attualità
dossier
fatti
missioni
Il Capitolo generale delle Missionarie Oblate di Maria Immacolata
Le missioni estere della Provincia mediterranea
Natale nei continenti
Qui Uruguay Qui Senegal
MISSIONI
RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA
OMI
Prezzo di copertina € 2,20 - dicembre 2013 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012
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Natale in missione Allargare gli orizzonti
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SOMMARIO MISSIONI OMI Rivista mensile di attualità fondata nel 1921 Anno 20 n.12 dicembre 2013
attualità
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Una storia ricca narrata in un libro di Giovanni Varuni
La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 EDITORE
Provincia d’Italia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata Via Egiziaca a Pizzofalcone, 30 80132 Napoli
Condividere e guardare al futuro
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Notizie in diretta dal mondo oblato
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di Pasquale Castrilli OMI
news
REDAZIONE
Via dei Prefetti, 34 00186 Roma tel. 06 6880 3436 fax 06 6880 5031 pasquale.castrilli@poste.it
a cura di Elio Filardo OMI
DIRETTORE RESPONSABILE
Mgc news
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In dialogo con il mondo
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Natale nei continenti
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Lettere al direttore
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Storia di storie
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Lettere dai missionari
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Qui Uruguay, Qui Senegal
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Pasquale Castrilli REDAZIONE
fatti
Salvo D’Orto, Elio Filardo, Gianluca Rizzaro, Adriano Titone COLLABORATORI
Nino Bucca, Claudio Carleo, Fabio Ciardi, Gennaro Cicchese, Angelica Ciccone, Luigi Mariano Guzzo, Thomas Harris, Sergio Natoli, Luca Polello, Claudia Sarubbo, Giovanni Varuni
di Raffaello Zordan
a cura della redazione
PROGETTO GRAFICO E REALIZZAZIONE
missioni
Elisabetta Delfini STAMPA
Tipolitografia Abilgraph Roma FOTOGRAFIE
Si ringrazia Olycom www.olycom.it UFFICIO ABBONAMENTI
Via dei Prefetti, 34 - 00186 Roma tel 06 9408777 - Valentina Valenzi rivista.missioni.omi@omi.it Italia (annuale) Estero (via aerea) Di amicizia Sostenitore
17 euro 37 euro 35 euro 65 euro
Da versare su cc p n. 777003 Home Banking: IBAN IT49D0760103200000000777003 intestato a: Missioni OMI - Rivista dei Missionari OMI via Tuscolana, 73 - 00044 Frascati (Roma) Finito di stampare novembre 2013 Reg. trib. Roma n° 564/93 Associata USPI e FESMI www.missioniomi.it www.facebook.com/missioniomi
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dossier
DOSSIER
Una porta virtuale ci permette di visitare le missioni ad gentes della Provincia OMI Mediterranea
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A
Percorrere la missione per conoscere e sostenere testo e foto di Adriano Titone OMI titonomi@gmail.com
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d gentes è un’espressione del linguaggio missionario che tutti dovrebbero conoscere. Si parla di missione ad gentes quando, obbedendo al mandato evangelico, si va verso gli altri popoli incontrandoli nel nome del Signore Gesù che, dagli apostoli fino ad oggi, continua a mandare noi come il Padre aveva mandato Lui. La prima ragione del nostro andare ad gentes è proprio l’invio missionario testimoniato da tutti e quattro i Vangeli. E noi Missionari Oblati di Maria Immacolata siamo nella chiesa una congregazione specificamente missionaria nella quale l’ad gentes rimane una priorità. Nei due settori, spagnolo e italiano, che compongo l’attuale Provincia Mediterranea, fin dall’inizio la missio ad gentes è stata vissuta intensamente e numerosi Oblati sono partiti in missione. Non abbiamo mancato di coinvolgere in questa apertura missionaria laici e giovani che il Signore ci ha messo accanto nella condivisione dello stesso carisma. In queste pagine vi proponiamo di passare magicamente attraverso una “porta virtuale” che ci trasferisce immediatamente da una parte all’altra del globo, nelle diverse missioni dove vivono ed operano 61 Oblati della Provincia Mediterranea (a questi vanno aggiunti altri 12 in prima formazione). Senza dimenticare i 50 confratelli, originari della Provincia, che servono la missione in altre unità oblate. La Procura delle Missioni si adopera al servizio di queste missioni e di questi missionari, sostenendo la loro vita, il ministero di evangelizzazione e appoggiando i progetti che realizzano. Un servizio che intreccia una rete di solidarietà e comunione della quale voi siete parte. Iniziamo questo giro, con le missioni ereditate dalla Spagna, che probabilmente i lettori di Missioni OMI conoscono meno. Programmiamo dunque la nostra “porta virtuale” per trasferirci in Venezuela. Sistemiamo l’orologio: indietro di sei ore e mezzo!
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una foto per pensare 014_021_12_ok.indd 14-15
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foto Alessandro Milella, alessandro.milella@alice.it testo Claudia Sarubbo, claudia.sarubbo@yahoo.it
UNA FOTO PER PENSARE
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Ritrovare, tra le pieghe del tempo, tracce di storia che segnano il passo nel sentiero dell'oggi
Tracce di storia 28
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editoriale pasquale.castrilli@poste.it
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Solidarietà fino in fondo L
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Il Capitolo generale delle Missionarie Oblate di Maria Immacolata
Le missioni estere della Provincia mediterranea
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Natale in missione Allargare gli orizzonti
a solidarietà degli italiani continua ad essere un dato di fatto anche in un tempo di crisi economica come quello attuale. È un elemento che impressiona ed è attestato da varie fonti. Sembra quasi che il cuore italiano non smetta di battere e di essere sensibile nei riguardi di chi è meno fortunato o ha avuto poco dalla vita. È un peccato, perciò, che non sia andata in porto la proposta di dare alla gente di Lampedusa il premio Nobel per la Pace come avevano indicato personalità e mezzi di comunicazione. Lo avrebbe meritato, come simbolo di una nazione che, nonostante tutto, non chiude le porte, ma rischia la solidarietà. E anche nel piccolo il sostegno si fa tangibile. Una persona, licenziata dopo ventidue anni di lavoro, mi diceva di recente: «Meglio io che quel mio collega, padre di famiglia, con moglie e figli a carico. Noi in casa abbiamo già un altro stipendio. Va bene così». In questo numero di fine anno del nostro mensile (che va avanti solo grazie alla solidarietà dei suoi fedeli lettori e abbonati) diamo spazio alle nazioni amate e servite dai missionari Oblati di Maria Immacolata della Provincia mediterranea. Le missioni estere per le quali lavora alacremente la Procura delle Missioni, quell’invenzione che da vari decenni permette
di essere vicini alle necessità dei poveri e dei missionari che per loro spezzano il pane della Parola di Dio come anche il pane materiale, con progetti nei campi sanitari, scolastici e agricoli. Si resta meravigliati del passato e del presente di queste missioni sorte dal lavoro e dal sacrificio di Oblati e laici. La missione ad gentes resta davvero una delle priorità fondamentali per le nostre chiese. La solidarietà è un altro nome della missione ed è un riflesso della stessa solidarietà che Dio ha avuto nei riguardi dell’umanità. Il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, che ricordiamo e celebriamo ogni anno a Natale, ci dice una vicinanza che va al di là di meriti e dignità dei destinatari. Dio non ritiene una gelosia la sua divinità, ma “spoglia” se stesso (per usare un verbo di S. Paolo), si abbassa. Fa impressione che il figlio di Dio possa mettersi in una fila di peccatori, al Giordano, per ricevere il battesimo da Giovanni Battista. Gesù inizia la sua solidarietà nascendo povero, inizia il suo ministero nella vicinanza ai peccatori. La perfezione non è separazione. Il messia va nel fondo dell’umanità, si siede con i peccatori, entra nelle loro case. Prossimità, salvezza, prendersi cura dell’altro, sono alcuni dei messaggi insiti nel Natale cristiano. n
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lettere al direttore
Buon compleanno S. Giorgio! C’era un clima di festa domenica 13 ottobre a S. Giorgio Canavese (To), sia per la comunità religiosa che per la comunità laica, una festa che era stata preparata da tutta la settimana con la presenza di personalità che hanno guidato la liturgia eucaristica nella chiesa parrocchiale. Erano presenti mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari, già vescovo di Ivrea e mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea (uno dei pochi padri conciliari ancora in attività). Ha guidato una liturgia eucaristica anche mons. Alessandro Staccioli OMI, che faceva parte del primo gruppo di Missionari Oblati partiti da S. Giorgio per la missione del Laos. Erano presenti anche il vicario generale OMI, p. Paolo Archiati, in rappresentanza del superiore generale, e p. Alberto Gnemmi provinciale della Provincia mediterranea. Si festeggiavano i cento anni di presenza dei Missionari
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Oblati di Maria Immacolata a S. Giorgio Canavese nella casa che è stata per tanti anni studentato di filosofia e teologia per i giovani che si preparavano al sacerdozio e alla vita religiosa. L’11 ottobre, dopo la celebrazione della messa, in una chiesa gremita di gente, i padri Fortunato Muffolini e Aldo D’Ottavio, ambedue ex superiori della comunità di S. Giorgio, in una conversazione hanno ripercorso la storia sia della casa attuale e sia del cambiamento avvenuto dopo il Concilio Vaticano II. Nel 1485, la casa era sede di un convento dei Francescani, detti minori osservanti, da loro costruita su terreno messo a disposizione dal paese; nel 1796 i rivoluzionari francesi distrussero convento e chiesa. Dopo alcune vicissitudini, sulle rovine del convento fu costruita una villa dal barone Leonardo Bianco. Nel 1912 il figlio del barone, trovandosi in dissesti finanziari, decise di vendere la villa e tutta la proprietà. Lo seppero
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dai giornali i nostri padri dello studentato di Torino e p. Alfonso Fabre arrivò a S. Giorgio per rendersi conto dei locali e vedere se vi si poteva trasferire il nostro scolasticato. Fu così che, dopo alcuni lavori di adattamento, il 1° luglio 1913 i Missionari Oblati di Maria Immacolata arrivarono a S. Giorgio Canavese provenienti dalla vicina Torino dove erano rimasti circa tre anni. Con il Concilio Vaticano II ci fu una svolta importante: lo scolasticato fu trasferito a Roma per dare possibilità agli studenti di rimanere al passo dei tempi anche con gli studi; rimase a S. Giorgio un gruppo di
padri che continuarono a svolgere vari ministeri per testimoniare la nostra presenza di missionari. Nel frattempo c’era il problema di come utilizzare la casa e la proprietà finché si è arrivati alla soluzione attuale di tenere per noi il piano centrale per continuare la nostra missione di evangelizzatori. Domenica 13 ottobre nella chiesa parrocchiale, solenne concelebrazione presieduta da mons. Edoardo Cerrato, vescovo di Ivrea, con la partecipazione di diversi Oblati delle comunità del nord Italia e di diversi sacerdoti diocesani, primo fra tutti, l’arciprete di S. Giorgio, don Luca
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Alcune foto della festa a S. Giorgio Canavese (To) per il centenario
Meinardi, che ha voluto si ricordasse l’evento. Erano presenti anche i seminaristi della diocesi con il loro rettore, che ci hanno guidato magistralmente durante la cerimonia, allietata dai canti della corale di S. Giorgio. Mons. Cerrato durante l’omelia ha tratteggiato la
figura e la vita di S. Eugenio de Mazenod. Verso la fine, prima di ricordare il testamento del fondatore “Tra voi la carità, la carità, la carità e al di fuori lo zelo per le anime”, ha detto anche: “molte delle sue opere - forse tutte - erano nate nella sofferenza, nella partecipazione
alla croce di Cristo”. Concludendo, mons. Edoardo, rivolgendosi quasi direttamente a noi Oblati ha detto: “Rimanete in mezzo a noi come presenza del cuore di S. Eugenio de Mazenod”. Al termine della cerimonia religiosa per poter dare alla popolazione la possibilità di salutare il vescovo e gli altri sacerdoti è stato offerto un rinfresco nel salone dell’oratorio parrocchiale. Per concludere la giornata in un clima di fraternità, mons. Cerrato con mons.
