Dietro i canestri

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luciano murgia

“Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato il suono e l'abbecedario con lui le parole che penso e dico, madre, amico, fratello luce illuminante, la strada dell'anima di chi sto amando”.

luciano murgia

dietro i canestri

Violeta Parra

dietro i canestri

Luciano Murgia, giornalista professionista, è nato a Carbonia ma vive a Pesaro da quarantuno anni. Ha lavorato per quotidiani marchigiani, collaborato con emittenti radiotelevisive private, realizzato la prima radiocronaca di baseball e di football americano delle squadre pesaresi, è stato il primo a seguire in diretta la Robur, campione d’Italia 2008 e 2009. Ha effettuato sessantasei telecronache e cinquecentocinquantatré radiocronache ufficiali della Scavolini Basket e raccontato altre duecentotrentotto gare solo per la carta stampata. In totale ha parlato e scritto di ottocentocinquantasette partite biancorosse; aggiungendo tornei estivi e amichevoli, superata quota mille. Ottantasette le trasferte all’estero al seguito della Victoria Libertas Pesaro, da sommare a quelle con la Nazionale e altri club italiani e stranieri. Ama tutte le discipline, in particolare atletica leggera, basket, baseball, football americano, ammira il fair play del rugby e la bellezza della pallavolo femminike, tifa per Victoria Libertas e Robur Pesaro, F.C. Barcelona, Philadelphia 76ers, New York Yankees e Dallas Cow Boys, ma il suo sportivo preferito è l’azzurro Alex Schwazer, medaglia d’oro nella 50 chilometri di marcia alle Olimpiadi di Pechino 2008. Il personaggio di sempre è Nelson Mandela. Le imprese che lo hanno più appassionato sono la conquista della Luna e il salvataggio dei trentatré minatori cileni. Suo padre Tullio lavorava in miniera.

diario di viaggi racconto di passioni Trent’anni nel mondo del basket

ISBN 978-88-7381-340-8

Foto di copertina di Saverio Simoncelli Elaborazione grafica di Alessandro Battara

9 788873 813408

Minerva Edizioni

“Anche questo è il basket, signori miei!”. La firma è di Aldo Giordani, il “telecronista” che ha fatto innamorare di uno sport bellissimo anche quando non è giocato ai massimi livelli. Alessandro Riminucci e Gianfranco Lombardi, Pierluigi Marzorati e Carlo Recalcati, Sandro Gamba e Aleksandar Nikolić, Valerio Bianchini ed Ettore Messina, Mike D'Antoni e Gary Schull, Dino Meneghin e Drazen Petrović... Non è una raccolta di figurine. Sono alcuni dei giocatori e allenatori che sono nella storia, apprezzati in campo e fuori, raccontati in un libro che svela episodi che potrebbero essere sconosciuti, vissuti al seguito di una squadra. Viaggiare per... sport, una fortuna.

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A James Naismith, ad Agide Fava, uomo e allenatore, ad Elvino e Valter Scavolini, alla straordinaria memoria del ragioniere Nicola Guardiano e a chi cancella memorie ed esperienze dimenticando che chi non ricorda il passato non ha futuro.


luciano murgia

dietro i canestri Direttore Editoriale: Roberto Mugavero Editor: Paolo Tassoni Le fotografie sono di Enrico Manna, Leonardo Mattioli, Saverio Simoncelli, Luca Toni, archivio Elio Giuliani, archivio Luciano Murgia, immagini dal libro Victoria Libertas Pesaro (archivio di Franco Mancuso), archivio Ario Costa

© 2010 Minerva Soluzioni Editoriali srl, Bologna Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata ISBN:978-88-7381-340-8

Minerva Edizioni Via Due Ponti, 2 - 40050 Argelato (BO) Tel. 051.6630557 - Fax 051.897420 http://www.minervaedizioni.com e-mail: info@minervaedizioni.com


luciano murgia

dietro i canestri diario di viaggi racconto di passioni Trent’anni nel mondo del basket

minerva edizioni


A mia madre. Ad Alessia e Noemi, scusandomi per il tempo che non ho saputo dedicarvi.


Introduzione

Un viaggio che continua da più di trent’anni, una passione che non ha limiti di spazio e di tempo. Lo sport accompagna i miei giorni. Mi piace guardarlo, e praticarlo. Se ho potuto fare il giornalista, come sognavo da bambino, lo devo a baseball, basket e football americano, che mi hanno aperto le porte di un mondo che da fuori sembra dorato e quando sei dentro t’accorgi che non è diverso dagli altri mondi, che ha gli stessi pregi e difetti. Eppure ha un vantaggio: ti mette a contatto con l’umanità più genuina, più vera, se rispetta se stessa e gli altri. Ed è imprevedibile, come ha sottolineato più volte, dopo una vittoria sorprendente o una sconfitta inattesa, Sebastian Coe, il grande mezzofondista inglese. Il libro inizia e finisce attorno a un campo di basket, dove si gioca il meraviglioso sport inventato dal professor James Naismith, ma sono numerosi e continui i riferimenti ad altre discipline. Dietro i canestri, le vicende della Victoria Libertas e di una città, Pesaro, che per simbolo potrebbe avere la palla a spicchi. Non è la cronistoria, il susseguirsi di giorni, mesi e anni, avvenimenti, personaggi e persone. Non si procede dal 1946 – anno di fondazione della Vuelle – al 2010. La trama porta indietro e fa volare avanti. Il racconto è legato a episodi, curiosità, viaggi, partite, allenamenti che si mescolano, partendo da una città delle Marche, raggiungendo il resto d’Italia, d’Europa, superando l’Atlantico. Con un impegno: l’attenzione all’uomo prima ancora che allo sport. Dalla mia postazione privilegiata, “dietro i canestri”, ho ammirato straordinari rivali e apprezzato colleghi e tifosi divertenti. Sono grato a tutti, anche a quelli con i quali non sono mancati gli scontri, per avermi regalato una professione, anzi una vita molto ricca. L.M.

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Prefazioni di Franco Bertini, Valerio Bianchini, Sergio Scariolo e Walter Veltroni


Prefazioni

è

stato Osvaldo Soriano a scrivere che non ci accorgiamo mai che quello che oggi teniamo distrattamente fra le mani, domani sarà un ricordo. Per noi che per tanti anni abbiamo tenuto fra le mani un pallone da basket, a cancellare il pensiero che forse lo facemmo “distrattamente”, ci ha pensato una volta per sempre Luciano Murgia con il suo libro in cui i ricordi personali diventano fili pregiati che ricostruiscono una trama generale che forse allora ci sfuggiva nella sua globalità. Basta che un pallone rimbalzi su un parquet ed ecco che tutte le tribù della foresta cestistica accorrono al richiamo. Sarà sempre così grazie a Soriano che ce lo ricorda e grazie a Luciano che ce lo scrive. Franco Bertini

