I fagioli ribelli. Quando i reni dei bambini... Racconti di vita sospesa e di rinascita

Page 1


Via Due Ponti, 2 – 40050 Argelato (BO) Tel. 051.6630557 – Fax 051.897420 info@minervaedizioni.com www.minervaedizioni.com


bruno damini

I FAGIOLI

IBELLI RENI BAMBINI...

QUANDO I DEI

RACCONTI DI

VITA SOSPESA E DI RINASCITA

MINERVA



INDICE

PAROLE E STORIE CHE ATTRAVERSANO LA STRADA

P.9

QUANDO I RENI DEI BAMBINI... P.13 IL NOSTRO SECONDO BIMBO? ANDREA, COME IL MEDICO CHE HA SALVATO EMMA MA IO VOGLIO LA PANCETTA! L’ARBITRARIA SEPARAZIONE FRA “DIVERSITÀ” E “NORMALITÀ” FORTE COME UNA LEONESSA, AL MOMENTO DEL TRAPIANTO IL SOGNO DI STEFANO LA MALATTIA DI UN FIGLIO È DI TUTTA LA FAMIGLIA ADOTTATI COME PAPÀ E MAMMA “AMICI” FARE PARTE DEL SOGNO

P.15 P.26 P.36 P.43 P.47 P.58 P.64 P.68

TESTIMONIANZE DEI MEDICI E DEI SANITARI P.73 IL CUORE BATTE, IL POLMONE RESPIRA, IL RENE INVECE NON FA RUMORE DIAMO SEMPRE UN MESSAGGIO POSITIVO AI GENITORI LA NEFROLOGIA PEDIATRICA È UNA SCELTA DI VITA IL BAMBINO COME PROGETTO DI VITA, L’ASSISTENZA PSICOLOGICA AI PAZIENTI, ALLA FAMIGLIA, LE SORELLE E I FRATELLI, AI NONNI TERAPIA MEDICA E DIETA CONSERVATIVA EDUCAZIONE ALIMENTARE E CORRETTO STILE DI VITA

P.75 P.94 P.98 P.108 P.115

L’INTERAZIONE FRA PUBBLICO E PRIVATO, ONLUS E RETI P.123 I NOSTRI BAMBINI, LE FAMIGLIE, I MEDICI, I VOLONTARI P.125 IL SOGNO DI STEFANO ONLUS P.128 RETE DEL MA.RE. P.131 SINEPE P.134


A TAVOLA COI FAGIOLI RIBELLI P.137 LA CUCINA P.139 ALBERTO BETTINI, GIACOMO ORLANDI, MARIA MARINI LASAGNETTE VERDI AI FUNGHI MISTI RISO ALLO ZAFFERANO AL SALTO CON RAGÙ ROSSO DI SEDANO RAPA HAMBURGER DI VERDURE CON “KETCHUP” FATTO IN CASA

P.141 P.142 P.144 P.146

AURORA MAZZUCCHELLI COCOMERO, LA CICCIA VA IN VACANZA... SEDANO RAPA: LA BATTAGLIA DELLE PALLE DI NEVE LA ZUCCA: I PASSATELLI DI CENERENTOLA L’ORTO: LA TORTA FA IL PIC-NIC... LA VERZA: IL POLLO FA L’INDIANO COL RISO PILAF

P.148 P.149 P.150 P.151 P.153 P.155

MARIO FERRARA, DIEGO GOVI GNOCCHI DI SEMOLINO ALLA ROMANA CON MAIONESE DI BROCCOLI CREMA DI RAPA ROSSA CREMA DI CAROTE CUSCUS CON SOFFRITTO BOLOGNESE GNOCCHI DI CUSCUS CON UVETTA, PINOLI E FOGLIA VERDE

P.157 P.158 P.160 P.161 P.162 P.163

MASSIMILIANO POGGI ARMANDO MARTINI MILLEFOGLIE DI VERDURE TIMBALLO DI CUSCUS APROTEICO CON VERDURE GNOCCHI DI SEMOLINO, FINOCCHI E ZUCCHINE

P.165 P.166 P.167 P.168 P.170

L’ARTE BIANCA P.171 MATTEO CALZOLARI PANE “TOSTO”

P.172 P.173

MATTEO ALOE PIZZETTE IMPASTO BASE PIZZETTA GIALLO-ROSSA

P.175 P.176 P.177


PIZZETTA ROSSA MARINARA PIZZETTA CIPOLLINE E ZUCCHINE PIZZETTA POMODORO E MELANZANE PIZZETTA ZUCCA SPEZIATA E FUNGHI

P.178 P.179 P.180 P.181

PASQUALE POLITO, GIANLUCA COPETTI, CLAUDIA SORRENTINO, COSTANZA ABBRO STREGHETTE ALLA MEDITERRANEA CON POMODORO, OLIO EXTRAVERGINE E ORIGANO PANINETTI - BUN VEG ALLA ZUCCA CON SEMI E ZESTE DI ARANCIA FROLLINO CON GOCCE DI CIOCCOLATO, NOCCIOLE E ZESTE D’ARANCIA

P.182 P.183 P.184 P.185

DOLCI & GELATI P.187 GINO FABBRI PASTICCERE P.188 BASE PER TORTA E BISCOTTI P.190 BICCHIERINO P.191 CREMA AL BURRO P.193 TORTA DI MELE P.194 PASTICCERIA NON DOLCE P.195 ANDREA BANDIERA CIOCCOLATO DEI FAGIOLI RIBELLI CREMA DEI FAGIOLI RIBELLI FIORDILATTE DEI FAGIOLI RIBELLI

P.197 P.199 P.200 P.201

L’AUTORE DESIDERA RINGRAZIARE

P.202



PAROLE E STORIE CHE ATTRAVERSANO LA STRADA

In cerca di parole, talvolta capita che ti attraversino la strada, inattese, allora non resta che raccoglierle, dar loro voce e ascoltare le storie che raccontano mentre ti accompagnano in luoghi di cui ignori l’esistenza Fino a poco più di un anno fa, Andrea Pasini, nefrologo pediatra, era soprattutto un amico con cui avevo condiviso la convivialità, senza mai approfondire aspetti della sua professione che teneva sempre discretamente per sé. Oggi ne capisco i motivi. Quando ha deciso di parlarmene nessuno di noi due immaginava che sarebbe nato tutto questo. Siamo partiti dai problemi alimentari dei bambini con insufficienza renale cronica e dalle difficoltà che affrontano quotidianamente con le loro famiglie nel dover seguire le regole restrittive delle diete aproteiche. Non volevo fermarmi a quello e, per cominciare a capire, gli ho chiesto di aiutarmi a raccogliere le loro storie di vita. Così Andrea mi ha aperto le porte del Sogno di Stefano, permettendomi di conoscere chi anima questa associazione che ha lo scopo di aiutare i tanti bambini malati di rene ad avere una vita normale, finanziando la ricerca scientifica e impegnandosi a sostenere i bisogni logistici, educativi e psicologici loro e delle loro famiglie. Mi sono inoltrato, con molta discrezione, in questo mondo nuovo e mi ritengo molto fortunato ad avere avuto la possibilità di vivere una simile esperienza che mi ha arricchito e segnato come solo un viaggio interiore può fare. Man mano che i racconti si assommavano, questo libro prendeva corpo nella mia mente. Cercavo di prefigurarne la copertina, che per me è il sipario di ogni narrazione, e d’improvviso, in uno dei miei tanti risvegli notturni ripensando alle cose appena scritte, ecco il titolo: “I Fagioli Ribelli”. 9


