Subbuteo ...o son desto?

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Nicola “Delez” Deleonardis

Subbuteo ...o son desto?

MINERVA EDIZIONI


Subbuteo ...o son desto?

di Nicola “Delez” Deleonardis

Direttore Editoriale: Roberto Mugavero Editor: Giacomo Battara © 2010 Minerva Soluzioni Editoriali srl, Bologna Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi. Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata. ISBN: 978 88 7381 342 2 Minerva edizioni Via Due Ponti, 2 - 40050 Argelato (BO) Tel. 051.6630557 - Fax 051.897420 http://www.minervaedizioni.com e-mail: info@minervaedizioni.com


Indice Prefazione di Carlo Nesti

p. 7

Introduzione

p. 9

Cenni storici

p. 13

Piccoli calciatori crescono

p. 17

Le tavole della legge

p. 21

Evoluzione della Specie

p. 27

Lo scrigno del tesoro

p. 32

Le interviste: Alessandro Forti

p. 43

Stefano de Grandis

p. 49

Enrico Testa

p. 55

Fabrizio Failla

p. 61

Marco Mazzocchi

p. 65

Riccardo Cucchi

p. 69

Enrico Letta

p. 75

Giorgio Prodi

p. 81

Luca Sofri

p. 87

Enrico Brizzi

p. 91

Andrea Mingardi

p. 97

Nicola “Faso” Fasani

p. 105

Gianmarco Tognazzi

p. 115

Max Pisu

p. 121

Fabrizio Fontana

p. 127

Leonardo Manera

p. 135

Cristian Servidei

p. 139

Gianluigi Buffon

p. 143

Appendice un’intervista in più

p. 147

Non solo calcio

p. 151

Rotte di navigazione

p. 154

Consigli per gli acquisti

p. 157

Ringraziamenti

p. 159

Restauro di Alex Rota

p. 161



Dal 2006 l’associazione di Volontariato “GIULIa” Onlus concentra la propria attività su un progetto mirato ai bambini del territorio ferrarese colpiti da patologie oncologiche. La nostra raccolta fondi è infatti finalizzata al mantenimento di una figura professionale, quale uno psico-oncologo, che, in collaborazione con il Servizio di Psico-Oncologia dell’Unità Operativa di Clinica Psichiatrica dell’Università e AUSL di Ferrara, sia in grado di accogliere e sostenere il piccolo paziente e la sua famiglia nel difficile cammino della malattia. Tale attività è già operativa presso : 1. L’Unità Operativa di Clinica Pediatrica dell’azienda Ospedaliero-Universitaria arcispedale S. anna di Ferrara a sostegno dei bambini affetti da patologie oncologiche nel percorso della malattia e dei trattamenti medici e inoltre a sostegno dei familiari dei piccoli malati. 2. Le sedi ospedaliere dell’Azienda AUSL di Ferrara a Cento, Lagosanto e argenta a sostegno dei bambini costretti ad affrontare la malattia o la perdita di un genitore malato di tumore. Ridurre l’angoscia, fornire al bambino e al suo gruppo familiare un aiuto concreto in questo percorso così complesso è l’obiettivo prioritario del progetto. A ciò si affianca l’attività dell’Associazione Giulia Ricerca che, in stretta collaborazione con le strutture sanitarie e universitarie, ha lo scopo di sostenere progetti di ricerca e formazione diretti a medici, infermieri e psicologi in oncologia e psico-oncologia pediatrica www.associazionegiulia.com


al mio compagno di giochi di tutta una vita mio fratello alberto (Pardo) “L’uomo non smette di giocare perché invecchia, invecchia perché smette di giocare” G.B. Shaw


Prefazione

Non è presunzione. è realtà. Sono convinto di essere stato uno dei primi, se non il primo italiano, ad “importare” il Subbuteo nel mio Paese, ovviamente da semplice “cliente”. È avvenuto alla fine degli anni Sessanta, durante un viaggio pasquale a Londra, con la complicità di un padre innamorato, quanto me, del calcio. Altro che elettronica e videogames! Allora le partite si giocavano su di un campo verde smeraldo, quello della fantasia, ed era fantastico anche solo ammirare i colori delle maglie, suggestione unica per chi aveva l’occhio allenato, esclusivamente, al “bianco e nero” della televisione. L’immaginazione che si concretizzava. Camminavi per le strade della capitale inglese, salivi sui famosi bus rossi a due piani, coglievi in giro ancora qualche gentiluomo in bombetta ma, soprattutto, coniugavi la musica dei Beatles con i movimenti delle pedine. Ricordo le partite illuminate dai riflettori a pile, che simulavano quelli veri, e che ricostruivano il fascino delle sfide in “notturna”. Imperdibili! Noi, bambini negli anni Sessanta, quasi adolescenti, avevamo già il calcio balilla, ma la staticità dei giocatori, bloccati da tubi di metallo, tristemente rossi o blu, blu o rossi, senza alcuna variante, non riuscivano a trasmetterci le emozioni “contemplative” del Subbuteo. A volte, era più bello guardare le pedine che non giocare.


