Prezzo di copertina € 2,20 - agosyo/settmbre 2014 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012
attualità
dossier
fatti
missioni
Il Centro accademico Saint Augustin a Dakar
Convegno nazionale dei laici AMMI
Omaggio a Giovanni Paolo II, papa missionario
Missione è… Farsi prossimo di chiunque
MISSIONI
RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA
OMI
n. 8/9 AGOSTO-SETTEMBRE 2014
Laici oblati
Tra presente e futuro
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SOMMARIO MISSIONI OMI Rivista mensile di attualità fondata nel 1921 Anno 21 n.8/9 agosto-settembre 2014
attualità
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Centro Sant Augustin
La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250
di Gianluca Rizzaro OMI
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Echi dal fango
EDITORE
Provincia d’Italia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata Via Egiziaca a Pizzofalcone, 30 80132 Napoli
testo e foto di Thomas Harris
news
REDAZIONE
Via dei Prefetti, 34 00186 Roma tel. 06 6880 3436 fax 06 6880 5031 pasquale.castrilli@poste.it
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Notizie in diretta dal mondo oblato a cura di Elio Filardo OMI
Mgc news
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Giovanni Paolo II Un innamorato della missione
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Verso la città dove il vangelo si fa incontro
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Lettere al direttore
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Tipolitografia Abilgraph - Roma
Lettere dai missionari
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FOTOGRAFIE
Qui Ciad, Qui Uruguay
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DIRETTORE RESPONSABILE
Pasquale Castrilli REDAZIONE
fatti
Salvo D’Orto, Elio Filardo, Gianluca Rizzaro, Adriano Titone
di Elio Filardo OMI
COLLABORATORI
Alfonso Bartolotta, Claudio Carleo, Anna Cerro, Fabio Ciardi, Gennaro Cicchese, Angelica Ciccone, Luigi Mariano Guzzo, Thomas Harris, Sergio Natoli, Michele Palumbo
di Michele Autuoro
PROGETTO GRAFICO E REALIZZAZIONE
missioni
Elisabetta Delfini STAMPA
Si ringrazia Olycom www.olycom.it UFFICIO ABBONAMENTI
Via Tuscolana, 73 00044 Frascati (Roma) tel 06 9408777 - Valentina Valenzi rivista.missioni.omi@omi.it Italia (annuale) Estero (via aerea) Di amicizia Sostenitore
un’associazione
internazionale
L’ASSOCIAZIONE MISSIONARIA MARIA IMMACOLATA è presente in tutti i continenti. Si tratta di laici che condividono il carisma e la spiritualità di S. Eugenio de Mazenod, fondatore dei Missionari OMI. Sul sito www.ammi.it si possono trovare notizie, i foglietti
formativi mensili, un calendario degli eventi locali e nazionali, articoli, fotografie e filmati come anche documenti sulla storia e sulla natura dell’associazione. È possibile iscriversi ad una mailing list. Per informazioni si può scrivere a: info@ammi.it oppure a presidente.nazionale@ammi.it
DOSSIER
Associazione Missionaria Maria Immacolata
17 euro 37 euro 35 euro 65 euro
Da versare su cc p n. 777003 Home Banking: IBAN IT49D0760103200000000777003 intestato a: Missioni OMI Rivista dei Missionari OMI via Tuscolana, 73 00044 Frascati (Roma) Finito di stampare luglio 2014 Reg. trib. Roma n° 564/93 Associata USPI e FESMI www.missioniomi.it www.facebook.com/missioniomi
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dossier
Il Convegno nazionale del laicato AMMI
Laici verso il futuro
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una foto per pensare 014_021.indd 14-15
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UNA FOTO PER PENSARE
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Nel nostro tempo c’è un grado di tecnologia elevato, quasi assoluto. Avverto, però, che questa perfezione, questa lineare compiutezza nasconde un inganno: ci fa credere creatori e non creature. Convinti di essere capaci dominatori del tutto, reali conoscitori di ogni legge e forza, ci mettiamo, ad esempio, ad armeggiare con la vita, dando origine a connubi con cellule portatrici di esistenza. Tutto poniamo in campo per realizzare il nostro desiderio, mettendo a tacere che, come noi stessi, anche la natura abbisogna di rispetto, deferenza. Siamo esseri speciali, ad elevato valore; la scintilla di vita esige più di una provetta dall’adesivo scritto malamente che, per un errore, avrà il potere di dare nostro figlio ad altri.
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foto di Alfonso Bartolotta OMI, albartem@yahoo.fr testo di Anna Cerro, annacerro@gmail.com
L’avventura
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editoriale Pasquale Castrilli OMI pax1902@gmail.com
MISSIONI
OMI
Impegnati e corresponsabili
Prezzo di copertina € 2,20 - agosyo/settmbre 2014 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012
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attualità
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fatti
missioni
Il Centro accademico Saint Augustin a Dakar
Convegno nazionale dei laici AMMI
Omaggio a Giovanni Paolo II, papa missionario
Missione è… Farsi prossimo di chiunque
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RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA
OMI
n. 8/9 AGOSTO-SETTEMBRE 2014
Laici oblati
Tra presente e futuro
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vvocati, commercianti, operai, medici, pensionati, docenti… padri e madri di famiglia. Sono i laici che in Italia e nel mondo vivono il carisma oblato suscitato dallo Spirito Santo attraverso Sant’Eugenio de Mazenod. Non un grande esercito, a dire il vero, ma persone motivate, questo sì, disposte a un cristianesimo autentico e a una testimonianza missionaria convinta. Tra figli che crescono, colleghi di lavoro, impegno associativo, politico e sociale vivono la loro missione ispirandosi al carisma demazenodiano. La partecipazione dei laici ai carismi suscitati dallo Spirito Santo è, in realtà, molto antica. Basti ricordare le confraternite dall’anno 1000 e i terzi ordini qualche secolo dopo, che contavano tra i propri membri uomini e donne coniugati, desiderosi di seguire una precisa corrente spirituale o intenzionati a ispirarsi alla vita e all’opera di un santo. Ma è stato solo una cinquantina di anni fa che, in seno alla chiesa cattolica, si è fatto un passo in avanti pensando ai laici, non solo come destinatari dell’azione evangelizzatrice, ma anzitutto come soggetto, capace di un annuncio cristiano attivo, in particolare nei due ambiti costitutivi della vocazione laicale: gli affetti familiari e l’attività lavorativa. Nella nostra penisola sono alcune centi-
naia le persone che, a vario livello, fanno degli scritti di S. Eugenio, del passato e del presente della congregazione oblata, il loro punto di riferimento. Come succede ai membri dell’Associazione Missionaria Maria Immacolata (AMMI) che in Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, e in altre zone d’Italia, sono corresponsabili, con i Missionari OMI dell’azione missionaria sul territorio nazionale, ma anche, con notevole contributo umano e finanziario, nella missione estera. Nelle pagine centrali di questo numero diamo spazio ad un Convegno nazionale celebrato a inizio maggio dal titolo Guardiamo insieme al futuro… Un punto nodale ci sembra proprio quello della corresponsabilità che è più che impegno. Un impegno si prende con coscienza, ma lascia pur sempre una qualche distanza tra ciò che si è e ciò che si fa. Corresponsabilità significa metterci faccia, energie, ma soprattutto pensiero, preghiera, desiderio di consumarsi nella comunione. Nell’enciclica Deus caritas est del 2005, il papa emerito Benedetto XVI scriveva: «Vorremmo che crescesse, anche in forza di un rinnovato e quotidiano impegno educativo delle nostre Chiese, un laicato che proprio a causa della sua appartenenza ecclesiale, fosse dedito al bene comune della società» (n. 28). ■
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lettere al direttore
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Un piatto marocchino Ultimamente ho seguito alcuni incontri di formazione per futuri catechisti, promossi in diocesi di Palermo dall’Ufficio catechistico e dall’Ufficio Migrantes. Tre incontri che hanno aperto la mia visione sul fenomeno migratorio, dandomi delle indicazioni sul come vivere in positivo le relazioni interpersonali con i cattolici ed anche con i non cattolici. Da pochi giorni avevo stretto amicizia con una donna marocchina, un po’ isolata dalle altre mamme della scuola. Ho fatto il primo
passo avvicinandomi a lei. Abbiamo scambiato i nostri sentimenti in rapporto ai nostri figli che frequentano la medesima scuola. Con le feste pasquali ho pensato di invitare a cena a casa mia, lei e la sua famiglia. Inizialmente avevo pensato di esibire i piatti forti della cucina siciliana. Poi, mi è tornato in mente quanto
avevo ascoltato al corso di formazione, circa il rapporto con i migranti e l’errato e generalizzato modo di pensare di molti: “ormai sono qui da noi e devono adattarsi alle nostre tradizioni”. Allora, cercando di farli sentire a casa loro, mi sono documentata su internet sui piatti tipici marocchini. Lo sforzo,
forse non sarà ben riuscito, anche se loro lo hanno molto apprezzato. A cena, poi, ho spiegato loro che noi usiamo pregare prima di mangiare per ringraziare Dio del cibo. Poi ho invitato il loro capofamiglia che si chiama Abramo, a fare una preghiera secondo la loro tradizione. È stata una serata bellissima, nella quale abbiamo sperimentato quanto l’amore unisca. Per noi questa presenza dell’Amore è la presenza di Gesù. Donatella Oliveri, Palermo donatellaoliveri@yahoo.it
Due amiche: Iolanda e Zietta Carmela Avigliano, nota, nella sua città di Maratea (Pz), come Memera o Zietta è deceduta la sera del sabato santo presso l’ospedale di Lagonegro (Pz). Pur di condizione agiata, ha preferito vivere in modo essenziale e modesto a servizio di Dio e del prossimo nei suoi oltre cinquant’anni di volontariato gratuito nella parrocchia come sacrista. Aveva un grande affetto per i suoi familiari e parenti e una grande accoglienza verso tutti, anche poveri e disagiati, bambini e anziani. Al suo funerale è persino venuto da
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Roma un giovane piuttosto “vivace” che, a suo tempo, quasi solo in lei trovava affetto e comprensione. E alle feste faceva un regalino a ciascuno dei suoi nipoti difendendoli poi decisamente dalle lamentele dei rispettivi genitori che non ritenevano opportuno questo suo comportamento. Aperta interiormente, aveva condiviso anche lo spirito del Movimento dei focolari apprezzandone soprattutto la Parola di vita. Un anno, in occasione della festa della donna organizzata dal preside della scuola media che l’apprezzava molto, l’ho segnalata a quest’ultimo, perché le venisse conferita un’onorificenza che lei ha
gradito immensamente. Semplice, umile e servizievole e perciò grande secondo la logica del vangelo. Ciò che la distingueva era il suo amore per Gesù. Le è stato molto utile la conoscenza e partecipazione alla spiritualità dei Missionari Oblati di Maria Immacolata che per 59 anni sono stati a Maratea. Li aveva conosciuti al loro arrivo nel 1943, aveva fatto parte della loro associazione missionaria, ne aveva adottato spiritualmente uno, di molti teneva viva memoria nel cuore. Uno dei più grandi dolori della sua vita è stata la loro definitiva partenza da Maratea nel 2001, ma
continuava a seguirli col pensiero, con la preghiera. Il Signore mi ha fatto il dono e l’onore di partecipare, a nome degli oblati, al suo funerale dettandone l’omelia e presentandone la sua bella eredità spirituale. All’uscita della salma dalla chiesa è pure venuto spontaneo agli addetti suonare le campane a festa. L’ho accompagnata al cimitero, assistendo alla tumulazione e facendo visita alle tombe di vari oblati sepolti lì in attesa della comune resurrezione e gloria. Nel ricordino stampato e diffuso per il trigesimo è stato anche scritto: “Una cosa ho chiesto al Signore, abitare nella casa del Signore tutti