Perché “i fagioli”, e poi perché “ribelli”? «I fagioli che hai nel pancino non funzionano bene», i genitori cercano di raffigurare in questo modo ai propri bambini affetti da Insufficienza Renale Cronica da dove provengano i loro problemi e le loro privazioni. Non è facile spiegare l’anatomia a dei bambini di pochi anni. Così quei piccoli reni a forma di fagiolo assumono il titolo di ribelli in questi “racconti” che confluiscono in un’unica narrazione dove sofferenza e senso di impotenza diventano un “passato” di vita sospesa da cui rinascere per proiettarsi verso la vita futura. Sono toccanti, esemplari testimonianze di genitori, storie di tenacia, coraggio e amore che portano madri e padri a dare nuova vita ai figli con la donazione di un rene. Assieme a loro, la voce di un giovane adulto che ha trascorso infanzia e adolescenza in dialisi fino al trapianto e, in quel processo, ha maturato una profonda presa di coscienza capace di scompaginare le categorie arbitrarie che vorrebbero separare “Diversità” da “Normalità”. Il lavoro di ascolto e di registrazione si è svolto in accordo con Il Sogno di Stefano e con i medici del Programma di Nefrologia e Dialisi Pediatrica del Policlinico di Sant’Orsola di Bologna (oggi IRCCS Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna). Si è trattato di un percorso estremamente delicato che mi ha fortemente coinvolto sul piano emozionale, per i contenuti molto personali e intimi offerti con la volontà di condividere profonde esperienze genitoriali. Per molti questa è stata la prima volta che raccontavano la storia dei propri figli e la propria al di fuori della cerchia familiare e ospedaliera perché, come dice Marisa Coccato – mamma di Stefano e cofondatrice dell’associazione Onlus a lui intitolata – «Quando mi chiedevano come stava mio figlio mi accorgevo che dopo poco cominciavano a guardare l’orologio. Le persone non hanno voglia di stare a sentire cose che non vanno bene. Preferiscono che racconti loro qualcosa di banale, di piacevole, ma non i problemi». Ho registrato le loro voci, poi quelle del dottor Pasini e dei suoi colleghi, medici che con questa specializzazione hanno compiuto una consapevole scelta di vita, infine quelle dei sanitari del Sant’Or10


sola: la psicologa, che possiede il dono raro dell’ascolto, come i filosofi d’un tempo, e infine le testimonianze delle due dietiste, giovani, competenti e appassionate, cui spetta il compito di regolare e vegliare sui regimi alimentari restrittivi cui devono attenersi i piccoli pazienti, diete che comportano difficoltà pratiche e sacrifici per loro e per le loro famiglie. Si è così rafforzata in me l’idea di coinvolgere nel progetto quello che nel volume ho definito lo “Staff di Cucina”, per ricavarne qualcosa di materialmente utile mettendo insieme consigli, suggerimenti e alcune ricette esemplificative elaborate, partendo da prodotti aproteici in commercio, da alcuni noti chef bolognesi, da un grande pasticcere, un maestro gelatiere e da due altrettanto innovativi panificatori e un pizzaiolo. L’obiettivo non era certamente quello di creare un ricettario quanto di aiutare a rendere accettabili gli ingredienti aproteici abbinandoli ad alimenti consentiti, creando pietanze che fossero anche belle da vedere, attraenti, gustose, rispettose dei regimi dietetici indicati e, non da ultimo, facili da preparare in casa. I video relativi a queste preparazioni sono fruibili tramite QR-Code nel capitolo “A tavola coi Fagioli Ribelli”. Uno degli scopi primari di quest’opera è riuscire a far sentire la voce dei suoi protagonisti, per fare emergere un mondo sconosciuto ai più, trasmettendo fiducia, condivisione, solidarietà e prospettive di speranza. In queste pagine si rispecchiano genitori e volontari, medici e sanitari che hanno condiviso le proprie storie di vita per offrirle a chi ne affronta di simili, ma anche a chi è alla ricerca di un domani possibile e a coloro che vivono in un’apparente “normalità”. È così che può concretizzarsi l’obiettivo di far crescere la sensibilità culturale, non solo medico-scientifica, affinché una vita “normale”, per questi bambini e ragazzi, e per gli adulti che diverranno, non rimanga solo un sogno. Bruno Damini 11


LA MALATTIA RENALE I malati di rene in Italia ammontano a oltre 6 milioni, secondo un recente studio apparso su “Lancet” nel 2020. La popolazione pediatrica italiana (0-17 anni) al gennaio 2020 era di 9.542.757 soggetti (dati Istat), per cui si stimano ogni anno circa 86 nuovi casi pediatrici che raggiungeranno l’Insufficienza Renale Terminale, con una incidenza di 618 soggetti pediatrici in IRT. 12

Possiamo quindi valutare come in Italia attualmente ci siano circa 30.900 soggetti con meno di 18 anni con Insufficienza Renale Cronica (IRC), di grado lieve o moderato, circa 150 soggetti in dialisi cronica (emodialisi o peritoneale) con un trend di soggetti trapiantati che annualmente oscilla da 60 a 90 casi. La malattia renale attualmente colpisce circa 850 milioni di persone in tutto il mondo, con enormi costi umani e sociali. Un


RENI DEI BAMBINI... QUANDO I

adulto su dieci soffre di IRC che, indipendentemente dalle cause che l’hanno provocata, tende inesorabilmente a progredire nel tempo verso lo stadio terminale. Su queste basi, il Comitato direttivo della Giornata Mondiale del Rene ha dichiarato il 2021 anno del “Vivere bene con la malattia renale”. Ciò è stato fatto con lo scopo è di aumentare l’educazione e la consapevolezza sulla gestione efficace dei sintomi e sull’empowerment del pa-

ziente, con l’obiettivo finale di incoraggiare la partecipazione alla vita. La Giornata Mondiale del Rene si svolge ogni anno. In tutto il mondo si contano molte centinaia di eventi: dall’Argentina alla Malesia, dal Giappone all’Italia. Tutto ciò, per creare consapevolezza dei fattori di rischio e dare indicazioni su come vivere con una malattia renale, promuovendo pratiche di sana e corretta alimentazione capaci di prevenire queste patologie. 13



IL NOSTRO SECONDO BIMBO? ANDREA, COME IL MEDICO CHE HA SALVATO EMMA ALICE E MARCO, GENITORI DI EMMA Cosa vuoi fare da grande? Dottoressa, come Pasini. Pasini mi ha curato per i reni. Grazie dell’aiuto Emma (4 anni) Alice - È iniziato tutto nel giugno 2018, quando ho avuto l’idea di portare Emma al mare. Il papà doveva lavorare e non riusciva a venire, poi avevamo i lavori in casa, il trasloco e ci siamo detti: «Io e Emma partiamo, andiamo al mare». Pensavo di aver fatto la cosa più bella che si potesse fare per una figlia e, in realtà è stato l’inizio della nostra… tragedia, o disavventura, non so come chiamarla, perché l’ultimo giorno che eravamo al mare la bimba ha iniziato ad avere episodi di diarrea. Siamo rientrati a casa e la notte del rientro è stata una notte brutta perché ogni mezz’ora Emma continuava ad avere episodi di diarrea fortissima, aveva un anno e mezzo e si esprimeva ancora con poche parole: «Mamma ho tanta bibi, bibi, bibi, bibi!». Aveva delle feci brutte, sangue e muco, così abbiamo deciso di portarla al pronto soccorso. Marco - Non sapevamo se allarmarci o cercare di stare tranquilli, ma dopo quella notte ci siamo detti che forse non era una normale dissenteria. Alice - Siamo andati al pronto soccorso nella cittadina più vicina a noi e me lo rimprovero ancora. 15