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Chissà se ci sarà almeno un giovane, al di sotto dei venti anni, il quale capisca quanto calore c’è nel mio ricordo! Oggi è tutto diverso, tutto perfetto, tutto “realistico”. Ma la creatività non accetta nessun vincolo: nemmeno quello dei software più sofisticati. La creatività è un cavallo selvaggio che frusta l’erba delle praterie. Ed il Subbuteo era “creatività”.

Carlo Nesti


Introduzione

Mi sarebbe piaciuto scrivere un libro per soli “iniziati”. Una specie di guida, di manuale esoterico per una fantomatica “Loggia” segreta, i cui componenti si ritrovano dopo tanti anni per praticare i propri riti in una cantina nascosta e male illuminata, sulla base di regole scritte nella notte dei tempi e tramandate verbalmente. Tutto questo nella convinzione di poter trattenere il più possibile i ricordi di periodi spensierati e di non corromperli dal continuo fluire del Tempo che passa... Invece ho pensato: perché non cercare di far avvicinare quanta più gente, specialmente giovane, a quello che fu definito (a giusta ragione, secondo me) “il più bel gioco del mondo”? Il Subbuteo era negli anni Settanta, a mio avviso, l’espressione massima del divertimento. Si, è vero: c’erano la Polistil con le sue piste, o la Rivarossi e la Lima coi suoi trenini. C’erano l’Airfix o l’atlantic con i soldatini o la Matchbox con le macchinine. Ma il Subbuteo era l’apoteosi dell’immedesimazione (calcistica) per noi ragazzini. Per “essere” Rivera o Mazzola, Boninsegna o Riva avevi due soli modi: andare in qualche giardino o campetto, con un fac-simile di maglia da calcio addosso, un pallone spelacchiato e due borse o sacchetti a mo’ di porta e correre dalle 16 alle 20 come un matto (prima io facevo i compiti…); oppure comprare una confezione (ora ho imparato: si dice “Set”…) del Subbuteo, stendere il panno (maga-


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ri su un pezzo di truciolato, se avevi lo spazio in casa e l’autorizzazione dei genitori) e giocare “a punta di dito” fino allo sfinimento. Personalmente seguii la seconda filosofia, anche perché ogni volta che giocavo a calcio correvo, sudavo e mi ammalavo. Il Subbuteo fu probabilmente la versione del football alla quale andai più vicino, dal punto di vista agonistico. Per chi ama il calcio, per chi lo ama come una specie di inevitabile medicina che ti deve accompagnare per tutta la vita (scusate l’apparente contraddizione, ma per un ipocondriaco come me, la metafora è molto azzeccata), il vedere (e subire) in questi lunghi anni diverse mutazioni, diciamo, genetiche, dell’arte pallonara, ha portato dubbi e malesseri malcelati che sono sfociati nell’inevitabile e rassegnato refrain: “era meglio il calcio di una volta”. Noi che abbiamo visto Zoff prendere con la mano i retropassaggi di Scirea (perdendo così almeno dieci minuti di tempo a partita), i fuorigioco di Pruzzo o Graziani (a prescindere che si disinteressassero o meno del pallone) ed i replay con la “R” in alto a destra che lampeggiava sullo schermo (quando la regia riusciva a mandarli in onda, mica con 20 telecamere come adesso…), abbiamo dovuto subire anche l’affronto della fine del Subbuteo. Basta. Chiuso. Non lo produciamo più. Nessuno ci gioca più, dissero. Non è più di moda! A dir la verità già da qualche anno è stato riproposto un gioco simile, il “Calcio da Tavolo”. Buono, anzi ottimo tentativo di riportare in auge il “Flick to kick”.


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Ma, sinceramente, mi affascina alla stessa maniera del calcio attuale. Sarebbe proprio da dire: “non è più il Subbuteo di una volta”. Nuovi materiali, basi piatte che permettono di fare il campo in lungo ed in largo senza più difficoltà o finesses tecniche (gli omini una volta erano posizionati su una base “basculante”, una sorta di tronco di cono che creava quel tipico ondeggiamento e che permetteva quei tipici tocchi a giro, gioia e dolori di lunghi pomeriggi subbuteistici). La “muscolarità” e velocità del calcio attuale proiettata sul panno verde. Che manco più è un panno…. Ma qualcosa si muove, eccome se si muove. Sarà grazie all’età ed alla tipica regressione infantile, che in questo periodo della vita (il quarantesimo anno) spesso accompagna il maschio italico, molti gruppi di amici (le “Logge”!!), grazie a questo “minimo comune multiplo”, si sono ritrovati, magari dopo lungo tempo. Il Subbuteo sta risorgendo. Per la gioia dei padri (o di chi ne fosse in età...) e, speriamo, dei figlioli, che guardano fra lo stupito ed incuriosito le evoluzione digitali di “ragazzini” over 40, i quali, con una ritrovata libido agonistica, schierano sul panno appena stirato da mogli o madri, perlomeno perplesse, le proprie squadre acquistate su eBay, dipinte con le maglie di quarant’anni fa da ormai sepolte casalinghe del Kent (maglie senza sponsor, ovviamente..), ricalcando vetusti moduli di gioco degli antichi saggi allenatori. Sapevo che avrei trovato pane per i miei denti. Il Subbuteo è stata un’icona generazionale. Ben pochi


