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Alessandro Pezzin: “Alta, che èa se suga!”

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Vespa Club Mirano

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Una pallonata nel cielo, a campanile. Il tempo di alzare gli occhi per seguirne la parabola impennata e, puntuale, da qualche parte in tribuna risuona stentoreo un «Alta, che eà se suga!». L’insopprimibile ilarità che questa e altre esclamazioni dei tifosi di provincia sono in grado di suscitare è all’origine di Alta, che eà se suga! Antologia semiseria del tifo del calcio dilettantistico veneto, libro divertente e originale pubblicato da Panda Edizioni. L’autore è Alessandro Pezzin, cronista sportivo con una formazione accademica in linguistica. Per anni Pezzin, originario di Mirano, ha seguito le cronache del calcio dilettantistico per il Gazzettino di Venezia. A un certo punto ha cominciato ad annotare tutte le espressioni divertenti – battute, giochi di parole, prese in giro… – che sentiva pronunciare in tribuna dagli astanti. Presto si è reso conto che questo materiale era talmente ricco e talmente divertente che valeva la pena condividerlo, anche con chi non è appassionato di calcio. Nasce così un libro che è un’antologia di spunti comici, ma anche qualcosa di più. La struttura di base è quella di una raccolta di battute, sul modello, per esempio, de Le Formiche di Gino e Michele o delle pubblicazioni del blog satirico Spinoza. In questi libri, però, le battute sono nude e una di seguito all’altra. Qui, invece, sono intervallate da digressioni e arricchite da spiegazioni, che permettono di godere appieno le uscite dei tifosi. Non solo: nell’introduzione Pezzin traccia anche un profilo del mondo del tifo di provincia veneto e della sua lingua, fortemente caratterizzata dal dialetto. Sfogliare queste pagine, infine, diventa anche l’occasione per approfondire e apprezzare la lingua della nostra Regione in tutte le sue sfumature, la sua sapidità e capacità di descrivere e trasmettere un intero mondo. Ma il volume non è uno studio linguistico o sociologico, non vuole indagare da un punto di vista accademico la lingua del calcio, il dialetto o il fenomeno del tifo. Il suo intento principale rimane quello di divertire. E come potrebbe essere altrimenti, se sfogliando le sue pagine troviamo perle come «Sociaista e juventin!» o «Sinque ani de gaera, a ti, te vorìa!» per dare del ladro all’arbitro; o «Sito un sbandieratore de Siena o un guardalinee?» per attaccare un suo assistente poco attento. E ancora: «A serve soeo pa’ portare i ociai, chea suca là!», usato a commento della giocata non proprio astuta di uno dei propri beniamini. Per non parlare delle parole ironiche e taglienti rivolte ai calciatori avversari: «Caveòn, ‘avite i cavei!», «Te pexi un quintae, come feto farte mae?» oppure «Vien sù da tera, che xe umido!» rivolto a quello che ha la tendenza a simulare di aver subito falli. Fino ai dialoghi tra tifosi sugli spalti, scrigni di vis comica e capacità di improvvisazione: per la signora che, con «Go pagà e posso ronpere i cojoni!», rivendica il proprio diritto a sbraitare sugli spalti è subito pronta la risposta del vicino di posto, che la zittisce con «Pa’ sìe euro. No de più». Una frecciata che in qualche modo restituisce bene l’immagine del tifo del calcio di provincia: un mondo che vive di grande passione, ma rimane privo degli eccessi che spesso caratterizzano il professionismo e i suoi palcoscenici.

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Alessandro Pezzin

Nella cittadina residenziale di Pianiga, parte della città metropolitana di Venezia, entrando in una di quelle villette linde con giardino che hanno segnato il gusto per la casa nel nostro territorio, si incontra una sorpresa inaspettata: lo studio di un pittore cinquantenne tappezzato fino all’inverosimile dalle sue tele. Lo studio di Stefano, da anni operosamente dedito alla sua arte con riservatezza e semplicità. Con amore. Una collezione di tele belle, in cui dominano il colore e l’armonia dei rapporti tra le campiture, che subito ti affascinano per la loro artistica originalità. L’accoglienza è gentile, ha il sapore di quella genuinità che sa dare un senso alle cose. Le tele, le tavole appese alla pareti ti ammaliano. Stefano, che ti introduce alla visita con timido orgoglio, spiando sul tuo volto quale effetto faccia la sua arte, ti conquista subito con la sua pacata simpatia. Parco di parole, mentre quasi in ombra segue il tuo passaggio da quadro a quadro, ti trasmette il calore del suo entusiasmo per la pittura Ti accompagna discreto, sottolineando con brevi cenni un soggetto, un colore, un dettaglio che ama, illuminandosi in volto quando nel tuo sguardo legge il tuo apprezzamento

