 28 maggio 1960. Stimolato negli anni ‘80 da studi sulla Bauhaus, i suoi progetti fotografici cercano di interpretare la storia contemporanea. Oltre a tematiche sociali, emerge uno sguardo attento alla trasformazione del paesaggio e dell’architettura e al rapporto tra l’uomo, il luogo in cui abita e gli oggetti del suo quotidiano: un confronto alle volte simbolico tra passato e futuro, tra realtà e immaginazione, tra memoria e oblio. Ha pubblicato i suoi lavori e le sue immagini in quasi 40 libri e cataloghi di mostre. È docente di fotografia presso il Centro Riccardo Bauer di Milano. Partecipe degli sviluppi della fotografia di ricerca italiana è stato invitato a prendere parte ad alcuni dei progetti più importanti sul paesaggio a livello nazionale come ad esempio il Progetto Archivio dello spazio e il Progetto Osserva.Te.R. (Osservatorio del Territorio Rurale). Le sue opere fanno parte di collezioni e musei pubblici e privati. Vive e lavora tra Milano e la Valsugana, in Trentino. Per saperne di più... Guarda il servizio online Commenta il servizio sul blog di MilanoCittàAperta Contatti: sito web email Pubblicato su MiCiAp: Pubblic

Public #23

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DENTRO L’AUTO Piero Raffaelli

ISSUE #4 - SUMMER/2010

Salgari


Porpora

Innumerevoli volte il cinema ha rappresentato le automobili, mostrando il protagonista nel ruolo del guidatore e i comprimari-antagonisti come quelli che inseguono, spingono, sbattono e sparano zigzagando da un’altra automobile, in riprese di velocità e suspense crescente, con facce ostili intraviste negli specchietti o nascoste nella cabina buia di truck sporchissimi (Duel), fino al prevedibile big crash risolutivo, piccola apocalisse da cui il protagonista esce ammaccato e vincente. Solo qualche rara volta, è stata filmata una vicenda diversa (Clint Eastwood ha descritto un patetico addio, Fellini un incubo urbano). Mai il cinema ha raccontato le cose come stanno davvero, mai ha descritto ciò che si vede ogni giorno semplicemente attraversando la città, per esempio a Milano. Perché non descriverlo con le fotografie, mi sono chiesto un giorno? Ho cominciato così un viaggio senza meta e senza termine, lento come il fiume di Siddharta visto dal fiume stesso, galleggiando nel flusso assieme agli altri che galleggiano, quasi in stato di relax. Perché fotografare il traffico non equivale a subirlo rimanendo chiuso dentro la propria capsula senza potere fare nulla e odiando tutti (come in un film d’azione). Se osservi l’infinita biodiversità dei compagni di viaggio all’interno del flusso, se li fotografi mantenendo la curiosità, puoi evitare la tipica frustrazione da coatto urbano, puoi evitare l’ansia e lo stress. Solo così non si viaggia verso il grado zero d’empatia e verso un’irrimediabile misantropia (a proposito, vedi www.nienteansia.it). La fotografia può essere la tua terapia.

Cherubini

Liguria

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Procaccini e dintorni

Marescalchi e dintorni

piazza Susa Dall’altro: Bovisasca Corsica

Vigevanese e dintorni

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Monte Nero

California

Varsavia

Gian Galeazzo

Certosa

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Piero Raffaelli

piazza Cantore sottopasso ferrovia

Piero Raffaelli, arrivato quasi per caso, nei primi anni sessanta, alla professione di fotoreporter per un’agenzia di Trieste (dov’è nato nel 1937), prosegue la professione a Milano, nella redazione de l’Europeo dal 1973 ai primi anni novanta, dalla guerra del Kippur a tangentopoli. Coltiva in parallelo altri generi di fotografia non codificati dal fotogiornalismo, per raccontare storie di cose, di luoghi e persone nel corso lento del tempo: storie e mutazioni del paesaggio italiano che il giornalismo veloce e ritmato dalle notizie non vede. Quando i quotidiani italiani inventano il rotocalco postmoderno nella forma dell’allegato settimanale, va a D di Repubblica come fotoeditor. Conclusa questa esperienza, torna alla fotografia e riprende alcuni temi già avviati per Repubblica: in particolare la mutazione di Milano dove tutto cambia, dallo skyline con grattacieli all’arredo urbano, mentre il traffico, lo smog, lo stress, l’insicurezza (percepita) e la qualità della vita non cambiano, anzi peggiorano. Per saperne di più... Guarda il servizio online Commenta il servizio sul blog di MilanoCittàAperta Contatti: email Pubblicato su MiCiAp: Dentro l’auto