Staccioli, altri sacerdoti e Oblati sono stati invitati nella comunità oblata per una cena amica preparata con grande entusiasmo dal gruppo missionario di .S. Giorgio. Prima della cena un altro gesto significativo: è stata scoperta una targa che ricorda il primo superiore della comunità a S. Giorgio, p. Francesco Saverio Simon. Sono previsti altri appuntamenti la presenza di scolastici e novizi dal 14 al 16 febbraio, la presenza del superiore generale, domenica 25 maggio per la conclusione ufficiale del centenario. P. Mario Amadeo OMI S. Giorgio Canavese (To)
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lettere al direttore Un incontro indimenticabile. Di buon mattino all’ingresso del Vaticano. L’aria mite di fine estate romana. Un drappello di laici, tre alpini e un gruppo di sacerdoti. Alle 6.45 si aprono le porte. Cominciano i controlli dei documenti, tre volte nell’arco di poche centinaia di metri. Entriamo finalmente a Santa Marta verso la cappella. Un sacerdote ci accoglie e ci invita a entrare in sacrestia. Non si poteva chiedere di più: celebrare un messa con il papa! Siamo venti sacerdoti, un vescovo e un cardinale. Ci invitano a prendere posto nelle prime file. Con p. Mauro Concardi OMI ci mettiamo a lato, per non impedire la visuale agli altri fedeli. Non ci rendiamo conto che siamo proprio nella posizione migliore per contemplare il papa, davanti alla sede. Quando entra, col suo tipico passo dondolante, prende posto lì, a pochi metri di distanza. Il papa ci sorprende. Celebra con tono pacato, quasi supplichevole: È il carisma di Pietro. Ti scuote dentro, ti suscita la fede, ti dona la speranza. All’omelia scolpisce le parole che penetrano fino al midollo: «Seguire Gesù… un discepolo non è da più del maestro… l’impegno
MISSIONI della croce…». Ascoltiamo con attenzione. sacerdoti e fedeli laici, i tre alpini, un ragazzo in carrozzella accompagnato dai genitori. Gridolini di bambini in sottofondo. C’è una comunità radunata ogni mattina: un bozzetto di umanità. Siamo davvero nella parrocchia del papa! La messa continua semplice e composta. Durante la comunione, all’altare, quasi sfioro il papa raccolto in preghiera sulla sede. Che emozione! Mi concentro sull’Eucarestia e ringrazio Dio per questo momento. Terminata la messa torniamo in sacrestia. Ci invitano di nuovo in chiesa per il ringraziamento. Rientrando noto una figura bianca in penombra. È il papa, raccolto in preghiera, in mezzo al suo popolo. Quanta semplicità, quanta normalità. Ma le emozioni non sono terminate, il papa si alza ci sfila davanti. Lo seguo ancora con lo sguardo. Qualche istante dopo invitano anche noi a lasciare la cappella per la foto. “Ah certo, la foto - mi dico e penso - che fortuna, col cardinale i vescovi e venti sacerdoti verrà fuori proprio una bella foto di gruppo! “ Mi avvio all’esterno e con mia grande sorpresa vedo che il papa saluta tutti,
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uno ad uno: un sacerdote straniero che chiede di parlargli in inglese, un altro latino-americano che gli fa dono dei suoi libri, un sacerdote giordano che ha appena finito il suo dottorato e trova il coraggio per regalargli una sciarpa a scacchi bianco e rossa del suo paese. Poi tocca a me. Improvviso. Provo a inginocchiarmi ma non ci riesco. Il papa mi tiene per le mani e mi solleva. Impossibile toccare terra. Mi colpisce la sua forza fisica, il suo aspetto. Ci
teniamo per mano per tutto il tempo. Esordisco: «Santità, la ringrazio di tutto cuore per questa bella messa. Ci ha fatto veramente pregare!». Mi accorgo che l’ho messo a suo agio. Lo vedo sereno e disponibile. Allora prendo coraggio e oso: «Santità, sono qui oggi davanti a lei con la gioia di poterla incontrare e salutare come sacerdote. Ma ci sono tanti altri che avrebbero voluto essere qui. Cosa devo dire a tutti coloro che non possono incontrarla
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personalmente?». Il papa solleva lo sguardo, quasi a cercare una risposta. Tra me e me temo di aver osato troppo! Poi scandendo bene le parole, risponde: «Dì a tutti di pregare tanto per il papa, ma tanto tanto eh? nel suo sguardo intravedo i problemi della chiesa, dell’umanità e il peso del papato, poi subito aggiunge - ma dì anche che il papa prega per tutti loro, anzi porta a tutti la mia santa benedizione!» Sono felicissimo, mi presento, gli racconto della mia vita di oblato, del mio 25° di sacerdozio. Non potrò più dimenticare questo incontro e la
missione che il papa mi ha dato, confermandomi nel sacerdozio: “Porta a tutti la mia santa benedizione!” P. Gennaro Cicchese OMI Frascati (Roma)
Vivere Lourdes Nasce dal desiderio delle OMMI (Oblate Missionarie di Maria Immacolata), la possibilità di accompagnare alcune giovani provenienti dalle comunità oblate di Cosenza e Messina per vivere un’ esperienza, tutta al femminile, di formazione, comunione, preghiera e servizio alle radici del carisma oblato. Abbiamo attraversato tutta l’Italia e, come prima tappa c’è stata Sassello
(Sv) e la visita alla tomba della beata Chiara Luce Badano. Un’altra sosta è stata la visita alla cattedrale di Marsiglia e alla tomba di S. Eugenio. Finalmente, dopo oltre duemila km di strada eccoci a Lourdes. Ad accoglierci è l’aria di preghiera e delle luci dei flambeaux e ad attenderci ci sono p. Nicola Ventriglia OMI, che ci ha sostenuto nella preparazione ed è stato il nostro punto di riferimento nel soggiorno a Lourdes, e Maria Antonietta Serafini OMMI. Ci siamo sentite accolte dalla comunità oblata proprio come se fossimo a casa. Il programma degli otto giorni trascorsi a
Lourdes iniziava con una meditazione, la lettura della Parola e la comunione tra noi. Ci sono state poi le visite al santuario e alle chiese, sui passi di Bernadette, Bartrès, il Campo dei giovani e la Cité Saint Pierre, la Via Crucis, la processione eucaristica, i flambeaux, il ‘cammino della pace’, la messa quotidiana, così, come momenti personali di preghiera alla grotta, di silenzio, per capire cosa la Signora voleva donarci. Per alcuni pomeriggi le ragazze hanno svolto il servizio alle piscine e alla stazione di Lourdes entrando sempre di più nella vita quotidiana della “cittadella del malato”. Al rientro abbiamo visitato Aix en Provence e i luoghi del fondatore vivendo un momento di famiglia con gli oblati della comunità, il Consiglio Giustizia e Pace e a Las Oblatas, a Aix per il loro ritiro annuale. Graziella Falbo Antonella Francavilla Stefania Sarubbo La pagina Facebook di Missioni OMI conta centinaia di amici di tutti i continenti. Sulla nostra bacheca è possibile lasciare commenti, leggere notizie a anticipazioni. Ti aspettiamo!
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Una storia ricca, narrata in un libro 6 MISSIONI OMI · 12_13 006_009.indd 6
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I 25 anni del Movimento Giovanile Costruire raccontati in un libro. Intervista all’autrice, Angelica Ciccone
di Giovanni Varuni
Quando è nata l’idea di scrivere un libro sul Movimento Giovanile Costruire? L’idea è nata in occasione del ventennale dell’MGC, quando mi sono trovata tra le mani un dossier di p. Raffaele Grasso che riportava cronologicamente tutti i momenti importanti della storia del movimento fino al 2000. Ho pensato che sarebbe stata una buona
Rileggere venticinque anni aiuta ad illuminare il presente e i passi futuri del movimento
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ngelica Ciccone, 28 anni di cui quindici nel Movimento Giovanile Costruire. Una passione, un amore che l’ha spinta a gettarsi in un’avventura editoriale. In occasione del venticinquesimo anniversario del movimento ha scritto un libro dal titolo MGC. Un intreccio tra desideri umani e progetto di Dio. L’abbiamo intervistata in merito a questa esperienza di lavoro.
base di partenza per andare in profondità in questa storia. Ho condiviso questa idea lasciando maturare l’intuizione e in vista del venticinquesimo dell’MGC mi sembrava il momento giusto per tirarla fuori. La mia proposta si è incontrata in modo sorprendente con il desiderio di p. Antonio D’Amore, attuale assistente nazionale del movimento, di avere una cronologia più ordinata e completa dei fatti.
Cosa ti ha spinto in questa idea? Ho sempre ascoltato gli assistenti MGC dei primi anni raccontare le vicende, le luci, i passi iniziali di questo movimento. Sembrava sempre però che la storia finisse lì. Allo stesso tempo avevo l’impressione che gli MGC di oggi non si rendessero conto di quale grande storia divina facessero parte, dimenticando di avere delle solide radici alle basi. Raccontare la storia del Movimento Giovanile Costruire mi pareva un modo di riconciliare passato e presente; allo stesso tempo ero convinta che rileggere questi venticinque anni alla luce del progetto di Dio potesse aiutare ad illuminare il presente e i passi futuri che il movimento dovrà compiere. Per scrivere questo libro hai fatto una ricerca tra gli archivi oblati e in particolare tra quelli dell’MGC. Quanto è durata? Il lavoro nel complesso è durato otto mesi, dei quali circa la metà sono serviti a raccogliere il materiale. La prima parte del lavoro si è articolata in due filoni. Innanzitutto la ricerca negli archivi dell’MGC, nei quali sono conservati centinaia di documenti cartacei dalle origini fino al 2000, mentre quelli degli ultimi tredici anni si trovano nell’archivio digitale. Hai avuto difficoltà in questa fase di ricerca? È stata una fase impegnativa, perché
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Il gruppo musicale di Passirano (Bs) nel 2009
ho dovuto, come prima cosa mettere in ordine i documenti che erano conservati senza nessun tipo di catalogazione. Allo stesso tempo è stato entusiasmante ritrovare documenti e lettere originali della Segreteria Centrale, di p. Marcello Zago, del beato Giovanni Paolo II. Il secondo filone seguito è stato quello delle interviste dirette ai protagonisti di questa storia. Ho avuto modo di dialogare con circa venticinque persone, tra assistenti e vecchi e nuovi giovani dell’MGC, ed è stato bello ripercorrere con loro anche le emozioni e i sentimenti che hanno animato questi anni. Hai scoperto cose nuove riguardanti il mondo oblato e il movimento in modo particolare? Pur conoscendo già a grandi linee la storia del movimento, la prima scoperta che ho fatto è stata rendermi conto di quanto sia profondo il legame tra l’MGC e la comunità del Centro gio-
È stato bello ripercorrere emozioni e sentimenti che hanno animato questi anni vanile di Marino (Rm). Penso si possa dire che probabilmente il movimento non sarebbe nato senza di essa. Sia per motivi pratici, perché alle origini dell’MGC ci sono tutti quei gruppi sparsi in Italia che trovavano nella comunità di Marino il loro centro di sintesi delle diverse esperienze. Ma anche per motivi di carattere spirituale: la comunità di Marino era e resta il punto di riferimento per tutte le comunità MGC, perché è la fonte di uno stile di rapporti fondati sul Vangelo e sull’amore reciproco.
La seconda cosa che mi è sembrata interessante è stata scoprire quanto il carisma oblato appartenga al Movimento Giovanile Costruire e viceversa. Il nome Costruire è nato proprio come trasposizione in un’unica parola della Prefazione alle Costituzioni e Regole che sant’Eugenio scrisse per i Missionari Oblati di Maria Immacolata. Davanti alla devastazione della Chiesa in Francia durante l’Impero di Napoleone, la risposta di Eugenio fu proprio quella di (ri)costruire, rispondere positivamente ad una situazione drammatica, partendo dai giovani. E il Movimento Giovanile Costruire ha come specifico il carisma oblato, un carisma di comunione e di missione. Cosa ti ha colpito di questi venticinque anni di cammino dell’MGC? Ciò che più mi ha colpito del cammino del movimento è stato vedere come Dio abbia portato avanti le cose. La frase che dà il titolo al libro, tratta dal testo che hanno scritto a luglio 2012 i giovani partecipanti alla Scuola di formazione MGC, è una descrizione perfetta di come sono andate le cose. Ci sono stati momenti difficili nella
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storia del movimento, periodi di crisi, numeri che calavano, occasioni in cui l’umanità delle persone rischiava di compromettere le cose, visioni inconciliabili sulla sua natura e sugli obiettivi. Allora possiamo dire con
È Dio che ha permesso di superare le diversità, di conciliare l’inconciliabile, e di portare frutti abbondanti certezza che se oggi l’MGC ha venticinque anni non è per meriti umani. O meglio, gli uomini si sono resi disponibili mettendosi a servizio di que-
sto progetto; ma è solo Dio che poi ha permesso al movimento di crescere, di superare le diversità, di conciliare l’inconciliabile, e di portare frutti abbondanti nella vita di tanti giovani e anche di tanti assistenti. Hai trovato una differenza tra i giovani degli inizi e chi fa parte del movimento oggi? È difficile fare un paragone, perché molto è cambiato nella società italiana e nel mondo giovanile negli ultimi venticinque anni. Le condizioni sociali influenzano molto questo divario esistente. Il mondo di oggi, rispetto a quello degli anni ’80, mette davanti ai ragazzi una molteplicità di proposte tra cui scegliere, oltre al fatto che viviamo in un momento storico in cui c’è una elevata mobilità tra i giovani e la novità dei mezzi di comunicazione sociale che cambia totalmente le modalità di relazione. Credo che mettere a confronto le due generazioni sia un’operazione rischiosa. Posso dire che nell’MGC, oggi come ieri, c’è una forte spinta alla radicalità, alla responsabilità, a percorrere seriamente un cammino di fede vitale.
