Missioniomi 06/07 2014

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Prezzo di copertina € 2,20 - giugno/luglio 2014 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012

attualità

dossier

fatti

missioni

La crescita economica nel continente africano

Si avvicina il Sinodo dei vescovi sulla famiglia

Un progetto di inclusione didattica in Romania

Qui Ciad Qui Uruguay

MISSIONI

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RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA

OMI

n. 6/7 GIUGNO-LUGLIO 2014

Nuovo slancio al Vangelo

della famiglia 08/05/14 21:13


SOMMARIO MISSIONI OMI Rivista mensile di attualità fondata nel 1921 Anno 21 n.6/7 giugno-luglio 2014

In cammino nel deserto

attualità

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a cura della redazione

La crescita economica dell’Africa

La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250

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di Carmine Tabarro - Zenit

EDITORE

I frutti che ti offriamo

Provincia d’Italia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata Via Egiziaca a Pizzofalcone, 30 80132 Napoli

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a cura della redazione

news

REDAZIONE

Via dei Prefetti, 34 00186 Roma tel. 06 6880 3436 fax 06 6880 5031 pasquale.castrilli@poste.it

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Notizie in diretta dal mondo oblato a cura di Elio Filardo OMI

DIRETTORE RESPONSABILE

Mgc news

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Didattiva inclusiva per i ragazzi rumeni

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Antonio da Padova santo amato

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Pasquale Castrilli REDAZIONE

fatti

Salvo D’Orto, Elio Filardo, Gianluca Rizzaro, Adriano Titone COLLABORATORI

di Mimma Piroso e Caterina Sestito

Alfonso Bartolotta, Claudio Carleo, Anna Cerro, Fabio Ciardi, Gennaro Cicchese, Angelica Ciccone, Luigi Mariano Guzzo, Thomas Harris, Sergio Natoli, Michele Palumbo

di Renzo Allegri, Zenit

PROGETTO GRAFICO E REALIZZAZIONE

missioni

Elisabetta Delfini STAMPA

Tipolitografia Abilgraph Roma FOTOGRAFIE

Lettere al direttore

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Lettere dai missionari

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Qui Ciad, Qui Uruguay

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Si ringrazia Olycom www.olycom.it UFFICIO ABBONAMENTI

Via dei Prefetti, 34 - 00186 Roma tel 06 9408777 - Valentina Valenzi rivista.missioni.omi@omi.it Italia (annuale) Estero (via aerea) Di amicizia Sostenitore

17 euro 37 euro 35 euro 65 euro

Da versare su cc p n. 777003 Home Banking: IBAN IT49D0760103200000000777003 intestato a: Missioni OMI - Rivista dei Missionari OMI via Tuscolana, 73 - 00044 Frascati (Roma) Finito di stampare maggio 2014 Reg. trib. Roma n° 564/93 Associata USPI e FESMI www.missioniomi.it www.facebook.com/missioniomi

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dossier

Attenzione, accoglienza e misericordia la maternità della chiesa

le numerose

Il cammino di preparazione al Sinodo sulla famiglia porta tutta la comunità ecclesiale a riflettere su alcune sfide che si rivelano altrettanti punti nodali per la pastorale: • la prassi di molti battezzati che abbandonano la fede nella sacramentalità del matrimonio e nel “potere terapeutico” del sacramento della confessione; • il tentativo in atto con la teoria sempre più diffusa del gender di cancellare la naturale distinzione tra maschio e femmina, giungendo ad affermare per esempio che un figlio non abbia bisogno di un papà ed una mamma, ma di un ‘genitore A’ e un ‘genitore B’. • la cultura del non-impegno e della presupposta instabilità del vincolo, la riformulazione dell’idea stessa di famiglia, il pluralismo relativista nella concezione del matrimonio, le proposte legislative che svalutano

sfide

L’assemblea dei vescovi ha proposto ad un “mondo liquido”, che muta rapidamente, valori e evangelici e missionari testo di Salvatore Franco OMI francoomi@libero.it foto di Sergio Natoli OMI natolisergio@gmail.com

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I

la permanenza e la fedeltà del patto matrimoniale e conducono alla diffusione delle coppie di fatto, che non accedono al matrimonio nemmeno civile e ne escludono l’idea; le convivenze ad experimentum nelle quali non si esclude del tutto la prospettiva di matrimonio; le unioni fra persone dello stesso sesso, cui non di rado, in alcuni paesi, è consentita l’adozione di figli. • le numerose separazioni, il passaggio di persone divorziate a nuove nozze, il passaggio di persone sposate alla convivenza extraconiugale, le famiglie plurinucleari o mononucleari, conducono la società a proporre forme di divorzio breve (già realtà in Spagna, Portogallo e Romania) anche con formule a costi bassi. • lo sviluppo della tecnologia biologica e medica che offre la possibilità di “pretendere” un figlio a tutti i costi o, al tempo stesso, di non volerlo a tutti i costi e con tutti i mezzi.

l tema affidato da papa Francesco alla prossima Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi è: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Il compito affidato al Sinodo è capire quanto si è già fatto e cosa occorrerà fare per annunciare il Vangelo particolarmente alla famiglia e all’uomo di oggi. Sono previsti due sinodi sullo stesso argomento: uno straordinario che si svolgerà dal 5 al 19 ottobre e uno ordinario che si terrà nel 2015. Il primo servirà a raccogliere testimonianze e proposte dei vescovi “per annunciare e vivere credibilmente il Vangelo per la famiglia”, mentre il secondo sarà impegnato a dare delle linee pastorali per tutta la chiesa. Il segretario del Sinodo dei vescovi, mons. Lorenzo Baldisseri, ha spiegato che dalla singole diocesi ci si aspetta “una sintesi di quello che la gente pensa e come vive”. È la prima volta che viene fatta una grande consultazione mondiale con il preciso intento di

DOSSIER

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ascoltare le esperienze pastorali in atto e le reali esperienze che si vivono oggi nell’ambito delle cura della famiglia e delle relazioni affettive così come dell’azione a favore di una cultura e di una legislazione che difenda e sostenga il valore e il significato fondamentale della famiglia e della vita umana. L’ultimo documento sulla famiglia è stato la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II. Mons Erdo, relatore generale, ha affermato che, con il Sinodo, “non cambierà la dottrina, quanto piuttosto l’avvio di atteggiamenti pastorali diversi”.

L’annuncio del Vangelo alla persona e alla famiglia di oggi Riguardo al tema mons. Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo, ha sottolineato due aspetti. Il primo riguarda l’attenzione prioritaria all’evangelizzazione, cui tutto deve tendere nell’essere e nell’agire del popolo di Dio. Il secondo aspetto è il taglio “pastorale”, accentuato nella formulazione del tema, prospettiva con cui il Santo Pa-

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una foto per pensare

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La spettacolarità della vita ci è donata ed è ad un passo da noi con la sua magnificenza e perfezione, eppure non sappiamo vederla. In compenso, sappiamo mortificarla privandola della sua bellezza ottenendo il perverso risultato di distruggerci. Inquiniamo le campagne e perdiamo i buoni frutti della terra, insozziamo le cristallinità marine con pericolosi materiali, scarichiamo nei fiumi ogni sorta di sostanza tossica, sotterriamo i rifiuti nel medesimo luogo dove zampillano le falde acquifere che ci garantiscono la sopravvivenza. È intelligente? No. E’ il risultato della scelta idolatra del denaro, del potere, del dominio. Riprendiamo a sentirci responsabili di quanto ci circonda, perché la salvaguardia del creato è compito di ciascuno.

UNA FOTO PER PENSARE

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foto di Alfonso Bartolotta OMI, albartem@yahoo.fr testo di Anna Cerro, annacerro@gmail.com

La tra sparenza 29

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MISSIONI

editoriale Pasquale Castrilli OMI pax1902@gmail.com

OMI

Voglia di famiglia

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RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA

OMI

n. 6/7 GIUGNO-LUGLIO 2014

Nuovo slancio al Vangelo

della famiglia

el corso dell’ultimo anno la pubblicità di alcune grandi multinazionali ha visto protagonista la famiglia formata da un uomo, una donna e dei figli. In occasione della festa di S. Giuseppe, festa del papà, una notissima catena di fast food americana aveva lanciato un annuncio pubblicitario per onorare tutti i padri del mondo. Lo spot non è andato in onda in Italia, ma in vari paesi tra i quali la Spagna e aveva come titolo Figlio, conta su di me. Per i XXII Giochi olimpici invernali svoltisi a Sochi, in Russia, nel mese di febbraio, un’altra multinazionale ha proposto uno spot intitolato Grazie di cuore, mamma. Altri due noti marchi hanno presentato suggerimenti di acquisto dal titolo Perché far nascere un bambino in questo mondo? e Essere genitori. È chiaro che la finalità di queste aziende è puramente commerciale, ma è significativo che, in un momento in cui l’istituto familiare subisce attacchi da più parti, ci sia una promozione della vita e di un modello di famiglia naturale. Coincidenza? Controtendenza? Una nuova sete di valori e di “normalità”? La chiesa cattolica riflette da sempre sul concetto di famiglia e rilancia spesso questo tema. Tra quattro mesi è in agenda un importante appuntamento, il Sinodo sulla famiglia, che ha come titolo Le sfide pastorali sulla famiglia nel

contesto dell’evangelizzazione. Si terrà in Vaticano dal 5 al 19 ottobre prossimi e, nella fase di preparazione, ha visto un attento ascolto della base attraverso le risposte ad un questionario contenuto nel documento preparatorio. La risonanza è stata davvero corale ed è emerso un grande interesse per il tema della famiglia. I vescovi italiani a gennaio di quest’anno scrivevano: “gli interpellati manifestano il desiderio di trovare nel Sinodo indicazioni capaci di sollecitare un rinnovato annuncio del Vangelo del matrimonio e della famiglia, a fronte di problematiche che in maniera sempre più invasiva tendono a scardinare dal punto di vista antropologico i fondamenti della famiglia”. Tra i fondamenti della famiglia cristiana ci sono la risposta ad una chiamata che viene da Dio, l’accoglienza reciproca, la collaborazione alla costruzione del Regno di Dio attraverso la procreazione e il lavoro, l’impegno per costruire un mondo giusto e pienamente umano. Ci sembra che il Sinodo possa aiutare a riflettere su questi importanti temi e a dare un contributo di pensiero e di prassi, non solo per rispondere alla domanda “come evangelizzare la famiglia”, ma anche ad un’altra questione altrettanto importante per i giorni nostri “come realizzare l’annuncio evangelico insieme alla famiglia?” n

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lettere al direttore

Il 25° di piazza Tienanmen Per quanto possa suonare paradossale Tienanmen significa “luogo della pace celeste”. Pochi in realtà, tra i testimoni di quegli anni, riescono a non associare al nome della monumentale piazza di Pechino le immagini dello studente che ferma la colonna di blindati, icona della rivolta studentesca del 1989. A tutt’oggi, sui fatti di Tienanmen non è mai

MISSIONI stata fatta alcuna chiarezza. Resta sconosciuto il numero delle vittime e, delle oltre 1500 persone imprigionate, alcune, si crede, siano tuttora recluse. Per di più, pare che il regime abbia messo in atto un processo di soffocamento e rimozione di ogni prova che riconduca a quegli eventi. Proprio nei giorni in cui ne ricorre l’anniversario, p. Stefano Messina, superiore della comunità oblata di Firenze, si è recato nel cuore di un paese fortemente ferito e secolarizzato cercando di scorgere, con gli occhi della fede, la presenza di Dio, che opera nella storia di tutti i popoli della terra. La piazza è brulicante di soldati in uniforme

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e guardie in borghese, grappoli di telecamere crescono sui lampioni che paiono alberi da frutto. Su Internet non esistono immagini, blog, semplici commenti o addirittura numeri collegati in qualche modo al 4 giugno 1989.

Un’associazione nota come “il gruppo delle madri” lotta per tenerne vivo il ricordo, ma non sono solo madri e non sono solo donne. Il desiderio di giustizia pare cresca in proporzione all’esasperazione della censura: come criminale

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che voglia lavare il sangue delle sue vittime, ma che così facendo, non fa’ che rendere più evidente la sua colpa. A un quarto di secolo di distanza, sullo stesso luogo di quei dolorosi eventi, il viaggio di p. Stefano è un pellegrinaggio di speranza. Un pellegrinaggio compiuto sulle orme del grande costituzionalista Giorgio La Pira, anche lui era partito da Firenze con destinazione Pechino allo scopo di seminare pace abbattendo le barriere ideologiche tra diverse culture. Con uno sguardo visionario, che per il credente non è altro che lo sguardo della fede, Giorgio La Pira scorgeva tendersi un arco a unire Maria Immacolata, celeste regina di Firenze, alla piazza pechinese della pace celeste. Il suo augurio era che la Cina potesse riconoscere, seppur nella metodologia economica marxista, una civiltà orientata ai valori del cielo. Quale apporto avrebbe offerto nel “cammino storico” un’apertura cinese in tal senso? Una grande svolta, immagina lo statista fiorentino, che si spingerà a scrivere: “i popoli diranno: la pace è cominciata a Pechino nella grande piazza della pace celeste”.