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ESTERNI Marco Dapino

ISSUE #4 - SUMMER/2010

Esterni White


Esterni è un lavoro interamente realizzato con una fotocamera analogica, senza alcun intervento digitale, in cui la luce, asettica e monocromatica, è data unicamente dai neon che illuminano gli interni dei negozi. Con il sovrapporsi dei piani tra riflesso esterno sulla vetrina e interno del negozio, il lavoro vuole essere uno studio sul dualismo che intercorre tra realtà e rappresentazione in fotografia, a prescindere dalla manipolazione elettronica. Il lavoro comprende al suo interno due appendici quali RGB e B/W. Nel trittico RGB l’aver scelto proprio i tre colori base dell’immagine digitale è una provocazione, oltre che lo specchio della contrapposizione tra ciò che ancora si lega alla fotografia tradizionale e ciò che invece sfocia nel futuro dell’immagine fotografica. Con lo stesso sistema di RGB si è voluto rendere omaggio in BW all’archetipo fotografico del bianco e nero. Senza eccessive nostalgie e con lo stesso approccio provocatorio e problematico.

Esterni Blue

Da sinistra Esterni #3 Esterni #4

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Esterni Green

Esterni #6

Esterni #7

Esterni #8

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Esterni #9

Esterni #10

Esterni #11 Esterni Red

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Marco Dapino Marco Dapino, laureato in Disegno Industriale presso il Politecnico di Milano, diplomato in Tecnica e Linguaggio Fotografico al Cfp Bauer, ha collaborato con diversi fotografi e studi fotografici quali Gabriele Basilico e Bruno Di Bello. Da diverso tempo porta avanti diverse ricerche fotografiche sul territorio, arrivando secondo al Premio Pezza 2008 e selezionato nel 2009. I suoi lavori sono stati esposti anche alla Triennale di Milano, alla Fabbrica del Vapore, in varie gallerie e al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo il quale ha acquisito per la propria collezione alcune sue opere. Attualmente lavora come fotografo freelance nell’ambito dell’architettura, del design e dello still life. Per saperne di più... Guarda il servizio online Commenta il servizio sul blog di MilanoCittàAperta Contatti: sito web email Pubblicato su MiCiAp: Esterni

Esterni Black

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MILANO UNDER CONSTRUCTION Jacopo Farina

ISSUE #4 - SUMMER/2010


Una nuova Milano è in costruzione. Ogni giorno operai scavano in profondità e in superficie, riempiono il terreno di buchi e il cielo di nuove ombre. La mia città è su un tavolo operatorio in attesa del risveglio, per ora è sotto anestesia. Chissà se una volta svegliata sarà contenta di guardarsi allo specchio? Non giudico. Per ora vedo gli scheletri degli edifici che saranno e mi affascinano, resto a guardarli crescere e mi chiedo come facciano ed essere così grandi. Da piccolo gli scheletri mi sono sempre piaciuti, quelli dei dinosauri, così grandi e minacciosi, quelli delle cattedrali che non nascondono le proprie fondamenta e ne fanno oggetto di vanto. A volte vorrei che questi edifici rimanessero così, nudi e primordiali, fieri del cemento e del ferro di cui sono fatti. Rimango deluso quando vengono ricoperti dalla banalità del vetro o delle piastrelle. Cessano di interessarmi. Tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010 ho finalmente deciso di addentrarmi nello scheletro che mi impressionava di più: quello di Melchiorre Gioia, futura città della moda. É divertente pensare che un giorno, tra queste tenebrose grotte di cemento, si rincorreranno modelle e agenti e che nessuno di loro potrà mai vedere l’anima scura e magnifica di questo palazzo. L’ho fotografato senza persone, mi sono addentrato tra le fondamenta e i piani ancora in costruzione. Ho aspettato giornate grigie che potessero far risaltare al meglio il materiale di cui è composto. L’ultimo giorno di scatti c’era vento e pioveva molto forte. Dappertutto risuonava un’eco metallica e un forte odore di legno tagliato misto a cemento. Il palazzo prendeva vita, i suoi materiali risuonavano. Al di fuori di esso, in lontananza, le macchine sfrecciavano e le persone correvano per ripararsi dalla pioggia.

