Via Crucis 2015

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SACRA SINDONE Testi ENZO TONIUTTO Progetto editoriale, ricerca iconografica e selezione preghiere GIORGIO GHILARDI

L’ICONA DELL’AMORE PIU’ GRANDE

Grafica BOLD. Grumello del Monte (BG) Tipografia Casa Editrice Mimep Docete Via Papa Giovanni XXIII 2 - 20060 Pessano con Bornago (MI) Tel 02 95741935 Fax 02 95744647 www.mimep.it info@mimep.it Distribuzione Mission srl Via Gian Matteo Ferrario 26 - Agrate Brianza Tel 039 68 94 440 Fax 039 68 94 051 www. missionsrl.it info@missionsrl.it

sei schemi di Via Crucis contemplando la reliquia custodita a Torino


prima settimana di quaresima

la Sindone e noi, uomini del terzo millennio RADIOGRAFIA DELLA PASSIONE Del CROCIFISSO gesù Nel nome del Padre...
 Il Signore sia con voi...
 Abbi pietà di noi, Signore, abbi pietà di noi.

Introduzione

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Il 25 maggio 1898 è una data importantissima per la Sacra Sindone. Quel giorno, l’avvocato torinese Secondo Pia, scattando la prima fotografia del sacro lino, aprì una finestra importantissima sul suo enigma e innescò tutta una serie di indagini scientifico-tecnologiche che contribuirono ad aumentare in maniera considerevole le conoscenze su quella singolarissima reliquia. Quel lampo fotografico è il simbolo della curiosità

che caratterizza noi, uomini e donne di oggi, inesorabilmente condizionati da una mentalità che ci fa accostare le cose, volendo sottrarle al mistero. Invece proprio quella fotografia rivelò che quel telo ha qualità inspiegabili e uniche al mondo. Infatti sulla Sindone sta impressa l’immagine negativa di un uomo crocifisso (fontale e dorsale), che diventa positiva nel negativo fotografico, per poi tornare negativa, quando viene stampata. La prima fotografia della Sindone mostrò poi una quantità spaventosa di particolari anatomici, che noi cercheremo di individuare, in questa nostra prima tappa del percorso, lasciandoci guidare soprattutto dalle tracce di sangue, sudore, essenze aromatiche, terriccio e frammenti di pelle lacerata, di cui è abbondantemente segnata la reliquia che oggi possiamo venerare a Torino. Lo faremo, seguendo le stazioni tradizionali della Via Crucis, per riscoprire ancora una volta in quell’uomo massacrato, di cui il telo sindonico è prova inequivocabile, il Gesù di cui ci parlano i Vangeli. Alla fine la nostra fede ne uscirà certamente rafforzata, ma indubbiamente anche stimolata a compiere altri passi, per rispondere a domande sempre più profonde e coinvolgenti.

Chiusa in un dolore atroce, eri là sotto la croce, dolce Madre di Gesù. Santa Madre, deh voi fate...

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prima settimana di quaresima

prima stazione

Gesù è condannato a morte Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal vangelo secondo Marco

I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: “Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?”. Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: “Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?”. Gesù rispose: “Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo”. Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: “Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?”. Tutti sentenziarono che era reo di morte.

Chi contempla la Sindone, si trova di fronte all’immagine di un uomo, maschio, alto dai 170 ai 180 centimetri, di età fra i 30 e i 40 anni, condannato ad una morte orribile: la crocifissione. Una pratica in uso presso i Romani e che essi avevano ereditato dai Persiani. L’impero romano riservava tale condanna a criminali di grosso calibro che avevano commesso gravi crimini o che avevano messo a repentaglio l’ordine pubblico. Se l’uomo crocifisso della Sindone è Gesù, dobbiamo concludere che egli subì il più atroce dei supplizi allora conosciuti. Qualcosa di tremendo, che ci fa rabbrividire per la brutalità e bestialità della violenza che comportava, e per l’umiliazione a cui sottoponeva il condannato. In quella condanna alla crocifissione noi cristiani, contempliamo nella fede, il vertice dell’abbassamento, dello svuotamento, della kenosi, a cui è giunto il cammino di Incarnazione del Verbo. Qualcosa di folle per la ragione umana; comprensibile solo nella logica di un Dio che, per amore di noi uomini, accettò che suo Figlio soffrisse una morte così orribile.