L’AVVENTURA DELLA FEDE Giornalista, collaboratore di riviste italiane nel mondo, Generoso D’Agnese è un entusiasta ricercatore di storie italiane. Una vera passione per la presenza italiana nel mondo lo ha condotto negli anni a raccogliere numerose storie di italiani all’estero. Tra esse parecchie vicende di missionari e missionarie che ha pubblicato nel libro “L’avventura della fede. I missionari italiani nel continente americano: evangelizzatori, esploratori ed educatori” (edizioni Noubs, 2013, 13€). Sono pagine vive e ricche di episodi e aneddoti che hanno

Forse si è ancora in tempo: guardiamo ai giovani. Sono loro il vento nuovo che soffia sulla Cina. Molti dei funzionari del governo di oggi erano studenti dell’università di Pechino ai tempi della contestazione.

visto protagonisti nostri connazionali impegnati nei vari angoli del Pianeta a portare la Buona Notizia. 44 biografie dalle quali emergono tra l’altro anche varie concezioni e modelli di missione. “Il libro - spiega l’autore - riunisce in un unico corpo gli articoli apparsi negli ultimi 15 anni nelle testate italiane all’estero e vuole essere un omaggio alle straordinarie esistenze e destini di tanti missionari in gran parte sconosciuti alla storiografia popolare italiana, che ebbero vite epiche e leggendarie, che compirono pellegrinaggi di migliaia di chilometri attraverso terre disabitate e deserti, testimonianze di un tempo in cui molti osarono attraversare l’Oceano per entrare in una realtà completamente diversa, fatta di spazi immensi e di sconosciute civiltà. E’ difficile racchiudere la loro epopea umana e spirituale in poche righe ma ho cercato di tratteggiarne gli elementi essenziali cercando di inserire le storie più significative. Ciononostante, molte storie sono rimaste fuori dalle pagine del libro, pur meritando altrettanta considerazione”. Per prendere contatto con l’autore: gedag@email.it.

Essi incarnano la nuova speranza: a loro è concessa la grande opportunità di restituire a piazza Tienanmen l’immagine che il vero nome richiama. Michele Palumbo

Noi siamo qui direttore pax1902@gmail.com ufficio abbonamenti valentina.valenzi@omi.it web www.missioniomi.it facebook www.facebook.com/ missioniomi

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attualità

In cammino nel deserto I detti di apa Pafnunzio Edito da Città Nuova, A l’ultimo libro di Fabio Ciardi

bbandonavano la città e la frenesia della vita sociale per la pace e la solitudine. Sono i Padri del deserto, monaci vissuti nel IV secolo d.C. in Palestina, Egitto, e Siria. Testimoni di una fede cristiana vissuta nella semplicità e nella radicalità. Di loro ci sono giunti brevissimi testi, i “detti”. Fabio Ciardi ha raccolto e riscritto alcuni detti attribuiti ad apa Pafnunzio, la cui identità rimane indefinita. Brevi racconti, spaccati di una vita immersa nella contemplazione e nella ricerca di Dio, scritti in una prosa raffinata e piacevole. Pagine che offrono un’oasi di pace, riflessione e serenità nel frastuono della vita quotidiana.

raccoglie gli insegnamenti di uno dei Padri del deserto, intrisi di saggezza umana e sapienza evangelica

a cura della redazione

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un autore

P. Fabio Ciardi (1948), Missionario Oblato di Maria Immacolata, è professore presso l’ISTITUTO DI TEOLOGIA DELLA VITA CONSACRATA “Claretianum” (Roma). Dopo tanti anni trascorsi nella formazione dei giovani oblati e a servizio dei religiosi dell’Opera di Maria, risiede ora alla Casa generalizia OMI di Roma dove è direttore della rivista Oblatio. Tra i suoi libri più recenti ricordiamo: LUCE È LA TUA PAROLA, dialogo interreligioso e annuncio del Vangelo (2005), PARLACI DI LUI, i racconti di Cafarnao (2007), LA STORIA DI DIO E LA MIA, la Bibbia fonte di ispirazione per l’uomo (2010), CARISMI. VANGELO CHE SI FA STORIA (2011).

prolifico

P. Fabio come è nata l’idea di scrivere questo libro? Accanto agli scritti “seriosi”, per l’università o per “addetti ai lavori”, mi piace appuntare note, riflessioni, episodi che orami da anni condivido ogni giorno sul mio blog (http://fabiociardi. blogspot.it), senza sapere sotto gli occhi di cadranno. È come affidare un messaggio al mare, in una bottiglia, per usare un’immagine di romanzi d’una volta. È così che ho iniziato a lanciare alcuni brevi episodi e parole di saggezza di apa Pafnunzio. Le reazioni che ho ricevuto sono state positive. Da qui l’idea di dedicare un libro a questo monaco del deserto. Chi è apa Pafnunzio? C’è qualcosa di te in lui? E’ in qualche modo un’esperienza autobiografica? Apa, nella lingua copta, significa “abba”, padre. Chi è questo apa, questo padre del deserto? È un personaggio un po’ misterioso che nasce dal’attrattiva che ha sempre esercitato su di me il mondo straordinario del monachesimo antico, quando il cristianesimo si viveva con la freschezza e la semplicità degli inizi. I solitari del deserto erano uomini sinceri, che non avevano paura di scavare dentro di sé, fino a diventare

autentici esperti in umanità: ne conoscevano le debolezze e le potenzialità. Erano affascinati da Dio e lo cercavano senza comprimessi, con tutta passione, sapendo che solo Dio rimane. Forse apa Pafnunzio è soltanto la proiezione di quello che ognuno di noi è e che vorrebbe essere. Mi piace lasciare il lettore nell’incertezza se ha tra le mani un libro storico o una finzione letteraria. La vita dei Padri del deserto è quanto mai lontana dalla nostra, caratterizzata da ritmi frenetici e da tante parole. Cosa hanno da dirci oggi i Padri? Come rivivere l’esperienza del deserto? I Padri del deserto (non dimentichiamo che c’erano anche la donne, le Madri del deserto. Nel mio libro fanno rapide comparse) erano uomini eccezionali, sperimentatori di Vangelo. Di una attualità straordinaria. Il deserto è un luogo che distrugge l’effimero e costringere ad andare all’essenziale, a riscoprire ciò che veramente vale nella vita, a mettere a nudo il cuore bruciando le sue falsità e accendendo la fiamma dell’amore. Mai come in questa società disorientata abbiamo bisogno di maestri che ci

aiutano a ritrovare il gusto del vivere. I “detti” di apa Pafnunzio sono semplici, veri, propositivi, toccano la vita d’ogni giorno. Ho voluto raccontarli con una scrittura leggera, perché possano essere suggerimenti discreti, quasi sussurrati. Hai avuto qualche eco dopo la pubblicazione? I commenti che mi giungono sul blog, con il consueto stile telegrafico, mi paiono significativi: “Apa Pafnunzio si pone proprio al mio livello”; “arriva al cuore”; “caro apa Pafnunzio, se puoi accompagnarci con la tua saggezza nel corso dell’anno, ci faremo buona compagnia, perché siamo anziani e procediamo a piccoli passi senza proporci mete irraggiungibili”; “che dono questi Padri del deserto”; “i detti di apa Pafnunzio? Piccole rivitalizzanti che ci donano l’energia per riprendere con più lena il Santo Viaggio”. Ma forse la soddisfazione più bella è stata vedere come i detti di apa Pafnunzio sono stati accolti in un monastero di veri Padri del deserto di oggi, in Iraq. Ai monaci sono talmente piaciuti che li hanno tradotti in arabo e hanno stampato un libretto: 1000 copie! n

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attualità

La crescita economica

dell’Africa Tutto cresce nel continente africano. Come evitare i rischi dell’utilitarismo e della disuguaglianza di Carmine Tabarro - Zenit

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l grande pubblico conosce il continente africano solo per la povertà, le epidemie e le guerre; mentre secondo molti studi internazionali l’Africa è il continente con le potenzialità di sviluppo più grandi. Dove molto è già accaduto, ma altrettanto deve ancora avvenire. Se ne sono accorti in tanti fuori dall’Italia, la Cina per prima. I cinesi sono stati seguiti dalle multinazionali occidentali dell’agroalimentare e delle telecomunicazioni, le banche d’investimento, le major petrolifere, i grandi player delle costruzioni e delle infrastrutture.

Sistema bancario e risorse locali Tra le prime banche d’investimento sbarcate in Africa c’è stata la russa, Renaissance capital, che dal 2005 ad oggi ha aperto sette modernissimi uffici in altrettante capitali dello sviluppo africano - Accra, Harare, Johannesburg, Lagos, Lubumbashi, Lusaka, Nairobi

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capocordata

l’africa

L’attuale popolazione mondiale di 7,2 miliardi di persone è destinata ad aumentare di quasi un miliardo di persone entro i prossimi dodici anni, raggiungendo così quota 8,1 MILIARDI NEL 2025 e 9,6 MILIARDI NEL 2050: a sostenerlo è il nuovo rapporto delle Nazioni Unite, World Population Prospects. Secondo il documento, gran parte della crescita avverrà nelle regioni in via di sviluppo, a cominciare da quelle del CONTINENTE AFRICANO, i cui abitanti passeranno dai 5,9 MILIARDI DEL 2013 AGLI 8,2 MILIARDI ENTRO IL 2050. In Africa un vero e proprio boom sarà registrato dalla Nigeria

- investendo oltre un miliardo di dollari e assumendo 180 persone che lavorano in loco. La nuova primavera africana è confermata dai report delle banche d’affari e degli istituti di ricerca che indicano nell’Africa il nuovo continente per rimettere in moto l’inceppata economia globale. Secondo il Fmi (Fondo Monetario Internazionale), l’area subsahariana vedrà crescere il Pil fino a quasi il 7%, e la Nigeria sarà presto una locomotiva, mentre i BRICS (ossia Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) stanno dislocando e investendo sempre di più in Africa.

che si prevede supererà per numero di abitanti gli Stati Uniti prima della metà del secolo. Entro la fine del secolo, il paese potrebbe iniziare a rivaleggiare con la Cina come secondo paese più popoloso al mondo. ENTRO IL 2100 tra i paesi con una popolazione di oltre 200 milioni di persone spiccano molti paesi africani: UGANDA, TANZANIA, ETIOPIA, NIGER, R.D. CONGO. Grazie a questo incremento demografico, secondo il rapporto di Mckinsey, entro il 2030 le principali 18 città del continente potrebbero avere un potenziale di spesa combinato di quasi 1.300 miliardi di dollari. Nel frattempo la forza lavoro del continente continua a espandersi e, ai ritmi di crescita attuali, nel 2040 è proiettata a raggiungere la cifra di 1,1 miliardi di lavoratori, superando i numeri di Cina e India.

Ma dietro queste cifre si nascondono le stesse contraddizioni del capitalismo finanziario, e dell’utilitarismo, perché all’aumento del Pil spesso corrisponde una cattiva distribuzione delle risorse. Per il rapporto della Banca Mondiale Africa’s Pulse in cui si analizza lo stato dell’economia della regione a sud del Sahara, la regione conoscerà una delle maggiori crescite al mondo. Nel 2012, circa un quarto dei paesi africani è cresciuto del 7% e alcuni - in particolare Sierra Leone, Niger, Costa d’Avorio, Liberia, Etiopia, Burkina Faso e Ruanda - figurano tra quelli

Secondo le stime dell’Fmi, dal 2013 al 2016, l’Africa potrebbe accogliere il 30% DEGLI INVESTIMENTI pari a circa 50 miliardi di euro. Sempre secondo la Banca Mondiale tra il 2005 e il 2010, sette Paesi africani sono entrati tra le dieci economie in più rapida espansione, ed entro il 2040 la popolazione di giovani in Africa diventerà la più grande forza lavoro al mondo

con la più rapida crescita al mondo. Lo studio della Banca Mondiale prevede che, a medio termine, le prospettive di crescita rimangano forti e siano rinvigorite e sostenute da un’economia mondiale in graduale miglioramento. Secondo lo studio della banca mondiale gli elementi positivi che delineano un futuro di crescita per le economie africane sono: le ricchezze minerarie e la crescita del consumo interno, oltre all’aumento degli investimenti privati. Le recenti scoperte di petrolio, gas naturale, rame e altri minerali strategici, l’apertura e l’espansione di nuove miniere in Mozambico, Niger, Sierra Leone e Zambia, insieme a una migliore governance politica ed economica, stanno sostenendo una solida crescita economica in tutto il continente. Guardando al futuro, si prevede che entro il 2020, solo quattro o cinque paesi della regione non saranno coinvolti in uno sfruttamento minerale di qualche tipo, tale è l’abbondanza in Africa di risorse naturali. La Banca Mondiale afferma che, date le notevoli quantità di nuove entrate derivan-

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Nella telefonia mobile, l’Africa è il secondo mercato in più rapida espansione al mondo dopo l’Asia

Le esportazioni a livello mondiale di macchine per costruzioni hanno raggiunto nei primi sei mesi del 2013 la cifra di 1.226 milioni di euro, cedendo il 7,7% rispetto allo stesso periodo del 2012 IN PERDITA le macchine e le attrezzature per il movimento terra -22% macchine stradali -4,9% STABILE macchinari per il calcestruzzo 0,6% IN CRESCITA gru a torre 18,2% macchine per la perforazione 7,6% macchine per la preparazione degli inerti 1,7% Fonte: Monitor commercio estero del Construction equipment outlook realizzato da Unacea (Unione Nazionale Aziende Construction Equipment & Attachments) e Prometeia

ti da minerali che si registreranno in tutta la regione, i paesi africani ricchi di risorse dovranno investire con attenzione e coscienza questi guadagni per migliorare le condizioni sanitarie, l’istruzione e l’occupazione per le loro popolazioni e ottimizzare le prospettive di sviluppo.

