Mr. Magazine | agosto 2015

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PONTI, SIMBOLI, ALLUCINAZIONI .................................................... ITALIA DOUBLE FACE dall'eccellenza al degrado

IERI OGGI E DOMANI:

Riflessioni estemporanee sull'Europa e sull'Italia.

............................................. CHE COS'È LA SALUTE ........................................... L'UOMO E LA TERRA

ANNO V - N.2 - AGOSTO 2015

CALA BIANCA

Come il passato, anche il presente e il futuro hanno bisogno della terra

Un angolo di paradiso


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editoriale

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I MALI D'ITALIA LAVORO E SALUTE PARTIAMO DA QUI

C

ome possiamo trovare le soluzioni giuste ai tanti mali d’Italia, se non troviamo le soluzioni giuste ai suoi primi e gravissimi mali della mancata produzione e della salute, sempre più compromessa da gravi sofferenze ambientali? L’Italia non produce; non producendo, inevitabilmente è in crisi il lavoro e la mancata ricchezza che si fa sentire tragicamente nel sistema Paese, sempre più impoverito; sempre più dal futuro negato. La non - produzione causa ed effetto del non - lavoro, è il primo grave male dell’Italia; un male da cui dover necessariamente guarire per non morire; un male che cancella il futuro delle nuove generazioni, a cui la generazione dei padri, ha cancellato anche la speranza. Il sistema Italia, pubblico e privato, è in grave crisi; sarebbe folle continuare a tenerlo in piedi nelle attuali condizioni fallimentari che non giovano a nessuno e soprattutto al futuro del nostro Paese. Approfittando della crisi, su cui bisogna intelligentemente intervenire al più presto, altrimenti sarà troppo tardi, considerate le condizioni ormai arrugginite e quindi scarsamente funzionali del sistema produttivo italiano, bisogna con il contributo allargato di tante nuove idee italiane, pensare ad un Progetto Italia, funzionale alla produzione italiana, nel rispetto della dignità del lavoro. Dovrà essere un Progetto per una nuovo cammino italiano, basato sull’innovazione, sull’u-

so intelligente delle tecnologie e soprattutto e prima di tutto, sul rispetto del capitale umano, la prima insostituibile risorsa necessaria a far rinascere l’Italia. Bisogna innovare e convertire intelligentemente e con il dovuto impegno tutto il vecchio della produzione italiana; tutto quel vecchio non rinnovato che tanto male ha fatto e fa all’Italia e soprattutto alla salute degli italiani con i tanti veleni che hanno ammorbato il suolo italiano ed hanno fatto ammalare gli italiani di tutte le età, bambini compresi, morti per colpa di quei criminali inquinatori d’Italia che, senza farsene scrupoli, hanno riempito il suolo ed il sottosuolo italiano di veleni con conseguenze disumanamente tragiche, per gli anni a venire in un’Italia mortalmente avvelenata. Nel pensare all’Italia del lavoro, bisogna partire dal capitale umano e pensare ad un lavoro sicuro, cancellando quelle tante zone a rischio che hanno fortemente compromesso il futuro del nostro Paese. Occorre un nuovo sistema di produzione italiana; tanto, utilizzando al meglio e prima di tutto, le tante risorse italiane; tanto, con alla base un sistema di energie alternative da fonti rinnovabili, necessarie a ridurre il rischio di inquinamento e tutti gli attuali sprechi da fonti energetiche esauribili ed a caro prezzo. Bisogna in modo virtuoso, essendo le fonti energetiche, di rilevante importanza per la produzione e la vita italiana, pensare a quelle energie rinnovabili già attivate in tante parti dell’Occidente.

È vitale innovare; è assolutamente necessario usare le tecnologie intelligenti e soprattutto introdurre sistemi informatici a garanzia di produzioni più sicure ed a minori costi. Il lavoro italiano, sempre che lo si voglia, è assolutamente possibile. L’Italia che produce non è solo uno slogan; è anche una certezza assoluta. Bisogna riporre la dovuta attenzione sulle caratteristiche ormai sconosciute ai più, del suolo italiano; delle produzioni italiane, tra l’altro, fortemente legate all’ artigianato artistico, al campo della moda e dell’enogastronomia, fonti di un made in Italy, ancora oggi ricercato in tutte le parti del mondo. Per ridare all’Italia quelle certezze umane, ormai negate da un mondo del lavoro non più competitivo, per cui tutto da riconsiderare, occorre conoscere a fondo l’Italia, partendo dal suolo, dai mestieri, dai saperi e da quell’impegno italiano in giro per il mondo che, tornando da dove è partito, potrebbe dare al nostro Paese, quell’importante contributo di idee nuove, necessarie per il nuovo italiano, nel rispetto dell’antico e soprattutto nel sacro rispetto di quel capitale umano, oggi marginalizzato, abbandonato a se stesso e ridotto a capitale residuale, senza lavoro e senza prospettive di un futuro possibile.

