MilanoNera N°3

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Rivista bimestrale dedicata alla letteratura gialla e noir. Edizione gratuita.

Numero tre, settembre 2008

James Patterson Intervista all’autore in occasione dell’uscita del nuovo romanzo

L’inverno di Frankie machine L’imperdibile romanzo di Don Winslow

Il metodo Un racconto di Janet Fitch

EVENTI Taccuino di una sbronza Il tour

a pagina 12

a pagina 9

a pagina 15

a pagina 13

Sei delle autrici di genere più famose ci raccontano i loro segreti

Chi l’ha detto che il noir è roba da uomini? Alicia GimenezBartlett “Il mio sogno è di avere tanti amici, tanti lettori, tanti cani e una birra gelata!”

Sarah Langan “Ho una predilezione per il macabro”

Margherita Oggero

“Il mio prossimo romanzo non sarà un giallo”

interviste DOs Santos “Einstein e la formula di Dio? Un romanzo che è tante cose insieme” a pagina 12

Paolo Grugni “Io sto dalla parte degli animali”

intervista a pagina 4

a pagina 14

intervista a pagina 5

Lucia Tilde Ingrosso

Laura Lippman

Camilla Trincheri

“Milano è una città letteraria. Nei miei noir è più di uno scenario, è quasi un personaggio” a pagina 4

“La mia vita adesso è incredibile”

“Lavorando con Fellini ho imparato che bisogna lasciarsi andare e non censurare l’immaginazione.” a pagina 11

a pagina 5

intervista a pagina 6

Roberto Valentini “L’Aemilia Felix sta pagando il conto” a pagina 2

Incontro con Luciano Garofano comandante del reparto investigazioni scientifiche di Parma

“Con il RIS rileggo la storia” “Le indagini tradizionali non sono, in molti casi, sufficienti per individuare con certezza il vero colpevole, ma vanno riviste alla luce dei

progressi delle tecniche di criminalistica.” Lo sostiene Luciano Garofano nella lunga intervista che pubblichiamo a pagina 3.

Leif GW Persson “Vi racconto il mio mondo narrativo” a pagina 7


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Settembre 2008

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EDITORIALE

EDITORIALE - Terzo numero di MilanoNera all’insegna delle scrittrici di noir

Si riparte da Mantova. Come promesso

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i riapre la stagione letteraria dopo la pausa estiva e puntuale arriva il terzo numero di MilanoNera. Un numero dedicato alle donne, alla metà del cielo che scrive gialli e polizieschi. Cinque interviste ad alcune fra le autrici più importanti del panorama internazionale: Margherita Oggero, Alicia GimenezBartlett, Sarah Langan, Laura Lippman, Ca-

milla Trincheri oltre a un estratto dal nuovo libro di Lucia Tilde Ingrosso e un racconto di Janet Ficth. E scusate se è poco... Senza dimenticare le recensioni, tante anche in questo numero, e le classiche interviste ai pezzi da novanta della letteratura gialla: questa volta tocca al comandante dei RIS di Parma Luciano Garofano e, per quanto riguarda la nostra sezione “bianca”, a Piergiorgio Odifreddi. La rivista, oltre a essere distribuita gratuitamente in tutte le librerie Feltrinelli d’Italia e nelle tante librerie indipendenti che ne hanno fatto richiesta, sarà diffusa anche a Mantova (mia terra natale) nei giorni del Festivaletteratura. Una promessa mantenuta questa sin dal primo numero presentato al Salone di Torino: seguire i grandi eventi letterari italiani

da vicino. L’estate che si chiude è stata ricca di eventi e presentazioni tra i quali mi piace ricordare il riuscitissimo Milano in Bionda che il 21 giugno scorso ha radunato più di duecento persone sulla terrazza della Libreria del Corso, sui Navigli, per ascoltare le presentazioni – da cinque minuti ciascuna – di dieci giallisti. Un successo oltre ogni aspettativa che premia anche la volontà della nostra rivista di promuovere e organizzare eventi culturali al di fuori dei classici circuiti editoriali. Il prossimo è fissato per il 4 settembre a Milano, al Microbirrificio di Lambrate per la presentazione ufficiale del terzo numero di Milanonera e del nuovo romanzo del sottoscritto. Vi aspettiamo! Paolo Roversi

Breve excursus sulle assassine protagoniste dei fatti di sangue del secolo scorso

Le vere dark ladies non vanno in prigione L

e vere dark ladies non vanno in prigione. Non fa per loro. Al limite, come accadeva regolarmente nei romanzi gotici e d’appendice italiani di fine Ottocento e inizio Novecento, muoiono. Nei romanzi di Carolina Invernizio, che forse per il nome ci si immagina come una scrittrice languida e invece aveva gusti noir, le protagoniste sono cattive, un po’ folli, rovinano le famiglie, uccidono, ma non vincono. Però si capisce che, sotto sotto, a loro va la simpatia dell’autrice. Nara, la perfida protagonista di Il bacio di una morta e La vendetta d’una pazza, finisce sfigurata. Il che, per una dark lady, che di rigore è bellissima, è una vera sciagura. Nell’occuparmi, come ogni anno, del numero de L’Europeo dedicato ai grandi casi di cronaca nera, riflettevo appunto sul legame tra gli stereotipi della letteratura e i protagonisti reali dei fattacci di sangue. In particolare ripensavo ad alcuni articoli di Oriana Fallaci, che si occupò molto di nera nei suoi primi anni, e

descrisse sempre con dovizia di particolari (a differenza dei colleghi uomini e riuscendo così a tirarci dentro i processi) alcune protagoniste, volontarie o involontarie, di casi famosi. La prima che viene in mente è Gabrielle Bebawi, detta Claire, un’egiziana seducente e opulenta, che era stata l’amante di Faruk Chourbagi, egiziano di nazionalità libanese, ricchissimo industriale, figlio di un ex ministro del Tesoro del re d’Egitto. Chourbagi fu trovato morto, assassinato, il 18 gennaio 1964. Il marito di Claire, Youssef, scoperto il tradimento, l’aveva ripudiata secondo la legge islamica. Ma poi aveva continuato a vivere con lei. I due coniugi furono da subito i due maggiori sospettati. Anzi, si accusarono l’un l’altro. Un piano perfetto: al processo, nel 1966, i giudici, pur sicuri che l’assassino fosse uno dei due o forse tutte e due assieme, nel dubbio li assolsero. Nel 1968, la corte di appello li condannò a 22 anni di reclusione. La sentenza fu confermata nel

1974 in Cassazione. Ma nel frattempo i due erano fuggiti e avevano divorziato: lei andò a vivere al Cairo e si mise a fare la guida turistica; lui in Svizzera, con i figli, a fare l’industriale di prodotti dietetici. Lo stesso brivido che mi avevano provocato le foto della bella Claire, l’ho provato guardando quelle di un altro celebre caso seguito dalla Fallaci: il caso Verdirame, del 1960. Qui sotto processo finì, per il brutale assassinio del suocero e della di lui affezionata governante, Douglas Sapio Verdirame, un glaciale signore che, come motivo per tanta brutalità aveva solo un’eredità sfumata. In realtà l’erede che si vedeva sfilare il bottino sotto il naso era la moglie, Matelda (che nome!). Lei non fu mai sospettata, lui uscì assolto nonostante gli indizi a suo carico fossero pesanti, e il pm non doveva affatto essere convinto della sua innocenza. Lei liquidò tutto parlando di uno “spiacevole incindente”. Valeria Palumbo

MilanoNera web press Testata registrata presso il Tribunale di Milano N. di registrazione 253 del 17 Aprile 2008 Direttore Responsabile Paolo Roversi Redazione via Arzaga, 16 - Milano tel.02 00616886 Editore Kowalski - www.kowalski.it Sito web www.milanonera.com Mail milanonera@gmail.com Pubblicità us@kowalskieditore.it Trovi MilanoNera web press nelle migliori librerie. Se sei una libreria puoi richiedere di diventare distributore contattando: us@kowalskieditore.it Hanno collaborato a questo numero: Alessandra Anzivino, Antonella Beccaria, Annarita Briganti, Donatella Capizzi, Claudia Caramaschi, Francesca Colletti, Silvia Cravotta, Patrizia Debicke, Marco Di Giulio, Stefano Favaro, Andrea Ferrari, Paolo Franchini, Stefano Gianuario, Paolo Grugni, Lucia Tilde Ingrosso, Federica Marchetti, Valentina Magrin, Ugo Mazzotta, Giovanni Montessori, Moira Origoni, Luca Ottolenghi, Antonio Pagliaro, Valeria Palumbo, Seba Pezzani, Raffaella Piccinni, Massimo Rainer, Paolo Roversi, Ambretta Sampietro, Sarah Sajetti, Simone Sarasso, Davide Schito, Fabio Spaterna, Mauro Zola, Giovanni Zucca.

Incontro con Roberto Valentini autore di “Scimpru” (Flaccovio)

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all’aceto balsamico del tuo romanzo precedente alla Sardegna, dalla Bassa al Sulcis. Come mai questa scelta? È stata una serie di coincidenze. Ho messo piede in Sardegna per la prima volta solo 3 anni fa, nel Sulcis appunto e sono rimasto incantato dalla forza di quei paesaggi e dal carattere delle persone, dall’apparenza aspra ma dalla sostanza schietta. Così è nata questa idea. All’inizio doveva essere un lavoro a quattro mani con Fois, poi per motivi vari il progetto è saltato, ma la storia l’avevo dentro e l’ho finita da solo, dedicandola al mio caro amico Marcello. È un libro che mi ha impegnato molto sul piano stilistico: la narrazione procede con un linguaggio essenziale e con piani temporali sfalsati tra passato a presente quasi a rappresentare la psicologia sospesa dei personaggi. Volevo dare un senso di ineluttabilità del destino. Spero di esserci riuscito. Affronti il tema delle rapine in villa ora anche nella ricca Emilia... Ma non era un’isola felice? Fino a qualche anno fa l’Emilia era diversa: benessere, senso sociale, poca criminalità ordinaria (c’era quella politica delle bombe e della Uno Bianca, ma questo

è un altro discorso). Oggi il presente è diverso, anche l’Aemilia Felix sta pagando il conto e le cose sono cambiate. Gli assalti in villa sono all’ordine del giorno, così come le infiltrazioni camorristiche nell’edilizia, argomento di cui si occuperà il mio nuovo romanzo, in cui tornerà il giornalista detective Carlo Castelli. Del resto il mio modo d’intendere il noir parte sempre dalla realtà e cerca poi di indagare nei sentimenti profondi dell’animo umano, quelli che non cambiano mai. Il protagonista del romanzo è Alfred Rento, un “amerikano” in Emilia come lo definisci nel libro... Alfred Rento è figlio di genitori sessantottini stregati da Bob Dylan, ha passato l’infanzia e l’adolescenza tra l’Italia di piombo del padre magistrato e la California dorata della madre professoressa. È entrato in polizia per caso ed è diventato ispettore. Non si è mai ripreso da un amore universitario con una compagna insulsa e ora ha relazioni sentimentali instabili. Ha smesso di fumare, ama il ciclismo solitario, impallidisce di fronte al sangue e alla violenza. Alfred Rento vuole essere il personaggio che unisce due mondi, quello intuitivo e un po’ingenuo, muscolare e d’azione della sua parte americana, e quello più riflessivo e sentimentale della sua parte europea. Mi piaceva l’idea che in una sola persona si coniugassero due modi di essere “occidentali” oggi, due aspetti del carattere, due approcci alla realtà. Una doppiezza a volte difficile, ma tutto sommato possibile. È un po’ la doppiezza che ognuno di noi si porta dentro e che a seconda delle circostanze fa emergere una parte o l’altra di noi, non necessariamente la migliore.


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Settembre 2008 INTERVISTE

Luciano Garofano comandante del Reparto Investigazioni Scientifiche di Parma

“Con il RIS rileggo la storia” Nel suo ultimo libro indaga su sei famosi “cold case”

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er coloro che hanno una certa dimestichezza con il mondo del crimine (solo come appassionati lettori di gialli e noir, speriamo) il colonnello Luciano Garofano è un nome che non ha certo bisogno di presentazioni. Garofano è infatti Comandante del RIS di Parma, il Reparto Investigazioni Scientifiche giustamente celebrato per aver dato un contributo determinante alla risoluzione di molti tra i casi di omicidio di più difficile risoluzione degli ultimi anni. Formato da una squadra di tecnici ed esperti in scienze forensi, il RIS si avvale degli strumenti tecnologici più all’avanguardia per l’analisi della scena del crimine: è questo il tipo di indagine investigativa cui si ispira maggiormente la fantasia hollywoodiana in stile “Fox Crime”. Dopo la pubblicazione, nel 2005, di Delitti Imperfetti (Marco Tropea Editore), dove Garofano analizza le metodologie d’indagine che hanno permesso al RIS di Parma (che ha competenza per il Nord Italia) di risolvere alcuni notissimi casi, come il duplice omicidio di Novi Ligure o lo sterminio della famiglia Carretta, ecco arrivare in libreria Delitti e misteri del passato (Rizzoli). Qui l’autore, che per l’occasione si è avvalso degli importanti contributi di Giorgio Gruppioni, antropologo, e di Silvano Vinceti, autore e conduttore Rai, analizza sei casi in cui il Reparto della Scientifica di Parma è stato recentemente coinvolto. Non si tratta però di crimini recenti, ma di misteri di lunga data, che da qualche tempo si usa definire “cold case”, ovvero omicidi irrisolti del passato. Ma se per “cold case” generalmente intendiamo omicidi risalenti a un passato prossimo, forse per i casi trattati in questo libro si potrebbe quasi coniare il termine di “frozen case”, vista la grande distanza storica che li separa dai giorni nostri. Quali i protagonisti di queste storie? Giulio Cesare, Boiardo, Poliziano, Pico della Mirandola, Leopardi, e infine Pier Paolo Pasolini (l’unico caso relativamente recente), tutti grandissimi personaggi dietro la cui morte si celano alcuni secolari misteri che il RIS ha cercato di risolvere. Un approccio d’indagine affascinante ed evocativo, per un libro in grado di coniugare sapientemente storia, letteratura e scienza. Abbiamo avuto la fortuna di intervistare il Colonnello Garofano presso il Comando del Ris, situato nello scenario suggestivo del Palazzo Ducale parmense.

delle cause più probabili della loro morte. Un caso a parte è poi quello di Giulio Cesare; un’indagine nata da una mia collaborazione con una casa di produzione televisiva inglese, e che ci ha permesso di narrare un’ipotesi sviluppata con un modello investigativo d’avanguardia, grazie tra l’altro a una possibilità di simulazione che ci ha consentito, a distanza di secoli, di avanzare una teoria affascinante e non improbabile. Più in generale, questo libro scritto a più mani vuole essere una conferma di una mia convinzione: un’indagine necessita sempre di più esperienze. Sempre più spesso si parla di “cold case”: quanto possono influire i rapidi progressi della tecnologia in ambito forense sulla soluzione di questi casi rimasti purtroppo impuniti? Certamente tantissimo, basti pensare ad esempio all’esperienza di “Innocent Project” [www.innocentproject.org, l’organizzazione americana che, grazie all’analisi del dna, in pochi anni ha permesso di scarcerare oltre 200 innocenti, di cui molti condannati alla sedia elettrica, ndr] che ha ampiamente dimostrato come le indagini tradizionali non siano, in molti casi, sufficienti per individuare con certezza il vero colpevole, ma vadano riviste alla luce dei progressi delle tecniche di criminalistica. I progressi della tecnologia da questo punto di vista sono esponenziali e innegabili: va tuttavia specificato che, per permettere agli esperti un’analisi e una valutazione efficace, è necessario essere ancora in possesso di reperti in condizioni di conservazione accettabili.

“Le indagini tradizionali non sono, in molti casi, sufficienti per individuare con certezza il vero colpevole, ma vanno riviste alla luce dei progressi delle tecniche di criminalistica.”