Marco - Comunque è un pronto soccorso pediatrico. Alice - Hanno visitato Emma e hanno detto: «Non è disidratata, è una diarrea». Marco - Ci hanno detto che queste tracce ematiche probabilmente erano causate dallo sforzo… «Non preoccupatevi, la vedo bene, reattiva, e idratata» e ci hanno rispediti a casa. Alice - «Tornate solo se compare il vomito.» Marco - La giornata è proseguita un po’ come la nottata, ancora mangiucchiava e beveva quindi eravamo abbastanza tranquilli anche perché l’avevano visitata la mattina. La notte passa come la notte precedente, il vomito al mattino ci ha fatto dire: “Andiamo”… Alice - … Al pronto soccorso. Marco - Non volevamo essere troppo apprensivi, però… Alice - A volte si ha un po’ paura, la prima diarrea… Da mamma forse sono troppo apprensiva… Marco - Io sono uno che si agita, cerco di placami, ma alla fine riprendiamo la macchina e torniamo in ospedale. Alice - Sempre lì perché è lì dove l’avevano vista la prima volta. Anche stavolta la visitano in ambulatorio e il medico ci chiede: «Vi hanno fatto fare una coprocoltura?». No. «Ma perché non l’avete fatta?» Marco - Io sinceramente non sapevo neanche come pronunciare questa parola, erano tutti elementi nuovi per noi genitori. «Adesso è tardi, la farete domani.»

16


Alice - La bimba si lamentava molto, la vedevo spenta, perché Emma è una bambina molto energica. Non mangiava, faceva fatica anche a bere, mi diceva che le faceva male la pancia… «Ma no, non diamo niente, perché comunque adesso non si dà più niente per il dolore, devono passare quarantotto ore, date tempo al virus di fare il suo corso.» E per la seconda volta ci hanno rimandati a casa. Io sentivo che non era una cosa normale e andai dalla mia pediatra che finalmente fu d’accordo con me che la bimba stava male, la trovò anche lei molto spenta, c’era qualcosa che non andava. Mi disse: «Se la bimba non beve allora torni al pronto soccorso». Riprendiamo la macchina e torniamo per la terza volta al pronto soccorso dicendo che ci mandava la pediatra. L’hanno ricoverata, sembrava quasi per farci un piacere, e le hanno fatto l’esame del sangue… Marco - Noi ci guardiamo in faccia e ci diciamo: «Siamo in un posto sicuro». Alice - Io ho molta fiducia nel sistema quindi mi sono completamente affidata a quello che mi dicevano questi dottori. Riusciremo a capire cosa c’è che non va, mi ripetevo. In realtà è stato un calvario perché io vedevo che il tempo passava, Emma continuava a soffrire sempre di più, le flebo continuavano a tenergliele ma aveva i pannolini sempre asciutti. «Signora non si preoccupi, è lei che glieli cambia in continuazione e non si rende conto che in mezzo alle feci c’è anche la pipì.» Ma quei pannolini erano troppo leggeri. Però ho fatto un passo indietro, perché ero mamma per la prima volta, non sapevo niente di medicina. Marco - La mattina dopo il ricovero fanno anche l’esame dell’urina ma riescono a prenderla con molta fatica… Alice - Per farle fare un goccino di pipì c’hanno messo una vita… Marco - Dopo l’esame del sangue e delle urine ci dicono: «È tutto a posto, probabilmente è salmonella». Ma la bimba aveva dolore, male alla schiena e diceva: «Mamma, papà, nonna, bibi». Il secondo 17


giorno, la mattina del martedì, hanno riprovato a prendere le urine ma non ci sono riusciti… Alice - Allora io ho chiamato Marco e gli ho detto: «Facciamo qualcosa perché non è più mia figlia…». Marco - Io avevo dormito con lei il pomeriggio precedente e avevo visto che iniziava a spegnersi. Alice - Si stava spegnendo e si stava gonfiando perché rivedendo le foto che le ho fatto in ospedale mi rendo proprio conto di come fosse cambiata. Marco - Alice mi dice: «È gonfia, ha gli occhi gonfi!». Ma i medici dicevano: «È la flebo, tranquilli…». Alice - Allora ho telefonato a Marco e gli ho detto: «Vieni qua, dobbiamo fare qualcosa». Marco - Io ero a lavorare e una collega mi dice: «Perché non le fate fare un’ecografia?». Ho pensato tra me e me che magari era l’unica cosa che potevo spingere a fargli fare. Da ignorante in materia, nel senso che magari con l’ecografia non vedi assolutamente nulla però, sapendo che non è un esame invasivo almeno iniziamo a smuovere qualcosa perché capivamo che il dolore era tanto. Alice l’aveva già chiesta… Alice - Mi avevano risposto che non era un addome trattabile, o chirurgico, non mi ricordo il termine. «No signora non ce n’è bisogno, l’avremmo già fatta». Marco - Quindi, con una dottoressa che continuava a dire di no, che non aveva un addome chirurgico, comunque chiedo un ulteriore consulto e anche lì, per grazia ricevuta, otteniamo che le facciano un’ecografia.

18


Alice - «Giusto per farvi stare tranquilli», è stata la giustificazione. Marco - Dall’ecografia vedono che l’intestino è ritorto. Da lì ci dicono che ci devono trasferire d’urgenza nella città più vicina perché, nel caso in cui avessero dovuto intervenire, non avevano la possibilità di farlo in quel pronto soccorso. Alice - È stata la nostra fortuna che comunque abbiano visto qualcosa nell’intestino. Marco - Con l’ambulanza andiamo in città, hanno rifatto subito tutte le analisi… Alice - … E ci hanno detto: «Proviamo con un clistere…». Marco - «State tranquilli che riusciamo a liberare questa invaginazione. Altrimenti dobbiamo intervenire chirurgicamente.» Alice - Nell’atrio del pronto soccorso io e Alice ci siamo abbracciati e abbiamo detto: «È andata bene, siamo riusciti a sbloccare la situazione, non c’è bisogno dell’intervento chirurgico». Marco - Ma il nostro sospiro di sollievo è durato pochi minuti perché il primario di pediatria ci è venuto a comunicare che la situazione di nostra figlia era gravissima: «Vediamo se possiamo fare qualcosa». Ricordo benissimo queste parole perché mi sono rimaste in testa da allora: «La portiamo a Bologna e vediamo se riusciranno a tenerla in vita». Alice - Sembrava surreale… Marco - «È una cosa molto grave!» A me e ad Alice è mancata la terra sotto i piedi.