L

a vita di un allenatore di basket si intreccia continuamente con quella dei giornalisti della sua città. A volte nascono amicizie che restano per una vita, a volte nascono ostilità che si trascinano per anni. Noi allenatori sappiamo che quando affidiamo le nostre parole ai giornalisti, ci mettiamo nelle loro mani e il nostro pensiero sarà filtrato, sezionato e ricomposto in base ad un’idea che il giornalista si è fatta sull’argomento, prima ancora di intervistarci. Per questo molti allenatori sono particolarmente cauti e parsimoniosi di parole quando parlano con i giornalisti, anche quando li considerano amici. Altri coaches dicono le cose interessanti solo a taccuino chiuso. Io non ero quel tipo. Agli inizi della carriera, scontrandomi con i ragazzi di bottega che iniziavano il mestiere scrivendo sulle agenzie, mi sono imposto un metodo. Se un giornalista chiedeva di fare con me 60 righe, io gli davo materiale per 180 righe, in tal modo evitavo che ampliasse le mie parole di testa sua. Gli davo sempre del materiale “prêt-à-porter”, consentendogli

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di fare un servizio ampio, senza tuttavia lasciare troppo libero sfogo alla sua fantasia. Crescendo, ho cominciato ad avere a che fare con i veri giornalisti dei grandi quotidiani, ma non ho cambiato di una virgola il mio metodo. Certo sono andato incontro a dei rischi. Che le mie parole fossero interpretate al contrario, o utilizzate per motivi diversi da quelli che pensavo, che la mia propensione alla provocazione venisse ampliata fino al rischio di una squalifica federale. Ma non ho mai fatto una smentita ad un giornale in vita mia. Il mio principio è stato sempre quello che, qualsiasi cosa mi mettessero in bocca i giornalisti, io quella cosa l’avrei cavalcata come fosse mia. Magari cercando nei successivi interventi di correggere la rotta. Non ci riuscii quando a Pesaro, portando la Scavolini ai playoff contro Milano, guidata da Casalini che aveva da poco sostituito Peterson, Emanuela Audisio, prestigiosa firma di Repubblica, mi fece dire nel titolo della sua intervista che Casalini era il “robocop di Peterson”. Non avrei mai sferrato, di mia iniziativa, un colpo basso del genere ad un collega, ma tant’era, ormai la frittata era fatta e non solo cavalcai l’assalto ma ampliai la mia provocazione attaccando l’Olimpia vetusta e carica di gloria e giocatori leggendari, proprio sulla sua età, sulla perdita del suo fascino e sulla voglia di Pesaro di succedere in qualche modo a Milano nella supremazia del basket. Peterson ancora oggi non può trattenere una sonora risata quando parliamo di quella storia. “Valerio, mi dice, io quell’anno non ho mai ricevuto neanche una telefonata da Franco!” Rischi del genere con Luciano non ne ho mai corsi. Arrivando a Pesaro mi accorsi subito che il gruppo dei giornalisti pesaresi non aveva eguali in altre città del basket. Incredibile la loro passione, insopportabile a volte il loro accanimento, essi erano il ritratto della Pesaro cestistica: sapienza, tradizione, orgoglio, identità irrinunciabile, cattiveria spinta al sadismo, solo attenuata dall’ironìa, gusto dello sberleffo, un amore per il basket grande come l’Adriatico selvaggio. Ma Luciano, pur avendo tutte quelle qualità era diverso. Luciano era leale. Se qualcosa usciva dalla sua penna che tu non avevi digerito era il primo a telefonarti o a incontrarti per offrirti un Alka Seltzer. Curioso, acuto, colto, capace di scavare sotto la superficie, poteva essere un aiuto prezioso per capire meglio certe situazioni, perché a lui si confidavano i giocatori, raccon8


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tando cose che non avrebbero mai dette all’allenatore. Inoltre sapevi che Luciano, in caso di frizioni, avrebbe portato avanti un’eccellente opera di ricomposizione, smussando, chiarendo, convincendo. Luciano era il Gianni Letta del basket pesarese. Eppure solo ora, leggendo il suo bellissimo libro, mi accorgo di quante cose sono successe attorno a me, di cui al tempo, non mi resi affatto conto e di cui Luciano saggiamente mi lasciò ignaro. Come sapete sono stato ben dentro la vicenda pesarese, sia nel suo sorgere prepotente, sia all’inizio della sua decadenza, ma leggendo questo libro è come se una funivia mi portasse dalla pianura in cui ho vissuto, fino in cima al monte Ardizio. In questo modo, io posso ora vedere, attraverso il racconto di Luciano, la mia storia pesarese inquadrata dalla grande storia dei trent’anni in cui Luciano ha seguito la Scavolini, ampliando la mia prospettiva, in un respiro più grande, che mi fa comprendere meglio il mio vissuto pesarese. In un originalissimo montaggio atemporale, rinunciando all’unità di tempo aristotelica, Murgia dipinge un immenso affresco, con decine e decine di personaggi legati a Pesaro ma anche al basket mondiale, ciascuno con una sua vicenda che lo lega agli altri, in un racconto grandioso, che esalta ancora di più l’unicità di Pesaro, quell’orgoglio di essere crocevia del basket mondiale, quell’originale identità di città del basket, cucita come un abito sul carattere dei suoi cittadini, che oggi sembra smarrita. Grandi giocatori, grandi allenatori, straordinari e irriducibili tifosi, cittadini importanti e cittadini ordinari, pesaresi e abitanti del mondo, tutti, tutti tornano nel racconto di Luciano e della sua appassionata “Baia Flaminia Anthology”. Ma desidero ringraziare Luciano soprattutto per quello che mi ha commosso di più, che cioè, sopra ogni vicenda aleggi, quasi benedicente, la figura del grande e saggio padre del basket pesarese, un allenatore, Agide Fava, l’uomo che, la mattina dopo lo scudetto, bussò alla mia porta portando in mano un plateau di vongole e sul volto uno sguardo di pacata gioia che non dimenticherò mai più. Luciano, questo tuo libro porta con sé una dimenticata emozione che si chiama riconoscenza. L’aver rimesso in circolo questo sentimento, ormai in disuso, è il miglior premio alla tua fatica. Valerio Bianchini 9


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crivo queste righe da Las Vegas, in una pausa della Summer League 2009, dopo essere finalmente riuscito a leggere il libro di Luciano Murgia, giornalista di qualità, amico e soprattutto persona legata da un rapporto di amore profondo per la pallacanestro, per Pesaro, per la sua squadra. Un rapporto, quest’ultimo, talmente sincero e diretto da metterlo a volta anche in una posizione critica nei confronti delle scelte della società, quando in totale buona fede ed indipendenza di giudizio riteneva fossero sbagliate. La premessa sulla Summer League di Las Vegas non è casuale: in questi giorni, a parte le quattro chiacchiere che ogni tanto in questi anni son riuscito a fare con amici antichi e recenti come Lucio Zanca e Alessandro Barbalich, ho potuto passare un po’ di tempo con Giancarlo Sacco e Darren Daye, due persone che mi hanno dato molto e con cui abbiamo rivissuto momenti felici passati assieme vent’anni fa; sono contento, perché pure se in un contesto un po’ nostalgico li ho visti sereni e con lo sguardo proiettato al futuro, l’uno con la sua squadra, l’altro con la sua attività professionale e con il “piccolo” Austin al debutto in NBA con i Pistons. Ho ritrovato nel libro di Luciano episodi che avevo dimenticato, altri che ricordavo e che ho rinfrescato con piacere, e soprattutto tanti nomi che si associavano a volti che scorrevano nella memoria, ognuno con una sua importanza e con un ruolo negli anni della storia della Vuelle (non so se si chiama ancora così, per me lo sarà sempre...). Ho pensato che sarebbe bello riabbracciarli tutti (o quasi, perché qualcuno purtroppo se n’è già andato...), ovviamente con la “benedizione patriarcale” dell’unico personaggio insostituibile di questa epopea: Valter Scavolini, al quale tutti quelli che transitiamo per queste pagine dobbiamo qualcosa, e che spero stia ricevendo nella sua città il riconoscimento e la gratitudine che si merita. Spero un giorno di tornare per far vedere ai miei figli Baia Flaminia, Viale dei Partigiani, e tanti altri angoli di questa meravigliosa città che accolse con affetto il loro papà ragazzino con nient’altro che speranze e voglia di lavorare, e lo rese un giovane con le idee più chiare su cosa vuol dire essere un professionista dello sport. Magari, nei playoff, per “tifare” per la creatura di altri due amici con cui ho vissuto lontani momenti di gioia e di lavoro, Stefano Vellucci e Luca Dalmonte; e per farmi dedicare da Luciano una copia di questo libro, che tutti quelli che amano la pallacanestro apprezzeranno e conserveranno. Sergio Scariolo 10


