MilanoNera N°4 extended

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Chuck Palahniuk:

“Come mi è venuto in mente di scrivere Gang Bang? Grazie ai miei lettori.”


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Novembre 2008

Intervista con Chuck Palahniuk

La mia Gang Bang? Grazie ai lettori... sembrato una festa. O un sogno. Tutto così strano – girare il film con attori famosi in un ospedale psichiatrico abbandonato – per sembrare reale. Perché hai dato un cognome italiano ai protagonisti del film? Il diario della madre doveva essere scritto in una lingua diversa dall’inglese. E la reliquia sacra citata nella storia era stata vista per l’ultima volta in Italia. Tutto ciò, più altri riferimenti a San Francesco, hanno fatto sì che un cognome italiano fosse una scelta perfetta. Mancini perché in quel periodo ascoltavo la musica di Henry Mancini.

Chuck Palahniuk è uno scrittore, giornalista e sceneggiatore che vive a Portland (Oregon), nato in una famiglia di origine ucraina segnata da gravi fatti di sangue. È appena uscito per Mondadori Gang Bang, traduzione italiana di Snuff, libro in cui una porno star tenta di entrare nel Guiness dei primati in modo molto stravagante e in primavera dovrebbe arrivare in Italia il film Soffocare (Choke) già proiettato in agosto in prima internazionale al Festival del Film di Locarno, con la regia di Clark Gregg. Che cosa pensi della realizzazione del film tratto da Choke (Soffocare)? Tutto è avvenuto così in fretta che mi è

Meno carta, più contenuti Editoriale MilanoNera lancia una sfida proponendo ai lettori, in questo quarto numero, una nuova formula: più contenuti, meno carta. Abbiamo deciso di scommettere ancora di più sul web, come del resto è nella nostra vocazione sin da quando siamo apparsi in rete nell’agosto del 2006 come blognoir. Quello che avete per le mani è pertanto solo una preview, un assaggio, di ciò che potrete leg-

Come ti è venuta l’idea della storia di Snuff (Gang Bang)? Stando in piedi a incontrare 1000 lettori, uno per uno, autografando i loro libri e stringendo loro la mano. Come sei diventato scrittore e sceneggiatore? Per sfuggire la noia di non aver avuto la televisione per un decennio. Come funziona la tua scuola di scrittura? Ogni giovedì sera mi incontro con altri scrittori, leggiamo i nostri pezzi a voce alta per vedere dove non riescono a tenere alta l’attenzione degli ascoltatori. Quindi discutiamo come rendere i nostri pezzi più interessanti. È come un vero e proprio test di collaudo.

gere, stampare, scaricare, commentare gratis non solo online ma anche, e qui sta la novità, sulla nuova eXtended version di MilanoNera. Di cosa di tratta? Di un vero e proprio magazine dove troverete tutti i contenuti integrali e a colori. Un pdf in formato A4 pronto per essere scaricato e stampato facilmente. Ovunque voi siate, anche all’estero. Una sfida che lanciamo per coinvolgere sempre più lettori, per risparmiare sulla carta ma non sui contenuti al punto che siamo riusciti, in queste poche pagine, a condensare più re-

In che nazioni sono stati tradotti i tuoi libri e dove sei più popolare? I miei libri sembrano essere molto popolari negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Italia, Francia e Russia. Sono stati tradotti e venduti anche in Grecia, Romania, Serbia, Spagna, Turchia, Israele, Danimarca, Svezia, Portogallo, Cina, Taiwan, Corea, Bulgaria, Polonia, Germania, Olanda, Argentina, Brasile, Portogallo, Ucraina, e Finlandia. Perdonatemi se ho dimenticato qualche nazione. Che cosa ti piace leggere? Fino a poco tempo fa amavo molto i racconti. Ora leggo principalmente biografie per vedere come i personaggi del passato hanno affrontato le difficoltà della vita. Leggi anche qualche autore italiano? Si, Umberto Eco. I tuoi progetti per il futuro? Pubblicare un nuovo romanzo, Pygmy. Scrivere il romanzo che uscirà nel 2010. Quest’inverno mi prenderò cura di un caro amico che sta combattendo il cancro. Ringraziando Dio, ho la scrittura che è parte della mia vita, sia nei momenti positivi che in quelli negativi. Hai intenzione di venire presto in Italia? Forse nella primavera del 2009, per la presentazione del film Choke (Soffocare). Ambretta Sampietro

censioni e interviste rispetto alla nostra classica paginazione. Scaricare la nuova eXtended version MilanoNera è semplice: basta collegarsi al sito www.milanonera.com. Inoltre, per essere sicuri di ricevere via mail ogni nuovo numero potete iscrivervi alla nostra newsletter o al gruppo MilanoNera su Facebook. La sfida è lanciata: non sappiamo se MilanoNera manterrà questo formula o se ritornerà a quella precedente; sarete voi lettori a deciderlo, con le vostre mail e i vostri commenti. Fatevi sentire. Paolo Roversi

MilanoNera web press

Testata registrata presso il Tribunale di Milano N. di reg. 253 del 17 aprile 2008 Trovi MilanoNera web press nelle migliori librerie. Se sei una libreria puoi richiedere di diventare distributore contattando l’uffico stampa all’indirizzo us@kowalskieditore.it Direttore Responsabile Paolo Roversi Redazione via Arzaga, 16 - 20146 -Milano tel.02 00616886 Editore Kowalski - www.kowalski.it Sito web www.milanonera.com Mail milanonera@gmail.com Pubblicità us@kowalskieditore.it


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Intervista a Massimo Carlotto

Noir d’inchiesta a più mani macchina delle menzogne che ci vengono propinate ogni giorno. Sabot viene chiamato anche il bossolo dei proiettili all’uranio impoverito e questo ha stretta attinenza con la nostra inchiesta e il nostro romanzo. Siamo un gruppo di scrittori e di esordienti fortemente convinti dell’importanza dell’inchiesta nel romanzo noir.

Il 13 novembre esce il nuovo libro di Massimo Carlotto in collaborazione con i Mama Sabot, un nuovo approccio collettivo al romanzo d’inchiesta che l’autore ha accettato di raccontare per i lettori di MilanoNera. Mama Sabot: un misterioso collettivo di scrittori noir, dal nome altrettanto enigmatico, cominciamo a svelare qualche mistero ora che la pubblicazione del nuovo romanzo è alle porte? Sabot era lo zoccolo degli operai che veniva gettato negli ingranaggi per bloccare le macchine delle fabbriche agli albori della rivoluzione industriale e per noi ha il significato di sabotare gli ingranaggi della

Hai sempre scelto nelle tue storie di legare il malaffare al territorio, allargando poi la narrazione a diversi palcoscenici geografici, pensi sia in atto una globalizzazione del crimine? Lo sostengo da un bel po’. la globalizzazione del’economia ha innescato una rivoluzione epocale nell’universo criminale. ha modificato comportamenti, traffici e mercati illegali. Soprattutto ha permesso nuovi livelli di contiguità tra culture criminali e settori dell’imprenditoria, della finanza e della politica determinati dalla necessità di riciclare enormi masse di denaro investendole in attività legali e inserite nel ciclo produttivo. Perdas de Fogu è basato su un’inchiesta, quali sono le linee di fondo che avete seguito per traformare ricerche su più fronti in una trama coerente e che potesse affascinare il lettore? Abbiamo lavorato prima all’inchiesta, raccogliendo 1500 pagine di dati e incrociandoli tra loro.

Anche perché abbiamo dovuto farci un’idea precisa del fenomeno e scegliere tra differenti tesi. Poi siamo passati alla fase “creativa”, costruendo la trama e affrontando la scrittura. Una fase molto costruttiva e divertente. E formativa. Si coglie una continuità tra le tematiche di Mi fido di te che svelavano lo scandalo della sofisticazione alimentare e l’inquinamento killer dalle sperimentazioni militari nella base descritta nel nuovo romanzo, lo sfruttamento e la devastazione ambientale è la nuova frontiera del crimine? La devastazione ambientale di Perdas de Fogu è ben diversa dalle altre. La logica non è criminale in senso stretto ma rientra in quella bellica. Il nostro intento è stato quello di denunciare che la guerra uccide “prima” e “dopo” il conflitto. un concetto importante mai affrontato finora in un romanzo noir. Scrivere un romano a venti mani e a dieci cervelli, deve esserci un unico obiettivo da perseguire, qual è il vostro? Il nostro è quello di approfondire le tematiche del Noir Mediterraneo, di fondere sempre più l’indagine giornalistica di grande respiro al romanzo, salvaguardando la qualità narrativa e rilanciandone gli aspetti sperimentali. Alessandra Anzivino

Taglio Netto Lynda La Plante Garzanti, p. 439, € 18,60 L’immigrazione clandestina e i problemi che si porta dietro vista da un osservatorio privilegiato: le forze di polizia londinesi, alle prese con la parte peggiore del fenomeno, con crimini a volte, come nel caso della vicenda narrata, particolarmente efferati, tanto da invogliare i tutori dell’ordine ad assumere atteggiamenti che possono definirsi razzisti. Lynda La Plante scava a fondo nel cuore di Anna Travis e della squadra di poliziotti protagonista del suo secondo ciclo di romanzi, li osserva, li esamina, li soppesa, senza esprimere giudizi, lasciando che il racconto si dipani da sé, che buoni e cattivi ci

pensi a individuarli il lettore, scavalcado confini che sono spesso sfumati. Questo sguardo diretto, crudo, è quanto di meglio Lynda da Liverpool sa offrire. Il resto è pura indagine, ripresa con efficace realismo, con i risultati ottenuti come fanno i poliziotti di tutto il mondo: tanta pazienza e lavoro di gambe, senza geniali intuizioni, senza folgorazioni scientifiche. Insomma, qualcuno viziato dal gore di tanto thrilleraggio contemporaneo o dagli eccessi ideologici del noiraggio nostrano potrà trovare il tutto fin troppo “vero”, ma questo dovrebbe essere considerato un pregio. Mauro Zola


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Incontro con Bruno Morchio, autore di Rossoamaro

“Vi racconto un episodio che appartiene al mio dna” lungo viaggio di Bacci,investigatore di carta fra i più veri e i più umani, dopo Philip Marlowe, che la fantasia di uno scrittore abbia saputo creare.

Tanti scrittori hanno collocato le loro storie in quel tormentato, ambiguo, feroce periodo che è stata la Resistenza nel Nord Italia. Pochissimi però hanno saputo rievocare l’angosciosa sensazione di “vita a perdere” che Bruno Morchio nella sua ultima fatica letteraria ha saputo riprodurre con un forte senso di distacco e di malinconia. Tutto ha origine da un’indagine insolita di Bacci Pagano, il detective dei carruggi, che viene incaricato da un anziano tedesco di rintracciargli il fratellastro italiano, uno dei tanti “figli dell’occupazione”. Unico indizio: la madre era di Sestri ponente e si faceva chiamare Nicla. Sì, Nicla come la giovane che serviva alla mensa dell’Ansaldo e spiava i tedeschi per passare le informazioni ai partigiani... Sullo fondo di una Genova di oggi le cui oscure, insensate lacerazioni sociali si sovrappongono alle paure di ieri, ha inizio il

Rossoamaro va decisamente in controtendenza visto che oggi è in atto una revisione storica. Hai per caso voluto dire qualche cosa fra le righe? Non proprio fra le righe. Ho raccontato una storia che mi appartiene, perché attinge alla memoria dei miei genitori e dei partigiani che hanno combattuto nella guerra di liberazione. Quello che ho voluto significare è che la ricerca di episodi oscuri (che pure vi sono stati) è legittima, ma se porta acqua al mulino del revisionismo a uso della politica, se il suo scopo è negare il valore storico della lotta partigiana, io non ci sto. Esistono le verità episodiche ed esistono i contesti e generalmente sono i secondi che rendono comprensibili le prime, non viceversa. Ancora Bacci. Non senti l’esigenza di introdurre un protagonista nuovo? Sì. Sto lavorando a un romanzo non di genere anche se spero di garantire a Bacci una lunga vita, con nuove storie che appassionino i lettori. Rossoamaro è interamente frutto della tua fantasia? L’episodio centrale, sì. Ma i personaggi, le atmosfere e i luoghi escono dalla voce dei partigiani sopravissuti e dalla memoria dei

miei genitori e della sorella di mia madre, la zia Rita, che ringrazio alla fine del libro. Mio padre lavorava come operaio all’Ansaldo Fossati di Sestri Ponente e mia madre e nata e cresciuta a Borzoli. La storia di Sestri fa parte del mio dna non solo politico, ma anche biografico e familiare. Quanto Genova, influenza le tue storie? Per me Genova non è solo una location. Siccome la narrazione è in prima persona, la città è soprattutto un luogo dell’anima che evoca memorie, emozioni e conferisce un senso di continuità all’esistenza. Che metodo di scrittura usi? Parto da un’idea forte e poi lascio aperte diversi canali per vedere come si mettono le cose strada facendo. Secondo te, scrittori si nasce o si diventa? Cosa pensi delle scuole di scrittura creativa? Credo che “veri scrittori” molto si nasca e un po’ si diventi. È un mestiere che si apprende leggendo e rileggendo tanta buona letteratura e provando e riprovando a scrivere, affinando la prosa con un onesto lavorio artigianale; andare a scuola può dunque essere utile, però credo che il talento sia una dote che nessuna scuola può insegnare. Da qui, la prudenza che mi fa dire: scrivo romanzi, ma non so se sono uno scrittore. Adele Marini


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Pillole di nero

LA CONDANNA DEL SANGUE Maurizio de Giovanni Fandango Libri p. 374, €12.50 Napoli, 1931. Chi ha massacrato Calise Carmela, nota cartomante e strozzina? Tanti i sospetti, un coro da tragedia greca, intorno al modesto alloggio dove ristagna l’immagine della morta, “vivida nei colori dell’ultima passione.” A vederla è solo Luigi Alfredo Ricciardi, barone di Malomonte, commissario della Squadra mobile di Napoli: l’uomo che vede i morti malamente, ne sente le ultime parole, ne coglie l’ultimo sguardo. Lo chiama “il Fatto”: un dono, una condanna. Grazie al Fatto, è arrivato all’assassino di Luca Maione, poliziotto, figlio di Raffaele, brigadiere. E di Ricciardi, solo intuendone i tormenti e la tristezza, Maione è da allora ombra e compagno fedele. Insieme i due scioglie-

Il noir senza filtri

ranno questo nuovo caso, pieno di belle figure femminili, in una Napoli che odora di primavera e fascismo, di sangue e disperazione. Miseria e nobiltà, vien da dire, l’eterna Napoli che continua a far parlare di sé. De Giovanni è un abile pittore di sensazioni, un bozzettista crudele che ragionando di morte ci incanta e ci porta lungo la trama senza che si sentano ronzare gli ingranaggi. In attesa delle prossime stagioni, recuperate Il senso del dolore, primo titolo della serie. Non ve ne pentirete. Benedetta Giorgi Pompilio

da Il tempo infranto di Patrick Fogli (Piemme, p. 655, € 20.00) Cammina finché non viene sera e, lentamente, decide che è ora di tornare a casa. E si allontana a piedi come un fantasma silenzioso, sconfitto e sfinito da quel luogo su cui si accendono le luci delle fotoelettriche e in cui la parola bomba sale da ipotesi a certezza. Scoprirà più tardi che sono oltre settanta i morti estratti da quella montagna, dalle ruote del treno, dai detriti del piazzale. E che molti di quei corpi li hanno portati via su un autobus, il 37. Perché le ambulanze servivano per i feriti, servivano per i vivi. Scoprirà che a tarda notte, spostando le macerie, è spuntato il cratere dell’esplosione. E che più di uno, vedendolo, non è riuscito a trattenere una bestemmia. Perché alla fatalità, alla natura, all’in-

curia, al caso, all’incidente puoi anche arrenderti, ma alla cattiveria dell’uomo no, quella la devi imputare per forza a qualcuno. E scoprirà anche quello che ha provato, piangendo lacrime silenziose e incessanti mentre l’acqua della doccia le toglie dal corpo la polvere e lo sporco. Ma non il ricordo, non il dolore. Imparerà a suo spese che ci sono cose che ti cambiano, che riescono a entrarti così tanto dentro da modificare i lineamenti, l’espressione del viso, il colore con cui gli occhi sorridono al mondo o lo ignorano. Cose che di colpo, senza preavviso, senza anestesia, uccidono una parte di te e la sostituiscono. E con cui devi convivere, che tu lo voglia o no. Perché la vita non ti ha dato né ti darà mai la possibilità di scegliere.