La visita dell’allora superiore generale, p. Wilhelm Steckling OMI, a Firenze nel 2006
Cosa ti rimarrà di questo lavoro che, sicuramente, ha segnato ancora di più il tuo appartenere alla famiglia oblata? In questo che è il mio ultimo anno nell’MGC, il lavoro del libro è stato importante, perché mi ha permesso di rileggere nella giusta prospettiva i miei anni di cammino e di coglierne le luci più belle. È stato come ritornare all’essenza di quello che siamo, di quello che sono, e mi ha aiutato ad affrontare con una grande serenità di fondo questo importante passaggio della mia vita. Nel dvd di interviste, che è in omaggio con il libro, qualcuno dice che l’MGC è una porta sulla chiesa. Ecco, ciò che mi porterò dietro sarà l’aver riscoperto una delle finalità del movimento: formare uomini, cristiani e santi che sappiano trovare il proprio posto nella chiesa e nel mondo. n
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Condividere e guardare al futuro A fine dicembre si terrà in Spagna il terzo Capitolo generale delle Missionarie Oblate di Maria Immacolata. Parla l’attuale superiora generale di Pasquale Castrilli OMI
«U
n capitolo molto breve delle durata di una sola settimana». Marimar Gómez Mañas, 36 anni, oblata di Maria Immacolata, attuale superiora generale della congregazione femminile nata dodici anni fa a Madrid, in Spagna, inizia così il suo racconto di questo appuntamento. La data fissata è 30 dicembre 2013 - 5 gennaio 2014. Chi parteciperà al Capitolo generale? Le suore che partecipano sono quelle a voti perpetui che sono poi le sorelle che possono
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Madrid
votare ed essere elette alle varie cariche di superiora generale, vicaria generale, consigliera, ecc. Saranno comunque presenti tutte le suore, anche quelle a voti temporanei, occupandosi di vari uffici e servizi necessari durante un Capitolo. Quindi in concreto quante sarete? In questo momento siamo nove sorelle a voti perpetui. Il primo novembre ci sono stati i voti perpetui delle prime due sorelle non spagnole. Per il capitolo saremo, quindi, in undici. Quali i contenuti e i temi principali di questo capitolo? Ci ha ispirato il testo biblico dei due discepoli di Emmaus, in particolare la frase dei due che dicevano «Non ardeva il nostro cuore quando ci spiegava le Scritture?» Ci siamo ispirate a questo testo per definire il significato che questa riunione ha per noi: è soprattutto un momento per condividere, per dire grazie a Dio per questi sei anni di cammino che sono stati sei anni molto intensi, perché ci sono stati parecchi cambiamenti all’interno della congregazione. Abbiamo aperto la prima comunità fuori Madrid e ci sono state parecchie che hanno fatto i voti perpetui. È anche arrivato un numero maggiore di sorelle da fuori della Spagna. Siamo “uscite” da Pozuelo che è stata la “casa madre” dove avevamo cominciato. Sono sta-
te aperte nuove comunità e questo ha costituito un grande sforzo per tutta la congregazione. Sarà un momento di revisione, di rendimento di grazie a Dio e anche di progettazione dei prossimi sei anni. Per questo motivo abbiamo aperto 4 temi di riflessione: la missione, la formazione (con la revi-
È soprattutto un momento per condividere, per dire grazie a Dio per questi sei anni di cammino sione delle norme generali per la formazione oblata), la vita comunitaria (la nostra identità come missionarie consacrate) e per finire il tema del lavoro, perché è una realtà che è emersa in questi ultimi sei anni. Le suore a voti perpetui hanno cominciato infatti a lavorare avendo terminato la fase degli studi e della formazione teologica. Abbiamo cominciato la nostra espe-
rienza nel mondo lavorativo. Iniziare a lavorare ci impegna a mettere in gioco tante cose della vita comunitaria e della missione. Dunque faremo anche una verifica del tema del lavoro e di come lo stiamo vivendo. Che si dice tra voi Oblate sulla possibilità di aprire una prima comunità al di fuori dei confini spagnoli? Si parla di questo argomento? Al momento c’è una qualche possibilità? Ciò che abbiamo molto chiaro tra noi è che siamo una congregazione missionaria. E che pertanto la nostra missione ci porterà ad aprire comunità fuori della Spagna. È qualcosa che tutte abbiamo molto presente. Inoltre il fatto di avere tra noi sorelle di altri paesi, Ucraina, Polonia, Germania, Perù… ci apre alla missione. Quello che è certo è che non parliamo né di quando, tantomeno del luogo, perché
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una famiglia riunita
attorno a Cristo
Il terzo Capitolo generale della storia delle Oblate è stato convocato dalla superiora generale con una lettera del 19 maggio 2013, domenica di Pentecoste. “Come missionarie oblate ci sentiamo bisognose dello Spirito Santo - scrive sr. Marimar - che anima la nostra congregazione e la nostra missione”. Il tema scelto dal Consiglio generale è stato: ¿NO ARDÍA NUESTRO CORAZÓN MIENTRAS NOS HABLABA POR EL CAMINO? (Lc 24, 32). “Come i protagonisti del testo di S. Luca, nel corso degli ultimi sei anni, abbiamo percorso un cammino. Molte volte, come per i discepoli, abbiamo percepito la disillusione, i limiti del non capire, la nostalgia di altre epoche vissute, ma abbiamo anche sperimentato la gioia della sequela del Signore, di vivere
insieme unite dalla carità, delle sfide che si sono presentate come missionarie, di farci vicini ai più abbandonati, di vivere la gioia della nostra vocazione”. Il Capitolo generale è descritto come uno sguardo al passato per essere grati al Signore, ma anche un tempo di valutazione e discernimento rispondendo alla vocazione con “una fedeltà sempre creativa”. La lettera cita gli articoli 91 e 92 della regola delle Missionarie OMI che parlano espressamente del Capitolo generale come “autorità suprema dell’Istituto”, come “famiglia riunita attorno a Cristo”, come tempo per “condividere la vita delle comunità, allo stesso modo che gli appelli e le speranze del ministero”. Il capitolo è stato preparato da una commissione che ha aiutato la giovane congregazione a realizzare una riflessione, a formulare proposte, a pregare e approfondire il tema scelto.
Al momento le suore con voti temporanei sono otto. Ci sono attualmente anche tre prenovizie: due della Polonia e una dalla Spagna.
questo ci sfugge. Vogliamo essere attente alla chiamata dello Spirito e scoprire verso dove ci chiama il Signore. Credo che non ci mancheranno molto chiaramente questi elementi quando ci appresteremo a discernere quale sia la missione. Devo dire che al momento non parliamo tra noi né di date né di luogo. Abbiamo in noi il desiderio di andare in missione con la coscienza che dobbiamo crescere un pochino di più, perché siamo undici a voti perpetui… Siamo in questa prospettiva, ma non sappiamo i tempi e i luoghi. In questo momento ci sono undici oblate a voti perpetui e con voti temporanei?
Mi pare che uno dei vostri tratti peculiari sia l’internazionalità. Guardando alla storia degli Istituti religiosi colpisce che una nuova congregazione inizi subito ad un livello internazionale. Normalmente si inizia ad un livello molto molto locale… Vorrei dire, prima di tutto, che io lo vivo personalmente come un regalo di Dio e come un segno dei tempi. Nella nostra congregazione ci sono cose molto significative a cominciare dal fatto che nasciamo come comunità. Credo che in quanto realtà sorta nell’alveo del carisma oblato è una cosa buona, perché è la comunità che fonda e che comincia la congregazione. Inoltre anche il fatto di avere sorelle di fuori, in poco tempo… è un segno dei tempi, dell’interculturalità, dell’internazionalità. Ed è anche qualcosa che dal primo momento ci ha fatto avere un’apertura e uno sguardo ampio verso l’orizzonte: sapere che la nostra congregazione non è solamente per la Spagna e per la
chiesa spagnola ma è aperta al mondo in quanto congregazione missionaria. Penso sia molto positivo per noi. È una sfida continua, perché la vita comunitaria è già impegnativa convivendo con persone del tuo stesso paese che hanno la tua stessa cultura. Quando si vive insieme a persone di culture diverse si può intuire quanto la sfida sia maggiore. È un impegno ad essere flessibili in molti aspetti, ad essere aperti a possibilità molteplici che da principio non erano state considerate. Anche il modo di concepire la missione, la spiritualità… È qualcosa di buono, perché ci apre ci dilata il cuore. In questo momento quante sono le comunità oblate operative? Ci sono tre comunità in tre case, due a Madrid e una nel sud della Spagna. A settembre 2012, all’interno dello stesso quartiere di Madrid, abbiamo trasferito il prenoviziato in una casa che è ora casa generale e casa di postulandato. Il juniorato è al centro di Madrid nella zona di Puerta de Toledo, vicino alla cattedrale. La comunità al sud è a San Roque provincia di Cadiz, vicino a Malaga. n
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storia di storie
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Florina ritrova la vista di André Dorval OMI - tradotto e adattato da Nino Bucca OMI
P
erché una persona sia dichiarata beata dalla chiesa, è necessario che abbia compiuto almeno un miracolo dopo la morte, riconosciuto dalle autorità competenti. Nel caso di p. Joseph Gérard OMI, beatificato il 15 settembre 1988 da Giovanni Paolo II in Lesotho, il miracolo fu la guarigione di una piccola cieca, Florina Phakelo. Florina viveva in un paese vicino a Roma nel Lesotho. In seguito ad una malattia degli occhi, incurabile secondo i medici, divenne completamente cieca. Si fece allora ricorso all’intercessione di p. Gérard, soprannominato Rame-hiolo, padre dei miracoli, morto in odore di santità nel 1914. La guarigione miracolosa sopravvenne davvero ed ella visse fino a sessant’anni con l’uso perfetto degli occhi. Ecco come Florina ha raccontato la propria guarigione durante il processo apostolico tenutosi a Maseru nel 1955. Aveva allora trent’anni. Sono nata a Mafefoane nel 1922. All’età di sei anni ho avuto una malattia che mi ha procurato dei problemi agli occhi. All’interno delle orbite erano apparse delle escrescenze che ricadevano all’esterno. Divenni cieca, incapace di distin-
guere la notte dal giorno. Mia madre mi portò dal dott. Hertig, il quale mi somministrò alcune cure. Più tardi disse alla mamma che non sarei mai guarita. Mia madre si recò allora da p. Pennerath, il sacerdote della nostra missione, per spiegargli i particolari della mia malattia. Il padre rispose energicamente: «Ci rivolgeremo a padre Gérard». Il giorno seguente p. Pennerath venne a trovarmi, fece una preghiera per me e mise nella mia mano la stola di p. Gérard. Portavo già al collo un sacchetto di terra proveniente dalla sua tomba.Una notte, durante la novena, mi apparve un sacerdote che non conoscevo, mise la sua mano sui miei occhi dicendo: «Guarirai, figlia mia, e riacquisterai la vista». Il mattino mamma voleva aiutarmi a vestirmi, ma rifiutai dicendo: «Mamma, non ho più bisogno del tuo aiuto. Mi vestirò da sola, perché ora ci vedo di nuovo». Ero guarita: gli umori nei miei occhi cessarono di spandersi al di fuori e scomparirono. Potevo distinguere i colori dei chicchi di mais: bianchi o rossi. Chiesi in seguito a mamma di condurmi alla missione dal padre che era venuto la notte quando ero ancora cieca. I padri erano tutti là, ma non potei trovare fra loro quello che cercavo. P. Pennerath arrivò allora con sei foto di padri. Su cinque non fui capace di ritrovare il padre in questione. Alla sesta esclamai: «È questo». Quella foto era di p. Gérard. n
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Percorrere la missione per conoscere e sostenere testo e foto di Adriano Titone OMI titonomi@gmail.com
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Una porta virtuale ci permette di visitare le missioni ad gentes della Provincia OMI Mediterranea
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d gentes è un’espressione del linguaggio missionario che tutti dovrebbero conoscere. Si parla di missione ad gentes quando, obbedendo al mandato evangelico, si va verso gli altri popoli incontrandoli nel nome del Signore Gesù che, dagli apostoli fino ad oggi, continua a mandare noi come il Padre aveva mandato Lui. La prima ragione del nostro andare ad gentes è proprio l’invio missionario testimoniato da tutti e quattro i Vangeli. E noi Missionari Oblati di Maria Immacolata siamo nella chiesa una congregazione specificamente missionaria nella quale l’ad gentes rimane una priorità. Nei due settori, spagnolo e italiano, che compongo l’attuale Provincia Mediterranea, fin dall’inizio la missio ad gentes è stata vissuta intensamente e numerosi Oblati sono partiti in missione. Non abbiamo mancato di coinvolgere in questa apertura missionaria laici e giovani che il Signore ci ha messo accanto nella condivisione dello stesso carisma. In queste pagine vi proponiamo di passare magicamente attraverso una “porta virtuale” che ci trasferisce immediatamente da una parte all’altra del globo, nelle diverse missioni dove vivono ed operano 61 Oblati della Provincia Mediterranea (a questi vanno aggiunti altri 12 in prima formazione). Senza dimenticare i 50 confratelli, originari della Provincia, che servono la missione in altre unità oblate. La Procura delle Missioni si adopera al servizio di queste missioni e di questi missionari, sostenendo la loro vita, il ministero di evangelizzazione e appoggiando i progetti che realizzano. Un servizio che intreccia una rete di solidarietà e comunione della quale voi siete parte. Iniziamo questo giro, con le missioni ereditate dalla Spagna, che probabilmente i lettori di Missioni OMI conoscono meno. Programmiamo dunque la nostra “porta virtuale” per trasferirci in Venezuela. Sistemiamo l’orologio: indietro di sei ore e mezzo!