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uesto libro racconta un’unica grande vittoria: quella di chi vive il basket – e lo sport in genere – come una interminabile lezione sull’umanità. È l’umanità – plurale, complicata, contraddittoria, ma pur sempre unica e interessante – degli atleti, dei dirigenti, dei tifosi, dei giornalisti, direi l’umanità d’una intera città, quella Pesaro che sempre fa da sfondo alle storie che Luciano Murgia ci narra. Piccoli o grandi episodi, scorci di memoria, icastici reportage, viaggi vittorie sconfitte, lunghe notti, chiacchiere, gioie, lutti, incomprensioni e amori: tutto è buono per parlare di basket, e di sport, e tutto ciò che è basket è utile per parlare anche d’altro: l’avversione verso il razzismo, la capacità di costruire insieme, l’impegno e la dedizione che superano finanche i tracolli, la capacità di rinnovarsi. Ho scorso queste pagine provando il piacere della lettura, ho conosciuto meglio la passione straordinaria della Pesaro cestistica e soprattutto ho capito che in ogni pagina, e quindi nel cuore dello scrittore, alberga l’anima vera dello sport, quella che io amo davvero. Murgia racconta il basket in modo egregio, dissemina il testo di amarcord commoventi o gioiosi, si lascia trasportare dalla passione autentica e la sua scrittura fa onore alla Victoria Libertas, una grande società che da anni porta lustro alla pallacanestro italiana, ma dietro il suo narrare s’avverte anche l’intelligente e sensibile curiosità di chi ama il viaggio, di chi conosce senza pregiudizi, di chi s’avvicina all’altro con la grande lezione di Walt Whitman: “Straniero, se camminando ti imbatti in me e hai voglia / di parlarmi, perché non dovresti farlo? / E perché io non dovrei parlare con te?”. Ecco allora che questo libro, oltre a essere lo straordinario affresco di una città che respira e si nutre di basket, è anche il diario prezioso di una storia che appassiona non solo Pesaro ma tutta l’Italia sportiva, e l’Autore è il testimone attento di eventi che nascono cronaca e diventano pezzi da non dimenticare della nostra storia. Walter Veltroni

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IL VIAGGIO

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a il treno, ora lento ora veloce. Partiamo alle otto di domenica 30 gennaio 1983 diretti a Barcellona. Da Pesaro a Piacenza, da lì a Voghera e a Genova e dal capoluogo ligure a Cerbère-Portbou, le due stazioni alla frontiera dove cambiamo convoglio perché – all’epoca – i binari spagnoli hanno larghezza diversa da quelli francesi. Un viaggio infinito al seguito della Victoria Libertas Scavolini Basket, per molti Vuelle, per altri V.L.: termina la mattina dopo all’Estació de França. Martedì primo febbraio, partita di ritorno del girone a quattro di Coppa delle Coppe. Incomincia la lunga avventura. Il taccuino si apre agli appunti, la mente alle esperienze, nel cuore trovano posto nuove passioni. Ventisette anni dopo, la mattina di venerdì 30 luglio 2010, alle ore sette e trenta, a pochi minuti dal via della 50 chilometri di marcia per i campionati europei di atletica leggera, davanti all’entrata dell’Estació de França, il tempo sembra essersi fermato. “Andate a vostro rischio. Sarete rimborsati se farete la radiocronaca, in caso contrario la considererete una vacanza”. Nessuna alternativa dal direttore di Stereo Pesaro 103, emittente attenta allo sport, dal basket al calcio, dal baseball al football americano, con spazi alla pallavolo, femminile e maschile. La falsa radiocronaca – di cui è giusto vergognarsi ancora – del 7 dicembre 1982 da Ramat Gan in Israele (vittoria 105-103), trasmessa riprendendo la diretta di Antenna 3 e utilizzando il sottofondo – urla e fischi – di una riunione di pugilato, ci induce a essere presenti all’appuntamento. Se possibile senza perdere il proprio denaro. L’emittente concorrente, legata al Partito Comunista Italiano, vuole incrementare il numero di ascoltatori con le dirette sportive; in campionato l’esclusiva è nostra. Partiamo fiduciosi, io ed Elio Giuliani, che oggi è direttore di Radio Città, addetto stampa della V.L. e presidente dell’attivissimo Circolo della Stampa cittadino. La conoscenza dello spagnolo è utile e pure l’approccio. Il giornalino di Stereo Pesaro 103 accoglie il Football Club 13


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Barcelona con un benvenuto in catalano che piace ai dirigenti e ai giornalisti. Nasce una bell’amicizia con Lluís Canut (Catalunya Radio e TV3, emittenti in lingua, opinionista del quotidiano El Mundo Deportivo) e con Jordi Robirosa, che segue i blaugrana e tutta la “baloncesto” per la televisione catalana. Domenica, l’equipe allenata da Petar Skansi è di scena a Livorno, contro la Libertas Peroni. Tentiamo di ascoltare Tuttobasket, la trasmissione RAI ideata da Massimo De Luca, condotta per anni da Massimo Carboni, sostituito nell’ottobre 2009 da Alberto Pancrazi, in una sorta di staffetta marchigiana nell’etere italiano. Il treno corre verso la frontiera francese, la frequenza è disturbata, perdiamo le voci dei cronisti. Apprendiamo l’esito favorevole (95-92) a Barcellona. A Girona sale una giovane catalana, Isabel. Attacchiamo discorso e lei ricorda di avere un amico residente a Novilara, una delle frazioni collinari. Abbiamo prenotato un hotel sulla Gran Via. Doccia e di corsa a Calle Aristides Maillol, sede del Barça, della polisportiva catalana. Ammiriamo la maestosità del Camp Nou, lo stadio di calcio. Carles Bagué, dirigente della sezione “baloncesto”, autorizza la radiocronaca. Per l’uso dell’apparecchio telefonico in tribuna stampa suggerisce di rivolgerci alla Telefonica, in Plaça de Catalunya. Detto e fatto. Diretta garantita. Paghiamo con le pesetas appena comprate, sperando di riavere indietro il corrispettivo in lire. Impareremo in seguito ad installare una linea telefonica all’estero su consiglio del dottor Brugnoli, funzionario romano dei telefoni di Stato, ex studente del collegio di Villa Marina. Il suo aiuto è essenziale per realizzare collegamenti altrimenti impossibili. Difficoltà a Mosca, qualche volta, ai tempi dell’Unione Sovietica, e in un kibbutz israeliano. Barcellona gotica, modernista, romantica, mondana e sguaiata. Rimaniamo stupefatti da una città che i lavori per le Olimpiadi del 1992, quinto centenario del viaggio di Colombo e della scoperta dell’America, renderanno – se possibile – più “guapa”. “Barcelona posa’t guapa”, “fatti bella”, leggiamo ovunque. In verità, una straordinaria riqualificazione urbanistica da Barceloneta a Bogatell crea una sorta d’isola artificiale con un albergo simil Dubai che contraria i residenti. Sui muri del vecchio borgo marinaro una scritta minacciosa: “Bomba all’hotel Vela”. 14