preghiamo insieme e diciamo

Rit. Tu Cristo Gesù sei la nostra forza. Quando il cammino ci sembra troppo duro e difficile da sopportare: Rit. Quando abbiamo fame e sete di giustizia: Rit.
 Quando è difficile vedere in te il volto di Dio: Rit.

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Quanto triste, quanto affranta,
 ti sentivi, o Madre santa, del divino Salvator

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prima settimana di quaresima

seconda stazione

GESù è CARICATO DELLA CROCE Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal vangelo secondo Matteo

Dopo averlo deriso, [i soldati] spogliarono [Gesù] del mantello
 e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.

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I Vangeli raccontano che quel giorno i condannati erano tre: Lui, l’Uomo della Sindone, e due altri malfattori. Tre pali erano già pronti, infissi saldamente nel terreno, sulla collinetta denominata Calvario. Si trattava di tre stipes verticali, alti due metri o poco più. I condannati alla crocifissione quindi non trasportavano tutta la croce, come erroneamente l’arte ci ha tramandato, ma solo il braccio orizzontale della stessa, del peso di 20 o 25 chili, detto patibulum, che veniva caricato sulle spalle e legato in più punti sopra le braccia aperte. In caso di caduta che ne era del volto? Andava a sbattere violentemente contro le pietre della strada. La sindone, da questo punto di vista, ci mostra il volto dell’Uomo crocifisso con una vasta escoriazione al centro della fronte; un taglio di sei centimetri sopra l’arcata sopraccigliare destra, un altro di due centimetri e mezzo sopra quella sinistra; la frattura del setto nasale e conseguente distacco della cartilagine. Vi si nota poi un rivolo di sangue che uscì dalle narici e, dopo aver intriso barba e baffi, formò un grumo vistoso sul labbro superiore.

Preghiamo insieme con le parole del Beato Paolo VI

Le tue braccia, o Signore, accolgono il legno del disonore; la grande pazienza sta per consumare il supremo sacrificio. Oh, gesto divino di insuperabile rassegnazione! Oh, mitezza che disarma la tua onnipotenza per trovare nella voluta debolezza di vittima l’adesione perfetta al divino volere, l’offerta completa alla divina giustizia. Insegnami, o Signore, la virtù dell’accettazione, la forza di una sapiente passività, il valore del totale abbandono nel compimento dei disegni divini, anche se vengono indicati dalla iniquità umana e dalla cieca sventura. Quanto triste, quanto affranta, ti sentivi, o Madre santa, del divino Salvator

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prima settimana di quaresima

terza stazione

QUARTA STAZIONE

GESù CADE PER LA PRIMA VOLTA

GESù INCONTRA SUA MADRE

Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal libro del profeta Isaia

dal vangelo secondo Luca

Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà la salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe siamo stati guariti. Dalle innumerevoli indagini compiute sulla Sindone, si sono scoperte tracce di terriccio sui talloni, sul ginocchio sinistro e sulla punta del naso dell’Uomo crocifisso. Dell’impatto del volto contro il suolo si è già detto. Proviamo a capire come mai c’è della terra sul ginocchio sinistro. Dobbiamo immaginarci i tre condannati alla crocifissione pronti, uno dietro l’altro. Si caricano i patiboli sulle loro spalle. Si uniscono tra loro le estremità di destra dei tre patiboli a breve distanza. L’estremità sinistra di ciascun patibolo viene invece legata alla gamba sinistra del condannato e alla gamba destra del compagno che lo precede. L’Uomo della Sindone mostra evidente, solo sulla gamba sinistra, l’impronta di tre giri di corda. Durante il percorso venivano fustigati: il dolore li costringeva a movimenti scomposti e la corda legata alla gamba destra costringeva la sinistra di chi seguiva a piegarsi e sfregare contro terra. Ecco perché l’Uomo della Sindone, l’ultimo della fila, cadeva rovinosamente a terra sul ginocchio sinistro che il sacro lino ci presenta più contuso del destro e con tracce di terriccio.