i giorni della mia vita (Sal. 26)”. Una decina di giorni prima le aveva preparato la strada per il cielo una sua amica e brava cuoca, Iolanda D’Amato, che per decenni aveva svolto questo servizio con dedizione e passione nella nostra comunità oblata. Rimasta vedova andava al cimitero quasi ogni giorno. Lassù continuano, potenziato, quel rapporto fraterno vissuto quaggiù guardando con predilezione i loro oblati che in perenne riconoscenza le hanno iscritte gratuitamente al beneficio giornaliero delle messe perpetue. Giovanni Fustaino OMI Cosenza giofuomi71@gmail.com
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lettere al direttore
L’attenzione alla famiglia attualità
dossie r Si avvicina il Sinodo sulla fam dei vescovi iglia
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MISSI ONI Un prog inclusionetto di in Rom e didattica ania
Qui Ciad Qui Uru guay
RIVISTA MENSILE DI ATTU ALIT MISSIONA À RIA
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priorità indiscutibile. Già in tanti discorsi del pontefice avevamo percepito questa attenzione, e l’indizione di due sinodi con al centro le problematiche familiari, ci avevamo dato conferma di quanto volesse porre la famiglia al centro della vita ecclesiale. Questa indicazione ai vescovi italiani la sentiamo anche
di coperti
mi sembra maggiormente necessaria e significativa». Questo ci ha particolarmente colpiti e incoraggiati. Che poi anche gli altri due “luoghi” indicati dal papa (i disoccupati e i migranti) non siano che l’esplicitazione di due condizioni di particolare difficoltà di tante famiglie, ci porta a pensare che il bene della famiglia sia una
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mento
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– D.L. 353/20
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in L. 27/02/ 2004
n.46) art. 1, comma
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La cres cita econ nel cont omica africanoinente
Prezzo
Ho visto sull’ultimo numero di Missioni OMI un’attenzione particolare a alla famiglia: Grazie. Ogni giorno ci rendiamo conto di quanto la famiglia sia sempre più oggetto di attacchi, insidie, difficoltà e di quanto poco si faccia per sostenerla, valorizzarla, difenderla e farla crescere. Abbiamo da sempre la gioia e la consapevolezza che la famiglia è al centro dell’attenzione e della preoccupazione di papa Francesco che si è rivolto ai vescovi italiani indicandola come il primo «tra i “luoghi” in cui la vostra presenza
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Nuovo slancio della al Vangelo
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come uno stimolo e una conferma nel continuare a fare del nostro meglio per portare la famiglia ad essere sempre più al centro dell’azione pastorale, sia come oggetto sia come soggetto di evangelizzazione e di vita della chiesa. La famiglia è «comunità domestica» e «prima cellula della società» con un ruolo di «centralità e di bellezza», coinvolge tutti dal concepito all’anziano e va sostenuta nei suoi ruoli primari di fecondità ed educazione, con un occhio di particolare attenzione e misericordia per chi soffre ed è ferito. Beppe ed Elide Cuminatto Firenze cuminatto@hotmail.com
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Commissione del Parlamento tedesco a Palermo Mentre gli sbarchi di migranti continuano imperterriti nei diversi porti della Sicilia - dall’1° gennaio a metà giugno sono stati più di 52mila - una Commissione del Parlamento federale tedesco, composta da otto parlamentari e guidata da Gero Storjohann, è stata a Palermo nel mese di giugno per un’immersione nella realtà dell’immigrazione
così com’è vissuta nell’isola, per coglierne le problematiche, le piste di soluzioni e le ripercussioni del fenomeno in Germania. La Commissione è stata ospite del console onorario della Repubblica federale di Germania a Palermo, Vincenzo Militello, docente nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo. La Commissione, oltre ad aver incontrato il sindaco della città di Palermo, Leoluca Orlando, ha
avuto un incontro con il viceprefetto della città ed alcuni funzionari dell’ufficio immigrazione. All’Università si è invece svolto un incontro con la dottoressa Giuliani dell’UNHCR, che ha parlato delle migrazioni forzate e sul fenomeno dell’immigrazione dei minori non accompagnati. È stato sottolineato il grande sforzo dell’Italia con l’operazione Mare nostrum che ha salvato migliaia di vita umane ed il ruolo importante che sta svolgendo la Caritas nella prima accoglienza. In qualità di vice direttore dell’Ufficio Migrantes di Palermo, ho svolto una breve relazione sulle migrazioni economiche toccando in particolar modo i temi dell’intercultura ed illustrando il progetto
Arcobaleno di popoli come una modalità operativa per aiutare tutti, migranti e nativi, a vivere in armonia nel medesimo territorio evitando forme di massificazioni e di isolamenti ghettizzanti. La Commissione, dopo la visita del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) di Caltanissetta è rientrata in Germania. L’impressione dell’incontro è positiva nell’ottica di dare un contributo allo scambio e della ricerca di operatività condivise a favore di quanti decidono di affrontare la mobilità per avere una speranza di vita ed un futuro migliore. L’incontro fa seguito ad un altro simile avuto nel febbraio scorso con un gruppo di parlamentari del Baden Wuerttemberg. Sergio Natoli OMI, Palermo natolisergio@gmail.com
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attualità
Centro Saint Augustin,
un servizio ecclesiale
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senegal
in pillole
Secondo le statistiche ufficiali, la popolazione senegalese è composta da MUSULMANI SUNNITI per il 92%, da CRISTIANI per il 6% e da ANIMISTI per il restante 2%. Molti si dichiarano musulmani o cristiani ma sono in realtà legati anche a forme di religione tradizionale. Un profondo processo di sincretismo ha reso possibile la coesistenza delle religioni tradizionali con quelle rivelate.
NOME UFFICIALE LINGUA UFFICIALE CAPITALE FORMA DI GOVERNO INDIPENDENZA INGRESSO NELL’ONU SUPERFICIE TOTALE
RÉPUBLIQUE DU SÉNÉGAL FRANCESE DAKAR REPUBBLICA SEMI PRESIDENZIALE DALLA FRANCIA 4 APRILE 1960 28 SETTEMBRE 1960 196 722 KM²
Dakar
Da 27 anni l’Istituto Saint Augustin, a Dakar, è uno dei poli culturali dell’Africa occidentale, Ce ne parla il direttore, p. Joseph Ndong OMI
di Gianluca Rizzaro OMI gianlucarizzaro@gmail.com
F
ondato inizialmente presso la parrocchia Martiri d’Uganda, il Centro Saint Augustin ha mostrato fin dai primi anni notevoli potenzialità. L’immediata e massiccia adesione ha convinto le congregazioni religiose coinvolte a creare un’associazione e un fondo, cercando una sede più adatta alle necessità e al crescente numero degli studenti. Tra i missionari Oblati di Maria Immacolata della delegazione che serve il Senegal e la Guinea-Bissau, insieme a p. Enzo Abbatinali e p. Gennaro Cicchese, c’è p. Joseph Ndong, un passato da studente, da quattro anni direttore dell’istituto. È lui a guidarci nella storia del centro, con i piedi ben piantati per terra e uno sguardo di speranza verso il futuro. Come è nato l’Istituto Saint Augustin? L’istituto muoveva i primi passi nel 1987, grazie alla collaborazione di 4 congregazioni religiose presenti a Dakar: gli Scolopi, i Maristi, i Missionari del Sacro Cuore e i Sacramentini,
a cui, qualche anno dopo, ci aggiungemmo anche noi Oblati. Da tempo si sentiva l’esigenza di avere un luogo di formazione unificata per le giovani vocazioni. C’erano tanti giovani che si sentivano chiamati a servire la chiesa in una di queste famiglie religiose, ma non c’era una struttura che garantisse una loro formazione adeguata. Dopo aver tentato, senza successo, una collaborazione col seminario maggiore di Dakar, nacque il centro, nella parrocchia dei Martiri dell’Uganda, sede che si mantenne fino al 1993. L’Istituto Saint Augustin nasce quindi da un’esigenza dei giovani in prima formazione. Di conseguenza, almeno all’inizio, è essenzialmente un centro di studi filosofici. Il 1993 è l’anno del passaggio alla sede attuale, nel quartiere Baobab, mentre il 1995 è il momento dell’affiliazione all’Università pontificia salesiana, un rapporto fruttuoso che continua ancora oggi. Nel 2006, è stata aperta anche la facoltà di teologia, in collaborazione con la facoltà teologica di Angers (Francia). Sono tuttora in
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fase di definizione i protocolli di collaborazione con altre realtà accademiche internazionali. Qual è la situazione dell’istituto? All’istituto si respira un’aria positiva, di speranza e di apertura verso il futuro; il numero di studenti cresce ogni anno e c’è una bella internazionalità. Tra gli studenti, ci sono giovani provenienti da una quindicina di Paesi africani e ogni tanto capita di ospitare anche studenti europei. Il corpo docente è composto da 23 professori impegnati nella facoltà di filosofia e 19 impegnati nella facoltà di teologia. Sono di ben 8 nazionalità diverse (Francia, Spagna, Italia, Togo, Benin, Costa d’Avorio, Camerun e Senegal). Le prospettive per il futuro sono buone, l’istituto cresce e perciò si è pensato di trovare una sede più grande. Si è optato per comprare una struttura accanto al centro, per avere la possibilità di aprire le nostre porte, offrendo maggiori possibilità di formazione anche ai laici. Dal punto di vista giuridico, il centro ha mosso i passi necessari per entrare nel sistema previsto dal cosiddetto “processo di Bologna” e che riguarda i crediti attribuiti a ciascun insegnamento. Oltre a progredire sul
versante accademico, è diventato un punto di riferimento per la riflessione teologica e filosofica, in ambito cristiano e, più in generale, nell’ambiente intellettuale di Dakar. Quali sono le iniziative intraprese dal Centro Saint Augustin, verso l’ambiente culturale della città? E quali sono le reazioni? Da tre anni abbiamo dato il via alla rivista scientifica del centro, che pubblica un volume all’anno. Questa iniziativa è stata salutata da tutti con entusiasmo e apprezzamento. Abbiamo anche organizzato un convegno internazionale di studi su sant’Agostino, che ha visto una partecipazione numerosa a livello nazionale e non solo. Lavoriamo affinché ci sia un buon rapporto con le autorità civili, soprattutto con la facoltà di filosofia dell’Università Statale di Dakar (Université Cheick Anta Diop, UCAD) con cui esistono relazioni di rispetto reciproco, soprattutto perché gli studenti del centro che poi sono passati a studiare all’UCAD si sono distinti positivamente. Finora il dipartimento di filosofia, affiliato all’università salesiana di Roma, ha approvato il ciclo triennale. Rientrando nel sistema LMD (Laurea, Master,
Da sinistra, p. Gennaro Cicchese e p. Enzo Abbatinali. Sopra, l’ingresso del CSA e a destra, p. Joseph Ndong in occasione del 25° del Centro Saint Augustin
Dottorato) potremo finalmente offrire una laurea ai nostri studenti. Il Senegal è un paese a maggioranza musulmano. Viene spontaneo chiedersi quali siano i rapporti tra un’istituzione cattolica ufficiale, come l’Istituto Saint Augustin, e il contesto islamico che la circonda. Siamo in dialogo con l’Islam, perché questa è una parte importante della nostra vita quotidiana; peraltro quella della convivenza pacifica, della tolleranza e del dialogo è una convinzione profondamente radicata nel popolo senegalese. Non si è fatto ancora nulla a livello ufficiale, ma posso dire che pian piano qualcosa si sta muovendo. A livello pratico, siamo in contatto con l’Istituto islamico di Dakar (abbiamo un corso sull’Islam per i nostri studenti) e, seppur non abbiamo ancora pubblicato nulla insieme, il contatto c’è e continueremo a portarlo avanti con convinzione e rispetto reciproco.