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hanno resistito al fascino del campo verde e dei suoi omini di plastica, pronti a contendersi quella specie di pallone da spiaggia che incombeva su plastici portieri, spesso appesantiti da grumi di colla che li fissavano alle loro asticelle, prolungamenti delle nostre piccole dita. Pochi avrebbero potuto resistere a tutto ciò, anche solo per poter aver la scusa di passare il pomeriggio o la serata con gli amici, tutti insieme, a casa di quello che spesso aveva il papà più ricco, dopo lunghe e noiose ore di scuola, affrontandoci in campionati senza fine. Ecco, da tutti questi ricordi che ognuno degli intervistati possedeva (e che condividevo), da tutte queste sensazioni ed emozioni, da tutta questa storia, magari sepolta sotto qualche strato di sopraggiunta responsabilità paterna, lavorativa o familiare, da questa onda emozionale è scaturita l’idea di creare questo libro. Raccogliendo le “fotografie” della propria infanzia ed adolescenza che ogni personaggio aveva in mente, pubblicandole con queste interviste. Mi scuso sin da ora per la ripetitività di alcune domande, ma ho voluto appositamente rendere omogeneo e focalizzato su pochi temi il rapporto che intercorreva fra il gioco e la sua “filosofia”, fra quello che era la mentalità degli adolescenti anni fa e quella attuale. Grazie Subbuteo, per tutta quella gioia di stare insieme che ci hai concesso di avere. Anche dopo tanti anni. Ancora.


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HW VS LW Eh, bella questione.... Fare questa domanda ad un appassionato del Subbuteo è come chiedere se si era “tifosi” dei Beatles o degli Stones negli anni Sessanta o dei Duran Duran o degli Spandau negli anni Ottanta.... siamo pronti ad una guerra di religione? La differenza è quasi filosofica, se mi permettete l’esagerazione. Ed anche generazionale, volendo. Il “peso massimo” del Subbuteo è una miniatura che nasce per esprimere la caratteristica principale del gioco: il “girello”. La forma della figurina, la sua caratteristica base “a barretta” ed il pesetto incollato dentro sono l’essenza del gioco nel periodo degli anni Settanta e primi anni Ottanta, a differenza del “peso leggero” che ha come caratteristica la miniatura incastrata nella base grazie ad una specie di “bottoncino” e, ovviamente, un peso minore rispetto alla HW, con un approccio alla palla completamente differente. Ma c’è anche una diversa visione estetica che divide gli “H-vuisti” dagli “L-vuisti”. Le HW erano tutte dipinte a mano, figlie di un lavoro quasi schiavista (le “massaie”, e non solo loro, che lavoravano alla pittura ed assemblamento dei giocatori erano pagate pochissimo, con obblighi di produrre centinaia di omini la settimana), ma con quei colori pastello e quelle divise che erano (e sono) la gioia di giocatori e collezionisti. La loro immagine è un po’ il riassunto di coloro che ricordano il calcio di una volta come vera espressione di quello sport, quando le maglie delle squadre era-


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no due, una da casa ed una trasferta. Le LW invece nascono negli anni Ottanta, quando decolla non solo il calcio come business mediatico ma anche quando è necessario avere un catalogo di offerta di squadre “bulimico”. Infatti le maglie “indossate” dagli omini LW diventano fino ad 800 proponendo, grazie alla produzione industriale delle figurine ed alla pittura delle stesse con stampanti, anche le divise più nuove (e meno note). Mentre una volta con la reference numero 1 (maglia rossa, pantaloncino bianco) e con la numero 2 (maglia blu e pantaloncino bianco) si poteva giocare un campionato, con le LW ci sono anche le maglie da trasferta delle squadre più dimenticate. Tutto molto bello e “realistico”ma, com in tanti altri campi del resto, il “romanticismo” diventa un lontana emozione....