Silenzio Con che spasimo piangevi, mentre, trepida, vedevi il tuo Figlio nel dolor 14

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo...

Simeone, a Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l’anima, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. [Maria] custodiva tutte queste cose nel suo cuore. Cosa vide sua Madre? Vide suo Figlio, - voluto, accettato, cresciuto con amore -, massacrato e barbaramente torturato, da uomini che non conoscevano nulla di Lui. Nulla potevano sapere, perché per loro quello strano profeta, era uno tra i tanti che il potere decideva di mandare a morte, ad ammonimento per tutti. Nulla sapevano della sua storia, delle sue passioni, dei suoi amici, delle sue finezze. Era semplicemente un condannato, di cui non avere pietà o rispetto. La Madre invece sapeva bene chi era quel condannato. Era suo Figlio. Era Colui per il quale aveva provato tante gioie, ma anche tantissimo dolore, sin dal momento in cui il vecchio Simeone aveva preannunciato che una spada le avrebbe trapassato il cuore. Ma una violenza così brutale chi l’avrebbe mai immaginata? Non c’erano parole per esprimerla. Solo il silenzio, solo gli sguardi, velati dalle lacrime, che sgorgavano dal cuore straziato di una madre.

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prima settimana di quaresima

preghiamo insieme e diciamo

Rit. Signore, noi cerchiamo il tuo volto. - Rendici sempre capaci di trovar la forza di rialzarci dopo le cadute e fa che possiamo imparare l’umiltà. Rit. - Rendici sempre capaci di riconoscerti nei nostri fratelli. Rit. - Infondici la gioia di trovare ogni giorno un po’ di tempo per custodire il nostro cuore nel dialogo con te, nella preghiera e nell’ascolto della tua parola. Rit. Se ti fossi stato accanto forse che non avrei pianto, o Madonna, anch’io con te

quinta stazione

GESù è AIUTATO DAL CIRENEO Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal vangelo secondo Luca

Mentre [i soldati] lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.

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Chissà cosa hai pensato, Simone, quando ti hanno costretto ad aiutare quel condannato? Il suo volto era così sfigurato, il corpo così inzuppato di sudore e coperto di sangue, che avrai sicuramente fatto fatica a riconoscere in quell’uomo, il maestro, il profeta che tutti avevano osannato solo qualche giorno prima e che tanti, comunque, a Gerusalemme ascoltavano con rispetto, perché le parole che pronunciava erano cariche di sapienza. Ora, straziato dal dolore, non aveva la forza nemmeno di aprire la bocca. Eppure tu, Simone di Cirene, mentre te ne

stavi tornando a casa, dopo una giornata di lavoro nei campi, non ti sei fatto molte domande. Hai afferrato quel patibulum, per quel che potevi, visto che era legato alle braccia di quel disgraziato, e lo hai aiutato a raggiungere il Golgota. Aiuta anche noi, Simone, a non farci troppe domande di fronte al dolore che ci attraversa la strada o alla sofferenza che giunge inaspettata e sconvolge la nostra routine quotidiana. Rendici uomini e donne che sanno intercettare le domande di aiuto che ci rivolgono i crocifissi di tutti i tempi e di tutte le latitudini. Preghiamo insieme con le parole del Beato Paolo VI