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attualità
A un religioso con alle spalle alcuni anni di esperienza, dentro e fuori dal Senegal, non si può non chiedere il punto di vista sulla situazione della chiesa in Senegal e, in particolare, sulla vita religiosa… Penso valga la pena porre l’accento proprio sull’esperienza dell’Istituto Saint Augustin, un’esperienza significativa anche guardando alla situazione della chiesa. Tra le congregazioni che collaborano con il centro c’è un rapporto davvero fraterno anche perché molti dei formatori, negli ultimi 25 anni, hanno studiato qui e conoscono benissimo la nostra realtà. Ma chi ha vissuto almeno una volta una realtà accademica, sa che una cosa del genere non può essere data per scontata. Il rapporto migliora giorno dopo giorno anche con la chiesa diocesana. Siamo riusciti a mettere da parte inutili rivalità o conflitti che a volte si possono creare. E questo è importante, perché qui noi, come chiesa, siamo minoranza ed è necessario stare uniti. La vita religiosa è un polmone fondamentale nella chiesa senegalese, vi occupa un’enorme parte nel campo apostolico e partecipa attivamente alla testimonianza della vita cristiana. La chiesa è rispettata e amata malgrado sia una
minoranza. Qui, in Senegal, se la chiesa non produce qualità, sparirà. Siamo una chiesa giovane, con una media d’età della vita religiosa relativamente giovane, con tutto ciò che comporta come vitalità, ma anche come rischio e limite. Penso che la vita religiosa in Senegal stia per vivere un passaggio storico che ne determinerà il futuro. Qual è la tua esperienza come oblato e come vivi il tuo servizio di direttore del centro e, allo stesso tempo, formatore degli studenti nella comunità oblata del prenoviziato? Il mio soggiorno in Italia, allo scolasticato di Vermicino per tre anni e poi nella parrocchia del SS. Crocifisso a Roma (due anni) ha profondamente contribuito alla mia apertura di spirito e soprattutto ad alimentare il mio amore verso la nostra congregazione. Tutto ciò, oggi, lo metto al servizio della delegazione e della chiesa del Senegal. Sono al quarto anno come direttore e al quinto di presenza nell’istituto, avendo insegnato per un anno prima di essere nominato responsabile. Sono stato senz’altro molto contento di tornare al Centro Saint Augustin, dove ho studiato filosofia prima di raggiungere l’Italia per gli studi di teologia e di spe-
cializzazione. Per raccontare in breve i miei anni da oblato, posso dire che una volta rientrato dall’Italia, ho vissuto in parrocchia prima di iniziare a lavorare nella formazione. Ho avuto così la possibilità di vivere un anno a Koungheul e due anni a Koumpentoum, prima di raggiungere la comunità del prenoviziato a Castor. Lavorare nella formazione è senza dubbio impegnativo. Bisogna seguire i giovani da vicino, con la consapevolezza che alcuni di loro sono chiamati ad essere il futuro della congregazione. Essere contemporaneamente direttore dell’istituto, professore di Teologia fondamentale e di Introduzione alla teologia e formatore di quei giovani che si sono rivolti agli Oblati per intraprendere un cammino di discernimento, mi consente di non discostarmi dagli obiettivi della formazione oblata, una formazione integrata che prevede sia la componente intellettuale che quella comunitaria. Vivo nella comunità del prenoviziato e sono felice. Sento che è un compito importante, anche se molto impegnativo. Normalmente passo le mattinate al centro e i pomeriggi in comunità. In questa esperienza c’è anche, ed è inutile nasconderlo, la volontà di dare testimonianza a tutti i giovani e di assicurare un ‘tocco’ oblato nell’impostazione del centro stesso. Do anche un aiuto alla nostra parrocchia oblata di Maria Immacolata a Parcelles e a quella dei Martiri d’Uganda, e rendo anche servizio di animazione con conferenze e ritiri in altre parrocchie o comunità religiose. Ringrazio Dio d’avere una comunità fraterna dove c’è una bella collaborazione e complementarietà. La presenza di p. Gennaro Cicchese è per me una boccata d’ossigeno, sia per la casa di formazione che per il Centro Saint Augustin, dove insegna i corsi di Filosofia dell’uomo, Filosofia dell’essere e Teologia trinitaria.
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attualità
Echi dal fango testo e foto di Thomas Harris www.thomasharris.it
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Albinia. Alluvione. Ad una settimana di distanza dallo straripamento dell’Albegna ancora si ode il rumore dell’acqua scorrere per le strade e si vedono i segni che il suo passaggio ha lasciato nelle case, sui muri, nei garages, ma, soprattutto, negli sguardi delle persone alle quali il fiume ha portato via la sicurezza di una vita trascorsa cercando di costruirsi un lavoro, una casa e, magari, dei progetti
La chiesa è stata allestita come deposito cibo, vettovaglie ed abbigliamento a disposizione per i più bisognosi. All’ingresso si trova il neo battezzato “Cristo alluvionato”, un crocifisso ritrovato nel fango sotto la chiesa, perfetto simbolo dell’attuale situazione di Albinia: un paese “morto” in attesa di risurrezione
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Camminando per le piccole vie del paese vedo persone ammassare montagne di oggetti inutilizzabili. Le palazzine di Albinia hanno cantine e garage sotterranei. In superficie l’altezza massima dell’acqua è stata misurata in 172 cm, immagino che nel sottosuolo l’onda deve aver avuto un impatto violentissimo. Trovo pareti divisorie di mattoni sfondate, un rimessaggio di roulotte accartocciate l’una sull’altra, una palestra il cui controsoffitto è stato divelto dalla forza dell’acqua
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attualità
L’essere umano ha sempre dimostrato di saper tirare fuori il meglio di sé dalle situazioni critiche. Ovunque mi giri ci sono ragazzi armati di pale, guanti e secchi che si fermano in ogni casa per aiutare. Giovani che si sono trasferiti ricevendo ospitalità dagli abitanti del posto e che vivono lì da diversi giorni… insomma: gli angeli del fango! Per me, fiorentino, cresciuto nel mito relativo all’alluvione del 1966, è stata una rivelazione! Da qualche parte ho letto che dal fango nascono i fiori di loto. Il mio augurio per Albinia è questo: risorgere dal fango come un fiore! E magari passare, nel prossimo futuro, attraverso il paese vedendo i negozi aperti, le strade pulite e, davanti ai campi da tennis, fermarmi ed ascoltare l’eco delle voci divertite dei ragazzi che giocano e non pensano più a ciò che è stato
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Laici verso i
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un’associazione
internazionale
L’ASSOCIAZIONE MISSIONARIA MARIA IMMACOLATA è presente in tutti i continenti. Si tratta di laici che condividono il carisma e la spiritualità di S. Eugenio de Mazenod, fondatore dei Missionari OMI. Sul sito www.ammi.it si possono trovare notizie, i foglietti
formativi mensili, un calendario degli eventi locali e nazionali, articoli, fotografie e filmati come anche documenti sulla storia e sulla natura dell’associazione. È possibile iscriversi ad una mailing list. Per informazioni si può scrivere a: info@ammi.it oppure a presidente.nazionale@ammi.it Associazione Missionaria Maria Immacolata
Il Convegno nazionale del laicato AMMI
o il futuro
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Giorni intensi e fraterni con la disponibilità all’ascolto e al discernimento
di Pasquale Castrilli OMI pax1902@gmail.com
L
iliana prepara con attenzione e distribuisce generosamente i cannoli siciliani portati da Messina, Giacomo di Firenze condivide le sue impressioni dinanzi a tutta l’assemblea con sua figlia che gli fa festa e gli salta sulle spalle. Mena corre dappertutto per accogliere tutti e assicurarsi che ogni cosa sia al suo posto... Sono alcune delle tante immagini del Convegno nazionale che l’Associazione Missionaria Maria Immacolata (AMMI) ha svolto a Castellamare di Stabia (Na) dall’1 al 4 maggio dal titolo Guardiamo insieme al futuro….