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Camminiamo per viali e piazze, nella confusione di turisti, pittori, mimi, bancarelle di fiori e caffè all’aperto. La visita al Museo Picasso rafforza in Elio Giuliani – collezionista di opere di artisti pesaresi – l’interesse per la pittura. Insieme con dirigenti, tecnici e giocatori biancorossi giunti con il volo da Roma, percorriamo le Ramblas, notando che Barcellona è ricca di locali a luci rosse, forse più di Amsterdam e Amburgo. La mattina possiamo trasmettere domande e risposte ad Antoni Serra, allenatore del Barça, pure in silenzio stampa polemico con i “periodisti” catalani. Reduce dalla vittoria di tre campionati e quattro successi in Copa del Rey in sei anni, lo criticano, appellandolo “El lloron”, il piagnucolone. La mia “abuela”, mia nonna, si chiamava Serra e lui, contento, risponde alle nostre domande. Trasmessi i servizi, andiamo allo stadio Sarriá, proprietà dell’Espanyol, dove l’Italia di Enzo Bearzot, campione del mondo nel 1982, affronta e sconfigge Argentina e Brasile. Il portiere è Thomas N’Kono, estremo difensore camerunense in quel Mundial. Lo scontro con gli azzurri nel girone di qualificazione provoca vibranti polemiche, fomentate da chi scrive di pareggio concordato. N’Kono è il preferito di Buffon. Gigi aderisce alla partita d’addio del collega africano e al primogenito dà nome Thomas. Il portiere è stupito che due italiani siano lì per intervistarlo. Ventisei lunghissime ore di viaggio. Soste in diverse stazioni e cambi di treno, stanchezza. La partita finisce 122-92 per i catalani, la radiocronaca è mesta. Una gioia ascoltare Paola Valentini che dagli studi di Via Angeli annuncia “linea al Palau Blaugrana!”: possiamo contare sul rimborso delle spese sostenute. Collaborare con i giornali e le emittenti radio e tv non era così remunerativo. E non lo è oggi. Per confezionare un articolo (ricerca della notizia, verifica, eventuale intervista e composizione al computer) e intascare dieci-quindici euro, i pubblicisti (non assunti) lavorano anche quattro-cinque ore. Guadagnerebbero di più lavando i vetri delle auto ai semafori. Uno sfruttamento inaudito, perseguito in altri settori, tollerato nel mondo dell’informazione. A Barcellona pareggiamo i conti, avendo sfiorato il tracollo in un bel ristorante. Attirati dall’offerta a basso costo esposta in vetrina, saliamo le scale anziché dirigerci verso il bancone colmo di “tapas”, stuzzicherie da gustare a mille pesetas. Il cameriere consiglia i piatti del giorno, noi 15


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trasaliamo. Il menù è da almeno seimila pesetas a testa, senza bevande. Ci salva un espediente. “Scusi, non c’è cibo italiano?”. Veniamo inceneriti da un’occhiataccia. “Caballeros, signori, no!”. Alzandoci, fingiamo risentimento. Facendo l’ennesima figura di quelli che vivono di spaghetti, il portafogli resta intatto. Il viaggio di ritorno s’avvia con la vicinanza di un connazionale chiassoso. Al controllore che gli notifica il verbale per la mancanza di biglietto, risponde alla Totò, aggiungendo una esse ad ogni parola italiana: “Cavolos, cosas vuois, non mi alzos, mi fannos males les gambas…”. Peccato che in spagnolo gambas significhi... gamberi! È fatto scendere alla prima stazione. Possiamo dormire. Eppure le risate fanno compagnia. È briosa quella di Franco Ubaldi, ex cestista del Loreto che vive da anni a Barcellona. Le serate con Franco, Lluís ed i blaugrana Ansa, Flores e Sibilio sono piacevoli. Torniamo a casa soddisfatti. Un’esperienza positiva. Ne seguiranno altre, in ogni angolo d’Europa. L’accostamento “professionale” alla Victoria Libertas, dopo le stagioni da tifoso, risale al 1977. Collaboro con il collettivo sportivo d i Radio Pesaro Centrale, emittente di riferimento dell’area a sinistra del PCI. In redazione Alessandro Ariemma, Maurizio Bartoli, Giuliano Genga, Roberto Mancini, Riccardo Panareo, Mauro Patrone, Mario Smargiasso e altri amici. Occupandoci in particolare dello sport di base, discutiamo se dare spazio a quello dei professionisti. Così programmiamo qualche inchiesta per scoprire personaggi che magari non pensano solo al canestro. Uno è il playmaker Maurizio Sarti, scuola Delfino. Anna Mazza, che si occupa di cultura, lo conosce dagli anni del liceo Mamiani. Nel palasport di Viale dei Partigiani sta finendo l’allenamento pomeridiano. Sarti guarda Anna sbalordito: “Cosa fai in questo posto di perdizione?”. È disponibile. Altrettanto interessato Alfredo “Ciccio” Grasselli. Nato a Reggio Emilia, da bambino seguiva il padre alle manifestazioni sindacali in piazza. Durante la diretta, “Ciccio” è interlocutore attento, divertente e divertito dalla lettura dei messaggi porno dedicati alle femministe nella sala di trasmissione. Ottiene altrettanto interesse Paolo Sollier, il maoista del calcio ceduto dal Perugia al Rimini allenato da Angelo Becchetti, il romano ex Vis Pesaro. 16