Ignaro e ribelle, questo umile e oscuro rappresentante del genere umano, Tu l’hai amato certamente, o Signore, cedendogli il peso della tua croce, e forse in quel momento gli hai infuso nel cuore l’amore all’odiato legno. Così, almeno, avresti voluto essere aiutato, non soltanto con la forzata accettazione della croce, ma con la comprensione altresì del legame che essa stabilisce fra Te, Redentore, e il seguace redento. Cominciò in quel momento la diffusione della tua passione, e Tu allargasti il nostro cuore a soffrire e ad amare negli altri che con Te e per Te sarebbero stati crocifissi. Dopo averti contemplata
 col tuo Figlio addolorata quanta pena sento in cuor 17


sesta stazione

LA VERONICA ASCIUGA IL VOLTO DI GESù Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal libro del profeta Isaia

È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. I Vangeli non ci parlano dell’incontro del condannato a morte, Gesù di Nazaret, con la Veronica. E’ solo la tradizione che ci presenta reliquie segnate indelebilmente e misteriosamente dai tratti del Santo Volto. In esse troviamo riflessa la fede dei credenti che, di secolo in secolo, hanno cercato il volto del Signore. L’hanno venerato in quei santi oggetti e grazie a tale venerazione hanno trovato la forza per riconoscerlo in ogni volto di uomo o donna sfigurato, soprattutto quando il dolore e la sofferenza erano senza motivo o erano provocati dalla cattiveria e brutalità degli uomini. Quanti luoghi di carità e accoglienza cristiana sono nati dalla contemplazione del volto sfigurato del Crocifisso? Quanto amore è sgorgato da quella croce? Se non ci fosse stato l’obbrobrio della morte in croce di Gesù, forse non sarebbe emerso quel mare di misericordia che ha invaso e rinnovato la nostra cultura, mettendo al primo posto il valore e la sacralità della vita umana, soprattutto quando è provata dal dramma inspiegabile della sofferenza.

Silenzio

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Santa Vergine, hai contato
 tutti i colpi del peccato nelle piaghe di Gesù


prima settimana di quaresima

settima stazione

GESù CADE PER LA SECONDA VOLTA Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo... dalla prima lettera di san Pietro

Egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, insultato non rispondeva con insulti, maltrattato non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia.

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Abbiamo detto che mentre salivano al Golgota i tre condannati venivano fustigati. Tale pratica non è da confondere con la flagellazione, a cui fu sottoposto l’Uomo della Sindone, prima di intraprendere la sua salita al Calvario. Se osserviamo infatti l’immagine dorsale dell’Uomo della Sindone, non possiamo non rimanere sconcertati dall’enorme quantità di ferite provocate dal flagello, denominato in latino flagrum. Esso era formato da una solida impugnatura che stringeva insieme due o tre strisce di cuoio, alla estremità delle quali erano applicate piccole sfere di metallo munite di punte: precisamente due sfere per ciascuna striscia. Un solo colpo inferto dal flagrum causava sei profonde ferite. Sulla Sindone ci sono segni ternari sui quali sono perfettamente sovrapponibili le sei sfere metalliche del flagrum con tre strisce di cuoio. Gli studiosi hanno potuto contare 120 colpi di flagello e calcolarne la traiettoria. Una punizione terribile, che prostrò profondamente l’Uomo della Sindone e che gli causò una notevole perdita di sangue. Questo spiega perché egli arrivò alla successiva crocifissione già profondamente debilitato e con pochissime forze per affrontare l’agonia.

