Una vita a 45 giri

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A mia moglie Andreina, alla quale non finirò mai di voler bene e che mi ha aiutato con grande serenità a superare tutti quegli ostacoli che via via ho incontrato nella vita lavorativa.


Una vita a 45 girI Da San Pietro a Sant’Ambrogio Sanremo

passando per

Aldo Patriarca

Direttore editoriale: Roberto Mugavero Editor: Giacomo Battara Redazione: Martina Mugavero Impaginazione: Francesco Zanarini © 2013 Minerva Soluzioni Editoriali srl, Bologna Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi. Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata. Per le immagini di questo volume l’Editore rimane a disposizione degli eventuali aventi diritto che non sia stato possibile contattare. Finito di stampare nel mese di ottobre 2013 per i tipi della Tipografia Baraldi, Cento (Bo) ISBN 978-88-7381-523-5 Minerva Edizioni Via Due Ponti, 2 - 40050 Argelato (BO) Tel. 051.6630557 - Fax 051.897420 www.minervaedizioni.com info@minervaedizioni.com


Aldo Patriarca

Una Vita a 45 Giri Da San Pietro a Sant’Ambrogio passando per Sanremo

Minerva Edizioni



Indice Premessa

p. 7

Capitolo I L’inizio

p. 9

Capitolo II Il primo Cantagiro

p. 14

Capitolo III 1965-1969: Un pezzo di vita

p. 21

Capitolo IV Phonogram 1969-1979

p. 44

Capitolo V I MIEI SEI MESI SABBATICI

p. 88

Capitolo VI CBS 1980-1982

p. 92

Capitolo VII Il direttore artistico 1982-1987

p. 107

Capitolo VIII

p. 144 DDD – La Drogueria Di Drugolo 1982-1994

Capitolo IX

p. 162

Capitolo X Consulente RAI 1988-2004

p. 176

… e per concludere IL DISCO

p. 195

Ringraziamenti

p. 206

Sezione fotografica

p. 207

COSE DELLA VITA



Premessa Quarant’anni in compagnia del disco generano una miriade di ricordi che ho cercato di mettere in ordine, non senza la dovuta attenzione. Gli eventi discografici nazionali ed internazionali che mi hanno visto partecipe, con gli episodi in essi contenuti e meritevoli di essere raccontati, sono davvero tanti. Dal Cantagiro a Un Disco per l’Estate, dagli spettacoli in RAI al Festival di Sanremo, costellati di tantissime altre manifestazioni collaterali a cui la mia professione mi ha imposto di essere presente, formano tutti un firmamento di ricordi che ho ordinato per non perderne memoria. Tuttavia se, nonostante l’attenzione che ho dedicato alla ricomposizione del mosaico, qualche tessera non dovesse rispettare esattamente la collocazione cronologica, prego il lettore di perdonarmi. Di certo non andrà a modificarne il contenuto che garantisco genuino, nel rispetto di quanto veramente è accaduto e raccontato. Tanto mi stava a cuore premettere.

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Capitolo I L’inizio

Sono le undici di mattina e sto seduto al bar di piazza dei Re di Roma davanti ad un caffè ormai freddo, con “Il Messaggero” tra le mani e la testa piena di pensieri. Rispondo con un cenno distratto a chi, passando davanti al mio tavolino, mi saluta. L’umore è nero anche se il cielo di Roma mi regala una splendida giornata novembrina. Ho ventiquattro anni e sono al primo anno fuori corso di Scienze Geologiche, dove, dopo alterne vicissitudini e un bel po’ di esami dati, mi sono arenato sullo scritto di chimica (stechiometria): ho provato a darlo ben quattro volte; l’ultima tre ore fa senza successo. Il problema è che se non supero lo scritto, non posso sostenere l’orale e senza l’esame di chimica il mio piano di studio è bloccato. Nella mia mente si è insinuato il dubbio che forse l’università non sia stata la scelta migliore. È un’amara considerazione che pone in discussione alcune certezze, tra cui quella di possedere un carattere introverso ma determinato, messo alla prova sin da quando avevo due anni e mezzo con la perdita improvvisa di mio padre, senza capire il perché, ma con l’istintiva consapevolezza che nulla sarebbe stato come prima. Sono deluso e anche indeciso sul da farsi. Giro e rigiro distrattamente e nervosamente il giornale scorrendo qualche titolo. E se cercassi un lavoro? Vado alla pagina delle offerte: mi sembrano tutte uguali, e poi cosa cerco se non ho conoscenze specifiche, a parte le auto e le ragazze?

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Una vita a 45 giri

“Importante società multinazionale cerca giovani, militesenti, automuniti, disposti a viaggiare, di bella presenza, per impiego ben remunerato; se interessati telefonare al numero 416041”. Ecco questa offerta mi sembra più accattivante delle altre. Chiedo al barista un gettone e vado al telefono. Mentre compongo il numero penso che forse sto facendo una sciocchezza; forse posso spiegare alla mia severa madre che riproverò più avanti, che adesso sono stanco… Ma a che pro? Mi risponde una voce gentile di donna. «RCA buongiorno. Mi dica.» «Buongiorno. Ho letto su “Il Messaggero” l’annuncio per un lavoro e sarei interessato.» «Bene. Si presenti lunedì alle nove in via Tiburtina km 12. Puntuale, mi raccomando. Faremo le selezioni.» «Grazie ci sarò. Arrivederci.» La mattinata è umida. Mi sono messo in tiro anche se la faccia è stanca perché questa notte ho dormito poco. Il motivo è che non so cosa mi aspetta, non so di che lavoro si tratta, non sono sicuro che sia stata una buona idea. Arrivo in anticipo per dare un’occhiata al posto. via Tiburtina è una strada larga con prati a destra e a sinistra una serie di costruzioni importanti: sembrano tutti uffici. Subito dopo il GRA, all’angolo con via di S. Alessandro, c’è un grande palazzo sul quale è esposta una bandiera americana. Mi sembra un buon segno. Posteggio e raggiungo il gabbiotto accanto alla sbarra d’ingresso. «Buongiorno.» «Buongiorno, dica.» «Sono qui per le selezioni.» «Mi dia un documento così le preparo il pass per entrare.» Porgo al custode la mia patente e, mentre lui scrive qualcosa, azzardo una domanda. 10


Cap. I / L’inizio

«Scusi cosa fanno lì dentro?» «Dischi.» Mi illumino. Vuoi vedere che ho fatto bingo e girerò il mondo a vendere dischi dei freni per auto! «Senta, fanno dischi solo per auto o anche per camion?» Il custode sorride, quasi sghignazza. «Ahò giovanotto! Dischi, fanno dischi: hai presente quelli piccoli cor buco granne in mezzo e quelli granni cor buco piccolo che messi sur giradischi fanno ’a musica?... I dischi!» Trascorro due settimane nei vari uffici per effettuare colloqui e test di valutazione. Ho saputo che siamo centotrenta: ne prenderanno una ventina. Basterà crederci? Finalmente mi chiama quello che sembra il capo. Ha un sorriso complice, come se fossimo amici da tempo. Mi accomodo in una poltrona di fronte a lui. Parte da lontano. «Lei è molto giovane, inesperto. Per lei sarebbe il primo lavoro e per noi una scommessa! Dalle risposte fornite nei questionari ho saputo che vuole interrompere gli studi. Vorrei capire meglio la sua determinazione!» «Voglio questo lavoro», replico. Mi guarda e sorride. «Sa, per questo, lo vogliono tutti!» «Voglio questo lavoro. Lo voglio più degli altri!» «Va bene», mi dice, «ma non mi deluda. Sappia che sarà dura! Adesso si accomodi dalla mia segretaria, la signora Elena, che le darà tutte le informazioni necessarie per cominciare. Auguri!» Non ricordo le parole dell’affascinante signora Elena se non che devo presentarmi il lunedì successivo alla filiale di Napoli per il corso di formazione. Qualche minuto dopo sono fuori, davanti alla macchina parcheggiata. Ho un lavoro. È l’inizio.