Dottor Garofano, come nasce l’idea di questo libro? L’idea è venuta parallelamente all’esigenza di riunire le diverse esperienze di noi tre autori, tutti con una formazione professionale estremamente differente, ed è nata dopo il lavoro in comune sul caso di Matteo Maria Boiardo. Sulla base dei nostri diversi percorsi abbiamo deciso di condividere le nostre competenze, per tentare un esercizio scientifico e storico che cercasse di riscrivere non solo la storia legata alla morte di Boiardo, ma prendendo in mano anche altri casi del passato che avessero un enigma come filo conduttore. Per tutti i resti analizzati abbiamo per prima cosa effettuato un esame preliminare delle ossa e del dna e, nel caso di Poliziano e di Pico, del livello di arsenico presente nei loro corpi. Per Poliziano abbiamo anche eseguito una ricostruzione facciale. Abbiamo quindi ricavato, da queste antiche spoglie, il maggior numero di informazioni ottenibili oggigiorno con le moderne tecniche scientifiche, dati che ci hanno permesso di avanzare delle ipotesi sulle circostanze di morte di questi grandi personaggi del passato. Questo lavoro del resto non è ancora terminato: stiamo cercando tracce del Treponema Pallidum, il batterio della sifilide, nei resti di Pico e Poliziano, per poter confermare o smentire una

Nella prefazione al libro auspica la creazione di un istituto nazionale di scienze forensi, con l’obiettivo di centralizzare le banche dati e unificare le metodologie di approccio all’investigazione: può dirci qualcosa di più? Per questa proposta non ho fatto altro che rifarmi alle esperienze già attuate con successo in Gran Bretagna, Olan.da e Finlandia. Ritengo che sarebbe utile armonizzare tutte le componenti in gioco, dalle forze dell’ordine fino ai privati, per mezzo di un istituto che in maniera organica racchiuda tutte le competenze chiamate in causa durante l’indagine forense. Credo che, concentrando le domande, questo istituto superiore di eccellenza potrebbe divenire un servizio indispensabile sia per l’accusa sia per la difesa, risolvendo, inoltre, l’annoso problema delle consulenze di parte. Gli omicidi sono statisticamente in diminuzione, ma l’opinione pubblica sembra avvertire il contrario. Quali secondo Lei le motivazioni di questo atteggiamento generalizzato? È vero, negli ultimi anni gli omicidi in Italia si sono più che dimezzati. Le statistiche parlano chiaro: grazie anche alla lotta alla criminalità organizzata, siamo passati dai 3 omicidi ogni 100.000 abitanti del 1991 a circa 1, quasi in linea con il resto dell’Europa, come dimostrano le statistiche inglesi e tedesche che assestano la percentuale di omicidi ogni 100.000 abitanti rispettivamente allo 0,7 e 0,9. Per rispondere alla sua domanda, va innanzitutto detto come oggi di questi delitti se ne parli molto di più. I media infatti hanno sostituito alcuni argomenti, penso per esempio alla politica, con la cronaca nera, sia per morbosità che per un senso di tragedia che inevitabilmente innesca interessi subliminali nello spettatore. Dando maggior spazio a questo argomento, è stato quindi creato un indotto che fa percepire di più gli omicidi all’opinione pubblica. Quello che è vero è che sono aumentati i cosiddetti

Luciano Garofano “omicidi di prossimità”, cioè quelli legati all’ambito famigliare o delle amicizie. Tutto questo esprime, evidentemente, un certo disagio nella nostra società, evidenziando come oggi ci sentiamo in generale meno protetti nell’affrontare le nostre sfide quotidiane. Da qui una maggiore aggressività che talvolta sfocia purtroppo in gesti estremi. Quali sono le tecniche investigative utilizzate nell’analisi della scena del crimine dalle maggiori potenzialità di sviluppo tecnologico? Sicuramente l’analisi del dna si sta facendo nel corso degli anni sempre più sensibile, consentendo di individuare un numero sempre crescente di marcatori, ovvero i parametri che permettono poi il riconoscimento univoco di un soggetto. In secondo luogo sono convinto che la BPA [Bloodstain Pattern Analysis, lo studio delle traiettorie degli schizzi di sangue, una tecnica già utilizzata con successo dal RIS per alcuni casi come quelli di Novi Ligure o di Cogne, ndr] possa diventare nel corso degli anni un presidio ideale per una ricostruzione accurata della scena del crimine, grazie all’utilizzo di software di supporto sempre più sofisticati. Credo anche che nei prossimi anni la psicologia forense, se utilizzata in modo intelligente e costante e a stretto contatto con la criminalistica, possa essere di grande aiuto all’investigazione. Infine non dobbiamo dimenticare tutti i recenti progressi compiuti dall’informatica forense: chiunque al giorno d’oggi fa un larghissimo uso di apparecchiature come il telefono cellulare o internet, finendo inevitabilmente per lasciare tracce. L’ultimo caso analizzato nel libro è quello di Pier Paolo Pasolini, un delitto che Lei definisce il “cold case per antonomasia”, e di cui auspica la riapertura del fascicolo: crede che con un futuro intervento del RIS la ricerca dei veri colpevoli potrebbe portare a nuovi sviluppi? Il caso Pasolini rappresenta a mio avviso un grido d’allarme. Per i vari motivi che conosciamo, all’epoca la scena del crimine non fu analizzata con la cautela e l’attenzione dovuta; questo ha inevitabilmente compromesso la successiva attività investigativa. Già la sentenza dell’epoca, condannando Pino Pelosi, avanzava dei grossi dubbi sull’effettiva dinamica dei fatti: se a questo aggiungiamo le recenti dichiarazioni dello stesso Pelosi, che confermano il fatto che quella sera il regista e il presunto assassino non erano soli, appare chiaro come il caso non possa ritenersi chiuso. Per rispondere alla sua domanda, sono convinto che varrebbe la pena di riesplorare questo caso, ma devo comunque necessariamente essere cauto: bisognerebbe infatti capire se i reperti disponibili siano in condizioni tali da prestarsi a una analisi scientifica particolareggiata, che solo in questo caso potrebbe portare a novità di rilievo. Una domanda quasi immancabile per una rivista come la nostra: che tipo di letture ama Luciano Garofano? Premetto di non avere un “genere” preferito: spazio infatti dal romanzo alla saggistica. Ultimamente mi sto concentrando sull’analisi del rapporto tra filosofia e scienza: potrebbe essere interessante, ad esempio, mettere a confronto un personaggio come Sherlock Holmes con la filosofia del linguaggio di Karl Popper. Anche il genere noir comunque mi interessa, soprattutto perché mi permette il confronto con diversi approcci e tecniche investigative, magari del passato, come quelle che troviamo nei classici del giallo. Confesso però che le mie giornate si concludono più frequentemente con la lettura di articoli scientifici, che soddisfano maggiormente la mia sete di sapere e che mi consentono un indispensabile aggiornamento professionale. Fabio Spaterna


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Settembre 2008 INTERVISTE

MilanoNera incontra Margherita Oggero autrice di un libro di racconti noir per Mondadori

“Oggi si parla molto ma senza approfondire” l rosso attira lo sguardo è una raccolta composta da quattro bei racconti, con denominatore comune storie d’amore che portano guai. Guai fortunatamente a lieto fine per Roxy cantante di balere con abiti troppo stretti e le calze a rete smagliate, una storia tragica per Nadia Bonelli, bella e disinibita portatrice di guai. I guai se li va a cercare da sola Biki, bellissima e fragile ventenne, mentre per Alessandra, impiegata di banca, i guai ritornano da un passato rimosso dalla memoria. In primo piano sono i sentimenti e i travagli interiori dei vari personaggi raccontati da Margherita Oggero con leggerezza e in modo da farci provare simpatia per ciascuno di loro. Le donne spiccano nella narrazione e restano impresse nella memoria del lettore anche dopo aver chiuso il libro. L’autrice rivela che preferisce raccontare storie di donne, gli uomini, anche se protagonisti, restano figure di contorno. Negli ultimi mesi sono state pubblicate diverse raccolte di racconti, come mai questa decisione anche da parte sua?

Questa raccolta è una sorta di passaggio tra i gialli precedenti e il nuovo romanzo, per ora ancora indefinito, che non sarà un giallo. Questi racconti contengono un po’ di crimine e mistero ma l’inchiesta, che non giunge a conclusione, c’è solo in uno solo. I racconti sono recenti o li ha scritti in periodi diversi? Sono stati scritti ognuno in un periodo diverso, il racconto che ha come protagonista Nadia Bonelli è stato scritto recentemente, appositamente per questa raccolta. I personaggi femminili più importanti sono giovani donne. Frutto di fantasia o ispirati dalla sua attività di insegnante? Le donne descritte non rientrano nell’età delle mie allieve. Solo per il personaggio di Nadia Bonelli mi sono ispirata a una mia allieva che, come molte ragazze di oggi, quando voleva una borsa o un paio di scarpe costose si prostituiva per comperarsele. Nadia non si prostituisce, si dà agli uomini e li usa, solo con Nicola,

incipit da “Io so tutto di lei”

Il rosso attira lo sguardo. Oltre che nel sangue, il colore rosso ricorre nei racconti come un top non indossato, gli abiti di una professoressa oversize, un abito da sera lacerato, una buca delle lettere. C’è qualche ragione particolare per la scelta di questo titolo? Il titolo è stato ispirato dal particolare del racconto “Dieci anni dopo”, la buca delle lettere rossa che attira lo sguardo di Alessandra. Mi sono ricordata che in “Festa d’addio” anche l’abito da sera di Biki era rosso, pertanto ho inserito qualcosa di rosso anche negli altri due racconti per creare un filo di continuità. I protagonisti hanno caratteri solitari e comunicano con gli altri a fatica le loro emozioni e i loro sentimenti. È un caso o pensa che ciò accada alla maggior parte delle persone? Penso che oggi ci sia particolare difficoltà a comunicare cose vere e profonde, oggi si parla molto ma senza approfondire. La gente comunica nascondendosi nel semianonimato del web e delle lette-

re ai giornali ma non riesce a comunicare in modo diretto con chi è vicino. A quando un nuovo romanzo con protagonista la prof. Camilla Baudino? Temo che per ora non ci sarà un nuovo romanzo con Camilla Baudino. Ne ho già scritti quattro e non vorrei diventare ripetitiva. Camilla non è una investigatrice professionista come Mrs Marple o la Signora in giallo. È una dilettante che investiga per caso e non vorrei che si trasformasse in una maschera con caratteristiche troppo fisse. Ambretta Sampietro

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anguetta, l’Americano e Chimicone: uno spacciatore che fa il doppio gioco, un poliziotto cocainomane e un giovinastro che si prepara alla lotta armata. Pavesino accelera e inchioda in continuazione per schivare o sorpassare, ma la testa di Sanguetta va più veloce, corre dritto nei posti infami delle sue disgrazie. Corre sulla faccia del bastardo che vorrebbe massacrare quella di suo padre. Vede il sangue che si sparge, vede la madre che piange. Lo scrittore partenopeo torna più ispirato che mai per raccontarci tutto il nero della sua metropoli con una storia cattiva e violenta in cui le menzogne della criminalità e dei servizi segreti si intrecciano con i sogni rabbiosi e deliranti dei movimenti studenteschi. Un gioco senza regole né rete di sicurezza quello di Petrella, uno scenario ricostruito in modo accurato per raccontare cinque anni sanguinosi – quelli dal 1988 al 1993 – di corruzione, complicità e guerra fra clan. Pagine che non concedono tregua e che lasciano senza fiato. Anche perché, talvolta, certe esistenze e certe storie vanno vissute respirando poco. Paolo Franchini

Maj Sjöwall e Per Wahlöö L’autopompa fantasma Sellerio, p. 352, € 12.00

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Lucia Tilde Ingrosso vive a Milano, dove lavora come giornalista per Millionaire. La morte fa notizia, il suo primo giallo (Pendragon, 2005), è stato finalista al Premio Scerbanenco (Courmayeur Noir in Festival 2006). Kowalski ha pubblicato A nozze col delitto, primo giallo di una serie con protagonista l’ispettore Sebastiano Rizzo.

Margherita Oggero

Angelo Petrella La città perfetta Garzanti, p.450 € 17,60

recensione

Martedì 8 aprile “Mamma, ma quella non ti sembra...” La signora ingioiellata seguì con lo sguardo il cenno discreto della figlia. Diverse file davanti a loro era seduta una donna bionda, giovanile. Era fresca di parrucchiere, con un tailleur di sartoria e modi disinvolti. E poi occupava una poltronissima alla sfilata dello stilista più trendy. “Sembra quell’attrice, ma più vecchia…” proseguì la ragazza, strizzando gli occhi per vederla meglio. “È proprio lei, tesoro mio” le sussurrò la madre, “il tempo passa per tutti, non solo per me...” Madre e figlia si disinteressarono alla

sfilata per concentrarsi sulla diva in prima fila. A un certo punto, notarono che la donna cercava con foga qualcosa nella sua borsettina, nera e vezzosa. Ne estrasse un minuscolo telefonino, guardò il display, si incupì. Sembrò chiedersi se rispondere o no, poi lo fece. Nel frattempo, abbandonò il suo posto e raggiunse un lato della sala. Ora madre e figlia oltre che vederla potevano anche cogliere brandelli della sua conversazione. “Adesso basta, devi smetterla!” le sentirono esclamare, fra lo stizzito e lo spaventato. Madre e figlia si scambiarono uno sguardo perplesso. Quando si girarono, Alina Malavasi non c’era più.

il protagonista di “Ci si innamora una volta sola” è sempre leale e non mente.

recensione

I

utto comincia al pub Joyce di Taranto, quando gli amici Laura e Ugo mi dicono: “Se scrivi gialli, devi leggere i romanzi di questa coppia svedese”. Consiglio seguito e apprezzato. Il duo, marito e moglie (lui scomparso), ha scritto negli anni Sessanta dieci polizieschi anche per raccontare le interazioni fra le persone, spiegando che “La criminalità è un’espressione della società in senso negativo”. L’autopompa fantasma è il decimo, ma Sellerio sta riproponendo tutta la serie. Al di là dell’intreccio giallo, la lettura è piacevolissima. La collocazione storica e geografica non toglie mordente, ma aggiunge interesse. A indagare è un pool di investigatori ben connotati, credibili, sfaccettati e spesso anche simpatici. I dialoghi sono brillanti, le descrizioni pungenti, il ritmo narrativo sempre alto, l’evoluzione della trama mai scontata. Qualche assaggio: “Sono molto raffreddato, ma non ancora pronto per sottopormi a un’autopsia”, “Il liquido che la Scandinavian Airlines chiamava caffè non era esattamente ciò che serviva a farlo stare meglio”, “Non ho intenzione di diventare una donna matura. Sarò solo una ragazza, finché non diventerò una vecchia signora”. Da non perdere. Lucia Tilde Ingrosso


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Settembre 2008 INTERVISTE

Il 4 settembre esce in libreria il nuovo romanzo di Paolo Grugni Aiutami edito da Barbera

“Prestate attenzione al dolore degli animali” Storia di un gruppo di animalisti che rapisce un cacciatore

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aolo Grugni, dopo Let it be e Mondoserpente, si cimenta con un noir dalle tematiche forti, un accorato appello alla nostra sensibilità, un libro che farà discutere. Il tuo nuovo romanzo, Aiutami, è uno j’accuse vibrante contro l’insensibilità generalizzata verso gli animali: non temi che la tematica sia al di fuori del gusto odierno del lettore che sembra preferire temi più d’evasione? L’impegno sociale e politico va oltre mode e tendenze narrative di cui peraltro non mi interesso. Scrivo perché ho qualcosa da dire, non tanto per riempire delle pagine. In questo caso, mi occupo di sensibilizzare i lettori sui soprusi e le violenze che ogni giorno gli animali sono costretti a subire. Nello specifico, si tratta di un attacco alla caccia e ai cacciatori che ogni anno, solo in Italia, uccidono 150 milioni di animali. Nel prossimo mi occuperò di immigrazione e di religione islamica.