Giuseppe Lembo Direttore Responsabile

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MISTER MAGAZINE ANNO V - N.2 - AGOSTO 2015

07 | PONTI, SIMBOLI, ALLUCINAZIONI 10 | ITALIA DOUBLE FACE

dall'eccellenza al degrado

12 | IERI, OGGI, DOMANI:

riflessioni estemporanee sull'Europa e sull'Italia

15 | PATTO FRA AZIENDE

invubatore d'impresa di nuova generazione

16 | MUTUI:

sarà vera ripresa?

19 | COME SONO TASSATI i patrimoni in europa

SOMMARIO

22 | CHE COS'È LA SALUTE 24 | TUMORE ALLA MAMMELLA come prevenirlo, come curarlo

26 | CALA BIANCA

un angolo di paradiso

32 | L'UOMO E LA TERRA 38 | ADIDAS: CHE PASSIONE 40 | AL "VICO" DI AGROPOLI si diventa geometri

45 | ALESSANDRA PIASECKA photographer

46 | SINFONIA DI CIPOLLE

al nostro grande uomo e alla sua vittoria

48 | MR.MOVIES the hurricane

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DIRETTORE EDITORIALE Francesco Paduano

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Attualità

PONTI, SIMBOLI, ALLUCINAZIONI

I

di Daniele Corsini

l romanzo Pietroburgo di Andrea Belyj, che ho ricevuto in dono da un amico a Natale, è stato scelto con un pizzico di preveggenza stante il ritorno in auge, in questi giorni, del mito della città di Palmira, dopo l'offensiva lanciata dall'Isis per la sua conquista. E, speriamo, almeno non per la sua distruzione. Palmira era il luogo degli scambi commerciali e culturali tra Impero Romano e Impero dei Parti, mondi antitetici e nemici. La suggestione di quel ponte tra civiltà antagoniste evoca altre finestre tra Oriente e Occidente, che, a un certo punto, quasi avvertissero di non poter assolvere più il proprio compito, si richiudono, trasformandosi da luogo di incontro in luogo non solo simbolico di feroce conflitto. Un destino che sembra accomunare altre Palmire, come quella del mio libro, che parla della Palmira del Nord, come era chiamata un tempo Pietroburgo, occhio dal quale la sterminata Russia guardava l'Europa. "Il Nevskij Prospekt è rettilineo...perché è una prospettiva europea; ogni prospettiva europea non è semplicemente una prospettiva, ma...una prospettiva europea; perché...sì. Perciò il Nevskij Prospeckt è rettilineo". È questo il prologo del romanzo (scritto tra 1908 e il 1913) di uno dei maggiori scrittori russi, appartenente alla corrente letteraria del simbolismo. Lungi da me qualsiasi esegesi o critica letteraria, materia della quale non ho alcuna competenza, vorrei invece parlare del Belyj che vede in anticipo la catastrofe, dopo l'umiliazione subita nel "Novecentocinque" dall'imperialismo zarista da parte di quello giapponese, modello industriale di stampo occidentale; il quale sconfigge venendo da oriente la Russia e getta Pietroburgo in una crisi di identità irreversibile, con la perdita della propria vocazione di ponte. "Port Arthur era perduta per sempre; la Cina sarebbe insorta; e con essa i cavalieri di Cingis-chan". Le importazioni delle mietitrici americane, dice Belyj, avrebbero a quel tempo pragmaticamente rassicurato nel rappor-

to con l'Occidente più delle discussioni sui rispettivi sistemi istituzionali. Insomma Belyj racconta le paure e il declino annunciato di un mondo, senza riporre fiducia in ciò che la storia prepara per sostituirlo. Il pessimismo simbolista si esprime nelle descrizioni del contesto nel quale si muovono i due personaggi principali: il padre, Apollon Apollonovic, esponente di spicco di una burocrazia imperiale alla fine ("era il burocrate più popolare di Russia, se si eccettua Konsin, il cui autografo è anche sui biglietti di banca"), vive terrorizzato dai segnali che lo vogliono obiettivo dei nuovi nemici, mentre il figlio, Nikolai Apollonovic grottescamente coinvolto in trame rivoluzionarie, e dalle sempre più febbrili allucinazioni, riceve il compito di eseguire, in segno di fedeltà alla causa, un attentato proprio contro il padre. Ma l'ordigno, confezionato all'interno di una scatola di sardine, alla fine esplode sì, ma senza cogliere nel segno, anzi avviando la vita dei protagonisti verso una malinconica e decadente conclusione. E tutto questo avviene dopo che le ultime circolari scagliate dal grand commis come fossero frecce arrivano sempre meno efficacemente al bersaglio, disperdendosi come "cannonate di carta" nel vuoto della organizzazione burocratica dell'Impero. Pietroburgo emerge come forzatura della storia, città costruita contro natura dal suo enigmatico fondatore, lo zar Pietro, nel libro "il Cavaliere di Bronzo"; "Pietroburgo sorge sulle paludi" e ha due volti, quello aulico, ma decadente, della bianca monumentalistica imperiale e quello misero e giallo per le nebbie che emerge dal dedalo di vicoli verso il Prospeckt, percorso ogni giorno dal "viscido verme di folla", dal "millepiedi umano" che vi si allunga e snoda in un continuum, senza un inizio distinguibile, senza una testa. Alcune frasi di Belyj erompono con angosciante crudezza: "la grigia e barbuta cariatide di pietra s'era chinata a guardare la folla; non aveva limiti il suo disprezzo; non aveva limiti la sua disperazione". E ancora: "in quel periodo gli era acca-