Telefonia mobile ed esportazioni La crescente massa monetaria fa aumentare i consumi che favoriscono lo sviluppo del continente. La mancanza di telefonia fissa fa sì che si registri un boom del settore Ict (Information and Communication Technology). La telefonia mobile serve 700 milioni di utenti su una popolazione di più di un miliardo di persone. Notizie positive vengono anche dal mondo delle esportazioni. Le esportazioni di macchine e attrezzature per costruzioni verso i mercati subsahariani, che nel 2012 rappresentavano il 6% delle esportazioni mondiali di settore, sono cresciute del 26% nei primi sei mesi del 2013, e sono più che raddoppiate le macchine esportate verso il Sudafrica (110%). Particolarmente interessante notare

come l’export africano verso i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) ha soppiantato in larga parte quello verso l’Europa precipitato dal 40 al 20% del totale.

Urbanizzazione e forza lavoro Alcuni cambiamenti nelle tendenze demografiche e sociali stanno contribuendo ad aiutare una crescita di lungo periodo dell’economia africana. Cambiamenti in grado di creare nuovi motori per la crescita interna. Il primo elemento riguarda la crescente urbanizzazione che si registra in Africa. Con il trasferimento di milioni di africani dalle campagne alle città, si assiste ad una crescente classe media. Nel 2008, più di 85 milioni di famiglie africane hanno avuto entrate che vanno da 5.000 dollari in su. Questa è la soglia identificata dagli esperti oltre la quale si inizia a spendere circa la metà del proprio reddito in beni che non siano quelli alimentari. Secondo i dati aggregati, il numero di famiglie con un discreto potere di acquisto è destinato a crescere del 50% nei prossimi 10 anni arrivando a quasi 130 milioni

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attualità

di famiglie. Se l’Africa, il continente più giovane del pianeta, sarà in grado di fornire ai suoi ragazzi l’educazione e le competenze necessarie, questa enorme forza lavoro sarà in grado di rappresentare una fetta notevole della produzione e del consumo globale.

L’impatto ecologico e la povertà La crescita impetuosa e utilitarista rischia di essere limitata dall’impatto ecologico. Estremamente dannosa risulta essere l’agricoltura slash and burn, letteralmente taglia e brucia, che oltre a deforestare ha danneggiato seriamente due terzi delle terre coltivabili. I contadini africani nel 1950 disponevano di oltre 13 ettari di terreno pro capite; oggi di poco più di 4 ettari. La corsa all’accaparramento di terre coltivabili da parte dei BRICS e delle multinazionali è ingente. Il Sudan ha ceduto 1,5 milioni di ettari ai paesi del Golfo Persico. La Cina ha acquistato in Congo 2,8 milioni di ettari di terra per produrre carburanti da olio di palma. Secondo le stime dell’International Food Policy Research Institute di Washington dal 2006 sono stati ceduti

in Africa terreni pari all’intera superficie coltivabile della Francia e firmati contratti per 30 miliardi di dollari. La cifra può fare impressione come valore assoluto, ma rapportato all’estensione complessiva, significa che i terreni sono stati ceduti a prezzi irrisori. C’è poi il problema della lotta alla povertà. Shanta Devarajan, capo economista per l’Africa della Banca Mondiale ha spiegato che “mentre il quadro generale che emerge dai dati è che le economie africane sono cresciute in maniera robusta e che la povertà sta diminuendo, non possiamo non precisare che il dato aggregato nasconde una grande diversità in termini di prestazioni, anche tra i paesi che in Africa stanno crescendo più velocemente”. Devarajan ha aggiunto che durante la seconda metà degli anni 2000, Etiopia e Ruanda hanno visto le loro economie crescere dell’8-10%. La riduzione della povertà in altri paesi è rimasta molto indietro rispetto alla crescita dei dati macroeconomici. Resta in Africa un urgente necessità di scuole, università, ospedali, infrastrutture, strade, ponti… L’alto nume-

Nel 1980 solo il 28% degli africani viveva in città, oggi il 40% del miliardo e più di africani che vivono nel continente, risiede in centri urbani. Secondo gli studi della Banca Mondiale, nei prossimi vent’anni questa percentuale supererà la storica soglia del 50%, e, ad oggi, sono già 52 le città africane che contano oltre un milione di abitanti

ro di giovani è un vantaggio che non può crescere se non si trasforma in capitale umano e sociale. Come scriveva Martin Luther King, “L’ingiustizia in qualsiasi luogo è una minaccia alla giustizia dovunque” (lettera dalla prigione di Birmingham, in Atlantic Monthly, 1963). n

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I frutti che ti offriamo Tutto comincia da un canto d’offertorio. P. Francesco Volpintesta OMI, ci racconta di un lavoro musicale che sta facendo il giro della Penisola.

a cura della redazione

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n’operazione corale nata dalla disponibilità e dalle attitudini di tante persone. Tra queste p. Francesco Volpintesta, 55 anni, Oblato di Messina, conosciuto da tanti per il talento e la creatività che gli hanno fatto comporre e arrangiare numerosi brani musicali usati per l’animazione di liturgie e incontri della famiglia oblata e non solo. P. Francesco, come nasce il CD I frutti che ti offriamo? Avevo 28 anni ed ero allo Scolasticato oblato di

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un utile

strumento Il CD è utile per ANIMARE LITURGIE EUCARISTICHE e MOMENTI DI PREGHIERA. L’ordine in cui compaiono i canti segue lo schema di una messa. I testi, gli accordi e gli spartiti di tutti i canti sono disponibili sul sito www.omimessina.it. Per informazioni: si può scrivere alla mail: ifruttichetioffriamo@gmail. com, oppure telefonare al numero 090 315423 dei Missionari OMI di Messina (Gesso):

Vermicino. Mi venne l’idea di comporre un canto di offertorio: I frutti che ti offriamo, un canto che poi finì proprio a pagina 28 dei libretti Costruire cantando, che usavamo in cappella per le liturgie. Tra i primi scolastici a cui feci ascoltare quel canto c’era Pasquale Castrilli, uno dei chitarristi più sicuri che avevamo allo Scolasticato e - oltre alle foto, a guidare il pulmino e a tante altre cose che faceva - suonava alla messa a Vermicino in coppia con altri scolastici che volevano imparare la chitarra. Mi disse subito: “Mi piace! È un canto originale”. Se lo diceva Pasquale, che mai ha avuto peli sulla lingua, gli si poteva credere e allora pensammo di metterlo nel libretto. Racconti, a volte, di una sorpresa accaduta venticinque anni dopo… Ero a Loreto, al Centro Giovanni Paolo II, Centro dove accoglievamo giovani da tutta Italia e un giorno venne un gruppo da Ischia. Mi occupavo della liturgia e dei canti. Una chitarrista viene

da me per scegliere i canti per la messa e mi dice: «C’è anche questo canto, I frutti che ti offriamo, lo conosci?». Ed io, con solennità, rispondo: «Lo conosco? L’ho fatto io!». Fu uno dei pochi momenti di gloria della mia povera carriera musicale. Al di là dell’orgoglio personale, mi convincevo, però, che qualcosa della nostra esperienza musicale di Oblati poteva funzionare anche fuori dal nostro “giro”. Le canzoni sono parte dell’autore, durano negli anni e ricordano momenti forti della vita… Anni fa, collaborando nelle missioni giovanili in Calabria, incontrai una flautista professionista che, con una tenacia incredibile, continuava a dirmi: «Devi fare un CD, perché tu morirai e ti porterai i tuoi canti nella tomba». Io mi schernivo sempre, anche perché so quanto lavoro c’è dietro un CD. Qualche anno prima, infatti, avevo registrato alcuni canti per il pellegrinaggio giubilare della Giornata mondiale del-

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la Gioventù del 2000, a Roma. Le sue parole, però, continuavano a ronzarmi in testa e, come nell’episodio vissuta a Loreto, mi convincevo che la nostra esperienza missionaria ha qualcosa di bello da dire anche attraverso la musica. Acquistai un microfono, un piccolo mixer e un programma per registrare musica. Non sapevo quello che facevo, perché le mie registrazioni, anche se piuttosto intonate, non potevano essere soddisfacenti. Infatti, il mixer, il microfono e il programma finirono presto in un cassetto.

Ci sono stati degli incontri che hanno arricchito la tua vivacità musicale? Certamente! Penso ad esempio ad Antonello Sidoti, un papà che abita nella nostra nuova parrocchia di Messina, Maria Regina degli Apostoli, un uomo al quale riconosco un gusto musicale per me straordinario. Ci eravamo incontrati da ragazzi quando con p. Ettore Andrich OMI suonavamo durante alcuni incontri giovanili. Lui poi era partito per Marino e ci eravamo persi di vista. Quando qualche anno fa ci siamo ritrovati in parrocchia, io ri-

Nelle pagine, stantanee in sala di registrazione. Sono stati momenti di grande condivisione

cordavo bene le sue capacità musicali, perché quando si suonava con Antonello il livello musicale era sempre più alto delle altre volte. Così con Maria Grazia, Andrea e Nunzia, laici della parrocchia con cui avevamo registrato qualcosa col famoso microfono e mi-

Un progetto missionario I frutti che ti offriamo è concepito come un vero progetto missionario che possa servire come strumento di evangelizzazione e testimonianza delle meraviglie che il Signore compie nella quotidianità. Ogni canto nasce da una semplice idea che è stata elaborata dalla forza del gruppo. Praticamente non c’è un canto che sia frutto di un solo individuo: ogni compositore ha arricchito, con il dono della propria competenza, il lavoro dell’altro, senza stravolgerne l’originalità, o ha anche soltanto confermato l’autore nel costatarne, umilmente, la bellezza. Gli autori ritengono che

con questo lavoro, hanno potuto vivere in maniera tangibile una parola del Vangelo: “Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). “Abbiamo sentito la presenza di Dio in ogni fase della creazione del disco. dicono - Abbiamo avuto momenti belli, ma anche altri di estrema difficoltà, che però sono stati affrontati nell’amore e nella condivisione e risolti al meglio delle possibilità. La speranza è che questo lavoro possa essere strumento di unità anche per i gruppi di preghiera che vorranno utilizzare questi canti per animare le loro celebrazioni“.