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Una vita a 45 giri

25 novembre 1963. Rita Pavone con i 23 neoassunti dalla RCA. Aldo Patriarca è il quarto in piedi da sinistra. (Foto di Luciano Costarelli) 12


Cap. I / L’inizio

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Capitolo II Il primo Cantagiro

Il negozio è molto conosciuto, in pieno centro a Napoli. Sono con il capo filiale barone Filippo Zezza per il mio primo giorno da vetrinista. Ci accoglie il titolare, classico napoletano sveglio e sornione che, dopo una sommaria presentazione, esclama rivolgendosi ad una commessa: «Uè Marì, ce stà o’ vetrinìst!». La “gentildonna” mi raggiunge, mi scruta, poi si dirige verso le vetrine e, con aria soddisfatta e ammiccante, mi porge un secchio e uno straccio. «Prego, e’ vitr song tutt e’ vuost!» Resto interdetto. Guardo il capo che sorride. Capisco che il mio deve essere proprio un “lavoro” nuovo. Restituisco gli attrezzi e mi rivolgo al Barone: «Ci deve essere un’incomprensione». «Certo giovanotto», interviene il titolare del negozio, «ma ho paura che gli inconvenienti come questo saranno tanti, come tante sono le signore Maria.» Sorrido e ripenso a quel “sarà dura”. Mi confortano le parole del Barone e la sua pacca sulla spalla. «Tranquillo, tu fai parte dell’ufficio promozione della RCA: avrai modo di farti valere. Ho già in mente qualcosa! Ti presenterò la persona che fa al caso tuo!» Già, la RCA. L’unica casa discografica presente sul mercato italiano a ciclo completo: ricerca del cantante, provini, sottoscrizione del contratto, composizione del brano musicale, registrazione della base orchestrale, incisione, preparazione della matrice, stampa del disco, packaging, consegna alle 10 filiali dislocate in tutta Italia. Ma la cosa incredibile è che i rapporti con i dipendenti sono regolati dal contratto dei metalmeccanici! Infatti, sono le presse a stampare i dischi! 14


Cap. II / Il primo Cantagiro

Nel 1963 l’azienda, leader nazionale nella vendita di dischi, decide di ampliare il settore “promozione” attraverso l’assunzione di personale giovane. È la mia fortuna! L’incontro promessomi dal Barone avviene ed è decisivo: conosco Francesco Lamberto Fanti, responsabile RCA promozione Italia ed estero, che sta sviluppando i canali pubblicitari. Sono i primi mesi del 1964 ed io mi muovo tra Lazio e Umbria con la qualifica di “vetrinista”: mi occupo di allestire le vetrine dei negozi per promuovere i dischi attraverso cartonati e locandine, in parte ideate da me. L’estate è ancora lontana, ma le belle notizie non mancano: mi viene assegnata la costiera Tirrenica, dalla Versilia sino a Ventimiglia ed è quello che sognavo! Ma non è tutto: il nuovo lavoro c’è! Di giorno vado negli stabilimenti balneari e tra sole, mare e belle figliole incontro i miei nuovi “amici”: i jukebox! Sono i miei interlocutori, le mie vittime. Sostituisco i dischi “vecchi” con i “nuovi arrivi”. Confesso, devo farlo solo per i dischi RCA, ma in realtà non disdegno di tirarne via anche qualcuno della “concorrenza”. La sera, con un pulmino in appalto e con un “videobox” mi piazzo nei punti strategici delle località della costa, incontro gente, mi intrattengo con le ragazze, distribuisco materiale pubblicitario, insomma, mi diverto un sacco e, pur mantenendo un atteggiamento professionale, dentro il cuore l’entusiasmo è grande. Spesso, la sera tardi, chiamo Paolo Di Brazzano, il capo a Roma, per ricevere le conferme a lavoro svolto – alle quali tengo moltissimo –, le novità sulle ultime uscite, le classifiche aggiornate, ma ahimé i numerosi Campari che ha bevuto hanno già preso il sopravvento e le risposte sono confuse e per lo più biascicate. Finalmente IL CANTAGIRO! 15


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È in programma tra la fine di giugno e la prima decade di luglio. Questa è la terza edizione ma è la mia prima volta. Alcuni cantanti li ho già conosciuti a Roma, in mensa, dove democraticamente mangiamo tutti assieme: ho giocato anche a pallone nel campo interno all’azienda ed è là che ho capito quanto Gianni Morandi non sia solo un grande artista! La manifestazione è molto importante, forse la più importante insieme al Festival di Sanremo. Dura una ventina di giorni, attraversa l’Italia passando di città in città dove fa tappa per lo spettacolo serale. Faccio parte dello staff RCA e seguo i “miei” cantanti. Il Patron è Ezio Radaelli: un mito! L’orchestra – sì, perché tutte le sere c’è l’orchestra dal vivo – è diretta da Gigi Cichellero. Di giorno, alla partenza, la macchina che apre la Carovana è quella del Patron, seguita da quella della Maglia Rosa e poi via tutte le altre con i cantanti e gli staff a supporto. Le auto dei cantanti sono scoperte per un miglior contatto visivo con la gente lungo le strade. Arrivati a destinazione scendiamo in albergo e ci prepariamo per la serata. Non si ripetono le prove: sono state fatte prima di partire. Soltanto quattro giorni per mettere insieme tutto il “carrozzone”. Suoniamo negli stadi o in grandi piazze. Per abitudine sto dietro le quinte e cerco di imparare il mestiere. C’è il girone dei big e quello dei giovani. Tutte le sere viene estratta la giuria tra il pubblico. Le votazioni sono un momento importante. Le seguo con attenzione e mi appassionano. Si stabiliscono le classifiche: il primo si aggiudica la Maglia Rosa, mentre all’ultimo spetta la Maglia Nera, proprio come nel ciclismo al Giro d’Italia. Sono giornate straordinarie. La mattina partiamo alle 10 tra due ali di folla che ci accompagnano lungo tutto il percorso: è il pubblico del giorno, di ogni età, gusto, classe sociale. È la rappresentazione delle famiglie in festa. D’altra parte gli italiani, lasciatisi alle spalle la guerra e avendo ripreso a vivere in modo più adeguato, cominciano a cercare distrazione anche attraverso la musica e “le 16


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canzonette” fanno sentire tutto il loro fascino che il pubblico apprezza. La novità è costituita dai cantanti “a distanza ravvicinata”. Possono essere toccati, fermati, fotografati. Mi soffermo sovente a pensare che queste persone, un’umanità tanto variegata, rappresentino gli attori principali dello “show on the road” che portiamo in giro. La sera tutto cambia: ci sono soprattutto giovani appassionati di musica, osannanti ad ogni esibizione, divisi nelle preferenze, ma disposti ad un applauso sempre e comunque, anche alla Maglia Nera che è sempre lui, Lando Fiorini, il mio concittadino romano, pronto a non mollarla per nulla al mondo perché gli procura simpatia, visibilità e anche perché gli sta bene e si addice alla sua ironia e al garbo con cui porge le sue canzoni. A mezzanotte è tutto finito, i cantanti firmano gli ultimi autografi, io mi intrattengo con i colleghi, con i giornalisti, con i ragazzi dell’organizzazione. Devo perfezionare il mestiere e non voglio perdermi nulla di quanto avviene attorno a me. Le recensioni sui giornali sono importanti per il successo di una canzone, poiché la televisione si occupa della gara solo alla partenza e all’arrivo dell’ultima tappa che si svolge sempre a Fiuggi. Anche molti giornalisti sono come me alla prima esperienza ed è con loro che mi confronto, faccio e ricevo scherzi, prendo e vengo preso in giro e mi lascio andare a qualche critica. «Little Tony ha stonato!» Devo pur trovargli un difetto tra tante qualità. «Nuccio Costa anche stasera ha preso due papere!» E chi non le prende! Tutte le sere si va a cena ospiti del Patron Radaelli: è il momento più vero della giornata. Ci si siede ai tavoli a casaccio: cantanti con giornalisti, amici, discografici, staff organizzativo e, tra una portata e l’altra, si trattano tutti gli argomenti: le votazioni, con relative polemiche; l’andamento delle vendite; gli articoli sui settimanali specializ17