Preghiamo insieme e diciamo

Rit. Salvaci, Signore. Tu che hai visto la miseria del tuo popolo e lo hai liberato dalla schiavitù del peccato e della morte. Rit. Tu che conosci le tempeste e le prove della nostra fragile esistenza. Rit. Tu che sai la nostra impulsività e arroganza, ma anche il nostro dispiacere di averti tradito.
 Rit. E vedesti il tuo Figliuolo
 così afflitto e così solo dare l’ultimo respir

ottava stazione

GESù INCONTRA LE DONNE DI GERUSALEMME Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal vangelo secondo Luca

Gesù, voltandosi verso le donne, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?”. Donne di Gerusalemme, perché piangete? Certo il mio volto e il mio corpo devastato, non possono che straziarvi il cuore. Ma se a me, innocente, la cattiveria umana ha scavato la carne, cosa può succedere a chi, accecato dal peccato, chiuso all’amore del Padre mio, non si accorge delle ferite del proprio spirito? Per questi abissi di solitudine dovete 21


prima settimana di quaresima

piangere, donne di Gerusalemme. Per queste voragini di disperazione, dovete fare il vostro lamento. Quanto dolore, quanta disperazione, quanta tristezza serpeggia nelle vostre strade, nella vostra città, e voi non ve ne accorgete! Gli uomini si sono dimenticati di Dio, del suo amore che tutto accoglie, tutto purifica e tutto perdona. Per loro dovete piangere, amate e inascoltate donne di Gerusalemme! Preghiamo insieme con le parole del Beato Paolo VI

Signore, ascolto tremante le tue ispirate parole: esse rivelano la solenne grandezza dell’anima tua. Esse trascendono i confini dell’umana pietà e aprono quelli terribili e maestosi della giustizia divina. Tu pensi più all’altrui dolore che al tuo presente. Tu mostri quanto sia più infelice la condizione del colpevole di quella del sofferente. Tu ancora una volta svegli le anime dal torpore alla coscienza dei destini superiori, e le conduci con minacce e con bontà senza pari dalla compassione umana al timore divino. Così, mentre si spegne la tua stanca fatidica parola, si accenda in noi la vegliante visione dell’ira futura. Dolce Madre dell’Amore,
 fa’ che il grande tuo dolore io lo senta pure in me

nona stazione

GESù CADE PER LA TERZA VOLTA Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dalla lettera di san Paolo ai Filippesi

[Gesù] pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Perché la Via Crucis insiste così tanto sulle cadute di Gesù? Forse perché con quelle ripetute cadute la Chiesa ci vuole indicare che Gesù si è fatto così vicino alla natura umana, da esserle compagno di viaggio, non solo nei momenti di successo, ma soprattutto nei fallimenti. L’uomo, schiavo del peccato, cade, si rialza, ma è inesorabilmente condannato a ricadere. Questo è il segno più profondo della fragilità umana. Il Verbo si è fatto carne, prendendo su di sé tutta la debolezza della creatura umana, fatta di infedeltà, incoerenze, instabilità, voltafaccia, tradimenti e rinnegamenti. Sulla via che porta al Calvario, quelle cadute non rimandano tanto alle Sue infedeltà, perché Cristo è senza peccato; quanto alle nostre miserie e infedeltà. Proprio quando noi siamo a terra, Lui cade, per raggiungerci al fondo della nostra miseria, prenderci per mano, sollevarci e continuare con noi la strada verso il Padre, che sulla porta di casa ci attende con ansia e amore.

Silenzio

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Fa’ che il tuo materno affetto 
 pel tuo Figlio benedetto mi commuova e infiammi il cuor 23


prima settimana di quaresima

decima stazione

preghiamo insieme e diciamo

GESù è SPOGLIATO DELLE VESTI

Rit. Abbi pietà di noi, Signore.

Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal vangelo secondo Giovanni

I soldati poi [...] presero le sue vesti, ne fecero quattro parti - una per ciascun soldato - e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: “Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca”. Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.