19


Marco - Da una dissenteria… Alice - Ci dicono: «È in fin di vita!». Marco - Noi pensiamo che il mezzo più veloce per raggiungere il Sant’Orsola di Bologna sia l’elisoccorso. Siamo in una fase di delirio perché non c’è la pista per l’elisoccorso al Sant’Orsola quindi Emma e Alice vengono portate in ambulanza con un viaggio interminabile. Alice - Un conto alla rovescia perché questo primario ci aveva detto che era questione di ore, dovevano intervenire il più velocemente possibile per salvarle la vita. È stato il viaggio più lungo che io abbia mai fatto. Non mi scorderò mai gli occhi di Emma che non mi hanno mai, mai, mai mollata. Ricordo che il volontario dell’ambulanza mi ha detto: «Signora adesso non si preoccupi che con il movimento dell’ambulanza la bambina si addormenterà, noi cercheremo di fare il più velocemente possibile». Emma mi ha guardato tutto il tempo, come se capisse, da quando siamo partiti a quando siamo arrivati. Non so quante volte ho chiesto all’autista: «Quando arriviamo? Manca ancora tanto? Quand’è che arriviamo?», e lui mi ha detto un sacco di volte: «Signora sto facendo del mio meglio, non si preoccupi sto facendo del mio meglio». E io chiedevo: «Perché rallenta?». Devastante! Quando siamo arrivati io sono scesa e mi ricordo ancora questo signore che mi ha detto: «Signora io ho fatto del mio meglio, spero di essere stato sufficientemente veloce!». Questa cosa ancora me la ricordo e mi fa emozionare perché è stato grazie a questo volontario che siamo arrivati. Era sudatissimo, mi ha ridetto: «Signora io ho fatto del mio meglio». Al pronto soccorso pediatrico di Bologna c’era ad attenderci il dottor Pasini. Da lì ci siamo affidati completamente a lui che ci ha seguito dal giorno in cui siamo arrivati fino alla fine, con una professionalità unica, con una presenza costante. Questo è quello che mi ha fatto stare più tranquilla perché comunque sapevo che c’era e ci sarebbe stato. Ricordo che parlava pochissimo, non si è mai sbilanciato sulle condizioni di Emma fino 20


all’ultimo giorno, quando ci ha salutato, ma ho capito subito che ero nel posto giusto. Marco - Davvero, un’altra dimensione. Alice - Persone preparate, competenti, umane, molto sensibili, con un rispetto molto profondo per la bambina che non parlava ma anche verso di noi genitori. Hanno capito quello che stavamo provando, che anche noi avevamo bisogno di aiuto, anche col nostro chiedere insistentemente delle informazioni. Ma loro avevano la pazienza di spiegare, di ripetere anche le stesse cose. Marco - Il personale medico, ma anche gli infermieri, si capisce che è una squadra dove hanno fiducia uno dell’altro. Persone sempre pronte a reagire, ad intervenire con calma alle diverse problematiche, perché in situazioni acute come la nostra, ogni momento può essere diverso da quello precedente o da quello che verrà dopo. Sentivamo di poterci affidare completamente a loro, anche perché non nego che dopo le problematiche avute nella prima fase del ricovero di Emma eravamo delusi e sfiduciati. Alice - Avevamo perso la nostra fiducia! Marco - Ricordo perfettamente l’incontro col dottor Pasini e poi al terzo piano, quando ci hanno spiegato la prassi da lì in avanti, con tutte le problematiche che potevano insorgere con questa malattia. Pasini diceva che sicuramente si trattava di SEU (Sindrome emolitico uremica) e che avrebbero fatto alcune analisi che dovevano confermare o meno la situazione. Non hanno temporeggiato nemmeno un secondo su cosa e come farlo. Alice - Ho passato un giorno intero a piangere nella stanza di Emma ma mi sono fatta coraggio anche se sono seguite due settimane psicologicamente e fisicamente devastanti perché lei era in dialisi. Poi, la prima volta che l’ho presa in braccio e mi ha ricono21


sciuta ho capito che stava migliorando anche se, finita la dialisi, dovevamo aspettare di superare tutti i possibili effetti collaterali e i vari problemi che potevano insorgere. Marco - Io l’ho vissuta in questo modo: avevamo un problema imminente, quello renale che dovevamo cercare di fare rientrare e comunque far ripartire la funzionalità nel più breve tempo possibile perché il rene non avesse conseguenze. Poi c’era il rischio embolie o altri pericoli che potevano compromettere il destino di Emma. Mi ricordo che il dottor Pasini ha aspettato due settimane prima di dirci che eravamo fuori pericolo. Ho apprezzato moltissimo questa professionalità nel non sbilanciarsi, nel non darci false speranze costruendo un rapporto di fiducia e di sincerità. Alice - Ricordo quel sacco che doveva riempirsi di pipì, lo controllavo un milione di volte al giorno e abbiamo esultato per le prime tre gocce e anche il personale medico, gli infermieri hanno esultato con noi: «Si sta muovendo qualcosa, vedete, abbiamo fiducia…». Ho sentito che c’era un lavoro di squadra. Mi ricordo ancora quel sabato sera in cui le infermiere non riuscivano a… lui era presente. I medici sono arrivati ma noi avevamo bisogno di vedere il dottor Pasini perché ci eravamo affidati a lui, perché era quello che ci aveva accolto e aveva preso in carico la bimba. Era un sabato sera, era tardissimo, l’una di notte, l’hanno chiamato e lui è arrivato, vederlo arrivare mi ha fatto capire che le cose sarebbero andate per il verso giusto. Non doveva essere reperibile nel weekend, ma era arrivato. Sapere che il dottore giusto poteva arrivare nel momento opportuno per tua figlia non è poco. Marco - Ricordo un turno del dottor Pasini di domenica, purtroppo per lui, ma io ne ero molto contento. Così il weekend per noi era meno lungo anche se la vita privata dei medici… Anche le ferie del dottor Pasini erano diventate il nostro problema. Era giugno o luglio, un periodo giusto per andare in ferie. Il dottore ha detto: «La prossima settimana sarò in ferie ma sarete in ottime mani, ci sarà il 22


mio collega La Scola». Effettivamente la situazione era meno acuta dell’inizio, pian piano anche noi ci siamo rilassati e ci siamo affidati ai suoi colleghi. Alice - Un’altra cosa importantissima è stato l’aiuto ottenuto dall’associazione Il Sogno di Stefano perché quello di Emma era un percorso che sarebbe durato settimane e grazie a loro abbiamo potuto contare su un appoggio a Bologna, vicino all’ospedale, da cui potevamo raggiungere Emma senza preoccupazioni, potevamo fare una doccia calda perché io per tutto il tempo ho dormito sempre in ospedale con Emma. Marco però poteva andare a dormire in questa casa e io sapevo che ce l’avevo a due passi da me. Marco - In una casa, non in albergo. Ti senti in una sorta di famiglia, stare in un ambiente con persone che hanno già vissuto queste problematiche ti tranquillizza. L’albergo potevamo prenderlo, ma la casa ci ha dato tanto altro, perché in ospedale ho visto tante persone sole, mentre noi abbiamo avuto la fortuna di essere aiutati dai nostri genitori, amici, e dal Sogno di Stefano che ci ha aperto le finestre su un mondo che non conoscevamo. L’evento acuto si è concluso e chiuso nelle due settimane. Ovviamente Emma è una piccola paziente con un problema renale e con possibili danni al rene, ma ancora non li possiamo valutare. Alice - Gli esami sono quasi, quasi completamente a posto… Marco - Allora il dottor Pasini mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto: «Ti rilassi adesso?». Alice - Noi non sapremo mai se questo episodio avrà ripercussioni sulla vita di Emma nel futuro. Marco - Mi auguro che non gliene dia mai o che abbia novant’anni. Ad oggi non abbiamo la certezza ma dobbiamo vivere con serenità.