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zati e non; un sano pettegolezzo tra un corteggiamento e l’altro; la presenza del pubblico in costante ascesa (mai meno di quindicimila persone per sera); gli abiti dei cantanti, che per qualcuno stanno diventando decisivi per l’immagine stessa dell’artista. Ognuno rispetta il proprio ruolo, ma siamo convinti di vivere un’esperienza straordinaria, sempre a chiederci come è andata e pronti a consolare chi ha un problema. Sui giornali gli articoli si colorano di aspetti sociali, si parla di cultura musicale e di nuovi modelli americani da importare. Io resto un ragazzo di venticinque anni, curioso, felice, in cerca di avventure e di un amore, ma anche timoroso di perdere un’occasione di vita e di lavoro speciale. La squadra RCA va forte: Morandi ottiene la vittoria con In ginocchio da te e Michele si mette in luce con Ti ringrazio perché. C’è anche Gino Paoli che canta Lei sta con te. La canzone non ingrana. È reduce da successi come Sapore di sale e La gatta; è molto popolare ma la canzone è difficile forse non adatta a questa platea. Più di una volta viene fischiato e il suo carattere un po’ ribelle, introverso, forse permaloso, lo rende antipatico. Nella tappa di Salerno, al momento della presentazione, parte una salva di fischi e lui, arrivato sul palco vicino al microfono, inizia a cantare voltando le spalle al pubblico che reagisce male, tirandogli un po’ di tutto, persino zolle di terra. Succede un parapiglia, un fuggi fuggi generale, con le forze dell’ordine che tentano di calmare gli animi senza riuscirci. Nel marasma scappo dietro il palco con Gianni Morandi e Lucio Dalla. Lucio partecipa nella categoria riservata ai giovani, con il brano Lei (non è per me), il primo 45 giri inciso da questo grande artista. Ci nascondiamo negli spogliatoi. Lo spettacolo viene interrotto e le votazioni annullate. È una serata triste. È il segnale che qualcosa sta cambiando! Quando arriviamo a Polignano a Mare, in provincia di Bari, succede l’incredibile. All’ingresso del paese, dalla strada polverosa e dalla folla festante spuntano tre figure femminili. Hanno 18


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un fazzoletto nero sulla testa, un’età avanzata, una vita sofferta impressa nell’espressione del viso e i segni di una modesta origine. Si posizionano al centro della carreggiata decise a fermare la colonna. Inchiodiamo la macchina e assistiamo davvero a qualcosa di inaspettato. Come in un rituale, le tre figure si inginocchiano, fanno il segno della croce e rivolgono la loro attenzione al destinatario prescelto, l’idolo: Domenico Modugno. «Figghie de chessa terre ca tu si beneditt e ca u Signoure te pàute arrepè chelle belle vauce ca tante ddefriske i caure nuste…» («Figlio di questa terra, che tu sia benedetto e che il Signore ti possa conservare quella meravigliosa voce che tanto conforto porta ai nostri cuori...»). In quel momento capisco che il Cantagiro è anche consacrazione dell’idolo che puoi vedere, toccare, in carne ed ossa e a cui puoi rivolgerti con simpatia. Tutto questo lo dobbiamo al grande “Mimmo”. All’affetto si aggiunge la competenza musicale sempre più affinata, ma l’interesse della gente resta la motivazione più forte. C’è una curiosità morbosa rivolta alle autovetture, guardate con grande ammirazione, agli strumenti musicali, agli apparati per le luci, ai ragazzi addetti al montaggio e all’organizzazione e tutti sono assillati da domande di ogni tipo. Di sicuro, la consapevolezza di aver lasciato l’università con l’assillo degli esami alla vigilia dei quali il mio sistema nervoso era messo a dura prova, mi ha in un certo senso tranquillizzato, ma è pur vero che questo lavoro, in un certo qual modo, sta modificando il mio carattere. Pur con un carattere introverso devo tenere pubbliche relazioni, stare e rendermi disponibile con gli artisti, consigliarli, essere per loro un vero tutor; non è facile, ma la scelta è stata fatta: sono in ballo e questa è la mia nuova identità. Il lavoro mi permette di girare per l’Italia, andare via da Roma, allontanarmi per un po’ dalle troppe attenzioni di mia madre. Infatti, ogni volta che il capo chiede chi sia disponibile a 19


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partire, o per il Cantagiro o per qualsiasi altra manifestazione, il primo a proporsi sono io. A metà luglio io e Gianni Morandi ci trasferiamo in Versilia per partecipare al Burlamacco d’oro, manifestazione canora estiva, nata su iniziativa del giornalista e musicista Aldo Valleroni, che si tiene a Viareggio. È l’ultima edizione. C’è un cantante che ha fascino e riscuote simpatia di nome Fred Bongusto. La sua canzone Una rotonda sul mare è bellissima! Naturalmente tifo Morandi, ma perdiamo. Peccato! L’incontro con Fred è cordiale. Gli racconto dei miei inizi a Napoli, la sua città di adozione: ne ridiamo insieme e nasce una simpatia. Sarei davvero felice se un giorno potesse far parte della RCA.

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Capitolo III 1965-1969: Un pezzo di vita

Il 1965 si apre con la vittoria a Canzonissima della nostra punta di diamante, Gianni Morandi, che canta Non son degno di te. L’azienda si impone sempre più nel mercato discografico acquisendo cantanti affermati e giovani promesse emergenti. La mia vita professionale è via via più frenetica e interessante: imparo a muovermi con sempre maggior efficacia in un mondo in continua evoluzione. Poi arriva la svolta assolutamente inaspettata. Francesco De Crescenzo, responsabile dei rapporti con la RAI per quanto riguarda le attività promozionali, mi convoca nel suo ufficio. «Caro Aldo ho deciso di dare le dimissioni. I contrasti con Ennio Melis (il capo di tutti noi) sono divenuti inconciliabili e pertanto me ne vado. Ho pensato a te quale mio sostituto per il repertorio nazionale. Che ne pensi?» Sono sorpreso. Mi sta offrendo una grande opportunità sia per il prestigio che il ruolo offre che per le caratteristiche umane e professionali necessarie a ricoprirlo. Si tratta di rappresentare la RCA per la promozione di tutti gli artisti italiani. Il mio viso esprime tutti i dubbi che mi passano per la testa e forse anche un po’ di paura. «Lo so», prosegue, «è un lavoro impegnativo. Tu sei giovane, ma questo è un vantaggio. La tua educazione, il garbo e la facilità che hai nei rapporti con gli altri ti saranno di aiuto. Domani ti porto con me in via del Babuino, alla sede RAI.» Che dire? Sono proprio fortunato. Ho sempre ammirato le doti di Francesco e mi gratifica l’idea di poterlo in parte sostituire. Rivedo i miei primi diciotto mesi in azienda. Mi sembra di esserci da sempre e questa proposta mi dà forza. Amo molto 21


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il mio lavoro, non ho aspirazioni specifiche, non mi chiedo se potrei fare meglio qualcosa di diverso. Il giorno seguente è un gran giorno! Conosco delle persone straordinarie e sento che saranno determinanti per il mio futuro: il professor Leone Piccioni; Maurizio Riganti; Vittorio Cravetto, il torinese; Mario Carpitella; Francesco Iandolo. De Crescenzo mi presenta come suo futuro sostituto e i modi garbati e le parole affettuose nei miei confronti mi aiutano ad essere accolto dagli interlocutori con simpatia. In meno di un’ora sono state gettate le basi per semplificare il mio lavoro. Uscito, non posso trattenermi dall’abbracciare colui che sta cambiando la mia vita. Francesco è stato il fautore dei cambiamenti che nel 1963 hanno ampliato la visuale discografica della RCA: tra l’altro, fu lui a portare nel mese di giugno le telecamere di RAI Uno all’anfiteatro di Taormina ideando un programma, esclusivamente dedicato ad artisti RCA che, come altri, contribuiranno a portare al successo brani come Sapore di sale di Paoli, Io che amo solo te di Endrigo, I Watussi di Vianello, Se mi vuoi lasciare di Michele, Cuore di Rita Pavone e Fatti mandare dalla mamma di Gianni Morandi. Ancora, nel 1964 realizza due programmi televisivi, sempre per RAI Uno, direttamente nello studio A della RCA, dai quali verranno tratti due album live. Nei giorni seguenti vengo convocato dai dirigenti RCA che mi confermano l’incarico. Il team è fatto: Alberto Celli è il responsabile vendite; Guido Podestà il responsabile artistico; io sono il responsabile promozione e rapporti RAI. Che meraviglia! Che sogno! Il nuovo ruolo non mi concede pause. L’orario è dalle 9 alle 18 con intervallo di un’ora per il pranzo. Io però non vado mai via prima delle 19,30. D’altra parte, per me, non è lavoro, è vita. Le giornate scorrono veloci tra provini e incontri con i cantanti a cui spiego come sarà la promozione del disco. Si man22