La sperimentazione linguistica è base fondante dei tuoi libri: Da Let it be ad Aiutami che passi sono stati fatti? Innanzitutto non credo si tratti di sperimentazione, ma della ricerca un linguaggio adatto al tipo di romanzo che ho in mente di scrivere. Let it be si basava su una struttura speculare del testo, Mondoserpente fondeva prosa, poesia e teatro, Aiutami ha uno sviluppo temporale non lineare. Certo, di tratta di testi che richiedono un lettura sempre attenta, anche dove apparentemente scorre, per cogliere generi e sottogeneri, sottotesti, metafore, giochi linguistici, citazioni, rimandi. Una ricchezza che va scoperta. Nei tuoi libri precedenti, i tuoi personaggi sembrano timorosi d’affrontare la realtà delle circostanze, impauriti e piegati dal destino, nel tuo nuovo romanzo assumono invece posizioni molto forti: come mai questa scelta di imprimere in loro quasi un carattere epico? Solo in apparenza. Il gesto di rapire un cacciatore sembra, in effetti, una di-

mostrazione di forza, ma in realtà è un gesto estremo, disperato, rabbioso e impotente. E in questo Ricky e gli altri animalisti sono molto simili ai personaggi precedenti. Quello che li distingue è una maggiore capacità di azione e la voglia di non rassegnarsi. Il rapporto con Milano, la tua città, appare molto contrastato nei tuoi scritti, pensi che sia la dinamica cittadina a creare molti degli istinti violenti e claustrofobici che descrivi? Milano è una città nera. Nel colore, nell’aria e nei fatti. Dominata da forze reazionarie. Per cui è inevitabile che, su persone consapevoli del luogo in cui vivono, lasci un segno. Un segno negativo, consumante, doloroso, degradante. In Let it be la denuncia sociale era accennata, Mondoserpente isolava problemi concreti, Aiutami cosa si propone di segnalare al lettore? Aiutami chiede al lettore non vegetariano o vegano di prestare attenzione al

Paolo Grugni

dolore degli animali. E di fare poche e semplici cose: non mangiare più carne di cuccioli, come vitelli, capretti, agnelli, puledri, maialini, non mangiare più carne halal o kasher, non mangiare fois gras, rinunciare un paio di giorni alla settimana a mangiare carne, non indossare pellicce o capi in pelle, segnalare alle autorità ogni forma di maltrattamento. Basterebbe questo e ci sarebbe molto meno dolore. Alessandra Anzivino

Intervista a Sarah Langan autrice del romanzo Virus (Kowalski)

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el Maine, nella prospera e serena Corpus Christi la vita scorreva tranquilla per i suoi abitanti, personaggi tipici di qualsiasi cittadina americana con un buon tenore di vita. Dopo un incendio alla cartiera della vicina città di Bedford i boschi iniziarono a inaridirsi, e gli animali a scomparire. Nulla però lasciava presagire quello che accadde in una qualunque mattina invernale, quella in cui Lois Larkin, giovane e dolce maestra elementare decise di portare i suoi alunni in gita proprio al bosco di Bedford. Una giornata qualunque anche per Meg Wintrob, volitiva bibliotecaria, per sua

figlia Madeline, eccentrica studentessa con i capelli tinti di viola e innamorata di Enrique, impiegato all’emporio di famiglia. Fenstad, psichiatra e marito di Meg si accingeva a visitare i suoi pazienti abituali tra i quali Lila, giovane madre con tendenze suicide. Nessuno di loro aveva la consapevolezza che quella sarebbe stata l’ultima giornata “normale” della loro vita. Dalla gita Lois era ritornata senza James Walker, allievo un po’ strano e ribelle, e sfortunatamente se ne era accorta solo una volta rientrata a scuola. Le ricerche non danno esito, perché qualcosa di strano si è impadronito di James, qualcosa che in brevissimo tempo si impadronirà degli altri abitanti di Corpus Christi trasformandoli in maniera terrificante contagiati da una terribile follia. Il libro inizia molto bene con accurate e divertenti descrizioni degli abitanti di Corpus Christi, il ritmo procede quindi più incalzante man mano che il contagio si propaga per rallentare verso la fine con scene di orrore puro. Un bel libro, tradotto anche in russo e spagnolo e nominato dal Publishers Weekly uno dei migliori romanzi del 2007. Autrice la trentunenne americana Sarah Langan. Che tipo di storia ha voluto raccontare in Virus?

Volevo scrivere sulla corruzione degli eccessi, in particolare in America, che intacca non solo le famiglie ma anche la società e l’intera umanità. Dato che ho una predilezione per il macabro, un virus che spinge gli uomini a mangiare carne umana mi sembrava adatto. Mi sono anche divertita a raccontarlo.

Si è ispirata a qualche fatto reale? Sì, avevo in mente la guerra in Iraq e il virus ha qualche base scientifica, ma Sarah Langan nessuno dei fatti è reale. Quando ero ragazza mi ero tinta i capelli di viola come Maddie e giravo sempre in bici dappertutto, mi piaceva molto. All’asilo avevo un’insegnante di nome Lois Larkin, spero che non la prenda male se dovesse leggere Virus! Pensa che i fatti descritti nel romanzo possano avverarsi? Sono certa che i virus possono alterare sia la chimica del cervello sia i comportamenti umani. D’altra parte l’alterazione dei mitocondri delle cellule umane era in origine un virus e l’influenza “spagnola” del

1918 aveva causato danni al cervello di alcuni sopravvissuti e li aveva resi psicotici. Cose terrificanti! È una coincidenza che tanta malvagità avvenga in una cittadina chiamata Corpus Christi? Non è una coincidenza. Ho cercato un collegamento con Corpus Christi nel Texas, luogo d’origine dell’attuale Presidente degli Stati Uniti. Per questo ho inserito i personaggi di James e Danny “Walker”. Ambretta Sampietro


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Settembre 2008 RECENsioni

E

mme (sic...), improbabile giornalista televisivo e vizioso rampollo di una famiglia dell’altissima borghesia romana, passa le notti fra sesso facile e cocaina, covando uno smisurato rancore nei confronti del fondamentalismo islamico. Quando Eva, attivista per la protezione delle donne musulmane che lui ama – e quindi rispetta – viene stuprata per ritorsione, Emme decide che la misura è colma e passa all’azione: coinvolge due amici e crea una banda di giustizieri della notte dediti a menare e massacrare islamici colpevoli di intolleranza verso le donne o fomentatori di odio religioso. Ormai braccato dalla polizia, Emme ha il colpo di genio: fugge a Milano, si fa crescere la barba e, raccontando all’imam quattro balle su una perdita di memoria, riesce a intrufolarsi in una moschea come converso. In sei mesi (!) impara l’arabo e in un anno conquista completamente la fiducia dei suoi compagni, all’apparenza tutti fondamentalisti sì, ma umili e tranquilli.

Alla fine la sua costanza sarà premiata , salverà l’Italia e in sovrappiù riuscirà a conquistare il Vero Amore... Fin dal raffinato titolo, il romanzo si spaccia per opera estrema e provocatoria: in realtà il tema dell’Islam è solo vernice spalmata per rendere appetibile l’ennesima scontata descrizione di una discesa agli inferi come tante altre, per di più viziata da salti temporali e incongruenze grandi come una casa. L’autore sembra scrivere per sentito dire, senza aver mai sperimentato nulla di ciò che racconta e senza la voglia, o la capacità, di andare a fondo nelle questioni ideologiche, umane e religiose che pretende di affrontare. Le tirate contro l’Islam sono un insieme mal digerito di luoghi comuni da bar: probabilmente il più becero dei picchiatori di borgata riuscirebbe ad argomentare un po’ meglio le proprie convinzioni di quanto non sappiano fare Emme e i suoi amici. D’altronde tutti i personaggi, i musulmani isterici come i giovinastri viziosi, sono macchiette senza spessore né credibilità. Sotto il profilo narrativo, poi, Fucking Osama è un centone di idee scopiazzate qua e là: il protagonista è un moderno James Dean, lacrimevole vittima di una famiglia anaffettiva e corrotta in stile

I peccatori di Peyton, che sfoga l’odio per il padre e la frustrazione per una vita vuota prima nel vizio, poi nella violenza da Arancia Meccanica, e si riscatta agli occhi del mondo, e della donna amata, attraverso un espediente ripreso pari pari da Le Quattro Piume. Ma, quel che è peggio, nonostante le ripetute scene di droga, violenza e sesso estremo, il libro gronda moralismo anni Cinquanta: l’autore non ha il coraggio di fare del suo personaggio un autentico amorale e gli regala improbabili scrupoli dell’ultimo momento; il poliziotto è efficiente, implacabile ma capace di umana pietà; le donne infine sono sante o puttane, e a queste ultime l’autore non risparmia nulla, ben più maschilista degli stessi musulmani quando si tratta descrivere nei dettagli più morbosi la degradazione del corpo femminile per il tramite dei valorosi protagonisti, laddove – guarda caso – lo stupro della virtuosa Eva viene solo menzionato ma non illustrato. E il finale strappalacrime, nel più puro stile materazziano, meriterebbe senz’altro il linciaggio. Insomma, più che un romanzo, un (brutto) fumetto di Lanciostory, senza neppure il conforto delle illustrazioni. Donatella Capizzi

Diana Lama La sirena sotto le alghe Piemme p. 302, €16.50

recensione

recensione

Alessandro Geraldini Fucking Osama Fazi p. 253, €16.00

U

na località balneare nel cuore del Cilento, di quelle frequentate dalla gente che conta, o crede di contare; abbastanza lontana da Napoli per dimenticarne i problemi e abbastanza vicina perché le annoiate signore possano essere raggiunte durante il weekend dai mariti. Il sole, il mare che ruba i colori a turchesi e smeraldi, e ville esclusive per goderne in pace. Un gruppo di “amici” sempre pronti a organizzare un tavolo per il bridge ma anche a colpirsi con commenti e pettegolezzi acuminati come stiletti e altrettanto pericolosi. Un coro di autoctoni abituati a mungere, per un mese all’anno, quei turisti che cercheranno di dimenticare nei successivi undici mesi. E infine, il cadavere oltraggiato e straziato di una donna affascinante, lasciato a marcire sotto un cumulo di alghe, in riva al mare; sirena raccapricciante eppure capace di turbare i pensieri del maresciallo che deve indagare sulla sua morte. Ad affondare le mani in questa materia e trasformarla in un romanzo avvincente, dove tutto ha un lato oscuro e niente è come sembra, è una delle Signore del giallo italiano, Diana Lama, già vincitrice di un Premio Tedeschi e alla sua seconda uscita per Piemme con questo La sirena sotto le alghe. Ugo Mazzotta

incontro con laura Lippman autrice di Baltimora Blues (Giano)

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dai neri, dove avvengono quasi el mondo variegato e aftutti i delitti. Una realtà che mi follato del thriller amerisono trovata davanti agli occhi cano, chi avrebbe mai ipotizzaal ritorno dall’università, nel to che una cicciona maldestra 1989: una delle città più criappassionata di canottaggio e minose d’America. Per quandetective quasi per caso potesse to abbia sempre vissuto in un imporsi come uno dei personagquartiere molto tranquillo, la gi più popolari del genere? È a Laura Lippman consapevolezza del crimine era Tess Monaghan, infatti che Laura Lippman deve gran parte del suo successo. sempre latente. Baltimora Blues, primo capitolo di una saga apertasi nel 1997, torna nelle librerie italiane Certo che la sua Tess ha caratteristiche anocon una sontuosa veste grafica. La Lippman male per una detective... non lesina, quando l’ennesimo intervistatore Quando facevo canottaggio, conoscevo una tizia che avrebbe potuto competere con i mabussa alla sua porta. schi. A differenza di Tess, però, io non sono Non le sembra che Baltimora suoni poco noir, mai stata disoccupata. Baltimora Blues, la sua prima avventura, l’ho scritto perché mi semrispetto alle varie L.A., NYC, Chicago ecc? Ci ho vissuto abbastanza a lungo per capire brava una storia molto vera. Lavoravo in un che ci sono due diverse città in una. Quella giornale e girava voce che ci sarebbero stati dei borghese, in larga parte bianca, dove il cri- licenziamenti e io ero stata assunta da poco. mine è quasi assente, e quella povera, abitata Tuttora non so cos’altro avrei potuto fare se

non scrivere. E così ho creato una sorta di mio alter ego. Oggi Tess Monaghan è una detective molto conosciuta. Era convinta dall’inizio che sarebbe stata protagonista di una serie? Lo speravo. Forse sono stata un tantino presuntuosa. Però ora mi trovo a Londra, dove sto per ricevere un premio. È la prima volta che il Premio Strands della critica va a uno scrittore americano. Mi sono svegliata in aereo mentre sorvolavo l’Irlanda e non ho potuto fare a meno di sorridere. La mia vita è davvero incredibile, e ogni anno che passa le sorprese aumentano.

e ci sono pagine che oggi scriverei in maniera diversa. Però sono convinta che il romanzo di genere possa rientrare in quello che un tempo veniva definito romanzo sociale, e che quasi tutti i cittadini americani abbiano la tendenza a considerarsi delle vittime. Credo di aver affinato le mie capacità di scrittura nel tempo. Sono giunta al nono capitolo della serie di Tess, che ho incentrato sul delitto più comune a Baltimora, l’assassinio di un giovane di colore ritenuto coinvolto nel traffico di stupefacenti. Spero di scuotere leggermente le coscienze e di ricordare alla gente che un omicidio resta pur sempre un omicidio e che nessun giovane è nato meritandosi un destino simile.

Lo sviluppo dell’indagine si intreccia con tematiche sociali forti: donne che hanno subito violenze o che hanno sottoposto il proprio corpo a vari abusi. Crede nel ruolo sociale del romanzo poliziesco? Baltimora Blues è il primo capitolo di una serie

Laura Lippman tornerà presto sugli scaffali delle librerie italiane con il racconto M.T.V. e la donna che uscirà nell’antologia Washington noir. Il volume, edito da Alet sarà in libreria dall’8 di ottobre. Seba Pezzani

L’amore non è un miraggio. L’autore rivelazione Luis Leante ci parla del deserto: quello del Sahara, e quello che c’è in ognuno di noi. Il percorso di rinascita di una donna che vuole ritrovarsi, per tornare a vivere.

feltrinelli.it


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Settembre 2008 FRESCHI DI STAMPA

Persson: “Vi racconto il mio mondo narrativo” L

ars Martin Johansson – protagonista di molti dei miei romanzi e anche dell’ultimo, In Caduta libera come in un sogno – è nato nel 1943 a Näsaker, nel Nord della Svezia. È cresciuto in una grande fattoria sulle sponde di un fiume, con sua madre Elna, suo padre Evert e sei fratelli e sorelle. All’inizio degli anni ’60 si è trasferito a Stoccolma dove è diventato poliziotto. Si è sposato, ha avuto due bambini e poi ha divorziato. Dopo i sei anni obbligatori come agente in uniforme a Stoccolma, è entrato nella divisione Indagini criminali, dove ha fatto carriera. Si è poi trasferito al Dipartimento Nazionale di Indagini Criminali (DNIC). Siamo ormai a metà degli anni ’80. A questo punto Johansson sta studiando all’università e alla fine si laurea in legge. Lavora presso il ministero della Giustizia quando l’allora primo ministro, Olof Palme, viene assassinato, ed è coinvolto in qualità di esperto in varie indagini relative all’omicidio Palme. Nel 1989 si sposa una seconda volta con Pia Hedin-Johansson, molto più giovane di lui. Il loro matrimonio è felice ma senza figli. Grazie alla sua esperienza e competenza, viene nominato capo operativo dei Servizi segreti svedesi. Nel 2007 chiede il pensionamento anticipato. Johansson

è una leggenda nella polizia, noto come “l’uomo che vede oltre gli angoli”. Consapevole di quello che vale, è una persona che è meglio non avere contro. Ama la tranquillità e l’unica cosa a cui tiene davvero è la famiglia. E, certo, il suo migliore amico, Bo Jarnebring, un’altra figura leggendaria nella polizia, per le sue eccezionali doti fisiche: una volta ha abbattuto da solo una massiccia porta in quercia perché non voleva aspettare il fabbro della polizia. Bo è nato lo stesso anno di Johansson a Dalarna e i due sono amici fin dai tempi dell’accademia. È commissario della divisione indagini criminali da metà degli anni ’90 e andrà in pensione nel mio prossimo romanzo, He Who Kills the Dragon. Un altro personaggio che ha un ruolo importante nei miei libri – che è il protagonista di Anatomia di un’indagine – è il commissario Evart Bäckström. Nato a Söder nel 1953, è basso, grasso e rozzo. Spendaccione, la sua vita privata e lavorativa è sempre sull’orlo del collasso e l’unico a non preoccuparsene è proprio lui, soddisfatto di sé e della sua situazione. È il campione mondiale della polizia in bestemmie, e in vari giochetti e traffici sporchi. Alla fine comunque riesce in qualche modo a risolvere le cose, come in He Who Kills the Dragon, senza che persone completamente innocenti finiscano in galera. Forse anche grazie ad Anna Holt, nata nel 1960. Poliziotta in carriera, che nel prossimo romanzo verrà promossa a capo della polizia di Västerort, dove sarà trasferito anche Bäckström. Anna Holt è

stata sposata trent’anni fa e ha avuto un figlio, ma da allora ha avuto solo relazioni occasionali. La più recente con l’ispettore capo Jan Lewin, nato nel 1948. Scapolo e senza figli, frequenta Anna ormai da qualche anno, ma i due non vivono insieme. Ultimamente sembra meno depresso e più soddisfatto. Eccellente investigatore, mantiene un profilo basso, ed è acuto e preciso. Molto dotato. “Solo un po’ meno bravo di me”, lo descrive Johansson quando è dell’umore giusto. Infine c’è Lisa Mattei, nata nel 1974, commissario della divisione di intelligence del DNIC, ha un dottorato in filosofia ed è una brillante poliziotta. “Una ragazza che andrà lontano”, secondo Johansson. Un ricco padre tedesco e una madre che lavora nei Servizi, single e senza figli, Lisa è molto innamorata di Johansson, anche se i due non si somigliano affatto. Leif GW Persson (1945) è un noto professore di criminologia che insegna alla Scuola nazionale di polizia a Stoccolma ed è stato consulente del ministero di Giustizia e dei Servizi segreti svedesi. Di Persson, Marsilio ha pubblicato Tra la nostalgia dell’estate e il gelo dell’inverno, Un altro tempo, un’altra vita – primi due volumi della cosiddetta Trilogia della caduta del Welfare State, che si conclude con In caduta libera come in un sogno, nelle librerie a settembre 2008 –, entrambi premiati dall’Accademia svedese del Poliziesco, e Anatomia di un’indagine.