Eventi

POLO NORD Fabio Abati, Igor Greganti Selene, p. 181, € 13.00 Quello che Fabio Abati e Igor Greganti hanno fatto in Polo Nord - La nuova terra dei padrini del Sud é rendicontare la realtà di una situazione che molti di noi ignorano, o fanno finta di non conoscere: che anche il Nord cummattiri ‘ccu Cosa Nostra. Che anche il Nord perbenista ha a che fare con la Mafia. “Perché i boss di Cosa Nostra, camorra e ‘ndrangheta da anni hanno attaccato la famosa Padania”, con la compiacenza di molti, tra imprenditori, banchieri e professionisti. I due giornalisti fanno nomi, trascrivono i discorsi e le testimonianze dei pentiti, le dichiarazioni ai processi, elencano fatti di sangue, descrivono i ristoranti dove i boss tengono le loro riunioni prima che arrivi “il tempo che la mafia ordini finalmente le sue pizze”.

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E ci tengono a sottolineare che Polo Nord non é un romanzo, ma “la narrazione dei fatti e vicende reali attraverso il linguaggio del racconto”. E mentre tutto il mondo fa di Gomorra un caso eccezionale, e di Saviano un eroe nazionale, si perde di vista la realtà, una realtà in cui i Rinzivillo di Gela hanno imprese e fanno affari anche a Mantova, Brescia, Varese perché “le differenze tra Nord e Sud si annullano all’insegna del denaro e del malaffare”. Francesca Colletti

I prossimi appuntamenti noir in programma

Courmayeur Noir in festival

NebbiaGialla noir festival

Undici scrittori e scrittrici, presentano nella cittadina valdostana dal 4 al 10 dicembre i loro ultimi romanzi.

SUZZARA - MN Torna la terza edizione del festival NebbiaGialla ideato e diretto da Paolo Roversi. Ospiti d’eccezione per l’edizione 2009 saranno Francesco Abate, Massimo Carlotto, Margherita Oggero, Andrea Vitali, Valerio Varesi, Bruno Morchio, Francesco Carofiglio, Jacopo De Michelis, Luigi Bernardi, Luigi Guicciardi e molti altri. Sul sito del festival sono disponibili una serie di indirizzi utili di hotel e bed&breakfast per chi intende pernottare a Suzzara e godere dell’ottima gastronomia locale. Info su: www.nebbiagialla.it

4-10 dicembre 2008

Ci saranno: Don Winslow, Tom Rob Smith, Richard Price, Marcus Sakey, Victor Gischler, Francisco González Ledesma, Alicia GimenezBartlett, Liza Marklund, Sharon Bolton, Simona Vinci, Patrick Fogli. Info su: www.noirfest.com

31 gen - 01 feb 2009


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Intervista al giallista inglese Jasper Fforde

Quando il bizzarro è norma

consumatori abbiamo più potere economico rispetto a quello politico, questa è la semplice realtà. Come è cambiata la detective Thursday Next dal primo a questo quarto episodio? Thursday nei primi episodi è immersa nel suo lavoro, mentre in questo ultimo è volta alla scoperta del mondo visto da dietro le quinte, per un bisogno di verità. E riesce finalmente a scoprire una effettiva ragione di vita.

Ironico, satirico, fantasioso il nuovo romanzo di Jasper Fforde, anche quando l’insolito e il bizzarro diventano la norma, perché solo allora si comincia ad aspirare alla banalità. Ancora un’insolita avventura della detective letteraria Thursday Next diletta i lettori di uno dei più famosi scrittori contemporanei britannici, Jasper Fforde. Con arguzia magica, in una mix di generi diversi, l’autore riesce ad imprimere ed esprimere una visione allegorica del mondo di carta, passando da un libro all’altro, da un personaggio lungo quasi un capoverso ad uno composto da un solo testo. Una nostalgia di ritorno quando il ritorno non sembra più nostalgico, una ricerca di reale quando la realtà appare sopravvalutata, forse anche per l’eroina di trame. Sullo sfondo il tema attuale delle “corporation” transnazionali che, con cinismo spietato, non risparmiano nessuno dai

RISORSE UMANE Antonio Ortuño Neri Pozza, p. 165, € 14.00 Gabriel Lynch è incazzato con la vita. Incazzato perché ha un lavoro mal pagato e noioso. Incazzato perché ha fortune alterne con la donna di turno. Incazzato perché i suoi umilissimi natali frustreranno sempre ogni sua ambizione sociale. Ma, soprattutto, incazzato perché il suo capoufficio si fa una sua fiamma e gliela sottrae per sempre senza troppe remore. Non che fosse uno schianto, ma è più

loro tentacoli allusivi e suadenti, come se la merce a buon mercato fosse il biglietto di ingresso al “mondo felice”, senza prevederne però quello di ritorno. MilanoNera intervista l’autore del libro C’è del marcio in occasione della sua presentazione milanese alla Libreria del Giallo. La Goliath è una grande corporation, crede che si possa non cadere nel suo ingranaggio? Nel libro non è possibile, è una gang satirica e tutte le corporation vorrebbero essere come la Goliath, a cui non interessa quello che le persone pensano, ma nessuno se ne accorge, nessuno se ne preoccupa, cosi pare. Nella realtà ci sono i pro e i contro, se non comprassimo più i loro prodotti potremmo distruggere le multinazionali, ma sono convenienti anche a noi consumatori e come

che sufficiente per scatenare l’odio che cova dentro da sempre e che non ha mai avuto il coraggio di riconoscere. Così, decide di prendersi una piccola rivincita e di bruciare la macchina sportiva e costosa del suo capo. Una magra soddisfazione, ma una valvola di sfogo che lo tiene sulla corda. Ortuño è maestro nel tratteggiare come rabbia e frustrazione possano fare di un anonimo contabile un potenziale omicida. Un compendio di grettezze in un mondo in cui la cosa più difficile è ammettere i propri sentimenti ed esprimerli con

Come invece è cambiato Lei? Come scrittore sono decisamente migliorato, ho fatto molto esercizio, come persona sono rimasto uguale a prima. Qual è la sua visione di Amleto? Amleto è un personaggio che parla molto ma non decide. Perché consiglierebbe di leggere il suo libro? Perché è un libro divertente, ironico, che affascina e perché leggere aiuta, sebbene bisogna sforzarsi di vivere sempre la realtà, qualunque essa sia. Qual è a suo avviso oggi la funzione dello scrittore? Lo scrittore deve raccogliere storie, raccontarle, educare la gente, divertire, espandere le idee e scriverle senza pretese. Claudia Caramaschi

sincerità. A partire dall’odio e dall’invidia. Alzi la mano chi non ha mai covato propositi vendicativi nei confronti del prossimo. Dunque, consigliato a chi non la alza, ma anche a chi, pudicamente, si identifica in Gabriel Lynch. Seba Pezzani


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In libreria Alter Ego, un nuovo caso per l’ispettore Roy Grace

Intervista a Peter James MilanoNera intervista Peter James, produttore cinematografico e scrittore. Ci parla di Alter Ego, il suo ultimo sconvolgente thriller, del detective Roy Grace, della sua Brighton e della prossima storia che inizia l’11 settembre a New York...

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PETER JAMES ALTER EGO

C’è alla base di Alter Ego un’inquietante consapevolezza, quella della precarietà della propria esistenza. Improvvisamente la tua vita può essere stravolta: vuoi perché sei l’in“Alter ego è un thriller mozzafiato consapevole vittima di un serial killer, vuoi come non se ne leggevano da tempo. perché ti ritrovi ad essere incolpato per un Una volta iniziato, vi terrà incollati pagina.” criminefino cheall’ultima non hai commesso, vuoi perché Daily Express ricompare una persona che pensavi scompar“Un viaggio avvincente sa per sempre, L’ispettore Roy Grace affronta nei più sinistri meandri di Brighton in compagnia di personaggi un caso complicato, dove tutti gli indizi, le di grande fascino.” prove raccolteTheeTimes la sua stessa esistenza vengono scardinate, Peter James ci conduce nei “Un altro straordinario thriller dal più sinistri meandri di Brighton, tra spacciatori, acclamato scrittore inglese del genere.” Mirror ladri di autoDaily e ricettatori senza scrupoli, una “Ben riuscito, Brighton piùdavvero vera coinvolgente.” che mai, raccontata con The Observer l’occhio clinico di uno scrittore realista. È “Con questo thriller Peter James il realismo a guidare la penna di James, che si conferma un grande scrittore.” trascorreIndependent almeno onunSunday giorno a settimana con la polizia del Sussex, che perlustra con loro la città, che segue i poliziotti sul luogo del crimine. In Alter Ego c’è la vita vera: la si percepisce dai dialoghi dei poliziotti, dalla minuziosa descrizione delle fasi di un’autopsia, dallo slang dei criminali, dalla conoscenza dei luoghi di spaccio e dai trucchi usati dagli spacciatori. È questa la forza di Alter Ego, un thriller emozionante e avvincente.

pre ben rasato rispetto a quello destro!» Sono rimasto letteralmente affascinato da Holmes e da quel momento ho voluto creare un mio detective, che avesse grandi potenzialità e spirito di osservazione! Ho scritto il mio primo romanzo a 18 anni e rileggerlo a posteriori è stato terribile. Fortunatamente per il mondo non è mai stato pubblicato!

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788874 966400 euro 19,00

Lei è un produttore cinematografico, ma ha anche una passione: la scrittura. I suoi precedenti romanzi (Al Buio e In Rete, entrambi editi da Kowalski) sono stati tra i più venduti in 33 paesi. Come è nata questa passione e quando ha scritto il suo primo libro? Da quando avevo circa 7 anni, ho sempre pensato di scrivere libri e di produrre film. Ma ho deciso di diventare uno scrittore di gialli a 12 anni quando ho letto il mio primo racconto di Sherlock Holmes. In quel racconto Watson chiede a Holmes: «Come sei riuscito a dedurre che è stato proprio quell’uomo?» Lui risponde: «Elementare mio caro Watson, sapevo che erano alla ricerca di uomo la cui finestra del bagno era sul lato sinistro del lavandino». «Da cosa l’hai dedotto?», chiede Watson. Holmes risponde: «Mio caro ragazzo forse non hai mai notato che il lato sinistro del volto di quell’ uomo è sem-

In che misura i fatti di cronaca la ispirano? Com’è nata l’idea di Alter ego? Traggo ispirazione dagli eventi della vita reale. Nel mio precedente romanzo, Al buio, il punto di partenza, sono stati gli scherzi che i ragazzi si fanno reciprocamente in Gran Bretagna – e che è stato fatto anche a me quando mi sono sposato – anche se fortunatamente non sono rimasto sepolto vivo! Una telefonata che ho ricevuto anni fa da un amico poliziotto, invece, è stato lo spunto da cui sono partito quando ho deciso di scrivere In rete. Un poliziotto mi ha chiesto una consulenza in qualità di produttore cinematografico. Dovevo esaminare una videocassetta, sequestrata in un raid dalla polizia del Sussex, in cui una giovane donna veniva assassinata. La polizia non era in grado di stabilire se la ragazza fosse un’attrice o se fosse stata realmente uccisa, se il contenuto del video fosse reale o frutto di una recitazione. Era chiaramente reale – e dopo questo episodio ho deciso di scrivere di snuff movies. In Alter Ego ho deciso di esplorare il tema del furto di identità. Incredibile a dirsi, ma questo è attualmente il crimine in più rapi-

da ascesa nel mondo occidentale. Ho avuto l’idea definitiva quando ho passato del tempo con l’High Tech Crime, il dipartimento di ricerca del Sussex, e ho avuto l’opportunità di parlare con i poliziotti.

Il linguaggio dei poliziotti, la minuziosa descrizione delle procedure d’arresto e di detenzione, piuttosto che lo sviluppo delle fasi di un’indagine e gli strumenti usati dal Una donna immobile, nuda, giace su patologo. Come si documenta? È vero che un letto king-size a baldacchino, le braccia spalancate legate con una cravatta alle lei trascorre almeno un giorno a settimana colonnine del letto. Stuprata e strangolata. Accanto, una maschera antigas. con la Polizia del Sussex? Si tratta della signora Katherine Margaret Bishop, detta Katie, regina dei salotti Mi sono reso assassinata conto quando ho iniziato a di Brighton, brutalmente nella sua casa, una lussuosa villa nella zona più esclusiva della città. Infedeltà scrivere libri gialliconiugale, che le forze di polizia un alibi traballante, un’assicurazione sulla vita. Tutti gli elementi portano cultura riguardo i fatti hanno una propria a un unico indiziato: il marito, Brian Bishop, ricchissimo industriale informatico. del mondo. Essi hanno un punto di vista diLa soluzione sembra chiara, lampante, ma il soprintendente Roy Grace ha imparato verso rispetto a quello che potrebbero avere a non saltare subito alle conclusioni. Come tutti i migliori poliziotti, Grace le persone normali come noi. Hanno quella ha istinto: la capacità di “annusare” se qualcosa è giusto o sbagliato anche quando che definirei “una sana cultura del sospetto”. le prove non lasciano spazio a dubbi. Nell’agosto afoso di Brighton alla centrale di Sussex House inizia se per Roy Per esempio io Grace e te passeggiamo per una e la sua affiatata squadra l’operazione Camaleonte. Un’estate che per Grace strada frequentata e vediamo due uomini che si colora di un nuovo amore, sempre più travolgente: la bellissima anatomopatologa guardano la vetrina di un negozio di scarpe, Cleo. Ma il pensiero di Sandy, l’amata moglie misteriosamente scomparsa pensiamo che stiano scegliendo cosa comnove anni prima, è destinato a non dargli tregua, ora più che mai. prare. Ma se un poliziotto li vede, è portato E Grace non sa che proprio quando, tassello dopo tassello, omicidio dopo omicidio, ala verità pensare: «Perché sono lì? Stanno cercando comincerà a ricomporsi, questo caso si trasformerà per lui in una faccenda qualcosa? molto personale…Sono lì per spacciare droga? HanAl buio e In rete, il nuovo attesissimo Dopo no intenzione di svaligiare il negozio?» Esiste thriller da un grande maestro del brivido. quindi il punto di vista della polizia. E per comprendere e scrivere con precisione questo punto di vista, ho deciso passare con loro quanto più tempo possibile – e questo non mi dispiace perché trovo che il loro lavoro sia veramente affascinante. Quindi trascorro praticamente una volta alla settimana con la polizia: vado nelle loro auto di pattuglia, talvolta rimango in ufficio, altre volte vado con loro sul luogo del delitto. La polizia, come tutto il resto nel mondo moderno, si evolve, così anche le procedure e la tecnologia che utilizzano sono in costante evoluzione. La polizia apprezza molto il fatto che io descriva in modo accurato il loro lavoro e apprezza anche il fatto che io abbia inserito alcuni di loro (anche se alcuni in ruoli di carattere minore) nei miei romanzi. Il suo detective, Roy Grace, quanto le assomiglia? Grace è molto più coraggiose di me! Ma è il mio portavoce sulle ingiustizie e sulle cose che non mi piacciono. Ad esempio, attraverso Roy, ho avuto la possibilità di attaccare il sistema sanitario spaventoso che esiste nella mia città e in tutta l’Inghilterra. Ho avuto segue »