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L’esordio sulle frequenze di Stereo Pesaro 103 è nella seconda giornata del campionato di baseball 1981. Dal diamante di Via Marsiglia il collegamento è alle ore ventidue. Niente diretta per gli inning (le riprese, divise in due parti: l’attacco e la difesa) dei primi sessanta minuti. Il direttore Claudio Conforti, che mi vuole al microfono su proposta di Paola Valentini, conduttrice delle domeniche pomeriggio e dei programmi che prevedono musica e sport, ritiene il match troppo lungo. Ogni settimana se ne giocano due. Tre, quando alle sfide di venerdì e sabato sera s’aggiunge quella delle ore sedici del sabato. La scelta è comprensibile. Gli ascoltatori sono poco abituati, giusto non abusare della loro pazienza. I termini utilizzati, per quanto cerchi di spiegare il gioco, un’assoluta novità difficile a capirsi. Subisco l’ironia degli amici del basket. “Che noia! Cosa significa strike? E ball?”, mi prendono in giro. Replico che le considerazioni sono le stesse espresse da chi si trovò di fronte alla novità della pallacanestro. Per capire, basta essere curiosi. La mattina di un sabato mi accorgo che qualcosa sta cambiando. Il venerdì sera la Scavolini ha espugnato il Gianni Falchi, l’impianto della Fortitudo, con un fuori campo a basi vuote di Bill Chierico e grazie alla prova di un altro oriundo, il pitcher, il lanciatore Dave Bevilaqua. Proprio così, un’anagrafe californiana toglie la c alla famiglia di origine italiana. Analogo errore a Birmingham, in Alabama, dove il reverendo Rice – che insegna musica e ama la classica – registra la nascita della figlia dandole nome “Condolcezza”. L’impiegato rovina il pensiero stravolgendo il nome del futuro Segretario di Stato: Condoleezza. Sparisce una c, spunta una e. A Bologna finisce 1-0. Pitcher (lanciatore) perfetto, difesa impenetrabile, una contesa avvincente. Amici e conoscenti confessano di essere rimasti incollati alla radio. Contagioso è l’entusiasmo di Gastone Mazzanti, deus ex machina del batti e corri, e della sua famiglia (la moglie Angela, i figli Gaetano, terza base, Roberto, seconda, Gabriele, lanciatore), dei Marfoglia (il padre Marcello, i figli Alfredo, esterno, Paola, giocatrice nella storia del softball italiano, e Marco), dei Curina (il professor Pietro, la sventurata figlia Annarita, skipper del catamarano “Arx” assassinata in barca il 10 giugno 1988; la nipote Lucia), dei Giovanelli e degli altri protagonisti (Franco Bertozzini, Claudio Di Raffaele, Giorgio Di Tullio, Roberto 17


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Farina, Rodolfo Furiassi, Riccardo Giampaoli, Luciano Lugli, Michele Magi, Riccardo Pierantoni, Stefano Roscini, Stefano Santini, Luca Spadoni) guidati al debutto nella massima serie da Marshall Canosa. Notevole l’apporto di Jack Fleming, migliore battitore del torneo, John Cortese e John Picone. Il Baseball Club nasce nel 1968, in Via Ciro Menotti, nella casa del professor Ettore Peretti, pianista di Parma, docente del Conservatorio Rossini. Con Peretti, Massimo Mainardi, Marcello Marfoglia, Gastone Mazzanti e Alberto Sighel. Il terreno di gioco è alla parrocchia dei Cappuccini. Da lì a Santa Maria delle Fabbrecce, dal 1976 alle 5 Torri. Nel 1971 vince la medaglia d’oro nei Giochi della Gioventù. Peretti porta a Pesaro Maurizio Boschi che sposa Lucia Curina, cugina di Annarita. Uno sport, tante famiglie. Molto stimato il vice presidente Marcello Giombini, sempre con il nipote Nicola che abbina l’amore per il baseball a quello per il Milan. Peccato che a Torino, durante la cena offerta per festeggiare una vittoria, un americano rubi una bottiglia di vino pregiato, mandando su tutte le furie il dirigente. Il preparatore atletico è il professor Francesco Balducci, un vero sportivo. Pedala o corre sulla pista ciclabile lungo la spiaggia di levante, diviene delegato della FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) provinciale. Le prestazioni sono nobilitate dagli scatti del fotografo Paolo Mazzanti, un artista: le sue mostre d’autore attraggono esperti e semplici curiosi. Espone ovunque, dalla Cina agli Stati Uniti. Viaggiamo con un vecchio pullman dell’AMANUP (l’azienda dei trasporti), non proprio comodo. Parliamo molto di basket, anche con i dirigenti avversari. Giorgio Corbelli, il “Signor Telemarket”, vice presidente di Rimini, è impegnato in seguito sotto i canestri, da Brescia a Desio, da Roma a Milano e di nuovo a Rimini e anche nel calcio (proprietario del Napoli). La domenica si va a vedere la Vuelle. Nel 1984 il batti e corri vive la stagione meno felice della sua storia. Il roster è allestito per ambire ai playoff scudetto. Imbottito di oriundi, getta al vento la possibilità, preparandosi male e mancandoli. Il BBC ritira le squadre dai vari campionati. Riparte nel 1985, dalla serie C. Presidente Antonio Giovanelli, manager Rodolfo Furiassi. Seguono le stagioni (dal 1986 al 1991) con al vertice un ex giocatore, Paolo Vannini, figlio dell’assessore e vice sindaco Vladimiro, artefice della 18


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realizzazione dell’impianto sportivo alle 5 Torri. Dal 1992, è propizio l’intervento di Norberto Crinelli, segretario provinciale della CISL e sostenitore del batti e corri, hobby dei residenti nel quartiere. La famiglia Crinelli (il figlio Claudio pratica baseball e football) e la famiglia Mazzanti, una singolarità dello sport locale. Il baseball è un gioco meraviglioso, intelligente. La mattina dell’Epifania 2010, camminando davanti al cancello della proprietà Pavarotti, vedo parecchi ragazzi tra prato e spiaggia di Baia Flaminia: partecipano alla Partita della Befana. Negli studi della radio, un bell’appartamento in Via Angeli, alle pendici del colle San Bartolo, lavoriamo e scherziamo, per la disperazione della brava segretaria e conduttrice delle trasmissioni mattutine Marina Bertini, bel timbro, sempre alle prese con giornalisti e disc jockey. Giulio Ottaviani, re della radiofonia per la terza età, è tifosissimo di basket e di baseball, sport conosciuto negli anni nella Marina Militare, a Nettuno, culla italiana del gioco made in USA. Luciano Pazzaglia, dj adorato dalle giovanissime, poco interessato allo sport. Francesco Coli e Paolo Pagnini, apprezzati conduttori, amano il basket e Bruce Springsteen. Porfirio, il re del liscio, una presenza fissa dietro il canestro. Guerrino Amadori preferisce il calcio e addestra i giovani. La calda voce di Dario Delle Noci, in arte Roy, legge i notiziari. Con lui, Anna Rita Ioni e Mariella Mencarini. Roy è trascinato al palazzo dello sport per sostituire lo speaker. “Realizzazione di Sylvester!”, comunica come nei messaggi pubblicitari. Il radiocronista è Luigi Diotalevi. Michele Fuligni, oggi affermato imprenditore nel settore del tessile e della moda, firma l’editoriale della trasmissione sportiva del lunedì, Elio ed io curiamo le interviste. Nel 1983 i responsabili della radio decidono di seguire gli Eurosystem Angels, team di football americano nato da un’idea dell’ingegnoso imprenditore Maurizio Terenzi, sviluppata sul campo da Jerry Douglas, militare americano di stanza nella base di Rimini Miramare. A basket e baseball si accosta il terzo sport americano. L’esordio è a Bologna, nella Lunetta Gamberini degli Warriors. Un pareggio, forse insperato alla vigilia, che lascia qualche rimpianto. La stagione termina con la semifinale di Fano persa (9-6) per mano dei Rhinos Milano, che, a quel tempo, dominano in Italia. Gli arbitri ignorano un touchdown pesarese 19