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gia tutti in mensa, dal portiere al Direttore generale: i cantanti presenti in sede chiacchierano con i fonici, le segretarie arrivano con i bigliettini su cui far apporre autografi e dediche; qualcuno, come Edoardo Vianello, mi assilla con domande sulla promozione. Il clima è cordiale e collaborativo. Mi dedico instancabilmente agli incontri con gli “uomini RAI”. Li vedo quotidianamente e il feeling e la simpatia iniziali continuano a rinsaldarsi. Risulto una persona piacevole e la giovane età mi aiuta a esprimere voglia di fare, energia, novità. Alla mia istintiva intuizione unisco l’attenzione, l’ascolto e la forza di persuasione: è anche per questo che i risultati arrivano. Uno dei maggiori obiettivi centrati è rappresentato dalla vendita di 300.000 copie della colonna sonora del film Per un pugno di dollari, del maestro Ennio Morricone, fino ad allora anche arrangiatore di alcuni tra i più grandi successi della RCA. Un fatto davvero unico per una colonna sonora, tanto che viene organizzata una cena con i dirigenti. Andiamo da “Ernesto”, sulla Cassia. All’uscita nevica. Mancano solo le pallate di neve! Il team funziona. Alberto Celli è il cemento, io e Podestà la spinta e Anna Monticelli, la segretaria, l’efficienza e il buon umore. Arriva “Paolo Paolo”! È Gianni Boncompagni. L’ho conosciuto due anni prima: faceva il fotografo per la RCA. Adesso mi occupo di lui per promuoverlo come cantante sotto lo pseudonimo “Paolo Paolo” con la canzone Prendi il mondo così che diviene il leitmotiv di un film con Nino Manfredi. Il riscontro di vendite è interessante e poi, per me, lui è davvero un personaggio poliedrico. Nello stesso anno Arbore e Boncompagni danno vita a un programma radiofonico dal titolo Bandiera Gialla. Il successo è immediato e il format diventa un modello, un punto di riferimento per le tendenze giovanili. Il futuro ci dirà che Gianni è capace di spaziare in molti campi con grande successo, ma i 23


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suoi inizi sono assolutamente musicali come interprete, come autore e come produttore del primo disco di Renato Zero, un 45 giri con i brani Non basta, sai e In mezzo ai guai. Il perché dello pseudonimo “Paolo Paolo” non lo so e forse non lo saprò mai. Riparte il Cantagiro 1965. Quest’anno c’è una grande novità! Facciamo tre tappe all’estero. Dopo la serata di Bologna, nella notte, ci trasferiamo a Rimini da dove, di buon mattino, partiamo con destinazione Mosca. Riempiamo due DC-6, motore ad elica, garantiti Alitalia. Nonostante il sonno arretrato perso durante la notte, l’eccitazione ha preso un po’ tutti. Per me e molti altri è il primo volo. L’arrivo a Mosca è esilarante: nello scendere dalla scaletta a causa di una folata di vento, Caterina Caselli perde il suo caschetto biondo, che vola leggero sulla pista di atterraggio. Cominciamo bene! Lo spettacolo serale si svolge al Gorkij Park. Nonostante la pioggia battente, il pubblico resta seduto, imperterrito, con un entusiasmo che definirei ordinato e composto. Sono affascinato! Davanti una folla immensa, in lontananza le luci del Cremlino e sulla sinistra lo scorrere della Moscòva: la vista è impagabile. Alla conferenza stampa, dopo il concerto, i giornalisti russi si accalcano per poter intervistare i cantanti. Sono tantissimi, la confusione è grande. Ed è a questo punto che succede il fattaccio! Approfittando della presenza di Giancarlo Guardabassi, giovane e bravo cantante, ma con un handicap ad una gamba, decidiamo di compiere una “acquisizione tecnologica”, cioè fregare una splendida Yashica, macchina fotografica di nuova concezione, lasciata incustodita sopra un tavolo da un fotografo. L’abbiamo fatta passare in dogana con l’aiuto dell’ignaro amico Giancarlo, sfruttando il suo status di “disabile” che gli consentiva di evitare i controlli capillari, riservati al resto della comitiva. Dopo tanti anni e con una diversa maturità, ripenso a quell’episodio come ad una bravata che oggi non mi sentirei più 24


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di rifare. La racconto perché emblematica dello stato di grande euforia un po’ goliardica che in quel momento stavo vivendo con i colleghi. La partenza è caotica: siamo tutti alla ricerca di souvenirs e io ne combino un’altra! Acquisto l’ultima balalaica, trovata in un negozio dell’aeroporto, sottraendola alla coppia canterina del momento, Teddy Reno e Rita Pavone. Sono seccati e indispettiti, soprattutto perché resisto alle loro richieste di cedere il prezioso strumento. A Vienna lo spettacolo si svolge in un teatro. Il luogo, la storia, il pubblico ci impongono una serata alta di contenuti e di sobrietà. Vogliamo essere seri professionisti, nella migliore tradizione della musica italiana. La terza tappa straniera è a Francoforte. Tanta gente, tanta birra, tanta musica. Il pubblico è composto quasi tutto da italiani emigrati alla ricerca di un lavoro che stasera sono qua a celebrare, cantando, l’Italia dei loro ricordi. L’emozione è palpabile. Mi sembra di essere ad una partita della Nazionale di calcio in trasferta, ma la gente che canta è tutta per noi. La partenza è di nuovo spettacolo. Sulla pista dell’aeroporto i due DC-6 si baciano, ala contro ala. Siamo fermi e il tempo scorre lento prima che ci diano l’ok per il decollo: sei ore buttate! Le tappe italiane sono sempre entusiasmanti. Tutte le sere i cinquanta giurati agitano le loro palette per votare. Il conteggio lo segue personalmente il patron Radaelli e noi discografici, sospettosi, siamo sempre lì a controllare. C’è la Maglia Verde per il primo classificato tra i giovani, ma per me e altri due c’è anche un’altra competizione. Siamo in tre a cercare di fare i “marpioni” nell’individuare tra le prime file del pubblico qualche bella ragazza, sceglierne una a testa e provare a rimorchiarla, portandola alla cena offerta a tarda sera dal patron Radaelli. Ad onor del vero, devo ammettere che difficilmente mi classifico terzo. Certo gli altri due sono forti. 25


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Uno, il fascinoso, è Alfredo Cerruti, l’altro, il bello da fumetto, è Franco Califano! Una sera decido di fare uno scherzo, per vincere facile. Faccio accomodare in prima fila, offrendole il biglietto, una bellissima fanciulla: diciotto anni, bionda, sensuale, un fiore, sorella di una mia intima amica di Roma e che abita giusto giusto nella cittadina che ci ospita, ossia Sestri Levante. Durante lo spettacolo la scelgo come preda e informo i due compari. A cena mi presento sotto braccio a lei, tenendola avvinghiata come si usa fare. Sia Franco che Alfredo sono ammirati. Anche il Patron mi fa i complimenti. È stato divertente e quando a tarda notte, riaccompagnandola a casa, nel salutarmi, lei mi riempie di coccole… mi sento per la prima volta davvero un po’ playboy. Gli sponsor sono importanti. Quest’anno, tra gli altri, c’è una nota azienda produttrice di uova: “L’uovo fresco”. Al momento della partenza, alcuni di noi provvedono a rifornirsi di un certo quantitativo di “prodotto” da utilizzare durante la tappa per colorare di giallo la Maglia Nera del simpatico Lando Fiorini. I cantanti sono sempre più interessati all’andamento delle vendite e assillano i giornalisti affinché scrivano di loro e delle loro canzoni. Gli applausi lungo le strade e le serate piene di gente non bastano più: il successo si misura dai dischi venduti. È la regola! L’immagine del Cantagiro resta la stessa: le strade, le macchine, la gente, la voglia di manifestazioni collettive, di passioni condivise, ma anche di liberazione dal retaggio del troppo tempo che ha costretto molti giovani ad un lavoro duro e psicologicamente stressante. Il boom economico è una realtà, ma non per tutti. Percorrendo lo stivale le differenze economiche sono evidenti, tangibili. Certo, i cantanti sono sempre al centro dell’attenzione. Edoardo Vianello è una star consacrata. La sua simpatia è contagiosa, ma sono le canzoni a imporlo al pubblico. 26