Intervista con Andrea Ferrari per il suo secondo romanzo Bravo Brandelli (Eclissi editrice)

“Ridurrò A. Brandelli Milano!” B

www.kowalski.it

ravo Brandelli! Il ritorno di Andrea Ferrari. A distanza di un anno dall’esordio con l’ironico e graffiante noir Milano A. Brandelli, Andrea Ferrari torna con un’altra avventura del suo alterego nonchè antieroe Brandelli, detective privato con qualche macchia e sicuramente tanta paura, dal titolo Bravo Brandelli. Questa volta troviamo il protagonista alle prese con un caso che si presenta subito come molto rischioso: una famosa etoile del balletto, in procinto di lasciare le scene, viene minacciata con delle lettere ripiene di frutta marcia. Aiutato da un giovane marocchino conosciuto in uno dei tanti kebabbari di Milano, Brandelli corre in lungo e in largo per la sua amata dama grigia cercando di scoprire l’identità del misterioso maniaco della frutta. E proprio la città, così morbosamente amata da Brandelli anche nei suoi lati più oscuri, è la coprotagonista del romanzo, molto più che nel libro precedente. Il nostro eroe la attraversa passando dal centro, dove tutto è al proprio posto e persino la povertà deve mostrarsi decente al cospetto dei giapponesi armati di

digitale, alla periferia più profonda, lontana solo qualche chilometro eppure mille miglia, che trova nell’ortomercato il suo Duomo personale. A fare compagnia a Brandelli nelle sue ricerche, ovviamente, c’è... Brandelli. Sì, perché l’interlocutore preferito dal detective è proprio se stesso: all’interno della sua testa avvengono le scene più divertenti, i dialoghi più immediati, le personali rielaborazioni della realtà vista dagli occhi di un trentenne qualunque. Tutti ci possiamo riconoscere in Brandelli: chi, da solo in metropolitana, per combattere la noia, non si è mai fatto un film personale sui compagni di viaggio, immaginandone vita morte e miracoli? In occasione dell’uscita del romanzo MilanoNera è riuscita a scambiare con l’autore alcune battute.

Innanzitutto, Andrea, come spieghi questa scelta, già proposta nel tuo primo lavoro, di un noir capovolto, ovvero senza violenza né omicidi, nonché la scelta come protagonista di un antieroe come Brandelli, lontano anni luce dai tipici detective del noir classico? Pensi che questa scelta possa avere un futuro a lungo termine? L’idea di capovolgere i clichés del noir mi solleticava perché da lettore appassionato del genere volevo provare ad approcciarlo diversamente, rispettandone sì i dettami ma ribaltandoli. Così é nato il mio personaggio, che non fuma, non beve e va a letto presto la sera. Ho tolto i fatti cruenti, così lontani dalla vita di tutti i giorni e l’ho messo a indagare sulle semplici tragedie che affliggono i dannati della mediocrità, conden-

“Un autore di cui sentiremo ancora parlare.” La Repubblica

“Roversi confeziona le sue storie come si deve, con ironia e suspence.” Il foglio

“Una scrittura limpida ed essenziale.” La Gazzetta di Parma

do il tutto con ironia e malcelata amarezza. La scelta a lungo termine la determinerà il pubblico, io ho ancora molte storie da raccontare; in Bravo Brandelli si apprezzano comunque variazioni interessanti del personaggio. Nei tuoi romanzi una delle cose che salta più allocchio è l’amore per Milano, la tua città. Da cosa nasce questo amore, e perché, secondo te, un non milanese dovrebbe comprare i tuoi libri e appassionarsi alle vicende di Brandelli? Quando si parla di amore si parla di qualcosa di irrazionale e quindi di difficile spiegazione. Diciamo che se é vero che la storia la fanno i vinti, Milano ha fatto e farà la storia! Un non milanese dovrebbe leggere Brandelli per farsi venire la voglia di visitare la città nonostante tutti gli stereotipi che l’accompagnano, stereotipi che non rinnego ma che faccio miei e che sfrutto a favore della narrazione. Non so perché Brandelli piaccia alla gente, so di per certo che non sempre la gente piace a Brandelli! Davide Schito


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Settembre 2008 RECENSIONI

Taxi blues N

recensione

Philip K. Dick Tutti i racconti 1954 Fanucci, p. 561, €22.00

I

ventotto racconti che compongono questa raccolta furono scritti o pubblicati, come indica il titolo, tutti nel 1954, poco prima che Dick uscisse con il suo primo romanzo, Lotteria dello spazio (1955). Si tratta dunque di un fondamentale preludio a testi che hanno fatto di Dick il più importante autore di fantascienza del Novecento. Fantascienza che ritroviamo in racconti come La cripta di cristallo accanto a molti altri generi: il surre-

accelerato. Ora vedo meglio il fagotto: un maialino morto avvolto in un sacchetto di plastica trasparente che l’acqua lascia aderire alla carne rosa. Mi porge un biglietto umido, l’indirizzo è scritto sia in italiano che in cinese, gli ideogrammi colano verso il basso. Le indicazioni conducono a un negozietto con l’insegna dipinta a mano, sulla soglia ci sono altri cinesi, anche loro portano con sè il macabro fagotto, egualmente morto e accuratamente imbustato. Il buon senso mi suggerisce di scaricare il vecchio senza fare domande, ma la curiosità è più grande della saggezza. Scendo dal taxi per aprirgli la portiera, lui ne approfitta e mi porge la busta, rabbrividisco. Oltre la plastica trasparente, percorsa da gocce d’acqua, il maialino sembra nudo. La vittima di un assurdo film dell’orrore, colta di sorpresa mentre si faceva la doccia. Gli occhi immobili sull’ultima emozione, la bocca sorpresa. Per un attimo sembra che l’urlo venga da quel corpo morto, piuttosto che dall’interno del negozietto.

continua su www.milanonera.com ale di Breve vita di una scarpa marrone, l’inquietudine horror di Dietro lo sportello che avrebbe fatto la fortuna di Stephen King, il futuro tecnologico e robotizzato di James P. Crow. La bravura di Dick sta nel sapere gestire le situazioni più disparate come se fossero una sola: quella di ampliare i confini del possibile per preparare il lettore (e l’umanità tutta) ad affrontare quello che verrà. Non c’è nulla che non possa accadere nel nostro banale quotidiano e l’evento apparentemente al di là della nostra comprensione non è altro che l’altra faccia del visibile. Ma allo stesso tempo Dick non è uno da prendere troppo sul serio ed è il primo a fare sì che le sue metafore sull’uomo prigioniero di destini da incubo siano solo un gioco letterario. P.Gr

S

pie, codici cifrati, doppi giochi, assassinii, congiure, tradimenti. E pensare che Federico da Montefeltro aveva fatto incidere, sulla porta del suo magnifico studiolo, nel palazzo di Urbino: Melius te vinci vera dicentem quam vincere mentientem, È meglio perdere dicendo la verità che vincere mentendo. Sulla parete nord dello stesso studiolo era anche scritto: Virtutibus itur ad astra, Con le virtù si raggiunge il cielo. Eppure sembra uscito dalla mente di un grande giallista questo duca d’Urbino svelato da Marcel-

Jeffery Deaver LA FINESTRA ROTTA Rizzoli, p.567

recensione

di Raffaella Piccinni on è un comune temporale estivo, il cielo vomita sulla città e i lampi sono colpi di frusta che sembrano dirmi: non sfidare gli Dei, accosta e aspetta che passi la tempesta. Ho 15 ore di lavoro sulle spalle perché oggi i tranvieri hanno deciso di scioperare. Sono troppo stanca per assecondare il cielo. Il mio taxi è un puntino bianco che si fa strada nella tempesta come un meteorite scagliato a razzo verso la terra, verso casa, se ne vede solo la scia, nulla lo può fermare! Tranne un vecchio cinese fradicio sotto un cartellone pubblicitario, subisce immobile l’assalto del cielo. Stringe al petto un fagotto. Freno, sento le gomme scivolare sullo strato d’acqua. Il vecchio sale in macchina con la gioia di un viandante accolto in un rifugio asciutto. Il sedile posteriore produce un suono irritante, di spugna che s’inzuppa. Lo fisso perplessa, sono senza parole. Indossa un abito tradizionale cinese che sembra un pigiama di seta nera. Ha lunghi capelli bianchi e sfilacciati, raccolti in una coda sottile. Parla la lingua originale, suoni taglienti che sembrano provenire da un disco

A

rthur Rhyme viene arrestato e incriminato per l’omicidio di Alice Sanderson, donna da lui da poco conosciuta, ritrovata sgozzata e derubata di un quadro di grande valore nel suo appartamento di New York. Tutte le prove portano a far ritenere la colpevolezza dell’uomo. La moglie del detenuto chiede aiuto a Lincoln Rhyme, cugino di Arthur. Il criminalista tetraplegico è al

Hakan Nesser L’uomo senza un cane Guanda, p.443, € 18.00

recensione

Racconti di una scrittrice taxista

recensione

Marcello Simonetta L’enigma Montefeltro Rizzoli,p. 308, €19.00

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ello scenario di una borghesissima e modernissima Svezia, si muovono come pedine su una scacchiera di marmo lustro, le vicende di un’apparentemente normale famiglia. Un’occasione festante è motivo per raccogliere sotto un solo tetto tre generazioni degli Hermansson. Si tratta del doppio compleanno di Karl–Erik, capofamiglia ses-

lo Simonetta nel saggio L’Enigma Montefeltro, in cui racconta tutti i risvolti della Congiura dei Pazzi del 26 aprile 1478, e in particolare la complicità di Federico. Il complotto, che puntava a uccidere Lorenzo e Giuliano de’ Medici e a rovesciare la loro signoria di fatto (in teoria c’era la Repubblica) su Firenze, fallì. O meglio: Giuliano fu ucciso nel Duomo con la complicità di religiosi locali, ma soprattutto del papa Sisto IV, di suo nipote, il cardinale Riario, e altri personaggi, tra cui i banchierinemici dei Medici, i Pazzi. Ma Lorenzo si salvò, soltanto leggermente ferito, e i fiorentini gli rimasero fedeli: i congiurati, i loro amici e parenti furono fatti a pezzi. Il papa si infuriò e non solo scomunicò la

città, ma costituì una lega per farle guerra. Tutti furono contro Firenze, tranne Milano, che in quel periodo era in mano all’abilissimo cancelliere Cicco Simonetta. Finì che Lorenzo salvò testa e potere rimettendosi nelle mani del re di Napoli, che Simonetta perse sia la testa sia il potere, il papa morì (come prima o poi accade sempre) e anni dopo al suo posto fu eletto il figlio illegittimo di Giuliano de’ Medici, Clemente VII, nato dopo la morte del padre. Federico, invece, andò a morire malamente a Ferrara, mentre cercava di combattere le truppe veneziane e pontificie. Leggete il saggio come se fosse un romanzo: vi accorgerete che è anche straordinariamente attuale. Valeria Palumbo

momento impegnato, insieme alla squadra che lo coadiuva in tutte le sue indagini - capeggiata da Amelia Sachs -, nella caccia a Logan, un pericoloso killer sua vecchia conoscenza. Pur se tra i due Rhyme non scorre buon sangue per alcuni vecchi dissidi familiari, Lincoln decide di esaminare il caso, verificando come tutti gli elementi a carico del cugino siano schiaccianti, anche troppo. Prove precostituite ad arte da un uomo che conosce tutto delle vite altrui e usa tali informazioni per incastrare degli innocenti al posto suo. Ben presto si

aprirà la sfida tra il criminalista e il ladro di identità che non si limiterà a cercare di sfuggirgli ma passerà all’attacco. Ennesimo episodio della fortunatissima serie che vede Lincoln Rhyme combattere a colpi di logica e intelligenza contro il crimine, “La finestra rotta” si caratterizza per un tasso di violenza insolito nella produzione di Deaver, in un crescendo di colpi di scena che rende più sopportabile il fin troppo marcato tecnicismo investigativo a cui ci aveva abituati in passato. Massimo Rainer

santacinquenne e della sua primogenita Ebba, che si appresta a festeggiare i quaranta. Il tutto in prossimità di Natale. Parrebbero i presupposti per una sit – com di dubbio gusto ma due misteriose sparizioni stravolgono questo “cheto” scenario. Prima Robert, fratello di Ebba, recente protagonista di un pessimo reality show e poi il figlio Henrik, studente universitario e “golden boy” agli occhi della madre. Il vaso di Pandora è presto rotto. Nessun indizio e plausibile spiegazione. Toccherà all’ispettore italo-svedese Gunnar Barbarotti,

ironico e disilluso uomo di mezza età gettare luce sulla vicenda. Un giallo travolgente, tra pagine di riso amaro e altre di straordinario patos narrativo, senza escludere l’ansia crescente degna del vero thriller. La penna di Hakan Nesser è arguta, sagace, altamente descrittiva. I suoi personaggi sono lì, presenti, in carne ed ossa, con i loro animi neri e dilacerati, dubbi, frustrazioni e paure. Nesser scava a fondo e oltre. Tra quanto di meglio si possa trovare nella odierna narrativa europea. Stefano Gianuario

Perché resistere all’evoluzione?

Il cambiamento. Meglio resistere o prenderne atto? Scalzare le proprie certezze può rendere indolore il passaggio. Baricco osserva la nascita di una nuova civiltà, attraverso gli occhi di quella precedente.

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Settembre 2008 RECENSIONI

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Libri che mi piacciono per motivi assolutamente soggettivi

Di Paolo Roversi

Don Winslow L’inverno di frankie machine Einaudi, p. 320, €16,00 Le ferie in Grecia me le sono proprio godute grazie a due splendidi libri, come da tempo non mi capitavano, che ho letto fra un traghetto e l’altro. Il primo è il romanzo di Winslow: impazzirete per Frankie Machine (che presto verrà interpretato al cinema da Robert De Niro). Immaginate un romanzo che sta a metà fra American Tabloid di Ellroy, Cane mangia Cane di Bunker e il Padrino. Un libro che parte piano ma che poi accelera e vi terrà attaccati senza fiato fino all’ultima pagina. Ironico, essenziale, perfetto.

Francisco González Ledesma Mistero di strada Giano, p. 270, € 17.00

Forse ha ragione Paolo Grugni (di cui trovate l’intervista in questo numero), autore di questo bel romanzo politico, duro e incisivo: i fratelli Grimm hanno rovinato un sacco di generazioni. Secondo lui Cappuccetto Rosso meritava di fare un’altra fine e la storia, per correttezza, avrebbe dovuto essere raccontata dalla parte del lupo. Perché? Perché nessun cacciatore, direbbe il protagonista di questo romanzo, può trasformarsi in un salvatore. Il punto di vista di questo personaggio è raccontato con una prosa chiara, tagliente, decisa. Si fanno nomi e cognomi, si punta il dito sulle responsabilità, una storia che racconta come siamo. Gli animali, i dati del loro massacro, gli allevamenti, le cavie da laboratorio, il referdendum contro la caccia passato sotto silenzio... Un libro miltante, fortemente ambientalista, un pugno nello stomaco che però ci può aiutare a riflettere. Cosa che ultimamente, in tanti romanzi che leggo, non è affatto scontata...

Lorenzo Licalzi Sette uomini d’oro Rizzoli, p.190, € 15,00 Una vicenda scanzonata, grottesca a tratti ma anche la storia di un’amicizia perduta e ritrovata. Scene esilaranti, personaggi improbabili, quasi macchiette che sembrano uscite da un film del neorealismo italiano o da una pellicola francese con Jean Gabin. Un romanzo forse non all’altezza dei precedenti di Licalzi ma che comunque si beve d’un fiato come l’amaro Camatti, tanto per stare in tema con quello che scrive l’autore.