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modo di esprimere il mio parere sulla terribile rete urbanistica di questa città o sulla giustizia sociale. E sì, ovviamente mi piacciono anche un sacco di cose che piacciono a lui, come le belle donne, le auto veloci, il whiskey e il vodka martini... So che in molti, da bambini, hanno avuto un amico immaginario, che poi da adulti hanno abbandonato. Bè, Roy, è sicuramente il mio miglior amico immaginario. E sarà strano trovare qualcuno che gli spmigli fisicamente quando il prossimo anno verrà fatta una serie televisiva ispirata al suo personaggio! Brighton, non è soltanto la città in cui è ambientato il romanzo, ma fa da co-protagonista: anche i suoi crimini sono descritti chiaramente in Alter ego. Nella realtà le cose vanno esattamente così? Esiste un giro di furti e ricettazione di automobili, spaccio di droga e microcriminalità, così come vengono descritti o la realtà è meno dura? Anche se Brighton è una bellissima città di mare ha un lato oscuro e una lunga storia criminale che risale al periodo vittoriano. Nel 1934 è stata battezzata “La Capitale della criminalità d’Inghilterra”. Negli ultimi nove anni ha detenuto il titolo di “Capitale del Regno Unito dei morti per droga” e gli ulti-

La vita facile Richard Price Giano, p 512, € 19.00 New York. Eric, ebreo di quinta generazione, sfiorato dieci anni prima dall’illusione del successo letterario, è ora il frustrato direttore di un ristorante alla moda nel Lower East Side. Durante una notte di bagordi in compagnia del nuovo barista, il vitale ed esuberante Ike ed un amico di questo, i tre vengono rapinati da due adolescenti, un afroamericano e un ispanico. Eric fa istintivamente “la cosa giusta”: consegna il portafogli distogliendo lo sguardo. Ike invece sfida verbalmente gli aggressori e finisce ucciso. Il romanzo segue quindi passo a passo lo sviluppo delle indagini, nei sette giorni successivi alla morte di Ike; man mano che si procede nella lettura, appare però evidente che, per l’autore, il “police procedural” è soprattutto lo strumento per descrivere l’impatto sulle vite altrui

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mi tre Chief Constables mi hanno detto che Brighton è il luogo di vita privilegiato dalla Premiere League dei criminali in Gran Bretagna! I motivi di questa preferenza diventano chiari quando si inizia ad esaminare la città di Brighton e Hove. Vi è un importante porto commerciale su entrambi i lati, perfetto per smerciare droga, per esportare merce rubata come antichità, gioielli, auto e denaro contante. Brighton ha tutto ciò che un criminale desidera: molte vie di fuga! È vicina a tutti i porti del Canale della Manica e vicino all’Eurotunnel. L’aeroporto di Gatwick è a 25 minuti. Londra è a 50 minuti di treno. C’è abbondanza di strade a scorrimento veloce. In essa c’è il maggior numero di negozi di antiquariato del Regno Unito ed è quindi perfetta per sbarazzarsi della merce rubate. La città è ricca di casinò, perfetti per il riciclaggio di denaro sporco. Vivono molti giovani appartenenti alla middle class, c’è la più ricca comunità gay del nostro paese, è questo è un forte richiamo per il mercato delle droga. Ha una massiccia industria turistica, pronta a spendere nel mercato della droga. 100.000 locali (è vero!). E naturalmente, è davvero un grande posto in cui vivere!

manzi c’è sempre un riferimento al caso personale di Roy Grace: la scomparsa di sua moglie. Nei prossimi romanzi riuscirà mai a trovarla? E soprattutto, ha già in mente l’argomento per il suo nuovo libro? Se io adesso ti dico qualcosa su Sandy, dopo sarò costretto ad ucciderti! Ma una cosa posso dirla, Ci sarà uno sviluppo nel prossimo libro Dead man’s Footsteps. Questo romanzo è incentrato su un tema molto caro e vicino all’esperienza di Roy Grace: le persone scomparse. La storia è incentrata su una canaglia di Brighton, in difficoltà finanziarie, che si trova a New York, la mattina dell’11 settembre, per partecipare a una riunione nella Torre Sud del World Trade Center. Arriva proprio quando hanno inizio gli attentati, vede la torre crollare e realizza che ha un’occasione d’oro! Tutti penseranno che sia morto durante gli attentati. Così finge la sua scomparsa e realizza un piano per intascare i soldi dell’assicurazione e ricominciare una nuova vita in Australia. Tutto andrà a gonfie vele finché, sette anni più tardi, il corpo della sua prima moglie riaffiora in una fognatura dopo una tempesta a Brighton, e la polizia inizia a rendersi conto che forse potrebbe non essere morta così come pensavano... Francesca Colletti

Una curiosità più che una domanda, che magari le avranno già fatto. Nei suoi ro-

di una morte banale, terribile ed improvvisa. Alla vicenda di Eric, per il quale l’interrogatorio umiliante cui lo sottopone la polizia, che fraintende il suo senso di colpa, diventa un punto di non ritorno, si alternano così quella del giovane assassino, Tristram, adolescente infelice, maltrattato dall’ex patrigno e deriso dai compagni, quella di Matty, l’investigatore di origini irlandesi che, oltre alle indagini costantemente boicottate dai superiori, patisce una paternità fallimentare e l’attrazione non ricambiata verso la matrigna di Ike, a sua volta crudelmente ignorata dal marito, incapace di elaborare il lutto per la perdita del figlio. Lungo i margini della storia, si aggira poi, come un grottesco coro greco, la “Squadra Speciale della Qualità della vita”, un gruppo di cinici poliziotti in borghese che pattuglia le strade a bordo di un auto civetta cammuffata da taxi. E sarà proprio grazie ad un casuale fermo della

“Qualità della vita” che l’assassino sarà individuato e catturato. Ed Mc Bain incontra Henry (e un po’ anche Philip) Roth in questo romanzo, nel quale un’impeccabile struttura poliziesca racchiude un intreccio variopinto sul piano stilistico, ricco e complesso su quello dei contenuti. Un libro sfaccettato, totalmente realista e spesso divertente, eppure capace di suggerire nitidamente l’ineluttabilità dell’esistenza. Si gustano così i brillanti dialoghi fra poliziotti, si seguono i differenti percorsi esistenziali dei personaggi, si scopre il Lower East Side nella transizione da bastione della civiltà ebraico-newyorkese a ricettacolo multiculturale dove però ogni cosa è grossolana imitazione di qualcos’altro (e basta un alone di condensa per simulare un’apparizione miracolosa), si attraversano i sobborghi popolati da ragazzini afroamericani la cui unica famiglia è costituita dalle nonne, si viene condotti

nel mondo a sè degli immigrati cinesi, dove si subaffittano persino le assi, stese in appartamenti ridotti ad alveari. E dopo averne fatto il paradigma di un intero universo, l’autore si sbarazza del genere, ne scardina i presupposti e ne dimostra l’inadeguatezza: nel corso della narrazione il fatto scatenante, la rapina, perde progressivamente rilevanza e, contro ogni regola del genere, la casuale scoperta del colpevole non ha alcun effetto catartico sulle vite dei personaggi. Il fine ultimo del romanzo poliziesco, la punizione dell’assassino, si rivela così una mera convenzione letteraria senza significato. Ciò che rimane al lettore è l’immagine di Ike, giovane vigoroso, pieno di fascino, entusiasta e istintivamente simpatico, i cui innumerevoli talenti lo hanno però condotto solo alla pi˘ stupida delle morti. Mentre Eric, l’inetto, il codardo, ottiene, forse, una seconda possibilità. Donatella Capizzi


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Valerio Varesi autore di La casa del comandante

“Racconto un’umanità che corre” Valerio Varesi è nato a Torino ma molto deve alle sue origini parmensi: Parma e la Bassa sono infatti le ambientazioni dove il commissario Soneri risolve i suoi casi. Dalla carta stampata Soneri è passato al piccolo schermo: è infatti approdato su Rai Due nel novembre 2005 con il volto di Luca Barbareschi, nella serie di sceneggiati Nebbie e Delitti. La casa del comandante è l’ultimo romanzo di Varesi, appena uscito per Frassinelli.

Il paesaggio di acqua e nebbie de La casa del comandante è quello di una terra atavica che ormai sembra abitata da fantasmi. E invece le cose stanno cambiando: slavi che sembrano trafficare con le armi, speculatori che rubano la sabbia dal letto del Po, ragazzi sbandati senza un futuro. Come si può sovrapporre, a livello letterario, il mutamento con l’antico? Gioco parecchio sui contrasti. Prima di tutto tra il mondo nuovo che si affaccia e l’immutabilità atemporale del fiume, delle golene, del paesaggio fluviale. Poi ci sono le vestigia di un mondo di idee e di persone che le incarnavano, che sono al tramonto e cozzano con mentalità molto più pratiche, spregiudicate e sostanzialmente senza valori, divenute ormai vincenti. Il tutto è rappresentato sia come contrapposizione simbolica (il comandante partigiano che comandava battaglioni che muore in casa totalmente solo), sia come contrapposizione dialettica (i dialoghi tra Soneri e i vecchi del posto). È da questo stridore che spero il lettore possa misurare la distanza tra una terra che viaggia con tempi geologici e un’umanità che corre bruciando le generazioni. Terrorismo rosso, occupazione tedesca, nuova immigrazione: quanto s’intrecciano, in questo romanzo, storia, attualità e cronaca? Molto, perché questi tre elementi si intrecciano continuamente. Il terrorismo rosso tradisce gli ideali della Resistenza, ma si affida alle sue simbologie e considera a sua volta un tradimento che la guerra partigiana non sia confluita in una rivoluzione dopo il 25 aprile. D’altro canto, le condizioni di vita attuali, con la crescita delle sperequazioni sociali, la progressiva cancellazione di un istituto

di solidarietà come lo stato assistenziale, la corruzione, la bugia eretta a sistema e la lotta acerrima per il profitto a tutti i costi, producono fenomeni come il terrorismo. C’è un personaggio del romanzo che traduce tutto questo in un fatto statistico: se tu fai vivere male molte persone, basta anche una percentuale minima che dà di matto e prende decisioni drastiche per far sì che si formino cellule terroristiche. La vera causa è la condizione sociale che rappresenta l’humus per la lotta armata. Ne La casa del comandante Soneri si trova di fronte alla triste sorte dell’ex comandante partigiano Libero Manotti, morto di vecchiaia e di solitudine. Cos’è la solitudine? Quella condizione umana in cui ci è impossibile uscire da noi stessi e rifletterci nell’altro. È la condizione in cui si trovano molto spesso gli assassini ossessivamente presi da un’idea di vendetta che si rafforza fino a deflagrare nell’omicidio proprio perché manca una visione dialettica della realtà e

non esiste una reale relazione tra gli individui. L’assenza di punti di vista “altri” porta, appunto, all’ossessione. Al contrario, il mondo dell’arte è la quintessenza della comunicazione. È l’ambizione a parlare col mondo e a trascendere le cose in un linguaggio fatto di suggestioni e sentimenti che vanno dritti al cuore. Ecco, il capo partigiano Manotti era uno che viveva in una comunità che condivideva ideali e passioni. Morte quelle, nell’abbandono in cui era precipitato, non ha saputo sopportare una vita solo per sé volendo una vita per gli altri. A questo ha preferito la morte. O una vita così era essa stessa la morte. I personaggi che entrano in scena durante le indagini sono intensi, quando non pittoreschi. Ti rivolgo una domanda indispensabile: da dove le estrapoli queste comparse? Sono rivisitazioni di individui – sconosciuti o meno –, sono frutto d’invenzione totale o fai un copia-incolla dal quotidiano? segue »


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Per molta parte sono inventati di sana pianta, ma alla base c’è sempre un modello umano reale. Magari è la sintesi di tante persone che ho conosciuto. Fare il giornalista significa anche avere rapporti con tante persone molte delle quali ti rimangono nel ricordo. Credo che l’occhio di uno scrittore serva a questo: a cogliere quei frammenti del reale che possono sintetizzare un mondo intero. Citati, parlando di Italo Calvino, dice che aveva “l’occhio fotografico” nel cogliere spunti da quel che gli passava davanti benché sembrasse sempre afflitto da noia o da sonno. Uno di questi personaggi, il Carega, è un professore in pensione con la saggezza di un filosofo. Quanto di te e della tua inclinazione filosofica è presente in lui? L’autore parla attraverso i suoi personaggi e qualcosa trapela sempre della sua formazione. In particolare in questo libro, che accentua molto il senso di critica sociale rispetto ai precedenti. Carega sostiene, come tutti i razionalisti, che niente succede per caso e che c’è sempre una ragione anche negli episodi della vita sociale che apparentemente paiono frutto del libero arbitrio degli individui. Certo, quest’ultimo esiste, ma viene assecondato o stimolato da una condizione di vita che ne prepara le decisioni. Carega guarda il mondo con distacco. Contempla la commedia umana con un sorriso osservando i suoi atti con l’amorevole consapevolezza dei suoi meccanismi,

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senza le passioni dirompenti che muovono gli uomini gli uni contro gli altri.

Inoltre è un’esigenza ineludibile del romanzo poliziesco. È sempre difficile far coabitare qualcuno che non c’entra con l’indagine con un personaggio centrale e seriale qual è Soneri. Prova ne è che i principali investigatori letterari hanno rapporti di lontananza con le loro compagne (Maigret, Montalbano) o hanno storie saltuarie con donne che restano sullo sfondo. Logico, quindi, che Angela interagisca un poco con l’indagine del compagno anche in virtù del fatto che è un avvocato.

Anche qui, come negli altri romanzi, Soneri è dotato di questa capacità d’ascolto che oggi si va perdendo. Va perdendosi perché oggi si pensa che un delitto si possa sempre risolvere con gli strumenti scientifici. Si crede che i Ris riescano a risolvere tutto coi loro microscopi. L’indagine, dall’ascolto, dalla ricostruzione delle motivazioni del delitto, dalla paziente ricostruzione dell’ambiente, patrimonio di un’indagine classica, si sposta sempre più verso la minuziosa spigolatura dei reperti organici e delle tracce lasciate dall’assassino. Lavoro utile, ma non risolutivo. La prova è che quasi mai le indagini scientifiche portano alla prova schiacciante. Si va quasi sempre a costruire una serie di indizi lasciando poi alla Corte nell’aula di giustizia l’onere della decisione se siano sufficienti o no. Il rapporto con Angela riveste la relazione di un interesse letterario che altrimenti non sussisterebbe se si trattasse di un matrimonio felice. Però delle volte lui innervosisce il lettore (anzi, la lettrice). Capisco che non tutte le donne vorrebbero avere accanto uno come Soneri. È un tipo difficile, ma anche vero, genuino. In un mondo pieno di personaggi banali, forse si può pagare anche lo scotto… Non sarebbe ben peggio un uomo tutto preso dai problemi aziendali che alla sera legge Il sole 24 ore?