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(sei punti, più quelli dell’eventuale trasformazione: uno calciando tra i pali, come nel rugby, due alla mano) e i lombardi ringraziano. Gli Angels disputano due Superbowl a Padova e Bologna, persi entrambi con i felsinei Doves (27-11) e Warriors (18-8). Sia in Veneto sia allo stadio Dall’Ara mille motivi di recriminazione. Viviamo stagioni elettrizzanti, viaggiando in pullman strapieni e mangiando panini, che sanno di… plastica, negli autogrill. Niente alberghi di lusso e buone cene, ciò nonostante il buonumore non latita. Lo speaker delle partite casalinghe è il bolognese Duilio Pizzocchi, futuro cabarettista di Zelig e di altre trasmissioni televisive. Un giorno, a Verona, l’autista del pullman è bloccato da una Fiat 500 mal parcheggiata. I poderosi Loris “Rambo” Tombari e Pierluigi “Pippi” Moscatelli (che negli USA fa la guardia del corpo di Michael Jordan) scendono e risolvono il problema: alzano l’utilitaria depositandola nei giardini pubblici di fianco alla strada, oltre un muretto alto mezzo metro. Che reazione avrà avuto l’automobilista? A Busto Arsizio, eliminati i milanesi Seamen sponsorizzati da Giorgio Armani, gli Angels affrontano i fortissimi Frogs, anch’essi legati, grazie a Sergio Galeotti, al marchio del celebre stilista. Ai botteghini, con i biglietti per la semifinale, vendono i tagliandi per il Superbowl di Padova. Per i bustocchi, quella con gli Angels è una formalità. Racconto in diretta la sorpresa, anzi l’impresa. Vincono gli Angels, con una difesa d’acciaio e un touchdown di Scott Swallow, commilitone di Jerry. Una tifosa lombarda, delusa, è velenosa. “Mi auguro che i Doves li massacrino”. Una “rana” la rimprovera: “Ma che dice? Sono stati bravissimi!”. Potete immaginare la contentezza del ritorno. In verità, Douglas è concentrato. Pensa alla finalissima? No, si occupa del consueto poker che vede protagonisti lo stesso Jerry, i kicker Troisi e Clizia, il ricevitore Agnoletti e il giornalista. Alle partite degli Angels, il sabato allo stadio Benelli, assistono Greg Ballard e i figli. Da buoni americani amano questo sport. Alle sfide decisive interviene Sergio Scariolo, che non difetta di desiderio di conoscere. In seguito, i calciatori copiano gli schemi del football USA nei calci da fermo, sfruttando blocchi e doppi blocchi nell’area di rigore. Gli Angels amano il basket. “Pippi”, che nel 2010 torna nei quadri tecnici e addirittura in campo, alterna la posizione di defensive tackle con licenza di segnare (per sfondare la linea avversaria e realizzare un 20


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touchdown decisivo, Douglas ne sfrutta la mole impiegandolo in attacco) a quella di pivot nella Lupo. Piero Giungi è il dirigente addetto agli arbitri della Victoria Libertas, i suoi figli Alberto e Rodolfo praticano il football americano. Piero è basilare allorché Maurizio Terenzi si priva della sua creatura: trova sponsor per gli Angels. La morte di Alberto in un tragico schianto in Umbria è una sofferenza per tutti. Le esequie avvengono nella chiesa della Madonna di Loreto, la stessa che accoglie quelle del padre, dal quale Rodolfo eredita la delicata funzione in seno alla V.L.. Per anni gli Angels sono superbi interpreti del football italiano, prestando i migliori alla Nazionale. Allorché questi si piegano all’evidenza del tempo, interviene Francesco Fabbri, che con il sostanzioso aiuto di Giovanni Ranocchi restituisce il football allo sport cittadino. Nel 2009/10, Ranocchi sponsorizza le cheerleaders del basket. Un benemerito dello sport. Con la sua TeamSystem, azienda del settore informatico ceduta a un fondo d’investimento inglese, aiuta il football americano pesarese, il volley femminile fanese, il basket maschile di Fabriano, Rimini e Bologna. In un luogo così attento agli sport americani non poteva mancare il triathlon, una disciplina nata in California negli anni Settanta. John Collins, militare, inventa l’Ironman Triathlon. Il primo italiano a partecipare, nel 1984, è il pesarese Luciano Furlani. Per mesi prepara una competizione che prevede 4 chilometri a nuoto nel mare delle isole Hawaii, 180 chilometri in bicicletta e infine la maratona (42 chilometri e 195 metri). Tre consecutive prove infernali. Senza pause. Seguiamo l’impresa collegandoci con le isole dell’Oceano Pacifico, da dove Furlani parla delle sue fatiche e dell’orgoglio d’avere concluso la gara in 11 ore 32 minuti e 43 secondi. Fratello di Franco, l’arbitro di basket, Luciano assume qualificanti cariche federali e conosce sua moglie, Edith Cigana. Lei è azzurra alle Olimpiadi di Sydney e nel 1993 gareggia nelle esotiche isole del Pacifico chiudendo con il tempo di 10 ore 43 minuti e 57 secondi. La disciplina attrae uomini e donne. Nello sport cittadino ampio spazio a nuoto e motociclismo. Non a caso è la Vis Sauro a vincere il primo scudetto. Accadde nel 1950. Spinta da Angelo Romani, tre volte olimpionico, conquistò il titolo a squadre. Angelo fu il primo italiano a battere un record europeo. Era amico e 21


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rivale di Carlo Pedersoli, l’attore Bud Spencer. Il nuoto pesarese ha potuto contare su un allenatore straordinario, Osvaldo Berti, una sorta di Agide Fava delle piscine, e su campioni quali Carla Lasi e Filippo Magnini. Si è detto, e scritto, che qui i bambini sono stati allevati a olio di ricino, usato quale lubrificante dei motori, a due e a quattro ruote. Dai fratelli Lazzarini a Graziano e Valentino Rossi, dalla Benelli alla Morbidelli, c’è sempre un marchio inconfondibile nel motomondiale. Merito anche di valenti meccanici di tutta la provincia. Da Dorino Serafini, pioniere dell’automobilismo italiano, a Gianni Morbidelli, a punti con la Ferrari in Formula 1, le competizioni automobilistiche parlano marchigiano. Non manca il rugby, avviato negli stessi anni della palla al cesto. Nasce con una magia del professor Tonino Uguccioni. I ragazzi che praticano sia il calcio sia il basket scoprono la palla ovale grazie al reatino Angelo Carducci, qui per motivi di cuore. Ci si allena nel campo sportivo della parrocchia di Loreto, uno dei quartieri più attivi. I giocatori, soprannominati “kiwi”, un omaggio ai favolosi All Blacks. Il gruppo ottiene di disputare le gare interne a Muraglia. Raggiunge anche la serie B, affrontando rivali di valore, compreso il Livorno di Fabrizio Gaetaniello, estremo nella storia del rugby tricolore. La crescita è frutto del lavoro di un simpatico inglese, Peter Cunnington, e di gente come Mimmo Battistelli, Gianni Bertuccioli e il professor Toti Patrignani, infaticabile divulgatore nelle scuole di una disciplina fantastica. Realizzo i servizi sulle partite interne, conosco ragazzi in gamba, rimango incantato dal “terzo tempo”, la birra bevuta insieme da chi fino a pochi secondi prima si è affrontato lealmente. Alcuni rugbisti si cimentano nel football americano, con gli Angels. Nell’estate 1983 lascio Stereo Pesaro 103 e passo a Radio Città, diretta da Luciano Pagnoni, bolognese, ex sindacalista. Esaurita l’attività di Tele Marche Nord, deve lanciare un’emittente controllata dalla federazione pesarese del Partito Socialista. L’amministratore Lorenzo Rossi è puntuale nel rimborsare le spese sostenute in trasferta. Vicesindaco e assessore ai lavori pubblici, spinge per la costruzione del mega palasport alla Torraccia e mal digerisce le mie critiche. A mio modesto parere la priorità sarebbe un nuovo ospedale. Per gli eventi dello sport e dello spettacolo dovrebbe bastare un impianto da ottomila posti. 22