Piergiorgio Odifreddi IL MATEMATICO imPENITENTE Longanesi, p. 347, € 16,60

Piergiorgio Odifreddi: professore, scrittore, divulgatore scientifico, editorialista, matematico, forse saggio.. poiché non è saggio farsi nemici potenti! L’idea di intervistare mi mette di buon umore, lo chiamo: “risponde il numero ottomilioni...” Non poteva essere altrimenti la segreteria telefonica di un matematico. Altri grandi matematici hanno affrontato temi sociali. Perché ha scelto di fare divulgazione? Fare sempre le stesse cose genera sensazioni frustranti, sorge il bisogno di andare oltre. Affianco alla motivazione soggettiva una oggettiva, che racchiude un impegno civile poiché il metodo matematico si contrappone a quello religioso che poggia sulla cieca accettazione di verità dogmatiche. Però anche la matematica poggia su degli assiomi... Sì, ma verificabili, nella matematica non esiste la Verità dogmatica, ogni verità viene messa in discussione. Penso alla geometria Euclidea, fino all’800 pensavamo che fosse l’unica, invece se vogliamo studiare il mondo fisico la geometria iperbolica è più adatta. Nulla è dovunque uguale, nessuna verità è assoluta o superiore. È stato attaccato dalle pagine di alcuni dei principali quotidiani italiani, sul sito internet del vaticano è definito “codesto matematico” e il suo libro “ingiurioso opuscolo”... L’intellettuale ha un ruolo di critica della società, in fondo non è mai pienamente integrato, è antisociale per il suo ruolo di analisi. Penso ai toni quietisti e fintamente equilibrati della politica, anche di una certa sinistra che non vuole liberare la politica dall’influenza dei dogmi religiosi, per renderla realmente laica. Nella scienza la critica fa parte

KOW_jimenez_habana_esec_27mm

Georgina Jiménez

HABANA NEGRA

15-05-2008

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Georgina Jiménez è nata all’Avana nel 1941. Ha insegnato Storia e Filosofia all’Università della sua città. Ha lavorato come giornalista e ha curato un’antologia di poesie su Ernesto Che Guevara. Habana negra è il suo romanzo d’esordio.

del metodo, se mi attaccano cerco di rispondere argomentando, entrando nel merito, non nel metodo. Il Relativismo e il Razionalismo che la Chiesa condanna si fondano sulla critica e sull’autocritica, proprie dell’atteggiamento scientifico. Colui che indaga usa la logica, c’è una relazione tra il genere giallo e la matematica? Penso al saggio di un amico, Carlo Toffaroli, Il matematico in giallo, nel quale mostra come il metodo matematico, ovvero logico deduttivo, sia stato utilizzato da tutti i più grandi giallisti. Potrei citare anche Margaret Doody e il suo ciclo di romanzi con Aristotele detective. Non solo, la matematica è utile per la stessa struttura del racconto. Raffaella Piccinni

Monica Drake CLOWN GIRL Neri Pozza, p. 349, € 17,00 “Quando ci si veste da clown si cammina sul filo del rasoio, in bilico tra desiderio e paura, amore e avversione. In quel precario equilibrio, il mio obiettivo era far ridere i bambini”. Perché per Nita, che sogna di mettere in scena il suo personale adattamento della Metamorfosi di Kafka, fare la clown girl non è un ripiego, ma una vocazione. Impersonare il ruolo dell’oppresso è un’arte e cercare di rappresentare con un gesto la condizione dei più deboli è il suo talento. Ma vivere in un luogo come Baloneytown, tra tossici e spacciatori, attaccabrighe e personaggi folli, poliziotti e feticisti, è dura e, paradossalmente, in un mondo contrassegnato dal disfattismo, è lei la buffona. È lei quella a dipingersi il viso, a portare grandi occhiali a forma di fiori, a zoppicare indossando scarpe enormi. Clown Girl è un racconto grottesco ed elegante, poetico e folle, sagace e malinconico. È un mondo a sé, perché è al contempo una coinvolgente commedia, una sublime storia d’amore e un romanzo so-

“Habana negra è un romanzo di grande magnetismo che mescola sesso, tradimento, vendetta, politica e magia nera... Personaggi dalle vite senza freno, sempre al limite del precipizio.” ABC “Gli intrighi, la magia, gli istinti e le passioni più sfrenate si danno appuntamento in questo romanzo che assorbe il lettore fino alla fine.” Ababol

Habana Negra è un romanzo di grande magnetismo che mescola sesso, tradimento, vendetta, politica e magia nera... Personaggi dalle vite senza freno, sempre al limite del precipizio.” www.kowalski.it

progetto grafico segnoruvido.comunicazioni visive in copertina © Grey Villet/TLP/Getty Images

ciale. L’ottimo esordio di Veronica Drake, una scrittrice talentuosa che Chuck Palahniuk, nella prefazione al libro ha definito “la sua peggior nemica”. Ma di gran talento. Francesca Colletti

Vanni Santoni Gli Interessi in comune Feltrinelli, p. 272, €13.00 Un libro generazionale che se non eccelle per trama e forma, sicuramente va letto per provare a capire la “forma mentis” di chi prende sul serio qualcosa con cui gli è permesso solo giocare e gioca con qualcosa che dovrebbe essere invece preso sul serio. Vanni Santoni, con i suoi 30 anni, riesce a racchiudere in un volantino formato A4 una generazione che tra le birre e le sigarette sceglie sempre la marca, che si fa una canna alle undici di mattina e butta nel cesso la giornata, che quando viene lasciata va a puttane o ricomincia con la coca o tutti e due. Una generazione la cui cosa più importante è l’amore e poi l’amicizia, una generazione a cui la politica non interessa ma è di sinistra, a cui tutto fa schifo ed è tutto un magna magna, ma poi vota zitta zitta a destra. Un “Noi” emblematico, partecipe e protagonista di un gruppo di ragazzi che si pensano esclusi e che in realtà si escludono a vicenda con i “loro interessi in comune”, come se nulla fosse da risparmiare, come bimbi eccitati e violentemente schizzati per un nuovo “giocattolo”. Una realtà in alta e acida definizione che con cinismo adolescenziale sembra indicare la noia come unica causa del malessere di chi pensa di poter fare l’artista senza essersi mai fatto i “viaggi” e di chi, siccome si è fatto i viaggi, si illude d’essere “artista”. La vita è sopravvalutata? Forse no e i giorni fatti di nulla forse possono sviluppare creatività e senso di sfida con cui ci si misura per tutto il viaggio della vita. Claudia Caramaschi

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Georgina Jiménez HABANA NEGRA

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Il secondo romanzo della mia estate è questo di Ledesma. Dopo l’invasione degli autori spagnoli in Italia, dei quali sinceramente nessuno sentiva la mancanza, eccone finalmente uno che vale. Ledesma è un autore di razza che ti entra dentro, crea atmosfere e traccia personaggi convincenti. La Barcellona che racconta è cupa, triste ma reale, viva. La vicenda ti prende per mano, s’intreccia, si complica e i personaggi intrigano sempre di più. Quando lo chiuderete vi sentirete un po’ meno orfani di Vasquez Montalban.

Paolo Grugni Aiutami Barbera, p. 260 € 15.50

recensioni in bianco

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788874 966608 euro 18,00

ABC

Georgina Jiménez

HABANA NEGRA

L’Avana 1926. Come ogni sera, il colp di cannone degli artiglieri della fortez della Cabaña annuncia le nove, che a salutano annuendo con l’orologio da taschino alla mano, e molti ignorano, assorbiti dalla travolgente vita monda Il celeberrimo tenore Caruso è in città le donne che assisteranno alla prima mangiano dolci da giorni. Anche Car del Valle vuole esserci alla prima. La rumbera mulatta più acclamata del Tea Martí, che balla come una divinità ne e non conosce regole a letto, vorrebbe mescolarsi agli spettatori illustri del Teatro Nacional. Ora Caridad è l’amante di Richard D un americano che proprio in città ha tr fortuna e una ricca moglie. Caridad n è felice con lui, vuole diventare qualc ed è disposta a tutto per ottenere ciò che desidera, anche a invocare l’aiuto di oscure divinità di cui non teme i p Venti anni dopo, a Chicago, una balle dalle origini misteriose si accompagn a uomini potenti e seduce Max Highe un giovane marine alla deriva nei nig La donna lo tiene in pugno fino a trasc con sé in un losco attracco al porto dell’Avana. Cuba, l’isola magica e struggente di Caridad, è cambiata e uomini pericolosi la governano seco precise regole di sangue e onore che non vanno trasgredite.

Un romanzo potente e sensuale, un dr suadente come un bolero, un maestos tributo all’Avana e alle passioni delle donne forti.


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milanoNERA

Settembre 2008 RECENSIONI

recensione

Christopher Barzak La voce segreta dei corvi Elliot, p. 350, € 18,50

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ette corvi per un segreto da custodire per sempre. La nonna ha insegnato che i corvi portano cattivi presagi, e così prende inizio la storia di Adam, adolescente con le sue difficoltà a scuola, con i compagni che non lo considerano, con la famiglia sull’orlo del divorzio, e con un fratello che lo maltratta in continuazione. Eppure l’assassinio brutale di Jamie, suo

recensione

Alessandro Bassi, Andrea Friggeri NUETER FOREVER Cabilaedizioni, p. 277, € 10.00

Tu oggi sei vivo?” È la domanda che assilla l’esistenza di Eva, Falzo, Lucio e Sergio, ex compagni di scuola, i fantastici quattro della mitica Quinta Elle. A distanza di dieci anni dall’esame di maturità, vivono un’amicizia legata indissolubilmente ai tragici eventi dell’11 luglio del 1992, quando l’intera classe festeggia la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova vita. Quel rito di passaggio, la festa di fine anno, cambierà per sempre la vita dei quattro amici e quella degli altri

recensione

Marcello Anselmo e Maurizio Bracci Questa corte condanna L’Ancora del Mediterraneo, p. 388, € 15,00

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rima vennero Gomorra e il suo autore, Roberto Saviano, a concentrare l’attenzione del Paese sul clan dei casalesi e sul processo Spartacus. Ora il più importante procedimento contro la camorra – e il secondo per rilevanza contro la criminalità organizzata dopo il maxi processo di Palermo del 1986-1987 – diventa un libro: la Regione Campania, infatti, investe bene il suo denaro questa volta e finanzia la pubblicazione del volume Questa corte condanna curato dai giornalisti Marcello Anselmo e Maurizio Bracci. I

amico caro, porta a una svolta. Adam scopre infatti una vita parallela alla realtà. Si lascia trasportare dal fantasma di Jamie nel mondo degli spettri, verso le tenebri consolanti, e riesce a scoprire, nel ricordo e nell’ombra, il calore umano, l’affidabilità di un amico su cui contare, perché “certe volte ho così freddo che devo bruciare i miei ricordi per riscaldarmi”. Ma la consapevolezza della fine e del non ritorno da un mondo sconosciuto e quasi inavvicinabile, consentono ad Adam di vivere, di rientrare con la mente nel suo corpo e di affrontare la vita, piena di difficoltà e di delusione, ma forse meritoria di essere vissuta. Moira Origoni compagni di classe. Nueter forever è un “noir senza indagini”, che rievoca gli anni del Liceo, le bravate, i grandi e sofferti amori, i viaggi in Inter-Rail, e le sbornie di una classe indimenticabile. Ma sulla scia di Notte prima degli esami sono spuntate tante, troppe emulazioni di film e romanzi adolescenziali. Nueter forever è uno di questi. è un mix insipido e scontato delle le emozioni evocate da romanzi alla Federico Moccia e di film come Compagni di scuola di Carlo Verdone. Solo che in quest’ultimo, c’è la genialità di un regista che descrive sapientemente e con ironia lo spirito, le gelosie e i fallimenti di una classe all’apparenza unita. Nueter forever è semplicemente un finto noir e perlopiù senza fantasia. Francesca Colletti quali prendono le tremilacinquecento pagine della sentenza di primo grado – confermata in appello – e la trasformano in una cronaca che entra nel dettaglio e spiega i meccanismi delle infiltrazioni camorristiche nell’economia legale, traccia profili dei capi cosca, illustra i capi di imputazione e ripercorre le strade seguite di magistrati che hanno lavorato al caso. Come Raffaello Magi, il giudice che ha scritto le motivazioni della sentenza e la cui intervista apre il volume. Il tutto passa attraverso stralci di interrogatori, intercettazioni e documenti originali che trasformano un dibattimento che era percepito – quando era percepito – come lontano e marginale. E non un momento nodale della lotta contro le mafie. Antonella Beccaria

Scott Heim LE SPARIZIONI Neri Pozza, p. 319, € 17.00

il libraio consiglia

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orvegia. Yngvar, poliziotto grande e grosso, che ha perso moglie e figlia in circostanze tragiche, e Johanne, criminologa con una figlia ritardata, cercano di venire a capo della scomparsa di alcuni bambini, ritrovati morti dopo qualche giorno dal rapimento. Nonostante l’apparente assenza di collegamenti fra le piccole vittime, gli investigatori sentono di non aver di fronte un maniaco, bensì un piano elaborato con diabolica razionalità. Intanto alla storia principale si intreccia la ricerca di Johanne attorno alla vicenda di un uomo accusato ingiustamente molti anni prima dell’omicidio di una bambina, vicenda che al termine del libro mostrerà un inatteso collegamento con la sparizione dei bambini. Segue diligentemente i binari

del sottogenere “bambini rapiti” questo giallo norvegese: l’autrice, che in patria è stata anche ministro della giustizia, inserisce al loro posto tutti gli elementi canonici, la bimba coi fiorellini fra i capelli e l’uomo nero, il dolore delle famiglie, la ricostruzione del profilo dell’assassino, il contrasto fra il lento progredire dell’indagine e l’agitarsi frenetico dei media, il rapporto personale fra i due timidie e tormentati protagonisti, la camera sotterranea dove il mostro cela il proprio orrendo segreto, la corsa contro il tempo e contro le regole... Niente di nuovo insomma. Ciò che rende particolare il libro, più che la storia in sè quindi, è l’esotica ambientazione norvegese, tanto più gradevole in quanto priva delle solite cupezze nordiche. L’autrice ha chiaramente attinto a piene mani dagli inglesi, più che dai suoi colleghi scandinavi, e questo fa sì che il libro sia scorrevole e avvincente, anche se bisogna dire che lo scioglimento finale deve un po’ troppo al caso ed alla coincidenza per essere del tutto avvero soddisfacente. Donatella Capizzi

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onna e Scott sono madre e figlio: lei vive sola in un paese del Kansas, lottando da anni contro il cancro e coltivando da sempre un ossessivo interesse per i casi di ragazzi scomparsi, sui quali conduce estenuanti ricerche. Lui sopravvive a New York tra un lavoro di poche soddisfazioni e una cronica depressione che combatte con massicce dosi di metanfetamine. Donna, sentendosi vicina alla fine, richiama a casa il figlio che, dapprima riluttante e pieno di dubbi, si lascia via via coinvolgere nelle ricerche della madre (vittima anch’essa di un rapimento da bambina) fino allo struggente finale. Confezionato come un noir, intriso di un’atmosfera greve e di una serie di misteri sempre più inquietanti, spesso in bilico tra la tragedia e l’assurdo, Le sparizioni è in realtà un romanzo, magnificamente scritto, sulle solitudini della vita di oggi, metropolitana o rurale che essa sia, e sulle prigioni nelle quali ci richiude l’incapacità di comunicare con chi ci è vicino, e soprattutto è un inno all’amore materno e alla sua straordinaria forza di redenzione. Giovanni Montessori Lubreria Ulisse Suzzara (MN)

Elisa Rossi Quando il drago muove la coda Nottetempo, p. 381, € 14,00

recensione

recensione

Anne Holt Quello che ti meriti Einaudi, p. 422, € 16.80

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ina. Un incidente in un sito archeologico uccide un operaio. Milano. A Chinatown sbarca una bellissima donna di Pechino, con un duplice intento: avviare trattative commerciali con una società che si occupa di nanotecnologie e aiutare il marito, generale dell’esercito, a smascherare un traffico di valuta estera che coinvolge un losco antiquario. La passione per il giallo dell’autrice è autentica. In tutti i sensi: sinofila convinta, Elisa Rossi è medico agopuntore che ha studiato direttamente in Oriente le tecniche che pratica per professione; ora si cimenta con la narrativa di genere e scopre un talento particolare nel mettere insieme frammenti di thriller e fantasia. Sceglie, giustamente, di limitare al minimo l’azione – ma non il numero di omicidi – per privilegiare un approccio propedeutico che sappia puntare oltre il mystery, direttamente alla curiosità del lettore. Le riflessioni sulla medicina olistica cinese e i Ching sono infatti le spezie con cui arricchisce una trama estremamente variegata. Grandi pregi sono la scrittura pacata, l’attenzione alle psicologie e la propensione al colpo di scena. Qualche pedanteria non rovina il gusto di acquisire nuove cognizioni mentre si scopre chi è il colpevole. Matteo Di Giulio

Dall’autrice di A nozze col delitto un nuovo mistero in una Milano sofisticata ed elegante dove niente è come sembra.