La tua formazione filosofica trapela qua e là non solo nei dialoghi. Ma preferisco inquadrarla ora -rompendo gli schemisotto l’aspetto culinario. Il senso del gusto, nei tuoi romanzi, è ossequiato con la presenza piacevole di piatti locali e di vino corposo. Scorre in te una vena epicurea? Epicuro non era uno che propugnava i piaceri carnali nel senso triviale dell’oggi. Il suo motto era ‘vivi nascosto’, vale a dire non mischiarti alla chiacchiera, al cicaleccio e alla vanità delle cose umane, ma vivi distaccato da tutto questo e coltiva i piaceri dell’intelletto. Questa visione della vita filtrava ogni cosa, compreso il sesso e il cibo nobilitati in una visione del mondo dove ogni elemento aveva una propria giustificazione in un orizzonte ideale. Il cibo, però, è sempre stato un componente della riflessione. Per così dire, la facilita, fa scorrere i pensieri. Non è un caso che i simposi di Platone fossero accompagnati da sontuose libagioni, molto vino e anche fumi d’oppio. Marilù Oliva


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Giorgio Faletti, mister 11 milioni di copie

“Come scrittore ho avuto fortuna” In occasione della partecipazione al festival Piemonte Grinzane Noir dove ha ricevuto il premio Grinzane Noir 2008 “Sezione racconto in Giallo Italiano” Giorgio Faletti ha (finalmente!) concesso un’intervista a MilanoNera:

La tua attività artistica è poliedrica, cabarettista, cantautore, scrittore, attore in momenti diversi della vita. In quale ruolo ti identifichi oggi? Quando mi chiedono cosa faccio, dico lo scrittore. Spero prima o poi di riuscire a soddisfare i tre gradi di giudizio: la critica, i lettori e il tempo. Circa undici milioni di copie dei tuoi romanzi vendute in Italia, Pochi inutili nascondigli in pochi mesi ha raggiunto le 500˙000 copie. Qual è il segreto del grande successo che hai avuto in tutte le attività intraprese? Solo una grande fortuna, ho incrociato il successo in un percorso che ha avuto anche momenti poco esaltanti che avrei potuto evitare ma che mi hanno insegnato cosa non si deve fare. Credo di potermi definire vivace, molte cose mi hanno incuriosito, e dato grandi soddisfazioni. Ho avuto la possibilità di seguire le mie inclinazioni e di esprimere la mia creatività con entusiasmo e anche con faccia tosta. Questo è l’unico merito che mi arrogo. Quando è nata la passione per la scrittura e con che percorso sei arrivato a pubblicare il primo libro? A vent’anni volevo diventare scrittore ma non avevo disciplina, ero distratto da altre cose. Scrivevo i testi dei miei spettacoli televisivi e di cabaret e alcune canzoni. In un periodo in cui ho avuto più tempo ho cominciato a scriver qualche racconto. Li ho fatti leggere, erano piaciuti ma l’editore mi aveva detto che per i racconti non c’è molto mercato e mi aveva chiesto di scrivere un romanzo. A quel punto avevo abbastanza autodisciplina per farlo e ho scritto Io uccido. Perchè un noir? A volte le cose sono casuali, a Sanremo, il giorno dopo aver cantato Signor tenente i giornali avevano definito l’interpretazione “straordinaria”. In realtà avevo una grandissima paura. Poi senza un motivo particolare mi è venuto in mente il titolo Io uccido.

l’amante di lady Chatterly. Sono una specie di lavatrice in cui hanno buttato panni di diversi colori e fatto andare a 90 gradi. Il mio libro della vita è Il vecchio e il maredi Hemingway. Ho letto Steinbeck, autori umoristici come Mark Twain, Jerome e Richard Powell.. Ora leggo un po’ meno, sono impegnato a scrivere e ho due buoni motivi per non farlo: non voglio essere influenzato e perchè se in questo momento leggo una cosa che mi piace divento invidiosissimo. Leggere e molto bello, dovrebbe diventare un obbligo.

Sono partito da lì per costruire la storia seguendo quella strada. Usi qualche metodo particolare per scrivere? Cerco di usare un linguaggio facilmente comprensibile perché penso che il lettore non legga il libro tutto di fila, ma che si interrompa e a volte le interruzioni durino qualche giorno. Uso l’escamotage di fare ogni tanto il punto della situazione con un piccolo riassunto dei fatti, utilizzando qualche personaggio. é utile per non fare perdere il filo della narrazione al lettore se la trama è complessa. Il tuo rapporto con la critica non è sempre idilliaco... In Italia la critica è volubile legata al momento e all’ideologia. Non credo di essere l’erede di Hemingway, scrivo storie, le propongo al pubblico e spero che piacciano. Continuerò a scriverle. Libri osannati dalla critica a volte vendono pochissime copie. Mi paragono a Totò che veniva sempre stroncato dalla critica, poi è stato rivalutato e definito “grande”. I kill è uscito da alcuni mesi negli Stati Uniti e lì ha avuto riscontri positivi della critica. La più bella soddisfazione della tua vita? Ho avuto tanti momenti belli a livello lavorativo, il momento più bello è stato quando mi sono svegliato dopo una notte di coma e mi avevano detto che ero diventato un autore di successo. Ma soprattutto ero ancora vivo. Che cosa legge Giorgio Faletti? Mi picco di avere desunto un po’ di tecnica leggendo thriller, ho letto anche fantascienza, western e fumetti. A undici anni ho letto

Hai appena ricevuto il Premio Piemonte Grinzane Noir per il racconto giallo. Favorevole o contrario ai premi letterari? I premi sono sempre molto piacevoli, sono il riconoscimento che hai fatto bene il tuo lavoro, fermo restando che il premio più ambito è il consenso del pubblico. Il Grinzane è un premio prestigioso e mi ha fatto molto piacere riceverlo. Gli autori si dibattono intorno a una domanda, un libro che ha il plauso generale della critica e vende una sola copia, può considerasi un successo? Non si sa mai quando uscirà un capolavoro, il migliore libro è quello che scriverò e questo pensiero è quello che mi fa andare avanti come autore. A chi vorresti dire grazie? Alle persone che conosco da parecchi anni e mi hanno incoraggiato e aiutato e sono tuttora miei cari amici. Persone che mi hanno sostenuto e soccorso quando ero scoraggiato e hanno sempre creduto in me. Se vogliamo prendere in considerazione un fatto contingente, i medici che mi hanno permesso di continuare a ammorbare il mondo con i miei libri. Per il futuro: quando un altro libro? Sto terminando un romanzo che avrebbe dovuto uscire a dicembre, ma in corso di scrittura si è talmente articolato che ho dovuto implementare la documentazione. È ambientato negli Stati Uniti e ha un antefatto durante la guerra del Vietnam. Per documentarmi mi reco sempre sul posto, mi piace viaggiare e questo è anche uno dei motivi per cui cambio spesso la location delle mie storie. Ambretta Sampietro


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Peter Leonard autore di Brivido (Giano)

Nel nome (ingombrante) del padre il momento di provare qualcosa di diverso. Negli anni avevo avuto molte idee per diverse storie, ma con quattro figli da accompagnare alle partite di calcio e di baseball non avevo mai avuto tempo per sedermi e scriverle. Poi un giorno mi sono deciso: avevo un’idea particolarmente buona e così ho scritto le prime tre pagine, in salotto, mentre due dei miei figli facevano i compiti. Ho riletto ciò che avevo scritto e ho pensato: “Caspita, funziona davvero! Posso farcela!” Ecco, questo è stato l’inizio... Incontro con Peter Leonard, figlio del celebre Elmore, in occasione dell’uscita in Italia del suo primo romanzo, Brivido. Un padre ucciso accidentalmente dal proprio figlio. Una madre che, nel tentativo di ricostruirsi una vita, rischia di perdere tutto. Un noir avvincente, con personaggi ben caratterizzati psicologicamente. Da leggere tutto d’un fiato. Peter, cosa ti ha spinto a cominciare a scrivere a cinquant’anni, e perché non l’hai fatto prima? Una bella domanda...credo che la risposta più semplice e più sincera sia: la noia. In famiglia era mio padre l’artista, quello che scriveva libri. Io invece mi sono buttato sul campo della pubblicità: scrivevo spot per cercare di vendere automobili, birre e qualunque genere di cose. Ma dopo aver fatto questo per tanto tempo ne ero tremendamente annoiato e ho capito che era giunto

Zombie takeway Davide Garbero Alacran. p. 140, € 9.80 Garbero: crudo, cattivo, malato. Ma anche tenero, sensibile, magnanimo. Insomma splatter, ma con sentimento. A tre anni dal successo del tarantiniano Lingue morte, Davide Garbero, 21 anni (sigh) si ripropone con una nuova antologia dove il nostro si confronta con le figure cardine della tradizione horror. In Zombie takeaway, il primo dei racconti che dà il titolo al libro, l’autore disegna la figura di uno

Quali sono stati i tuoi scrittori di riferimento? Beh, l’influenza maggiore arriva sicuramente da mio padre, ma ho amato molto anche John D. McDonald, James Lee Burke e Charles Williford. Quale tra i protagonisti di Brivido senti maggiormente legato a te? Amo molto DeJuan (uno dei “cattivi” del romanzo, n.d.r.), sicuramente la sua è una delle figure più interessanti del mio libro. Il capitolo in cui descrivo la vicenda dal suo punto di vista è come se si fosse scritto da solo, in maniera molto naturale: volevo capire quello che gli succedeva, ero curioso di creare la sua vita, ma era come se fosse lui stesso a farlo, non io. Anche al personaggio di Luke, un ragazzino che ha ucciso accidentalmente il padre durante una battuta di caccia, sono molto affezionato. È stato molto difficile descrivere quello che provava, i

zombie che, per quanto feroce, non può, suo malgrado, non trasmettere un’insospettabile tenerezza. Abel, il secondo brano, affronta il mito della mummia con una glacialità sinceramente disturbante. Io ero leggenda è un omaggio distorto all’opera di Matheson, dove un vampiro pregno di umanità si confronta con dei mortali più mostruosi di lui. In Ho le mie cose ci troviamo di fronte ad una licantropa che deve sopravvivere in un mondo di allupati. Christenstein! è un apocalittico e pirotecnico brevissimo raccon-

suoi stati d’animo... ho cestinato un sacco di pagine prima di trovare le parole giuste, ma proprio per questo il mio legame con lui è particolare. Ora sei in Italia perché una delle tue prossime storie sarà ambientata qui... Si, il mio secondo libro, Trust me, è oramai finito e uscirà in America il prossimo aprile. Il terzo invece si ispira ad un episodio capitatomi 30 anni fa, quando ero venuto per un periodo di tempo a studiare all’università di Giurisprudenza a Roma: ero uscito con un gruppo di ragazzi a Trastevere e avevamo bevuto parecchio. Ad un certo punto siamo saliti su un taxi, io mi sono seduto sul sedile posteriore e dopo un po’ ho realizzato che alla guida non c’era l’autista, ma uno dei miei amici. Giravamo lì attorno con questo taxi, ridendo come matti, ma a un certo punto siamo stati fermati dai Carabinieri...e così abbiamo trascorso una settimana nel carcere di Rebibbia. Ecco, il mio terzo libro si aprirà proprio con la storia di due ragazzi americani che vengono incarcerati a Rebibbia per una sbronza di troppo... Una storia pazzesca, che mi è capitata sul serio, e che non potevo non raccontare. Tuo padre ha letto Brivido? Ovviamente si, e gli è piaciuto molto. Ha detto: “È un bel libro. Anzi, figlio mio: è proprio un gran bel libro!” Valentina Magrin

to finale, vagamente altieriano, dove l’uomo si illude di essersi costruito un messia artificiale. Garbero scrive con la velocità e la sincera cattiveria dei suoi anni, ma con una capacità lessicale e una sensibilità che faranno parlare di lui anche in futuro. Siamo ora curiosi, dopo due antologie, di vederlo cimentarsi con un romanzo vero e proprio, dove non si limita a rimodellare i miti, ma li crea. Massimo Rainer


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Intervista a Luigi Bernardi, autore di Senza luce (Perdisa)

“Il buio era lo scenario giusto per un romanzo” ro gli scrittori sarebbe meglio. Lo scrittore deve conoscere il mondo, le cose piccole come gli sguardi dei passanti e le cose grandi come le manovre degli edge founds. Io studio il mondo ogni giorno, lo osservo con l’occhio del curioso, di chi sa che c’è sempre qualcosa da imparare, qualcosa di nuovo da scoprire, in una notizia di cronaca come nel bugiardino di un medicinale, nei discorsi di un pazzo come nelle attitudini dei regnanti.

Senza luce è l’ultimo romanzo di Luigi Bernardi. Senza luce perché al buio si vede meglio. Dentro. Un viaggio a capofitto nell’intrigo di verità nascoste e taciute, desideri inappagati, disprezzo e insicurezze. Senza luce è forse il miglior romanzo di Luigi Bernardi. Un romanzo che scandaglia il fondo della coscienza e non risparmia nessuno perché nessuno è veramente innocente. Il microcosmo di un piccolo paese viene messo a nudo perché solo in un piccolo paese accadono cose che riguardano tutti, solo un piccolo paese è un mondo in miniatura. E proprio in questo microcosmo uno squilibrato si mette a sparare all’impazzata. Uccide passanti e scatena il caos. La polizia decide di togliere l’energia elettrica per risolvere l’emergenza: cento minuti di buio e quattro storie parallele di ordinaria follia. Luigi è un maestro nel creare suspance e tenere il lettore incollato fino all’ultima riga. Non puoi smettere di leggere. Devi cercare in qualche modo di fare luce sulle vicende che si dipanano poco a poco, si intrecciano, si accavallano in un crescendo di tensione. Lo stile narrativo compatto e incalzante lascia spazio a paragrafi di graffiante poesia. Luigi, com’è nato Senza luce? Una sera di qualche anno fa. Avevo appena letto la notizia che la polizia aveva chiesto all’Enel di togliere la corrente a un piccolo paese nel quale un tipo si era messo a sparare a caso sulla gente che passava sotto la sua finestra. Ho sentito che quello era lo scenario giusto per un romanzo. Non mi interessava

raccontare il tipo che si era messo a sparare e la caccia che gli davano le forze dell’ordine: sarebbe stata una storia semplice, poco più di un romanzetto d’azione. Mi interessava la reazione degli altri abitanti quel paese, di quelli che erano rimasti al buio, praticamente senza sapere il perché. Ho conservato lo scenario e l’ho riempito con i personaggi che pian piano mi venivano in mente. I personaggi risultano così reali che sembra quasi di conoscerli. Li senti respirare dentro le pagine, dibattersi. Si sono creati spontaneamente dentro di te e in qualche modo hanno “creato” loro la storia? O sono forse complementari alla vicenda che volevi raccontare? I personaggi sono tanti, ognuno con le caratteristiche proprie. Alcuni sono stato docili e si sono fatti raccontare per come li pensavo. Altri si sono dimostrati più scontrosi, sfuggenti, quasi indomabili. Alla fine mi sono ritrovato un parco personaggi molto variegato ma con un minimo comune denominatore: è tutta gente che grazie al buio scopre una luce diversa dentro se stessa. Il compito di uno scrittore non è quello di cambiare il mondo semmai di raccontarlo, una frase sofferta di Domenico, scrittore introverso che si è ritirato da tempo dalla scena pubblica. E tu cosa ne pensi? Non ho mai conosciuto uno scrittore che abbia cambiato il mondo. Il mondo si cambia da solo, abbastanza in peggio, per la verità, ma non è detto che se lo cambiasse-