Un titolo significativo Non è certamente la prima volta che l’Associazione Maria Immacolata tiene un convegno nazionale. Nel corso della sua lunga storia ce ne sono stati numerosi. Interessante notare che molti dei partecipanti a questo convegno in terra campana raccontavano il proprio percorso di vita intrecciandolo alla storia e alla vita dell’associazione stessa. In questa occasione si è provato a fare il punto della situazione guardando soprattutto alle dimensioni del presente e del futuro. Un futuro ricco di speranza anche grazie all’ingresso
UN CONVEGNO RICCO D INTERVISTA A STEFANO DOMINICI, PRESIDENTE NAZIONALE DELL’AMMI a cura della redazione
COM’È STATO PREPARATO QUESTO CONVEGNO? A cinque anni di distanza dall’ultimo incontro nazionale AMMI che si svolse a Pacognano di Vico Equense (Na) nel 2009, il convegno di quest’anno è stato proposto ed approvato durante l’assemblea nazionale dello scorso settembre. L’assemblea
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O DI NOVITÀ nazionale è l’evento annuale dove i rappresentanti (laici ed assistenti OMI) delle varie comunità distribuite in Italia si incontrano tra loro e con il consiglio nazionale per condividere il cammino svolto e programmare insieme quello futuro. Una volta deciso positivamente per il convegno, noi del consiglio ci siamo incontrati per passare alla fase organizzativa (frutto sicuramente dello Spirito Santo al quale abbiamo affidato il convegno) ed è subito sbocciata l’idea di proporre uno schema nuovo, dove non ci fossero conferenzieri ed ascoltatori, ma una partecipazione attiva da parte
di tutti i presenti. Abbiamo proposto questa modalità alle comunità che hanno accettato con curiosità ed entusiasmo, mettendosi al lavoro per preparare la loro parte. Lo stesso titolo Guardiamo insieme al futuro… ha voluto esprimere lo spirito del convegno, sottolineando, nel sottotitolo comunità, formazione e missione i temi del triennio che stiamo vivendo insieme alla congregazione per la preparazione al suo 200° compleanno. Con questo clima di novità arriviamo all’inizio del convegno. Ed ecco, quindi, che il classico momento di presentazione iniziale si è trasformato nella festa
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nell’associazione, in questi ultimi anni, di numerosi giovani coppie di sposi, molti dei quali provenienti dal Movimento giovanile Costruire. Lo racconta una delle testimonianze presentate al convegno. Insieme alle altre che hanno narrato dell’impegno nei viaggi missionari, della formazione dei membri dell’associazione, dell’apertura sul territorio, della vita in parrocchia.
Una metodologia efficace Uno degli aspetti più graditi dai partecipanti è stata senz’altro la metodologia del convegno. Tre le tematiche: la comunità, la formazione e la missione, seguendo il percorso del triennio che condurrà al bicentenario della congre-
della prima sera dove ogni comunità ha introdotto se stessa offrendo a tutti un dolce tipico della zona ed accompagnando il momento con canti folkloristici regionali. Tra parentesi, l’eccesso di generosità ha fatto sì che i dolci durassero non solo per la festa della prima serata, ma per i momenti di break di tutto il convegno. Nessuno se ne è lamentato. Il giorno successivo ogni comunità si è raccontata attraverso gli stand che sono stati preparati ed allestiti per favorire quella che abbiamo chiamato comunione dinamica, dove ogni postazione è stata visitata dalle altre comunità. Questa modalità, in particolare, è nata da una provocazione di p. Ettore Andrich che, proprio durante l’assemblea nazionale diceva: «Sogno una fiera dell’AMMI, dove si possa girare tra le bancarelle e acquisire la vita di ogni comunità, perché ce n’è tanta, anche se spesso non si trova il tempo o il modo di condividerla». E a seguire le esperienze raccontate, le
gazione oblata. Le tre piste sono state sviluppate attraverso una significativa carrellata di esperienze sul campo. «Il programma non prevedeva interventi tematici particolari, - dice p. Angelo Capuano OMI, assistente nazionale - ma tutto è stato imperniato sulle esperienze che i laici stessi vivono ispirandosi al carisma oblato». Illustrando il modo tipicamente laicale di vivere il carisma oblato nei vari ambiti di impegno e testimonianza è emersa così una precisa identica laicale cristiana e oblata. Nel programma erano previsti anche alcuni laboratori (famiglia, giovani, scuola, missioni popolari, missioni estere, impegno sociale), «un momento per condividere quello che si fa, ma soprat-
meditazioni delle preghiere mattutine, due delle quali sono state preparate da laici. Ed infine i laboratori, dove si sono gettate le basi per l’analisi dei contesti dove l’AMMI esprime maggiormente il proprio essere ed il proprio agire. Al di là dell’organizzazione e dei dettagli concreti, vogliamo ricordare che alcuni di noi, nel periodo precedente il convegno, si sono trovati a vivere situazioni di dolore o difficoltà personali o familiari. È nato spontaneamente un patto, sviluppato attraverso mail o telefonate, nel quale ci siamo detti che conveniva offrire queste sofferenze per il convegno, non perché riuscisse bene tecnicamente, ma perché potesse essere per tutti i partecipanti un momento di comunione e di incontro con il Padre. Credo che queste “offerte” abbiano portato i loro frutti, COME SI COLLOCA IL CONVEGNO NEL CAMMINO DELL’AMMI DI QUESTI ANNI? Il convegno si situa in un intenso
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cammino di riflessione sulla nostra identità e sulla nostra missione che l’AMMI sta portando avanti da un paio d’anni. L’occasione, potremmo dire il pretesto, è stata la redazione del regolamento dell’associazione. Il regolamento è l’applicazione pratica degli articoli contenuti nello statuto che, essendo un documento di valenza legale, è abbastanza schematico. Tale regolamento esisteva in bozza dai tempi dell’approvazione dell’attuale statuto, nel 1992, ma non era mai stato approvato, evidentemente lo svolgimento della vita concreta consolidata all’interno delle comunità non ne faceva sentire l’esigenza. Ultimamente, però, proprio il desiderio di una maggiore coscienza dell’identità personale, comunitaria e nazionale hanno generato negli associati la necessità di un nuovo documento (il regolamento appunto) che, trascendendo dalla forma, racchiudesse l’ispirazione e i suggerimenti per il cammino degli associati e delle
comunità. Il regolamento è nato, quindi, attraverso gli incontri del consiglio nazionale con le comunità italiane, dove si è raccolto il vissuto, l’esperienza, per tradurre il tutto in parole scritte. Da questa riflessione emerge forte la volontà di un’associazione a servizio della chiesa, che sappia condividere con maturità (e non solo fruire) la spinta missionaria del carisma oblato. Un’associazione che sappia offrire accoglienza e collaborazione al resto del laicato vicino agli oblati e si ponga come possibile (ma non unico) approdo per i giovani che si affacciano alle soglie dell’età adulta. Nei confronti di questi giovani l’AMMI deve sapere collaborare con gli assistenti per offrire loro un sicuro orientamento nella chiesa; se è volontà di Dio all’interno della Famiglia oblata e forse proprio all’interno dell’AMMI. Il recente ingresso di tanti giovani ha contribuito a rinverdire le fila dell’associazione e a creare un ponte ideale tra se stessa ed il mondo
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giovanile, in particolare quello dell’MGC. Un’ulteriore orizzonte è rappresentato dal settore spagnolo. La nascita della provincia mediterranea spinge anche noi laici ad una maggiore conoscenza, condivisione e collaborazione. Ovviamente per noi laici il cammino di unificazione segue ritmi e passi ben diversi rispetto ai religiosi della congregazione, anche perché in Spagna i laici sono organizzati con modalità differenti, ma è forte la voglia di incontrarsi e cerchiamo di sfruttare ogni occasione possibile per vivere dei momenti insieme. QUALI TI SEMBRA SIANO STATI I PRINCIPALI PUNTI CHE SONO EMERSI? Anzitutto la gioia del ritrovarsi e di condividere questi giorni con tanti laici e con gli Oblati (gli assistenti delle comunità) che non si ha la possibilità di incontrare tutti i giorni. È importante, anche, per tutti noi, uscire dalle nostre comunità e dai nostri ambiti per respirare
un’aria dal soffio più ampio, dal carattere nazionale. Inoltre, come già detto, la modalità dinamica di questo convegno ha permesso a tutti di esprimersi al meglio e di incontrare più in profondità gli altri partecipanti. Particolarmente preziosa è stata poi la presenza del superiore provinciale Alberto Gnemmi, del superiore generale Louis Lougen e dei suoi confratelli della comunità del governo centrale p. Chicho Rois e p. Gilberto Piñon. È bello sentire l’attenzione che la congregazione mostra nei confronti dell’AMMI e come questa voglia rispondere con un forte desiderio di condividere l’evangelizzazione. Come questi padri hanno evidenziato nei loro interventi, nei laboratori è emersa la spinta che ultimamente si avverte, da parte delle comunità, di creare delle reti che concretizzino il modo di lavorare insieme, a livello trasversale e interzonale, per essere più efficaci nel progettare e realizzare esperienze di evangelizzazione nei vari territori e contesti d’azione.
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tutto per provare a progettare il futuro per una nuova evangelizzazione», aggiunge ancora p. Angelo. Il centro che ospitava il convegno, l’Istituto vesuviano, presentava anche numerosi stand posti su due piani della struttura. Ogni comunità AMMI aveva a disposizione uno spazio per illustrare, attraverso fotografie, proiezioni e scritte, la propria attività e la propria storia. Nei giorni di inizio maggio sono stati presenti anche
un buon numero di Missionari Oblati di Maria Immacolata, a cominciare dal superiore generale, p. Louis Lougen (nella foto a destra) e dal superiore provinciale, p. Alberto Gnemmi. Entrambi l’ultimo giorno, hanno rivolto ai presenti un loro discorso frutto dell’ascolto dei giorni precedenti. A tutti i missionari OMI presenti era stato infatti richiesto di porsi all’ascolto per osservare, valutare e condividere. n
QUANTE SONO ATTUALMENTE LE COMUNITÀ AMMI IN ITALIA E QUANTE, PIÙ O MENO, LE PERSONE ASSOCIATE? In Italia abbiamo dieci comunità: Vercelli, Passirano (Bs), Firenze, Roma, Santa Maria a Vico (Ce), Aversa (Ce), Somma Vesuviana (Na), Taranto, Catanzaro e Messina. Ogni comunità, ovviamente, si diversifica dalle altre per numero di componenti, specificità del cammino e svolgimento di attività, nel contesto particolare del territorio. Ci unisce il cammino formativo che viene deciso insieme in assemblea, normalmente in armonia con i grandi temi proposti dalla chiesa o sviluppando le proposte della congregazione oblata, come nel caso del già citato triennio di preparazione al 200° anniversario della fondazione. Il cammino formativo si sviluppa attraverso la realizzazione di un foglietto mensile, preparato a turno da ogni comunità e condiviso con tutta
l’associazione e con tanti amici della Famiglia oblata. Per quanto riguarda le attività concrete di sostegno alle missioni, nel corso del 2013 tutte le comunità hanno unito le proprie iniziative per la realizzazione del Polo educativo di Koumpentoum, in Senegal. È stata un’esperienza interessante, perché ha permesso di realizzare (insieme a tanti altri benefattori vicini agli Oblati) un grande progetto in tempi brevissimi. Davvero l’unione fa la forza, ma credo che emerga anche un valore aggiunto, una grazia particolare che porta frutto dall’unità, ben oltre la semplice maggiore potenzialità tecnica. L’AMMI in Italia conta circa 200 associati (le persone che si impegnano, attraverso una promessa, a condividere il carisma di S. Eugenio e la spinta missionaria) più altrettante persone che partecipano al cammino formativo o a singole attività dell’AMMI, secondo le modalità consone al proprio sentire.