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Negli studi di Radio Città, Piero Pagnoni, figlio del direttore, esperto di computer, la moglie Paola Tarricone e il fratello Roberto. Una radio a conduzione familiare. Per lo sport, Pagnoni punta su Elio Giuliani e Luciano Murgia. Bontà sua, è convinto delle nostre qualità. Esordio in precampionato, al Torneo di Benevento che provoca il disappunto di Skansi e prelude al divorzio con Cureton e Duerod. Davide Eusebi segue la Vis. Carlo Mercantini, che diventerà patron del Pesaro Five Italservice di calcio a cinque promosso in serie A2 nel 2010, è attento alle vicende pallonare di categorie inferiori. In regia Francesco Ballabene, Cinzia Montani e Brunella Quieti, apprezzata per gli allestimenti con il Teatro Accademia. Ci raggiunge Giulio Ottaviani. Joe Ferguson, americano nella storia per avere affossato il Baseball Club che manca i playoff e sparisce dalla massima serie, è in radio se trasmette una bella dj. Da Via Sara Levi Nathan traslochiamo al Centro Direzionale Benelli, il controllo dell’emittente passa dai socialisti all’ingegner Antonio Grasso. Una fortuna per chi ama la vela. Antonio possiede una barca prestigiosa, “La Mania”, con cui partecipo alla Pesaro-Rovigno, regata d’altura internazionale sulla rotta dei trabaccoli tra aprile e maggio a cura della Lega Navale Italiana e del Club Vela Maestral della graziosa cittadina istriana. Dalla poppa, trasmetto la cronaca della partenza dal porto. Conclusa la radiocronaca della semifinale persa 88-79 a Varese, il 30 aprile 1988, vado a Rovigno. “La Mania” e la maggior parte delle imbarcazioni sono in netto ritardo. Potrebbero entrare in porto oltre il limite previsto (venticinque ore). Un temporale alla partenza mette nei guai gli equipaggi. Eligio Palazzetti, presidente del Club Nautico, accusa la LNI. Avrebbe annullato, o almeno rinviato, la partenza. A darmi notizie sugli amici è Massimo Rinaldi, avvocato, politico, giornalista, skipper di “Nomade”, anfitrione in una successiva regata italo-croata. Nella manche di ritorno, trascorro la notte nel pozzetto, ascoltando la lezione di Paolo Cori, esperto velista, progettista di barche da crociera e da competizione. Sui moli spicca “Chica Boba II” (ragazza allegra) dell’imprenditore Rinaldo Gasparini. Titolare della Renco, innamorato del mare, concretizza il sogno dei velisti: affrontare l’Oceano Atlantico. Accade alle Colombiadi ’92, ripercorrendo la rotta di Cristoforo Colombo. Lo skipper 23


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prediletto di Rinaldo è Michele Cinquepalmi. I due mi accolgono a bordo della fantastica “Coriolan”, rinominata “Chica Magnum”, appena attraccata a Pesaro. Gasparini muore colto da infarto nel febbraio 2004, a cinquantasette anni, durante una vacanza a Zanzibar. Qualcuno teme che sia colpa del cambio di nome dell’imbarcazione. Il figlio Giovanni e gli amici istituiscono The Fuxia Race, la regata che colora di fucsia il porto. Nel 2009 gli equipaggi festeggiano i trent’anni di “Chica Boba”. Massimo Valentini incarna una doppia passione: il basket e la vela. Il 23 aprile 1992, Maurizio Donelli svela, sulle pagine del Corriere della Sera, che “Azzurra” è a pezzi sotto un telone in un capannone di Olbia. Per anni, la barca della prima sfida italiana all’America’s Cup, è esposta all’entrata di Porto Cervo. Voluta dall’Avvocato Agnelli e dall’Aga Khan Karim e realizzata a Pesaro nei cantieri Yachts Officine su progetto di Andrea Vallicelli, varata il 19 luglio 1982. L’Avvocato arriva in elicottero accompagnato da Luca di Montezemolo. Il porto preso d’assalto da una folla mai vista. Lo skipper Cino Ricci e il timoniere Mauro Pelaschier al comando di un equipaggio che in Valentini ha il più ammirato dai concittadini. Massimo, pivot del Loreto, un lottatore in campo e in mare. Donelli racconta che “vive in Australia, amministra l’azienda del suocero che produce salumi”. Ogni tanto ritorna e nelle sue rimpatriate l’interesse è triplo: i parenti, gli amici e il basket. Partecipa ai festeggiamenti per i quarant’anni del Loreto. Renato Morsiani, cornerback degli Angels, è figlio d’arte. Il padre Paolo, uno degli skipper più esperti in Adriatico, presiede Assonautica provinciale. Renato, ingegnere con studio lungo il porto canale, con l’amico e socio Francesco Piccarreta, domina numerose regate al timone di “Game on”. La grinta è la stessa degli anni del football. Grintosissimo è Claudio Ovarelli, che trasferisce le qualità di possente difensore all’impegnativo impiego nei vigili del fuoco, in forza al distaccamento di Urbino. Durante i “giri di cronaca nera”, le telefonate alle forze dell’ordine e agli operatori del soccorso per eventuali novità, ci parliamo sovente. Ogni occasione è buona per rievocare il passato, le storie degli Eurosystem Angels. Guido Bagatta, che incontreremo nelle sfide tra Scavolini e Il Messaggero Roma, ha buone relazioni con Maurizio Terenzi, che l’invita ad assistere alla contesa decisiva per il titolo del Centrosud tra gli Angels e i 24