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Evoluzione della specie Degno di un trattato di Darwin, ecco l’evoluzione delle miniature nel tempo, di come siamo lentamente passati dal bidimensionale al tridimensionale (e ritorno...), utilizzando diverse rappresentazioni della plasticità del corpo umano, da quella più “umana” delle HW a quella “disumana” dei cosiddetti “Zombie”. flat CarDboarD

Figure bidimensionali in cartone con i colori delle maglie stampati. Fu questa del 1947 la prima figura del Subbuteo, e comprendeva una serie limitata di squadre. Si rifacevano in maniera evidente alle figure del “New Footy”. All’inizio dovevano essere ritagliate e applicate alla base, mentre qualche tempo dopo erano fornite già ritagliate e pronte per esservi attaccate.

flat CelluloiD

Differivano dalle precedenti soltanto dal materiale. Il cartone venne infatti sostituito dalla plastica, più dura e resistente. Disponibili circa 50 squadre (quasi tutte inglesi, scozzesi e solo alcune nazionali), furono realizzate nei primi anni ‘50 fino ai primi anni ‘60. Queste figure si potevano trovare da assemblare alle relative basi o già precedentemente fissate.

original Heavy WeigHt

Le prime figure in scala 00 tridimensionali. Gli omini venivano dipinti a mano ed avevano la maglia con le maniche corte ed il colletto a “V”. Ottima evoluzione delle figure precedenti avevano però una postura particolare. Sempre disponibili circa 50 squadre, furono realizzate nei primi anni ‘60. Fu questa prima grande rivoluzione a far crescere in maniera decisiva il Subbuteo.


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Classic Heavy Weight

Dipinte a mano e con una posa più naturale, queste figure sono da sempre le più apprezzate. Furono realizzate circa 350 squadre tutte prodotte dal 1967 fino ai primissimi anni Ottanta. Attualmente sono le più ricercate e collezionate. Prodotte anche in versione speciale per alcune squadre italiane e nazionali dalla ditta Parodi di Genova che era la distributrice italiana del gioco. L’omino è attaccato alla base mediante una “barretta”.

Classic Heavy Weight Dwarf

Questa figura è praticamente la stessa della precedente solo un pò più tozza. è infatti leggermente più bassa e con il busto un pò meno slanciato. Mi sono reso conto di avere nella mia collezione anche questo tipo di omino (diverso dalle normal HW Classic) solo dopo aver visitato il sito LittlePlasticMen, l’unico mi pare a menzionare questo tipo di figura.

Moulded Walker

Questa “sperimentale” figura, come le successive “moulded” (quattro versioni in tutto), fu disponibile solo per un breve periodo di tempo nei “Box-Set” negli anni Settanta. Tutte avevano la particolarità di avere la figura e la base unite in un unico blocco. Dal nome di queste varie figure se ne comprende la loro peculiarità. In questa “Walker” per esempio il giocatore sembra camminare.

Moulded Classic Heavy Weight

Prende questo nome perché la figura assemblata alla base è una Classic Heavy weight. Non sembra esserci alcun’altra differenza con le Classic Heavy Weight. La maggior parte di queste figure “moulded” (la stessa considerazione vale anche per le altre) trovandosi solo come detto nei Box-Set avevano la maglia rossa, bianca o blu. Poche versioni tuttavia vennero realizzate con altre casacche, alcune nazionali (Inghilterra su tutte) e poche squadre di club inglesi.


Subbuteo MoulDeD sCareCroW

Questo nomignolo è stato dato molto probabilmente per la brutta forma e posizione di questa figura, che fa sembrare il giocatore uno spaventapasseri. Da notare i capelli lunghi di moda in quel periodo, le gambe e le braccia magre troppo divaricate. Probabilmente la più brutta figura mai realizzata.

MoulDeD WingeD sHort

Questa figura ha i pantaloncini con le “ali”. Un po’ sproporzionata, ha infatti le braccia troppo lunghe ma soprattutto le gambe troppo corte.

zoMbie

Figure in posizione anomala (da qui il negativo soprannome) furono il primo tentativo per la pittura a macchina (ne esistono comunque anche dipinte a mano). Non molto amate queste squadre furono disponibili dal 1979 al 1981. A testimonianza della loro poca popolarità, non esiste neanche un catalogo ufficiale che riepiloghi le squadre realizzate.

HybriD

Dipinte a mano sono le figure delle Classiche HW (qualche piccola differenza mi sembra però di notarla) montate su basi a “tondino” introdotte con le Zombie. Furono realizzate agli inizi del 1980 per alcuni anni dalla ditta italiana “Parodi”, in contrapposizione alle “Zombie” che avevano ricevuto dalla critica ben pochi apprezzamenti. Poco collezionate dai subbuteisti, hanno però un’ottima giocabilità.

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Light Weight

Queste figure più leggere, dipinte a mano solo per qualche mese, furono le più prodotte. La loro realizzazione iniziò nel 1981 e nella fase di maggior sviluppo (verso la fine degli anni Ottanta) si poterono contare più di 800 squadre. Col passare degli anni le maglie furono sempre più dettagliate e precise, con addirittura la stampa degli sponsor. Realizzate fino al 2003 si rende necessario suddividere le Lw in altre due “sezioni” (LW Hasbro e LW Parodi) anche se le modifiche furono poco evidenti.