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In diretta dal mondo oblato
messaggi Corea del Sud e notizie A padre Vincenzo Bordo il Premio Ho-Am dalle missioni p. Vincenzo Bordo, nome coreano Kim Ha Jong - da Kim, primo a cura di Elio Filardo OMI eliofilardo@omimissio.net
A
martire coreano, e da Ha Jong, “servo di Dio” -, missionario degli Oblati di Maria Immacolata, è andata l’edizione 2014 del Premio HoAm, il massimo riconoscimento assegnato in Corea del Sud alle eccellenze nazionali in cinque categorie (scienze, medicina, ingegneria, arti e servizio alla comunità). P. Vincenzo è stato premiato per il suo servizio ai “senzatetto, anziani soli e giovani di strada, attraverso una serie di programmi che includono una mensa e un centro per la gioventù nella città di Seongam dal 1993”. La premiazione è avvenuta venerdì 30 maggio a Seul. A raccontare la sua vita spesa per i poveri e con i poveri è lo stesso Kim Ha Jong in un’intervista-video di TV2000, nella quale il missionario descrive il suo impegno e la sua “missione” nell‘ “Anna House”, dove accoglie i ragazzi senza tetto che vivono
Germania
Quattro giovani diventano cristiani
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ono di età compresa tra i 22 e i 31 anni i quattro giovani adulti che sabato 7 giugno, durante la messa al St. Bonifatiuskloster di Hünfeld, hanno ricevuto battesimo, cresima e prima comunione. Questi quattro giovani che non sono stati battezzati da bambini per diversi motivi, più tardi, proprio mentre sono in aumento coloro che lasciano la chiesa, conoscono la fede e fanno proprio il passo opposto chiedendo di diventare cristiani. Durante la celebrazione tutti e quattro hanno parlato del loro
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SPAGNA
I MARTIRI OBLATI ISPIRANO DEVOZIONE E ARTE per strada. Il Premio Ho-Am (dallo pseudonimo dell‘ex presidente Samsung Lee Byung-Chull), considerato l‘equivalente coreano del Nobel è citato su Wikipedia che dedica una voce anche a p. Vincenzo, il primo italiano premiato. Il riconoscimento consiste in un diploma, una medaglia d‘oro di 187,5 grammi e 300 milioni di won coreani, equivalenti a circa 215mila euro. (fonte: agensir.it)
cammino e della loro decisione. Nils di Fulda ha detto: “quando ci si avvicina a Dio, per capirlo di più e per conoscere la sua vita si ha una sola opzione: essere cristiano. Ed è per questo che oggi mi faccio battezzare”. Per Monique da Steinau è chiaro che la fede non è nulla di ultraterreno: “scegliere di credere in Dio, per me significa dire un sì alle persone mediante l’amore di Dio che mi da forza, coraggio e fiducia in tutti i momenti della vita”. (fonte: eugenspiegel.org)
La vita ed il sacrificio dei beati martiri oblati di Spagna ispirano la devozione dei fedeli e di qualche artista. P. François Carpentier OMI, originario della Francia e da circa 50 anni missionario in Camerun, ha raccontato al precedente postulatore generale, p. Joaquín Martínez, che in questa missione c’è una grande pittura dei Martiri di Spagna. Negli Stati Uniti il centro pastorale del Santuario di Lourdes e Guadalupe, a S. Antonio (Texas), è stato posto sotto il patronato dei Martiri oblati di Spagna. Un’imponente copia della pittura, utilizzata in occasione della beatificazione, è stata esposta in un luogo significativo del centro. Inoltre un’artista italiana della Sicilia, Liliana Niceta Siracusano, membro dell’Associazione Missionaria Maria Immacolata (AMMI), ha dipinto un’immagine dei martiri, in piedi in un campo di grano e vestiti di bianco: “la messe è sempre abbondante, ma gli operai che si preparano per la raccolta sono stati falciati proprio nel pieno della loro gioventù”.
(fonte: omiworld.org)
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Russia
La missione nel Caucaso
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a città di Pjatigorsk, situata sulle rive del fiume Podkumok, nella pianura a nord della catena montuosa del Caucaso, una delle città più importanti del territorio di Stavropol, ospita una piccola missione. I primi due Oblati, fratel Tomasz Stoppa e p. Pawel Kubiak, sono arrivati in Caucaso il 18 dicembre del 2012 e nel settembre 2013 è giunto anche p. Wieslaw Kubalsk. A Pjatigorsk ci sono 14 chiese ortodosse, altri luoghi di culto di diverse confessioni cristiane e una moschea. Agli Oblati è stata affidata la parrocchia della Trasfigurazione di Pyatigorsk alla quale appartengono circa 60-80 cattolici. La messa domenicale è frequentata da 40-45 persone tra le quali anche cristiani di Mineralnye Vody e Essentuki. La comunità parrocchiale è multinazionale, la gente ha ereditato la fede cattolica dai genitori. I bambini sono pochi e la maggior parte dei giovani si sono trasferiti in altre città per motivi di lavoro. Gli Oblati sono succeduti ad alcuni sacerdoti della Congregazione del Sacro Cuore della provincia irlandese e collaborano con tre suore, due messicane e una russa, appartenenti al nuovo ordine delle Clarisse della Santissima Eucaristia. Agli Oblati sono affidate anche altre due parrocchie e tre piccole comunità cristiane distribuite in circa 150 chilometri. Staropavlosk, Orlovka, Georgiyevsk. La parrocchia di S. Teresa di Gesù Bambino, a Kislovodsk, è formata soprattutto da armeni con una partecipazione alla messa domenicale di circa 20-25 persone. C’è poi la parrocchia Divina
Misericordia di Novopavlosk dove ogni domenica si ritrovano per la messa circa 70 persone, prevalentemente siriani con tanti giovani e bambini. Nonostante il numero scarso dei fedeli, Pyatigorsk con le altre comunità è la realtà più numerosa di tutto il Caucaso. Insieme ai fedeli di Vladicaucas, Nalchik e Prohladny costituisce un decanato. La tipicità di questa diocesi, ma anche della Russia, è che i religiosi provengono da diversi paesi e da varie congregazioni. A Nalchik sono presenti le Missionarie della Carità e la comunità di Giovanni Evangelista della Francia. La più grande difficoltà dei missionari è la solitudine e l’alienazione causata dall’impatto con la mentalità di un mondo tanto diverso. Solo rimedio a queste difficoltà è la vita comunitaria. I cristiani insieme agli altri abitanti del Caucaso sono impegnati nel servizio verso i poveri. Si svolge regolarmente un lavoro pastorale ordinario come le visite alle famiglie, agli ospedali o alle prigioni. Il vescovo sostiene la catechesi e la predicazione quotidiana, evidenziando che i fedeli non hanno radici e, quando i sacerdoti a cui sono legati si spostano di parrocchia, essi abbandonano la chiesa. Le relazioni con gli ortodossi non sono uniformi, ma in alcuni luoghi ci sono dei miglioramenti. Il vescovo ortodosso di Pyatigorsk, per esempio, è molto aperto e benevolo. Forse ci si renderà conto che i cattolici non sono un pericolo. (fonte: omiworld.org)
ZIMBABWE - La prima chiesa parrocchiale oblata Il 27 aprile è stato un giorno speciale per gli Oblati che lavorano nell’arcidiocesi di Bulawayo, nello Zimbabwe. L’arcivescovo Alex Thomas, SVD, ha benedetto ed inaugurato la parrocchia della “Divina Misericordia” di Mahatshula. È stato significativo assistere alla celebrazione di apertura ed alla benedizione. La chiesa della Divina Misericordia è la prima parrocchia fondata dagli Oblati nello Zimbabwe. (fonte: omiworld.org)
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LA SCUOLA DI FORMAZIONE, UN LABORATORIO DI QUALITÀ Una delle caratteristiche del cammino del Movimento giovanile Costruire è che ogni situazione o attività può diventare occasione di formazione, nell’ottica dei suoi due obiettivi: crescere come “uomini, cristiani e santi”, e trovare il proprio posto nella chiesa e nella società. Nella storia del movimento c’è un’esperienza principe, particolarmente significativa sul piano formativo: la Scuola di formazione. Quasi il fiore all’occhiello della formazione MGC, la sua esperienza più tipica. Si tratta di un momento qualificato che approfondisce le tematiche e la spiritualità del movimento: la comunione, la missione e i poveri, la formazione umana, il carisma oblato e S. Eugenio, la storia del Movimento Costruire, la scelta di Dio. Anche il luogo in cui si è sempre svolta (la prima si tenne nel 1990) è significativo: la comunità di Marino (Rm), la cui storia si intreccia profondamente con la storia dell’MGC. Le 12 scuole di formazione tenute finora sono state occasioni per un salto di qualità dei partecipanti. Dopo alcuni anni di cammino nelle proprie zone, i giovani venivano invitati ad una scelta più profonda di Dio e a mettersi al servizio del movimento attraverso l’animazione giovanile. In genere, queste esperienze terminavano con un sì personale dei partecipanti ad un impegno nuovo; ancora oggi, se si passa da Marino e si prova a girare un’icona di Maria o un crocifisso, capita di imbattersi nelle firme dei partecipanti di una Scuola che suggellavano in questo modo l’impegno preso. Per la Scuola di formazione di quest’anno, si è tornati un po’ all’antica: 6 giorni di riflessione su ciò che il è movimento, alla luce di un futuro da costruire e dell’impegno a renderlo ancora più bello. L’appuntamento è stato a Marino, dal 21 al 26 luglio, per la tredicesima edizione! P. Antonio D’Amore OMI assistente nazionale MGC
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La Scuola di formazione è stata un’esperienza importante nel mio cammino Mgc e nel mio percorso di crescita. Intanto perché è il momento in cui si sperimenta il passaggio dal fare qualcosa perché ci piace - stare nell’MGC è bello, è pieno di attività e di rapporti - a conoscere quella realtà fino in fondo e farla propria. È quel momento dove insieme a tanti altri ragazzi da tutta Italia si condivide un “sentire” comune. Inoltre è un’opportunità per stare a tu per tu con Dio. Per me è stato bello sperimentare come Dio in questi momenti desidera illuminare il tuo vissuto e aiutarti a comprendere il suo passaggio nella tua vita. Chiara, Firenze Ho partecipato alla Scuola di formazione nel 2012, quando erano già 8 anni che conoscevo l’MGC e formavo la mia fede secondo questo stile inconfondibile. Apparentemente
non aveva senso formarmi su un movimento che conoscevo già da tanto tempo eppure è stata un’esperienza affatto banale, perché è stato importante in quel momento della mia vita soffermarmi per scoprire chi sono io come giovane dell’MGC e chi siamo come movimento di giovani cristiani appassionati di Cristo. Porto con me di quei giorni la consapevolezza di far parte di una grande famiglia, forte e unita in Cristo, col carisma di Eugenio che ci spinge alla santità e alla carità. Luisa, Roma La mia esperienza alla Scuola di formazione è stata particolare e sconvolgente allo stesso tempo. Era la seconda volta che facevo un’esperienza fuori casa con gli Oblati e all’epoca non avevo molta sensibilità per la preghiera e la spiritualità: andare a messa mi sembrava già un peso, addirittura partecipare alla Scuola di formazione, mi sembrava duro.