Chi è il personaggio a cui ti senti più legato? E quello che ti somiglia di più? Quello che mi somiglia di più è sicuramente Domenico. Perché è l’unico ad avere più o meno la mia età. E poi perché è uno scrittore. Il personaggio al quale mi sento più legato sono invece tutti gli altri: Federica perché ha un armadio a muro uguale al mio, Mario perché nessuno è perfetto, Umberto perché se la tira, Alessandro perché crede di sapere tutto, Alessia perché futile e perfida allo stesso tempo, Giuliana perché l’hanno messa in un angolo, Ivano perché vuole cambiare vita, Loretta perché sa cavarsela, Guidino perché ha la faccia di un bambino che si è perduto nel centro di Bologna. Già dalle pagine di Gaijin la denuncia verso l’ipocrisia della società è graffiante e anche Senza luce non risparmia critiche più o meno velate dalla politica all’editoria. Qualche commento? Non ho mai scritto per compiacere qualcuno, e neppure per rasserenarlo o consolarlo, per fare finta che le cose non siano come sono. Credo che la scrittura debba fare male, scoprire i nervi e provocare cortocircuiti. Gli scrittori sono troppo indulgenti con il mondo intorno, cercano la fama e il profitto, una fetta di torta qualsiasi. A me interessa illuminare zone di buio, con le mie storie, i miei personaggi, il mio stile. Dentro quel buio ci sono anch’io, ci siamo tutti noi, La tua carriera nell’editoria è straordinaria: da editore ad autore di fumetti, direttore editoriale di collane di prestigio come Einaudi Stile Libero Noir che hai fondato insieme a Carlo Lucarelli; consulente per i maggiori editori, brillante scopritore di talenti. Chi è oggi Luigi Bernardi? Uno a cui non è passata la voglia di scoprire, di guardare dentro, di vedere. Barbara Baraldi


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Scrittore e senatore: Giancarlo Carofiglio

“Mi manca il lavoro di investigatore” Guerrieri sbarca in Cina dopo aver fatto man bassa di premi, ultimo in ordine di tempo il Piemonte Grinzane Noir. Il suo autore si racconta a MilanoNera dallo scranno 96 del Senato. Il 2008 ha portato parecchie soddisfazioni a Gianrico Carofiglio: l’elezione a Senatore, tre premi letterari importanti: il premio letterario Tropea, il Radio Bremen Krimipreis e il premio Grinzane Piemonte Noir sezione giallo italiano. Il film tratto da Il passato è una terra straniera presentato al Festival del Film di Roma e uscito nelle sale il 31 ottobre ha avuto 200˙000 spettatori nei primi due giorni, i suoi libri verranno tradotti anche in Cina. Tra pochi giorni inizieranno le riprese del film-TV tratto dal racconto La doppia vita di Natalia Blum contenuto nell’antologia Crimini italiani E finalmente il 6 novembre il nuovo libro Né qui né altrove. Una notte a Bari per Laterza.

Se potessi tornare indietro, ti ricandideresti? Sì. Puoi raccontarci come si svolge la tua settimana? Il lunedì sera o il martedì mattina vado a Roma. Lavoro al Senato fino a giovedì pomeriggio e poi, il giovedì sera o il venerdì mattina torno a Bari. venerdì, sabato e domenica, scrivo. Tutto qui. Dalla politica hai ricavato personaggi interessanti e spunti per nuove storie? Lo scoprirete leggendo i miei prossimi libri (ride).

Massimo Gaudioso, hai cambiato qualcosa della storia? Come ho detto, il film (e prima del film, la sceneggiatura) è diverso in parte dal libro. La prima stesura, con gli interventi di modifica più decisi, è stata fatta da Gaudioso e da mio fratello. Poi sono intervenuto io (e successivamente anche Vicari) per ulteriori aggiustamenti. Riesci a rispettare l’impegno assunto con te stesso al momento di accettare la proposta di candidarti, di trovare il tempo per scrivere qualcosa ogni giorno? Sì. Ovviamente scrivo soprattutto nei fine settimana ma, nei ritagli di tempo, anche quando sono a Roma.

Per un altro Guerrieri bisogna aspettare il prossimo anno. Unico neo, non ha più tempo per praticare il karate, si consola però guardando le foto delle sue mosse migliori sul palmare e allenandosi con il sacco da boxe che tiene in casa a Bari. Quali sono le tue impressioni circa la tua nuova attivià politica, come ti trovi sullo scranno n. 96 del Senato? Su quello scranno mi ci trovo bene ma non sono in grado, ancora, di esprimere un’impressione definita. Quello che mi sento di dire, adesso, è che si tratta di un osservatorio straordinario su un incredibile campionario umano. Nel bene e nel male. La tua esperienza precedente ti è stata utile in politica? Riparliamone fra un anno. Hai qualche rimpianto per la tua attività di magistrato? Non rimpianti. Ho qualche nostalgia, mi manca il lavoro di investigatore, che mi piaceva molto.

Che cosa pensi della trasposizione cinematografica di Il passato è una terra straniera? Penso che Vicari abbia fatto un buon lavoro. Il film è diverso dal libro, e questo è normale e anzi, direi, sano. Lo spirito però è lo stesso e questo mi sembra importante. Scrivendo il soggetto e la sceneggiatura del film insieme a tuo fratello Francesco e a

A quando un nuovo libro e una nuova storia di Guerrieri? Il nuovo libro è uscito il 6 novembre e si intitola: Né qui né altrove. È un romanzo breve che non ha nulla a che fare con il noir. è la storia di tre amici che si ritrovano dopo venticinque anni e fanno i conti con il loro passato. La nuova storia di Guerrieri esce l’anno prossimo, spero. Ambretta Sampietro


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Un buon sapore di morte Gabriele Damiani Aliberti Editore p. 213, € 15.00 A Civita, immaginaria città abruzzese, il commissario Alesi, poco propenso alla diplomazia, si trova per le mani una patata bollente, l’omicidio della moglie infedele di un magistrato in vista. Conduce le indagini da par suo, con autorità, ma i pesci grossi che nuotano nello stagno torbido lo obbligano a scelte difficili. Un buon sapore di morte è, a

In caduta libera come in un sogno Leif G.W. Persson Marsilio, € 19.50, p. 606 “Racconto i reati perché è la materia che conosco meglio. E’ come se il lavoro fosse già stato fatto. In ogni reato è insita la tensione che aiuta a costruire la trama” mi dice Leif G.W. Persson in un albergo del centro di Mantova nei giorni carichi e elettrici del Festivaletteratura. Sta per presentare In caduta libera come in un sogno che chiude la trilogia di Tra la nostalgia dell’estate e il gelo dell’inverno e Un altro tempo, un’altra vita (tutti Marsilio).

Novembre 2008 partire dallo splendido titolo, un magistrale esempio di docudramma dove la finzione appare tanto reale quanto la cronaca di un telegiornale qualsiasi. Nell’Italietta dei malaffari, dove la corruzione è sempre dietro l’angolo, il paese è il cuore pulsante di ogni scandalo borghese: tutti sanno tutto di tutti, ma nessuno, nell’ipocrisia generale, ha il coraggio di proferire mezza parola. Gabriele Damiani, scovato da Aliberti grazie a un concorso, maneggia la fantapolitica con impegno e passione, plasma la materia e forgia un thriller che

si basa, principalmente, su ritratti ironici ma crudeli. Non è il solito commissario e non è il solito crimine di provincia. Politico, asciutto, è un nero intenso che fa male dalla prima pagina all’ultima. La prosa scorre rapida ma il sapore amaro dei fatti resta dentro. Ma sarà davvero tutto frutto della fantasia? Matteo Di Giulio

Svedese, criminologo con una non smentita collaborazione al Ministero di Giustizia e ai Servizi Segreti, insegnante di criminologia alla Scuola nazionale di polizia di Stoccolma e, come ama definirsi, scrittore per hobby che però ha pubblicato otto libri ed è uno dei migliori rappresentanti del ‘giallo ghiaccio’, genere nel genere molto in voga. La realtà. Una notte di febbraio del 1986 a Stoccolma il Primo Ministro Olof Palme torna a casa dal cinema. È senza scorta. Lo uccidono sparando alle spalle. I colpevoli non sono mai stati

trovati. Persson parte da un famoso caso di cronaca per un romanzo sulla ricerca della verità. Consulta le fonti ufficiali, più di centomila documenti, ma è con la narrativa che scopre un’ipotesi stranamente ignorata... La trama. Lars Martin Johansson, capo della Polizia e protagonista della trilogia, chiede ai collaboratori di riesaminare il delitto Palme prima che vada in prescrizione con quelli che in gergo si chiamano ‘occhi freschi’. Può un personaggio politico come il Primo Ministro essere stato assassinato da un folle e non per motivi politici? E se i nuovi

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elementi portassero a settori deviati della Polizia e dei Servizi? Ma chi si avvicina al potere diventa corruttibile ai danni della verità. È questa la verità davanti alla quale i protagonisti si sentiranno in caduta libera come in un sogno. Annarita Briganti


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Incontro con il giornalista Andrea Purgatori

“Vi racconto le mie inchieste” Sei famoso per inchieste giornalistiche sui misteri della storia italiana recente, che in alcuni casi sono diventati sceneggiature di film. Come è cambiato il sistema dell’indagine giornalistica rispetto ai primi tempi della tua attività? Più che cambiato è peggiorato perché i giornali investono sempre meno nelle inchieste e lo fanno per due motivi: un’inchiesta costa in termini economici nel distaccare qualcuno dal lavoro quotidiano senza la certezza di un risultato e perché le proprietà dei giornali sono sempre più intrecciate con il potere economico e si corre il rischio che l’inchiesta possa ritorcersi contro chi la fa. Se per esempio il proprietario del giornale ha interessi nella sanità, è difficile indagare in questo campo. Hai conseguito un master di giornalismo negli USA, è diverso il sistema di indagine giornalistica rispetto all’Italia? Si, è molto più strutturato e rappresenta materia di studio nelle scuole di giornalismo. Più che l’inchiesta si insegna il giornalismo investigativo, cioè quel giornalismo che ti permette di scavare dietro le notizie. Ci sono libri che insegnano la psicologia dell’intervista, come mettere a proprio agio la persona da intervistare per farsi raccontare più cose possibile. Ho frequentato la scuola di giornalismo della Columbia University fondata da Joseph Pulitzer che ha dato il nome al famoso premio di giornalismo. Il preside della facoltà è anche presidente del premio, che è riservato solo agli americani. La tua prima indagine importante è stata relativa al disastro aereo di Ustica, quali indizi ti avevano fatto pensare che le cose fossero andate diversamente dalla versione ufficiale? Una fonte mi aveva chiamato appena accaduto il disastro per dirmi che l’aereo era stato

abbattuto. Avevo chiamato subito il giornale per informare la redazione, e mi ero accorto che la versione ufficiale era diversa. Qualche giorno dopo durante una conferenza stampa un generale dell’aeronautica mi aveva zittito e da lì ho cominciato a indagare.

informazioni dal momento che il governo Prodi aveva mantenuto il segreto di Stato sull’operazione? Tramite le mie fonti personali, poi sono andato ad ascoltare Abu Omar al Cairo. Sono stato chiamato a testimoniare al processo che si sta svolgendo a Milano. Se Abu Omar non si presenterà in aula dovrò deporre nuovamente come testimone.Dubito che verrà, sarebbe arrestato come terrorista. Quando venne rapito c’era un’indagine in corso su di lui, i suoi amici sono stati condannati a 10 anni.

Credi che oggi accadano ancora fatti in cui la verità viene taciuta in nome della ragion di Stato? Si, assolutamente si, ad esempio il caso Callipari. Penso che ci siano elementi ancora oscuri perché gli Stati Uniti si sono rifiutati di collaborare non consentendo a chi ha sparato di venire a deporre in aula.

Che cosa hai provato vedendo la tua vicenda sullo schermo nel film di Marco Risi, Il muro di gomma? Grande imbarazzo. Ho sempre pensato che in questo paese strano diventi un personaggio solo perché hai fatto bene il tuo lavoro. Si trattava di un intrigo internazionale, a seguito della mia inchiesta sono stati costretti a prendere posizione i Presidenti italiano, francese, degli Stati Uniti e lo stesso Gheddafi. Tutto ciò ha costituito un grosso impatto. Pensi che si sappia tutta la verità? Si, sicuramente è stata una azione di guerra anche se è diventato un pasticcio internazionale e questo è uno dei motivi per cui le cose non si sono sapute subito. Il tuo ultimo libro riguarda il sequestro di Abu Omar, come hai potuto raccogliere

Di cosa ti stai occupando ora? Della revisione della sceneggiatura del film su Vallanzasca. Ho collaborato con lui che è recluso nel carcere di Opera. È accusato di cinque omicidi, in realtà dice di aver sparato solo in tre occasioni e di aver casualmente colpito le vittime. Nel 2009 uscirà Fortapasc, film girato da Marco Risi che racconta gli ultimi quattro mesi di vita del giornalista del Mattino ucciso dalla camorra Giancarlo Siani. Ho scritto la sceneggiatura con James H. Carrington e Marco Risi. Qual è la molla che ti spinge a questo tipo di indagini? La grande curiosità. Sono una persona molto curiosa. Puoi fare questo lavoro solo se hai gli strumenti adatti per farlo. Spiegare fatti che hanno segnato la vita del paese è un dovere. Si deve trovare una spiegazione plausibile per tutto, quindi la verità. Si devono fare le cose con passione. Ambretta Sampietro


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Un cane ben addestrato è in grado di individuare una goccia di sangue in 500mq

Silingardi: i miei “cani da cadavere” Un cane ben addestrato è in grado di individuare una goccia di sangue in 500 mq. Si aprono nuove possibilità per il sopralluogo della scena del crimine? Ne parliamo con Enrico Silingardi, responsabile della squadra cinofila R.R.U. (Recupero Resti Umani) di Milano

diverse ricerche, dando un fondamentale contributo per il ritrovamento di diversi resti, come quelli delle vittime delle Bestie di Satana, tanto per citare uno dei casi più eclatanti. Ma come vengono addestrati questi “cani da cadavere”?