LUCIA TILDE INGROSSO IO SO TUTTO DI LEI

“Il motivo vincente della Ingrosso sta nella zuccherata perfidia con cui descrive le doppie vite dei suoi protagonisti.” Giovanni Pacchiano, il Sole 24 ORE


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Settembre 2008 INTERVISTE

Camilla Trinchieri la giallista “allieva” di Fellini e Visconti samente bisognosa di affetto ma nel contempo capace di manipolare le persone ai propri fini. E la singolare capacità dell’autrice di filtrare le emozioni attraverso una cultura e una sensibilità apparentemente (con An-ling non si può mai dire!) “cinesi”, investe il libro di una luce speciale.

soddisfazione. Dopo di quello mi sono trovata a scriverne una serie di sette. Poi ho detto basta. Volevo tornare al primo amore, al libro parzialmente ambientato a Praga durante la Seconda guerra mondiale. Ci ho lavorato un paio d’anni, ma degli altri personaggi mi sono entrati in testa, insistendo per il loro giorno al sole. Così nacHai pubblicato i primi libri Camilla Trinchieri que Il prezzo del silenzio. I libri col nome di Camilla Crespi, da qualche tempo invece scrivi sotto il tuo vero sotto il nome Trinchieri vengono dal profondo nome. Esiste una differenza fra i libri di Camil- dell’anima. I Crespi sono la controparte, io che prendo aria, anche se non sono per niente facili la Crespi e quelli di Camilla Trinchieri? I libri che ho scritto sotto il nome di Camilla da scrivere. Crespi sono dei gialli leggeri, che tengono com- Quanto è servita alla tua attività di scrittrice pagnia, che divertono per qualche ora, ma che, l’esperienza maturata nel cinema al fianco di secondo me, lasciano poche tracce, eccetto per registi come Fellini o Visconti? le ricette di cucina, un piatto diverso alla fine di Il cinema è stato fondamentale nella mia formaogni libro. La protagonista è un’italiana che si zione di scrittrice. Io vengo a conoscere i persorifà una vita a New York lavorando in un’agen- naggi dei miei libri tramite il dialogo. Finché non zia publicitaria, ma inciampa sempre in qualche parlano io non so chi sono, cosa pensano. Questo cadavere. Ho usato il nome Crespi per due mo- l’ho imparato dal cinema. Quando descrivo una tivi. Perché il mio vero nome volevo riservarlo ai scena la vedo come se stessi guardando un film. libri di maggiore peso che sapevo avrei scritto, Spesso vedo troppo, e ho dovuto imparare a non e anche perche Trinchieri non è un nome facile includere tutti i gesti dei personaggi, limitare la per gli americani. Il primo l’ho scritto per puro descrizione dell’ambiente per rendere il racconto divertimento, mentre aspettavo il visto per an- più limpido... Da Fellini ho imparato che bisodare a Praga per fare delle ricerche per un libro gna lasciarsi andare e non censurare l’immaginaserio, un Trinchieri. Il mio capo all’agenzia pu- zione. Da Visconti, ho appreso l’importanza del blicitaria non mi voleva dare un aumento, allo- dettaglio, la ricerca della perfezione. ra l’ho fatto fuori su carta. È stata una grande Nel libro Il prezzo del silenzio (Marcos y Mar-

Intervista-confronto con Giuseppe Genna creatore dell’ispettore Lopez

“Sogno l’annullamento del mio noir” D

oveva essere un’intervista. È diventato un faccia a faccia. Mi era stato chiesto di raggiungere l’autore di Hitler, io sono andato a caccia dell’uomo che mi ha insegnato a scrivere. Senza la quadrilogia di Lopez (Catrame, Nel nome di Ishmael, Non toccare la pelle del drago, Grande madre rossa) non farei il mestiere che faccio. Come è nata la quadrilogia? Non esisteva niente del genere in Italia, prima. Come è nata quella magia? Detto che per me non è una magia, occorre precisare che ad altezza della scrittura di Catrame, almeno in Italia, la tradizione del giallo e del thriller e del noir era considerata contraddittoriamente. Esisteva poi una situazione (quella dell’attualità sociale e politica) con una rimozione pressoché assoluta della continuità storica tra certi eventi e svolte di un Paese addormentato. Questo, da un lato. Dall’altro lato, c’era per me un’evidenza della presa di piede del protocollo della paranoia, estetizzato con suspence sempre più frequentemente utilizzata nella fiction cinematografica e televisiva. Per quanto concerne la scrittura del mio primo noir, si è trattato di una casualità. Mio padre amava svisceratamente Maigret, e io volevo fargli un regalo: un piccolo giallo senza pretese che aggiornasse la figura di Maigret e la collocasse nella zona in cui sono cresciuto e mio padre viveva a quei tempi. In Catrame non esiste un’influenza letteraria esterna. Ellroy mi ha piegato polso e immaginario successivamente, quando c’è stato da affrontare il caso Mattei (Nel nome di Ishamel), inserendolo in una continuità

che conduce al nostro presente. Entrambi abbiamo studiato gli stessi documenti, ma è come se tu fossi riuscito a prevedere degli assetti geopolitici che si sarebbero configurati solo dieci anni dopo. Come fai a vedere così lontano? Fino a che punto è lecito forzare il reale a fini narrativi? Comincio dall’ultima domanda. Ho una posizione personale, in merito: non è apodittica e non intende proporsi come una verità estensibile ad altri che a me. A mio parere la realtà è allucinatoria. È dalla meditazione sulla struttura allucinogena della percezione di realtà che io desumo la possibilità di allargare il dato allucinatorio, esaltando la discontinuità. Di qui: allegorie che puntano al “fuori” dello stampo umano. Il problema è rendere tutto ciò in narrazione che sia leggibile e popolare. Riguardo alle intuizioni in campo geopolitico: non è che io abbia una sfera in cui guardi e preveda il futuro. La geopolitica è una disciplina che studio intensamente. Quando scrissi Ishmael, l’editore mi chiese perché, anziché Berlino, ambientassi parte della storia ad Amburgo. Poco dopo accaddero i fatti dell’11 settembre e le indagini su Mohammed Atta condussero ad Amburgo. Se certe cose non si studiano, non si sanno. Tra l’altro, bisogna dire che anticipare in questo modo alcuni movimenti della realtà conduce sicuramente a un insuccesso editoriale. Penso a due elementi: la scena dei cinesi cadaveri nel container freezer che apre Gomorra di Saviano sta nel mio Drago; Rampini di altro non scrive che di cose che stanno tutte in quel thriller. Non lo sottolineo per narcisismo,

dico solo che ci sono momenti in cui certe cose hanno ricezione; se anticipi troppo non puoi poi lamentarti del fatto che queste cose penetrino a stento in ottomila lettori. Si tratta, però, di un elemento secondario, perché è la narrazione di storie aperte che per me è fondamentale. Il tuo abbandono del noir è ormai conclamato. Per mantenere accesa la speranza, tuttavia, mi chiedo se questa defezione includa anche Guido Lopez. Tornerà? E tu tornerai a occuparti di intelligence? Hai sicuramente intercettato l’obiettivo del mio lavoro a venire. Io mi sposterò sul futuro. Ho da anni in testa una trilogia particolare. Qui è previsto il ritorno di Lopez, in forma di una reincarnazione passata di uno dei personaggi. Già oggi esiste una continuità di Lopez: in realtà Lopez c’è in Dies Irae, anche se non si capisce che è lui. Perché io ho smesso di scrivere thriller con Lopez protagonista? Per stanchezza, anzitutto.Per cui, detto che esiste un inedito che ha Lopez come protagonista (non so se e quando e quali editori lo stamperanno), io sogno l’annullamento di Lopez così come sogno l’annullamento non del noir o del thriller, ma del mio noir, del mio thriller. Oggi occuparsi di intelligence nella narrazione è controproducente. Non funziona più l’allegorema poiché la situazione si è spostata nel futuro. La geopolitica si farà altrove, un altrove che non sta qui. Perciò, quanto devo fare è collocare l’allegoria in uno spazio fisico per significare una tensione al percorso metafisico. Il futuro, per me, è Kubrick. Spero che i lettori accettino lo scambio. Simone Sarasso

cos) An-ling, la ragazza cinese è un personaggio centrale, non solo in quanto vittima ma anche come veicolo di un punto di vista radicalmente diverso da quello degli altri personaggi. Le riflessioni di An-ling sono pura invenzione o provengono da un’esperienza reale della cultura cinese? La cultura cinese l’ho imparata leggendo tanti, tanti libri. Mi è piaciuta molto la ricerca, entrare in un altro mondo Era importante per la storia che si vedesse in faccia che An-ling non apparteneva al mondo americano tradizionale. Ho scelto di farla cinese perché, come spiega questo personaggio, quando fai una domanda a un cinese non sempre ti dice le cose come stanno. Anche An-ling ha i suoi segreti come li hanno gli altri. Come Emma Perotti, la protagonista de Il prezzo del silenzio, tu sei italoamericana, ma con la differenza che, mentre Emma ha un rapporto indiretto con le proprie radici, tu hai vissuto a lungo in Italia. Ora che vivi in America, quanta parte di te senti ancora italiana? Io mi sento spezzata a metà. Non potendo essere completamente italiana o americana, io rimango sull’orlo del tappeto. Posto ideale per uno scrittore perché mi permette di osservare a una certa distanza. Ho una grande nostalgia dell’Italia. La sento sotto la pelle, cosa che non capita con l’America. Il fatto che adesso un mio libro sia pubblicato sia in italiano sia in inglese mi rende felice. Le due parti di me si sono unite. Donatella Capizzi

Scott Turow ( a cura) TRACCE D’AMERICA Mondadori, p. 430, €19.00

recensione

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ew York. Inizia il processo a Emma Perotti, insegnante italoamericana di mezza età, accusata di aver ucciso una sua studentessa cinese, l’enigmatica An-ling. Chi fosse veramente An-ling e quale fosse il legame che la univa a Emma viene rivelato gradualmente attraverso l’alternarsi delle varie fasi del processo ai ricordi di Emma, di suo figlio adolescente Jason e del marito Tom. Scegliendo di scrivere un romanzo psicologico nelle forme del legal thriller, Camilla Trinchieri realizza un libro decisamente bello, capace di infondere vita nuova a un genere sempre più stantio e ripetitivo. L’autrice, americana ma di origine italiana e nata a Praga, rende senza fatica le diverse sfumature dei personaggi e i loro drammi, costruendo gradualmente attorno a loro una vicenda ambigua pur nella sua semplicità. Alla fine, come in Rashomon, la verità rimarrà inconoscibile; ma, per la cultura occidentale, potrebbe anche essere sufficiente un ragionevole dubbio… Oltre a un’avvincente vicenda processuale, il libro offre un’analisi rigorosa e senza sconti delle tensioni che dilaniano la famiglia media americana. Ogni carattere è delineato con precisione: Emma, tormentata da un’antica tragedia, che cerca un riscatto nella pulsione materna verso una ragazza spuntata dal nulla; il figlio, combattuto fra emozioni infantili e la scoperta adolescenziale dell’erotismo, il marito, inconsapevolmente meschino ed egoista. Ma sopra tutti svetta il personaggio di An-ling, ragazza cinese tenerissima e bugiarda, singolarmente infantile e dura, morbo-

Premessa necessaria, adoro i racconti, quelli brevi, contratti, in cui l’abilità sta nel togliere, nella sinesi, nel tratteggiare in poche frasi caratteri e location. Facile intuire quale evento rappresenti per me l’uscita dell’annuale raccolta The Best American Mystery Stories, la cui edizione 2006 è mimetizzata da Mondadori sotto il titolo fuorviante Tracce d’America, e curata oltre che dal solito libraio Otto Penzler da Scott Turow (che naturalmente non partecipa e forse non è un male, del resto lo dice lui steso che i racconti non sono il suo forte). Nell’indice un pugno di nomi celebri e tanti che pubblicano regolarmente su quelle riviste letterarie che in Italia sono ormai scomparse da tempo. L’insieme è come di consueto altalenante, con punte di eccellenza (il divo Deaver, che pure di recente aveva deluso, l’immortale McBain, la sorpresa, almeno per me, Emily Raboteau) e un bel po’ di buone cose (ma, e lo dico a malincuore, da Burke e Joyce Carol Oates, mi aspettavo di più e quello di Leonard è soltanto un estratto da Hot Kid), oltre un mazzo di idee discrete sviluppate senza troppo talento. Se ciò vi fa pensare che si tratta di un volume riservato ai soli veri appassionati di storie brevi, siete sulla strada giusta. Mauro Zola


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INTERVISTE

José Rodrigues Dos Santos autore de Einstein e la formula di Dio (Cavallo di Ferro)

“Scrivendo mi sono chiesto: è possibile provare scientificamente l’esistenza di Dio?”

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n romanzo d’amore? Un romanzo d’avventura? Un thriller? Un libro filosofico/scientifico? Einstein e la formula di Dio è tutte queste cose e anche qualcosa in più. È la grande avventura che porta alla scoperta di qualcosa molto più grande di noi: è la scoperta dell’esistenza scientifica di Dio raccontata attraverso una storia di spie, di avventura e di amore. Tre sono i pregi di questo libro. Il primo è la storia: ben congegnata, fluida, intrigante al punto giusto. Anche chi lo volesse leggere come romanzo d’evasione non avrà da pentirsi. Il secondo pregio è la divulgazione scientifica della fisica, anche la più complicata: ci sono molti riferimenti alla fisica quantistica e delle particelle, ma tutte le spiegazioni sono rese in modo che chiunque, veramente chiunque, le possa capire facilmente. Il terzo pregio è il tema del libro, ossia la ricerca della prova dell’esistenza di Dio. Tutto il libro è la preparazione alla rivelazione finale: si può dimostrare scientificamente l’esistenza di Dio? E, se sì, è il Dio che conosciamo attraverso gli insegnamenti della Chiesa o è qualcosa di completamente diverso? Non è che forse anche noi siamo un po’ Dio? È un libro che non finisce all’ultima pagina ma vi costringe ad andare oltre per domandarvi se potete accettarne la conclusione. Come è quanto è avvenuto il big bang di questo libro? Questo romanzo è nato da un’idea che ho avuto

mentre ero in una spiaggia del Brasile: sarà possibile provare scientificamente l’esistenza di Dio? Il libro contiene la risposta che la scienza ha riscontrato. Lei è credente? E se sì, crede nel Dio della Bibbia o in qualcosa di diverso? Prima di scrivere il libro ero agnostico. Dopo aver capito che la scienza ha risposte molto concrete alla domanda iniziale, sono convinto che esiste di fatto qualcosa di trascendente. Il primo problema è definire l’oggetto della domanda. Chi è dio? Se la risposta è: un vecchio dalla barba bianca che mandò Abramo a uccidere il figlio, come si legge nella Bibbia, allora tengo a dire che la scienza non ha scoperto questo Dio. Ma se la risposta è: Dio è una intelligenza intenzionale, allora le cose cambiano.Quando ricerchiamo Dio, ricerchiamo due cose nell’universo: intelligenza e intenzionalità. Se l’universo è intenzionalmente intelligente, allora Dio esiste. Non è il Dio della Bibbia, è un dio diverso. Ma, dopo aver assistito a tutte le scoperte scientifiche che sono state fatte nel campo della matematica e della fisica, sono convinto che questa intelligenza intenzionale esista davvero. La prova sta in Einstein e la formula di dio. Nel libro si vedono due visioni di Dio molto diverse, quella occidentale e quella orientale, unite per un obiettivo comune. È possibile un’unione del genere oppure no?

La maggior parte delle volte dipende da cosa si intende per dio. Ma la risposta finale è: si, esiste un legame tra l’idea occidentale e quella orientale. E esiste un legame tra religione e scienza. L’esperienza “Aspect” effettuata nel 1982 a Parigi per risolvere un paradosso proposto da Einstein, prova che l’universo è uno, la sua diversità è un’illusione. Ora, l’unicità di Dio è prevista nella Bibbia. Gli indù dicono che Brama è uno, i buddisti dicono che Dharmakaya è una. Sono tutte espressioni differenti per indicare una stessa cosa. Nel libro ci sono vari passaggi in cui viene spiegata la fisica quantistica. Pur essendo trattata molto semplicemente non crede di tagliar fuori una grossa fetta di pubblico? Penso di no, perché le spiegazioni sulla teoria quantistica sono semplici. Per di più i lettori di libri sono tendenzialmente persone intelligenti e colte e non hanno molta difficoltà nel seguire ragionamenti scientifici. Invece piace proprio questo.Del resto, la teoria quantistica è un elemento fondamentale per capire se esiste o no un’intelligenza intenzionale nell’universo. Cioè, è una traccia chiave per provare l’esistenza di Dio. Ma è importante chiarire che che la scienza è appena una parte del romanzo. Einstein e la formula di dio contiene una storia d’amore, spionaggio, avventura, tra Iran e Tibet. Diciamo che è un Indiana Jones con una componente scientifica. Stefano Favaro

appuntamenti 3-7 settembre

Mantova, Festivaletteratura. Presentazione di MilanoNera. Sabato 6 settembre, ore 20. Spazio Ludas via Oberdan

4 settembre 2008

Presentazione con aperitivo del terzo numero MilanoNera e del romanzo di Paolo Roversi Taccuino di una sbronza (Kowalski). Presso il Birrificio di Lambrate di via Adelchi, Milano. Ore 19.00. Libro + birra a prezzo speciale. Non mancate!