duto di sviluppare una sua paradossale teoria sulla necessità di distruggere la cultura; l'epoca dell'esausto umanesimo era secondo lui terminata; la storia era una marna in continua erosione: stava per cominciare un'era di sana barbarie, una barbarie che si apriva la strada dall'ambito degli strati inferiori del popolo, ma anche delle classi privilegiate... e persino della borghesia...; si', si': Aleksander Ivanovic predicava l'incendio delle biblioteche, delle università, dei musei e la chiamata dei Mongoli (dei quali aveva ora paura)". Insomma sembra che sia proprio nei luoghi destinati a fare da punto di avvicinamento tra civiltà che si scateni la furia più nichilista, il cupio dissolvi di quello che è stato costruito perché sia di legame, di collegamento, in un rotolamento inarrestabile verso la tragica conclusione annunciata. Eppure, la linearità di quegli eventi, il cui esito è già prevedibile, subirà altre terribili deviazioni, come una guerra mondiale ("del resto la Francia li sta armando con grande rumore") e una rivoluzione ("E sullo sfondo il fuoco dell'Impero Russo in fiamme". "Da noi... sta per cominciare lo sciopero generale"), che Belyj non conosce, ma delle quali già

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scrive. La grande letteratura è sempre profeticamente disarmante, capace di certificare in anticipo la ineludibilita' degli accadimenti umani, come quando egli afferma ..."il salto sopra la storia avverrà; ci sarà un grande scompiglio; la terra si spaccherà; le montagne crolleranno per un grande terremoto; e le pianure natie per il cataclisma si inarcheranno...Pietroburgo sprofonderà". Oggi la nostra storia sembra meno tragica di quella passata, siamo senza dubbio maggiormente padroni del nostro destino, poco inclini ai simbolismi per interpretare la nostra vita individuale e collettiva. Ci aiuta la fiducia nelle istituzioni sovranazionali che stiamo costruendo. Ma c'è anche chi sostiene che la nostra cultura si sia indebolita perché non ci aiuta a prevedere alcuni rischi rilevanti per le nostre società, come avvenuto negli anni della follia finanziaria e della più lunga crisi socio/economica del dopoguerra, o per non aver ancora sufficientemente convinto tutti gli attori a costruire più rapidamente l'unità dell'Europa. E forse più drammaticamente, questa cultura non ci mette abbastanza in guardia neanche dai pericoli di uno scontro di civiltà. Il fatto che non vi sia una grande letteratura profetica come quella del primo trenten8

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nio del secolo scorso (da Joice a Svevo, da Roth a Pirandello, da Belyj a Celine) non significa ovviamente che non vi siano eventi della massima importanza che la letteratura non possa aiutarci a decifrare. A meno che la nostra crisi sia anche crisi di cultura che non sa disegnare i caratteri identitari, limitandosi a qualche difesa di principio, ma incapace di condannare recisamente i tatticismi, la scarsa cooperazione e i confronti moralistici tra chi sia più o meno virtuoso tra i paesi dell'Unione. Una cultura che si propone di rendere omogenee le diverse componenti nazionali deve essere da un lato più autonoma rispetto alla cultura americana, dall'altro più disposta a censurare politiche volte ad affermare primati che ritardano gli sforzi unitari e richiedono sempre maggiori risorse per aggiustare squilibri causati da regole che sembrano verità assolute da prendere o lasciare. È opinione di molti che l'Europa sconti queste sue contraddizioni divenendo sempre meno protagonista nell'agone planetario, dove il confronto avviene ormai tra continenti. Non è da auspicare che l'unica misura di integrazione, ma alla lunga anche di finta coesione, restino le "Circolari scagliate come frecce" e le "Cannonate di Carta" di cui parla con rara efficacia rappresentativa il romanzo di Andrea Belyj, ma che evocano anche i proclami e le direttive che escono ogni giorno a raffica dalle capitali dell'Unione. Alle quali è da aggiungere Berlino. Forse solo Gunther Grass, appena scomparso, aveva intrapreso, con dolore e coraggio, la via per dare alla letteratura europea un respiro tale da farle superare la più tragica vicenda della sua modernità, fino a dare scandalo con le sue ultime rivelazioni. D'altro canto le grandi letterature nazionali non hanno mai sofferto di provincialismo quando hanno affrontato a viso aperto le contraddizioni delle proprie società, raccontandone l'evoluzione,