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Venezuela I primi tre Oblati giungono in Venezuela nel 1990 a Casigua al Cubo, nel nord-ovest del paese, vicino al grande lago Maracaibo. Un anno dopo si apre a Paolo Gordo, vicino a San Cristóbal (regione di Táchira), Nel 1997 p. Ramiro Díaz, primo superiore della missione, è consacrato vescovo e nominato vicario apostolico di Machiques. Nel 2007 comincia la missione a Santa Barbara (regione di Barinas). Mons. Ramiro ha terminato il mandato episcopale ed è suo desiderio continuare il servizio missionario in una delle comunità del Venezuela. Attualmente operano in Venezuela sei Oblati: tre spagnoli, un congolese, un polacco e Giovanny Nova, venezuelano. Quando “i figli del paese” accolgono il carisma missionario oblato fino a consacrare tutta la vita per l’evangelizzazione, è segno che la missione ha raggiunto il cuore della gente. Il secondo oblato locale, Heddier Martín Sandoval, è ben avanti nel cammino di formazione teologica e missionaria. Venezuelano è anche Jeikov Ramirez che, da prenovizio, frequenta il terzo anno di filosofia a San Cristóbal. Dopo vari avvicendamenti e 23 anni, sono due attualmente le comunità in Venezuela: Palo Gordo, accanto alla città di San Cristòbal, capitale dello stato di Táchira, a circa 850 metri slm, con i padri José Manuel Cicuéndez, superiore della comunità e parroco, Nené Tasar e Rafael Wleklak. Insieme com-
piono la missione principalmente nel quadro della parrocchia “Jesus Nazareno” che ha tre luoghi di culto e incontra gente di varia estrazione sociale. Lo spirito comunitario tra la gente e con i missionari è accattivante e si è manifestato in occasione dell’ordinazione sacerdotale di Giovanny nativo proprio
Un servizio che intreccia una rete di solidarietà e comunione di Palo Gordo. In questa comunità vive anche il prenovizio Jeikov. A Santa Barbara vivono i padri Xavier Álvarez, superiore della comunità oltre che superiore della Missione, Vidal Fuente e Giovanny Nova Delgado. La loro missione tra questa gente della pianura consiste nel servizio alla comunità cristiana della parrocchia di N.S. del Carmen, la più periferica e popolata delle due presenti nella cittadina di sessantamila abitanti. Una grandissima chiesa che amano chiamare “cattedrale” è luogo di incontro e di celebrazioni partecipate. Agli altri due luoghi di culto, incontro e formazione nella periferia della città, si aggiungono altri sette posti di missione nella campagna.
Qui si vanno consolidando comunità di base nelle quali la gente vive e cresce nella fede partecipando alla vita sociale. Importante questa integrazione sociale in un contesto di instabilità e crisi. In ognuno di questi posti missionari si sta provvedendo, con la partecipazione della comunità locale, a costruire un luogo di celebrazione, incontro, catechesi e formazione. Degno di attenzione e di sostegno è il progetto di creare uno spazio di incontro e di ritrovo per ragazzi e giovani: una sorta di oratorio che offrirebbe un luogo di socializzazione positiva, di impiego costruttivo del tempo e di formazione umana e cristiana. Ed eccoci pronti a riattraversare la nostra “stargate” virtuale che in un battibaleno ci fa percorre i circa 8500 km sopra l’Atlantico e ci trasferisce in Africa, nel Sahara Occidentale. Qui le lancette devono avanzare di cinque ore e mezza.
Sahara Occidentale Gli Oblati sono giunti nel Sahara nel 1954, quando il controllo spagnolo dell’area era totale e la presenza dei cattolici toccava alcune migliaia di unità. Quattro allora le comunità: Sidi Infi, Tarfaya, Laayoune e Dakhla. Nel 1959 il Marocco invase il nord del Sahara. Dieci anni dopo gli Oblati lasciarono Sidi Infi. Fin dal 1954 il prefetto apostolico dalla Santa Sede in Sahara è un Oblato spagnolo: a p. Félix Erbiti, (1954-1995) succede p. Acacio Valbuena, fino al febbraio 2009. Da
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dossier La missione si diversifica nei contesti e nelle modalità, ma punta sempre a raggiungere i poveri dai mille volti
allora, il giovane p. Mario León, classe 1974, ha svolto l’incarico di amministratore apostolico e il 29 settembre 2013 ha iniziato ufficialmente come prefetto apostolico. I nostri confratelli, sono gli unici sacerdoti e religiosi nel territorio. L’attuale situazione permette la loro presenza solo in quanto rappresentanza diplomatica della Santa Sede e per il servizio religioso esclusivamente diretto ai cristiani stranieri, soprattutto agenti delle Nazioni Unite. Con la gente del posto è vissuta come presenza silenziosa e costruttiva. Sono tante infatti, le relazioni positive con persone e famiglie. Impressiona ascoltare il racconto di ricordi da cui trapela la stima profonda che riscuotono i nostri missionari del passato e quelli di oggi. Insieme a p. Mario León, vive in Sahara da cinque anni il congolese p. Valère Eko, che da quest’anno è il superiore di questa piccola, particolare comunità che di tanto in tanto riceve la presenza e l’aiuto temporaneo di un confratello. I nostri si muovono su due fronti: a Laayoune nel nord e a Dakhla, 520 chilometri più a sud. Assicurano regolarmente l’Eucaristia tenendo conto che spesso l’assemblea è composta da cristiani di varie denominazioni oltre che provenienti dai quattro angoli del mondo. Anche quest’aspetto ecumenico ed internazionale è particolarmente interessante. L’attenzione ai poveri e ai più bisognosi si esprime in modi informali. A Dakhla, è significativa la collaborazione con un centro di riabilitazione per bambini con difficoltà motorie fondato da un uomo lui stesso diversamente abile. Possiamo considerare lui e la sua famiglia eri collaboratori: malgrado siano musulmani, la stima per la
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Romania Sahara Occidentale Senegal Venezuela
Guinea Bissau
Uruguay presenza dei missionari e della chiesa è palese. Passiamo alle missioni del settore italiano rimanendo in Africa. Facciamo a meno di utilizzare la “porta virtuale” visto che a soli 1500 km a sud di Laayoune, siamo a Dakar. Qui si trova la sede centrale della Delegazione del Senegal.
Senegal La delegazione del Senegal è la più grande delle missioni ad gentes della Provincia quanto a numero di Oblati, una cinquantina in maggioranza senegalesi, e quanto a numero di comunità e di posti di missione. Nel 1976 arrivano in Senegal nove Oblati italiani, due fratelli e sette sacerdoti, tutti segnati dall’espulsione dal Laos. Si comincia con tre missioni nelle diocesi di Dakar e di Kaolack. Oggi sono sei le residenze missionarie in cinque delle sette diocesi del Senegal. Senza contare, a Dakar, la casa di accoglienza e dei servizi a Mermoz e le due case di formazione: il prenoviziato a Front de Terre e il centro giovanile alle Parcelles. Fu grande l’impegno di inculturazione con l’apprendimento delle lingue locali, soprattutto il serère e il wolof. I bisogni e le sfide erano immani, sia
nel campo strettamente religioso sia in quello della promozione umana. La Provincia non mancò di inviare, anno dopo anno, giovani oblati che vennero a dare man forte all’opera missionaria. Fu grande anche l’apporto economico dei tanti amici delle missioni. Nel giro di un decennio la chiesa senegalese poteva contare su un gruppo di valenti missionari pieni di energia e slancio apostolico, molti dei quali giovani, i vescovi del Senegal hanno affidato sempre agli Oblati missioni importanti e di prima linea. Già agli inizi degli anni ’80, si cominciò alle Parcelles Assainies, enorme quartiere nascente della periferia nord di Dakar, dove gli Oblati sono giunti insieme alle prime famiglie. Così, nel 1984, la missione di Koumpentoum nella diocesi di Tambacounda, 400 km da Dakar. E poi Temento in Casamance ed Elinkine alla foce del fiume Casamance, nel 2010. Dopo un po’ di anni di impegno missionario, il Signore non mancò di benedire la Delegazione suscitando nel cuore tanti giovani senegalesi il desiderio di collaborare al lavoro missionario. Tanti di loro sono adesso Oblati: fratelli e sacerdoti. Più di una volta li
ho ascoltati dire: “L’impegno generoso di questi missionari venuti da lontano, ci ha interpellato: perché non consacrarci all’annuncio del vangelo e al servizio dei più poveri nella nostra terra o in qualunque altro angolo del mondo?”. Con il sostegno della Provincia madre, la delegazione investì energie notevoli per la formazione di questi giovani che avrebbero assicurato l’avvenire della missione. E i frutti sono sotto i nostri occhi: non soltanto parecchie delle missioni in Senegal sono condotte oggi da Oblati autoctoni, ma grazie alle vocazioni locali abbiamo potuto rispondere positivamente all’appello pressante della chiesa in Guinea Bissau che usciva da una guerra le cui nefaste conseguenze sono ancora presenti.
Guinea Bissau La missione oblata in Guinea comincia nel 2002. Due presenze fin dall’inizio: nella missione di Farim, il cui vasto territorio confina con la regione senegalese della Casamance e a Bissau, sede della diocesi dove p. Celso Corbioli diventa responsabile del Centro di spiritualità e di formazione di N’Dame e p. Giancarlo Todesco
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I giovani sono una risorsa per le chiese di qualunque latitudine soprattutto quando fanno scelte coraggiose in prima persona
assume il servizio di economo della diocesi. Dopo dieci anni di presenza in questa periferia di Bissau, abbiamo assunto la parrocchia di Antula che ricorda le caratteristiche di quegli inizi alle Parcelles di Dakar. Qui si stabilisce la nuova sede della comunità oblata che oltre a mantenere gli impegni di cui sopra, assume la missione di questa comunità in formazione dove i catecumeni adulti si contano a centinaia. Il cantiere per la costruzione della chiesa è appena iniziato. A Farim la comunità oblata ha lavorato instancabilmente a tutto campo: dall’evangelizzazione e la formazione cristiana delle comunità che compongono la missione, alla messa in opera di scuole. Dallo sviluppo di tanti progetti come ad esempio il gruppo di donne che fabbricano i batik, a favore della salute, soprattutto dei bambini con un centro nutrizionale innovativo. Significativa è una rete di dispensari in molti villaggi, tredici dei quali sovvenzionati dai tredici comuni della Comunità montana dei Castelli romani e Prenestini, con la quale gli Oblati di Vermicino e Marino (Roma) da anni lavorano in grande intesa con il progetto “Mondi Riemersi” per l’animazione interculturale nel territorio dei Castelli romani. Anche l’organismo di volontariato del COMI (Cooperazione per il mondo in via di sviluppo), ha dato il suo contributo a questo progetto. Per questo ambito della animazione sanitaria, un fratello oblato senegalese, dopo una adeguata formazione e il conseguimento del diploma di infermiere, si dedica, a tempo pieno, all’animazione sanitaria.