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xerino, con il desiderio di fare qualcosa insieme, andiamo da Antonello, che già in passato aveva realizzato delle produzioni musicali. Lui ci parla di vari passaggi che avremmo dovuto seguire, provini, workshop, pre-produzione, registrazione, make-up, ed altro ancora. Un cammino per me sconosciuto e certamente molto diverso da quello che immaginavo, ma indispensabile se si voleva realizzare qualcosa di accettabile. Quali sono state le tappe che hanno portato alla luce questo CD? Cominciammo con alcuni provini, andammo a Palermo per farli ascoltare ad un professionista che ci disse che il materiale era buono musicalmente ma che bisognava affidarsi a professionisti. Noi fummo d’accordo, però, sentivamo che quest’opera, pur con un contributo professionistico, doveva crescere anche attraverso la nostra passione musicale e comunque creare un reale coinvolgimento di giovani e adulti appassionati alla musica, che potessero interagire realmente. Così, progressivamente, abbiamo creato un progetto musicale comune, inserendo

canti non solo del mio repertorio, ma di vari autori, con diverse sensibilità. Questo processo è durato più di un anno e ci ha permesso di passare con naturalezza dalla casa di Antonello, che si era trasformata in un piccolo studio musicale, alla sala di registrazione di un musicista professionista che aveva accettato di entrare in dialogo con dei dilettanti, rendendosi disponibile a registrare le tracce musicali con la voce di 18 persone e il contributo di alcuni giovani musicisti tra cui, due pianisti e un batterista, alcuni professionisti. In questi anni a Messina, nell’ambito oblato è nata anche l’associazione “Wind of change”… In un percorso parallelo e grazie alla passione della famiglia oblata e di altri laici, è nata “Wind of Change”, un’associazione di promozione sociale composta da persone di varia età che operano nel campo dell’educazione e dell’arte. È un vento di cambiamento che ci coinvolge e vuole essere uno “spazio altro” che favorisce la crescita della persona attraverso l’incontro e il confronto. Ci è sembrato subito che

l’iniziativa del CD potesse sposarsi bene con queste prospettive e spontaneamente il CD è diventato un’opera inserita nelle attività dell’associazione. Ultima domanda. Perché la scelta di questo titolo: I frutti che ti offriamo? Mi sembra che il titolo esprima la realtà che vogliamo vivere: sono questi i frutti che ti offriamo, siamo arrivati fin qui, questi sono i frutti, non vogliamo analizzare di più. Sappiamo che ripartendo dopo questa esperienza forse faremmo le cose diversamente, ma questi sono i frutti che ti offriamo. In ogni caso quest’opera ci ha permesso di mettere in comunione la nostra passione per la musica ma, soprattutto, la nostra passione per l’uomo. Ci sarà dell’altro in futuro? Non lo sappiamo, forse sì. Per ora questi sono i frutti che offriamo a tutti. Non li vogliamo tenere per noi, perché abbiamo imparato dal Vangelo che esiste solo ciò che doni, solo ciò che offri, perché il mondo sia più bello, perché qualcuno attraverso queste note ritrovi qualcosa di se stesso, qualcosa che pensava di aver perduto e in cui specchiarsi e sentirsi meno solo. n

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Attenzione, accoglienza e misericordia la maternità della chiesa

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le numerose

Il cammino di preparazione al Sinodo sulla famiglia porta tutta la comunità ecclesiale a riflettere su alcune sfide che si rivelano altrettanti punti nodali per la pastorale: • l a prassi di molti battezzati che abbandonano la fede nella sacramentalità del matrimonio e nel “potere terapeutico” del sacramento della confessione; • i l tentativo in atto con la teoria sempre più diffusa del gender di cancellare la naturale distinzione tra maschio e femmina, giungendo ad affermare per esempio che un figlio non abbia bisogno di un papà ed una mamma, ma di un ‘genitore A’ e un ‘genitore B’. • l a cultura del non-impegno e della presupposta instabilità del vincolo, la riformulazione dell’idea stessa di famiglia, il pluralismo relativista nella concezione del matrimonio, le proposte legislative che svalutano

sfide

L’assemblea dei vescovi ha proposto ad un “mondo liquido”, che muta rapidamente, valori e evangelici e missionari testo di Salvatore Franco OMI francoomi@libero.it foto di Sergio Natoli OMI natolisergio@gmail.com

I

la permanenza e la fedeltà del patto matrimoniale e conducono alla diffusione delle coppie di fatto, che non accedono al matrimonio nemmeno civile e ne escludono l’idea; le convivenze ad experimentum nelle quali non si esclude del tutto la prospettiva di matrimonio; le unioni fra persone dello stesso sesso, cui non di rado, in alcuni paesi, è consentita l’adozione di figli. • l e numerose separazioni, il passaggio di persone divorziate a nuove nozze, il passaggio di persone sposate alla convivenza extraconiugale, le famiglie plurinucleari o mononucleari, conducono la società a proporre forme di divorzio breve (già realtà in Spagna, Portogallo e Romania) anche con formule a costi bassi. • l o sviluppo della tecnologia biologica e medica che offre la possibilità di “pretendere” un figlio a tutti i costi o, al tempo stesso, di non volerlo a tutti i costi e con tutti i mezzi.

l tema affidato da papa Francesco alla prossima Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi è: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Il compito affidato al Sinodo è capire quanto si è già fatto e cosa occorrerà fare per annunciare il Vangelo particolarmente alla famiglia e all’uomo di oggi. Sono previsti due sinodi sullo stesso argomento: uno straordinario che si svolgerà dal 5 al 19 ottobre e uno ordinario che si terrà nel 2015. Il primo servirà a raccogliere testimonianze e proposte dei vescovi “per annunciare e vivere credibilmente il Vangelo per la famiglia”, mentre il secondo sarà impegnato a dare delle linee pastorali per tutta la chiesa. Il segretario del Sinodo dei vescovi, mons. Lorenzo Baldisseri, ha spiegato che dalla singole diocesi ci si aspetta “una sintesi di quello che la gente pensa e come vive”. È la prima volta che viene fatta una grande consultazione mondiale con il preciso intento di

ascoltare le esperienze pastorali in atto e le reali esperienze che si vivono oggi nell’ambito delle cura della famiglia e delle relazioni affettive così come dell’azione a favore di una cultura e di una legislazione che difenda e sostenga il valore e il significato fondamentale della famiglia e della vita umana. L’ultimo documento sulla famiglia è stato la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II. Mons Erdo, relatore generale, ha affermato che, con il Sinodo, “non cambierà la dottrina, quanto piuttosto l’avvio di atteggiamenti pastorali diversi”.

L’annuncio del Vangelo alla persona e alla famiglia di oggi Riguardo al tema mons. Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo, ha sottolineato due aspetti. Il primo riguarda l’attenzione prioritaria all’evangelizzazione, cui tutto deve tendere nell’essere e nell’agire del popolo di Dio. Il secondo aspetto è il taglio “pastorale”, accentuato nella formulazione del tema, prospettiva con cui il Santo Pa-

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TRASMETTERE LA FEDE AI F IL RUOLO DELLA FAMIGLIA NEL PASSAGGIO DELLE TRADIZIONI RELIGIOSE TRA LE GENERAZIONI di John Flynn Zenit

La pratica religiosa, in termini di partecipazione formale ai riti, è significativamente diminuita negli ultimi decenni. Ciò conduce a riflettere sul tema della trasmissione della fede religiosa e della partecipazione, tra le generazioni. Numerosi figli cresciuti in famiglie praticanti continuano a lasciare le loro comunità. Al tempo stesso altri figli continuano ad essere religiosamente attivi. Perché alcune famiglie riescono con

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voglio amarti

per sempre

MIGLIAIA DI FIDANZATI HANNO VISSUTO LA SCORSA FESTA DI S. VALENTINO INSIEME A PAPA FRANCESCO Tempi duri per i giovani! I ragazzi del terzo millennio vivono in un’epoca in cui la famiglia sta subendo un attacco senza precedenti. Si sente parlare di divorzi-lampo, di unioni civili, di convivenze, di matrimoni a tempo determinato… Fortunatamente non c’è soltanto questo. Tanti giovani, infatti, hanno vissuto un evento importante: l’incontro di papa Francesco con i fidanzati, il 14 febbraio 2014, giorno della festa di S. Valentino, nell’Aula Paolo VI in Vaticano. L’incontro, promosso dal Pontificio Consiglio

dre invita a guardare il valore e le sfide della vita familiare oggi. Il Sinodo nasce, secondo la richiesta del papa, per mettersi in ascolto dei problemi e delle attese che vivono oggi tante famiglie mostrando «attenzione, accoglienza e misericordia come atteggiamento di fondo da assumere verso tutti, comprese le famiglie lacerate e quanti vivono in situazioni irregolari dal punto di vi-

AI FIGLI

per la famiglia, ha avuto come tema:“La gioia del Sì per sempre”. Una gioia che, negli ultimi anni, sembra essere minacciata da una triste non-cultura della provvisorietà e del non-impegno. “Fidanzato” e “fidanzata”, purtroppo, sono parole in via d’estinzione. Ormai non si dice quasi più che due persone sono “fidanzate”. Si dice, banalmente, che “stanno insieme”. E quindi, ci si limita a prendere atto di una situazione ovvia. È vero che due persone che si amano “stanno insieme”. Ma questa espressione nasconde un inganno. Al contrario del “fidanzamento”, comunica un senso di immobilità, di stasi. Esclude totalmente la prospettiva di uno sguardo verso il futuro. È un modo di dire freddo e anonimo, che riassume alla perfezione la mancanza di progettualità di certi rapporti. In questi anni si è diffusa la moda delle convivenze, che non sfociano

sta della morale cattolica e del diritto canonico. L’insistenza è sempre “sulla misericordia divina e la tenerezza nei confronti delle persone ferite, nelle periferie geografiche ed esistenziali”. Un argomento nevralgico che ha determinato l’urgenza di far volgere l’attenzione pastorale della chiesa sulla famiglia è quello che papa Francesco ha sottolineato nell’ultima esortazione

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apostolica Evangelii gaudium a proposito delle sfide culturali che occorre oggi affrontare: “Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno” (n. 66). Nell’attuale momento storico, caratterizzato dalla cultura del provvisorio,

successo a trasmettere la fede, mentre altre non vi riescono? È questa la domanda di fondo su cui si articola il recente saggio Families and faith: how religion is passed down across generations, (Oxford University Press) scritto da Vern L. Bengtson con Norella M. Putney e Susan Harris. Analizzando un arco di tempo di quasi quattro decenni, Bengston e i suoi collaboratori hanno preso in considerazione 350 famiglie, per un totale di 3500 persone, nell’arco di alcune generazioni, rilevando come la religione è stata trasmessa da una generazione all’altra. Nella prefazione, Bengston sottolinea che questo progetto è divenuto il fulcro della sua carriera

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accademica, con il risultato di circa 250 articoli scientifici e 16 libri. Negli Stati Uniti, la frequenza in chiesa ha raggiunto il suo apice nel decennio 1950-59. In seguito, negli anni ’60, si è riscontrato un graduale declino e, nel decennio successivo, un sensibile crollo. L’immigrazione dai paesi ispanici ha compensato il numero di cattolici che abbandonano la chiesa, tuttavia ciò che Bengston sottolinea è soprattutto la crescita dei “nones”, ovvero di coloro che non dichiarano alcuna affiliazione religiosa. Nel 2012, questi ultimi rappresentavano il 20% dell’intera popolazione adulta. Osservando i cambiamenti tra le generazioni, Bengston individua una

transizione dal considerare Dio come un Padre celeste ed onnipotente, ad un Dio più personale “che risiede nello spirito umano”. Un altro trend riguarda la separazione della pratica religiosa dalla partecipazione in un contesto istituzionale. Ciò è associato alla tendenza a differenziare la religione dalla spiritualità. Uno degli elementi più influenti su come la fede religiosa si trasmette di generazione in generazione è la vita familiare. I passati decenni hanno testimoniato notevoli cambiamenti nelle famiglie: aumenta l’età media del momento del matrimonio; aumentano i divorzi, specie tra chi ha un più basso livello di istruzione; aumenta

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mai nel matrimonio. Le coppie vagano per anni in un limbo senza meta, rifiutando di assumersi le proprie responsabilità. Capita, a volte, di incontrare persone che dicono: “Noi stiamo bene così. Non abbiamo bisogno del matrimonio. L’importante è che ci sia l’amore”. Spesso, dietro affermazioni come questa, si nasconde un’amarezza profonda, mascherata dalla bugia dello “stiamo bene così”. In molti casi, nelle coppie di conviventi, c’è una persona che vorrebbe sposarsi e l’altra che non vuole sentire parlare di matrimonio. La persona che vorrebbe sposarsi subisce questa situazione passivamente, per abitudine o per paura di restare sola. E così l’amore si trasforma in un ricatto, in una dittatura. L’amore vero è un’altra cosa. Amare significa, sicuramente, impegnarsi. Significa anche, e soprattutto, saper vedere l’altro come un essere umano. Non come un

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per sempre

ove al centro c’è l’individuo con i suoi desideri, il concetto di matrimonio appare dunque privato del suo autentico significato e collegato a qualsiasi tipo di legame affettivo. Questa tendenza trova fondamento in una visione antropologica sempre più lontana da quella di totalità unificata (Familiaris Consortio, n. 11) che è al fondamento

oggetto da usare, gettandolo via quando non serve più. Il desiderio d’amare e di essere amati nasce, troppo spesso, per colmare un vuoto o per soddisfare un proprio bisogno. Ma poi, quando è necessario fare sul serio, impegnarsi, sacrificarsi, cominciano i problemi. C’è una tendenza a fuggire e a non assumersi responsabilità. Incontrando i giovani dell’Umbria, il 4 ottobre 2013, papa Francesco aveva detto: “Che cos’è il matrimonio? È una vera e propria vocazione, come lo sono il sacerdozio e la vita religiosa. Due cristiani che si sposano hanno riconosciuto nella loro storia di amore la chiamata del Signore, la vocazione a formare di due, maschio e femmina, una sola carne, una sola vita. E il sacramento del matrimonio avvolge questo amore con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso. Con questo dono, con la certezza di questa chiamata, si può partire sicuri, non si ha paura di nulla, si può affrontare tutto, insieme!” Carlo Climati - Zenit

della dottrina cattolica e che considera l’unità tra corpo, mente e spirito e il ruolo unificante e integrante della dimensione spirituale della persona. Si sta giungendo in questo modo ad un progressivo scollamento della visione del matrimonio dalla legge naturale considerandolo come unione affettiva indipendentemente dalla natura e dal

sesso delle persone implicate e dalle prospettive che si prefiggono.