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Grizzlies Roma, del tennista Nicola Pietrangeli, due successi al Roland Garros, capitano non giocatore dell’Italia che strappa la Coppa Davis al Cile negli anni del dittatore militare Pinochet. Bagatta, specializzato in basket e football americano, è direttore di un mensile che mi commissiona un ampio articolo su Moscatelli, inviando un famoso fotografo. Antenna 3 è un’emittente radiofonica, controllata dal Partito Comunista Italiano, con gli studi in Via della Maternità. I dirigenti del PCI decidono, nel 1981, che è doveroso dotarsi di una televisione e acquisiscono Tele Pesaro, nel cui studio lavorano Maurizio Bacchiani, che effettua alcune telecronache, Giorgio Giommi e Giuliano Mares. Il PCI inaugura Antenna 3 Marche a Villa Fastiggi, il “quartiere rosso”, negli uffici sopra la Casa del Popolo di Via Farini. In redazione Laura Calimici, Lorenzo Furlani, Roy Gianni, Lorella Megani, Silvia Sinibaldi e Sauro Sorbini. Calimici fa la docente di appoggio ai giovani cestisti che vivono nel college sopra la sede sociale, in Via Paterni. Una struttura all’avanguardia. Studiano e si allenano. Volpato è un bravo cuoco e frequenta l’istituto alberghiero Santa Marta. Rossano Buonaventuri e Matteo Panichi, toscani di Pontedera e Firenze, i migliori (giudizio di Laura). Infatti, sono gli unici a laurearsi: Rossano in ingegneria, Matteo in Scienze Motorie. Gli studi e l’esperienza acquisita sul parquet sono propedeutici a una seconda carriera del fiorentino. Preparatore atletico della Vanoli Cremona e dei giovani biancorossi, Panichi è chiamato a collaborare con Francesco Cuzzolin, ex Benetton, ora ai Toronto Raptors, nella prima avventura azzurra di coach Pianigiani. Nell’estate 2010, un’altra bella notizia: Matteo passa alla Sutor Montegranaro: preparerà la formazione affidata nuovamente a Stefano Pillastrini. Giommi e Mares proseguono la collaborazione con l’emittente. Bacchiani non concorda con le direttive politiche e se ne va. Giorgio Di Tullio, ex giocatore di baseball, e Massimo Tempesta i registi. Davide Angelini, Mario Bailetti, Marzio Bertuccioli, Enzo Camilli, Fabio D’Arpe, Sergio Ercolessi, Oscar Gabbani e Andrea Tecchi i tecnici di ripresa. La segretaria è Liviana Marchionni. Lasciata, per un breve tempo, Radio Città, faccio la telecronaca, i testi per i telegiornali e una rubrica settimanale, “Basket Movie”, con giocatori e allenatori. Scariolo presenta i prossimi rivali. A fine anni Ottanta il PCI vende Antenna 3 Marche all’imprenditore Edoardo Longarini che gestisce le gazzette e 25


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Galassia Tv. Collaborare con il regista Paolo Giuliante e il mago della telecamera Fabrizio Dubbini è gratificante. Notevole la loro professionalità. Fabrizio realizza reportage trasmessi nel quarto d’ora che precede la differita televisiva. Memorabile quello nel vecchio mercato delle oche ad Orthez, dove la sera si gioca, con gita mattutina alla vicina Lourdes organizzata dal dottor Giorgio Maniscalco, medico di Valter Scavolini e di Valerio Bianchini. Il santuario era meta di mio padre Tullio che partecipava ai pellegrinaggi dell’UNITALSI. Le immagini con colonna sonora l’Ave Maria di Schubert colpiscono mia madre. Per anni mi imbatto in una signora che passeggia in Viale Cialdini. Colpita dal video di Fabrizio, ringrazia. Al contrario, torno turbato dalla Francia. Cresciuto in una famiglia cattolicissima, non riesco a capacitarmi delle madonnine a forma di bottiglia da riempire d’“acqua benedetta”, delle decine di ristoranti e discoteche dedicate a Bernadette Soubirous, che raccontò “l’apparizione della Madonna”. A poche settimane dal secondo scudetto programmo una trasmissione sulla famiglia di Daye. Darren ci accoglie nella villa in collina, dove vive con la moglie Tammy e il figlio Austin. Lui risponde alle mie domande, la telecamera di Fabrizio riprende Tammy in sella a una cavalla del vicino maneggio cavalcata anche da Luciano Pavarotti. Austin imita il padre buttandosi a terra. “Dad on the floor, he got foul!”, esclama. “Papà a terra, ha subito fallo!”. Fabrizio è abilissimo nelle riprese e nel montaggio. Darren e Tammy, entusiasti, convertono una copia nel sistema americano. Il video, trasmesso da una televisione di Los Angeles, ottiene discreti riscontri. Nel cortometraggio compare il cocker color champagne della famiglia Daye. Ne ho uno anch’io, di nome Assist, omaggio al basket e alla trasmissione omonima di Luca Corsolini su Tele+. A poco meno di ventidue mesi dal discioglimento dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il 7 marzo 1990, Galassia Tv ottiene, pagando, dall’ambasciata a Roma i permessi per portare la telecamera e il materiale necessario alla ripresa televisiva. Le precedenti esperienze m’inducono ad avere qualche dubbio che non ci siano intoppi. Così, per evitare noie, scrivo gli articoli durante il volo da Vienna a Mosca. Consegno le pagine al collega Michele Romano perché, giunto in albergo, le trasmetta via fax e assisto Fabrizio. Esibiamo la documentazione ricevuta all’ambasciata in Italia, eppure i doganieri bloccano l’entrata dell’attrez26


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zatura. Pretendono migliaia di dollari. Da aggiungere a quelli versati a Roma. Giriamo una decina di uffici. L’unica parola che capiamo è “niet”, no. In ogni stanza almeno un cittadino russo reduce dall’estero: carico di bagagli, mercanteggia il permesso. A darci una mano, interviene Ivan Edesko, ufficiale dell’Armata Rossa, secondo tecnico del CSKA, nella storia del basket mondiale: suo il lancio, da canestro a canestro, per Aleksandr Belov che segnò i due punti della vittoria dell’URSS sugli USA nella polemica finale dei Giochi Olimpici di Monaco 1972. Edesko prova a convincere i militari. Niente da fare, vogliono il benestare del Ministero della Difesa. La telecamera “sequestrata” in aeroporto. Trascorriamo la notte in apprensione pensando al valore della macchina da ripresa. Il mattino, ricevuto il permesso pattuito, Fabrizio torna a Sheremetyevo ed è autorizzato a ritirare l’equipaggiamento. Acquisendo Antenna 3 Marche, Galassia Tv entra in possesso di una risorsa unica: tutte le partite filmate da Tele Pesaro. Le videocassette sono riciclate per risparmiare. Cancellata la memoria visiva. Numerosi intenditori registrano gare, inchieste, interviste. Archivi privati ai quali attingere nei momenti bui. Con il qualificante contributo di Mauro Procaccini, documento lo scudetto numero uno. Ho l’onore di raccontare via radio il secondo titolo tricolore e la seconda Coppa Italia, le altre partite italiane ed europee e i McDonald’s Open. Dal 1997 l’emittente punta su Elisabetta Ferri, sostituita nel 2009 da Mirko Facenda, e Michele Zavagnini. Marco Bedinotti è il telecronista più assiduo con Lorenzo Scatigna e Mauro Procaccini che partecipa alle dirette casalinghe dell’Eurochallenge 2010, agevolando il compito del teramano Enrico Giancarli, scelto da Conto Tv per le cronache della Scavolini. Collaborazione interrotta a fine febbraio, perché Mauro è chiamato ad allenare la Lavezzini Parma, serie A1 femminile. La nuova spalla tecnica di Bedinotti è Walter Magnifico. Intervengo nelle partite casalinghe. Marco, esperto di motori, è autista apprezzato dai colleghi di mille trasferte e di qualche allenatore che chiede un passaggio. Guida per centinaia di chilometri, mentre gli altri dormono. Ha piede pesante, come impara Phil Melillo, accompagnato da Napoli a Roseto degli Abruzzi; ogni mezz’ora avverte la moglie che arriverà in anticipo. Ad alleggerire il peso sull’acceleratore è il “tutor” installato nelle autostrade italiane per il controllo delle velocità. 27


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