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Uruguay Rileggendo la storia della missione oblata in Uruguay, è interessante notare che i tre primi Oblati che vi giungono dalla Provincia del Texas, nel 1930, sono proprio due spagnoli e un italiano. Iniziano il lavoro missionario predicando missioni popolari nelle tre diocesi del tempo. In seguito, senza abbandonare le missioni popolari, si comincia ad assumere la cura stabile di alcune parrocchie. Nel 1935, alcuni Oblati si spostano in Argentina, dove il contesto religioso e culturale è molto più favorevole. Gli OMI in Argentina e si sviluppano fino a diventare una viceprovincia, prima con l’Uruguay, poi autonomamente. Alla fine del 1971, la Provincia d’Italia si impegna a sostenere la missione dell’Uruguay e comincia ad inviare personale che si aggiunge agli italiani già presenti insieme ad alcuni spagnoli rimasti. La nascita della delegazione italiana avviene il 12 dicembre 1977 con l’apporto di cinque padri reduci dal Laos e uno dall’Italia. Sono una trentina gli Oblati che hanno lavorato in questa missione che p. Wilhelm Steckling OMI usava definire come una delle più difficili della congregazione a causa del fortissimo secolarismo. Attualmente, dopo la recente partenza dalle due missioni di San Gregorio de Polanco e Achar, diocesi di Tacuarembó, nel nord, gli Oblati sono raggruppati in due comunità distretto: “San Eugenio” a Montevideo, e “Martiri Oblati” a San José de Mayo. San Rafael, al Cerro di Montevideo, è un’enorme parrocchia di circa ottantamila abitanti. Il quartiere è abitato in gran parte da gente povera e non mancano situazioni di indigenza, violenza e spaccio di droga. L’azione pastorale passa attraverso la vita e il cammino delle comunità ecclesiali di base. Quattro i settori con luoghi di
culto e di incontro. Gli Oblati contano sulla collaborazione di due consacrate oblate, COMI (Cooperatrici oblate missionarie dell’Immacolata), Veronica e Isabel entrambi uruguaiane, e, nel settore di Santa Cruz, di due suore del perpetuo soccorso. La missione devolve un grande impegno all’azione educativa attraverso due strutture, adiacenti alla parrocchia: Il Collegio San José è frequentato da 320 bambini: 140 frequentano la scuo-
L’assemblea è composta da cristiani di varie denominazioni provenienti da tutto il mondo la materna, finanziata in parte dallo stato e in parte dagli Oblati; 180 bambini vanno alla scuola primaria, che è finanziata dalla missione oblata. Il Collegio rappresenta un luogo di promozione umana nel contesto sociale del Cerro e uno spazio significativo di incontro con le tante famiglie. La scuola professionale “Talitakum”, adiacente al Collegio, dal 2007 si occupa di insegnare un mestiere a circa sessanta adolescenti con alle spalle situazioni di forte disagio sociale. Offre percorsi formativi per alcune professioni come quella culinaria, informatica, elettricisti e fabbri. Accanto ad un’équipe di educatori affiatata e motivata, gli Oblati e le COMI sono un punto di riferimento per gli studenti e per le loro famiglie, generalmente in situazioni disastrate. Talitakum, rappresenta un
segno di speranza per tanti nel territorio e un’opportunità di riscatto per il mondo giovanile. Non siamo riusciti fin qui ad ottenere alcun contributo dallo stato per quest’opera così importante quanto costosa che attualmente è totalmente a carico della missione e dei suoi benefattori. La “Guadalupita” è il nome dell’altra residenza OMI al Cerro: una piccola casa di accoglienza per giovani in discernimento o prenovizi dove c’è anche una cappella aperta alla gente. La seconda comunità distretto, “Martyres Oblatos”, ha anch’essa due residenze: Playa Pascual, dal nome del grande quartiere di Ciudad del Plata. Qui gli Oblati sono arrivati nel 1984 per occuparsi della parrocchia di San Josè Obrero. I campi pastorali più significativi sono l’attenzione all’iniziazione cristiana, alla pastorale giovanile e la cura pastorale di sette centri di culto presenti sul territorio dove le comunità di base vivono i vari aspetti della loro vita alla luce della Parola di Dio. A Libertad, circa dodicimila abitanti, la comunità oblata è stata aperta nel 2001, subentrando ad una presenza salesiana, nella parrocchia Nuestra Señora de los Dolores y San Isidro Labrador. Il ministero è svolto con uno stile di grande vicinanza alla gente. La comunità cristiana è attiva e i laici fanno la loro parte come soggetti della missione. Non mancano le iniziative a servizio dei poveri dai molti volti. Nonostante la situazione di secolarismo, anche qui non è mancata qualche vocazione locale: l’attuale superiore della delegazione è p. Jorge Albergati, uruguaiano, sacerdote dal 1995, che ha vissuto sette anni come missionario in Venezuela. Hector, originario del Paraguay, è stato ordinato sacerdote il 9 novembre 2013 ed è ormai pienamente attivo nell’opera missionaria. Un altro giovane uruguagio, Alberto Sartorio è già avanti nel cammino di formazione
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Persone e strutture sono le due continue attenzioni della missio ad gentes
oblata e missionaria e, al noviziato di Paraguay, Fernando si sta preparando per essere il terzo oblato uruguaiano.
Romania La Provincia ha anche una missione nel continente europeo, in Romania, dove dall’Italia si avviò una presenza alla fine degli anni ’90, prima a Pites¸ti e poi a Ma˘ra˘cineni, nel centro-sud del paese. In un contesto cristiano, ma a grandissima maggioranza ortodosso, i nostri confratelli vivono fin dall’inizio, un’esperienza di ecumenismo. Con la gente il rapporto è di apertura nel rispetto reciproco. Con il clero ortodosso momenti di bella e significativa collaborazione si sono alternati con altri di freddezza o diffidenza. Attualmente la comunità oblata di Ma˘ ra˘cineni è formata da quattro padri, due italiani e due rumeni. La loro creatività apostolica si esprime in ministeri e impegni di vario genere: dalla predicazione di missioni popolari alla animazione regolare di campi scuola per ragazzi e bambini. Da alcuni anni una struttura sportiva con due campi di
calcetto e pallacanestro permette di incontrare tanti giovani. Un altro ambito su cui si sta lavorando in collaborazione con la comunità calabrese dei laici associati (AMMI) mira a promuovere, in alcune scuole della zona, una migliore accoglienza, integrazione ed educazione dei portatori di handicap.
L’ad gentes nei paesi europei Un aspetto della “missione ad gentes” oggi più che mai va considerato con attenzione e consiste nell’andare “verso quelli che vengono”. Si fa un gran parlare dei problemi che crea la forte immigrazione in Europa. Il fenomeno è inedito e di dimensioni epocali: si stima che 250 milioni di persone vivono oggi in mobilità. Dal punto di vista
della missione, oltre che della semplice messa in pratica della carità cristiana, si tratta forse, non solo di problemi, ma anche di opportunità. In questo campo in Provincia, oltre a quanto si fa nel contesto dei vari ministeri parrocchiali o altro, tre Oblati in Italia sono direttamente impegnati in questo ambito: due attraverso l’Ufficio Migrantes della diocesi, a Firenze p. Stefano Messina e a Palermo p. Sergio Natoli. Il terzo p. Vimal Parunanthu, oblato srilankese della Provincia di Jaffna, è incaricato del servizio pastorale dei numerosissimi Tamil a Palermo e in tutta l’Italia. In Spagna, è degna di nota la pastorale per gli immigrati latinoamericani che da tanti anni si compie a Madrid nella parrocchia di Diego de León. n
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Notizie in diretta dal mondo oblato
messaggi Spagna e notizie I film dei martiri dalle missioni l cinema spagnolo in questi ultimi anni ha prodotto tre film sui a cura di Elio Filardo OMI eliofilardo@omimissio.net
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martiri cattolici, vittime della guerra civile che ha insanguinato la penisola iberica tra il 1936 ed il 1939. “Mártires Oblatos”, diretto dal regista Pablo Moreno per conto della Contracorriente producciones di Ciudad Rodrigo, è uno di questi film. Si tratta di un cortometraggio che narra e documenta l’uccisione a Pozuelo de Alarcón dei 22 Missionari Oblati di Maria Immacolata e del laico, Cándido Castán San José, beatificati il 17 dicembre 2011.Appartiene alla stessa casa cinematografica “Un Dios prohibido” del 2006, diretto da Moreno, che racconta il martirio dei 51 Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, i claretiani. Hanno perso la vita a Barbastro nel 1936 e sono stati beatificati da Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1992. Il terzo film che uscirà nel 2014, “Bajo un manto de estrellas”, prodotto dalla Mystical Films e diretto da Óscar Parra, riguarda il
Bolivia
Un libro su papa Francesco
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lla Fiera Internazionale del Libro di La Paz, il 19 ottobre, ha avuto luogo la presentazione di un libro scritto da un Oblato: “Nuestro Papa Francisco”. L’autore è p. Guillermo Siles Paz, ex superiore provinciale della Bolivia, attuale direttore della Televisione cattolica e membro della Commissione comunicazione dell’arcidiocesi di La Paz. Questo libro cerca di presentare la figura del nuovo papa con nuovi elementi che appaiono nelle sue stesse riflessioni e nelle circostanze in cui è stato eletto vescovo di Roma.
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martirio dei prossimi beati, i 19 dominicani del Convento de la Asunción de Calatrava di Almagro. “Nel complesso, i martiri cattolici mietuti dalla persecuzione che ha accompagnato, ma pure preceduto la guerra civile spagnola, sono una legione. Papa Francesco ne ha esaltati all’onore degli altari 522 il 13 ottobre: con loro, il conto totale sale a 1512 beatificati e 11 canonizzati. In tutto, la persecuzione anticattolica ha causato in Spagna 6832 morti”. Queste pellicole, finora rimaste in ombra, forse perché fin troppo alternative, raccontano, difendono e ricordano la fede genuina in Gesù di Nazaret. (fonte: aleteia.org)
P. Siles dice che questo libro di 156 pagine è nato dal bisogno e dal desiderio di raggiungere il cuore della gente. La pubblicazione è ricca di un nuovo messaggio di speranza per la chiesa e la società. Nello stesso tempo offre anche un contenuto spirituale per il momento storico che stiamo vivendo. Quando leggiamo i messaggi del papa, ci rendiamo conto che trattano di inclusione, di edificazione e soprattutto di speranza. In questo libro pubblicato dalle edizioni S. Paolo, l’autore raccoglie e ritaglia dichiarazioni e fatti che rimandano il lettore al momento storico attuale. La rinuncia di Benedetto XVI e l’arrivo di un nuovo papa con un nuovo carisma, sembrano rispondere realmente ai bisogni di oggi. (fonte: omiworld.org)
L’8 dicembre inizia uno speciale TRIENNIO OBLATO, un periodo di tre anni per “ravvivare la fiamma della vita e della missione oblata, in vista del 36° Capitolo generale del 2016 e del 200° anniversario della congregazione”. “Consacreremo a Maria Immacolata questo evento di kairos, un tempo speciale per promuovere la costante opera dello Spirito in noi, per una profonda conversione personale e comunitaria, e per creare uno spirito di vita nuova tra di noi”. Così scrive p. Louis Lougen, superiore generale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Il TRIENNIO OBLATO, proposto dall’Amministrazione generale OMI durante l’Intercapitolo a Bangkok, si basa su due pilastri che sono necessari per rispondere all’appello alla conversione. IL PRIMO “condividere la nostra fede nella comunità” è un invito un invito ad arricchirsi mutuamente,
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Francia
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Ritiro e sessione ad Aix-en-Provence
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al 22 al 31 agosto 2013 il Comitato generale ‘Giustizia e pace e integrità del creato’ (JPIC) si è ritrovato ad Aix-en-Provence per un ritiro ed un incontro, alternati da preghiera e da momenti di condivisione dell’esperienza spirituale personale. Il ritiro interattivo animato da p. Raymond Warren OMI è stato un aiuto per prendere maggiore coscienza della spiritualità oblata JPIC, basata sulla passione di S. Eugenio per Cristo e l’umanità. È stato dedicato del tempo alla lettura delle parole di mons. Bourget quando, nel 1841, Eugenio de Mazenod inviò sei Oblati in Canada. Il vescovo canadese descriveva S. Eugenio come “un uomo dal cuore grande quanto il mondo”. Insieme a fr. Benoît Dosquet OMI e a p. Krzysztof Zielenda OMI, il gruppo ha visitato la culla della congregazione ed anche i siti oblati di Marsiglia. Il contatto diretto ha permesso di cogliere gli aspetti più concreti della spiritualità di S. Eugenio ed il modo in cui ha vissuto il ministero sacerdotale. Negli ultimi tre giorni è iniziata la revisione del Vademecum del Comitato generale JPIC che risaliva al 1997. È stato apprezzato l’aggiornamento del vocabolario da parte della Provincia angloirlandese che ha posto il giusto accento sul tema della creazione. Papa Giovanni Paolo II, in occasione della Giornata mondiale della pace del 1990, aveva messo in evidenza “l’importante obbligo di prendersi cura di tutto il creato” affermando “l’urgente bisogno di educare alla responsabilità ecologica” che “comporta un’autentica conversione”. Come contributo per il primo anno del triennio oblato, sono stati preparati anche quattro incontri di preghiera e condivisione sul tema della comunità apostolica, da utilizzare nelle riunioni locali, provinciali o regionali. Il comitato proporrà a ciascuna delle cinque regioni oblate di organizzare, nei prossimi tre anni, un atelier JPIC. (fonte: omiworld.org)
attraverso la testimonianza dell’esperienza di Dio e della propria fede, ad approfondire l’amicizia e a parlare di ciò che è veramente importante. Per ogni anno, saranno a disposizione ventiquattro riflessioni per incentivare, una o due volte al mese, la condivisione della fede nelle comunità. Questi incontri saranno ispirati dalla Parola di Dio e dalle fonti oblate. IL SECONDO pilastro è costituito dai gesti concreti di conversione, frutto del discernimento di ogni Oblato, comunità locale, Unità e Regione. Azioni che possano essere, grandi o piccole, significative e trasformanti, segni di conversione personale e comunitaria: dal riciclaggio dei rifiuti al fare insieme ogni giorno la tradizionale orazione, dal lasciare ministeri comodi a favore di altri più vicini ai poveri al rendere più semplice lo stile di vita. Questi segni sono un invito a passare dalla condivisione della fede (ascoltatori della Parola) alla pratica (esecutori della Parola). I temi annuali sono:
I ANNO: 8 dicembre 2013 7 dicembre 2014, un cuore nuovo: la vita comunitaria apostolica. II ANNO: 8 dicembre 2014 7 dicembre 2015, uno spirito nuovo: la formazione. III ANNO: 8 dicembre 2015 25 gennaio 2017, una nuova missione. (fonte: lettera del superiore generale per la festa di S. Eugenio, 21 maggio 2013)
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SULLE STRADE DEL MONDO L’MGC e l’Ottobre missionario
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ei gruppi del Movimento Giovanile Costruire (MGC), da Vercelli a Messina, l’anno pastorale è iniziato vivendo e impegnandosi con l’Ottobre missionario. Di seguito alcune notizie da varie zone d’Italia. Lo slogan della Giornata missionaria mondiale 2013, Sulle strade del mondo, è stato un chiaro invito a compiere quel passo in più verso il prossimo, in direzioni inaspettate perché coinvolgono il nostro quotidiano. La missione, infatti, non è solamente qualcosa di lontano, una realtà da vivere in un altro continente: possiamo essere missionari ogni momento, anche girando l’angolo e portando la testimonianza dell’Amore che ha cambiato la nostra vita al lavoro a scuola all’università o in famiglia, scontrandosi, a volte, con situazioni ostili. Ecco, dunque, l’Ottobre missionario: un’occasione per mettersi in gioco, un promemoria che ci scuote dal torpore, una testimonianza in cui la fede diventa “un dono prezioso che deve essere offerto con generosità e che non è riservato a pochi. Adriana e Serena, Cosenza
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Il mese missionario è iniziato con i primi tre appuntamenti dell’anno: la giornata della famiglia oblata, la “merendata” dei giovanissimi e l’incontro con il superiore provinciale degli Oblati, p. Alberto Gnemmi, che ci ha dato il “la” per iniziare il nuovo anno di cammino nel carisma missionario di S. Eugenio. P. Alberto ha sottolineato, nella sua visita a Firenze, come sia importante per i consacrati l’esempio che tanti laici - in particolare i giovani laici - danno con la loro vita cristiana. Sono state forse queste le parole che più hanno contribuito a rafforzare il bisogno di missione quotidiana. Grazie anche alla presenza del nostro superiore p. Stefano Messina nel Centro missionario diocesano, è stato facile, per alcuni di noi e dell’Associazione missionaria Maria Immacolata (AMMI), partecipare il 19 e il 20 ottobre alla veglia missionaria diocesana e alla festa missionaria diocesana. Il primo appuntamento, intitolato Sulle strade del mondo ha riunito in preghiera col vescovo tante
persone, fra cui molti giovani. La giornata di domenica, invece, è stata dedicata a tutte le persone che operano per le missioni. Vedendo l’importanza e l’opportunità di essere più presenti in alcuni momenti diocesani, ci siamo ripromessi di partecipare attivamente l’anno prossimo a questa iniziativa, per far conoscere non solo le nostre attività, ma soprattutto il carisma che le porta avanti. Ed è proprio alla fine di ottobre, con la maxi-convivenza di quattro giorni di tutto l’Mgc fiorentino, che abbiamo approfondito il tema dell’anno per continuare a seguire i passi di Eugenio. Andrea, Firenze
A Messina i giovani della Famiglia oblata ci siamo impegnati perché l’intera comunità potesse vivere lo spirito dell’Ottobre missionario. Per l’occasione sono state organizzate delle iniziative che ci hanno visti impegnati su diversi fronti: nel nostro vicariato è stata organizzata una veglia di preghiera, che ha coinvolto diversi giovani alcuni dei quali si accostavano per la prima volta al mondo oblato. A livello diocesano, invece, come ogni anno si è organizzata la “Tenda missionaria”, un evento che ha visti impegnati sia i giovani sia gli adulti sul sagrato della nostra Cattedrale: persone di ogni età
La famiglia al centro dell’Ottobre missionario Con lo slogan Uruguay missionario condividi la tua fede. Va, costruisci, confessa, anche l’Uruguay ha vissuto lo scorso 20 ottobre, la Giornata missionaria mondiale. Per l’occasione le Pontificie Opere Missionarie (POM) dell’Uruguay hanno preparato un sussidio per aiutare le comunità cristiane a vivere il mese missionario. Come negli altri paesi dell’America latina, ogni settimana di ottobre ha avuto un tema preciso su cui lavorare, riflettere e impegnarsi per vivere il mandato missionario. In Uruguay la prima settimana le comunità hanno riflettuto sul tema “Il cammino di fede delle
famiglie missionarie”, la seconda settimana ha avuto per tema “Costruire nella fede con le famiglie della comunità”, la terza settimana “Cosa significa confessare la fede” e la quarta settimana “La famiglia, ambiente primario della missione”. Proprio per la preparazione e la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, le POM dell’Uruguay hanno rinnovato completamente il loro sito web, da cui si poteva scaricare il “Boletin digital” e si potevano seguire le diverse attività dei gruppi missionari attraverso alcuni video. Fides
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si sono avvicinate alla tenda, incuriosite dai canti, dalle letture e da alcune proiezioni. Parlando con loro, è emerso sempre più il bisogno di essere ascoltati e la gioia di non sapersi mai soli, anche nei periodi bui. Non sempre si raccolgono i frutti sperati, ma bisogna credere che, nonostante l’apparente insuccesso, il seme è stato lanciato e che sarà l’Amore a farlo germogliare. Mgc Messina La missione inizia da noi, dalla nostra famiglia, dai nostri amici, dai nostri luoghi di studio e di lavoro. Quest’anno a Nocera superiore (Sa) abbiamo scelto
di vivere la missione partendo da “casa nostra”, dalla nostra parrocchia, dove per tutto il mese missionario abbiamo animato il rosario e l’adorazione eucaristica. Abbiamo svolto questa missione come comunità, chiedendo alla Madonna di aiutarci ad avere Gesù dentro, ad uscire dall’autoreferenzialità e a spalancare gli occhi in modo tale da guardare e saper guardare le tante persone intorno a noi che spesso riteniamo invisibili”. Carmine, Campania L’Ottobre missionario è stato un momento importante per la comunità di Vercelli. Nell’ultima settimana del mese si è infatti svolta la missione popolare a Tronzano Vercellese, un piccolo paese ad ovest di Vercelli. Questa missione è l’ultima programmata sul territorio, dopo che per oltre dieci anni i Missionari Oblati insieme alla Famiglia oblata si sono spesi su tutta l’Arcidiocesi di S. Eusebio. Anche per questa occasione, alcuni giovani dell’MGC vercellese hanno donato il loro tempo per offrire la propria testimonianza ai ragazzi di Tronzano, passando casa per casa. È stata un’occasione di confronto, di apertura e di chiesa di cui i missionari hanno sentito il ‘giogo leggero’ della responsabilità di trasmettere a tutti la buona notizia del Vangelo. È giunto il momento di una riflessione per individuare nuove strade e strategie per poter convogliare lo spirito missionario di S. Eugenio. Ci mettiamo quindi all’ascolto della fantasia di Dio, sempre desiderosi di portare nel mondo la gioia del Risorto. Mgc Vercelli
UNA LETTURA CONSIGLIATA
È in libreria il volume dal titolo La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2013 (ed. Il Mulino, 232 pagine, 20 euro), promosso dall‘Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione Cariplo. Suddiviso in quattro parti (“Vita nella famiglia di origine e rapporto con i genitori”, “Lavoro e conquista dell’autonomia”, “Partecipazione politica e consumi mediali”, “Valori, opinioni e atteggiamenti”) il volume costituisce il primo rapporto pubblicato a partire dai dati dell’indagine, che si propone come uno dei principali punti di riferimento in Italia su analisi, riflessioni, politiche utili a conoscere e migliorare la condizione dei giovani. Il libro, oltre ad essere reperibile in formato tradizionale, è disponibile in versione e-book.
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una foto per pensare
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foto Alessandro Milella, alessandro.milella@alice.it testo Claudia Sarubbo, claudia.sarubbo@yahoo.it
Ritrovare , tra le pieghe del tempo, tracce di s to ria che segnano il passo nel sen tiero dell 'oggi
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In dialogo con il
mondo
di Raffaello Zordan
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La stampa italiana è in crisi. Purtroppo si legge sempre meno e fa piacere dare la buona notizia che l’editoria missionaria, rappresentata dalla Editrice missionaria italiana, dà segnali di vitalità. Il card. Jorge Mario Bergoglio di Buenos Aires è stato eletto papa col nome di Francesco la sera del 13 marzo. Cinque giorni dopo, il 18 marzo, la EMI presentava i primi tre volumetti sul
e la missione oggi
nuovo papa, che hanno una diffusione eccezionale con continue ristampe. In un incontro all’Università cattolica di Milano, il 10 aprile scorso, la EMI HA CELEBRATO I SUOI PRIMI 40 ANNI. Lorenzo Fazzini, direttore dell’editrice ha affermato: “Il mondo missionario ha un patrimonio culturale straordinario da valorizzare, prezioso non solo per la chiesa, ma anche per i mondi della cultura, dell’università, dell’economia”. Infatti, secondo Toni Capuozzo, inviato del TG5, “dalle missioni arriva un filo diretto con fatti e notizie che altrimenti non avremmo”. E Giuliano Vigini, tra i massimi esperti italiani di editoria, ha delineato la storia dell’editoria missionaria, ricordando che la EMI ha superato i duemila volumi editi fino ad oggi. Sono stato invitato a questo incontro come autore della EMI (esattamente 40 volumi) e unico testimone vivente
Nell’anno del quarantesimo dell’Editrice missionaria italiana (EMI) Giovanni Munari parla delle prospettive missionarie maturate dal concilio Vaticano II
«L’
EMI è insieme un osservatorio e un laboratorio. Consente di cogliere le trasformazioni della realtà sociale ed ecclesiale, e ha gli strumenti per elaborare riflessioni e proposte». È il giudizio lusinghiero del comboniano Giovanni Munari 62 anni, per una trentina missionario in Brasile - sull’editrice missionaria che ha diretto dal 2008 al 2012.
A sinistra, p. Giovanni Munari, direttore dell’EMI dal 2008 al 2012 e Lorenzo Fazzini, l’attuale direttore
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di quando e perché è nata l’editrice. Gli Istituti missionari sentivano il bisogno di unirsi per stampare in comune i libri di studi, cultura e attualità. Il motore di questa unione era padre WALTER GARDINI dei missionari Saveriani. Infatti a PARMA, NEL MAGGIO 1955 NASCE LA EMI CON I PADRI GARDINI, VANZIN e LUCA (Saveriani), GHEDDO e DOMENICO COLOMBO (Pime), ENRICO BARTOLUCCI (comboniano, poi vescovo di Esmeraldas in Ecuador) e MARIO BIANCHI (poi superiore generale dei missionari della Consolata). La EMI stampa fino al 1968 una trentina di volumi, tra i quali il primo di Helder Camara con i suoi discorsi e conferenze. In seguito ai sommovimenti del “sessantotto”, la EMI si è bloccata. Nel 1973, riprende con l’impegno di due comboniani, i padri Ottavio Raimondi ed Enrico Galimberti. Con papa Francesco e la crisi della chiesa italiana che pure vuol diventare “missionaria”, si apre una nuova fase per la EMI. Il compito è riportare con forza il carisma missionario alle genti nella chiesa italiana, quante testimonianze
Il fatto è che questo osservatorio-laboratorio, in grado di «aiutare gli istituti missionari a capire lo stato della missione, come viene vista, vissuta, percepita», rileva anche le contraddizioni interne al mondo missionario. E padre Munari mette subito a fuoco quella che ritiene essere la questione centrale della missione e della chiesa italiana oggi: «È il concilio Vaticano II, che ha rappresentato una svolta, una rivoluzione copernicana, e che non è stato ancora sufficientemente capito e assimilato. Prima la missione parlava al mondo, insegnava, aveva una verità da proporre anche a livello sociale. Con il Vaticano II è cambiata la prospettiva: la chiesa non è più al centro, sono le varie realtà che compongono il mondo ad essere al centro. E con questo mondo bisogna interagire, entrare in dialogo». Soffermiamoci sullo stallo del Vaticano II. Quali le ricadute sulla missione?
preziose di missionari possiamo raccontare alle nostre diocesi, seminari, parrocchie e associazioni laicali! Nella crisi di fede e confusione di idee degli ultimi tempi, il carisma della missione alle genti si è alquanto appannato, noi missionari abbiamo annacquato il nostro carisma e perso la nostra identità, i nostri Istituti non vivono più il fervore missionario delle loro fondazioni e non hanno più vocazioni italiane. La chiesa italiana si chiude in difesa del piccolo gregge dei “praticanti”. Oggi i vescovi italiani scrivono e parlano spesso che bisogna “rievangelizzare il nostro popolo con spirito e metodi missionari”, con una “pastorale missionaria”. Esprimo un appello e un augurio. La stampa e l’animazione missionaria tornino a testimoniare l’unica ricchezza che abbiamo, Gesù Cristo, perché la nostra Italia ha proprio bisogno di questo: ritrovare l’entusiasmo della fede, l’amore a Gesù Cristo. p Piero Gheddo PIME
Se si prendono le riflessioni che, in occasione del Vaticano II, la chiesa fa su se stessa e sul mondo, c’è un approccio fortemente critico e innovativo. Se invece si prendono le riflessioni sulla missione, risultano piuttosto smussate, poco incisive e con lo sguardo al panorama preconciliare. Intendo dire che il documento del Vaticano II sulla missione non è in sintonia con le costituzioni sulla chiesa e il suo dialogo con il mondo. Col Vaticano II, e sono trascorsi 50 anni, sono state poste le basi per una rivoluzione copernicana. Ma per cogliere in pieno questi grandi principi di cambiamento ci vuole dedizione e tempo. Ora in campo missionario questo non è ancora accaduto. E si continua a cercare ispirazione e risposte più nelle sane tradizioni che nelle nuove prospettive. Questi sono i nodi centrali per chi fa missione oggi. Una missione bloccata, che non fa più presa sui giovani e che non sa andare molto oltre alla tradizionale plantatio ecclesiae.