Una conversione pastorale Queste sfide comportano conseguenze nelle modalità con cui la chiesa attua la sua opera materna e pastorale a favore della persona umana e della famiglia. In questa linea papa Francesco,

la percentuale di bambini nati fuori del matrimonio e dei bambini cresciuti da un solo genitore. Bengston si aspettava che i cambiamenti nella vita familiare avrebbero indebolito la trasmissione della fede più di quanto realmente è avvenuto. La sua ricerca dimostra che continua ad esserci una significativa influenza sulla religiosità delle giovani generazioni. Oggi comunque si riscontra un numero molto più alto di persone che cambiano chiesa o affiliazione religiosa. Eppure, più di recente, nel 2005, si è verificata una significativa similarità tra genitori e figli nell’affiliazione, nella partecipazione, nell’intensità religiosa e nei valori della

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già nel suo viaggio in Brasile, lo scorso anno, ha proposto, parlando ai vescovi delle sfide della chiesa, il metodo sperimentato all’assemblea di Aparecida: “raccogliere la diversità” intendendo con ciò non tanto una diversità di idee per produrre un documento, ma ”una varietà di esperienze di Dio per mettere in moto una dinamica vitale”. Un

risultato che il papa ha accolto profondamente, emerso nella assemblea di Aparecida, è stata la necessità di una “conversione pastorale”. Tale conversione pastorale, per il papa, non è altro che “l’esercizio della maternità della chiesa”: “Essa genera, allatta, fa crescere, corregge, alimenta, conduce per mano… Serve allora una

Bibbia. “Il grado di successo delle famiglie religiose nel trasmettere la fede alle nuove generazioni tende a rimanere stabile nel tempo”, è stata una delle conclusioni sottolineate nel capitolo finale del libro. I ricercatori hanno coniato un termine per descrivere tale continuità: “slancio religioso intergenerazionale”. Tuttavia, il tipo di vita familiare influenza il grado in cui la fede religiosa è trasmessa. Una genitorialità calda ed affettuosa è l’elemento più di successo nella trasmissione della religione, osserva Bengston. Ciò è particolarmente vero nelle relazioni con i padri, aggiunge lo studioso. Al contrario, una genitorialità fredda e autoritaria e famiglie nelle quali

chiesa capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia c’è poco da fare oggi per inserirsi in un mondo di “feriti”, che hanno bisogno di comprensione, di perdono, di amore” (discorso all’episcopato brasiliano in occasione della XXVIII Giornata mondiale della gioventù, 27 luglio 2013).

i genitori sono distratti da problemi coniugali, di salute o economici, riscuotono un successo minore. L’autore ha anche osservato che i nonni possono avere una significativa influenza e risultano spesso importanti riguardo alla religiosità dei loro nipoti, più di quanto comunemente ritenuto. Al di là del tipo di genitorialità, ci sono altre situazioni familiari che hanno un importante impatto sulla trasmissione della religione. In una famiglia in cui tutti hanno la stessa fede, i genitori hanno più possibilità di conseguire una continuità religiosa tra le generazioni. Ciò è particolarmente vero quando entrambi i genitori sono

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Tali percorsi dovranno essere delineati sulla base della considerazione che il matrimonio “costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia, in particolare per il mondo scristianizzato”. E’ in tale mondo scristianizzato e de-sacralizzato che si riscontra una evidente corrispondenza tra la crisi della fede e la crisi del matrimonio, il

matrimonio è chiamato ad essere non solo oggetto, ma “soggetto della nuova evangelizzazione” (Benedetto XVI. Omelia per l’apertura del Sinodo dei vescovi sulla Nuova evangelizzazione, 7 ottobre 2012). Sulla linea tracciata da papa Francesco il Sinodo straordinario sulla famiglia si presenta come un tempo di grazia per ripartire dalla

verità del Vangelo sui temi che riguardano le relazioni più significative delle persone, quelle che implicano il dono di sé all’altro e aprono alla trasmissione della vita. fonte “Lettera di Famiglia” dell’Associazione Oasi Cana onlus, dicembre 2013, n. 56, pp. 2-3.

attivamente religiosi e la religione gioca un ruolo importante nelle loro vite. Spesso, ma non sempre, il divorzio è una forza distruttiva nella trasmissione delle tradizioni religiose. Le conclusioni dello studio di Bergston e dei suoi colleghi conferma quello che la chiesa cattolica ha a lungo predicato sull’importanza della vita familiare. “In questa che si potrebbe chiamare chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede e assecondare la vocazione propria di ognuno, quella sacra in modo speciale”, afferma la Costituzione dogmatica del Vaticano II, Lumen Gentium (n. 11). Non sorprende, quindi, che la chiesa rimanga all’avanguardia nella difesa della famiglia in tanti paesi nel mondo.

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news

Notizie in diretta dal mondo oblato messaggi Polonia e notizie Importante carica per dalle missioni a cura di Elio Filardo OMI eliofilardo@omimissio.net

padre Szmydki

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l 2 aprile 2014 la Nunziatura apostolica di Varsavia ha annunciato che il provinciale della Polonia, p. Ryszard Szmydki OMI è stato nominato Direttore generale della Pontificia Opera della Propagazione della fede, un settore della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli a Roma. Sarà responsabile del funzionamento di questa Pontificia Opera in 150 Paesi. Secondo il sito ppoomm.va lo scopo principale della Società è “dar vita a quella maturità cristiana che, per natura sua, è missionaria; mira a costituire membri vivi del tessuto ecclesiale, capaci di animarne missionariamente la vita”. La Società raccoglie le offerte per le missioni in tutto il mondo e gestisce l’assegnazione degli aiuti. Allo stesso tempo recepisce i bisogni delle missioni e promuove animatori e collaboratori per le missioni. (fonte: oblaci.pl)

Paraguay

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l vescovo del vicariato Libertà per 5 contadini apostolico di in sciopero della fame Pilcomayo, mons. Lucio Alfert OMI, ed il vescovo della diocesi di San Pedro, mons. Pierre Laurent Jubinville, CSSP, hanno chiesto al tribunale di Salto del Guaira, di rimettere in libertà i contadini arrestati due anni fa in seguito alle vicende del caso Curuguaty ed in sciopero della fame

da 55 giorni. Il 15 giugno 2012, 11 contadini e 6 poliziotti morirono, e altri rimasero feriti, nell’ambito delle operazioni di polizia per liberare un terreno occupato dai contadini nella località di Curuguaty. Più di 300 persone, tra religiosi, simpatizzanti e parenti dei cinque contadini arrestati e ancora in attesa di processo, hanno marciato la sera dell’8 aprile dalla spianata della cattedrale dell’Assunzione fino all’ospedale militare, per chiedere la loro liberazione. (fonte: fides.org)

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Filippine

Accordo tra il governo e i ribelli del Sud RD CONGO

OMAGGIO A UN PIONIERE DELLA TEOLOGIA AFRICANA

L’

accordo tra il governo delle Filippine e il gruppo ribelle “Moro Islamic Liberation Front” (MILF), firmato il 27 marzo, genera nuove speranze ma dev’essere realmente “foriero di pace, giustizia e sviluppo”. E’ quanto afferma all’Agenzia Fides la provincia filippina dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, presenti da 75 anni nelle Filippine meridionali. In un messaggio inviato a Fides, p. Lauro De Guia, superiore provinciale, esprime l’auspicio che l’accordo possa “portare a un’era di armonia e di sviluppo”. “Con l’apertura, la pazienza, il sacrificio, la buona volontà, la fiducia, il dialogo, si possono realizzare accordi che stringono forti legami tra i gruppi con diversi background e interessi”, afferma. I missionari Oblati sostengono lo “spirito” dell’intesa, in particolare: il riconoscimento della legittimità della causa del popolo “Bangsamoro” (i musulmani filippini), e le loro aspirazioni all’autonomia attraverso un processo democratico; l’obiettivo di trovare una soluzione alla loro richiesta di giustizia e dignità; l’obiettivo di porre fine ai combattimenti tra il governo e il MILF e promuovere pace e stabilità; l’impegno assunto dalle parti per tutelare e valorizzare i diritti di tutti gli abitanti del sud delle Filippine. I missionari notano: “Siamo pienamente consapevoli del fatto che un accordo funziona solo se viene attuato. Pertanto invitiamo tutti i soggetti interessati a tener fede agli impegni assunti, rispettando i principi dichiarati”. In particolare si auspica “rispetto reciproco per il diritto alla propria identità, il proseguire di dialoghi e consultazioni, l’istituzione di un’amministrazione locale realmente democratica e rappresentativa della diversità della popolazione”. Gli Oblati chiedono anche di estendere l’accordo alle altre componenti dei gruppi ribelli islamici presenti sul terreno, come il Moro National Liberation Front (MNLF), in modo da poter definire l’accordo “autenticamente inclusivo”. “Ci impegniamo a continuare a pregare, ad approfondire e ad operare a sostegno di questo processo di pace” conclude p. De Guia. (fonte: fides.org)

L’Istituto S. Eugenio de Mazenod di KinshasaKintambo, martedì 8 aprile ha ospitato la presentazione del libro “Unità e pluralità nella teologia cristiana”. Presente anche il ministro ad interim dell’Istruzione superiore ed universitaria, Mwangu Maker. La pubblicazione contiene una raccolta di contributi scritti da amici, ex studenti e colleghi di don Ngindu Mushete. Il sacerdote, appartenente alla diocesi di Mbuji-Mayi, è ex professore e segretario accademico della facoltà di teologia delle facoltà cattoliche di Kinshasa, l’attuale Università cattolica dell’RD Congo. Don Ngindu Mushete è stato insegnante per 49 anni ed è considerato uno dei pionieri della teologia africana. (fonte: pretredanslarue.blogspot.com)

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Crimea

Ricominciare da capo

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eparata dall’Ucraina, la Crimea sopravvive grazie a tre virtù cristiane. “Siamo tagliati fuori dal resto del paese”, così il vescovo ausiliare di Odessa-Simferopoli, mons. Jacek Pyl OMI, racconta. “Comunichiamo soltanto via telefono e posta elettronica. Perfino i pacchi di aiuti vengono bloccati alla frontiera”. Nonostante le poche risorse a disposizione, la chiesa cattolica, che conta appena 2mila fedeli, si prende cura di tante famiglie in difficoltà. Dopo il referendum che ha sancito l’annessione della Crimea alla Russia, le banche ucraine hanno chiuso per far spazio a quelle della Federazione, la moneta russa ha appena iniziato a circolare e durante la transizione gli abitanti non hanno potuto attingere ai loro conti bancari, né ricevere stipendi e pensioni. “Cerchiamo di rispondere all’emergenza donando viveri e medicine. Aiutiamo anche i fedeli greco-cattolici che partecipano alle nostre celebrazioni liturgiche, perché tutti i loro sacerdoti hanno lasciato la Crimea”, continua mons. Pyl. I membri del clero sono rimasti nella penisola contesa, ma non è ancora chiaro se potranno restare. La secessione ha inoltre annullato anni di trattative con Kiev per la restituzione delle proprietà ecclesiastiche sottratte durante il periodo sovietico. “La chiesa Sebastopoli, trasformata in teatro sotto il comunismo, sembrava prossima a ritornare alla chiesa, ma gli sforzi passati non valgono più nulla. Abbiamo ricominciato tante volte da zero e siamo pronti a farlo di nuovo. L’importante è che nessuno ponga ostacoli sul nostro cammino”. Qualche settimana fa, in una lettera indirizzata alla popolazione, il presule ha invitato gli abitanti della Crimea “a non permettere che si spezzi la fratellanza tra le genti della penisola”. Un identico appello è stato presentato in seguito dal metropolita Lazzaro di Simferopoli e Crimea

della chiesa ortodossa russa. “I cristiani di ogni denominazione hanno pregato in unione spirituale affinché non vi fossero scontri fratricidi. Il mancato spargimento di sangue durante il passaggio della Crimea alla Russia è segno della forza della nostra preghiera”. Molti sacerdoti ortodossi legati al patriarcato di Kiev hanno lasciato la Crimea per paura che Mosca intenda inglobare la loro chiesa o addirittura vietarne la presenza nella penisola. Privi di parte del proprio clero, i cristiani della chiesa ucraina hanno preferito rivolgersi alla chiesa cattolica piuttosto che a quella russa. “I loro fedeli hanno espresso il desiderio di pregare insieme a noi. Siamo tutti figli di un unico Dio”, dice ancora mons. Pyl. Stabili per il momento le relazioni con la comunità islamica, sebbene i mezzi di comunicazione riferiscano dell’arrivo in Crimea di organizzazioni militanti provenienti dalla Cecenia e dalle repubbliche della ex Jugoslavia. Pensando all’incerto futuro della regione, monsignor Pyl ribadisce il grande bisogno di preghiera e racconta come in Crimea si sopravviva soltanto grazie alle virtù cristiane: fede, speranza e carità: “la fede ci permette di guardare a quanto accaduto attraverso il prisma della provvidenza di Dio; con speranza volgiamo il nostro sguardo al futuro, perché sappiamo che Dio ci è vicino in questo difficile momento; e la carità, verso Dio e verso i nostri fratelli, ci aiuta a non coltivare odio nei nostri cuori” (fonte: acs-italia.org)