Oltretutto, in quel periodo mi sentivo arida dentro. Il Signore però ha saputo stupirmi. A Marino ho riscoperto l’amicizia, la comunione e l’inaspettato senso di famiglia. Lentamente ho iniziato a donare me stessa agli altri e ad accogliere il donarsi degli altri a me, nella gratuità. La Parola è scesa nel mio intimo e ha sciolto il gelo del mio cuore. Mi ricordo ancora qualche piccolo gesto, una confessione, molte lacrime e la certezza che Dio camminava al mio fianco e non mi abbandonava: sono rinata! La Scuola di formazione mi ha insegnato a lasciare che il Signore guidi la mia vita attraverso le persone che pone sul mio cammino. Sara, Vercelli La Scuola di formazione, del 2012, è stata la mia prima esperienza al di fuori dei confini della Campania. Non eravamo tanti, ma questo ci ha permesso di entrare nel profondo, di avere spazi
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personali per poter approfondire i temi, di confrontarci e mettere in comunione il nostro cammino. Il momento più importante è stato quando ci è stato chiesto di riflettere su che cosa fosse l’MGC e guardando allo statuto sentivo mia la frase “noi del movimento siamo una forza viva, radicata in Cristo”. Al termine di questo momento è stato bello vedere come tutto quanto emergeva da ognuno è diventato un “manifesto” per gli altri giovani. Francesca, Campania La Scuola di formazione mi ha insegnato il modo per poter trasferire agli altri la gioia, l’entusiasmo e la pienezza di Dio che avevo in me. Si è trattato di “formarci alla Parola di Dio”. Lo scopo non è stato diventare dei buoni oratori, ma allenarci a mettere in pratica la Parola nel quotidiano, mettendo anche in comunione difficoltà, vittorie e soluzioni. Il passaggio dall’essere
spettatori all’essere costruttori e lievito per le comunità è stato fondamentale. Tornando a casa, nelle comunità, ci accorgevamo di essere uniti da Gesù tra noi. Un cosa fondamentale che si imparava alla Scuola e che poi si metteva in pratica nei gruppi era “fare comunione”. Dopo aver partecipato alla Scuola di formazione diversi hanno fatto delle scelte e lo stile dell’MGC è diventato per molti una vocazione. Tommy, Taranto La Scuola di formazione MGC a Marino è stata una straordinaria esperienza di vita comunitaria: : per una settimana ho vissuto insieme a ragazzi e ragazze provenienti da altre parti d’Italia, agli Oblati, alle Comi cercando di tenere la presenza di Gesù tra noi nell’ordinario. È stato un momento di formazione personale che tutt’ora riaffiora nella mia vita, in particolare la frase del vangelo “date loro voi stessi da mangiare”.
Ho scoperto che mettere Dio al primo posto non significa fare una classifica per fargli mantenere la pole-position, ma vedere tutto alla luce della Sua volontà. Ricordo ancora il mio disappunto iniziale quando il tema attesissimo (da me) dell’affettività veniva sostituito da quello sul discernimento che poi, in realtà, è stato il tema ricorrente negli anni successivi della mia vita, caratterizzati da una serie di scelte (laurea, specializzazione, viaggio missionario, matrimonio). Quell’anno alla Scuola di formazione c’era anche il mio fidanzato (e attuale marito) Antonio (anche lui faceva parte dell’MGC), ma durante quei giorni così intensi avevamo avuto a stento il tempo di parlarci ed ero un po’ delusa, perché pensavo che saremmo stati più insieme. All’incontro di comunione finale ricordo la sorpresa e la gioia nel sentire da lui che avevamo comunque vissuto le stesse cose in pienezza. Domenica, Messina
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una foto per pensare
Nel nostro tempo c’è un grado di tecnologia elevato, quasi assoluto. Avverto, però, che questa perfezione, questa lineare compiutezza nasconde un inganno: ci fa credere creatori e non creature. Convinti di essere capaci dominatori del tutto, reali conoscitori di ogni legge e forza, ci mettiamo, ad esempio, ad armeggiare con la vita, dando origine a connubi con cellule portatrici di esistenza. Tutto poniamo in campo per realizzare il nostro desiderio, mettendo a tacere che, come noi stessi, anche la natura abbisogna di rispetto, deferenza. Siamo esseri speciali, ad elevato valore; la scintilla di vita esige più di una provetta dall’adesivo scritto malamente che, per un errore, avrà il potere di dare nostro figlio ad altri.
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L’av
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foto di Alfonso Bartolotta OMI, albartem@yahoo.fr testo di Anna Cerro, annacerro@gmail.com
avventura
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fatti
Giovanni Paolo II
un innamorato della missione Il profilo di un papa missionario nelle parole di p. Mimmo Arena OMI, missionario in Congo
di Elio Filardo OMI elifilardo@omimissio.net foto di Michele Longobardi
S
u papa Wojtyla, recentemente canonizzato, chiunque potrebbe dire qualcosa e naturalmente secondo il suo punto di vista. Anche p. Mimmo Arena, oblato e professore dal 2005 presso l’Istituto Africano di Scienze della Missione (IASMI) di Kinshasa, dovrebbe averne uno tutto suo. Come ti piacerebbe ricordare Giovanni Paolo II? S. Giovanni Paolo II è stato un papa straordinariamente innamorato della missione. Gli si
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omaggio a
Il 24 e 25 aprile si è tenuta all’Università urbaniana di Roma una conferenza internazionale che ha trattato il tema del contributo del cattolicesimo alla cultura del continente nero. L’evento era stato organizzato in occasione delle canonizzazioni dei beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e aveva come titolo LA CHIESA IN AFRICA DAL CONCILIO VATICANO II AL TERZO MILLENNIO. Omaggio dell’Africa ai papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Mons. Barthélemy Adoukonou, segretario del Pontificio consiglio della cultura, aveva affermato in quella occasione che l’incontro si era rivelato utile per capire «Come difendere i
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II
potrebbe dare il titolo di “S. Giovanni Paolo il grande”, il “grande missionario”, missionario di razza, della stessa stoffa di S. Paolo, S. Francesco Saverio. La sua speciale sensibilità pastorale, rafforzata alla luce di Cristo redentore e da un rapporto di totale appartenenza a Maria, l’ha portato a fare di ogni avvenimento ecclesiale un’occasione di evangelizzazione dentro e fuori dalla chiesa. È impressionante il numero dei viaggi di Giovanni Paolo II. Perché ha fatto così tanti chilometri? Durante i suoi viaggi Giovanni Paolo II ha incontrato tutte le categorie di persone con uno scopo esplicitamente missionario: annunciare il Vangelo, confermare i suoi fratelli nella fede, consolare la chiesa e incontrare l’uomo che egli ha indicato come strada che conduce a Dio. Giovanni Paolo II ha inaugurato la celebrazione dei sinodi continentali. Quale contributo hanno dato alla missione?
valori culturali dell’Africa. La chiesa - affermava il presule - deve riflettere su quale fede, per quale cultura e per quale sviluppo». È stato anche evidenziato come Giovanni XXIII, avesse nominato il primo cardinale africano e come egli fu il primo papa a ricevere artisti ed intellettuali africani in Vaticano. «Il Papa volle ricevere questi pittori ed artisti. Per noi lui è una figura di sostegno. Da questo punto di vista, ha riconosciuto la cultura africana, pertanto papa Giovanni XXIII è il papa buono, il papa della pace, il papa che ha riconosciuto la cultura dei neri». Il professor Martin Nkafu, docente presso l’Università lateranense di Roma, ha riflettuto, nell’occasione, sull’incoraggiamento dato da Giovanni Paolo II nel corso della sua visita pastorale a Nairobi, in cui richiamò la chiesa africana ad essere parte della cultura. «La chiesa ha fatto tantissimo per l’Africa: quante scuole, quanti ospedali, università, persone impegnate in politica… Quanti di costoro hanno trasformato l’Africa grazie all’incontro con il cristianesimo!», ha esclamato Nkafu. Junno de Jesús Arocho Esteves
I sinodi sono stati provvidenziali, perché hanno permesso di fotografare le diverse situazioni missionarie continentali e le sfide più importanti, aiutando la chiesa a farsene carico. I lavori sinodali sono stati anche l’occasione per rilanciare l’appello all’unità dei cristiani, la missione ad gentes e per riconoscere la chiamata alla nuova evangelizzazione ormai diventata
Immagini di papa Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, nei giorni della canonizzazione a Roma a fine aprile. Papa Bergoglio li ha definiti “due uomini coraggiosi”
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Insegnare allo IASMI «Gli studenti nella facoltà di missiologia dell’Istituto Africano di Scienze della Missione (IASMI), sono attualmente tre.- dice p. Mimmo Arena - L’anno scorso erano trentacinque». Questo Istituto che sorge a Kinshasa, capitale del Congo, ogni anno segue anche la formazione dei nuovi missionari che arrivano in questo paese. «Da quando l’Istituto esiste sono passati a formarsi un centinaio di missionari e contiamo una decina di licenziati in missiologia», aggiunge p. Arena (a destra, nella
urgente in tutti i continenti. È iniziata una nuova fase della missione, realizzata con spirito di servizio, testimonianza di santità e comunione.
foto in basso) sottolineando come in questo anno accademico sia in corso «un ciclo di animazione e spiritualità missionaria frequentato da una diecina di religiosi e religiose». P. Mimmo insegna a Kinshasa dal 2005 i corsi di introduzione alla missiologia, teologia della spiritualità missionaria, metodologia e fonti missionarie e antropologia religiosa. Nel passato anno accademico ha insegnato missiografia e fonti missionarie e un seminario di studi intitolato La missione oggi. P. Mimmo è anche impegnato con un corso su missione e vita consacrata.