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I Vangeli narrano che, dopo essere stato flagellato, Gesù fu rivestito delle vesti e consegnato ai solati perché fosse condotto al luogo scelto per la crocifissione. Anche l’Uomo della Sindone, giunto al luogo, dove avrebbe dovuto essere eseguita la condanna, fu spogliato delle vesti. Infatti sul sacro lino noi contempliamo l’impronta di un corpo nudo, contratto a motivo del rigor mortis, con le braccia distese lungo i fianchi e le mani incrociate sopra il pube. Tale nudità ci rimanda ancora una volta al racconto evangelico della Passione di Gesù. Pilato, dopo aver fatto flagellare il nazzareno, lo fece rivestire delle sue vesti, pensando così di liberarlo, avendogli inflitto una sonora e brutale lezione. Quando però i capi del popolo insistettero per la condanna a morte, rinfacciando che quel profeta era nemico di Cesare, egli si lavò le mani e lo condannò alla crocifissione. Mentre si attendeva la conclusione del processo, alcuni soldati romani, saputo il motivo dell’arresto, intrecciarono non una corona, come comunemente si crede, ma un casco di spine da calare sulla testa di quel prigioniero ancora in attesa di giudizio. Più di 60 sono le ferite di spine, che gli studiosi hanno rilevato sul capo dell’Uomo della Sindone, precisamente sulla nuca e sulla fronte. Impressionanti i rivoli di sangue e la colata in mezzo alla fronte, simile ad un tre rovesciato.

Quando non guardiamo al dono di Dio che viene a far vivere la nostra vita. Rit. Quando pensiamo ciascuno al proprio interesse e non a quello dei fratelli e della Chiesa. Rit. Quando guardiamo più a ciò che crea divisione che a ciò che crea unità. Rit. Le ferite che il peccato
 sul suo corpo ha provocato siano impresse, o Madre, in me

undicesima stazione

GESù è INCHIODATO SULLA CROCE Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal vangelo secondo Luca

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. [...] Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: “Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto”. Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”. Sopra di lui c’era anche una scritta: “Costui è il re dei Giudei”.

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prima settimana di quaresima

Giunto sul Calvario, buttato a terra con le spalle contro il patibolo, l’Uomo della Sindone venne inchiodato per i polsi. Il chiodo da carpentiere (un centimetro di lato e lungo 12 o 18 centimetri) non veniva infisso nel palmo, che non avrebbe retto al peso della persona appesa e si sarebbe lacerato, sfilandosi dal chiodo. Per gli antichi la mano comprendeva anche il polso che è formato da otto ossicini, tre dei quali al centro lasciano una piccolissima apertura chiamata spazio di Destot, dal nome dello studioso che lo scoprì. I carnefici lo individuavano senza errore per la loro lunga esperienza. Bastava un solo colpo di martello per trapassarlo, poi con altri colpi fissavano la mano al legno. Conficcando il chiodo nello spazio di Destot, che permetteva la sospensione anche di un grande peso, si lede un nervo motorio, per cui il pollice cade sul palmo della mano e non si rialza più. Sulla Sindone infatti l’impronta della mano ha quattro dita e il pollice è ripiegato sotto.

Qui, Gesù ha dato tutto: “Li amò sino alla fine”, qui alla stazione lancinante delle mani trafitte, dei piedi inchiodati: tutto l’amore, tutto il sacrificio. Ora la vittima è immolata sull’altare: ascoltiamo il suo lamento, fatto preghiera per noi, i crocifissori. “Perdona loro, non sanno quello che fanno “. Estrema follia di divina bontà: ecco il suo cuore. Del Figliuolo tuo trafitto per scontare il mio delitto condivido ogni dolore

dodicesima stazione

L’AGONIA DI GESù SULLA CROCE Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal vangelo secondo Matteo

Preghiamo insieme con le parole del Beato Paolo VI

Ora i miei occhi non vorrebbero vedere, le mie orecchie sentire. Colpi duri e gemiti strazianti: sangue e spasimo, povero dolce Gesù. “Lo crocifissero”. Sì, inchiodato, straziato, appeso al patibolo ove la vergogna eguaglia il dolore, e la crudeltà la pena. “Soffrire col Crocifisso”: ma come è possibile? come è desiderabile?