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SULLA ROCCIA DELL’AMORE VERO «Non costruite la vostra casa sulla sabbia dei sentimenti, ma sulla roccia dell’amore vero. Cosa intendiamo per “amore”? Solo un sentimento, uno stato psicofisico? Se è questo, non si può costruirci sopra qualcosa di solido. Ma se invece l’amore è una relazione, allora è una realtà che cresce, e possiamo anche dire a modo di esempio che si costruisce come una casa. E la casa si costruisce assieme, non da soli! Non volete fondarla sulla sabbia dei sentimenti che vanno e vengono, ma sulla roccia dell’amore vero, l’amore che viene da Dio». Così parlava papa Francesco all’incontro con i fidanzati, lo scorso 14 febbraio in piazza San Pietro. Il Movimento giovanile Costruire è una strada che tanti giovani percorrono insieme, anche per costruire il loro cammino di fidanzamento sul Vangelo, certi di voler concretizzare ciascuno la propria vocazione nella costruzione di una famiglia. L’MGC fa da sfondo ad un cammino che porta a riscegliere l’altro ogni giorno, ponendo Gesù al centro del rapporto. Irene Benedetto

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FONDARE L’AMORE SULLA PAROLA DI DIO Posso dire con sincerità che il cammino mio e di Silvia è nato sotto la protezione di S. Eugenio. Ho cominciato la mia esperienza di comunità oblata partecipando agli incontri per i giovani che si tenevano il sabato sera presso la rettoria di S. Lorenzo a Vercelli. Durante questi incontri ho conosciuto Silvia. Il nostro vivere in coppia si è costruito di pari passo con la crescita del movimento a Vercelli. Abbiamo così sperimentato insieme tante occasioni di spiritualità che ci venivano proposte: in questo modo abbiamo cercato di radicare il nostro amore alla roccia della Parola di Dio. A volte, quando si trova il partner, si ha la tentazione di dedicarsi esclusivamente alla propria metà. Essere insieme nell’MGC ci ha aiutati a fare sì

che il nostro essere coppia non fosse chiusura, ma apertura verso gli altri. Vivere insieme questo cammino di discernimento per realizzare la nostra vocazione, insieme con la condivisione di ideali comuni, ci ha legati molto. Certo, in tanti anni i momenti non sono sempre tutti splendidi, ma sperimentando l’importanza del confronto e della comunione, ogni cosa può essere affrontata. La chiave della nostra esperienza è, pur condividendo spesso le stesse esperienze, cercare di viverle secondo le proprie peculiarità, magari occupandoci di aspetti diversi, per poi ritrovarci in altri: questo diventa poi un arricchimento! È bello camminare insieme, ma senza che uno si annienti sull’altro, in modo che ognuno possa realizzarsi nella sua maniera specifica. Stefano e Silvia, Vercelli

UN VERO CONFRONTO CON L’ALTRO Essere coppia all’interno dell’MGC è davvero una fortuna, perché ti apre ad un vero confronto con l’altra persona. 
La prima cosa in cui ci ha aiutato è stato imparare a rispettarsi come persone e nelle varie situazioni che la vita ci ha posto davanti, ma soprattutto a sviluppare fiducia nei confronti dell’altro anche perché noi stiamo portando avanti un rapporto a distanza, rapporto che senza fiducia nell’altra persona e senza fiducia in Dio, non avremmo mai potuto affrontare, poiché tutte le difficoltà sono amplificate.
Questa stima è cresciuta di pari passo con il nostro amore, ma principalmente con la direzione spirituale, uno strumento che ci ha donato il movimento e che per noi è diventato imprescindibile.
Grazie alle direzione siamo cresciuti in tanti aspetti: avere un confronto con una persona esterna alla coppia ti aiuta a capire quali sono le criticità del rapporto e qual è la volontà di Dio. Insieme, guardandosi negli occhi, ma anche mettendo le mani nelle proprie anime, abbiamo capito che il

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sapersi ascoltare ed il dialogo erano una forte difficoltà per noi, ma il fatto di dirselo ci ha aiutato a fare molti passi. Con questo cammino si è puntato a mettere sempre Dio in mezzo, a viverlo con noi giorno per giorno nel percorso da fidanzati. E così capisci che la persona che ti sta accanto l’ha voluta proprio Dio per te. Pietro di Firenze e Claudia di Roma AFFRONTARE INSIEME LE DIFFICOLTÀ Siamo fidanzati da sei anni e viviamo insieme la nostra vocazione di fidanzati, nella speranza di poterci sposare presto. All’interno della parrocchia Maria Regina degli Apostoli, guidata dai Missionari OMI, svolgiamo il servizio dell’animazione liturgica dei canti: Irene suona la chitarra ed io tastiera e basso. Ci siamo conosciuti per coincidenza, perché entrambi siamo stati chiamati ad animare il coro. Sin dal primo momento si è instaurata una complicità ed una simbiosi speciale, sorprendente e da quell’incontro è nata una bella e sincera amicizia, che dopo un paio d’anni ha fatto nascere in noi l’amore. Il nostro

fidanzamento non è mai stato un ostacolo al nostro servizio che insieme portiamo avanti ormai da tanti anni. Anzi il cammino di fede fatto insieme ci ha aiutato anche ad affrontare quelle che potevano essere le difficoltà e le incomprensioni che a volte, com’è naturale che sia, possono presentarsi in un rapporto di coppia. Vivere il Vangelo da fidanzati è possibile nella misura in cui si fonda il proprio amore sulla roccia che è Gesù Cristo, unico vero nostro punto di riferimento e modello. Crediamo, infatti, che solo radicati in Lui possiamo rispondere pienamente alla nostra vocazione che ci chiama ad essere fidanzati cristiani. Solo seguendo la via da Lui tracciata, infatti, possiamo rispecchiare sempre di più nella nostra vita la bellezza del nostro amore che è immagine dell’amore che Cristo nutre per la sua chiesa, unico modello dell’Amore vero. Tindaro e Irene, Messina FINE SETTIMANA DI FORMAZIONE In Calabria, a metà marzo, si è svolto un weekend dedicato alle coppie di fidanzati che camminano nell’MGC, ma che soprattutto

vogliono vivere il fidanzamento come tempo opportuno per crescere umanamente e cristianamente. “Questo weekend nasce dalla voglia di ritagliare un piccolo spazio in cui condividere le diverse esperienze di coppia e insieme andare a fondo su come poter costruire un rapporto umano e cristiano per camminare insieme saldi nella fede ed essere testimonianza per i nostri amici e coetanei. Questo incontro, ha fissato un inizio importante da cui poter continuare ad incontrarsi e camminare insieme scoprendo pian piano la bellezza e la ricchezza della diversità di ogni coppia, partendo da un punto in comune: il carisma missionario. Uno dei momenti più importanti, oltre una dinamica fatta nel sabato pomeriggio per conoscere concretamente il vissuto di ogni coppia e il momento di preghiera della mattina di domenica, è stata la testimonianza di Paola e Francesco, due ragazzi di Cosenza con una scelta forte di matrimonio cristiano. Il weekend si è concluso nel pomeriggio di domenica con la messa nella quale si respirava aria di pienezza”. Angela e Salvatore

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una foto per pensare

La spettacolarità della vita ci è donata ed è ad un passo da noi con la sua magnificenza e perfezione, eppure non sappiamo vederla. In compenso, sappiamo mortificarla privandola della sua bellezza ottenendo il perverso risultato di distruggerci. Inquiniamo le campagne e perdiamo i buoni frutti della terra, insozziamo le cristallinità marine con pericolosi materiali, scarichiamo nei fiumi ogni sorta di sostanza tossica, sotterriamo i rifiuti nel medesimo luogo dove zampillano le falde acquifere che ci garantiscono la sopravvivenza. È intelligente? No. E’ il risultato della scelta idolatra del denaro, del potere, del dominio. Riprendiamo a sentirci responsabili di quanto ci circonda, perché la salvaguardia del creato è compito di ciascuno.

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foto di Alfonso Bartolotta OMI, albartem@yahoo.fr testo di Anna Cerro, annacerro@gmail.com

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Didattica inclusiva

per i ragazzi rumeni Un ponte tra la Romania e la Calabria per sostenere progetti di inclusione didattica a favore di alunni diversamente abili delle scuole di Pites¸ti

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di Mimma Piroso e Caterina Sestito

na corona d’avvento comincia da un intreccio di rami d’abete, che si sistemano, si compongono per costruire qualcosa, per fare da corona a qualcuno. Oggetto che serve ad abbellire, quando si attende l’arrivo di una persona e ci si prepara ad accoglierla. Su questo intreccio, poi, si aggiungono luci ed addobbi per arricchire ancora e segnare il cammino. È il simbolo che sostiene e spiega quanto è iniziato a Polistena (Rc) nell’agosto 2009, presso l’abitazione di Rocco e Rosellina Mercuri, una famiglia dell’Associazione Missionaria Maria Immacolata (AMMI). Quel giorno, dopo un giro veloce di sa-

luti con p. Elio Filardo OMI, rientrato per la pausa estiva, inizia la nostra conoscenza della società e della scuola in Romania.

Tra i rami d’abete Come un intreccio tra i rami d’abete, abbiamo sentito incontrarsi due realtà: quella italiana, con storiche leggi che dettano le modalità d’intervento per affrontare il disagio e favorire l’integrazione scolastica, e quella rumena, dove è ancora difficile parlare anche solo di inserimento dei bambini con difficoltà di apprendimento nella scuola pubblica. Fino a qualche anno fa questi ragazzi erano affidati ad istituti specializzati ed i pochi tentativi di inserimento, che stanno avvenendo solo di recente nella scuola pubblica, la trovano non ancora pronta a sostenere processi d’integrazione ed inclusione. P. Elio ci racconta che svolgendo

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attività di animazione nell’Istituto comprensivo Sf. Iacob di Câmpulung Mus¸cel è emerso che alcuni alunni diversamente abili hanno bisogno di un accompagnamento personalizzato nel loro processo di apprendimento. Scatta in noi una disponibilità ad intervenire pensando ad un aiuto di ordine metodologico-didattico anche perché sentivamo di averne le risorse essendo presenti, nel gruppo AMMI, molte insegnanti, alcune con lunga esperienza nelle attività di sostegno: una neuropsichiatra infantile e lo stesso Giacomo Coluccio che in quel periodo operava nell’ufficio scolastico provinciale di Catanzaro. P. Elio, a quell’epoca, pensava solo ad un contributo economico per impiegare un’insegnante specializzata nell’attività di sostegno a quattro bambini già inseriti in classi comuni della scuola Sf. Iacob.

Il primo cero Per rispondere a questo appello ci organizziamo per preparare artigianalmente e poi vendere delle corone d’avvento. Ogni corona è accompagnata da un foglietto contenente la preghiera da recitare insieme in famiglia, ogni domenica che precede il Natale. L’attività, che inizialmente riguarda la vendita di pochi pezzi, si ingrandisce sempre più e ogni anno la gente aspetta questo appuntamento, gesto di beneficenza concreta, ma anche prezioso spunto spirituale. È bello entrare in molte case e pensare che la preghiera arriva ancora più lontano. I nostri quattro bimbi, aiutati sia pur per poche ore a settimana da Ana, la loro insegnante di sostegno, riescono a conquistare i primi strumenti di apprendimento che finora sembravano preclusi. Ogni anno cresce il gruppo di persone che collaborano alla composizione

e all’assemblaggio delle corone: Clara, Katia, Imma, Giusy, Rossella, Sabina, si prestano spontaneamente e creativamente per recuperare materiale adatto, adornare, diffondere e proporre l’acquisto entro la prima domenica di Avvento. Le corone arrivano perfino nelle classi di scuola primaria attraverso i genitori più sensibili che coinvolgono i loro bambini nella preghiera e nell’aiuto dei loro coetanei rumeni.