L’incontro interreligioso di preghiera per la pace, svoltosi ad Assisi nel 1986, è stato un gesto profetico scioccante per una parte della chiesa. Che significato ha avuto per le religioni e per la missione? Quell’incontro ha suggerito che il dialogo per la chiesa è stile e prassi ordinaria. In un mondo sempre più globalizzato, plurale ed in movimento, dove si incontrano popoli e culture, è stato gettato il seme per la soluzione dei conflitti generati dal rifiuto delle legittime diversità. Il dialogo, concepito come modalità di incontro tra gli uomini ed i gruppi umani di ogni estrazione è così diventato un mezzo di evangelizzazione, la buona strada da seguire, una testimonianza di grande incisività per la missione, perché portatore dei valori evangelici fondamentali: l’amore e la comunione, la giustizia e la pace. È chiaro che il vero dialogo non è tale se non è espressione e segno di amore. Soltanto così può diventare fermento di nuo-
ve relazioni tra le persone ed i gruppi. Nessun ripiegamento, nessuna strategia, ma piuttosto un ritorno alla sorgente del dialogo che è la comunione di Dio, uno e trino. Lo stesso Giovanni Paolo II in Senegal ha detto che il «nostro Dio è un Dio della pace. È un Dio del dialogo, che, dalle origini, si è impegnato in un dialogo di salvezza con l’umanità che Egli ha creato, un dialogo che continua oggi e che proseguirà fino alla fine dei tempi». Giovanni Paolo II alla missione ha dedicato anche un’enciclica, la Redemptoris Missio, in cui dice che “la missione rinnova la chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni”. E’ un elogio alla missione o un incoraggiamento per la chiesa? E’ un elogio superlativo, limpido, pieno di speranza e di molte implicazioni concrete. Se si può dire che la fede in Cristo è tutta grazia, la missione è anche grazia per la chiesa, per i cristiani e per tutti (cfr. Rm 1,5). La missione trasmette una grazia specifica, di rinnovamento e di consolidamento dello spirito cristiano e della vita della chiesa. Si può anche dire che, attraverso
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questa riflessione, Giovanni Paolo II suggerisce di andare oltre le resistenze per aprirsi serenamente alla missione, evitando così il rischio di considerare la missione come qualcosa di estraneo, quasi un fastidio per il cammino spirituale o, peggio ancora, come una situazione superata ed inutile per la vita cristiana personale ed ecclesiale, così come molti dei suoi contemporanei tendevano a credere.
Alcune istantanee delle conferenze stampa nei giorni della cononizzazione e di una gremita piazza S. Pietro. Si calcola che all’evento abbia partecipato 1 milione di persone
Come mai queste resistenze nella chiesa stessa nei riguardi della missione? Sulla missione pesava ancora l’eredità di un passato sicuramente ammirevole, eroico, tessuto di imprese meravigliose, ma anche segnato da equivoci e sbavature. Soprattutto nel periodo in cui la missione ha peccato di connivenza, esplicita o meno, con il colonialismo ed ancora di più con la tratta degli schiavi ed il sistema di tabula rasa, prodotto assurdo della strategia di conquista e di potere del
patronato. Cosicché la riflessione del pontefice voleva disporre gli animi a riconciliarsi con la missione, riconoscendo con contrizione ed integrando nella fede - come lui stesso aveva fatto all’isola di Gorée (Senegal) -, il “peccato”, la vergogna ecclesiale di tali fenomeni della storia che hanno turbato l’adesione dei popoli al cristianesimo e, peggio ancora, calpestato la dignità di nostri fratelli e sorelle in umanità ed i loro diritti alla libertà religiosa. Che cosa ha reso così audace Giovanni Paolo II nei confronti della missione? Si potrebbe ipotizzare che su di lui abbia inciso molto la conoscenza e l’assimilazione della teologia missionaria del concilio Vaticano II. Sapeva bene che il concilio aveva “scoperto” la chiesa come comunione e che la missione essendo legata alla sua sorgente primordiale, vale a dire alla comunione trinitaria, ha la grazia di portare tra la gente il modo di vivere di Dio. n
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Verso la città dove il Vangelo si fa incontro
La frase biblica “Alzati, va a Ninive la grande città” (Gn 3,2) fa da sfondo al IV Convegno missionario nazionale (Sacrofano 20-23 novembre 2014) di Michele Autuoro
P
erché il Convegno o perché un convegno? Forse perché sono trascorsi 10 anni dall’ultimo, ma non è questo il motivo. Il motivo del convegno e quindi l’obiettivo di questa scelta è “riaccendere la passione e rilanciare la dedizione dei singoli e delle comunità cristiane per la missio ad gentes e inter gentes in attuazione della sequela di Gesù”. L’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (EG) ci incoraggia a camminare in questo obiettivo. Papa Francesco al n. 15, citando Giovanni Pa-
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11a Settimana nazionale di formazione e spiritualità missionaria, promossa dall’Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria (Assisi, 2013)
olo II nella Redemptoris Missio, dice “L’attività missionaria «rappresenta, ancor oggi, la massima sfida per la Chiesa» e «la causa missionaria deve essere la prima». Che cosa succederebbe se prendessimo realmente sul serio queste parole? Semplicemente riconosceremmo che l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa”. Obiettivo sarà allora studiare nuovi modi e stili di presenza missionaria per passare da :a) una chiesa che fa missione in cooperazione con un’altra ad una chiesa che grazie alla missionecooperazione comprende e riscopre la propria identità; b) una chiesa che più che preoccupata dell’autopresentazione fa una “scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione nel mondo attuale” (EG 27). Cioè far crescere sempre
più la consapevolezza che la missione non è uno degli impegni della pastorale, ma il suo costante orizzonte e il suo paradigma per eccellenza. I vescovi italiani negli orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000 “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” al n. 44 dicevano “Dare a tutta la vita quotidiana della chiesa una chiara connotazione missionaria”. Da questi obiettivi la scelta del tema preso dal libro di Giona “Alzati, va a Ninive la grande città” (Gn 3,2) dove il Vangelo si fa incontro.
Il tema del convegno Il tema della conversione è centrale nel racconto di Giona, la conversione dei pagani, ma anche quella del profeta e poi anche quella di Dio. I pagani, sia i marinai che gli abitanti di Ninive, appena ascoltano Giona parlare gli credono e cambiano vita. Molto più impegno deve invece dedicare il Si-
Il cammino dei convegni missionari nazionali Verona, 12-15 settembre 1990 Gesù è il Cristo. Andate, ditelo a tutti Bellaria (Rn), 10-13 settembre 1998 Il fuoco della missione. La missione ad gentes interpella la chiesa che è in Italia Montesilvano (Pe), 27-30 settembre 2004 Comunione e corresponsabilità per la missione
gnore al suo profeta, al quale più volte, manda dei segni (il pesce, il ricino), rivolge domande che spesso rimangono senza risposta… Tutto nel libro obbe-
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disce al Signore: le forze della natura (la tempesta, il vento), gli animali, le piante, gli uomini. Solo Giona oppone resistenza fino alla fine. Da una parte c’è Giona, la persona chiamata e mandata che non vede il senso di portare un messaggio di speranza a chi non ama Dio e vive nel peccato. Dall’altra parte c’è l’atteggiamento di Dio ricco di misericordia e di amore. Un atteggiamento per il profeta inconcepibile e quindi è causa di ribellione e gelosia per la misericordia di Dio. Per un Dio che rispetta l’uomo e la sua libertà, un Dio che raggiunge gli uomini attraverso la storia, le situazioni e le persone più disparate anche pagane, con uno stile di attesa paziente. Chiamati ad essere profeti della novità dello Spirito nella storia non possiamo sfuggire all’incontro con l’uomo. Siamo chiamati ad uscire per incontrare tutti cominciando l’opera della conversione da noi stessi. Giona ci aiuterà a riflettere sulla nostra conversione pastorale, sulla chiamata ad uscire, ad incontrare e a donarsi. La riflessione del convegno sarà declinata intorno a questi tre verbi: ‘uscire’, ‘incontrare’, ‘donarsi’. Il convegno e il tempo di preparazione che lo procede deve farci riascoltare questa chiamata “Alzati, va a Ninive”.
Riascoltare la chiamata ad andare, a prendere il largo, a gettare le reti sulla sua Parola.