11 ottobre

Varese, ore 18. Booktrailer festival nell’ambito del Premio Chiara

18- 19 ottobre

Festival Frontiere Letterarie Binago-Malnate (CO) Scrittori noir e non per una due giorni di letteratura e cultura.

intervista a James Patterson

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sce in questi giorni il nuovo romanzo di James Patterson. MilanoNera l’ha intervistato. Quali nodi narrativi ha scelto di affrontare nel suo ultimo libro? Quali schemi già collaudati ha deciso di proporre e quali elementi di novità ha introdotto rispetto al passato? Come una tempesta rispetta le regole del buon thriller, è ricco di colpi di scena e di momenti ad alta tensione che capovolgono più volte le vicende narrate. Nel romanzo entrano in gioco dinamiche ed elementi di vario genere. La forza a volte impietosa della natura, le problematiche legate alla famiglia, dai tumul-

ti adolescenziali alla difficile elaborazione di un lutto, la crudeltà e la cupidigia degli individui e a sovrastare tutto il potere del caso di mescolare continuamente le carte. Nel suo ultimo libro Come una tempesta sceglie di raccontare le vicissitudini della famiglia Dunne in terza persona. In alcuni dei precedenti romanzi invece aveva spesso adottato la voce di un personaggio, come quello di Alex Cross. Come e perché sceglie di immedesimarsi nelle sue storie? In questo libro ho tenuto un punto di vista più distaccato, il narratore non si immedesima con

nessuno dei personaggi e questo amplifica la suspence custodita da alcuni passaggi narrativi. In “Come una tempesta” tuttavia l’intreccio è costruito in modo che ci siano repentini cambiamenti di punti di vista, la voce narrante cerca di immedesimarsi con il lettore. In passato, nei romanzi di cui Alex Cross è stato protagonista ho preferito scrivere in prima persona, ho voluto, in quel caso, essere direttamente sulla scena insieme con i miei personaggi. In precedenti interviste, lei ha affermato di essere stato talvolta poco realista nei suoi romanzi ma di aver allo stesso tempo custodito sempre un intento sociale. Quali problematiche ha deciso di affrontare il suo ultimo libro?

Non m’interessa scrivere romanzi realistici, il mio obiettivo è piuttosto quello di rappresentare le angosce o gli incubi che tormentano la società in cui vivo, quella americana. In passato mi sono incentrato sulla violenza, mentre in questo libro ho cercato anche di interpretare i drammi e le preoccupazioni quotidiane della gente comune. Sebbene estremizzati i problemi della famiglia Dunne sono parte integrante della nostra contemporaneità. C’è il rapporto genitori figli, c’è il malessere adolescenziale che si manifesta attraverso sintomi allarmanti quanto concreti come l’anoressia o l’uso di droghe. Pur essendo collocati in un contesto insolito, questi elementi risultano evidenti già dalle prime pagine del romanzo.


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Settembre 2008 RECENSIONI

appuntamenti noir al Festivaletteratura di Mantova (3-7 settembre)

recensione

James Grady Mad dogs Sonzogno, p. 427, € 18.00

C

inque agenti della CIA fuori di testa, chiusi nel “Castello”, uno speciale manicomio nel Maine da cui è ben difficile uscire. Quattro uomini e una donna, reduci da situazioni operative “estreme”. Ma quando il loro psichiatra viene ucciso, in una situazione che fa di loro i colpevoli ideali, Victor, Eric, Zane, Russell e la nera Hailey mettono insieme le loro risorse e fuggono, novelli detective in cerca dell’assassino. Inseguiti dai “risolutori” dell’Agenzia e dai propri fantasmi, tenuti a bada da farmaci che non hanno più a disposizione. Fantasmi da un passato di

modi meno formali possibili. In bicicletta, nei boschi, sul lungolago, al bar a ogni ora, in sala stampa, giocando a scacchi. Quest’anno arrivano per la prima volta Scott Turow, il reporter William Langewiesche, Eugenio Scalfari, Paolo Villaggio e Sebastian Faulks, autore del nuovo James Bond. Soprattutto Jonathan Safran Foer e Nicole Krauss, rappresentanti della migliore scena letteraria americana massacrati dai blog che sviscerano i loro testi in cerca di somiglianze. Negli ultimi romanzi, Molto forte, incredibilmente vicino Safran Foer e La storia dell’amore Krauss, hanno trovato la stessa brocca blu e magari era solo un gioco postmoderno. Tra i

tradimenti, torture, morte. Dal Vietnam ad Al Qaeda. Hanno solo pochi giorni, in un’America popolata da anonime ombre che affollano anonimi centri commerciali. Dove chiunque può essere il killer che li aspetta… Ben noto grazie ai Sei giorni del Condor (ridotti a tre nel film con Robert Redford) James Grady è stato reporter a Washington, una miniera di materiale da romanzo. Siamo lieti di salutare il suo ritorno (a qualche anno dal bel thriller politico Calore bianco) con questo avvincente thriller, mix di spionaggio, paranoia, satira amara di un’America allo sbando, rock, poesia e amore. Bei dialoghi on the road, trascinante e “vero”, fino allo struggente finale. Giovanni Zucca

famosi Hans Magnus Enzensberger, Gianrico Carofiglio, Daniel Pennac, Michele Serra, Carlo Lucarelli, Eric-Emmanuel Schmitt, Jeanette Winterson, Alberto Arbasino, Boris Pahor, Carlos Fuentes e Alberto Manguel. In giro per il mondo con gli spagnoli Bernardo Axtaga e Julio Llamazares, il francese Jean Echenoz, il romeno Mircea Cartarescu, l’islandese Gudrun Eva Minervuddottir, la greca Ioanna Karistiani e l’italiano di lingua tedesca Joseph Zoderer. Alla scoperta del giallo ghiaccio con la nouvelle vague poliziesco-scandinava di Maj Sjowall, Jo Nesbo, Hakan Nesser e Leif G.W. Persson. Un’altra prima volta, l’aper-

tura al Medio Oriente. Il Libano di Najwa Barakat, Joumana Haddad, Nisrine Ojeil e Rania Zghir. L’Israele dei poeti Shimon Adaf e Tali Latowicki e dell’editrice di testi arabi Yael Lerer. La Giordania per ragazzi di Taghrid El Najjar. Non è una novità l’attenzione per l’Africa con gli scrittori Sami Tchak e Abdourahman Waber, il cineasta burkinabé Gaston Kaboré e il musicista congolese Lokua Kanzà. Speranza, gioia, sunshine sono affidate alle Scritture Giovani di Giovanni Montanaro, Cynan Jones, Thomas von Steinaecker e, a distanza, della turca Seray Sahine. Annarita Briganti

Eraldo Baldini, Alessandro Fabbri Quell’estate di sangue e di luna Einaudi, p. 255, € 15.00

confini della realtà e della loro amicizia che li porterà a fondo nelle radici delle antiche credenze contadine. Il libro è piacevole, le descrizioni della campagna sono snelle e precise e la narrazione appare volutamente rallentata per tenere il passo ideale dell’estate rurale anestetizzata dal sole cocente e dall’afa opprimente. Interessante, sullo sfondo, è la dicotomia fra gli eventi straordinari per l’umanità che accadono sulla Luna e quelli orribili e altrettanto fuori dal comune che imperversano per il paese; l’atmosfera gotico rurale che pervade il racconto, poi, tiene lontano il lettore dalla tentazione fuorviante di interpretare la vicenda esclusivamente in chiave ecologista. Andrea Ferrari

recensione

L

a Bocconi ha dimostrato con numeri e grafici che investire nel Festivaletteratura conviene. La proliferazione di fiere, bevute con lo scrittore e degustazioni del romanzo ha dimostrato che il modello piace e viene spudoratamente copiato. Che differenza c’è tra un festival e l’altro? Gli esperti si lambiccano per scoprire il segreto di un successo che arriva con freschezza al dodicesimo appuntamento. Abbiamo sentito le teorie più strambe. C’è chi, scherzando ma non troppo, l’ha attribuito alla bontà dei tortelli di zucca. Il segreto mantovano è l’amore per la Letteratura. Gli ospiti sono scelti perché hanno qualcosa da dire e vogliono farlo nei

N

el luglio del 1969 mentre l’uomo sta per sbarcare per la prima volta sulla Luna, a Lancimago piccolo paese rurale dell’Emilia avvengono fatti inspiegabili e sanguinosi. Sembra che uno spirito maligno si aggiri per il paese ghermendo come un falco le vite degli abitanti, come se la campagna tentasse di sovvertire i ritmi che la caratterizzano dalla notte dei tempi. In un crescendo di cruente sparizioni e inquietanti scoperte, quattro ragazzini intraprendono una personalissima indagi ne ai

TACCUINO DI UNA SBRONZA : il tour bukowskiano in giro per l’italia Taccuino di una sbronza: storia dell’uomo che cadde in coma etilico e si risvegliò credendosi la reincarnazione di Charles Bukowski. Il tour di presentazione comincia a Milano, al Microbirrificio di Lambrate con un evento etilico-letterario giovedì 4 settembre a partire dalle ore 19. Aperitivo e presentazione del nuovo romanzo di Paolo Roversi Taccuino di

una sbronza (Kowalski) : birra + romanzo a prezzo speciale. E contestuale presentazione del numero tre di MilanoNera! Si prosegue sabato 6 settembre a Mantova, in concomitanza col Festivaletteratura, con una presentazione - cena alle ore 20 presso lo spazio Ludas di via Oberdan. Ancora, giovedì 11 settembre alle ore 18 a Milano presso la Libreria Feltrinelli di corso Buenos Aires. Presenta l’autore il giornalista Rai Luca Crovi.

Nuovo appuntamento mercoledì 17 settembre a Bologna ore 18 presso la Libreria Feltrinelli di piazza Ravegnana 1. Presenta l’autore lo scrittore Valerio Varesi. Si continua sabato 20 settembre a Suzzara (MN) ore 18 presso il teatro Politeama. Ultimo appuntamento della prima tornata mercoledì 1 ottobre a Genova, ore 18 alla Libreria Fnac. Presenta l’autore lo scrittore Bruno Morchio. Info: www.kowalski.it e www.roversiplanet.com

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n libro-inchiesta che ci svela i retroscena della misteriosa morte di Roberto Calvi. La vita di Calvi, presidente del Banco Ambrosiano dal 1975, si distingue per la sua spegiudicatezza e per le sue a dir poco audaci operazioni finanziarie, che lo porteranno a investire numerosi capitali in operazioni clandestine organizzate durante la Guerra fredda e in alcune attività collegate al terrorismo nazionale ed internazionale. Suoi patner in

questi affari sono esponenti del mondo politico e del mondo vaticano, della mafia e della P2, nonché dei servizi segreti italiani ed esteri. Nel 1982, però, Calvi diventa l’anello debole della catena: il crack finanziario in cui cade il Banco Ambrosiano lo isola sempre più ed egli, in un tentativo estremo di colmarne i debiti, minaccia di svelare i loschi affari che li hanno prodotti. Firma così la sua condanna: tratto in inganno e condotto a Londra da ambigui personaggi, verrà trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri il 18 giugno 1982. Ad oggi è accertato che si trattò di un omicidio e non, come inizialmente ipotizzato, di un suicidio. Ma i nomi dei mandanti e degli esecutori sono ancora sconosciuti. Forse, fanno ancora paura. Valentina Magrin

Elizabeth George CORSA VERSO iL BARATRO Longanesi, p. 484, € 16.60

recensione

recensione

Philip Willan L’ITALIA DEI POTERI OCCULTI Newton Compton Editori p. 312, €14.90

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opo Agatha Christie, regina incontrastata (sebbene per molti superata) del mystery, attualmente si contendono lo scettro tre autrici: le britanniche Ruth Rendell e Anne Perry e l’americana Elizabeth George che pare si trasferisca nell’amata Inghilterra a ogni stesura di nuovo romanzo. Rifacendosi allo schema circolare della detection, le storie della George esplorano l’animo umano attraverso le pulsioni e i sentimenti che, incastonati in una trama sociale

complessa, danno vita a inevitabili bestseller internazionali, divorati anche da chi non ama il genere. Da poche settimane Elizabeth George è tornata in libreria con Corsa verso il baratro (pubblicato tra i “Gialli Mondadori” nel 1995 con il titolo di Per amore di Elena), ennesima inchiesta dell’ispettore Thomas Lynley affiancato dall’immancabile sergente (sempre in crisi) Barbara Havers. La protagonista di questa storia è Elena Weaver, giovane studentessa sordomuta del St. Stephen’s College di Cambridge che viene brutalmente uccisa durante la sua corsetta mattutina lungo il fiume. Lynley inizia le indagini dall’elemento che si rivela subito il più oscuro: la personalità della vittima. Chi era Elena Weaver, un angelo o un demone? Federica Marchetti


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Settembre 2008 RECENSIONI

“Sogno tanti amici, tanti lettori, tanti cani e una birra gelata”

Si può vivere di sola scrittura in Spagna? Sì, ma non da molto tempo. Negli ultimi anni c`è stato un grande cambiamento. Io in passato ho lavorato per tredici anni come professoressa di inglese.

Vernon Beagle Nessuna pietà per gli innocenti Agar, p.75, € 5,00

Legge scrittori italiani? Mi piacciono molto i nuovi scrittori italiani, Carlo Lucarelli, Massimo Carlotto, Niccolò Ammaniti, Andrea Camilleri, Gianrico Carofiglio.

A chi si è ispirata? A nessuno in particolare, Pedra è un collage di diverse persone. Ha alcune caratteristiche mie, è una donna tipica della mia generazione. Ama l’ironia come me e a volte anch’io sono di cattivo umore. Sa perfettamente che si deve sempre lottare per ottenere le cose. Si cerca sempre un’identificazione del personaggio con la realtà ma non è così. Non è un personaggio autobiografico. Nell’ultimo libro, Firmin Garzòn è andato in Messico. Tornerà Firmin? Sì, Pedra non può esistere senza Firmin. È un personaggio importantissimo, basilare. È anche molto più simpatico di Pedra. Nei suoi libri a volte tratta argomenti molto difficili, come si documenta e cosa vuole dirci in merito? Per scrivere Nido Vuoto ho dovuto effettuare una ricerca sullo stupro infantile, la polizia mi ha spiegato come funzionava. Mi hanno anche offerto di vedere delle foto, ma ho rifiutato. Preferisco che i lettori abbiano la possibilità di immaginarselo. Come scrittrice avrei dovuto arrivare fino in fondo e guardare le foto, ma io non ne sono capace. Sono una narratrice, non mi sento depositaria della responsabilità di fare arrivare la verità alla gente, io voglio solo scrivere un libro, offrire un prodotto letterario. Voglio scrivere storie in modo che la gente si commuova, senza esagerare, sarebbe una mancanza di fiducia verso il lettore. Nei miei libri, anche se a volte parlo di cose terribili, cerco di non urtare mai la sensibilità del lettore.

C’è un libro che avrebbe voluto scrivere? Sì, I Buddenbrooks di Thomas Mann, soprattutto avrei voluto averlo scritto a 25 anni come Thomas Mann. Come immagina il suo lettore tipo? Non lo so, non scrivo per nessuno in particolare, mi sforzo per cercare di farmi capire. Dove sono più popolari i suoi libri? Più che in Spagna i miei libri sono molto popolari in Germania e in Italia. Ultimamente anche in Francia. In quante lingue sono stati tradotti? Sono stati tradotti in 14 lingue e sono letti in tutti i continenti, tranne che in Asia. Ci sono progetti per trasporre in film i suoi libri? In Spagna per Tele5 sono stati realizzati 13 episodi di Petra Delicado. Ho scritto anche un racconto per la tv. Le sceneggiature sono state realizzate da altri. Desidera dire grazie a qualcuno? Sì, a tutti. Ringraziare fa parte della mia natura. Mi sembra un privilegio poter scrivere storie che altri leggeranno. Qual è la più grande soddisfazione della sua attività di scrittrice? Le traduzioni, più del denaro che si guadagna scrivendo. Pensare che gente tanto diversa possa leggere i miei libri è meraviglioso. Come si organizza per scrivere? Per qualche libro ho avuto la strana mania di scrivere a mano e ricopiare con il computer. Ora scrivo direttamente con il computer. Scrivo tutti i giorni, tranne il fine settimana. Mi sembra una forma di normalità vivere la vita che vivono tutti. Scrivo per 4 ore al mattino e 2 al pomeriggio. Quando ero più giovane riuscivo a lavorare anche più a lungo. Ambretta Sampietro

L’

omicidio di un giudice in pensione, ucciso con un colpo di pistola alla nuca e mutilato, fa subito pensare alla vendetta di un balordo, ma quando una giovane commessa viene assassinata con identica ferocia, la tranquilla cittadina di Garden Town piomba nell’incubo. Il protagonista, anche questa volta, è il cinico e determinato detective Tippit. Beagle si ripropone al pubblico con un nuovo romanzo breve che conferma tutte le buone impressioni che il precedente volume aveva mostrato. Il

Luis Miguel Rocha La morte del Papa Cavallo di Ferro, p. 432, € 18,50

recensione

Che tipo di lettrice è? Sono una lettrice paziente, di quelle alle quali piace rileggere e riflettere sui brani che mi colpiscono in modo particolare.

recensione

Quali sono gli scrittori italiani più conosciuti in Spagna? La letteratura italiana è molto poco conosciuta in Spagna, è un peccato che sia così. Praticamente sono molto noti solo Camilleri e Moccia.