I cani, si sa, sono i migliori amici dell’uomo, ed il loro straordinario fiuto (circa cinquecento volte maggiore rispetto a quello degli esseri umani) può anche risultare estremamente utile ai fini di un’indagine poliziesca, ad esempio per il ritrovamento di droga o per il salvataggio di persone disperse. Nel 2000 l’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Milano, coordinato dall’antropologa Cristina Cattaneo (che incontreremo su uno dei prossimi numeri), ha pensato di sfruttare questa straordinaria capacità dei cani per un tipo di ricerca del tutto particolare; ha infatti organizzato una particolare squadra cinofila, la R.R.U. (Recupero Resti Umani), specificatamente addestrata per la ricerca di cadaveri. Questo speciale team, composto da volontari e ovviamente dai loro cani, si ritrova periodicamente per le esercitazioni in una cascina alle porte di Milano, dove ci siamo recati per saperne di più. “Al contrario dei cani da salvataggio, che necessariamente devono essere robusti, qui non è tanto importante la razza o la taglia, quanto la capacità del cane di apprendere e l’interattività con il conduttore – spiega Enrico Silingardi, figura storica del volontariato milanese, per anni attivo nel Corpo Volontari Protezione Civile e ora responsabile della squadra R.R.U., incarico che ovviamente svolge con i suoi inseparabili labrador Cindy e Lola – Se pensiamo che in media la superficie della mucosa olfattiva di un cane è di circa 150 cm quadrati, mentre quella di un uomo adulto è di solo 5, è facile intuire quanto un cane ben addestrato possa essere un prezioso aiuto per l’attività investigativa”. La squadra R.R.U. di Milano, esperienza per ora unica in Italia, è già intervenuta in

“L’attività di ricerca svolta da un cane – racconta Silingardi - si configura come una battuta di caccia alla quale concorrono il capobranco (il conduttore) e il gregario (il cane). Ovviamente da parte del conduttore è necessaria una grande capacità di lettura del linguaggio del corpo del proprio cane, per cui occorre uno specifico addestramento non solo per il cane ma anche per il suo padrone. Il cane da

solo, infatti, non può risolvere tutti i problemi: occorre grande collaborazione e comunicazione tra tutti i reparti di investigazione”. Veniamo invitati ad assistere all’addestramento: il campo di allenamento è enorme, ma i cani con una sicurezza e velocità sbalorditive individuano, senza alcuna indicazione da parte dei conduttori, la traccia biologica (generalmente carne di maiale o denti) nascosta nel terreno. Questi segugi sono in grado addirittura di percepire una goccia di sangue in un raggio di 500 mq: il cane, quindi, è meglio del Luminol? “Credo che l’intervento di un’unità cinofila dovrebbe essere previsto prima del Luminol, sostanza efficace ma che compromette irrimediabilmente la scena – risponde Silingardi – Più in generale, noi siamo convinti che i cani potrebbero essere coinvolti dalle forze dell’ordine con maggior frequenza nel corso di un sopralluogo: in altre nazioni europee come Inghilterra e Olanda, infatti, i cani da cadavere vengono impiegati con regolarità, mentre qui in Italia ci vorrà ancora qualche anno prima che si instauri una cultura di questo tipo”. Chiediamo infine a Silingardi di soddisfare una nostra, ultima curiosità: i cani da cadavere sono mai stati rappresentati anche all’interno di un romanzo giallo? “Oltre ai cani eroici in stile commissario Rex proposti più volte da fiction, cinema e letteratura, nello specifico qualche scrittore ha anche descritto i cani da cadavere: mi vengono in mente, ad esempio, Viaggio fatale di Kathy Reichs o Ossa di Jan Burke, oltre ovviamente La mano sinistra del diavolo di Paolo Roversi”. E, se oltre al giallo i cani sono la vostra passione, sappiate che la squadra R.R.U. andrà a breve a completarsi con un paio di nuovi innesti: se qualche lettore quindi avesse voglia di proporsi col proprio cane può farsi avanti, sono ovviamente necessari un po’ di tempo per l’addestramento, serietà e disponibilità agli spostamenti in caso di inter-vento. Fabio Spaterna


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E allora liberiamoli tutti! MilanoNera ha instaurato una proficua collaborazione con i bookcrosser

Correva l’anno 2001 quando un giovane programmatore americano (Ron Hornbaker) decise di creare un data-base dei libri “liberati” nel mondo. A ispirarlo fu l’iniziativa “where’s George?” che si riprometteva di rintracciare tramite il numero seriale le banconote da 1$ (quelle con l’effige di George Washington, appunto) in giro per il mondo. Considerando che i libri non possiedono un numero di serie che identifichi univocamente la singola copia, Ron ha ideato un codice (il Book Crossing IDentification number) che viene rilasciato dal sito www.bookcrossing.com. Il BCID permette di accedere alla pagina on-line del libro, dove si possono scrivere commenti, impressioni, pensieri o altro. Una specie di “messaggio nella bottiglia” da lasciare poi alla “deriva” nell’oceano della città. Chi lo ritrova, grazie al codice apposto su quella copia e all’etichetta esplicativa o alle due righe che spesso l’accompagnano, può accedere alla pagina on-line del libro e arricchirla con un suo messaggio, continuando la sua storia e creando un legame virtuale anche con tutti quelli che l’hanno incontrato e letto in precedenza.

Dal 2001 a oggi il Bookcrossing è cresciuto in modo esponenziale, coinvolgendo nei paesi di tutto il mondo persone d’ogni genere, tutte unite dalla passione per la lettura e dalla voglia di condividere ciò che viene letto, affidandosi per la scelta del nuovo lettore al destino e al proprio spirito d’avventura. A oggi sono iscritti al sito www.bookcrossing.com (l’unico che può rilasciare i codici BCID) quasi 726.000 persone (oltre 22.000 in Italia) che hanno liberato, insieme e in tutto il mondo, più di 5 milioni di libri. Con la crescita della comunità virtuale è sorto il desiderio di conoscersi, di incontrarsi e frequentarsi anche nel mondo reale, per condividere esperienze e sensazioni legate al mondo dei libri, della lettura e delle liberazioni. Per questo sono stati istituiti dei “ritrovi” mensili che si svolgono il secondo martedì del mese in tutto il mondo. Ritrovi che hanno rafforzato il concetto di comunità

e che servono a rendersi conto che attorno all’oggetto libro, nonostante tutto, c’è fermento e la lettura è uno “sport” alacremente praticato, a dispetto dei sondaggi. E il desiderio di “condividere” quello che si è letto è tale che spesso si acquistano più copie di uno stesso libro (con infinita gioia di autori ed editori), vuoi per non liberarsi della “propria” copia, con i suoi profumi, i suoi segni, i suoi ricordi; vuoi per lasciare traccia tangibile del passaggio di un bookcrosser a un particolare evento, in un particolare giorno o ricorrenza, in un preciso luogo... Se vi capitasse di partecipare a un ritrovo e chiedeste agli astanti perché “liberano” i propri libri, molto probabilmente non ricevereste due risposte uguali, perché non c’è alcun precetto, non c’è alcuna regola, ognuno pratica il bookcrossing come meglio crede e per il motivo che più gli aggrada, non c’è un modo giusto o un modo sbagliato per fare bookcrossing. Tutto ciò appare evidente se si osserva il sito italiano dedicato al bookcrossing, consultabile online all’indirizzo web www. bookcrossing-italy.com e il forum a esso collegato. Per esempio io lo faccio perchè sono convinto che il sapere, il conoscere rende liberi e quindi cerco di liberare il sapere, in modo che possa essere condiviso, divulgato. Perché sono convinto che un libro può cambiare una persona e le persone possono cambiare il mondo. Inoltre penso a quegli autori che vivono in paesi nei quali non c’è la libertà di parola: l’unico mezzo che hanno per divulgare il loro pensiero è tramite la letteratura. Leggere un libro è dare voce alle loro parole. Tenere il loro libro chiuso in uno scaffale equivale a imprigionare il loro pensiero, vuol dire riuscire dove hanno fallito le torture, le persecuzioni, le censure... In fin dei conti il libro è uno strumento di comunicazione, che deve essere letto per comunicare il proprio messaggio, ma se lo teniamo rinchiuso in mezzo ad altri libri nella libreria di casa, che messaggio trasmette? A chi poi? Liberandoli permettiamo loro di assolvere al loro compito. Forse sono un inguaribile

romantico, forse un idealista, o forse sono solo uno che non ha di meglio da fare... forse. Ma che lo si faccia per un motivo o per un altro, non è importante. L’importante è liberare i libri, “partecipare” al bookcrossing. Se poi a partecipare siamo in tanti, ancora meglio. E a quanto pare, siamo in tanti davvero e ognuno alla sua maniera e col suo entusiasmo, con la sua personalità, ognuno mette un po’ di se stesso quando e in ciò che libera. Spesso ci si chiede se è giusto liberare i libri che non ci sono piaciuti, ma io penso che sia giustissimo, poiché non essendo tutti uguali, quello che non è piaciuto a me può essere bellissimo per altri e viceversa. Andrea Zannini

ipse dixit

Il mondo narrativo di Daniel Pennac “In un romanzo i personaggi non devono limitarsi solo alle loro funzioni: un bandito non può essere solo un bandito e un poliziotto non può essere solo un poliziotto. Un personaggio, anche se compare per appena due righe, deve apparire al lettore in tutta la sua complessità.” di Luca Crovi


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La lancia del destino Arnaud Delalande NORD, p. 342, € 16.60 Un appostamento strategico che domina gli scavi, silenziose raffiche di colpi che vanno a segno, l’ultimo a distanza ravvicinata in fronte a chi si era attardato a studiare lo strano affresco nella grotta: pochi minuti, gesti precisi e misurati, e della squadra di archeologi mandati a Megiddo dal Vaticano non resta che un superstite in fuga... Chi è tanto interessato agli scavi di Megiddo e a quello che hanno portato alla luce da eli-

Le segrete viE del Maestrale Nicola Verde Hobby & Work p. 313, €17.50 La bella e colta prefazione di Ben Pastor ci introduce in un autentico affresco narrativo tribale, punteggiato da delitti. Sardegna 1970. La memoria ricorrente di azioni passate suscita ancora fremiti di rimpianto. Terra assetata con la sua erba rada, sfinita dalle pecore, dove si rischia d’inalare germi di bandito. Universo maschile con il suo contraltare femminile che tira le fila.

Novembre 2008 minare l’intera squadra? Quale obiettivo non poteva essere soddisfatto da un semplice furto? La lancia del destino appare inizialmente come un thriller storico-archeologico che porta il lettore da Megiddo a Roma, dalla cripta di San Pietro ai souk del Cairo, fino alla Biblioteca d’Alessandria e al Monastero di Santa Caterina, ai piedi del Sinai, a caccia degli assassini e dei loro mandanti. A fargli da guida è Judith Guillemarche, studiosa di storia del Cristianesimo e consulente del Vaticano, che si trova a ricostruire il percorso della Lancia nei secoli, il suo significato e la

magia esercitata su atei e credenti, in un momento molto particolare e drammatico della sua vita. In realtà, oltre alle indagini storiche che cercano di scoprire se la Lancia di Megiddo è davvero quella che trafisse il costato del Cristo crocefisso, oltre alle corse nel deserto per impedire a una fantomatica setta denominata Axus Mundi di perseguire il suo inquietante e osceno obiettivo, il romanzo svela un interrogativo etico quanto mai attuale, che ci coinvolge tutti, al di là di qualsiasi credo, fede o convinzione: ”Chi si può arrogare il diritto di rivoltare il genere umano

La rustica fierezza di un popolo che si ciba allo stesso modo di tradizioni, superstizione e sconvolgente brutalità. Cinque storie provocanti con odio, feticismo e vendetta che si mischiano in girotondo infernale di odori, sensazioni primordiali, umori ferini. Un inquietante XXV canto ancora da scrivere? Il male che consuma la Sardegna è l’ignoranza, afferma il maresciallo in pensione, Matteo Ricciu dal simbolico nome di un gesuita del ‘500, che sa farsi Virgilio per guidare il tondo collega napoletano Carmelo Dioguardi.

Bonela, paesino tutto casa e chiesa, afflitto da luci e ombre, con Nuoro che assurge a feticcio di tentazioni covo di vizio e piaceri proibiti. Una Sardegna con il presente che rappresenta solo il futuro del passato ma dove forse un giorno si potrà cambiare. Sarà Rai 2, l’inizio? Patrizia Debicke

19 come un calzino?”. E si finisce completamente catturati da un libro che ha uno stile più adatto a un saggio che a un thriller, con personaggi che non riescono a diventare eroi, solo per scoprire se davvero anche l’ultimo limite etico è stato superato. Ma dove finisce la realtà e inizia la fantasia? Cristina Zannini


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In difesa di “M-Rivista del mistero” Salve a tutti. È appena uscito di stampa il nuovo numero di M-Rivista del Mistero, il mystery magazine italiano con nove anni di attività alle spalle. Questo numero, per fattori indipendenti dalla nostra volontà, potrebbe essere l’ul-timo. E in Italia non esisterebbe più una pubblicazione come questa, che tratta di noir, thriller, horror e fantastico con forte dosi di narrativa ad alto livello. Qualche nome: Jeffery Deaver, Douglas Preston, Joe R. Lansdale, Stuart M. Kaminsky e molti altri... compresi autori italiani che hanno esordito proprio su queste pagine. L’unica possibilità di continuare a realizzare M allo stesso prezzo è localizzare i suoi lettori – quelli che lo comprano abitualmente in libreria e quelli che ancora, strano a dirsi, non sanno della sua esistenza – e invitarli ad abbonarsi. Per conoscere meglio M: www.myspace.com/mrivistadelmistero www.alacranedizioni.it/pages/m Dall’editoriale di M-Rivista del Mistero nuova serie n.7 “Il nostro è un mestiere in cui bisogna aspettarsi l’inaspettato. Per esempio, che una rivista di un certo successo di critica e di pubblico debba fare i conti con fattori indipendenti dalla qualità dal prodotto, come costo della vita e recessione mondiale. Per molte riviste la soluzione più semplice sarebbe quella di chiudere. Ma quando una pubblicazione è giunta al

Polvere siete Renzo Mosca Robin p. 144, € 9.00 In una Brescia fredda e ostile il commissario Leali indaga su un traffico di droga che miete vittime come mosche. Aiutato da una donna magistrato, da un collega in pensione e, indirettamente, da un vecchio professore, l’eroe si scontra con la dura verità, rimettendoci in prima persona. Renzo Mosca, autore per ragazzi alla prima incursione nel noir, si muove da veterano. Sa dosare intrighi, violenza e parentesi culinarie ormai tipi-

suo nono anno di esistenza ed è divenuta un piccolo ma importante punto di riferimento per un certo tipo di letteratura, la risposta è no. Il nuovo numero di M-Rivista del Mistero ora in stampa prelude tuttavia a una (temporanea) sospensione delle pubblicazioni e a un cambio di direzione: le variabili del mercato non permettono di continuare a mandare in libreria a un prezzo fisso ed economico ‘da rivista’ un prodotto con un adeguato numero di pagine, non inflazionato di pubblicità, privo di gadget, ricco di narrativa, saggi e illustrazioni e frutto di lunghe e laboriose ricerche. Per continuare allo stesso prezzo, la rivista dovrà essere realizzata esclusivamente su abbonamento e quindi contare sull’aiuto e la disponibilità

che del giallo nostrano. Il suo affresco corale vale più per la forza con cui rende la vitalità criminale di una città operaia che per la trama in sé. La ricetta è vincente, semmai, per la moltitudine di voci in gioco e per i dialoghi, credibili e al posto giusto. A pagare le conseguenze dell’impasto assortito è il protagonista, all’inizio troppo in disparte e poi deus ex machina. C’è spazio, in questa dialettica, soprattutto per i cattivi, che come da tradizione sono mostri senza nome, dai volti deturpati, secondo il concetto greco della kalokagathia. Al fianco di una mala priva di

dei lettori. Il vantaggio per voi e per noi: a 32 euro per sei numeri, la maggiore sicurezza di non perdere neppure un’uscita, cosa finora non facile data l’imprevedibilità della distribuzione in libreria. In questo momento però non ho la certezza matematica che tutti i lettori di M-Rivista del Mistero si convertiranno in fedeli abbonati e quindi non posso dare garanzie che la rivista continuerà a esistere come pubblicazione su carta. Ma, se siete tra questi potenziali abbonati o ri-abbonati, mandate per favore un’e-mail all’indirizzo cappi@alacranedizioni.it o scrivetemi presso la casa editrice e sarete tenuti al corrente sugli sviluppi della vicenda.” Grazie, Andrea Carlo Cappi

sfumature non mancano il grigio nell’ombra, la corruzione, la vendetta in agguato; ben riassunti da un finale hardboiled che si accomiata a suon di pallottole da un lettore che ha appagato. Matteo Di Giulio