23


Alice - Ogni sei mesi dobbiamo venire qui per i controlli, tutto ci fa dire che stiamo andando verso la strada giusta, speriamo che abbia meno conseguenze possibili. Marco - La malattia di un figlio non è una scure che si abbatte come una maledizione divina, è una cosa negativa della vita e devi affrontala al meglio. Bisogna fare conto sulla propria fragilità e capacità di reagire potendosi affidare all’esperienza dei medici, degli infermieri, alle persone che ti possono stare vicino in quei momenti, come Il Sogno di Stefano. Alice - Ho imparato due cose da questa esperienza: la prima è andare nel posto giusto con le persone giuste. È fondamentale che ci sia un centro specializzato pubblicizzato, che i genitori sappiano che bisogna andare lì, perché lì trovano tutti gli esperti presenti nello stesso posto. L’altra cosa è la condivisione con altre persone, non avere vergogna di parlare delle difficoltà che si stanno vivendo ma condividerle con altri genitori… Parlare, chiedere aiuto e non pensare di essere soli nella nostra tragedia. Marco - Col senno di poi possiamo valutare le cose positive che ci sono capitate. Nuove conoscenze, persone che riescono a starti vicino in qualsiasi modo, facendo fronte comune perché noi da soli non siamo nulla. Alice - È un episodio comunque che ci ha cambiato completamente la vita, io sono diventata un’altra, non c’è più l’Alice di prima. Marco - Un caso come questo ferma un po’ le cose che ti sono attorno e rimette in prospettiva il tutto, quindi anche il valore delle cose e quello che fai molte volte si riduce a “Perché lo faccio, sono utile, non sono utile?”. Alice - Io a un certo punto ho deciso di farmi aiutare, finito il percorso con Emma ho capito che non stavo bene perché questa cosa 24


mi aveva segnato troppo e mi sentivo come morta dentro. È stato difficile ammetterlo a me stessa perché avrei voluto essere capace di tornare alla mia vita come prima. Nel momento in cui ho accettato il fatto di cercare un aiuto per superare questa cosa mi sono affidata una persona e ho compiuto un percorso psicologico che mi ha aiutato a uscire dal buco nero in cui io ero scivolata. Così ho ripreso in mano la mia vita, la mia vita con Emma, la mia vita con Marco, ho ritrovato la mia forza, il mio vigore, la mia energia, la mia positività, che sono poi le cose che posso trasmettere a Emma, e poi abbiamo ritrovato il nostro equilibrio familiare, e il coraggio di fare un altro figlio… Noi abbiamo sempre voluto avere due bambini. Dopo l’esperienza di Emma ho avuto un momento in cui non volevo più avere figli perché non sapevo se sarei riuscita a sopravvivere un’altra volta a un dolore così grande come quello vissuto con Emma. Il giorno in cui, finito il mio percorso con la professionista che mi ha seguita, ho deciso che… ho guardato Marco e gli ho detto: «Io sarei pronta per avere un altro bimbo e spero che sia maschio perché in casa nostra ci sono solo femmine e se sarà maschio vorrei chiamarlo Andrea». C’è già un altro Andrea nella nostra famiglia… dopo che è successo questo episodio, usciti dall’ospedale, il giorno stesso ho detto: «Marco, se facciamo un figlio per forza deve essere maschio, per forza deve essere Andrea!» E lui mi ha risposto: «Non ci sono dubbi perché Andrea è il dottor Pasini, colui che ha salvato la vita a Emma». Così abbiamo deciso e il nostro secondo bimbo si chiama Andrea.

25


TESTIMONIANZE

MEDICI SANITARI

DEI E DEI


IL CUORE BATTE, IL POLMONE RESPIRA, IL RENE INVECE NON FA RUMORE DOTT. ANDREA PASINI Responsabile Programma di Nefrologia e Dialisi UO Pediatria Pession IRCCS Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna

LA NEFROLOGIA PEDIATRICA DI BOLOGNA Il nostro servizio si compone attualmente di quattro nefrologi pediatri, due specializzandi di indirizzo (che completano gli ultimi due anni di specialità occupandosi di patologie renali), una dietista dedicata che ci supporta per tutta la gestione alimentare dei pazienti nefrologici e una psicologa, indispensabile per la gestione delle situazioni acute iniziali e di quelle croniche dei nostri pazienti. È il Centro pediatrico regionale di terzo livello nella gestione dei pazienti con patologie renali, di riferimento in Emilia-Romagna per tutti i casi con problemi complessi, acuti o cronici, che necessitano di procedure che nelle altre pediatrie della regione non possono essere attuati, che si tratti di una biopsia renale, di una terapia specifica o della dialisi. Attraverso la Società Italiana di Nefrologia Pediatrica (SINePe) siamo collegati con le altre strutture nefrologiche pediatriche italiane, numericamente molte meno di quelle che servirebbero a livello nazionale. Per capirci, se un paziente acuto necessita di una terapia dialitica, i centri che in Italia sono in grado di offrirla sono tredici-quattordici, a fronte di venti regioni. I centri che effettuano trapianto renale sono solo cinque. Fortunatamente il numero di trapianti renali pediatrici è decisamente più piccolo rispetto a quello dell’adulto, dai sessanta agli ottanta trapianti l’anno, per cui distribuirli in un numero maggiore di realtà rischierebbe 75


di fare avere piccoli numeri nei vari centri e conseguentemente un expertise che non può crescere. Diverso, purtroppo, è il discorso dei centri di terzo livello in grado di offrire delle terapie in acuto come la dialisi, che è una terapia salvavita. Di insufficienza renale acuta si può morire, soprattutto se non si agisce tempestivamente, di questo devono essere assolutamente consapevoli i pediatri che operano in un pronto soccorso pediatrico. Il Ministero della Sanità riconosce la nefrologia pediatrica nel novero delle super specialità e sancisce che in ognuno dei dipartimenti di emergenza pediatrica dovrebbe esserci la possibilità di attivare un nefrologo reperibile, così come devono essere reperibili un neurochirurgo e un cardiologo. In Emilia-Romagna il nostro centro coordina una rete regionale di pediatri che si occupano di Nefrologia nei vari ospedali pediatrici della regione. Ci incontriamo regolarmente una-due volte l’anno per condividere protocolli diagnostico-terapeutici comuni, per promuovere l’aggiornamento sul trattamento delle singole patologie e consolidare i percorsi relativi alla gestione dei pazienti a rischio, per evitare ritardi nell’invio dei pazienti con problemi renali complessi o gravi. Un’altra attività fondamentale che il nefrologo pediatra svolge è quella del counseling prenatale. Grazie all’ecografia prenatale, già durante la gravidanza possono essere diagnosticate patologie renali severe a causa delle quali il nascituro rischia di sviluppare un importante danno renale già alla nascita. In questi casi, è assolutamente necessario dare ai genitori un’informazione completa ed accurata sui possibili rischi alla nascita e sulla storia futura del bambino. LE MALATTIE RENALI In primo luogo è importante spiegare cosa vuol dire curare un bambino con una malattia renale, quali sono le malattie renali e che fasce di età possono colpire. Ci sono infatti tante patologie renali che richiedono l’intervento del nefrologo pediatra e l’assistenza di un centro ad alta specializzazione. Tra queste dobbiamo considerare numerose malattie renali ereditarie (il rene policistico, la malattia di 76