Chiamati ad uscire Il papa parla di una chiesa dalle porte aperte. Una chiesa “in uscita” è la comunità dei discepoli missionari che “prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano […] La comunità evangelizzatrice sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia […] La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa, assume la vita umana toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. (EG 24) Il secondo verbo del convegno sarà ‘incontrare’ l’uomo nella città. La città luogo delle vicende umane e della teofania. Il papa al n. 71 dell’Evangelii Gaudium dice: “La nuova Gerusalemme, la Città santa (cfr Ap 21,2-4), è la meta verso cui è incamminata l’intera umanità. È interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città. Abbiamo bisogno di rico-
noscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze”. In dialogo con l’uomo contemporaneo e con il suo universo di senso. La grande città verso cui andare per incontrare non è in contrasto con l’uscire verso le periferie a cui papa Francesco ci invita. Lo slogan della prossima giornata missionaria sarà proprio “Periferie cuore della missione”. La grande città è paradossalmente anche la periferia, luogo di povertà materiali e spirituali. Non possiamo ignorare che nelle città facilmente si incrementano il traffico di droga e di persone, l’abuso e lo sfruttamento di minori, l’abbandono di anziani e malati, varie forme di corruzione e di criminalità […] Le case e i quartieri si costruiscono più per isolare e proteggere che per collegare e integrare. La proclamazione del Vangelo sarà una base per ristabilire la dignità della vita umana in questi contesti, perché Gesù vuole spargere nelle città vita in abbondanza (cfr Gv 10,10).(EG 75) Uscire, incontrarsi e donarsi. Una missione come comunione di beni, di doni reciproci che vengono messi in comunione da chiese sorelle perché nessuno sia povero del Regno. Tutto nella dimensione della gratuità e del servizio. La gioia del Vangelo è quella che niente e nessuno ci potrà mai togliere (cfr Gv 16,22), dice ancora il papa. I mali del nostro mondo - e quelli della chiesa non dovrebbero essere scuse per ridurre il nostro impegno e il nostro fervore. Consideriamoli come sfide per crescere. (EG 84). La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo (EG 273). n
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lettere dai missionari
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25 anni dopo Ho ricordato il giorno della mia ordinazione, era l’8 aprile 1989, eravamo in tanti a condividere quella gioia autentica, sono passati 25 anni. Molti sono partiti, ma il cuore é capace di far rivivere tutti quelli che si sono amati e conosciuti. Guardando a questo anniversario mi sono domandato, ma come ho fatto ad arrivare fino a qui? Chissà quante volte lo scoraggiamento, la fatica, i problemi miei e degli altri, avrebbero potuto farmi venire la voglia di scappare, di nascondermi, di sparire! E invece no! Non è certo stata la mia
santità personale che mi ha fatto andare al di là di ogni difficoltà, ma la gente. A contatto con la gente, che crede in te, che ti aspetta, che ti cerca, magari solo per le cose che puoi dargli, stando insieme alle parsone semplici dei nostri villaggi e savane è lì che si impara la costanza, la forza di sopportazione, il coraggio di affrontare ogni giorno gli stessi problemi senza soluzione. Quelle madri emaciate che hanno fatto chilometri per cercare un po’ di latte per il loro bambino, quel malato scoperto per caso in fondo a una capanna, troppo povera
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per sperare di guarire. Quei giovani dallo sguardo cupo di chi sa che non avrà futuro, perché un lavoro non si trova, quei bambini, migliaia di bambini chiassosi e sorridenti che però devono fare i conti, fin da piccoli, con ciò che manca e che spesso impedisce di crescere liberi e sereni. Dietro quei volti, quelle storie, quegli sguardi, il prete ritrova il perché della sua scelta e sente confermata la sua vocazione. È qui che si impara la genuinità nelle persone e nelle relazioni, è qui che si apprende a diventare sobri, per condividere il poco o il tanto che si ha, è entrando in questo sguardo che si intravede, a volte a fatica a volte con maggiore facilità, il Volto di colui che sa assumere le fisionomie di tutti. Mi sembra che questa sia veramente Pasqua, non so se potrei aspettarmi qualcosa d’altro, in ogni caso a me basta e ne avanza
pure. Spero di poter condividere con voi questo anniversario per poter dire grazie a tutti per quanto avete fatto in questi anni, non tanto per me, ma per la missione che cerchiamo di far avanzare. Bruno Favero OMI, Senegal
Segni di primavera L’inverno a Pechino è abbastanza freddo e lungo, c’è inoltre da aggiungere a tutto ciò il problema dell’inquinamento… ed è per questo che si desidera finalmente l’arrivo della primavera. Le prime foglie verdi e i primi fiori sulla via che conduce a Gucheng, dove vivono migliaia di migranti. Due anni fa iniziammo a visitare questo villaggio prendendo contatto con la locale scuola dell’infanzia, dove abbiamo conosciuto molte situazioni difficili. All’inizio le necessità sembravano molto più grandi delle nostre risorse
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MISSIONI (lingua, cultura, differenze politiche e sociali). E tuttavia il “non abbiamo che cinque pani e due pesci” è un punto di inizio per qualcosa di bello che può essere messo in opera. Prendere in affitto, una tradizionale casa cinese di quel villaggio, è stato un piccolo segno di speranza arrivato a fine inverno e i bimbi, che arrivano con i loro genitori, trovano uno spazio per fare i compiti… La cooperazione e il sostegno di tante persone, locali e straniere, sono altri piccoli segni di una promettente primavera. Giovanni Zevola OMI, Pechino
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La sofferenza di El Salvador in due libri Anselmo Palini, docente di materie letterarie nella scuola superiore e saggista, ha dato alle stampe per l’editrice AVE due interessanti volumi che immergono il lettore nella realtà complessa di El Salvador negli anni ’80 del secolo scorso. Il primo è dedicato alla nota figura di mons. Oscar Arnulfo Romero assassinato nel 1980, il secondo presenta la figura di Marianella García Villas, laica salvadoregna uccisa nel 1983 quando aveva 34 anni. Marianella Garcia Villas, era la presidente della commissione diritti umani di El Salvador e fu collaboratrice di mons. Romero. Fu barbaramente assassinata dai militari al potere il 13 marzo 1983. Il libro è stato presentato lo scorso 2 aprile alla Camera dei deputati con l’intervento dell’ambasciatrice di El Salvador in Italia. «Questo volume intende rappresentare un contributo per togliere dall’oblio il sacrificio di Marianella e ravvivare la memoria di questa martire della giustizia e della pace ». ha affermato l’autore. Nei suoi studi Palini approfondisce in particolare i temi della pace, dell’obiezione di coscienza, dei diritti umani e, più recentemente, le problematiche connesse con i totalitarismi e le dittature del XX secolo, ricercando soprattutto le testimonianze di chi si è opposto a tali sistemi.
Oscar Romero. HO UDITO IL GRIDO DEL MIO POPOLO, editrice AVE, 2010, pp. 272, € 15
Marianella Garcia Villas. AVVOCATA DEI POVERI, DIFENSORE DEGLI OPPRESSI, VOCE DEI PERSEGUITATI E DEGLI SCOMPARSI, editrice Ave, 2014, pp. 272, € 12
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di Hervé Givelet OMI hervegivelet@gmail.com
Qui Uruguay di Antonio Messeri OMI antoniomesseri@omimissio.net
Tiempo de misión Febbraio é sempre particolare, ancora le scuole non sono cominciate, l’estate con le vacanze e… gli Oblati in missione. Quest’anno
abbiamo concluso il ciclo di tre anni a Rivera (missione giovanile), al confine col Brasile, ed abbiamo vissuto il secondo anno nella nostra parrocchia di Libertad. Come sempre quello che contraddistingue la missione é lo spirito gioioso dell’annuncio della Buona Notizia. La frase guida per quest’anno è stata: “Rallegratevi nel Signore, sempre!” (Fil 4,4). Tra i missionari, giovani e adulti dalle nostre parrocchie o da zone dove abbiamo avuto missioni. Presenti anche due laiche e p. Rosalino, oblato, dal Paraguay. La sfida più grande é la visita
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Al carcere di Pala Le evasioni sono all’ordine del giorno nel carcere di Pala. Parlo di un malato di Aids che, in aggiunta, sputa e urina sangue. Jossi non vuole curarlo a distanza e, non volendo entrare nel carcere, mi dice di portarglielo al “Cédiam” (Centro Diocesano per l’AIDS). Il mio errore è stato di non chiedere un poliziotto di guardia; stava così male che era nel suo interesse farsi curare. Mentre cercavo Jossi, lui è scappato. Ma è stato ripreso, otto giorni dopo, dall’amministratore e da una guardia armata. L’infermiera Delysse lo curerà a domicilio quando tornerà a N’Djamena.
Il mio lavoro nel carcere è soprattutto spirituale, dopo che abbiamo ricevuto aiuti dall’Unione europea. La condizione dei reclusi è molto migliorata, ma c’è sempre il problema di eccesso: 147 attualmente, vicino al record di 150. Quando sono arrivato nel 2005 erano quaranta, un numero ragionevole. Per la preghiera domenicale, mi accompagna sr. Marguerita. Mi piace anche fare catechesi perché posso interagire con alcuni più in profondità. Inoltre, li metto in contatto con le famiglie, sia chiamando o andando a trovare la famiglia, quando è a Pala. Continuo a comprare per loro alimenti e vestiario.
alle famiglie. Generalmente si percepisce una risposta negativa, ma se si riesce a passare i primi momenti le persone ti accolgono. Un episodio curioso. Mentre quattro cani cominciano ad abbaiare, una signora mi dice: “non ho tempo sto facendo le pulizie”. Approfittando del rumore
dei cani grido: “signora non sento! Siamo della parrocchia!”. Lei insiste, ma vedendo che non capisco lascia i guanti e viene al cancello. Ancora una volta é chiaro, si tratta di rompere il ghiaccio e la porta a Cristo si apre da sola. Meno male che le missioni si fanno in estate!
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Missione è… Farsi prossimo di chiunque
di Adriano Titone OMI titonomi@gmail.com
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urante uno dei miei viaggi di visita ai missionari, eccomi al noviziato oblato del Guatemala. Qui vivono Oblati del Messico; anche alcuni novizi sono messicani. Alla preghiera del mattino mi colpisce una frase dell’inno alla Madonna di Guadalupe, “aveva i tratti di una messicana”, richiamando l’esperienza dell’indio Juan Diego a cui apparve la
Vergine il 9 dicembre 1531. La Vergine Maria si presenta al povero indio come una “morenita” e in questo egli sperimenta la sua prossimità. Questo è missione: farsi prossimi. Lo spiega Gesù al dottore della legge raccontandogli la parabola del buon samaritano (Lc 10,25ss). Alla domanda: “Chi è il mio prossimo?” Gesù risponde invitandoci a farci, noi, prossimo di chiunque. Gesù stesso, se guardiamo al mistero dell’incarnazione, non si limita ad assumere la nostra umanità. Entrando nella storia, fa di più e prende i tratti particolari del popolo ebraico: la sua maniera di vivere, la sua coscienza storica, la sua esperienza di Dio… ciò che in una parola chiamiamo ‘cultura’. E dentro al cuore di quella particolare umanità, Gesù semina il germe di una vita più grande che sarà capace di far superare i limiti e i peccati del particolarismo. Alla chiesa Gesù affida la
missione di fare come lui. Lui è con noi e con il suo Spirito ci sostiene. La nostra missione è farsi prossimo della vita di ogni uomo e di ogni popolo annunciando il vangelo del Dio. Nessuna meraviglia, dunque, che l’indio messicano veda la Vergine come una donna del suo popolo. Nessuna meraviglia che ogni popolo esprima nella liturgia, nell’arte, negli oggetti di culto, il suo modo di sperimentare la presenza di Dio. Ha senso dunque che la Vergine, modello della chiesa missionaria, si faccia ‘morenita’ per i messicani o bianca per gli occidentali, nera per gli africani o con gli occhi a mandorla per gli asiatici. Ha senso un crocifisso africano e non contraddice la storicità dell’evento Gesù. Venti secoli fa, Gesù cominciò questo avvicinarsi di Dio alla storia degli uomini che non è affatto terminato e, attraverso la missione, deve riproporsi nuovo. ■
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