L’ARTE DI STEFANO

per le sue opere. L’arte di Stefano è quella di un autodidatta che sa dare personalissima vita a paesaggi sempre diversi con gioiosa freschezza, con quel suo giocare razionale e ad un tempo fantasioso con le linee, la luce, i colori rimanendo fedele al soggetto, e pur trasfigurandolo in una sequenza colorata di emozioni. Fantastica nello studio è la visione della sua tavolozza affollata di colori. Ci narra molto di lui, e del suo modo di lavorare. È un autodidatta Stefano, lontano da ogni pedissequa tentazione di manierismo, lui stesso sempre nuovo nelle sue creazioni. Forse è in questo suo essere autodidatta che sta il segreto del suo particolare approccio alla pittura, o forse piuttosto nella sua capacità di guardare in modo incantato al mondo che lo circonda e di tradurlo in rigorose e poetiche immagini mentali. Dalle sue tele emanano suggestioni che fanno pensare alle intensità di linee e di pennellate non convenzionali di Vincent Van Gogh, ai gioiosi e liberi cromatismi di Paul Gauguin, non perché vi si notino somiglianze formali, ma perché vi si respira lo spirito. È un autodidatta Stefano, ma non privo di cultura pittorica, coltivata in lui da un amico che, con la sua sensibilità per l’ar-

te, ha indovinato da sempre il suo naturale talento, e lo ha coltivato invitandolo a dialogare con le opere dei grandi che andava proponendogli, incoraggiandolo a rielaborare la realtà così come prendeva forma nella sua mente, a scoprirsi pittore. Correndo con lo sguardo da paesaggio a paesaggio, attraversando luminosità di cieli incredibili e splendide distese di colori…prati, parchi, colline, viali, palazzi lontani, lagune e rii bordati dal variopinto arcobaleno delle case, casoni e greti di fiume, cresce la tua ammirazione per questi tesori nascosti, custoditi con amore dalla signora Marina nell’intimità di una casa. Questi lavori, che meritano veramente per la loro bellezza di uscire dal segreto dello studio che li accoglie, sono per fortuna stati scoperti dall’entusiasmo di una gallerista d’arte di Venezia, determinata a dare loro la giusta visibilità in una prossima mostra. E sarà così più facile l’incontro con questo pittore, per il momento prodigo di accoglienza nel suo studio di Pianiga, che merita veramente di essere visitato per scoprirvi la ricchezza di una produzione artistica che va fatta conoscere e debitamente valorizzata.

Gianna Marcato

Artista: STEFANO FURLANETTO Titolo: BORGO NELLE LANGHE Olio su Tela 120x60 cm Anno 2022

IL MOSE, OPERA UNICA E NECESSARIA!

Il MOSE rappresenta un’infrastruttura strategica e vitale per la nostra città e a novembre ne abbiamo avuto dimostrazione inequivocabile. Il Mose consiste in 4 barriere, collocate nelle bocche di porto, costituite da 78 paratoie mobili tra loro indipendenti in grado di separare temporaneamente la laguna dal mare. Il Mose può proteggere Venezia e la laguna da maree alte fino a 3 metri e da un innalzamento del livello del mare fino a 60 centimetri nei prossimi 100 anni. Martedì 22, fuori dalle bocche del Lido e di Malamocco, la marea ha superato i 200 centimetri, arrivando a livelli mai raggiunti prima nell’Adriatico. La Piattaforma ISMAR-CNR, che il Centro Maree utilizza per la misurazione del livello del mare a largo di Venezia, ha registrato un picco di 173 cm. Per tutta la settimana abbiamo poi visto livelli importanti tra i 140 e 120 cm, senza mai avere l’acqua alta a San Marco o in altre parti della nostra città. Il Mose è stato attivato per 4 giorni di fila, da martedì 22 a venerdì 25 novembre. Possiamo dire tranquillamente che il Mose ha salvato Venezia da un evento atmosferico che, fino a un paio d’anni fa, avrebbe causato enormi danni al patrimonio storico e alle attività economiche del centro storico, mettendo anche in pericolo l’incolumità di cittadini e visitatori. Gli anni delle polemiche e delle manifestazioni dei comitati per il No, dei centri sociali e di certa parte della sinistra hanno avuto la loro risposta, non demagogica ma dei fatti. L’importanza strategica del MOSE è stata ribadita sabato 19 novembre anche dal Ministro alle Infrastrutture Salvini, a Venezia per l’inaugurazione delle nuove barriere in vetro che proteggeranno la Basilica di San Marco dall’acqua alta. Un altro progetto molto importante perché, e di questo molto spesso non si tiene conto, il MOSE può essere attivato, secondo l’attuale procedura, solo per livelli di marea superiori ai 120-130 cm ma a San Marco l’acqua arriva con una marea di soli 70-75 cm. C’è da considerare che i lavori del Mose non sono ancora del tutto terminati (siamo al 95% del completamento) e tutt’ora siamo in una fase di “collaudo”. La consegna del Mose è prevista per fine 2023. Ora serve coraggio e continuare a investire nelle infrastrutture, dimostrando che si può fare e soprattutto che si può fare nel rispetto dell’ambiente e della comunità.

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