Alport, ecc.); malattie genetiche (Sindrome di Bartter, la cistinosi, la sclerosi tuberosa, ecc.); malattie acquisite come le glomerulonefriti primitive e secondarie, le sindromi nefrosiche; oppure malattie urologiche, cioè legate ad anomalie anatomiche del rene e delle vie urinarie. Non dobbiamo infine dimenticare il danno renale secondario ad altre condizioni patologiche, per esempio susseguente a malattie metaboliche, terapie onco-ematologiche o interventi cardio-chirurgici complessi. Quello che importa realmente, a prescindere della causa che l’ha scatenata, è il fatto che il rene possa perdere la sua funzione temporaneamente, quindi avere un’insufficienza renale acuta, oppure progressivamente e in maniera irreversibile. Sono due condizioni cliniche diverse, una acuta e una cronica, che necessitano dell’expertise del nefrologo pediatra per la loro corretta gestione. L’INSUFFICIENZA RENALE ACUTA È una condizione severa che può causare morte se non trattata prontamente. Il paziente necessita di ricovero immediato, spesso deve essere sottoposto a dialisi, per risolvere il problema del sovraccarico di liquidi e quindi dell’edema polmonare. Può rischiare anche l’arresto cardiaco per alterazione nel sangue degli elettroliti, in particolare il potassio. Quando la diagnosi non viene fatta con tempismo e il trasferimento del paziente a un centro di terzo livello è ritardato, al rischio clinico immediato può accompagnarsi un incompleto recupero renale, con quadro successivo di insufficienza renale cronica. La fascia d’età dei pazienti va da zero a diciotto anni. Come accennato in precedenza, grazie all’ecografia prenatale possono essere identificati già durante la gravidanza i nascituri con patologie renali severe che possono avere bisogno di dialisi alla nascita. Inoltre al giorno d’oggi le terapie intensive neonatali sono in grado di fare sopravvivere neonati fortemente prematuri, i quali, fra le possibili complicanze, possono avere quelle renali. Ricordo il caso di una neonata di 26 settimane che pesava circa sei etti alla nascita: sottoposta a dialisi peritoneale è sopravvissuta senza presentare successivamente problemi renali severi. 77


LA DIALISI PERITONEALE NEL NEONATO La dialisi peritoneale è una tecnica che sfrutta la permeabilità del peritoneo (una membrana che avvolge la parete addominale e i visceri) per portare fuori liquidi, elettroliti e sostanze tossiche accumulate nel sangue, attraverso un catetere, cioè un tubicino inserito nel peritoneo attraverso la parete addominale. La macchina per la dialisi peritoneale automatizzata può essere utilizzata solo su bambini che hanno già raggiunto un peso minimo. Quindi nei prematuri e nei neonati in genere viene eseguita una dialisi peritoneale manuale, “costruendoci” un circuito di piccole dimensioni con il materiale che viene utilizzato in neonatologia (una pompa, un apparecchio per riscaldare il liquido che entrerà in pancia, un piccolo rubinetto a tre vie per fare entrare ed uscire il liquido dal peritoneo, ecc.), agendo manualmente a tempi prefissati. LA MACCHINA CARPE DIEM Le stesse difficoltà si incontrano con l’emodialisi neonatale perché fino a poco tempo fa non c’erano macchine per la dialisi adeguate al peso dei neonati. Non essendo casi frequenti, purtroppo non c’è un grosso interesse nello sviluppo di questi presidi da parte delle multinazionali che si occupano di biotecnologia. Per questo motivo, la prima macchina miniaturizzata per l’emodialisi neonatale, che si chiama Carpe Diem (acronimo di CArdio-Renal PEdiatric DIalysis Emergency Machine) non è stata costruita da un’industria, bensì è nata dalla collaborazione dei medici dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, guidati dal dott. Claudio Ronco, con ingegneri esperti in biotecnologia. Tutto è partito alla rovescia, quindi, dalla necessità di chi sul campo si trova a dover risolvere problemi di questo genere. Questa macchina non è stata brevettata poiché chi l’ha concepita non intende guadagnarci e anche le aziende che ora la producono hanno assunto l’impegno di donarne una a un ospedale pubblico ogni 10 macchine vendute.

78


INSUFFICIENZA RENALE CRONICA: UN QUADRO CLINICO SUBDOLO E SOTTOSTIMATO Un ambito completamente diverso è quello dell’insufficienza renale cronica, situazione clinica non frequente, ma molto sottostimata. Il Professor Giuseppe Remuzzi, nefrologo di fama mondiale, iniziava spesso le sue relazioni sull’argomento affermando: «Il cuore batte, il polmone respira, il rene invece non fa rumore, per cui si può arrivare all’insufficienza renale terminale senza avere la minima idea di quello che ti sta succedendo». A conferma di questo, un amico trapiantato di rene un giorno mi ha detto: «L’ultima cosa che avrei pensato nella mia vita era quella di avere un problema renale. Quando andavo in bagno avevo delle minzioni abbondanti con una urina cristallina, pura; pensavo che i miei reni fossero perfetti». In realtà, la poliuria da urine “diluite” (ipotoniche) è un segnale che qualcosa non sta andando bene, cioè di un rene che non riesce più a concentrare le urine, ma questo di sicuro uno non lo può pensare. Quando un bambino ricomincia a bagnare il letto di notte potrebbe non essere perché soffre di enuresi, problema frequente in età pediatrica, ma perché il rene non riesce più a concentrare le urine e quindi produce molta più pipì. Il rene non ti dà segnali se non li vai a cercare. Anche la scarsa crescita può essere un indicatore di insufficienza renale, come a volte ci è capitato di riscontrare a posteriori. LA CREATININA La sottostima dell’insufficienza renale è dovuta anche al fatto che il suo indicatore principale, la creatinina (che aumenta nel sangue progressivamente al danno renale) non è un parametro realmente sensibile. Mi spiego meglio: se al momento di donare un rene a mio figlio ho una creatinina di 0,8mg/dL, dopo la donazione la mia creatinina potrebbe essere 0,8 o 0,9mg/dL, quindi praticamente invariata, a fronte di una riduzione del 50% del mio patrimonio renale. Ai pediatri ospedalieri e di libera scelta diciamo di stare attenti ai 79