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Di lui ho un ricordo che riguarda il 1964, l’anno del mio primo Cantagiro. Cantava il brano Tremarella. Franco Califano, che in quella edizione era l’accompagnatore di Vianello, decide per gioco di rendersi utile e insieme a due coriste affianca Edoardo sul palco, ballando e agitando le braccia al ritmo del surf: è la prima presenza sul palco di un futuro grande artista! Parlando di Vianello non posso fare a meno di menzionare I Flippers, gruppo che, oltre ad accompagnare Edoardo in canzoni di grande successo come I Watussi, Hully Gully in 10 e Il peperone, ha avuto una personale carriera artistica. La formazione è costituita da Fabrizio Zampa alla batteria, Maurizio Catalano al contrabbasso e chitarra, Massimo Catalano alla tromba, Romolo Forlai al vibrafono e Franco Bracardi, il maestro che per tanti anni ha accompagnato Costanzo nel Maurizio Costanzo Show, al pianoforte. Il gruppo ha iniziato eseguendo brani esclusivamente jazz, la loro grande passione, per poi passare ad un repertorio più accattivante e commerciale, come Cha cha dell’impiccato, Tromba alla panna, La vichinga e La piroga, ottenendo un lusinghiero riscontro anche di vendite. La vincitrice della manifestazione è Rita Pavone con il brano Lui, composto da Bruno Zambrini e Franco Migliacci, gli storici autori di Gianni Morandi. È fresca di successo con la trasmissione televisiva Stasera Rita, dove ha dimostrato di essere anche un’ottima ballerina in mezzo ai “collettoni”, gruppo di ballo nel quale compaiono giovani dal sicuro avvenire: Renato Zero, Loredana Berté e Stefania Rotolo. Rita è davvero un mito. È energia pura. Si sente primadonna. D’altronde l’esperienza di Studio Uno, dove ha condotto cinque puntate, l’ha resa famosa al pari delle altre conduttrici: Mina, Ornella Vanoni e Sandra Milo. Le due sigle, Il geghegè e Fortissimo, le permettono di scalare le classifiche confermandosi ancora una volta artista di punta della RCA. 27


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Con lei parlo spesso. Mi racconta le sue esperienze cinematografiche (Rita la Zanzara), televisive (Gianburrasca), la serenità economica, le sue aspirazioni di donna, le prime simpatie, i turbamenti e la famiglia, avendo sposato Teddy Reno, il suo pigmalione. Enrico Sbriccoli, in arte Jimmy Fontana, con Il mondo alla manifestazione canora Un Disco per l’Estate ottiene un importante successo di vendite. Con un sound molto particolare ed inedito per quei tempi, è stato composto a più mani, e bisogna riconoscere che grande merito va attribuito a quel fenomenale chitarrista che è stato Carletto Pes. Ad inizio del 1966 mi occupo della promozione di un disco tratto dalla commedia musicale Ciao, Rudy. Scritta dalla coppia Garinei-Giovannini in collaborazione con Luigi Magni e musicata da quel grande maestro che è stato Armando Trovaioli, si rifà alla vita avventurosa del noto attore e latin lover italo-americano Rodolfo Valentino; è interpretata da Marcello Mastroianni, che si dimostra anche un buon cantante. È stato sicuramente per me un grande onore promuovere in radio e nelle idonee rubriche televisive un disco del genere. Il 45 giri contiene i brani Quello si chiama amore e Quattro palmi di terra in California. Ne conservo ancora una copia intatta corredata della sua copertina, anche piacevole a vedersi con due foto di scena dell’eclettico e grande attore. A fine mese partecipo al mio primo Festival di Sanremo come discografico. È la sedicesima edizione: vince Domenico Modugno in coppia con Gigliola Cinquetti con il brano Dio come ti amo. Lucio Dalla non va in finale con Paff… Bum, ma il personaggio di questa edizione è Adriano Celentano che canta Il ragazzo della via Gluck, brano escluso dalla finale, ma precursore della ventata ecologista che avrebbe attraversato l’Italia di lì a poco. I novelli sposi Wilma Goich ed Edoardo Vianello si presentano separatamente facendo parte di due diverse case discografiche. Li vado a trovare all’Hotel Capo Le Rocce dove alloggia28


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no. Si chiacchiera del loro matrimonio e, ad un certo punto, Wilma mi rivolge un invito. «Aldo vieni con me sulla terrazza!» La seguo. «Guarda là sotto quella Bentley decappottabile. La vedi? Non è bellissima?» «Lo è» rispondo. «Ebbene», fa lei, «è il mio regalo di nozze!» «La macchina è fantastica e tu sei davvero generosa.» A questo punto Edoardo replica: «Ahò, io le ho fatto 5 regali tra cui ‘na pelliccia di ocelot e un solitario non so più di quanti carati!» Sono commosso e felice per loro: li vedo davvero innamorati. Non posso immaginare che in seguito I Vianella incideranno – per la precisione nel 1972 – un brano come Semo gente de borgata, scritto da Franco Califano, in un periodo di austerità nel quale certi lussi non erano più permessi. I primi mesi sono segnati da un incontro importante. C’è una new entry: è Luigi Tenco. È un giovane cantautore ligure, introverso, sensibile, diverso da tutti gli altri. È solito arrivare in RCA la sera dopo le 18 quando gli altri se ne sono già andati: gli altri, non io. Lo aspetto con curiosità: si presenta quasi sempre imbronciato, aggressivo e sfoga la sua rabbia affrontando sempre un unico argomento: la guerra del Vietnam. Ce l’ha con gli americani che continuano a lanciare bombe sulla popolazione vietnamita; ripete ossessivamente che sente il rumore dei C-52 che sorvolavano i villaggi: odia gli americani. Non nasconde nulla delle sue idee; le difende e le getta addosso a me che lo ascolto con interesse e con l’intenzione di disinnescare le sue inquietudini. In fin dei conti, lavoro pur sempre per una società americana! Cerco di calmarlo fumando con lui l’ennesima sigaretta. Luigi si siede spesso al pianoforte accennando i brani in fase di costruzione. È di quel periodo la delicatissima Un giorno dopo l’altro che diventerà la sigla della popolare serie televisiva Il commissario Maigret, interpretata da Gino Cervi. 29


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Un giorno si presenta durante una giornata di sciopero legata al contratto dei metalmeccanici. Noi siamo fuori dai cancelli e lo vediamo scendere dalla sua Jaguar. Si avvicina dicendo: «Sono solidale con voi!» Dal gruppo degli scioperanti si alza una voce. «Tu parli bene ma intanto viaggi in Jaguar.» È sorpreso e interdetto. «Sì, avete ragione», grida, «ma vi dimostrerò che credo in quello che dico. Venderò la macchina! Viaggerò in utilitaria e la differenza servirà a recuperare parte dei soldi che perdete con lo sciopero.» L’applauso ci viene spontaneo. La promessa sarà mantenuta. Comincio a capire meglio chi è Luigi. Lo conosco ancora di più quando nel mese di maggio lo accompagno a Milano per la registrazione della Vetrina di Un Disco per l’Estate le cui finali si tengono a Saint Vincent ai primi di giugno. Si presenta negli studi con la sua solita mise: barba lunga, pullover dolcevita nero, sigaretta in bocca. Deve fare la prova di registrazione. Davanti al microfono non apre bocca. Il regista in cuffia mi dice: «Aldo così non va bene. Devi dirgli che la prova mi serve per verificare le riprese, che in studio non si fuma, ci si presenta con l’abbigliamento corretto e soprattutto si canta!». Glielo vado a dire. Mi ascolta, poi prende la giacca e se ne va. Ciao, ciao Saint Vincent. A luglio il Cantagiro è ancora nostro: rivince Gianni Morandi con Notte di ferragosto. È il primo anno in cui partecipano i complessi nella categoria C. Vi prendono parte i gruppi più importanti del momento, tra i quali l’Equipe 84, gruppo che risulterà vincitore con Io ho in mente te; i Camaleonti; i New Dada; i Nomadi con Come potete giudicar; I Corvi con Un ragazzo di strada e The Rokes, appartenenti alla nostra scuderia, con Che colpa abbiamo noi. Non sono tutte rose e fiori, scoppia la contestazione ai “capelloni”. I cantanti cosiddetti “melodici” sono invidiosi del nuovo successo che arride ai gruppi e parte un pesante tamtam: 30