Light Weight (Hasbro)

La differenza sostanziale è relativa alla base. Nelle vecchie LW le squadre venivano vendute già attaccate alla base, mentre nella versione “Hasbro” sono staccate e pronte per essere, molto semplicemente, assemblate. Parte di questa produzione iniziava ad avere la base leggermente più piatta. L’assortimento delle squadre fu ridotta rispetto agli anni precedenti.

Light Weigth (Parodi)

Queste Light Weight furono le figure che la ditta Parodi lanciò nel biennio 2002-2003. Nel primo anno la differenza con le Hasbro era che le figure tornarono ad essere dipinte a mano, mentre nella versione del secondo anno di produzione, la base era foggiata con un leggero scalino “smussato”.


Subbuteo zeugo

Simili alle classiche HW vennero dipinte a mano. Prodotte sotto il marchio “Zeugo” in teoria non dovrebbero essere catalogate come variante delle figure “Subbuteo”. La ditta genovese (“Zeugo” significa “gioco” nel dialetto del capoluogo ligure) aveva solo intenzione di non far sparire il Subbuteo, come invece sembrava intenzionata a fare la Hasbro, ed è per questo che il “Zeugo” va sicuramente menzionato.

nuovo SUBBUTEO 2005

Sembra di essere tornati al 1950!!! Solo che ora i giocatori sono raffigurati su una sagoma piatta di plastica e mostrano la reale immagine del calciatore con la relativa maglia della squadra di appartenenza. Disponibili solo 9 squadre di club europei.

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Riccardo Cucchi - cronista sportivo Riccardo, il primo ricordo che ti viene pensando al Subbuteo… Mio padre. è purtroppo scomparso recentemente. Fu lui a portare a casa il primo campo di Subbuteo, lui a costruire l’intelaiatura di legno sulla quale appoggiarlo, lui a regalarmi le prime due “squadre”. E soprattutto fu proprio con mio padre che cominciai a giocare. Interminabili sfide piene di agonismo e di ricerca dei “colpi” più spettacolari. Pensa che passavamo ore, uno all’insaputa dell’altro, ad allenarci. Conservo ancora un consunto quaderno nel quale sono appuntati risultati e marcatori. Proprio marcatori, perché i nostri calciatori in miniatura avevano i numeri e ad ogni numero corrispondeva un calciatore “reale”. Per redigere il calendario ricorrevamo ad un vero e proprio sorteggio... Il calcio è un po’ il leitmotiv della tua vita. Il Subbuteo è stato per te un primo approccio “lavorativo”, una palestra per le telecronache? è vero. Giocavo e raccontavo le azioni della mia squadra e quelle dell’avversario. La mia gioventù si è nutrita di poche passioni: i romanzi, tutto il calcio minuto per minuto, l’atmosfera dello stadio la domenica ed il Subbuteo. Non ero un gran calciatore. Doti tecniche scarse, malgrado il grande amore per questo sport. Giocare ad imitare Ameri e Ciotti rappresentava una piccola rivalsa sul fatto che i miei amici mi


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relegavano a ruoli secondari nelle nostre partite sui campi polverosi. Ma a Subbuteo me la cavavo bene aneddoti particolari o ricordi speciali legati al Subbuteo? Avevo una collezione straordinaria di squadre. Italiane e straniere, di club e nazionali. Una gamma infinita di colori. Eppure non ero contento di alcune maglie dei calciatori in miniatura. La mia mania per il realismo mi spinse ad acquistare squadre in completo bianco e, armato di colori da modellismo, dipingevo le piccole pedine con i colori più vicini a quelli che apparivano sull’album delle figurine. Ma ero pieno d’orgoglio quando invitavo qualcuno a giocare con me, mostrando un campo sempre più ricco di dettagli. Tribune, recinto, pubblicità (ritagliata dai giornali e incollata su mini-tabelloni) e persino illuminazione per la notturna. Ma il massimo del realismo erano i fotografi e i barellieri a bordo campo. Uno spettacolo! Nella tua carriera hai visto il calcio cambiare completamente. anche il Subbuteo è diventato un ricordo per diversi anni, passato di moda. Siamo démodé noi che ci emozioniamo nel vedere un calcio più lento e tecnico di quello attuale muscolare e veloce e che riprendiamo in mano le vecchie figurine o c’è bisogno di un riavvicinamento ai “vecchi valori”? Più che demodé, forse siamo romantici. Il gusto del gesto tecnico è qualcosa che oggi ha meno valore. Ritmo più lento? Indubbiamente. Perché c’era più attenzione alla giocata che al contatto fisico. Per-