Il secondo cero Dopo questo primo periodo di sperimentazione e di consolidamento del progetto, nel maggio del 2012 si passa alla condivisione dei risultati conseguiti per promuovere una rete di educazione inclusiva. Viene pubblicato il sito copiices.omisat.net e visitando i 20 Istituti comprensivi della città di Pites¸ti emerge che le insegnanti di ruolo, nella cui classe sono inseriti alun-

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Sopra, Clara, Sabina, Giusy, Stella e Rossella, le giovani mamme che hanno contribuito alla realizzazione e alla vendita delle corone

ni diversamente abili, hanno bisogno di un aiuto formativo. Nel settembre del 2012, per rispondere a questa esigenza parte il progetto “partenariato di sostegno” allo scopo di qualificare l’educazione inclusiva dei bambini con difficoltà nella scuola di cui fanno parte.

Il terzo cero Con lo stesso progetto è stato poi assunto un insegnante di sostegno che ha lavorato presso l’Istituto comprensivo “Nicolae Simonide” di Pites¸ti da febbraio a giugno 2013; è stato anche promosso un corso sui metodi di approccio e di lavoro con i bambini diversamente abili indirizzato agli insegnanti di classe che divengono così interlocutori diretti chiedendo confronto, suggerimenti e piste introduttive ad un lavoro che a loro risulta nuovo, soprattutto nell’ambito della didattica personalizzata. L’intervento di aiuto si modifica: è il momento di partire! Ci guardiamo intorno per for-

mare i gruppi di operatori per affrontare il viaggio in due turni. Nel cercare un’altra insegnante di sostegno per la seconda équipe ci sentiamo rispondere: “Eccomi” da Caterina Sestito del tutto estranea all’AMMI ed arrivata al momento giusto, pronta a partire con persone a lei sconosciute. Al primo viaggio, svoltosi dal 10 al 14 marzo 2013, hanno preso parte due membri dell’AMMI, Giacomo Coluccio e la professoressa Rosaria Leonetti, insieme agli specialisti del Centro Jonico Riabilitazione Medical and Psicology (CEJRI) di Bianco (Rc): la neuropsichiatria Caterina Coluccio, lo psicopedagogista Sebastiano Terranova, lo psicomotricista Luca Lo Vercio. Hanno fatto parte dell’equipe anche il cardiologo Antonino Leggio e la psicologa Gabriella Leggio. Le attività svolte negli Istituti comprensivi “Mircea Cel Ba˘ tran” e “Nicolae Simonide” di Pites¸ ti hanno consentito di conoscere il contesto in cui sono integrati i ragazzi diversamente abili e le modalità attraverso le quali viene applicata l’educazione inclusiva. Dal 24 al 28 marzo, la seconda equipe composta da tre membri dell’AMMI, Anna Gangale, Remo Lioi e dalle maestre Mimma Piroso e Caterina Se-

stito, ha operato nella scuola Sf. Iacob di Câmpulung Mus¸ cel. Questo intervento, oltre ad arricchire il ventaglio conoscitivo del contesto scolastico, ha avuto un carattere maggiormente didattico. Con entrambi i viaggi ciò che fino ad allora avevamo solo immaginato ha ceduto il posto a volti, strette di mano, sorrisi, condivisioni.

Il quarto cero Recarci di persona nelle scuole di Câmpulung Mus¸cel e Pites¸ti ha acceso una nuova luce: la quarta. Nella corona la si accende in seguito alle precedenti, dopo un cammino di conoscenza ed analisi, dopo aver individuato le luci e le ombre e con ciò i punti di forza da valorizzare come risorsa e di quelli deboli da potenziare. Il contatto diretto, spesso mediato dal gioco, ci ha consentito di presentarci reciprocamente e di relazionarci in modo positivo; abbiamo incontrato comunità scolastiche ben organizzate, con aule ben arredate, alunni disciplinati, composti, rispettosi ed attenti che, però in alcuni casi, hanno mostrato una certa povertà nel campo espressivo-creativo laddove è stata data loro la possibilità di impegnarsi in espressioni raffigurative personali. I docenti, ben preparati, disponibili

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un paese di

contradizioni

La Romania per decine di anni ha avuto motivi costanti di orgoglio per i risultati straordinari ottenuti ottenuti ai concorsi internazionali dagli alunni superdotati. Questo è stato l’argomento principale nel sostegno del sistema rumeno di insegnamento. Numerosi corsi sofisticati per i bambini superdotati o per quelli che i genitori auspicano di inserire in questa categoria. Le carenze del sistema nelle performance dei bambini normali potevano essere così tralasciate. Per quanto

ed, in molti casi, accoglienti, hanno espresso l’esigenza e il desiderio che tutti i bambini abbiano le stesse opportunità ed una migliore qualità di vita. Si sente la necessità di un aiuto per elaborare modalità di intervento adeguate e piani di lavoro con strumenti e metodi idonei a favorire l’avvio di una didattica inclusiva in cui si concretizzi il diritto all’istruzione per ognuno. Le esigenze rilevate attraverso l’osservazione diretta richiedono un intervento sulla scuola, luogo in cui le diversità non solo coesistono, ma divengono elementi di ricchezza e completamento reciproco. Bisognerebbe inoltre sostenere le famiglie, procedere alla sensibilizzazione delle unità sanitarie, dei servizi sociali ed alla formazione di nuove adeguate figure professionali.

La corona intera È il momento di pianificare gli ulteriori interventi nel progetto di partenariato che, divenendo maggiormente condiviso e sempre più articolato, ci spinge, adesso, a tentare l’accesso ai fondi europei. Intanto, per affermare e garantire obiettivi generali come la promozione della cultura dell’inclusione, la partecipazione democratica e la rimozione di ciò che potrebbe essere di ostacolo alla tutela di ogni bambino,

riguarda l’integrazione dei BAMBINI DIVERSAMENTE ABILI, il SISTEMA SCOLASTICO si dimostra COMPLETAMENTE IMPREPARATO. Secondo i dati della Direzione generale di assistenza sociale eprotezione dell’infanzia, nel 2013, degli oltre 72.700 bambini con disabilità di Romania, circa 24.100 FREQUENTANO LE SCUOLE di massa, cioè MENO DI UN TERZO. Anche se di recente la Romania ha adottato tutta la legislazione europea relativa alla tutela dell’infanzia e delle persone disabili, e si è impegnata ad assicurare tutte le agevolazioni per le persone con handicap, le pratiche durano troppo e lasciano a desiderare.

ci impegniamo ad intervenire nell’immediato fornendo un primo aiuto pedagogico ai due Istituti di Pites¸ ti. Il progetto prevede l’istituzione del coordinatore inclusivo, una figura professionale specialistica, già operativa dal novembre 2013, che esercita attività di anamnesi delle varie situazioni, coordinamento nelle scuole e sostegno psicologico alle famiglie. La dottoressa che ricopre questo ruolo ha anche contatti di collaborazione a distanza con i docenti dell’AMMI. Il progetto prevede l’istituzione di un Centro riabilitativo-socio-educativo diurno attrezzato con sussidi adeguati ed operatori spe-

cializzati per gli interventi nell’area psico-motoria. Questa struttura dovrebbe essere un trampolino di lancio per l’inclusione sociale e l’orientamento al lavoro. Si intende pianificare anche corsi di formazione per psicomotricista e neuropsicomotricista, figure specialistiche che in Romania non esistono come professioni. I docenti curricolari interessati potranno beneficiare di formazione in loco e di brevi periodi di pratica in Italia. Questo impegno per l’inclusione ci permette di condividere la nostra speranza mediante un’azione incisiva e durevole. n

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750 anni fa veniva rinvenuta la lingua incorrotta del santo. Intervista al rettore della basilica di Sant’Antonio da Padova, p. Enzo Poiana di Renzo Allegri Zenit

Antonio da Padova

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biografia in

Fernando di Buglione nasce a Lisbona. A 15 anni è novizio nel monastero di San Vincenzo, tra i Canonici regolari di Sant’Agostino. NEL 1219, a 24 anni, viene ORDINATO PRETE. Nel 1220 giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco d’Assisi. Ottenuto il permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal priore agostiniano, Fernando entra nel romitorio dei Minori mutando il nome in Antonio. Invitato al Capitolo

pillole

generale di Assisi, arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare Francesco, ma non di conoscerlo personalmente. Per circa un anno e mezzo vive nell’eremo di Montepaolo. Su mandato dello stesso Francesco, inizierà a predicare in Romagna e poi nell’Italia settentrionale e in Francia. Nel 1227 diventa provinciale dell’Italia settentrionale proseguendo nell’opera di predicazione. IL 13 GIUGNO 1231 si trova a Camposampiero e, sentondosi male, chiede di rientrare a Padova, dove vuole morire: SPIRERÀ NEL CONVENTO DELL’ARCELLA.

dei “messaggi spirituali”», dice ancora. «Attraverso quei fatti, Dio ci parla. Ci invia un insegnamento, un segno, una indicazione. Preservando la lingua di Sant’Antonio dalla corruzione, ha certamente voluto esprimere il suo compiacimento per il grande apostolato che il santo aveva fatto con la sua predicazione continua e indefessa».

I

l 13 giugno ricorre la festa liturgica di Sant’Antonio da Padova, uno dei santi più popolari e più amati di tutti i tempi. La sua tomba si trova a Padova, nella celebre Basilica a lui dedicata, visitata annualmente da circa 5 milioni di devoti, provenienti da ogni parte del mondo. Lo scorso anno la festa liturgica ha avuto un significato speciale nel 750° anniversario del “rinvenimento” della lingua del santo. «Antonio morì il 13 giugno 1231, successivamente, nel corso di una ricognizione della salma, la sua lingua venne trovata perfettamente incorrotta», spiega p. Enzo Poiana. «La lingua, che viene oggi conservata in un prezioso reliquario, continua ad essere integra. Si tratta di un evento miracoloso e straordinario. La

lingua è la parte del corpo più fragile e la prima ad essere soggetta al degrado. Ma per frate Antonio, che aveva speso la sua esistenza a predicare il Vangelo, a usare quindi la lingua per diffondere la parola del Signore, quella corruzione è stata annullata da Dio. È un miracolo singolare. Per questo, la chiesa gli dedica una festa speciale il 15 febbraio. Ma per il grande pubblico, festeggiamo tutto il 13 di giugno». P. Enzo Poiana, friulano, 54 anni, è particolarmente legato a Sant’Antonio e alla Basilica di cui è rettore. Proprio in quella Basilica, nel 1982, quando aveva 23 anni, sentì chiara la chiamata del Signore alla vita religiosa francescana. «Tutti i fatti soprannaturali che si manifestano intorno a noi sono

Quando fu trovata la lingua incorrotta del santo? Nel 1263, 32 anni dopo la morte. Con la proclamazione della santità di Antonio, il flusso dei pellegrini aumentava sempre più. La chiesetta dove era sepolto non poteva contenerli. I frati decisero di costruire una chiesa più grande. I lavori iniziarono nel 1238 e si conclusero nel 1263. Fu quindi stabilito di trasportare la bara nella nuova chiesa. I frati decisero di fare anche una ispezione della salma, per controllarne le condizioni. Era una atto importante e fu eseguito alla presenza delle autorità religiose e di dodici testimoni laici che rappresentavano la popolazione di Padova. Per l’occasione, da Roma venne il superiore generale dei frati, che era Bonaventura da Bagnoregio, teologo e futuro santo. All’apertura della cassa, tra i resti mortali del corpo i presenti videro, all’altezza della testa, qualcosa che attrasse la loro attenzione: un gru-

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mo di carne, di color rosso vivo. Era la lingua del santo perfettamente conservata. S. Bonaventura espresse la sua gioia con parole che restarono storiche e vengono ancora ripetute in un’antifona dell’ufficio liturgico della festa: “O lingua benedetta, che hai sempre benedetto il Signore e lo hai fatto benedire dagli altri, ora appare a tutti quanto grande è stato il tuo valore presso Dio”. Ci furono altre ricognizioni lungo il corso dei secoli? Ci furono traslazioni delle bara, ma nessun’altra ricognizione fino al 1981. Si pensava che ci fosse stata una seconda ricognizione nel 1350. Ma quando venne eseguita quella recente del 1981, si constatò che i sigilli posti sulla bara erano quelli del 1263. Quindi, dopo di allora non ci fu nessun’altra apertura della bara. Perché nel 1981 venne fatta una nuova ricognizione? Per ragioni varie. Prima di tutto perché erano trascorsi tanti anni e si voleva constatare le condizioni delle preziose reliquie. Lungo il corso dei secoli erano sorte varie leggende. Si diceva perfino che la tomba fosse vuota. E per fugare ipotesi fantasiose, e soprattutto per provvedere a conservare e custodire meglio i resti del santo, i superiori dei frati chiesero al Delegato pontificio della basilica l’autorizzazione a compiere una nuova ricognizione, che si tenne nel gennaio 1981. Come raccontano alcuni miei confratelli che erano presenti, si trattò di una cerimonia suggestiva e commovente. L’apertura della tomba avvenne intorno alle ore 19 del 6 gennaio. Alla presenza delle varie autorità invitate e a un centinaio di religiosi, fu smantellata una parete del loculo ed estratta la cassa di legno. Tolti i vari preziosi drappi in cui era avvolta, venne aperta e dentro fu trovata una seconda cassa più piccola che

Preservando la lingua dalla corruzione, Dio ha voluto esprimere il suo compiacimento per l’apostolato del santo conteneva tre involti di seta rossa orlata d’oro, ciascuno con un documento cartaceo in cui era descritto il materiale contenuto. In un involto c’erano le ossa del santo, in un altro le ceneri del corpo, e nel terzo il saio nel quale sant’Antonio era stato sepolto. Perché questa, come ha detto poco fa, è la “ricognizione” dei resti mortali di sant’Antonio più importante? Per le informazioni che ci ha dato. Venne eseguita con tutti i criteri e gli accorgimenti scientifici del nostro tempo. La ricognizione era stata meticolosamente preparata. Ad essa parteciparono vari scienziati dell’Università di Padova, e i risultati furono estremamente importanti.