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qualcuno alla radio dichiara che i nuovi arrivati sono sporchi, che non si lavano, eccetera. Comincia una “guerriglia” tra le due fazioni che non è solo musicale. A Perugia si sfiora il dramma: un esagitato colpisce alla spalla con una mazza da baseball un componente dei Camaleonti. Per fortuna gli provoca soltanto una lussazione. Nella categoria dei “giovani” per il secondo anno consecutivo vince Mariolino Barberis con il brano Spiaggia d’argento, aggiudicandosi come leader la Maglia Verde assegnata al primo classificato. L’artista fa parte dell’ARC, etichetta che la RCA ha creato per gli esordienti. Del cast fanno parte Lucio Dalla, Patty Pravo, The Rokes, Dino, Ricky Shayne, Louiselle, Giancarlo Guardabassi, Roby Ferrante. In estate alla Caravella di Forte dei Marmi, Roberto Davini scopre un gruppo arrivato dall’Inghilterra che era lì per delle serate: The Motowns. Il buon Roberto torna a Roma per parlare con i responsabili RCA e dopo tre giorni è di nuovo al Forte, dove sulla spiaggia fa firmare ai ragazzi inglesi un contratto discografico. Nei week-end andavano alla RCA e, approfittando degli studi liberi, il maestro Claudio Fabi gli faceva ascoltare dischi inglesi per trovare le cover giuste per il loro sound da tradurre in italiano. Tutto fila a meraviglia per i giovanotti, ma la “sfiga” è sempre dietro l’angolo. A novembre mentre sono a Firenze a fare serate, una terribile alluvione distrugge la città. Perdono tutti gli strumenti: bisogna ricominciare! Che si fa? Gianni Morandi, anche con il mio aiuto, promuove in RCA una grande colletta e in poco tempo ci sono i soldi per ricomperare tutto. In meglio naturalmente! Il mercato discografico sta cambiando e i giovani chiedono musica diversa. I gruppi rock cominciano a spopolare e Gianni Morandi, all’apice del successo, decide di dare una svolta innovativa al repertorio. Tutto nasce dall’incontro con un giovane musicista senese, Mauro Lusini, che insieme all’immancabile Franco Migliacci propone a Gianni C’era un ragazzo che come me amava i 31


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Beeatles e i Rolling Stones. Si presenta l’occasione giusta all’Hotel Hilton di Roma dove si svolge il Festival delle Rose, trasmesso in diretta dalla RAI. Dopo aver ascoltato il pezzo durante le prove, alcuni dirigenti televisivi ci sottopongono un problema: la parola “Vietnam” non si può pronunciare! Detto fatto: al posto di “Vietnam” si canterà “ta… ta… ta… ta”. È subito grande successo! Gianni fa il bis. A dicembre Giampaolo Cresci e Giampiero Raveggi, ideatori e curatori del programma televisivo Giovani, decidono di affidargli la sigla. Nasce Un mondo d’amore. È una trasmissione che guarda avanti: i ragazzi l’adorano perché oltre alla nuova musica affronta tutti i fermenti che anticipano quello che sarà il Sessantotto. La prima puntata è significativa, di attualità e l’argomento è la catastrofica situazione di Firenze dopo l’alluvione. Il mondo giovanile è l’artefice del salvataggio di tutto quello che è arte. Il loro aiuto è fondamentale per la rinascita di questa splendida città. Gianni mi ha fatto un regalo: a Bologna durante una sua partecipazione allo Zecchino d’Oro mi porta a casa della mamma per assaggiare la sua specialità, i passatelli in brodo. Che Gianni sia rimasto un ragazzo è cosa nota, ma io che lo vedo coccolare la madre ne ho testimonianza diretta. Il 1967 inizia in modo non troppo facile per me. Vengono iscritti a Sanremo Luigi Tenco in coppia con Dalida, Lucio Dalla con The Rokes e Jimmy Fontana con Edoardo Vianello. Sulla carta abbiamo una bella squadra, ma ho delle perplessità. Dopo l’esperienza fatta a Un Disco per l’Estate e una conoscenza più approfondita di Luigi, la sua iscrizione al Festival mi sembra azzardata. Di certo l’indole di artista introverso, abituato a incidere le canzoni in sala di registrazione, non si sarebbe sposata con una manifestazione popolare e con un impatto con una platea tanto numerosa. Ne parliamo in RCA e per accontentarmi si decide di organizzare tre spettacoli in altrettanti hotel a Torino, Milano e Roma, dove con Gianfranco Reverberi al pianoforte, Luigi propone il suo repertorio. L’idea è quella 32


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di far partecipare a queste serate i proprietari e le commesse dei più importanti negozi di musica, giornalisti specializzati non addetti ai lavori e appassionati. Purtroppo intervengono solo i direttori e gli agenti di vendita di tre filiali RCA. La lezione non insegna assolutamente niente e a nulla valgono i miei appelli. Viene deciso che Luigi parteciperà al Festival: punto e basta. Insieme a Dalida, suo fratello, Mario Simone e Paolo Dossena, due colleghi della RCA Internazionale, parto dall’aeroporto di Fiumicino con destinazione Nizza. Da lì in macchina raggiungiamo Sanremo. È la diciassettesima edizione e la presenza è massiccia: 58 cantanti tra cui grossi personaggi come Marianne Faithfull, fidanzata di Mick Jagger, e poi Cher che canta in coppia con il marito Sonny Bono. Le mie giornate però trascorrono lente e melanconiche. Tra una prova e l’altra al teatro del Casinò, artisti e staff della RCA si ritrovano all’Hotel Savoy, mentre io e Giacomo Tosti siamo alloggiati all’Hotel Montecarlo, alle porte di Sanremo. Luigi è di pessimo umore. Si concede qualche partita a carte e forse ingoia troppi whisky davanti a me che cerco, senza successo, di limitargli il bere. Venerdì 27 gennaio è la volta della seconda serata del Festival nella quale Luigi, in coppia con Dalida, presenta Ciao amore, ciao. Io sono dietro le quinte assalito da brutti pensieri quando vedo che ci vuole tutta la determinazione di Mike Bongiorno per spingere letteralmente sul palco Luigi. Dal monitor mi accorgo che è completamente in trance. Al termine delle esecuzioni il verdetto delle giurie è implacabile: Ciao amore, ciao è eliminata. Aspetto nel foyer del teatro. Quando Luigi arriva è semplicemente inferocito: «Il popolo italiano è un popolo di merda se preferisce Io tu e le rose alla mia canzone». Grida e non si accorge che a pochi metri tra il pubblico che sta uscendo ci sono Orietta Berti con il marito Osvaldo Paterlini. Luigi furibondo va a prendere l’auto, una Giulietta Sprint, sulla quale saliamo io, Dalida e la moglie di Ettore Zeppegno, diret33


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tore artistico RCA. Guida come un pazzo. Gli indico la strada per il ristorante dove ci attendono tutti gli altri. Appena arrivati scendiamo velocemente, ma Luigi non ne vuole sapere di venire con noi. Non ho nessuna intenzione di lasciarlo solo. Dalida mi convince di lasciar perdere, ci pensa lei a risalire in macchina per tranquillizzarlo. Lei scende dopo pochi minuti e lui sgommando se ne va. Nonostante si tenti di sdrammatizzare, a tavola siamo tutti preoccupati e pensierosi. Io non ho fame. Guardo insistentemente Dalida come a dirle «Telefona». Lei intuisce. Si alza e quando ritorna mi dice: «Ho parlato con il portiere dell’albergo: Luigi non si è fermato al bar ma ha chiesto la chiave ed è andato a dormire». Non so perché ma queste parole invece di tranquillizzarmi non fanno che accrescere la mia ansia. Mentre siamo ancora a tavola riceviamo una telefonata dall’Hotel Savoy e ci dicono che Luigi sta male, molto male. Faccio chiamare un taxi e mi precipito. Mentre sto per varcare l’ingresso dell’albergo vedo accasciati e piangenti Gianni Boncompagni e Cesare Gigli: è un’istantanea che non potrò mai dimenticare. Capisco che è accaduto l’irreparabile. Non lo vedrò mai più. Luigi si è suicidato! Tutta la notte è un incubo: Sandro Ciotti fa interviste per la radio a tutti, compreso Lucio Dalla che è a dir poco distrutto. È una notte passata in bianco con la disperazione nel cuore. Alle nove del mattino seguente telefono a Roma al Grande Capo. «Dottore, lei può immaginare il nostro stato d’animo… Vogliamo tornare a casa perché questa sera non ce la sentiamo di fare cantare Bisogna saper perdere a Dalla e ai Rokes. Luigi si è ucciso proprio perché non ha accettato la sconfitta!» La risposta è cinica e raggelante. «Patriarca lei è troppo sensibile, forse adesso finalmente venderemo i dischi di Tenco. Non si preoccupi, mettiamo in funzione quattro presse anziché una. Arrivederci!» La cornetta mi resta in mano. Come faccio a non mandare tutti a quel paese e smetterla con questo lavoro così bello ma 34