Vorrebbe cambiare qualcosa nella sua vita di scrittrice? No, sono molto felice così e non ho grandi ambizioni. Il mio sogno è di avere tanti amici, tanti lettori, tanti cani e una birra gelata.

ome è nata Petra Delicado e come si è evoluta nel tempo? Petra Delicado è nata per caso, come me e si è evoluta nel tempo. Dopo aver terminato un libro che aveva richiesto un grande lavoro di documentazione e anche un viaggio negli USA, avevo deciso di scrivere qualcosa di più tranquillo e avevo pensato a un giallo perché non era necessario documentarsi molto. Avevo scelto una protagonista femminile, anche se nei gialli di solito le donne sono o la femme fatale, o la vittima, o la moglie del poliziotto o la complice dell’assassino. Volevo che Petra Delicado fosse una donna poliziotto forte, con potere e capace di comandare, una vera protagonista. Nel corso degli anni sta invecchiando piano piano, più lentamente di me e commette anche qualche errore, come quello di sposarsi per la terza volta.

C

i sono scrittori che riescono così bene a descrivere le città in cui ambientano i loro romanzi da far provare ai loro lettori la sensazione fisica di esserci stati, pur non avendole mai visitate. Come la Trieste di Giuliana Iaschi. Leggendo il suo L’uomo nell’ombra si sente la bora scendere lungo il colletto fino a far inarcare la schiena per freddo inaspettato, si attraversa una città divisa tra due nazioni appena uscite dalla guerra, ci si gode il profumo del mare Adriatico ancora immune dall’inquinamento dei nostri giorni. È una Trieste lontana nel tempo, quella descritta da Iaschi, la Trieste dei primi anni Cinquanta, da pochi anni dichiarata “territorio libero”, ma ancora sotto il controllo del Governo militare alleato. È in questo contesto che si muovono una ragazza, una maschera di cinema dal torbido passato, un militare americano, una giovane coppia di sposi e

Protagonista dei suoi romanzi è la detective Petra Delicado

C

Giuliana Iaschi L’uomo nell’ombra Stampa Alternativa, p.241, € 12.00

recensione

Incontro a 360° con la scrittrice spagnola Alicia Gimenez-Bartlett

L

a morte di Albino Luciani, già raccontata da alcuni saggi, viene ricostruita dal portoghese Rocha in un affascinante romanzo che mescola realtà e finzione in un sapiente meccanismo. La genesi, racconta l’autore, è l’incontro con un ex agente dei servizi segreti vaticani e membro della P2. L’uomo, che si autoaccusa dell’omicidio, ha deciso di rivelare la storia e il romanzo è solo la prima parte della sua verità. L’assassinio del papa è inserito nella vicenda P2/IOR. Due piani di lettura. Il primo, la fiction. La trama è ben articolata: la giornalista Sarah Monteiro riceve informazioni segrete sulla P2 e per questo diventa soggetto da eliminare. Malgrado troppi inseguimenti da film americano e un eccessivo sapore di Codice Da Vinci, la storia affascina. Il secondo, la nonfiction. Una inchiesta ben condotta con riferimenti

la madre di lei, un ragazzino che si destreggia con abilità tra il dialetto e l’inglese, un prete tormentato dai sensi di colpa e un ispettore appena trasferito dalla capitale. L’assassino, sia chiaro, viene presentato quasi subito nel suo agire criminoso: perché la morte di due donne (non diremo di più per non rovinare il gusto della lettura) è solo l’occasione per raccontare l’intrecciarsi senza sosta di questi personaggi in una città che – dice l’ispettore Sauli – “non era né Italia né estero ma un altrove tenuto faticosamente assieme da quel governo militare alleato che non sempre era all’altezza della situazione”. A fare da trait d’union a queste vicende, le azioni di un giovane uomo, con un’esperienza di vita breve ma già distorta dall’abbandono della madre e dai maltrattamenti subiti dalla dispotica nonna. Una mente malata, il cui gioco perverso viene interrotto dalla sua stessa vittima. È un continuo incrociarsi dei personaggi, a volte casuale altre voluto, che porterà pian piano il poliziotto a mettere insieme i pezzi per risolvere questo strano caso. Silvia Cravotta ritmo della storia è decisamente veloce e le 75 pagine vengono lette e girate senza sentire lo scorrere del tempo. La scrittura si conferma l’arma vincente di questo scrittore che firmandosi con uno presudonimo straniero riesce forse ad evocare paragoni che rendono giustizia al suo talento narrativo. Il paragone più immediato è alle serie tv americane più famose e, per rimanere in ambito letterio, quellocon Connelly. I personaggi sono vivi ed hanno una loro quotidianità che li fa sentire persone reali. Mi piacerebbe vedere Beagle alle prese con una storia che vada al di là del centinaio di pagine per verificare fino in fondo il suo talento. Stefano Favaro precisi. Rocha afferma: “Non posso dire chi furono gli esecutori materiali, ma i mandanti sì: Marcinkus, Calvi e Gelli. Il quadro, per chi conosce la storia dell’epoca, è verosimile. Luciani non era l’uomo debole sembrato prima dell’elezione. Progettava invece una riforma profonda delle gerarchie vaticane, soprattutto dello IOR, gestito da Marcinkus in conbutta con potentati economici, politici e mafiosi. La sera della morte, Luciani “teneva il diario e tre fogli: il primo conteneva una lista arrivata da Pecorelli di 112 nomi di massoni, alcuni sottolineati con delle note a margine scritte dal pontefice; il secondo recava le sostituzioni che Luciani voleva fare in Curia e appunti personali; sull’ultimo c’era il terzo segreto di Fatima”. Era un pericolo da eliminare in fretta. Impressiona poi come gran parte della storia raccontata combaci con le rivelazione del mafioso pentito Calcara raccolte da Salvatore Borsellino. La morte del Papa è un libro denso di rivelazioni e da leggere con grande attenzione. Antonio Pagliaro


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Settembre 2008 RACCONTI D’autore

Di Janet Fitch

A

Los Angeles faceva freddo. Quattordici, quindici gradi. Nel Nebraska, mi sarei ritrovata a grattare via il ghiaccio dal parabrezza con il vento che mi mordeva il volto come un Rottweiler, ma a L.A., quando ti devi mettere il maglione, è inverno. Gli scuri cedri dell’Himalaya si stagliavano sul Los Feliz Boulevard, con le loro fronde sospese sopra il traffico che si trascinava in direzione di Griffith Park e del Tunnel Natalizio delle Luci dell’azienda elettrica con la sua galleria illuminata da ottanta milioni di lampadine. Natale. La gente si lagnava del fatto di essere “bloccata lì” per le vacanze, scherzando sui festoni appesi alle palme, dicendo che, senza la statua del vecchio cane natalizio, non sembrava nemmeno Natale. Ma non la sottoscritta. Impossibile sentirmi lamentare del fatto che non potevo tornarmene a Kearney a passare le vacanze, mettermi comoda ad ascoltare Paul Anka e tenere d’occhio la flebite di zia Phoebe. Se vi capitasse di incontrarmi, forse pensereste che mi conoscete già – sono una ragazza di paese, fresca di una partecipazione a Il boyfriend e Anna prendi il fucile, messe in scena da una compagnia dell’università statale. Contrapposta a schiere di bionde coscialunga di un metro e ottanta sul genere di Nicole Kidman ne La donna perfetta, exMiss Iowa e Miss Texas, dai sorrisi elettrici. Io non arrivo al metro e sessanta, sono bruna, ho un mento piccolo e affilato e grandi occhi azzurri da bambina. Lo so, pensereste che io non sia quella gran cosa. Però, non mi conoscete. Il mio turno di lavoro si svolgeva tra le cinque e le undici all’Orzo, una

recensione

Qiu Xiao Long RATTI ROSSI Marsilio, p. 322, € 17.00

S

www.kowalski.it

tudio lingua e cultura cinese da tre anni, il mio bagaglio è modesto ma fidatevi quando dico che l’ultimo romanzo noir di Qiu Xiao Long (in cinese “piccolo dra-

“Che dice? Il tonno o l’osso buco?” Si grattò le labbra con le sue lunghe dita. Erano pelose. Immaginai spalle da gorilla.Peli dappertutto fuorché sulla zucca. Peggio per lui. Sapevo che, se gli avessi detto il tonno, lui avrebbe ordinato l’osso buco. Avrei voluto dirgli di smetterla di farmi perdere tempo, che non lo ritenevo interessante e che aveva vent’anni di troppo per me. “L’osso buco è la nostra specialità.” “E allora mi porti quello.” Richiuse il menu e me lo diede. “E pomodori biologici come antipasto.” Parlava meglio di quanto avresti detto, con un giubbotto del genere e con l’orlo del dolcevita tutto sfilacciato.La ressa si fece pazzesca. Persone e vino e opinioni, grandi ciotole fumanti di pasta, bistecche e vitello tra tavoli stracolmi e vicinissimi. Non ebbi più un momento di tregua – e, tuttavia, non smisi mai di sentirmi i suoi occhi addosso, dal tavolo d’angolo presso la parete di mattoni a vista. Sono un’attrice. Quando ho un pubblico, recito. E, persino quando non ce l’ho, la non recitazione è recitazione. Quell’uomo mi rese consapevole del minimo movimento che compivo, di come trasportavo una vagonata di piatti, di come stappavo una bottiglia di vino, di come sventolavo il macinapepe su una scodella di penne rigate. Sollevò il bicchiere, per farmi capire che ne voleva un altro. Glielo portai. “Mi chiamo Richard,” disse, mentre gli riempivo il bicchiere. “Le piace la sua cena?” dissi, con distacco professionale. Nel caso non si fosse accorto che avevo cinque tavoli che mi aspettavano. “Hai una macchia proprio… lì.” Il suo lungo dito puntò alla mia tetta sinistra. Diedi un’occhiata rapida e mi resi conto che aveva ragione: in qualche modo, mi ero procurato uno schizzo rosso sul lino

bianco, sopra il capezzolo. “Molto provocante,” disse, guardandomi oltre il bordo del suo bicchiere di vino. Non presi appositamente nessun provvedimento. Prima di tutto, se avessi cercato di darmi una pulita, non avrei fatto altro che peggiorare la situazione, allargando la macchia sul mio seno, in secondo luogo, non volevo che pensasse che mi importava qualcosa di ciò che pensava. Stava cercando di prendermi in contropiede, ma io non ero quel tipo di ragazza. Neppure in quel frangente. Con un pubblico, ero ancora meglio. Quando gli portai il conto, disse, “Vai mai al Firehouse?” Un bar trendy su Rowena Avenue. “Ogni tanto,” risposi. “Io ci vado più tardi,” disse. “Perché non mi raggiungi là per bere qualcosa, dopo il lavoro?” “Torno a casa,” dissi, costringendomi a incontrare il suo sguardo. “Devo lavarmi la camicia.” Si strinse nelle spalle e pagò il conto. “Ho sentito dire che fanno un ottimo Martini. Se dovessi cambiare idea, ci vediamo là… Holly.” Si portò il lungo dito alla bocca, agganciandolo al labbro inferiore. Un bel gesto, forse un giorno lo avrei usato anch’io. Mi sorprese che lui sapesse il mio nome, ma poi mi ricordai che avevo firmato l’assegno. Avrebbe potuto vederlo chiunque, anche se di rado la gente aveva spirito di osservazione. Diede un colpetto all’assegno sul tavolo e lo lasciò lì. “A più tardi.” Era più alto di quanto avessi pensato, era magro e aveva un portamento rilassato e sorprendentemente elegante. Non si muoveva come uno scrittore, per lo meno non come uno degli scrittori che conoscevo. Quando se ne andò, l’area di mia competenza si spense del tutto, come una bibita sgasata.

go”) è straordinario. Uno spaccato autentico della moderna società cinese che ha fuso insieme i due peggiori sistemi politici del ’900, l’esperienza storica del Comunismo e la deriva consumistica del Capitalismo. Oggi il celeste impero è governato del partito, Mao Zhe Dong ne è l’immutabile icona divinizzata, eppure mi domando cosa penserebbe sco-

prendo che per rimodellare l’anima del suo popolo il consumismo è stato più efficace della sua Rivoluzione Culturale. L’autore trasporta il lettore nell’atmosfera della nuova società cinese attraverso il suo personaggio, l’ispettore Chen, alle prese con un nuovo caso, l’omicidio di un collega poliziotto che Confucio non esiterebbe a definire “l’uomo più retto di

tutta la Cina”, eppure il sant’uomo viene ritrovato morto per overdose in uno squallido bordello di periferia, il suo corpo nudo ancora avvinghiato a quello di una prostituta. Il caso viene chiuso in fretta ma Chen non ci sta! Il collega stava lavorando a un caso di corruzione di un dirigente del Partito Comunista Cinese. Raffaella Piccinni

Per gentile concessione di Alet editore.

Simone van der Vlugt

LA RAGAZZA CHE VIENE DAL PASSATO Oltre 2OO.OOO copie vendute solo in Olanda: finalmente tradotto in Italia il thriller rivelazione di Simone van der Vlugt

Janet Fitch è autrice del bestseller Oleandro bianco, da cui è stato tratto l’omonimo film con Renée Zellweger e Michelle Pfeiffer e del romanzo Paint in black. Abita nel distretto di Silverlake, a Los Angeles, città in cui la sua famiglia risiede da tre generazioni. Attualmente, è insegnante del corso di fiction nel Corso di Laurea in Scrittura Professionale presso la University of Southern California. Qui a fianco vi proponiamo l’incipit del suo racconto Il Metodo pubblicato nella raccolta Los Angeles Noir (Alet).

Santiago Roncagliolo I delitti della settimana santa Garzanti, p.277, € 17.60

recensione

Il metodo

trattoria sulla Hillhurst Avenue frequentata dai tipi alla moda dell’area di Los Feliz e Silverlake, uomini in giubbotto di pelle e barba di due giorni perfettamente curata e donne dai capelli puliti e dalle sciarpe lunghe fatte a mano. Quella sera c’era un sacco di gente e la fila dei clienti iniziava fuori dal locale. Ogni volta che il termometro scendeva sotto i quindici gradi, tutti volevano mangiare italiano. Un uomo si sedette a un tavolo di mia competenza. Se lo avessi incontrato in giro, avrei pensato che fosse troppo al verde per mangiare in un posto come quello. Scuro e calvo, con un pesante girocollo e un logoro giubbotto di pelle, sui quarantacinque, avrei detto. Ma c’era qualcosa in lui. Non so bene cosa fosse e non posso dire che mi piacesse. La colsi dal modo in cui mi guardò, quando andai da lui a prendere l’ordine di quello che intendeva bere. “Che cosa consiglia?” Occhi castani che emanavano una luce strana, come se si stesse godendo una battuta privata della quale rappresentavo la chiusura. Mi fece incazzare. Non mi importa un fico secco se ti sono simpatica o meno, ma non c’è davvero niente di buffo in me. “Abbiamo del Barolo, al bicchiere.” Costava quattordici verdoni. Aveva persino i polsini della giacca logori. “Credo… che prenderò il Classico.” Indicò la lavagna con un dito languido, un gesto da gay, per quanto non sembrasse gay. Sembrava un etero dal comportamento irritante. Avrei detto che fosse uno scrittore. Hanno una certa aria gli scrittori. Si presentano da soli, osservano ogni cosa da un angolo e a volte prendono appunti. Quel tizio non aveva il taccuino, ma quell’aria ce l’aveva. Gli portai il suo Classico e gli enunciai i piatti del giorno.

L’

ultimo giorno di carnevale ha scambiato la festa con la condanna, la morte. È un macabro mercoledì delle ceneri che fa onore al suo nome. Un contadino rinviene nella stalla un tronco informe, un cadavere privo del braccio destro, straziato dal fuoco, carbonizzato ma che mostra il segno della purificazione, la croce sulla fronte. Di portare avanti l’indagine viene incaricato il procuratore Félix Chacaltana che dovrà barcamenarsi in una contorto contesto politico militare che avviluppa il paese, annichilendolo. Chi ha ucciso prosegue il suo cammino, colpisce ancora. A ogni nuovo delitto la simbologia riporta inesorabilmente allo scorrere della settimana santa. Chacalcana indaga, pencola tra torture, violenza, dovendo confrontarsi giornalmente a una popolazione diversa, ostile e a incubi ancestrali con il retaggio non chiarito dei propri tormenti infantili. Uno stile scarno, un noir serrato che scivola implacabilmente verso una tragedia annunciata. Un’atmosfera ipnotica che cattura e conduce, servendosi di un ritmo incalzante, all’inevitabile, drammatica conclusione finale. Patrizia Debicke


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Libri, musica, cinema & Passione


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