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Taxi blues

Ferro e fuoco Omar di Monopoli ISBN edizioni p. 123, € 14.00 C’è il ferro delle armi e il fuoco degli incendi nel secondo romanzo di Omar Di Monopoli, già autore di Uomini e cani. Ma c’è anche una terra, il Gargano, messa a ferro e fuoco dalla criminalità che sfrutta poveri disgraziati sbarcati in Puglia dalle terre più disperate del mondo. C’è il turco Kazim, accusato di avere ucciso a botte Mariehla, la donna del patròn, il temibile Pellicano. C’è Andrej, fratello-amico-innamorato della ragazza, in cerca di vendetta. C’è Palla di biliardo con lo scagnozzo Ermanno. C’è il vecchio nigeriano, i polacchi che non parlano e tutta un’umanità affamata e senza speranza mandata nei campi a raccogliere pomodori sotto il

Racconti di una scrittrice taxista

cocente sole pugliese. Bella l’idea di usare un dialetto così poco conosciuto ma anche così comprensibile, come una sorta di Camilleri ma un po’ più a nord. Discutibile invece la letterarietà che trasuda da pagine che potrebbero tranquillamente apparire nelle pagine di cronaca nera di un quotidiano. “La vegetazione fronzuta che ne abbracciava i margini pareva sospesa sopra lo stagno di luce rossa che sgorgava da un sole prossimo al commiato”. Il contrasto stona, non arricchisce. In un mondo così tragico non c’è bisogno di belle parole. Silvia Cravotta

Nessun sospetto Andrew Klavan Longanesi p. 244, € 16.00 Klavan: intrigante, sottile, scorrevole. Un noir psicologico di gran classe. Cal Bradley, psichiatra residente nella Grande Mela, è un uomo fortunato, soprattutto in amore. Sua moglie Marie, dopo quindici anni di matrimonio, nutre la stessa passione di sempre e gli ha regalato tre figli che accudisce con devozione. L’unico difetto della consorte è la scarsa raffinatezza e cultura, fattore che induce Cal, anche su consiglio dell’amata sorella Mina, a tornare ad Higbury, nel New England, dove è cresciuto, piuttosto che tentare di affermarsi a New York. Cal e la sua famiglia si integrano facilmente nella nuova realtà fino a quando il giovane Peter

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Blue, in cura presso il protagonista della vicenda, sconvolgerà le loro esi-stenze. Analizzando il giovane “in grado di sentire Dio”, Bradley avrà modo di guardare in faccia la sua realtà personale, osservando sia Marie sia gli abitanti di Higbury sotto una diversa e ben più inquietante angolazione. C’è un po’ de I peccati di Peyton Place e un po’ de Il buio oltre la siepe in questo nuovo lavoro di Klavan, di cui ricordiamo Prima di mezzanotte e Non dire una parola. Un romanzo-confessione scritto in prima persona, intrigante e ben condotto da un professionista che maneggia con disinvoltura la materia psicologica. Massimo Rainer

di Raffaella Piccinni Natale è una lente d’ingrandimento, le emozioni si amplificano, i bambini sono felici, chi è solo si sente ancora più solo: i suicidi aumentano durante le feste. Dietro il finestrino del mio taxi la città scintilla di vetrine illuminate, la gente si muove in transumanza verso orge alimentari, i barboni accucciati lungo gli angoli della Stazione sembrano parte delle decorazioni luminose allestite dal Comune: vengono rimossi quando si spengono, come quello trovato morto, ricoperto di brina, pareva un Babbo Natale di zucchero. Natale è una fuga dall’angoscia, anche se il cielo è una lastra d’asfalto con quattro sputi simile a stelle, nella mia mente c’è l’idea di fiocchi che svolazzano come falene sotto i lampioni, le vetrine non vendono semplici oggetti ma fette di felicità. Sento un suono di campanelli e di canzoni tradizionali, non vengono dalla mia immaginazione ma dagli altoparlanti di un centro commerciale. Babbo Natale esce di corsa dalle porte scorrevoli, si fionda sul mio sedile posteriore come se precipitasse in un camino, non mi dà neppure il tempo di chiedergli dove debba portarlo, “Parti”, mi urla. C’è qualcosa che non va in questo Babbo Natale. Santa Claus dovrebbe avere le renne non un mitraglietta Skorpion. Parto sgommando. È trafelato, vestito in rosso, la folta barba finta gli copre il volto, dal sacco dei doni affiorano dei soldi. “Gira a destra - mi dice – fermati

qui, non spegnere il motore”. Un secondo Babbo Natale, alto e magro, ci raggiunge correndo, la pistola inserita nella cintura ha lo stesso colore metallico della grossa fibbia quadrata, in una mano stringe il sacco di iuta, con l’altra si tiene il capello rosso, simile ad una lunga cuffia da notte incollata alla parrucca bianca. Ha il fiatone, l’abito rosso è troppo largo per il suo corpo sottile e spaventato. “Vai”, mi dice l’altro. Passiamo a prendere il terzo Babbo Natale, non ha bisogno del finto pancione imbottito, è troppo grasso per correre, se la prende comoda, passeggia lento con il fucile in spalla, neanche fosse a caccia di pernici. “Ma che stronzo”, commenta il babbo smilzo. “Se corri attiri l’attenzione”, gli risponde. Gli occhi sorridono sotto la folta barba sintetica, è orgoglioso del suo colpo perfetto. Le telecamere di sicurezza hanno ripreso Babbo Natale che svaligiava il ricco incasso della Vigilia, l’identità nascosta sotto la tradizione. Esistono cose che ti aspetti di trovare al proprio posto, i pesci in un acquario, il treno sui binari, o un taxi lungo le vie della città, la maschera migliore che si possa indossare è la forma del consueto, per darsi alla fuga ha scelto il taxi, un’uniforme ordinaria come quella di Babbo Natale la sera della Vigilia. Prima di scendere uno dei tre “Santana Claus” mi allunga una banconota: “Buon Natale, tassista”.


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La specialità della casa e altri racconti Stanley Ellin Feltrinelli, p. 198, € 8.00 Sì, in fondo sì. È come andare al ristorante. I racconti di Ellin sono come piatti. Le porzioni non troppo abbondanti, ma d’altra parte non lo sono mai. Eppure non ha senso lamentarsi se comunque si è ben sazi. E anche per quanto riguarda i condimenti. In una cucina di un certo livello non sono mai eccessivi, mai un sapore prevale su qualcos’altro.

LA SOCIETÀ DEL SAPERE Ferruccio Pinotti Rizzoli, p. 231, € 18.00 Una scuola d’èlite che dovrebbe preparare la futura classe dirigente mondiale. Una serie inspiegabile di suicidi tra gli studenti. Uno psichiatra, residente negli Stati Uniti, richiamato in patria dalla Procura della Repubblica affinché faccia chiarezza. Sono questi gli ingredienti del romanzo-inchiesta di Ferruccio Pinotti, uno dei più validi giornalisti investigativi attualmente in circolazione.

Tarantola Thierry Jonquet Einaudi Stile Libero p. 146, € 11.80 Richard, un famoso chirurgo plastico, ha una donna bellissima, ma nessuno sembra sapere che in realtà Eve sia sua prigioniera e sua schiava. Di tanto in tanto infatti Eve è costretta a prostituirsi sotto gli occhi carichi di odio dello stesso Richard che la vende a orribili individui. Alex Barny è un ladro di polli che per fare il colpo grosso ha rapinato una banca. Il colpo è andato storto, Alex ha ucciso

Novembre 2008 Lo sanno tutti che il vero segreto della cucina è la perfetta alchimia dei sapori. E lo sapeva anche Ellin. Che sia una cena, che sia la storia di un impiegato, che sia un incidente simulato, un lavoro un po’ strano, una scacchiera o una scommessa, in ciascuna pietanza del libro c’è una piccola differenza che la rende unica. Quasi perfetta. Quasi fosse la distanza tra i rebbi della forchetta. Indispensabile, essenziale. Avrebbe senso averne meno, di rebbi? Avrebbe senso avere forchette a forma di cucchiaio? Non credo. Non bisogna “confondere le parole gourmet e gourmand. Il secondo, dopo aver mangiato a crepapelle

ha bisogno di una sempre più vasta esperienza per eccitare i propri sensi ormai sazi, ma la vera natura del gourmet è la semplicità”. Ecco come la vedrebbe Ellin se vi invitasse a cena. Matteo Liuzzi

Fabrizio Corsini, lo psichiatra protagonista della vicenda, si trova ad indagare i misteriosi fatti avvenuti all’interno della Scuola di Alti Studi Europei, nelle colline toscane. Una guerra sociale organizzata allo scopo di far proseguire negli studi solo i più forti, i più spregiudicati, gli unici in grado, un domani, di prendere in mano le redini del capitalismo mondiale. Gli altri meglio perderli per strada, eliminarli o, meglio ancora, fare in modo che si eliminino da soli. Ottimo romanzo, scorrevole avvincente. Racconta fatti e personaggi verosimili, che ricorda-

no storie che hanno occupato le pagine dei nostri giornali. Se poi si pensa a chi è l’autore, il dubbio su dove finisca la fantasia e inizi la vera inchiesta sorge automatico, rendendo la lettura ancora più accattivante. Valentina Magrin

un poliziotto e ora è braccato e ferito, nascosto in un bosco alla periferia di Parigi. Vincent una notte è uscito a fare un giro in moto e da allora nessuno ha più sue notizie. Sono passati ormai quattro anni e tutti lo danno per disperso. Il sottile filo narrativo che l’autore tende raccorda e imprigiona ciascuna vicenda in una tela di ragno che ha il pregio di catturare anche l’occhio del lettore rendendolo spettatore privilegiato di una storia nerissima e spietata, che punta l’obbiettivo sulla reale essenza del male. Il male in tutte le sue sfaccettature e declinato secondo le

personalità dei vari soggetti è infatti il protagonista assoluto del romanzo. Il bene apparirà solo alla fine, ma non nella sua veste salvifica tradizionale, sarà piuttosto una sbiadita forma di rassegnazione dal sapore amaro della sconfitta. Un romanzo breve, veloce e tagliente come la lama di un bisturi maneggiata da un chirurgo sapiente ed estremamente abile. Andrea Ferrari

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Il luogo più oscuro Daniel Judson Fanucci editore p. 356, € 17.50 “Acqua: composto di idrogeno e ossigeno... costituente fondamentale degli organismi, in condizioni ordinarie è un liquido trasparente, inodore, insapore e incolore, azzurrognolo se in grandi masse...” (tratto da Digita Garzanti). Grazie al bel lavoro di Judson, questa definizione andrebbe integrata con: “...in condizioni particolari può essere utilizzata come strumento di tortura e morte”.

LA RAGAZZA CHE VIENE DAL PASSATO Simone van der Vlugt Kowalski, p. 344, € 16.00 “Non so come funzioni davvero la memoria. Un giorno ti tradisce, e il momento dopo ti mette di fronte a qualcosa che preferiresti dimenticare”. A chi la memoria non ha giocato brutti scherzi? Nel caso di Sabine si tratta, però, di qualcosa di più grave. La sua mente, infatti, ha fatto tabula rasa dei tragici avvenimenti di un lontano giorno di maggio, quando la sua amica Isabel è misteriosamente scomparsa.

Novembre 2008 È l’acqua la vera protagonista del libro, fonte di vita che nelle mani dell’autore si trasforma in uno strumento di paura, tortura e morte. È nell’acqua gelida delle baie di Long Island che il serial killer fa ritrovare i corpi delle sue giovani vittime che non presentano mai segni di colluttazione, traumi o altro da far pensare ad una morte violenta. Per questo tutti pensano a degli incidenti o suicidi, finché il killer non decide di accelerare i tempi e un investigatore privato inizia ad indagare, scoprendo che le morti apparentemente scollegate sono in realtà

il frutto di un piano criminale ben congegnato. È bravissimo Judson a tessere la sua tela di personaggi, a prenderti per mano e guidarti nell’universo di disperazione e autolesionismo dell’alcolista prof. Kane, a farti apprezzare l’anti eroe romantico che non desidera altro se non lasciarsi andare, incasinandosi la vita con sonore sbronze e relazioni improbabili, pur di non pensare al dolore causato dalla morte dell’unico figlio annegato 4 anni prima. È da questo modo di vivere decadente che l’amico Mercer cerca in tutti i modi di tirarlo furi.

Da allora sono passati nove anni e Sabine si è tra ferita in città, ad Amsterdam, dove cerca di condurre una vita normale. In realtà il passato non sembra darle tregua, tanto che per oltre un anno soffre di una grave crisi depressiva. Quando sembra finalmente riprendersi, ecco che i ricordi cominciano a riaffiorare ed insieme ad essi gli incubi. Simone van der Vlugt costruisce tutto il suo thriller, La ragazza che viene dal passato, sul complesso meccanismo della rimozione, che il nostro cervello mette in atto per proteggersi nel caso in cui subisca un grave choc e il ricordo diventi trop-

po doloroso. In un crescendo narrativo che tiene incollati alle pagine, la scrittrice arriva a squarciare il velo grigio che copre la memoria di Sabine per far emergere la sconvolgente verità. Benedetta Giorgi Pompilio

23 Ma quando la polizia inizia ad indagare, troppi indizi portano a Kane, il quale si trova suo malgrado coinvolto in una storia di annegamenti, incidenti e suicidi che continuano a ricordargli la tragedia personale e a spingerlo sempre più giù nell’abisso. Un abisso ghiacciato fatto di panico, impotenza, dolore e acqua che rischiano di portarlo all’autodistruzione. Ma con un susseguirsi di colpi di scena con pestaggi, combattimenti corpo a corpo e patti col diavolo, il finale è tutt’altro che scontato. Andrea Zannini


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DUE COLONNE TAGLIO BASSO Federica Sgaggio Sironi, p. 315, € 16,00 Chi non ha mai lavorato in una redazione, non potrebbe capire i meccanismi di questo microcosmo. Ma Federica Sgaggio é una giornalista e la sua esperienza decennale le permette di descrivere la vita, le gelosie tra colleghi, grandezze e miserie dell’ambiente giornalistico. E per lo più riesce a farlo bene, con elegante sagacia. In Due colonne taglio basso, il suo primo romanzo, la ricchez-

Il gioco della tarantola John T. Parker Kowalski, p. 280, € 13.00 Che dietro alle tendine inamidate delle tranquille casette della provincia americana si nascondano turpi segreti è noto, ma cosa può essere accaduto a Rosalie Wilson e a suo marito il 25 maggio del 1978 per innescare, poco meno di 23 anni dopo, la serie di eventi esilaranti narrati in questo libro? Al centro del racconto l’evasione di un pericoloso criminale, omicida per amor patrio di sessantaquattro vecchiette allo

Il brigante Di Robert Walser Adelphi, p. 179, € 17.00 Se non conoscete la vita di Robert Walser, l’impressione che trarrete da questo romanzo, Il brigante, ispirato ai Masnadieri di Friedrich Schiller e il particolare al protagonista, Karl Moor, è che lo scrittore non ci stava tanto con la testa. Se conoscete la biografia di Walser sapete che lo scrittore, appunto, non ci stava tanto con la testa. Anzi, ci stava così poco che, dopo essersi volontariamente ricoverato in manico-