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Jacopo Farina Jacopo Farina nasce a Milano nel 1983, inizia (casualmente) il suo percorso fotografico nel 2006 lavorando come assistente. Dal 2007 inizia una collaborazione assidua con il sito di design del Corriere della Sera: ATcasa. Ha inoltre collaborato con Alessi e Flair. Si laurea nel 2010 in Scienze dei Beni Culturali, non ha mai frequentato corsi o scuole di fotografia. Per saperne di piĂš... Guarda il servizio online Commenta il servizio sul blog di MilanoCittĂ Aperta Contatti: sito web email Pubblicato su MiCiAp: Milano under construction

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MILANO: OMBRE SOTTOSOPRA

Beatrice Mancini

Milano è sottosopra. Sopra aria, sotto acqua. Scorre veloce e grigia nei corridoi della terra, sotto i passi di mille persone che vanno di corsa, quando basterebbe solo ascoltare. Si riposa a volte, stanca delle lunghe distanze buie e incerte. Irrompe, altre volte, la sua natura indomabile da una falla di luce, in uno scroscio di grida e cristalli. È una lingua sottile, fatta d’asfalto, il confine tra inferi e superi. È quanto basta per separare, con convenienza, due mondi contrari e paralleli. Qualcuno non vuol vedere. Ma il buio nasconde, non cancella. Così i piccoli uomini esplorano, si muovono con rispetto nel ventre antico della città. Sanno aspettare che il tempo goccioli lungo le fughe dei vecchi mattoni anneriti. Sanno che laggiù vige un’altra misura. Si sentono poco più che piccole lucciole che roteano in un bosco umido di pioggia. Sostano sotto le volte senza stelle, costruite da mani di mille anni fa. Si addentrano nelle profondità di un silenzio che è sempre esistito. Indossano grandi maschere, ma non sono attori. Non dominano la scena, ma ne sono conquistati. Fendono l’aria densa e pesante, compressa nei cunicoli dell’immenso labirinto artificiale. Avanzano guardinghi e timorosi dell’ondata dei grossi ratti carichi di veleni. Loro che per molte cose non possiedono un antidoto diverso dalla passione. Hanno il respiro faticoso, gli occhi attenti a non perdere il dettaglio. Il caldo li soffoca e i liquidi stagnanti non offrono loro alcuno specchio in cui cercare conforto. Ombre di luci proiettate sui muri scuri e lucidi sono lo sfondo, da cui le loro sagome allungate scivolano via, una dopo l’altra. Sono piccoli esploratori per una grande impresa. Forse cercano una nuova apertura, un varco nascosto da cui osservare ancora una volta il mondo laggiù. Forse capiscono di essere ospiti al termine di una visita che si è protratta oltre il dovuto. O forse, più semplicemente, hanno solo sete del sole che splende lassù. (testo di Elena P. Melodia, scrittrice)

Tombino fognario

ISSUE #4 - SUMMER/2010


Collettore fognario di Via Ponzio

Collettore fognario di Piazza Bonomelli

Collettore fognario di Via Ponzio

Pavimentazione rinascimentale nel canale dell’Olona

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Canale dell’Olona

Canale dell’Olona

Canale dell’Olona. Perdita d’acqua, probabilmente dall’acquedotto

Pavimentazione rinascimentale nel canale dell’Olona / Rifiuti


Collettore fognario di piazza Bonomelli

Collettore fognario di piazza Bonomelli

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Il tempio della notte nel Parco di Villa Ottolenghi-Battyani-Finzi

Collettore fognario di via Ponzio

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Beatrice Mancini Nata a Este, Beatrice Mancini, vive a Verona fino al 2004. Nel 2000 si laurea in Lettere Classiche con una specializzazione in Archeologia Medievale presso l’Università degli Studi di Padova. Nello stesso anno partecipa ad un corso di fotografia e inizia a lavorare come assistente presso uno studio fotografico. Nel 2003 completa il Master in Comunicazione presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Nel 2007 si trasferisce a Milano e partecipa con una borsa di Studio al Master in Photography and Visual Design presso il Centro Forma. A fine 2007 completa il Master con uno stage presso l’agenzia Prospekt di Milano. A fine 2008 è una delle fondatrici dell’agenzia Posse Photographers. Vive e lavora a Padova e Milano.

Collettore fognario di via Ponzio

Uno speleologo

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Milano Città Aperta è un progetto aperto a chiunque desideri collaborare. MilanoCittàAperta è un progetto aperto a chiunque desideri collaborare. La logica editoriale prevede circa 12 immagini per servizio, ma consigliamo di spedirne anche di

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Alfredo Bosco

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più (20-30), affinché la redazione sia in grado di formarsi un’idea più precisa del lavoro e di operare una selezione migliore. I file devono rispettare i seguenti parametri: orizzontale max 800px, verticale max 533px. I servizi proposti vengono giudicati sulla base dell’unità tematica e formale.

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