Ne avremmo fatto volentieri a meno. Ma nel 2020 abbiamo vissuto qualcosa di straordinario. E di tragico. Con la consapevolezza, nel bene e nel male, che c’era un “durante” in cui eravamo immersi, tanto diverso da quel “prima” che piano piano, durante il lockdown, andava quasi sfumando nella memoria. E ci sarebbe stato un “dopo” in cui, dicevano, nulla sarebbe stato come “prima”. Il che ci faceva pensare che forse molte cose rischiavano di cambiare, cioè di andare peggio, tranne quelle che già andavano male, e ovviamente sarebbero rimaste così. Forse. La Cina, Wuhan, il virus: razzisti o realisti? E i virologi? Un coro dodecafonico. Scuole chiuse, uffici chiusi, ristoranti chiusi. Chiuse le case di riposo dove il Covid ribolliva portandosi via una fetta di generazione. Chiusi in cantina per qualche momento di intimità che l'ingorgo familiare impediva. Chiuso il campionato di calcio: per i maschi come stare in una comunità di recupero. Chiuse le bocche dalle mascherine. Serviranno? Non chiedetelo all'Oms...