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mettimi un paragone. Con mio figlio ho fatto come mio padre. L’ho allevato al Subbuteo. Poi sono arrivati i giochi elettronici, le simulazioni. E mi sono trovato da solo a contemplare il mio stadio di Subbuteo deserto. Ma la frenesia del gioco in Tv, la sua velocità, non saranno mai pari al gesto cercato con la punta del dito, alla dimestichezza nel cercare il “ tiro ad effetto”, alla giravolta per dribblare l’avversario . è un po’ come nel calcio reale. Rivera forse era più lento. Ma non è detto che, nel calcio come nella vita, andare di corsa sia un valore. Il valore è nel gesto, elegante e spettacolare. a proposito: il fair play. Valore ormai passato completamente di moda sembrerebbe, sia in campo che in altri campi della vita. Nel regolamento del Subbuteo si faceva espressamente indicazione alla sportività come valore essenziale. Dobbiamo far giocare più a Subbuteo i giovani d’oggi? Pensiamoci. Questo costante richiamo al fair play è il segno che dobbiamo ricordarci di metterlo in campo perché ce ne siamo dimenticati. Richiamare un valore significa che quel valore si sta smarrendo. Dovrebbe essere implicito: sport uguale lealtà. La cultura della vittoria prevale sulla cultura del competere per mettersi alla prova. Vincere con il trucco, e insisto nella vita come nello sport è pensiero troppo diffuso. Ma non so se il Subbuteo, da solo, sia in grado di rovesciare questo modo di avvicinarsi alle sfide.


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Giochi ancora o hai ancora materiale di quando giocavi? Non gioco più. Ma i miei calciatori sono ancora tutti li, nelle loro scatoline verdi. Il campo è impolverato e bisognoso di lavori di ristrutturazione. Un po’ come alcuni nostri stadi. Ma basterebbe poco per farlo tornare ai fasti del passato C’era qualche squadra in particolare alla quale eri legato? C’è, ma non posso rivelarlo. Nel nostro mestiere l’imparzialità è fondamentale. E rivelare una pur minima simpatia significherebbe creare pregiudizi in chi ci ascolta. Sono della vecchia scuola: tutti i tifosi e tutte le la squadre devono godere della stessa considerazione. Ogni tanto qualche ascoltatore mi scrive per affibbiarmi quella o questa squadra. Ci sono tutte o quasi quelle di serie A. è la conferma della mia imparzialità. Un futuro subbuteistico per Riccardo Cucchi? Il problema è trovare un nuovo compagno di giochi. Mai dire mai...


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Riccardo Cucchi nasce a Roma il 31 agosto 1952. Laureatosi in Lettere, nel 1979 viene assunto alla Rai dopo aver vinto un concorso per radio-telecronisti. all’inizio degli anni Ottanta comincia a lavorare per Tutto il calcio minuto per minuto insieme a voci storiche della trasmissione come Sandro Ciotti, Enrico Ameri, ed Alfredo Provenzali esordendo in Campobasso-Bari (per la cronaca finita 0 – 0). Oltre al calcio segue anche canottaggio, scherma ed atletica leggera, sport quest’ ultimo di cui commenta, nel 1992, le gare alle Olimpiadi di Barcellona. Dal 1994 sostituisce Sandro Ciotti come radiocronista della Nazionale; Il 14 Maggio 2000 racconta l’interminabile corsa allo scudetto tra Lazio e Juve. Infatti dal Renato Curi di Perugia espose ai radioascoltatori quanto era accaduto cercando di mantenere la contemporaneità con l’Olimpico di Roma, dove la Lazio affrontava la Reggina. Nella partita di Perugia infatti il campo allagato da una fitta pioggia aveva ritardato l’inizio del secondo tempo. Oggi è la voce principale di Tutto il calcio minuto per minuto. Ha partecipato come inviato a sei Olimpiadi ed a cinque Mondiali di calcio, tra cui quello di Germania 2006, di cui ha raccontato la finale. Dall’estate del 2007 è caporedattore della redazione sportiva di RadioRai.


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Enrico Brizzi - Scrittore Ti ricordi la “prima volta” su un campo di Subbuteo? Ai tempi dell’asilo andavo spesso a giocare a casa del mio amico Iuri Giacobbi, che aveva un fratello maggiore proprietario di meraviglie inaudite, fra le quali spiccava uno stadio da Subbuteo: oltre la palizzata verde c’erano tribune sui quattro lati, gruppi folti di spettatori in gradinata e la polizia a vegliare sul corretto svolgimento della manifestazione sportiva. Per anni avrei provato, naturalmente invano, a mettere insieme uno stadio tutto mio: al massimo arrivai a possedere la recinzione, ma l’essenziale era quel che accadeva in campo, il resto si poteva benissimo inventare. Giochi ancora? Con chi eventualmente? Il mio partner subbuteistico è sempre lo stesso: mio fratello Riccardo. Ormai ci riduciamo a giocare una volta all’anno, sotto le feste e se, come portiere, dico ancora la mia, le mie azioni offensive e soprattutto il tiro a rete risentono del poco allenamento… Quanto è stato importante il calcio nella tua vita? Da bambini vivevamo in una realtà inzuppata di calcio: fra le partite epiche in cortile e a scuola, gli album delle figurine, i giornali, i discorsi degli adulti nei bar e “Novantesimo minuto”, tutto ci parlava di calcio. A volte penso che Paolo Rossi, “Spillo” Altobelli, Rummenigge, Platini e Maradona abbiano significato per