Novembre 2008 za dell’intreccio é confermata dalla raffinata capacità di far muovere i personaggi, dalla particolareggiata inquadratura dei loro umori, dalla ricercata descrizione dei segreti della vita di provincia. Il romanzo é, per stessa ammissione della Sgaggio, “un intreccio un po’ giallo, un po’ noir e un po’ anche rosa”, perché gli eventi successivi all’omicidio del vice caporedattore della Gazzetta del Mattino scatenano amori impossibili, complotti e vicende di un’immaginaria realtà di provincia. Un’ottima prova per una giornalista abituata a contare le ri-

ghe e valutare le notizie più appetibili, a tagliare e a far salire un titolo. Un’ottima prova per chi, “dopo anni in cui pensavo che non sarei mai stata in grado di fare un giretto fuori dalla realtà con le mie parole, di scrivere un dialogo o di creare un personaggio, una mattina mi é sembrato improvvisamente possibile, o forse perfino necessario”. Francesca Colletti

scopo di alleggerire il sistema sanitario americano, e l’atipico rapimento dei coniugi Wilson. Attorno la parodia di una società annoiata in cui i media la fanno da padroni. Il tono è leggero e la scrittura beffarda, ma la critica ai miti della società americana resta comunque implacabile. Poliziotti superspecializzati, psichiatri da due soldi, produttori musicali, politici e giornalisti, donne e uomini in egual misura, giovani e vecchi, nessuno esce illeso da questo gioco al massacro. Sono però costretta a segnalare un paio di pecche: la prima è una certa ripetitività che finisce per

annoiare un po’, la seconda la prevedibilità di alcune soluzioni narrative. Ma soprattutto attenzione: non avrete mai avuto tanta voglia nella vostra vita di bere un Martini! Sarah Sajetti

mio nel 1929, non ne volle più uscire, benchè, a parte l’ira frequente, per molti anni non diede alcun segno di follia e benché i suoi estimatori, tra i quali il tutore, Carl Seelig (autore di Passeggiate con Robert Walser, Adelphi), tentassero di persuaderlo. Di che cosa dunque parla Walser in questo romanzo scritto nel 1925, apparso nel 1972 e ristampato ora, e di cui il Nobel sudafricano John Maxwell Coetzee ha scritto: “se fosse stato pubblicato nel 1926 avrebbe mutato il corso della moderna letteratura tedesca”? Impossibile raccontarlo. O meglio. In fon-

do la storia è banale: le peripezie sentimentali e umane di un giovanotto, definito “il brigante” ma che del brigante non ha proprio nulla e forse è soltanto l’alter ego dello scrittore svizzero che però, a sua volta, gioca a immischiarsi nel testo. Di fatti ce ne sono pochi: “il brigante” pasticcia con le donne (Walser è un insanabile misogino) e a volte sogna di essere donna e soprattutto di essere dominato. Alla fine Edith, una cameriera da lui amata, gli spara durante un improbabile sermone da lui condotto in chiesa. Per arrivare allo sparo Walser impiega 170

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pagine circa di giochi di parole, allusioni, aforismi, riferimenti letterari e storici. Una sfida all’intelligenza del lettore. Insomma, ci vuole testa per star dietro allo svitato “passeggiatore” di Biel (Walser adorava camminare). Valeria Palumbo


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I like it

IL DELITTO PASOLINI Gianluca Maconi Becco Giallo p. 96, €14.00 Cinque Novembre 1975. Nel giorno dei funerali di Pier Paolo Pasolini, un Alberto Moravia indignato dice: “Abbiamo perso prima di tutto un poeta [...] le tragiche vicende angoscianti della sua morte sono l’immagine di un paese da modificare in profondità”. Nel 1998 un sito dedicato alla figura dello scrittore inoltra una petizione al Comune di Roma: “così un paese civile ricorda i propri poeti”? Nel 2008, a ricordarlo con poesia, la stessa che si deve ad un grande, è Gianluca Maconi, illustratore friulano, con Il delitto Pasolini. Seconda ristampa del fumetto edito da Becco Giallo nella collana Cronaca storica, Il delitto Pasolini, mostra un ritratto umano e intenso del poeta. Oltre duecento tavole accurate, evocative, in

Libri che mi piacciono per motivi assolutamente personali

un bianco e nero che risalta la luttuosa tragicità della vicenda. L’ultima malinconica cena con l’amico Ninetto Davoli, quella con Pino Pelosi prima di morire, l’intervista con Furio Colombo, che nella prefazione al libro, afferma che “molto di quegli anni c’è in questo fumetto”. Vero, e c’è molto del poeta: i suoi quadri, i suoi appunti per un film sull’India, la consapevolezza della sua scomodità e della sua imminente fine. Intenso e profondo omaggio all’ultimo dei poeti. Francesca Colletti

Lo slogan per lanciare questo libro potrebbe gridare al mondo che Jane Austen “non sbaglia un colpo” oppure che “è tornata in pista” grazie a nuove inedite storie ma ogni parola non basterebbe a darci la misura di ciò essa stessa ha scatenato presso i posteri. Una delle scrittrici più vitali, ancora oggi a centonovantuno anni dalla sua morte, con soli sei romanzi all’attivo, la Austen è stata capace di ispirare decine di imitatori, seguaci, discendenti, successori, eredi, innamorati della sua prosa e dei

di Paolo Roversi Un’antologia noir americana, due racconti gialli ambientati in epoca fascista, la monumentale biografia di un poeta etilico, la notte poetica ed etilica di un altro; le lezioni di Biancardi su come diventare intellettuali... Ecco i cinque consigli di I like it.

Dylan Thomas Ferris Paul Mattioli 1885 € 22.00

Washington noir AA.VV. ALET € 13.50

Una monumentale biografia che si legge, davvero, come un romanzo. Quindici capitoli sul poeta che viveva d’astuzia e birra. E scusate se è poco.

George Pelecanos, uno dei maestri del thriller americano, è il curatore di questa bella antologia che ci porta sulle strade della capitale USA. Terzo volume dell’interessante collana Alet noir, dopo Londra e Los Angeles, anche questa nuova raccolta si colloca fra le migliori letture per chi ama i racconti di genere che vi portano, e questa volta senza eufemismi, davvero sul luogo del delitto.

Una notte niente male Charles Bukowski Guanda € 16.50

JANE E LA DISGRAZIA DI LADY SCARGRAVE Stephanie Barron TEA, p. 316, € 10.00 A quasi duecento anni dalla sua morte, Jane Austen ci sorprende ancora grazie ad autori come Stephanie Barron che ha creato una saga in cui la scrittrice inglese diventa addirittura... detective... ovviamente in stile regency!

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suoi personaggi. L’americana Stephanie Barron è giunta al nono romanzo dei Jane Austen Mysteries, saga di romanzi in cui l’autrice di Orgoglio e pregiudizio, sempre contesa tra merletti e fumanti tazze di tè, indaga per risolvere enigmi e misteri in cui sono incappati parenti e amici. In Italia la saga debutta con Jane e la disgrazia di Lady Scargrave (TEA) che inizia nel dicembre del 1802 quando Jane (Austen) giunge a Scargrave Manor ospite della sua amica Lady Isobel Payne, contessa di Scargrave. Subito il conte, colto da malore, muore e, di lì a poco, giunge una misteriosa lettera che accusa Isobel di adulterio. Tocca a Jane svelare l’arcano e salvare l’amica dallo scandalo. Federica Marchetti

Grazie all’editore Guanda che continua a regalarci, dopo tanto sciacallaggio, queste bellissime antologie del vecchio Buk che sono davvero delle boccate d’aria fresca in questa notte buia. Da leggere e regalare.

Non leggete I libri, fateveli raccontare Luciano Bianciardi Stampa Alternativa € 9.00 Una serie di consigli ironici, disincantati, amari e graffianti, per aiutare un giovane a diventare un intellettuale. Non saranno necessarie, spiega Bianciardi nell’introduzione, particolari doti di talento, anzi quanto più mediocre sarà il giovane, tanto più velocemente potrà raggiungere il successo. Sembra che parli di quelli che vediamo in TV ma non è così: i testi sono del 1966.

La balena nel cielo Luca Masali Sironi € 14.00 Masali è un bravo scrittore che ci racconta con stile pulito e tagliente ironia l’epoca fascista. Il suo protagonista, il pilota Matteo Campini, già incontrato nei suoi romanzi precedenti, questa volta dovrà vedersela con due indagini: una ambientata al Polo Nord, l’altra sul lago di Garda, a Desenzano, dove fra i protagonisti non poteva certo mancare D’Annunzio...


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Recensioni in bianco Il white side di MilanoNera

Cara Cronica... a cura di Edoardo Montolli Aliberti 2008 C’è quello che spedisce la carta d’identità in fotocopia, senza aggiungere altro, se non una postilla in pennarello rosa: “Non pubblicate il mio nome perché qui c’è la maffia”. C’è l’“Italiano di 62 anni celibe, malato, protestante luterano e politicamente di destra, nazionalista e socialista” che “corrisponderebbe scopo amicizia in lingua italiana con donna tedesca o austriaca o tedesca sudtirolese”. C’è quello coi dubbi: “Sono un vostro Elettore, tutte le settimane compero la Cronica vera; da molte settimane è venuto meno il foglio che vi erano oggetti di peni sessuali, pene di vario tipo, la campana con la polpetta di sviluppare il pene, la confezione della pinnola per rendere più duro il pene… come si spiega questa faccenda?” E c’è persino il serial killer “della tivù”, Donato Bilancia, che scrive dal carcere di Padova e si dichiara “disposto ad offrire a questa persona la somma di £. 500.000 mensili se sarà disponibile a rendermi visita una volta la mese”. E poi si sente in dovere di precisare: “Quest’insolita richiesta è dovuta alla figura che i media hanno fatto voler credere, e che mi ha determinato un totale abbandono da parte di tutti.” Queste sono solo alcune delle centinaia di lettere che Cronaca Vera, il settimanale più letto e vituperato d’Italia, riceve ogni giorno. Per la precisione: ventimila lettere l’anno. Quasi duemila al mese. Cinquecento la settimana. Cento al giorno. Raccolte e selezionate a mo’ di reliquia da Edoardo Montolli, stratosferico giallista prestato alla cronaca border e al reportage d’assalto. Chi scrive non ha probabilmente mai scritto prima una lettera, non ha mai partecipato alla vita civile, non ha mai letto di sicuro un libro. E allora perché? Per-

ché prendersi la briga di recuperare carta e penna, sforzare le meningi per sputare pensieri complessi e faticosi? O magari annotare pensieri e parole su assurdi fatti di cronaca e poi spedirli al direttore del giornale. Montolli l’illuminazione l’ha avuta dopo dieci anni di frequentazione della redazione di Cronaca Vera: “Scriveva, ognuno degli scriventi, con una ragione ben precisa. Dimenticati dal resto del mondo, era quello il modo di attestare un solo fatto: l’esistere. E la risposta, anche in forma privata, della redazione, costituiva il timbro, il nullaosta per continuare a sentirsi presenti: si certifica che per noi, almeno per noi, lei è vivo.” Questo libro svela un’Italia sommersa, dimenticata. È un libro che s’inizia a leggere ammazzandosi dalle risate e si chiude con un groppo in gola. È un libro fondamentale. Simone Sarasso

La più bella del mondo Lucrezia Lerro Bompiani p. 168, €. 14.50 Ricordo un assunto di Moravia. Diceva che ogni scrittore possiede una chiave che apre le porte della realtà: Dostoevskij l’omicidio, Proust lo snobismo, lui il sesso. Lucrezia Lerro il dolore. Detto così, potrebbe scoraggiarne la lettura: ma se si scalfisce questo strato grumoso di sofferenza, spalmato in ogni suo lavoro (dal feroce verismo di Certi giorni sono felice, 2006, alla favola oscura de Il rimedio perfetto, 2007, al nevrotico realismo de La più bella del mondo), si arriva alla sorgente della poesia. Ogni racconto oscilla tra denuncia e lirismo. E il suo sguardo (sempre femminile) sonda gli abissi del degrado umano con una sorta di febbre cèliniana, fino al cuore del Male della società. Fino a bruciare d’incanto e di furore. In questo

ultimo romanzo (che chiude un “trittico del disamore”) Elsa Allegri, ventenne emigrata dal sud priva di famiglia e sostegno economico, si ritrova a convivere con un ragazzo violento e cocainomane. Rimane in cinta. La decisione di abortire è immediata. Di qui, dalla prima pagina, inizia il lungo calvario che, dopo averla trascinata nelle profondità del buio, porterà Elsa alla luce della consapevolezza.

Luca Ottolenghi

L’inattesa piega degli eventi Enrico Brizzi Baldini, Castoldi e Dalai p.518, € 19.50 Italia, 1960. Ma mica come ve l’immaginate voi, con La dolce vita di Fellini al cinema e le dimissioni di Tambroni a Palazzo Chigi... Anzitutto, il Bel Paese è fascista. Il Duce ha vinto la guerra (non più “Seconda guerra Mondiale”, ma “la Nostra Guerra”), ha cacciato il vile invasor tedesco e ha rifilato un paio di mazzate persino alla Francia. L’Italia è un impero, con Eritrea, Etiopia e Somalia annesse. Il Duce non sta bene, manca poco che tiri la gambetta, e il popolo si divide al toto successore: lo spietato Pavolini o l’eroe nazionale Italo Balbo? Se il popolo si arrovella, di sicuro la questione impensierisce poco o niente Lorenzo Pellegrini (cognome, mutuato dalla recente passione di Brizzi per le lunghe passeggiate, immaginiamo), cronista sportivo del giornale “Stadio”, matto per il calcio e le belle sgnacchere. Proprio una di queste lo porterà alla perdizione: Lorenzo – sfacciato – prima la seduce, poi l’abbandona. La signorina se la lega al dito, e siccome è la figlia del direttore del giornale, chiede a papino di rovinargli la vita. È così che Pellegrini viene spedito a seguire la Serie Africa direttamente nel Continente Nero. Queste le premesse di un romanzo

straordinario, dove un Brizzi che sa quello che vuole fa sognare a colpi di improbabile pallone da quattro soldi. Maturità stilistica e gran linguaggio, Brizzi descrive così bene quel mondo fasullo che già a pagina sessanta non ti ricordi più che la Storia ha preso un’altra direzione. Da leggere d’un fiato.

Simone Sarasso

Su e giù con Amy Whinehouse Peter Fruit Kowalski, p. 191, € 11.00 Il titolo sarebbe anche potuto essere “Su e giù con Peter Fruit, alla ricerca di Amy Whinehouse”. Dall’inizio alla fine del libro si seguono infatti gli alti e bassi dell’autore che sembrano in sintonia con gli alti e bassi della star. Fruit percorre una Londra popolata di fantasmi, i suoi, nell’affannosa ricerca di quelli di Amy, che non troverà. I suoi dubbi però sono i nostri e riguardano principalmente questo interrogativo: è grazie alla sua voce strepitosa che Amy ha raggiunto la celebrità o è semplicemente il prodotto delle scelte della sua casa discografica? Milioni di copie vendute e quasi nessun concerto memorabile, cinque Grammy vinti nel periodo che intercorre tra l’uscita da una clinica e l’entrata in un’altra, la copertina di Vogue e gli scandali pubblicati dai tabloid. Tante contraddizioni e nessuna risposta. Fruit prova a trovarne qualcuna, riflette ad alta voce sul mondo dello showbiz e sugli artisti che ha conosciuto ai tempi mitici dei Ramones, chiacchiera con amici musicisti e venditori di libri, girovaga a vuoto nei luoghi di Amy, sogna di salvarla ma continua a perderla. Forse la verità è che non c’è nessuna risposta da trovare ma, come dice una sera a Fruit un amico bassista “Emy è l’ultima delle star del rock and roll, ce n’è sempre una”.

Sarah Sajetti


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