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“Estremo e totale supplizio degli schiavi” la croce: come diventerà segno di speranza e di salvezza?

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Costui chiama Elia”. E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: “Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!”. Inchiodati i polsi, il patibulum, con il corpo penzolante nel vuoto, veniva sollevato e innestato nello stipes, la cui cima entrava nell’incastro già preparato del patibulum. Era questo il momento più drammatico per il condannato e il più pericoloso per i carnefici, perché le braccia, 27


prima settimana di quaresima

per il peso del corpo penzolante nel vuoto, si portavano dalla posizione orizzontale verso la verticale. Così, in trazione com’erano, impedivano al torace i normali movimenti della respirazione. Gli aguzzini, allora, afferrando il crocifisso per le gambe, sollevavano subito il corpo verso l’alto, per riportare le braccia in posizione orizzontale, ne flettevano molto le ginocchia e inchiodavano i piedi (nel caso dell’Uomo della Sindone, il sinistro sopra il destro). Da questo momento il crocifisso agonizzava, lottava contro l’asfissia, puntando con tutte le forze sui piedi inchiodati per stendere le ginocchia, sollevarsi e respirare. Si metteva dunque in posizione di sollevamento, portando le braccia verso la posizione orizzontale. Il dolore lancinante dei piedi e dei polsi inchiodati lo costringeva ad abbandonarsi sulle ginocchia flesse. Di conseguenza le braccia ricadevano verso la verticale, quindi in posizione di accasciamento, e l’asfissia di nuova l’assaliva.

Silenzio Di dolore quale abisso presso, o Madre, al Crocifisso voglio piangere con te

tredicesima stazione

GESù MUORE SULLA CROCE Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal vangelo secondo Luca

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Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno»...

Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò. La croce era usata sì per uccidere, ma anche per prolungare l’agonia che si svolgeva in una alternanza di affannosi tentativi per respirare e di esausti abbandoni. Il condannato poteva dunque resistere anche un giorno, un giorno e mezzo, persino due giorni. Per Gesù non fu così, perché egli giunse alla crocifissione, a differenza degli altri due malfattori, estremamente provato dalle sevizie subite in precedenza. Infatti Pilato si meravigliò che il nazzareno fosse già morto quando Giuseppe d’Arimatea gli chiese il corpo. Secondo l’uso della legge romana e delle usanze ebraiche, in prossimità delle feste o quando l’agonia dei crocifissi si prolungava oltre il dovuto, si accelerava la morte dei condannati con il crurifragium. Mediante violenti colpi di mazza, venivano spezzate le gambe nella parte inferiore, dove le ossa sono più sottili. Il decesso sopravveniva dopo pochi minuti per asfissia. Questa fu la fine dei due crocifissi ai lati dell’Uomo della Sindone. A Lui invece non furono spezzate le gambe, come possiamo contemplare sulla Sindone. I soldati romani lo trovarono già morto. Allora uno di loro lo colpì al cuore con la lancia e dalla ferita uscì sangue ed acqua. Sul telo sindonico l’impronta di questa ferita corrisponde esattamente alla larghezza di una lancia romana. All’altezza delle reni c’è un’altra colatura di sangue simile a quella del costato: essa si formò quando il cadavere venne posto in posizione orizzontale e dalla ferita della lancia continuò ad uscire sangue durante il trasporto al sepolcro.

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prima settimana di quaresima

Preghiamo insieme e diciamo

Rit. Padre, sia fatta la tua volontà. Per la chiesa, perché in mezzo alle sofferenze mostri sempre unità e solidarietà con tutti gli uomini, retti o smarriti. Rit. Per coloro che sono accecati dalla violenza, perché possano aprirsi all’amore di Dio che solo dà pace. Rit. Donaci Signore la grazia di seguirti sempre e di imitarti anche nel dono della vita. Rit.