bambini che sappiamo avere problemi renali, anche se la creatinina sembra normale. Questi bambini hanno una ridotta riserva funzionale renale che in condizioni di maggiore “lavoro”, come in corso di disidratazione da gastroenterite o febbre elevata, potrebbe ulteriormente peggiorare. Sono messaggi che ci sforziamo di diffondere, perché sono poco conosciuti dai non nefrologi. Un altro fatto spiacevole è che il valore della creatinina non viene valutato sempre in maniera corretta. Per esempio, chi legge l’esame a volte non si accorge che il referto del laboratorio riporta i valori di riferimento dell’adulto, anche se l’esame è quello di un bambino. Poiché la creatinina è una sostanza che viene liberata nel sangue a seguito del lavoro muscolare, la sua produzione è ovviamente legata alla massa muscolare. È impensabile che io, che peso 80 kg, abbia la stessa creatinina nel sangue di un lattante. Se la mia creatinina è 0,7mg/dL, la sua può essere 0,2 mg/dL. Se un lattante ha 0,7mg/ dL, non ha la creatinina un po’ alta, come a volte capita di sentirci dire, l’ha esageratamene alta! Ci capita, purtroppo non così di rado, di vedere piccoli pazienti con esami alterati, ma sottostimati. LE “MARCE” DEL RENE Un altro messaggio importante da dare è che nei pazienti pediatrici in insufficienza renale cronica la funzione renale cala inizialmente in maniera lenta e lineare nel tempo fino a quando viene superata una soglia di equilibrio oltre la quale tutto peggiora velocemente. Ci sono però due momenti, i primi due anni di vita e la pubertà, in cui le esigenze dell’organismo sono completamente diverse. Un bambino nei primi due anni quadruplica il suo peso, poi cresce in maniera più lineare fino alla pubertà, quando riparte nuovamente uno sviluppo staturo-ponderale accelerato. Un bambino in insufficienza renale è come una vettura che ha delle marce in meno. Se un’auto avesse solo tre marce, finché procede a 40 o 60 km orari non avrebbe problemi. Se però la vettura deve accelerare, come succede ai bambini nei primi due anni di vita o in adolescenza, senza potere 80


utilizzare la quarta o la quinta marcia, il motore si surriscalda e si danneggia molto in fretta. Per questo motivo, in queste due fasi della vita i pazienti in insufficienza renale sono a rischio di una brusca accelerazione del danno renale. I DIECI COMANDAMENTI Come valutiamo nella pratica la perdita di funzione renale? Il rene esercita molte funzioni, alcune di tipo endocrino (produzione di eritropoietina, attivazione della vitamina D), che in caso di danno renale peggiorano progressivamente. Il compito del nefrologo è quello di quantificare questi deficit, impedendo, con una terapia sostitutiva, che gli effetti legati a una mancanza di funzione possano accelerare il meccanismo di progressione del danno renale (terapia conservativa). Quando arriva in rotazione nel nostro reparto un nuovo specializzando, la prima domanda che gli facciamo, se stiamo per visitare un paziente in insufficienza renale, è se conosce i “10 comandamenti”, non quelli di Mosè, ma quelli del rene. La valutazione della funzione renale in un bambino può essere, infatti, riassunta in dieci parametri, ribattezzati “I 10 comandamenti del rene” dal prof. Giovanni Montini: 1 - Funzione Renale. Ovviamente è il primo parametro da valutare ed esprime la capacità del rene di depurare il sangue dalle sostanze tossiche come l’urea (che deriva dalla degradazione delle proteine), oppure dai prodotti di scarto come la creatinina, correlata al metabolismo muscolare. Un rene che non funziona correttamente perde progressivamente questa capacità e l’organismo incomincia ad accumulare nel sangue diverse sostanze dannose. La spia della ridotta funzione renale è rappresentata dai livelli di creatinina, di urea ed acido urico che aumentano progressivamente nel sangue. È quindi importante nei soggetti pediatrici valutare i livelli di creatinina con attenzione, ricordandosi sempre di rapportarli all’età. 81


L’INTERAZIONE FRA

PUBBLICO E PRIVATO ONLUS E RETI


I NOSTRI BAMBINI, LE FAMIGLIE, I MEDICI, I VOLONTARI PROF. GIOVANNI MONTINI Giuliana e Bernardo Caprotti Chair of Pediatrics Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità Direttore UOC Nefrologia Dialisi e Trapianto Pediatrico IRCCS Fondazione Ca’ Granda, Policlinico di Milano Presidente del Consiglio Scientifico e membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Il Sogno di Stefano Onlus

Faccio il nefrologo pediatra e da sempre mi occupo di malattie renali del bambino. Da luglio 2015 lavoro presso la Clinica Pediatrica De Marchi del Policlinico di Milano, dove sono direttore della unità operativa complessa di Nefrologia, dialisi e trapianto pediatrico. Sono anche professore universitario di Pediatria e mi onoro di ricoprire una delle poche cattedre italiane finanziate da privati, istituita da Giuliana e Bernardo Caprotti e dedicata proprio ai bambini con malattie renali. Mi laureo a Padova, con un grande maestro della nefrologia pediatrica, il prof. Gianfranco Rizzoni, divenuto poi direttore della Nefrologia del Bambin Gesù. Mi specializzo presso la stessa Università, prima in Pediatria e poi in Nefrologia. Ho lavorato a Padova per 20 anni e quindi a Londra per due. Sono arrivato a Bologna nel 2008, dove, grazie alla presenza di uno stimolante gruppo di tre entusiasti medici, ho avuto la possibilità di iniziare l’avventura della Nefrologia pediatrica della regione Emilia-Romagna, avventura che si è rivelata vincente. Questa nuova realtà è cresciuta in fretta, diventando maggiorenne in molto meno dei classici 18 anni e rapidamente prendendo un posto di rilievo tra le realtà italiane, in grado di seguire bambini complessi con questo tipo di patologia. 125


Il bisogno di avere dei reparti ospedalieri e dei medici pediatri dedicati alle malattie renali, che sono fortunatamente rare nel bambino, è legato da una parte alla estrema specificità e rarità di queste malattie e alla necessità di prendere in carico a 360° (aspetti medici, dietetici, psicologici, sociali, scolastici) il bambino e la sua famiglia e, dall’altra, al carattere di cronicità che talora queste malattie hanno. La parola “cronico” ha un connotato molto pesante per noi medici pediatri, che abbiamo il dovere di garantire una buona e lunga aspettativa di vita ai bambini che curiamo. Proprio per questa complessità di presa in carico, durante il mio periodo di lavoro padovano ho sentito il bisogno di un aiuto esterno per la gestione di questi bambini e le relative famiglie. Si trattava di risolvere aspetti da una parte complessi e importanti, come quello di supportare una famiglia che si rivolgeva al nostro reparto da altre regioni, fornendo un alloggio e talora anche un supporto economico, e, dall’altra, anche semplici e pratici aspetti come la presenza di un volontario per permettere alla mamma di un bambino ricoverato di uscire dal reparto per piccole ma necessarie esigenze pratiche. Pensavo, ma non ci speravo, anche alla possibilità di avere un sostegno privato per la ricerca, aspetto fondamentale del progresso, in termini di diagnosi e cura delle malattie. Con questa idea in testa, ho chiesto ad alcuni cari amici e ad alcuni genitori di pazienti o ex pazienti di aiutarmi a costituire una associazione Onlus. Con grande entusiasmo e, all’inizio, anche un po’ di inesperienza, a maggio del 2004 nasce Il Sogno di Stefano, con la speranza di poter esaudire alcuni dei sogni di Stefano, un ragazzo morto in dialisi, e della sua famiglia. Da allora si sono aggiunti molti nuovi amici e sostenitori e l’associazione continua il suo non facile percorso realizzando molti dei sogni dei nostri bambini e sostenendo i medici anche nella loro attività di ricerca. Uno dei motivi che permette al Sogno di Stefano un’azione efficace è la presenza di tre componenti diverse al suo interno: il genitore del bambino malato, che conosce le criticità della gestione della malattia all’interno e all’esterno dell’ospedale, il medico, che conosce le possibilità e i limiti della scienza medica, e la figura del 126


volontario, con la sua grande voglia di mettersi a disposizione di chi ha più bisogno. Con il mio passaggio a Bologna, l’Associazione offre la sua piena disponibilità a sostenere il nuovo reparto anche in questa città, oltre a Padova. Il buon funzionamento del Sogno di Stefano mi ha spinto a costituire una rete di tutte le associazioni che si occupano di malattie renali nel bambino in Italia, per permettere una sinergia di azione sul territorio nazionale e ottenere una maggiore sensibilità a questa problematica. Questa rete, denominata Ma.Re (Malattie Renali), ha finalmente iniziato a muovere i primi passi, assieme alla Società Italiana di Nefrologia Pediatrica (SINePe). Ringrazio Bruno Damini per la passione con cui ha costruito questo originale libro, assieme a tutti coloro che ne hanno permesso la realizzazione. Sono sicuro che sarà utile a molte famiglie che si trovano quotidianamente ad affrontare problemi pratici di bambini così difficili, tra cui la dieta, strumento fondamentale di una corretta gestione e normale crescita del bambino.