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noi quello che Zeus, Apollo e Marte significavano nella vita dei ragazzi di duemila anni fa. Il Subbuteo è stato un must della generazione adolescente negli anni Settanta. Tu sei della generazione dopo quindi giocavi ancora con miniature “a barretta” o con le cosiddette lightweight? Giusta notazione, ma gli anni Ottanta non erano come oggi: i giocattoli del decennio precedente si riciclavano eccome! Così la mia collezione era ibrida: vecchie squadre a “barretta” dipinte più volte e cedute dai cugini e dagli amici più grandi, affiancate da fiammanti team lightweight in confezione vetrina… Le mie preferite di tutti i tempi: Italia, Brasile, Uruguay, Belgio (nella versione Admiral 1982 con due clamorose strisce gialle verticali sulla tradizionale casacca), Bologna (alias Barcellona), Inter, Celtic, Aston Villa, Academica, Fluminense. Purtroppo non riuscii mai a mettere le mani su Cosmos e Los Angeles Aztecs. Il Fair Play dovrebbe essere elemento guida negli sport. La competizione (e la vittoria a tutti i costi) invece sta passando come messaggio primario. Cosa ne pensi? Le vecchie foto con i campioni del mondo inglesi del 1966 intorno a un tavolo da Subbuteo, attorniati da ragazzini, esprimono il giusto spirito. Resta il fatto che i calciatori degli anni Sessanta erano degli sportivi senza bisogno di essere atleti, mentre quelli di oggi sono atleticamente impeccabili ma spesso non hanno idea di cosa significhi essere uno sportsman:


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sono i primi a promuovere uno stile di vita automobilistico ed effimero, è la miglior pubblicità per i produttori di consolle e videogiochi. Non sono un critico letterario ma mi pare che una delle tematiche più “sentite” nei tuoi ultimi lavori sia il viaggio, inteso anche come percorso della vita. Il Subbuteo (ma in genere l’aspetto ludico, che spesso lo si confonde con l’infantilismo) è stato solo un bel momento della vita o deve essere parte del proprio percorso di vita? Giocare è una componente essenziale della vita adulta: chi se lo nega è stressato e triste. Nei miei lunghi viaggi a piedi, gioisco quando arriviamo ad un paesello e dentro il bar troviamo un “calcio-balilla”: l’imprinting delle estati romagnole è incancellabile. Enrico Brizzi: Classe 1974, è uno dei pochi autori italiani della nuova generazione per cui non c’è bisogno di lunghe presentazioni: il suo romanzo di esordio, “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” lo ha collocato appena ventenne in testa alle classifiche di vendita e gradimento fra i ragazzi. Con l’opera seconda “Bastogne” ed il successivo “Tre ragazzi immaginari”, Brizzi completa un’imprevista e scintillante “Trilogia della Giovinezza”, destinata a costituire un punto di riferimento per i giovani narratori del Paese. Elogio di Oscar Firmian e del suo impeccabile stile segna l’allontanamento di Brizzi dal mondo dei ragazzi, per raccontare una storia d’amore che è anche uno spaccato del mondo editoriale italiano, mentre l’azio-


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ne si sposta nelle acque del Madagascar con il tenebroso Razorama. Fra i due romanzi, Brizzi pubblica una raccolta di racconti centrata sulla vita di quanti si scaldano al fuoco della musica, “L’altro nome del rock”, firmata a quattro mani con Lorenzo Marzaduri. Il romanzo “Nessuno lo saprà. Viaggio a piedi dall’Argentario al Conero” testimonia di una nuova stagione capace di frutti inattesi, come l’omonimo spettacolo di lettura e musica rock, che ha visto Brizzi e la band Frida X calcare una trentina di palchi in tutta Italia. Dopo due titoli grafici (“Apriti Sesamo” per disegni di Bonvi e Bastogne. “Graphic novel” con disegni di Maurizio Manfredi), nel 2006 è la volta del viaggio lungo la Via Francigena, tre mesi di cammino dai quali nascono prima “I diari della Via Francigena”, reportage in cinque puntate per l’Espresso, quindi il romanzo “Il pellegrino dalle braccia d’inchiostro”.