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O Madonna, o Gesù buono,
 ti chiediamo il grande dono dell’eterna gloria in ciel

quattordicesima stazione

GESù è CALATO DALLA CROCE E DEPOSTO NEL SEPOLCRO Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo... dal vangelo secondo Matteo

Giuseppe [d’Arimatea] prese il corpo [di Gesù], lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria. Sono questi i momenti più importanti per comprendere l’enigma della Sindone. Giuseppe d’Arimatea, oltre alla mirra e all’aloe che sarebbero serviti per ungere il corpo, acquistò una pezza di preziosissimo lino, che faceva parte di un rotolo molto più grande. Oggi, quando contempliamo dopo duemila anni la Sindone, notiamo che su uno dei due lati lunghi c’è una fascia che è stata ricucita, dopo essere stata tagliata in precedenza. Molto probabilmente quella fascia venne tagliata dalle persone che stavano deponendo Gesù dalla croce e servì per legare la Sindone all’altezza dei piedi, delle ginocchia e del collo, in modo che rimanesse ben aderente al cadavere. Venne poi aggiunto il sudario per coprire meglio il capo del defunto. Così Gesù fu portato nel sepolcro e posto sulla pietra tombale. Questo spiega ciò che osservarono Pietro e Giovanni, quando entrarono nel sepolcro. Non videro tanto la Sindone, quanto quella fascia che la legava. Il tutto non sollevato, bensì disteso e afflosciato, perché il corpo di Gesù non c’era più, senza che nessuno avesse liberato la Sindone dalla fascia. Il sudario invece era sollevato, ma vuoto. Solo per questa ragione, Giovanni “vide e credette”.

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Preghiamo insieme con le parole del Beato Paolo VI

Il mistero della morte dischiude, o Signore, il suo orrore e il suo segreto quando Tu entri nel sepolcro. Il Figlio di Dio morto, la vita, la sorgente d’ogni vita, lascia il corpo benedetto in preda alle inesorabili leggi della natura inferiore, e lo consegna cadavere alla terra divoratrice. Lo lascia per riprenderlo rinnovato e maggiormente vivificato: lo lascia nel nostro sonno mortale per risvegliarlo nel suo trionfo immortale; lo lascia frumento del nostro campo terreno al silenzio, al freddo, al disfacimento, per subito rianimarlo alla primavera celeste della luce e della energia divina. Vuole seminare nella tomba la speranza, vuole insegnarci a morire per vivere. E Tu sii benedetto, o Signore, vincitore della morte. Cristo risusciti in tutti i cuori,
 Cristo si celebri, Cristo s’adori, gloria al Signor! Padre Nostro... Il Signore sia con voi... Kyrie eleison.. Vi benedica Dio onnipotente: Padre e Figlio e Spirito Santo.

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Andiamo in pace...

seconda settimana di quaresima

la Sindone e Giovanni, il discepolo amato ALTARE DELL’ OLOCAUSTO DELL’AGNELLO DI DIO Nel nome del Padre...
 Il Signore sia con voi...
 Abbi pietà di noi, Signore, abbi pietà di noi.

Introduzione Oggi, nel compiere la nostra Via Crucis, ci lasceremo provocare da quella stranissima immagine di color giallo in cui consiste la particolarità della Sacra Sindone, dovuta - secondo il parere degli studiosi - ad un processo di ossidazione e disidratazione delle fibre superficiali del lino. Noi usiamo queste parole per spiegare l’origine di quella misteriosa immagine. Ma proviamo a fare un esercizio mentale, cercando di metterci nella testa di Giovanni. Egli era corso con Pietro al sepolcro, aveva visto la posizione stranissima del sudario e della sindone distesa perché svuotata del suo contenuto, ovvero del cadavere di Gesù. Vide, credette e sicuramente con Maria, i discepoli e le donne, liberò la sindone dalle fasce che la legavano. Solo allora 33


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