127


LASAGNETTE VERDI AI FUNGHI MISTI INGREDIENTI PER 2-4 PORZIONI PER LA PASTA: 250 G FARINA APROTEICA 65 G SPINACI COTTI 20 G TUORLO D’UOVO 100 G ACQUA PER LA CREMA DI SEDANO RAPA: 300 G SEDANO RAPA 40 G SCALOGNO 150 ML ACQUA (O BRODO DI VERDURE) 5 G OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA PER IL “RAGÙ” DI FUNGHI: 500 G FUNGHI PRATAIOLI ERBE AROMATICHE (TIMO, MAGGIORANA, PREZZEMOLO…) OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA SALE (SECONDO INDICAZIONI DIETETICHE) ALTRI INGREDIENTI: PORCINI SECCHI BURRO

VALORI NUTRIZIONALI peR 100 g ENERGIA 356 k J /84 k cAl GRASSI 0,9 dI cuI AcIdI GRASSI SAtuRI 0,2 cARBOIdRAtI 16 dI cuI zucchERI 1,6 PROtEINE 2,3 SAlE 0,17

1. Sbollentate gli spinaci in acqua per qualche minuto, scolateli,

lasciateli raffreddare e strizzateli bene per rimuovere l’acqua in eccesso, poi tritateli finemente al coltello. 2. In una ciotola unite la farina aproteica, gli spinaci, l’acqua e il tuorlo

d’uovo, mescolate e lavorate fino a ottenere un impasto compatto e uniforme. Lasciate riposare la pasta in frigorifero per almeno 1 ora. 3. Nel frattempo, in un pentolino fate soffriggere l’olio e lo scalogno a

fette, aggiungete il sedano rapa tagliato a cubi, fatelo tostare per qualche secondo e aggiungete il brodo vegetale. Lasciate cuocere a fuoco medio finché il sedano rapa risulterà ben cotto. Frullate cercando di ottenere una crema ben liscia.

142


4. Tagliate i funghi in 4 o 6 spicchi, secondo la dimensione,

stendeteli in una teglia da forno precedentemente foderata con carta da forno, conditeli con un filo d’olio e le erbe aromatiche. 5. Cuocete al forno a 220°C per 10 minuti. Se consentito

dalla dieta, salate leggermente i funghi per evitare il rilascio dei liquidi in cottura. 6. Stendete la pasta allo spessore di 2 mm circa con la sfogliatrice o al mattarello. Tagliatela

della grandezza della teglia che userete come si procede per le comuni lasagne. 7. Sbollentate la pasta in acqua leggermente salata (sale, sempre secondo indicazioni

dietetiche) per 1 minuto circa, fate raffreddare immergendola in un contenitore con acqua fredda e asciugatela disponendola su un canovaccio. 8. Imburrate il fondo della teglia e iniziate “a montare” la lasagna alternando la pasta, la crema

di sedano rapa e i funghi, spolverando leggermente ogni strato con la polvere di porcini ottenuta sbriciolando i funghi essiccati. Nell’ultimo strato disponete soltanto la crema di sedano rapa, la polvere di porcini e qualche cubetto di burro. 9. Cuocete in forno a 175°C per 15 minuti circa.

NB: Poiché la compresenza di spinaci e sedano rapa alza il valore delle proteine, si può anche rinunciare agli spinaci creando una lasagna bianca. Gli ingredienti aggiunti dovranno sempre essere inseriti con le grammature previste in dieta.

143


RISO ALLO ZAFFERANO AL SALTO CON RAGÙ ROSSO DI SEDANO RAPA INGREDIENTI PER 2-4 PORZIONI PER IL RISO: 200 G RISO APROTEICO 400 ML BRODO VEGETALE (O ACQUA) 0,3 G ZAFFERANO 2 G SALE (SECONDO INDICAZIONI DIETETICHE) PER LA PASTELLA: 250 G ACQUA 125 G FARINA APROTEICA PER IL RAGÙ DI SEDANO RAPA: 350 G SEDANO RAPA 40 G SEDANO 30 G CIPOLLA 30 G CAROTA 60 G CONCENTRATO DI POMODORO 5 G OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA

VALORI NUTRIZIONALI peR 100 g ENERGIA 371 k J/88 kcAl GRASSI 0,6 dI cuI AcIdI GRASSI SAtuRI 0,2 cARBOIdRAtI 19 dI cuI zucchERI 1,4 PROtEINE 0,9 SAlE 0,16

1. Portate a bollore il brodo vegetale, versate il riso aproteico e

portatelo a cottura mescolando di tanto in tanto. Nel frattempo, versate lo zafferano in un recipiente e bagnatelo con un mestolino di brodo caldo: questo gli permetterà di sprigionare tutto il suo aroma e il suo bel colore. 2. Scolate il riso e fatelo raffreddare. Aggiungete il concentrato di zafferano, il sale (secondo

le indicazioni dietetiche) e mescolate accuratamente. 3. Cominciate a preparare il ragù tagliando a dadini il sedano rapa le altre

verdure. In una casseruola soffriggete con un filo d’olio il sedano, la carota e la cipolla; quando saranno dorati unite il sedano rapa e il concentrato di pomodoro, lasciate cuocere per 15 minuti circa.

144


Se il ragù risultasse troppo asciutto bagnatelo con un mestolino di brodo vegetale: il risultato dovrà essere un sugo quasi cremoso. 4. Realizzate la pastella aggiungendo la farina aproteica all’acqua,

aiutandovi con una frusta da cucina per evitare che restino dei grumi. In una terrina, unite 80 grammi di riso a 20 grammi di pastella e mescolate delicatamente. 5. Riscaldate, a fuoco medio-basso, un padellino antiaderente del diametro di 16 cm (per

ottenere due porzioni) o di 10-12 cm per ottenerne quattro. Ungete il fondo con un filo di olio e, con l’aiuto di un cucchiaio bagnato, disponete ½ o ¼ del riso nel tegame livellando il più possibile la superficie in modo da ottenere un disco dello spessore di 1 cm circa. Fate dorare su entrambi i lati e procedete fino a esaurimento del riso, serbando in caldo i dischi ottenuti. 6. Ultimate disponendo, in ogni piatto, uno strato di ragù – per ottenere un bell’effetto aiutatevi

con un coppapasta della stessa dimensione del padellino utilizzato – ricoprite un disco di riso al salto e servite.

145


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.