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con gente di questa sensibilità? È il lavoro che più amo, anzi non è solo lavoro, è la mia vita, quella che forse ho sempre desiderato, con dolori e contraddizioni, ma anche con la consapevolezza che la musica è per me un mondo irrinunciabile. Ad aprile vado in macchina a Diano Castello in provincia di Imperia, a 30 km dalla tragedia. Sono qui per incontrare Gianni Morandi che sta facendo il CAR presso la caserma 33° Reggimento Fanteria “Salerno”. Presta giuramento dopo i 40 giorni canonici. Ci sono Laura Efrikian, Franco Migliacci, Marta (ragazza argentina che sarà la futura tata dei figli Marianna e Marco), Gigi Vesigna, inviato del settimanale “Bolero”. La cerimonia è toccante soprattutto quando Gianni intona l’inno del reggimento: è il cantante più amato d’Italia e la folla di cineoperatori, giornalisti e fotografi ne è la testimonianza. Giro un filmato in 8 millimetri senza sonoro, con la certezza che resterà tra le cose mie più care. La giornata prosegue al ristorante “Ai Torchi” dove Gianni finalmente libero da “impegni militari” si scioglie e intrattiene gli amici facendo ridere tutti. Nonostante sia “di leva” è davvero in forma splendida. Dopo il CAR, Gianni presta servizio a Pavia. Lo vado a trovare qualche volta nei week-end che trascorriamo a Tortona dove, insieme a giovani musicisti, si tiene in allenamento cantando e cominciando a suonare la chitarra. Il suo insegnante è un giovanotto di sicuro avvenire: si chiama Donatello. Al piano lo accompagna il maestro Riccardi. Faccio tanti chilometri a mie spese pur di poter stare con lui e con quei ragazzi. Ci si prepara per il Cantagiro. È la sesta edizione. Quest’anno nel girone A, quello dei big non è prevista la gara, non c’è classifica. In compenso ci sono davvero delle belle canzoni a cominciare da Il mondo è grigio il mondo è blu cantata da Nicola di Bari, ragazzo semplice e simpatico che sa anche ridere della sua miopia accettando gli scherzi che naturalmente non mancano. Nel girone B, quello dei giovani, vince facile Massimo Ranieri, ma resto colpito da un certo Lucio, di cognome Battisti, che 35


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canta Balla Linda. Ha una massa di capelli impressionante e una voce che colpisce. Ha già composto pezzi importanti per altri, come 29 settembre cantata dall’Equipe 84 e scritta con Giulio Rapetti, in arte Mogol. Gli sono simpatico, trova in me qualcuno che lo può “proteggere” da quei marpioni invadenti dei giornalisti. Gli faccio da scudo e quando negli incontri con alcuni di loro gli fanno domande imbarazzanti, sono io a rispondere al posto suo evitandogli situazioni poco piacevoli. Seguo con attenzione il gruppo di ragazzi inglesi, The Motowns, che incidono il loro primo disco dal titolo Prendi la chitarra e vai, con la traduzione in italiano di Sergio Bardotti dall’originale inglese Lovers of the world unite. La traduzione del testo è necessaria per poter partecipare al Cantagiro, dove è richiesto di proporre un pezzo inedito almeno per il mercato italiano. È un successo straordinario. The Motowns vincono e vendono 400.000 copie. La RCA propone al cantante solista Douglas Meakin, detto Dougie, di sposarsi a fine giugno: è la pubblicità che incombe! Il matrimonio si celebra a Forte dei Marmi e i testimoni sono prestigiosi: dal patron Radaelli a Walter Chiari a Carlo Campanini, per finire con il mio capo Alberto Celli. Anche questa volta non mi lascio sfuggire l’occasione per mettere in funzione la mia 8 millimetri e giro a tutto spiano. Tutto per fissare in modo indelebile quelle immagini tra i miei più bei ricordi personali. È il secondo anno in cui partecipano alla gara i complessi. Tra questi c’è anche l’Anonima Sound, capitanati da Ivan Graziani, che interpreta il brano Parla tu, posizionandosi, al termine della manifestazione, all’ultimo posto. Viene pubblicato su etichetta RCA il primo 45 giri di Renato Zero con i brani Non basta sai di Boncompagni-Fontana sul lato A e sul retro In mezzo ai guai, una cover con la traduzione del testo di Gianni Boncompagni. Mi occupo, ovviamente della promozione di questo disco, sia per la radio che per la televisio36


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ne. Il personaggio già “alquanto particolare” non ottiene alcun passaggio in TV, ma solo in radio. Tra i miei souvenirs più cari, ho una copia integra dove si vede un giovane ragazzo con i capelli neri a caschetto e una vistosa maglia a rigoni rossi e neri. Lo stesso Renato dichiara divertito nelle interviste che di questo disco ne vennero vendute non più di 20 copie, tra amici e parenti. A fine settembre Gianni Morandi incide un brano di Tony Renis: Tenerezza. È ancora militare perciò non può venire a Roma in sala d’incisione. Bisogna trovare una soluzione. Prendo la base musicale a Roma e in macchina raggiungo Firenze dove provvediamo a fare la sovrapposizione della parte vocale con la presenza di Gianni, di notte ed in incognito; poi via di corsa a Roma per consegnare in tempo alla RCA il nastro. Un andirivieni incredibile, ma ne è valsa la pena! Nel 1968 Domenico Modugno torna alla RCA dopo un lungo periodo trascorso con la “concorrenza” e, in un solo anno, partecipa a due grandi manifestazioni: Partitissima, che sostituisce Canzonissima, col brano Meraviglioso, recentemente riportato al successo dai Negramaro; poi Sanremo, dove si esibisce, in coppia con Tony Renis, cantando la canzone Il posto mio. Lo ricordo come una persona affabile, dotata di grande spessore e grande umanità, autore e interprete di canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana nel mondo, come Nel blu dipinto di blu, brano che segna un punto di rottura con la tradizione “festivaliera”. Basti pensare che l’anno precedente – era il 1957 – trionfava la strappalacrime e passionale Corde della mia chitarra, “… se la mano trema sull’accordo…”. I giovani non ne potevano più e si rifugiavano nell’ironia canora del grande Fred Buscagliene, al quale ritengo debbano qualche ringraziamento molti cantautori di oggi che ricalcano il suo stile. Il 2 maggio sono a Napoli con Morandi per la puntata d’esordio della prima serie di Senza Rete, trasmissione cult di 37


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RAI Uno, con la regia di Enzo Trapani, l’orchestra diretta da Pino Calvi e Giorgio Calabrese come unico autore. È una trasmissione in diretta dall’auditorium e a condurre la puntata ci sono Morandi e Carmen Villani. Tra gli ospiti vi sono il batterista Max Roach, sul quale il mago Trapani nei tre minuti del brano esegue ben 240 stacchi, e il grande Donovan, quest’ultimo voluto da Giorgio Calabrese tra lo scetticismo dei dirigenti RAI. Alle 18,30 finiscono le prove e con Gianni e Laura Efrikian esco dal centro di produzione. Incontriamo Gianni Minà in compagnia di una ragazza. Scambiamo due parole e la giovane dopo le presentazioni ci invita alla festa del suo compleanno. Le facciamo gli auguri ma le spieghiamo che Gianni in serata ha un concerto a Baia Domizia. Lei insiste e ci invita per la sera seguente nel locale di suo padre, lo Shaker Club. Accettiamo. Lo Shaker è un locale famoso e poi il papà intende organizzare una serata con Gianni al Castello Aragonese di Ischia a fine estate. Rientro in albergo, ma sono distratto. I miei pensieri stranamente non sono rivolti alla serata che ci aspetta, quanto piuttosto all’intenso sguardo della sconosciuta i cui occhi mi sono già entrati nel cuore. È davvero bello lo Shaker Club. Qui si è esibito il meglio della melodia italiana: da Fred Bongusto a Bruno Martino; da Renato Carosone a Peppino di Capri; da Fred Buscaglione a Gino Paoli, passando per Don Marino Barreto Junior, Sergio Endrigo e Fausto Leali. Vi hanno suonato Van Wood, Gegè Di Giacomo, Roberto Murolo, Marino Marini, i Campanino, Claudio Mattone e tanti altri. Sul palco questa sera ci sono i Ricchi e Poveri: due con addosso vestiti sgargianti ricoperti di dollari e due vestiti di stracci. Mi guardo in giro chiacchierando col bicchiere in mano nella speranza di vedere la festeggiata. Gianni si intrattiene con il commendatore Angelo Rosolino, il proprietario, per curare i dettagli del concerto ad Ischia. Ad un certo punto vedo la giovane dagli occhi color del mare: trasecolo, le sorrido e lei mi sorride. Non so cosa 38