Quindi la missio dell’EMI dovrebbe essere quella di contribuire a un recupero dello spirito del Vaticano II? Questo è esattamente il grande nodo che l’EMI ha cercato di affrontare, perché è il nodo da sciogliere. O partendo da questa nuova lettura che ci è venuta dal concilio si cambia impostazione, il che significa cambiare tutto, oppure continueremo a porci e ad affrontare i problemi con un taglio che appartiene all’epoca preconciliare. Ora, considerato che nel mercato editoriale italiano l’EMI è una voce unica, perché non dovrebbe occuparsi del concilio dimenticato? Chi se non i missionari è chiamato a esprimersi su questo? Certo lo fanno alcuni teologi, che però lavorano più con il versante laico che con quello cattolico. È muovendo da questo approccio che nel mio periodo all’EMI ho cercato di far funzionare, non senza difficoltà, il laboratorio editoriale, scovando nuovi autori e stimolando quelli vicini a questo tipo di sensibilità.
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in quanto insegnante precario fa il doppio lavoro, perché non ha stimoli per approfondire, perché… Quindi tu editore non riesci a capire se è la tua proposta a non essere adeguata o se è sbagliato il momento oppure se a pesare è la difficile condizione dei soggetti a cui proponi. Credo che anche il mondo dell’associazionismo che si occupa di intercultura viva queste difficoltà. Lo stesso andrebbe fatto a livello teologico, pastorale, di racconto della missione lontana. Questa è la difficoltà di essere laboratorio di nuove sensibilità e di nuove pratiche.
Si stanno facendo gli investimenti adeguati affinché questo osservatorio-laboratorio funzioni? L’EMI, quanto a numero di pubblicazioni, va considerata una casa editrice di media grandezza. Ma per continuare ad essere quell’osservatorio-laboratorio di cui dicevo deve probabilmente diventare una piccola casa editrice. Intendo dire una casa editrice qualificata, meno preoccupata di produrre 60-70 titoli l’anno: ne bastano una decina di alta qualità. Se tu hai una struttura concepita per produrre almeno 60 libri l’anno e non li sforni ti ritrovi ad operare sotto il tuo potenziale. E questo non funziona. Rimango convinto che oggi bisogna lavorare per offrire una riflessione di alto profilo sulle tematiche della missione, individuando nella chiesa e nella società autori in grado di illuminare un tratto di un cammino che ci deve far uscire da una prospettiva preconciliare. Non è il fatto di andare in Congo piut-
tosto che in Brasile o in Cina, che ti rende missionario. Tu puoi andare dove vuoi e riprodurre lo schema preconciliare che c’è qui. È una questione di impostazione del lavoro, di visione del mondo, di comprensione di sé stessi in questo mondo articolato e complesso. Qualche piccolo nodo ha cominciato ad essere sciolto? Nel periodo in cui sono stato direttore ci abbiamo provato, pur dovendo fare i conti con la crisi economica che ha colpito il nostro paese. La crisi ha complicato il quadro: in quanto non ci ha fatto capire se gli esiti delle misure che stavamo prendendo, positivi o negativi che fossero, dipendevano da noi o era la crisi a governarli. Esempio. Abbiamo progettato e prodotto in un campo interessante e delicato come quello dell’intercultura. Il fatto è che da qualche anno a questa parte chi si occupa di intercultura nella scuola ha altre priorità: perché
Se dovesse delineare una prospettiva per l’EMI? Mentre sono centinaia le case editrici e le librerie che chiudono, l’EMI procede senza bisogno di aiuti esterni. Ciò significa che il prodotto c’è, che la qualità c’è, che un mercato, seppur di nicchia, c’è. Significa che nella chiesa e nella società italiana ci sono persone alla ricerca di nuove prospettive. Quando sono uscito dall’EMI ho detto a chi subentrava: la casa editrice ha creato una propria storia, un proprio percorso e una propria sensibilità. Il futuro dell’EMI è restare EMI. Cioè, se riesce a percorrere questa linea di frontiera all’interno della Chiesa - linea fatta di dialogo coraggioso con il mondo, di proposte alternative anche a livello teologico (abbiamo cominciato a farlo sulla bibbia e sulla vita religiosa), di nuove pratiche ecclesiali, di esperienze missionarie innovative, di approfondimenti su temi quali lo sviluppo, l’ambiente, i conflitti, il disarmo - ha senz’altro un futuro. Rischia, invece, se cade nella tentazione di diventare una “grande” casa editrice e si preoccupa solo di agganciare il grande nome perché fa vendere… n
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fatti
Na t al e
nei continenti
Un cammino in vari angoli del Pianeta dove si celebra il Natale. A volte in maniera del tutto inaspettata fonti Fides, Zenit
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AMERICA/ARGENTINA I vescovi del paese: “Vogliamo essere una nazione” “Tutti gli abitanti del nostro paese hanno bisogno di sentirsi sostenuti da un gruppo dirigente che non pensi solo ai propri interessi, ma che sia preoccupato, in primo luogo, per il bene comune” così si leggeva nel documento della Conferenza episcopale argentina intitolato Riflessioni dei vescovi in prossimità del Natale, pubblicato nel dicembre dello scorso anno. Il messaggio era in parte indirizzato alle autorità, per ricordare il sentimento di un popolo che crede in Dio e che ancora crede nello sforzo di costruire una comunità nazionale in spirito di fraternità. I vescovi prendevano in considerazione alcuni aspetti della crisi morale e culturale che vive il paese: “L’ordine giuridico deve rispettare la dignità della vita; ci sono iniziative del legislatore che sembrano danneggiare l’identità della famiglia; il sistema educativo impone contenuti contrari alla morale
dei genitori; esiste un’angoscia generale per i giovani senza lavoro e senza la possibilità di studiare; la crescita del narcotraffico sembra essere la causa della delinquenza e della insicurezza; dopo trent’anni di democrazia, corriamo il rischio di dividerci in bande che impediscono la libera partecipazione alla vita civile del paese”. Il documento si concludeva con un compito per tutti: “Adesso, vicini al Natale, gli argentini vogliono creare momenti di dialogo, incontro, comunione fraterna, per allontanare l’odio… La patria è un dono di Dio affidato alla nostra libertà. Un regalo che dobbiamo curare e perfezionare. È incoraggiante notare che, nonostante molte difficoltà, è ancora vivo nei cuori della nostra gente il desiderio di essere una nazione e la voglia di costruire insieme un progetto di paese”.
EUROPA/ GRAN BRETAGNA La favola di Natale del Celtic Football Club A Natale dello scorso anno, la notizia meravigliava e indignava tutta la Gran
Bretagna: dei ladri erano penetrati in uno dei più importanti ospedali di Londra, e avevano rubato i regali di Natale destinati ai bambini ricoverati. Il Great Ormond Street Hospital for Children è un istituto medico specializzato nella cura dei bambini. Sorge nel quartiere di Bloomsbury, dove era vissuto Charles Dickens. È stato il primo ospedale specifico per i bambini, sempre all’avanguardia. È il più grande centro per la ricerca sulle malattie infantili in Europa, ha la più ampia gamma di specialisti di qualsiasi ospedale della Gran Bretagna ed è il più grande centro infantile per le cure delle cardiopatie, per la neurochirurgia e per i tumori. Alla generosità di molti, si è aggiunta, in quella occasione, quella proveniente da oltre il confine invisibile che divide l’Inghilterra dalla Scozia. Da dove è giunta l’offerta del Celtic Foot Ball Club, squadra di calcio di Glasgow, che festeggiava i 125 anni di fondazione. Il Celtic non è famoso solo per la sua divisa a strisce orizzontali biancoverdi (“Hoops”), e per la vittoria nella Coppa dei Campioni ottenuta - Davide contro
Golia - nel 1967 sconfiggendo gli allora imbattibili campioni del mondo dell’Inter di Herrera, prima squadra britannica e nord-europea a conquistare il massimo trofeo continentale, ma anche per un’altra peculiare caratteristica: il Celtic venne fondato in uno dei più poveri quartieri di Glasgow, Calton, su iniziativa di un frate marista, fratel Walfrid, originario dell’Irlanda. Presso la parrocchie St. Mary, nacque il Celtic Foot Ball Club, nel novembre del 1887. La finalità della squadra biancoverde (i colori dell’Irlanda) era quella di raccogliere fondi, attraverso partite e tornei, da destinare alle opere di carità della chiesa locale, e così avvenne, ed è avvenuto per 125 anni. Tale identità cattolica della squadra provocò diverse avversioni di tipo settario, proveniente da ambienti che - calcisticamente - si riconoscevano nell’altra squadra di Glasgow, i Rangers, che fino a pochi anni fa non ammetteva tra le proprie fila giocatori cattolici. Il Celtic, invece, pur essendo nato come una sorta di squadra dell’oratorio, si aprì ben presto a giocatori di ogni confessione, e anche attualmente
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vi giocano atleti di ogni tipo di denominazione cristiana, oltre a qualche musulmano e ebreo. La generosità di questa squadra, la cui importanza va ben oltre il calcio, e che rappresenta una vera e propria “cultura” amata e seguita in numerosi paesi oltre la Scozia, si è manifestata anche in questa spiacevole occasione del furto al Great Ormond Hospital: il Celtic Football Club, infatti, comunicò che avrebbe rimpiazzato, almeno in parte, i giocattoli rubati.
AFRICA/LIBIA Canti natalizi in diverse lingue: una tradizione della chiesa «È una gioia stare insieme cantando in attesa del Natale» dice all’agenzia Fides mons. Giovanni Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, dove an-
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che quest’anno, a inizio dicembre, la piccola comunità cattolica ha in programma la celebrazione della festa della Candelight. “Si tratta di una manifestazione canora natalizia secondo le diverse tradizioni. Ci sono diversi cori, in particolare africani e filippini, ognuno dei quali canta il Natale nella propria lingua” spiega Martinelli. “È una tradizione ormai collaudata della nostra comunità. Si chiama Candelight perché si termina con lo spegnimento delle luci e l’accessione di una candela da parte di ogni partecipante. Poi tutti in coro si canta Silent Night”. La comunità cattolica è composta da ori stranieri. molti lavoratori
ASIA/TAIWA ASIA/TAIWAN Il presepio, ev evento di evangelizzazione evangelizza Sono cominciati dal d mese di novembre i preparativi per pe i presepi viventi che si svolgono ogn ogni anno nelle piazze e nei parchi pubbl pubblici di alcune città taiwanesi. “Il presepe - come afferma p. Felice Chech, cam camilliano, direttore nazionale delle Po Pontificie Opere Missionarie - è un vero evento di evangelizzazione rivolto alle evangelizzazio persone e alla all cultura contemporanea temporanea. Le Pontificie Opere Missionarie
desiderano promuovere e recuperare il significato autentico del Natale cristiano nella società taiwanese (1% di cattolici su 24mila abitanti), in cui le attività commerciali tendono a diffondere una concezione consumistica della festività natalizia svuotata del contenuto religioso cristiano”. Nella società taiwanese del resto non manca l’attenzione degli appartenenti alle religioni tradizionali verso le attività spirituali e sociali promosse dai cattolici. Ad esempio, in occasione dell’Ottobre missionario, racconta p. Felice, sono state promosse alcune veglie di preghiera che hanno visto la partecipazione di un centinaio di bambini, della comunità aborigena di Taitung (Taidong) e di giovani universitari della Fu Jen Catholic University di Taipei. Alla preparazione delle veglie hanno collaborato gli animatori missionari parrocchiali, i catechisti, numerosi laici, e anche persone appartenenti alle religioni tradizionali. Inoltre gli immigrati provenienti dai cinque continenti le hanno animate con danze e simboli tradizionali del proprio continente. P. Felice Chech sottolinea, infine, l’importanza di creare “reti di collaborazione per le attività di animazione missionaria” e “un metodo di evangelizzazione adatto ai contesti culturali e agli ambiti della vita quotidiana”. ■
lettere dai missionari
“Morire di speranza” L’ultima tragedia avvenuta la notte del 2 ottobre dinanzi a Lampedusa, ha fatto dire al Santo Padre Francesco: «Vergogna, simili tragedie non si ripetano». Anche noi ci uniamo alla triste considerazione di papa Francesco. Prima di tutto, perché l’amore Dio nella sua infinita misericordia accolga quanti sono
MISSIONI morti nei tanti “viaggi di speranza”, consoli i familiari e dia audacia ai governanti nel trovare strade di giustizia e di solidarietà verso i popoli che soffrono nel Sud del mondo. È una vergogna che, a livello internazionale, si permetta ai trafficanti di essere umani di continuare il loro losco commercio. È una vergogna continuare a vedere l’immobilismo delle nazioni ricche e potenti. È una tristezza infinita vedere che la speranza di circa 500 persone sia calata a picco con il barcone su cui erano saliti. È una vergogna! Ci sentiamo impotenti!