Che genere di risultati? Risultati di tipo storico, medico e antropologico. E ci fu anche una straordinaria sorpresa: vennero ritrovate intatte anche le cartilagini che sostengono le corde vocali e altri elementi facenti parte dell’apparato vocale. S. Bonaventura nel 1263 aveva trovato la lingua incorrotta e questi elementi, pure essi preservati dalla corruzione, gli erano sfuggiti. Con questo nuovo ritrovamento, il miracolo della conservazione della lingua ha avuto ancor più valore. Infatti non solo quella parte era sfuggita al disfacimento della morte, ma tutto l’apparato vocale. Gli anatomisti, inoltre, erano stupefatti per la conservazione dei reperti ossei. Nei giorni successivi, le reliquie del santo furono portate in una sala dove gli studiosi compirono le loro ricerche. L’analisi dello scheletro permise di determinare le fattezze fisiche di Antonio. Si stabilì che era un uomo di notevole statura per l’epoca. In media le persone erano alte un metro e 62-65, Antonio era un metro e 71 centimetri. Nei dipinti più antichi, viene presentato corpulento e con il volto tondeggiante. Come confermarono le analisi mediche nel 1981, era ammalato di idropisia, malattia che comporta un rigonfiamento della persona. Prima della malattia, il suo viso era diverso. Venne eseguito un calco sullo scheletro del volto di Antonio e poi, in base a calcoli matematici, venne ricostruito quello che era il vero volto del santo prima della malattia. La testa di Antonio era lunga, moderatamente larga ed alta, con notevole capacità cranica; mento alto, forte; naso sottile, occhi profondi, capelli neri. Gli esami vari delle ossa delle gambe, rivelarono che era anche un grande camminatore e una persona di preghiera. L’ispessimento delle tibie era un segno inconfondibile di una inveterate abitudine a stare ore ed ore in ginocchio ogni giorno. n

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lettere dai missionari

MISSIONI

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Benedetta dislessia Vi ho scritto tante volte sulla mia missione e su ciò che faccio per gli altri. Questa volta vorrei condividere un’esperienza molto personale ed intima: desidero parlarvi di che cosa ha significato per me, p. Vincenzo Bordo missionario in Corea, essere una persona dislessica e come questa disfunzione, pur attraverso un doloroso cammino di purificazione, mi ha portato ad essere più vicino alla gente e ai poveri. La dislessia è un disturbo per il quale non si riesce né a leggere bene, né a comprendere completamente il senso di un testo scritto, pur essendo in grado di leggerne e di capirne le singole parole. Nell’età scolare questo disturbo mi ha provocato frustrazione. Avevo problemi a memorizzare e facevo fatica a concentrarmi per lunghi periodi. Constatavo che i miei compagni di classe con

meno impegno rendevano più di me nello studio. Così, era entrata in me l’idea che ero “ritardato”. Soffrivo molto e mi chiudevo sempre più. Forse proprio quella sofferenza muta e senza risposte mi ha educato, mi ha portato ad essere ciò che sono: una persona realizzata, un prete sereno, un missionario dedicato completamente agli ultimi e ai poveri. A dire il vero tante volte mi sono chiesto: ”Perché mi dedico così tanto agli abbandonati? Perché da studente liceale ho donato molto tempo al volontariato? Mentre potevo andare in giro a divertirmi come tutti gli altri giovani? Perché quando ho dovuto scegliere una congregazione missionaria ho preferito gli Oblati di Maria Immacolata che hanno come carisma l’evangelizzazione dei poveri? Non potevo entrare in un’altra più tranquilla? Perché, arrivato in Corea mi sono dedicato da subito,

con impegno e sacrificio, agli anziani soli, agli orfani, alla gente che viveva sulla strada? Potevo preferire un ministero sacerdotale ugualmente bello e meno stressante. Perché compromettermi con i barboni, i disabili, i ragazzi in carcere e le persone in manicomio? Forse la spiegazione è che, come persona dislessica, ho patito e quel profondo dispiacere ha affinato il mio spirito. Ha reso più sensibile la mia mente, ha plasmato il mio essere, ha educato la mia personalità. Così quando incontro una persona, che,

per un grave motivo tribola, senza bisogno di parole, entro subito in empatia con lei. Il suo tormento diventa mio. Quel grido entra nelle mie viscere. Percepisco quell’afflizione nel mio animo senza bisogno di discorsi. Quella pena mi appartiene. È anche mia. Quindi se oggi riesco a fare tanto del bene, attraverso la Casa di Anna, probabilmente lo devo a quella sofferenza. Riflettendo su questa personale esperienza mi sembra di poter dire che il dolore, pur con il suo incomprensibile carico

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MISSIONI di sofferenza, non è una punizione di Dio, ma può diventare un’opportunità! È una mistica unione con un Dio che vive anche nel dolore! La nostra vita non ha “buchi neri” dove Dio è assente. Lui è presente anche nell’angoscia del nostro soffrire. Grazie alla sofferenza che mi ha preso per mano e mi ha reso solidale con la più intima e profonda delle esperienze umane: il dolore. Grazie anche alla mia amica dislessia che mi ha portato vicino a chi soffre. Vincenzo Bordo OMI, Corea vincenzobordo@hotmail.com

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Carcere e università Quest’anno, niente di speciale, anche se speciali sono probabilmente le centinaia di migliaia di persone nelle strade di Bangkok paralizzate dai manifestanti, e io mi ritrovo bloccato in casa... Spesso mi si chiede perchè insegno all’università oltre che occuparmi dei reclusi nel carcere. Lo faccio perchè sono convinto che la mia presenza tra i giovani è utile. Non faccio loro lunghi discorsi su Dio, ma posso aiutarli a pensare, a uscire dal piccolo mondo borghese per scoprire altro. Il mio

impegno con i detenuti non è cambiato: fare amicizia, ascoltarli, far mie le loro preoccupazioni e denunce, cercando di ottenere migliorie e soluzioni. Le difficoltà sono molte. Rifugiati politici rinchiusi come criminali, portatori di handicap respinti da tutti, famiglie hmong scacciate dal loro paese e imprigionate da anni, malati psichici privi di cure adeguate, bambini rinchiusi con gli adulti. Potrei continuare all’infinito... Anche se le nostre iniziative non hanno sempre esito positivo, ogni visita rimane un raggio di sole per un

detenuto. In realtà, ciò che avviene nel carcere non è che la punta dell’iceberg della situazione dei migranti in questo paese. Birmani, laotiani e cambogiani sono i più numerosi. Le loro condizioni di vita e di lavoro sono disumane. Teoricamente si possono ottenere permessi di soggiorno e lavoro, ma molte aziende preferiscono l’illegalità: manodopera a basso costo, sfruttamento. Cure mediche ed educazione dei figli sono spesso negate Bernard Wirth OMI, Thailandia bernard@su.ac.th

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qui Ciad qui Uruguay

MISSIONI Qui Ciad

di Hervé Givelet OMI hervegivelet@gmail.com

Qui Uruguay di Antonio Messeri OMI antoniomesseri@omimissio.net

Vita nuova al Cerro L’anno nuovo inizia con un cambio di comunità. Dopo due anni vissuti a Libertad, eccomi di nuovo al Cerro,

con un incarico un po’ speciale: occuparmi della realtà educativa presente nella nostra parrocchia. Sfide nuove che mi fanno riflettere a lungo sulla necessità di evangelizzare questi ambienti; vivrò la missione con i giovani in un modo differente! Seduto su una panchina l’altro giorno pensavo: “Che bello, una nuova missione, stare con i bambini degli asili, della scuola e con gli adolescenti di Talitakum, con tutti i nostri collaboratori e le loro famiglie, poi con i

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Tra i malati di AIDS Ho temuto per la vita di Acheta: perdeva peso, soffriva di diarrea. Non sopportava i medicinali, eppure era la seconda volta che Jossi, la dottoressa olandese, le aveva cambiato la cura. Jossi ha detto: “Cambieremo per la terza volta, ma sarà l’ultima. Abbiamo tre tipi di farmaci, ma se non li sopporta, è finita per lei”. Era debole e l’abbiamo portata in ospedale per una trasfusione. Dopo sette giorni senza farmaci, ha iniziato l’ultima prova. L’ho nutrita in abbondanza: pesce, fagioli, miglio con latte, verdure fresche. Sembra funzionare: ha preso peso e riacquistato le forze, assorbendo il

terzo farmaco. Jossi non si pronuncia, dice di aspettare un mese! E la povera Denise? Raccontarne le peripezie sarebbe troppo lungo. Ha rotto una pompa d’acqua, incendiato una capanna (il proprietario l’ha picchiata a sangue), rovesciato un banco al mercato…. Tutto a causa di improvvise crisi epilettiche. È rifiutata da tutti, anche da uno zio, che l’aveva accolta nel suo terreno, dove le avevo costruito una capanna. Dopo due mesi l’ha cacciata; ho potuto recuperare solo il tetto di lamiera e la porta e le ho rifatto una capanna a 300 metri dal vescovado, dove si sente più sicura e potrà lavorare in pace!

seminaristi nel corso di missiologia. Starò al loro fianco dalla nascita fino all’ordinazione diaconale”. Qui al Cerro c’è una fortezza e nel mezzo un faro. Oggigiorno dei fari non se ne fa molto uso, ci

sono nuove tecniche per orientarsi, ma io sono un po’ all’antica e mi piace l’idea di essere un faro, non in un posto isolato bensì dentro a una fortezza. Che con l’aiuto e il sostegno di tanti possa compiere questa nuova missione.

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missioni

Missione è… Confessione pubblica in chiesa e Ave Maria segreta in moschea

di Adriano Titone OMI titonomi@gmail.com

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a Pasqua fu particolarmente bella nella chiesa Marie Immaculée des Parcelles Assainies di Dakar. Alla veglia pasquale, non soltanto ricevevano il battesimo più di 150 adulti di varie etnie dopo tre anni di cammino di catecumenato; non soltanto le coppie sposate nei riti tradizionali e civilmente, vedevano il loro amore coniugale diventare sacra-

mento dell’amore di Dio per l’umanità e di Cristo per la chiesa. In quella celebrazione veniva riammessa nella chiesa una donna che anni prima aveva rinnegato la fede cristiana facendosi musulmana come il marito. Casi di apostasia sono presenti anche in Senegal nonostante il clima di tolleranza favorito dalla famosa teranga (rispetto e accoglienza dell’altro). In comunione con i confratelli e i responsabili della comunità cristiana, ebbi la gioia di accompagnare il cammino di ritorno a Cristo e alla chiesa di questa donna. Significativa la corrispondenza con il vescovo a cui è riservata l’assoluzione per l’apostasia. Intenso l’itinerario personale che l’aveva condotta alla riconciliazione interiore e comunitaria fino a rinnovare pubblicamente la sua professione di fede. In seguito a questo avvenimento una donna venne a trovarmi. Anche lei aveva abbandonato la

fede cristiana. “Mio marito, musulmano - mi raccontò - mi aveva promesso che avrebbe rispettato la mia fede cristiana. Ma poi le continue e martellanti pressioni della sua famiglia hanno avuto la meglio: smisi di frequentare la chiesa e presi la via della moschea”. “Però ti assicuro, padre - disse con gli occhi lucidi - in cuor mio non ho mai cessato di credere a Gesù e di affidarmi alla sua misericordia”. Mi rivelò che nella moschea, facendo i gesti della preghiera musulmana, nel segreto del cuore non cessava di ripetere l’Ave Maria. Non ho più incontrato la donna e immagino che non sia riuscita a risolvere questa contraddizione che certamente la fa tanto soffrire. Quando penso a lei, mi sento incoraggiato a non giudicare nessuno e a confidare solo e sempre nella misericordia di Dio “che vede nel segreto” e nell’amore di Cristo Gesù e di Maria. n

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