Subbuteo e libri Il Subbuteo viene citato in diverse opere letterarie, specialmente anglosassoni, confermandosi quindi come elemento quotidiano della vita degli adolescenti d’oltremanica, divenendo quasi un sostantivo, un nome proprio di amico piuttosto che un marchio di fabbrica. Irvine Welsh, l’autore del romanzo Trainspotting, menziona brevemente il Subbuteo per bocca del personaggio di Mark Renton, il protagonista, il quale, parlando col fratello maggiore Billy, gli ricorda quando giocavano insieme da piccoli e di giocatori del Liverpool schiacciati con le ginocchia. Sempre


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dello stesso autore, nel racconto The Kingdom of Fife (in Italia pubblicato col titolo Una Testa Mozzata) inserito nell’antologia pubblicata nel 2007 If you liked school you’ll love work, il personaggio principale, Jason King è un disoccupato ex speranza dell’ippica e diviene un giocatore agonistico del Subbuteo, giocando in vari circuiti provinciali ed il Subbuteo stesso è un importante punto di svolta della trama del racconto. Nel racconto semi-autobiografico di David Mitchell, Black Swan Green del 2006, il protagonista, un ragazzino di tredici anni Jason Taylor, racconta di una partita a Subbuteo col padre durante una piovosa giornata estiva del 1982, in un incontro fra il Liverpool ed il Nottingham Forest. Come si vede, il background “a punta di dito” è tipico della cultura britannica e si riflette nelle opere degli artisti inglesi. Ma anche in Italia abbiamo avuto menzione del Subbuteo in letteratura: nel racconto di Niccolò Ammaniti Io non ho paura, che l’autore ambienta nel 1978, uno dei due ragazzi protagonisti, Michele, “scambia” il suo segreto di aver scoperto che in un buco nel terreno coperto da un foglio di plastica vive qualcuno (scoprirà poi essere Filippo, il bimbo rapito dai suoi genitori per un riscatto) con Salvatore, un ragazzo più grande, in cambio della squadra del Lanerossi Vicenza (la reference numero 4).


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Gianluigi Buffon - calciatore Una leggenda metropolitana racconta che tu sia un fantastico collezionista di squadre di Subbuteo (ben oltre cinquecento...). Lo confermiamo, una volta per tutte? Confermo che non è una leggenda metropolitana. La mia collezione è composta da circa cinquecento squadre. Ma come si è formata questa collezione? Sono squadre HW o LW? Si è formata con grande passione e nel corso di molti anni, mantenendo vivo l’interesse ed il piacere di rivivere certe sensazioni giovanili. Le squadre che prediligo sono le LW. Come nel calcio, ci sono partite a cui si è più legati; a quale squadra sei più affezionato? Sicuramente il Camerun, ma anche divise e squadre mitiche, difficili da reperire come il Palermo, la seconda maglia della Juve, Milan ed alcune formazioni della lega statunitense. Sono molto legato alla squadra del Perù, che mi fu donata da mio padre oltre venti anni fa... Come è nato l’amore per il Subbuteo? è una passione iniziata, come spesso avviene, in periodi nei quali i ragazzi non utilizzavano ancora internet ed i videogiochi, che oggi allontanano il piacere di un gioco semplice e romantico.


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Mi racconteresti qualche aneddoto legato al Subbuteo? Si, un grossa delusione fu ricevere in regalo la Russia, la cui confezione lasciava intravedere un solo giocatore. Aprendola, mi accorsi che la formazione non era completa perché qualcuno aveva rubato alcuni elementi! Il Subbuteo si è evoluto o perlomeno è cambiato: le squadre hanno ora una base più piatta, per favorire un gioco più veloce e con più segnature, a scapito dei portieri... Mi ricorda un po’ l’evoluzione del calcio. Ha anche cambiato nome in Calcio da Tavolo. allora era meglio prima, quando tutto (calcio e Subbuteo) erano più lenti, ma più tecnici? Sicuramente è un’evoluzione naturale e necessaria nel calcio. Superflua e sterile, a mio avviso, per il Subbuteo. Il Fair Play. Questo è diventato, purtroppo, un valore sempre meno presente, dai campi di calcio ai banchi della politica, alla vita di tutti i giorni... Come in tutti i giochi, rispettare le regole e l’avversario aiuta a migliorarsi sotto l’aspetto personale. Riesci ancora a giocare? Ed hai mai giocato con colleghi? Talvolta “scendo in campo” con i miei amici di Carrara. Però no, non ho mai giocato con colleghi.


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Gianluigi Buffon è nato a Carrara il 28 gennaio 1978. Scrivere una breve biografia è assolutamente impossibile, vista la sua carriera. Attualmente è portiere della Juventus e della Nazionale italiana. Campione del Mondo con la Nazionale nel 2006. Nello stesso anno è stato premiato dalla FIFa come miglior portiere del Campionato mondiale e si è classificato secondo nella classifica del Pallone d’Oro, dopo il connazionale Fabio Cannavaro. La UEFa lo ha premiato con il titolo di miglior portiere e, unico caso tra i giocatori del suo ruolo, miglior giocatore dell’edizione 2002 - 2003 della Champions League. Nel 2007, per la quarta volta consecutiva dopo il 2003, è stato considerato il miglior estremo difensore in attività dall’IFFHS, organismo che si occupa delle statistiche riguardanti la storia del calcio, che gli ha assegnato nuovamente il premio di Portiere dell’anno. Il 19 gennaio 2009, sempre l’IFFHS lo ha incoronato, prendendo però in considerazione soltanto le stagioni dal 1987 al 2008, miglior portiere della Storia.


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