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Tante tempeste opprimono la vita degli uomini e delle donne in tante parti del mondo. Eppure il mondo ricco a cui apparteniamo spesso non se ne accorge tanto. Per chi sta in mezzo alla tempesta, questo mondo ricco appare indifferente, assorbito dalle proprie cose e dimentico di chi sta soffrendo. Davvero, non bisogna distogliere lo sguardo e dimenticare la sofferenza in cui intere popolazioni vivono. Tanti, troppi, continuano a “morire di speranza”. Con queste parole molte comunità cristiane si ritrovano in preghiera per ricordare le migliaia
di persone immigrate, morte dopo aver lasciato il proprio paese alla ricerca di un futuro migliore. I mass-media spesso fanno a gara per contare quanti sbarcano, pronti a gridare all’invasione. Ma quanti sono quelli che non sono arrivati? Muoiono giorno dopo giorno. Anno dopo anno. E i loro corpi finiscono nell’oblio delle coscienze, nelle traversate del deserto o seppelliti in fondo al “cimitero Mediterraneo”. Si tratta, ha sottolineato papa Francesco, “di persone, che fanno appello alla solidarietà e all’assistenza, che hanno bisogno di interventi urgenti, ma anche e soprattutto di comprensione e di bontà”. Dal 1988 ad oggi sono morte lungo le frontiere dell’Europa circa 20mila persone, anche se di fatto nessuno sa quanti siano i naufragi di cui non abbiamo mai avuto notizia. Lo sanno soltanto le famiglie dei dispersi, che dal Marocco allo Sri Lanka si chiedono da anni che fine abbiano fatto i loro figli partiti un bel giorno per l’Europa e mai più tornati. Di fronte a questi tragici fatti non si può rimanere in silenzio. Anche una
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sola di queste vite perse in mare in un viaggio di dolore e disperazione è una sconfitta per tutti, che non può e non deve lasciare indifferenti. Queste morti sono un richiamo alla responsabilità, per guardare alla realtà della migrazione mettendo sempre in primo piano la vita di ognuno e il pieno rispetto dei diritti umani. P. Sergio Natoli OMI Palermo
L’evangelizzazione va avanti Sono rientrato nella R.D. Congo a settembre. Ringrazio Dio del tempo passato in Italia e in Senegal permeato da tanti segni dell’Amore di Dio. Per quest’anno sono qui a lavorare con il solito impegno e ad accogliere la piena manifestazione della volontà di Dio. In Senegal ho potuto visitare tutte le nostre fondazioni comprese quelle di Guinea Bissau. Dappertutto ho provato il sentimento di ringraziare il Signore per il progresso dell’evangelizzazione. Anche il mio libro ha riscosso interesse e si può trovare in libreria a Dakar. Inoltre, siamo in pourparler con un prete delle OPM di Francia,
incontrato in Senegal provvidenzialmente, per un’eventuale seconda edizione in francese del libro come strumento di animazione missionaria nello spazio francofono. Il libro è stato già presentato a studenti e professori della facoltà teologica dell’Università cattolica di Kinshasa, alla comunità parrocchiale di Parcelles Assainies (Senegal) durante una celebrazione liturgica che ha portato a legare il contenuto del libro all’eucaristia come sacramento di comunione e fraternità. Lo scorso 5 giugno, in Italia, invitato dal Rotary Club di MilanoFiera, ho sviluppato, davanti ai soci riuniti, le tematiche
socioeconomiche contenute nel libro stesso. Recensioni sono state fatte sia in riviste e quotidiani, come Missioni OMI, Oblatio, La Gazzetta del Sud, Unità e Carismi, e in siti web, come Archikin, dell’arcidiocesi di Kinshasa. Ho terminato il mio lungo viaggio con un dono in
più : un pellegrinaggio alla basilica imperiale dell’Hagia Sophia di Istanbul dove i musulmani, pur trasformandola in moschea, hanno lasciato il mosaico della Madonna della Sapienza... P. Mimmo Arena OMI Kinshasa (R.D. Congo)
Andate, senza paura, per servire
L’idea espressa in varie occasioni da papa Francesco diventa il titolo del libro di Fabio Mandato giovane avvocato e giornalista calabrese (“Andate, senza paura, per servire”, ed, Luigi Pellegrini 2013, 12 euro). L’autore, che ha partecipato al Conclave che ha eletto papa Francesco come giornalista accreditato, indaga l’ultimo anno della vita della chiesa a cominciare dalle dimissioni di papa Benedetto XVI.
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lettere dai missionari
MISSIONI Qui Senegal di Gianluca Rizzaro OMI
Qui Uruguay di Luca Polello OMI poleesdra@gmail.com
Pensati per la vita Domenica 23 giugno è stata una data significativa per la vita politica uruguayana: gli elettori sono stati convocati per aderire alla possibilità di sottomettere a referendum la legge sull’aborto. Tante
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Un viaggio interessante
gianlucarizzaro@gmail.com
Dopo aver visitato la Guinea Bissau, rientro con i confratelli oblati fino a Ziguinchor e scelgo di tornare a Dakar con un taxi 7 places. Mi aspettano circa 450 chilometri, pochissimi dei quali su strada asfaltata, con un passaggio in chiatta per attraversare il fiume Gambia. Il taxi parte alle otto del mattino e i due giovani seduti accanto a me, quasi contemporaneamente, affidano il viaggio a Dio con un bel segno di croce. Vivo in un paese con meno del 5 % di cristiani, ma in questo caso la percentuale aumenta! Uno dei passeggeri viaggia alla volta di Bruxelles,
le tensioni politiche, in una nazione fortemente laicizzata. L’adesione alle urne per il ricorso al referendum contro la legge che ha legalizzato l’aborto è stata insufficiente e la partecipazione bassa. La legge prevede la
possibilità di abortire nelle prime dodici settimane di gestazione ed è stata approvata nel 2012. Anche se non ha ottenuto la percentuale richiesta per indire un referendum contro la legge, la lotta per la difesa della vita prosegue
dove frequenterà un corso per ottenere il brevetto di pilota d’aereo. Due giovani donne, una con in braccio una bimba di appena due mesi, devono arrivare a St. Louis, nel nord del paese: quasi 24 ore di viaggio. L’uomo seduto davanti a me parla benissimo inglese, e questo ci aiuta quando attraversiamo il Gambia, ex colonia britannica. E poi c’è il simpatico autista, che non spegne la radio nemmeno per un minuto. Dopo aver fatto tappa a Thies, cambio vettura per raggiungere Dakar. Arrivo alle due del mattino seguente. Ho le ossa rotte e un gran mal di testa. Nel cuore, la certezza di aver scoperto ancora qualcosa su questo paese e sulla straordinaria capacità dei suoi abitanti di farmi sentire uno di loro. tutti i giorni. Una giovane di Libertad, sieropositiva, con problemi familiari gravi era intenzionata ad abortire. Accompagnata da p. Antonio in un cammino di crescita umana, ha deciso di sfidare le condizioni avverse. La ragazza ha deciso di proseguire il parto con immensa gioia per non aver trasmesso la sua malattia ai figli, nati in buone condizioni. “La cosa più bella della mia vita è essere diventata madre”, ci ha comunicato il giorno dopo la nascita di Federico Jesús e Celeste Maria. Una storia che dà speranza, che va oltre le leggi e ci conferma nel nostro essere pensati “per la vita”.
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missioni
Missione è…
La sinfonia dell’unico corpo apostolico
di Adriano Titone OMI titonomi@gmail.com
T
re anni fa, ho partecipato a nome della diocesi di Frascati, ad un seminario di studio e di condivisione organizzato a Roma dalla CEI sul tema La vita consacrata nella chiesa locale: risorsa preziosa per una ecclesiologia di comunione. È stata un’esperienza di chiesa luminosa ed intensa. I partecipanti: vescovi, sacerdoti incaricati della vita consacrata nelle diocesi e le regioni, religiosi
e consacrati laici, abbiamo ringraziato il Signore di una tale opportunità e auspicato che cresca sempre di più, nella chiesa italiana, la coscienza e lo stile di vita che si alimenta ad una ecclesiologia di comunione. Con questa espressione, lo sappiamo, si intende quel modo di comprendere e di vivere la chiesa e la sua missione suscitato e promosso dal Concilio Vaticano II. A quasi 50 anni da questo straordinario concilio, tanto cammino è stato percorso e tanto resta da compiere in questo sentirci e muoverci effettivamente come “unico corpo apostolico”. Come non ricordare il modo ‘conciliare’ in cui la chiesa particolare di Maroua, accoglie ogni anno i nuovi operatori pastorali che danno il loro apporto multiforme all’unica comune missione. Quando sono arrivato in quella diocesi del Camerun, una delle prime cose che i confratelli misero nel mio programma di inserimento, fu proprio la sessione che la diocesi cele-
bra ogni anno per avviare il piano pastorale. Il vescovo in prima fila, con i suoi più stretti collaboratori nei vari uffici e servizi diocesani, parroci, religiosi e religiose, missionari laici... tutti lì, veterani e nuove leve, per ricompaginare il corpo apostolico: ognuno degli operatori pastorali doveva e poteva sentirsi “nota di una sinfonia”. Mi sorprese il vescovo, direttore della sinfonia diocesana a nome del grande “maestro”, quando mi chiamò per conoscermi e, dopo un lungo dialogo molto fraterno, mi consegnò un documento e mi disse: «Questa è la relazione sulla nostra diocesi che fra due mesi presenterò al papa nella quinquennale visita ad limina; non è ancora finita, ma leggila pure». Che bravo maestro: non solo mi ha accolto nel coro invitandomi ad aggiungere la mia voce alla sinfonia comune, ha anche messo nelle mie mani lo spartito di quella musica di vita, da completare ed eseguire assieme. n
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Giorno senza tramonto è il lavoro più recente della Compagnia Aquero (nota in particolare per “Verbum Panis” e lo spettacolo “Aquero”). Una raccolta di canti liturgici nata in collaborazione con la scuola “La Salle” di Roma, i cui alunni hanno realizzato i disegni di copertina e cantato con impegno ed entusiasmo i brani dell’album. Gli arrangiamenti di Emanuele Chirco amplificano il carattere festoso che emerge nei canti composti da Mite Balduzzi: ogni domenica è una nuova Pasqua, è un “giorno senza tramonto” che raccoglie e accomuna nella gioia il popolo di Dio. Cosa c’è di più bello di assaporare questa gioia ed esprimerla nel canto? All’interno del CD si possono trovare le basi strumentali per una riproduzione integrale dei brani, ma anche gli spartiti in formato pdf per pianoforte/organo per una esecuzione semplificata.
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IL DISEGNO DI PAPA FRANCESCO. IL VOLTO FUTURO DELLA CHIESA ED. EMI 2013, € 13. Toccare, lottare, fare spazio, decifrare, desiderare. Sono questi i cinque verbi fondamentali del papato di Francesco secondo p. Antonio Spadaro, gesuita come il pontefice argentino, direttore di ‘La Civiltà Cattolica’, il prestigioso quindicinale sul quale ha intervistato per primo il nuovo pontefice. Nel libro, l’autore traccia un profilo documentato e appassionato dell’inizio di pontificato di Francesco, identificando alcuni concetti-chiave per comprendere l’originalità del nuovo papa argentino proprio perchè, quando si parla di papa Bergoglio, «le rigide caselle del progressismo e conservatorismo appaiono obsolete: non reggono più». Per ordinare i libri EMI, via di Corticella 179/4 40128 Bologna. Tel. 051 326027 www.emi.it, sermis@emi.it
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NON RINUNCIARE
P. Louis Lougen OMI incontra OMI e famiglia oblata a Cosenza
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fatti
dossier
attualità
Missione è… Diminuire per far crescere l’altro
P. Dino Tessari OMI visita i seminari del sud Italia
Spazio alle famiglie nella XII edizione di Mondi Riemersi
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RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA
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Qui Uruguay Qui Senegal e le lettere
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dossier
attualità RIVISTA Intervista a MENSILE P. Giuseppe Calderone OMI DI ATTUALIT neosacerdote À MISSIONARIA
P. Natoli racconta dell’incontro tra p. Puglisi e gli OMI
missioni
fatti Scegliere la vita. La testimonianza di Chiara Corbella
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n. 01/02 GENNAIO -FEBBRAIO 2013
Dal Sinodo sulla Nuova evangelizzazi one
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Rinnovata speranza
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Qui Uruguay Qui Senegal Lettere dei missionari
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attualità
dossier
fatti
missioni
Continua la riflessione a partire dall’Anno delle fede
Intervista a p. D’Amore sul Movimento Giovanile Costruire
Mons. Lorotheli e il 125° dell’evangelizzazione in Lesotho
Missione è… Incontro personale che salva
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n. 04 aprile 2013
n. 03 MARZO 2013
Intervista esclusiva a mons. Bertolone
Padre Pino Puglisi verso la beatificazione
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rivista mensile di attualità missionaria
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attualità
Il volto giovane del carisma oblato
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dossier
fatti
I missionari OMI a Pozzilli (Is). Parla mons. Salvatore Visco
missioni
Ripercorriamo la presenza oblata al Concilio
La “vita nuova” di Beatrice Fazi. Intervista esclusiva
Qui Senegal Qui Uruguay
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n. 08/09 AGOSTO-SETTEMBRE 2013
P. Pino Puglisi testimone e costruttore di giustiz ia
dossier In preghiera con il rosario missionario dal Guatemala
fatti
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50 anni dopo I Missionari OMI
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P. Gaeta a dieci no Liuzzo OM anni dal I la morte
dossier La XXVII mondiale I Giornata gioventù della in Brasile
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attualità
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Appuntamenti importanti per i giovani Oblati
Si può evangelizzare con la fiction televisiva?
missioni
La chiesa in Ciad. Intervista a mons. Michele Russo
Aprirsi agli altri e ritrovarsi più ricchi
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Le missioni estere della Provincia mediterranea
Natale nei continenti
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Il Capitolo generale delle Missionarie Oblate di Maria Immacolata
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attualità P. Belingheri in Indonesia: la Chiesa è vicina alla gente
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n. 11 NOVEMBRE 2013 07/09/13
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Allargare gli orizzonti
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