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fare né cosa dire. Non faccio e non dico nulla, resto impalato. Meglio così! Per la RCA, a luglio seguo The Showmen, un gruppo napoletano formato da musicisti eccezionali: James Senese al sax; Elio D’Anna al clarino; Franco Del Prete alla batteria ed un cantante unico dal nome Mario Musella, che per me rimane la più bella voce del blues napoletano. Vincono il Cantagiro con una magistrale rivisitazione del brano Un’ora sola ti vorrei. Nella registrazione del brano Pino Daniele suonò la chitarra e, se vogliamo dirla tutta, ci mise sopra una bella ciliegina. Il disco ha avuto un grande successo ed ancora oggi, quando mi capita di riascoltarlo, mi stupisco per la freschezza e l’attualità che ancora mantiene. Per me non tramonterà mai e quando mi capita lo consiglio ai giovani. Il concerto di Morandi è fissato per il 31 agosto. Sono presente insieme a Gianni Minà e al collega Gianni Melli. L’accesso al castello è invaso dai fans e raggiungere i camerini è davvero un’impresa. Poi finalmente il concerto ha inizio. Come d’incanto la sconosciuta mi compare di fronte, rivedo i suoi occhi. Si chiama Andreina, adesso so il suo nome. Propongo di visitare il castello che non conosco. Lei mi guida. Ci ritroviamo all’esterno: il mare è piatto, la luna discreta, la musica complice. Mi chiede: «Posso fare una cosa?». Rispondo: «Sì!». Mi bacia e la bacio anch’io, poi è un abbraccio, lungo, intenso. Ho la percezione che da stasera per me la passione della caccia alle donne si sia conclusa sotto le mura del Castello Aragonese, davanti al mare incantato di Ischia Ponte. Il Sessantotto non celebra soltanto “l’amore”: è un anno che entrerà nella storia, per la musica, ma anche e soprattutto per la contestazione che toccherà il mondo intero. Morandi ritorna a Roma dopo il servizio militare a riposarsi nel suo bel casale a Tor Lupara con annesso campo di calcio, la passione di Gianni insieme alla corsa; tante sono le partite organizzate con gli amici cantanti. 39


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Una sera vengo invitato da Laura per una serata con amici tra cui Laura Antonelli e suo marito Piacentini, noto playboy. Laura mette a capotavola la divisa militare di Gianni mentre lei si sistema dalla parte opposta. Si mangia, si beve forse troppo e Laura se ne esce con un discorso strano: «… Mi dispiace aver dovuto abbandonare la carriera di attrice a fronte dei figli e di quella di mio marito». Gianni si rabbuia e alzandosi di scatto se ne va nella sala biliardo. Io che gli ero seduto di fronte lo raggiungo e cerco di calmarlo. Poco dopo abbracciandomi mi dice: «Vedrai, tutto passerà…». Poi ritorniamo a tavola creando un clima rasserenato e riportando, forse provvisoriamente, la serenità familiare. Con Gianni il rapporto non è stato solo di lavoro e di amicizia, ma anche qualcosa di più. È stato il primo artista con il quale ho condiviso tanti momenti entusiasmanti. Ma è soprattutto con lui che ho provato la netta sensazione di quanto fossi legato all’artista più che alla casa discografica con la quale avevo stipulato un contratto. Da circa un anno Fred Bongusto è approdato alla RCA. Come prima esperienza discografica ha inciso Ore d’amore – cover di Over and over – seguito da un successo come Spaghetti a Detroit (“spaghetti, pollo, insalatina…”). Il nostro rapporto è stato sincero: si parlava di lavoro, ma anche dei nostri amori! Fred, era legato a Gaby Palazzolo, ex moglie dell’attore John Barrymore Jr., divenendone il compagno inseparabile; io ero da poco innamorato di Andreina, che lui conosceva da anni, avendo iniziato a cantare proprio allo Shaker Club di Napoli. Ogni tanto evitavamo la mensa della RCA e andavamo a pranzo fuori cogliendo l’occasione per confidarci reciprocamente i sentimenti più profondi e consigliarci a vicenda. Sono convinto che sotto il profilo umano sia stato uno dei pochi artisti con cui ho legato di più, anche se con gli anni ci siamo persi un po’ di vista, ma non importa… 40


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I ricordi, soprattutto quelli belli, rimangono per sempre. Il 1969 si apre con la vittoria di Gianni Morandi a Canzonissima, con la canzone Scende la pioggia. Si ripete anche quest’anno la rivalità con Claudio Villa, il “reuccio” della canzone. Per molte edizioni sono stati entrambi finalisti di questa grande manifestazione canora, ma anche grandi amici e rispettosi rivali. Al Festival di Sanremo partecipiamo con una coppia sulla carta fantastica: la debuttante Gabriella Ferri e Stevie Wonder che presentano Se tu ragazzo mio. L’interpretazione di Wonder è stata un piccolo capolavoro, un’alternanza di canto e armonica a bocca; purtroppo i capi hanno deciso di farlo cantare in piedi senza posizionarlo seduto al piano e, nell’atto di battere a tempo le mani, l’asta del microfono ha più volte vacillato. Ci sono stati attimi di tensione, ma poi tutto è rimasto sotto controllo e l’artista ha portato a termine la sua performance. A marzo del 1969, dopo 15 giorni di assenza a causa di un intervento chirurgico, torno al mio posto di lavoro dove, con grande sorpresa, mi viene comunicato che una promoter molto simpatica di nome Mimma Gaspari – la quale da circa due anni svolge lo stesso lavoro alla ARC – ha preso il mio posto! Mi si ventila l’idea di inserirmi in un nuovo settore che la RCA ha deciso di aprire, occupandomi delle serate di artisti minori. Come se non ci fossero in giro bravi organizzatori di tour! La delusione e la rabbia mi accompagnano per molti giorni, poi finalmente, quando meno me l’aspetto, arriva la buona novella: il maestro Claudio Fabi, che da poco ha lasciato la RCA, mi ha proposto di andare con lui alla Phonogram, nella sede di Roma, per occuparmi di promozione. Lo stipendio viene quasi raddoppiato e questo è un buon segno, avendo deciso da qualche mese di sposarmi con Andreina. In quattro e quattr’otto rassegno le dimissioni ed ha inizio una nuova avventura! Il 28 giugno sposo Andreina a Napoli al monastero di Santa Chiara. Ripensando con grande emozione a quel giorno mi rendo conto che capita una sola volta nella vita che tante coin41


Una vita a 45 giri

cidenze abbiano giocato in mio favore affinché ciò potesse avvenire! Infatti: se non avessi deciso d’interrompere l’università, se non avessi letto l’annuncio su “Il Messaggero”, se non avessi trovato un’occupazione nel mondo discografico, se non fossi stato assunto alla RCA, se non avessi lavorato nell’ufficio promozione per gli artisti italiani, se non mi fossi occupato di Gianni Morandi, se non avessi inserito Gianni a Senza Rete, se il 2 maggio Gianni ed io non fossimo usciti dalla RAI alle 18.30, se Andreina non fosse venuta con Minà proprio in quel momento, se il giorno dopo non avessimo accettato l’invito allo Shaker Club, se il 31 agosto non fossi andato ad Ischia per il concerto di Morandi, se tutta la concatenazione di eventi non si fosse concretizzata in sequenza, non avrei conosciuto Andreina e la vita non sarebbe stata quella fantastica storia d’amore che tutt’ora continua. A metà luglio sono in macchina con Andreina e sto andando in Toscana per una vacanza. Nei pressi di Grosseto veniamo superati da un’auto blu con autista e sul sedile posteriore sta seduto un volto a me noto. È il giornalista Virgilio Crocco. Lo avevo conosciuto l’anno precedente al Cantagiro dove era venuto per allargare i propri orizzonti professionali e forse anche per divertirsi un po’. Avevamo subito legato: lui scriveva per “Il Messaggero”, ma era diverso dai soliti giornalisti d’assalto sovente sbraitanti e arroganti; aveva modi garbati, era elegante, colto, si vedeva che era un pesce fuor d’acqua. Forse per questo abbiamo instaurato un bel rapporto: io lo facevo divertire e lui mi insegnava molte cose del giornalismo serio. 42


Cap. III / 1965-1969: Un pezzo di vita

Mi fa segno di accostare. Ci salutiamo con affetto, io gli presento la mia sposa, lui mi informa che sta andando ad assistere ad un processo. Quando riparte non posso certo immaginare che non lo rivedrò più. Sposerà Mina, dalla quale avrà una figlia, ma la sua vita terminerà in modo tragico, attraversando una strada in America. Appunto, come dicevo, le coincidenze della vita.

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