nelle fasi tanto di decadenza quanto di espansione o di conflitto. Ma sulla vocazione di ponte moderno tra i propri aderenti e con altre civiltà, comprese quelle del Sud del pianeta, l'Europa ha ancora tanto da lavorare. E non basta che simbolicamente figure di ponti compaiano sulle banconote europee quale elemento identificativo dello sforzo compiuto con l'Euro, sotto la firma del nostro più popolare Apollon Apollonovic in chiave moderna. Il quale, come tutti i burocrati, poco o nulla può se il gioco politico non è realmente cooperativo e se non rinuncia una volta per tutte al refrain dell'austerita', riconoscendo che, da che mondo è mondo, i ponti si costruiscono, realmente e metaforicamente, come opere pubbliche, destinate a segnalare stabili interconnessioni. Che per l'Europa si debba fare di più è quasi una banalità, che si riesca a fare di più è una sfida dagli esiti tuttora decisamente incerti. Daniele Corsini CEO CABEL daniele.corsini@cabel.it www.cabel.it

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NUMERO 28 - 20 Luglio 2015

Riforma Bcc, impegno senza fine Bcc Aquara e Banca Monte Pruno guardano con favore al modello trentino DICONO DI NOI

Negri: «Anticipo fatture conviene»

BCC AQUARA E BANCA MONTE PRUNO: UNITA’ DI INTENTI Da sinistra i direttori generali Michele Albanese e Antonio Marino al Monte Pruno Day

Proseguono senza soste le azioni comuni poste in essere dalla Banca Monte Pruno e dalla BCC di Aquara sul tema della riforma del credito cooperativo. L’ultimo spunto deriva da un articolo pubblicato in data 15 luglio u.s. sul Corriere del Trentino, dal titolo “Credito, Cassa Centrale non molla. Avanti con la holding del Nordest”. Si tratta di un modello da sempre condiviso dalle due consorelle campane che mira alla creazione di un gruppo bancario ampliato non solo alle BCC trentine, ma anche a quelle di altre regioni, con al vertice della holding Cassa Centrale Banca. Da questa notizia, che già da mesi circolava negli ambienti bancari, deriva la piena adesione da parte dei due Direttori Generali Michele Albanese ed Antonio Marino, rispettivamente della Banca Monte Pruno e della BCC di Aquara; le due banche, infatti, condividono pienamente il disegno che punta ad una holding allargata del Nordest con Cassa Centrale Banca a svolgere il ruolo di capogruppo. La creazione di questo polo si baserà su un concetto da sempre promosso sia dai Direttori Albanese e Marino sia dal movimento del credito cooperativo trentino: dare alle singole BCC tanta

più autonomia, quanto più la banca fosse stata efficiente, solida e trasparente. L’obiettivo è, quindi, di avere un sistema dove le banche in salute abbiano un ampio margine di autonomia rispetto alla capogruppo. “Lo abbiamo ripetuto più volte - hanno commentato i Direttori Michele Albanese e Antonio Marino - come sia necessaria una rivisitazione dell’attuale sistema del credito cooperativo in Italia, ma che punti a valorizzare quelle realtà che nel tempo hanno dimostrato di essere capaci di stare sul mercato. Il merito è il solo elemento in grado di garantire maggiore autonomia. Fin dall’inizio siamo stati vicini a quanto promosso dal Trentino, in quanto, più in linea con i nostri principi e con le nostre idee di riforma. In aggiunta, tale modello rappresenta l’unico esempio chiaro e trasparente sottoposto all’attenzione delle BCC. Cassa Centrale Banca ha tutto il nostro sostegno per creare questo gruppo bancario di carattere nazionale che vada ad accogliere banche sane ed in grado di sapersi amministrare senza l’intervento di soggetti che non hanno nulla a che fare con il terr itorio, la base sociale e la politica di banca cooperativa locale”.

“Il servizio Anticipo Fatture offerto dalla Bcc Aquara è conveniente oltre che molto utile perchè permette di ottenere immediata liquidità rispetto alle attività effettuate. Inoltre i tempi per l’attivazione sono estremamente veloci grazie alla disponibilità del personale

della banca che è capace di ascoltare chi si presenta per ottenere un confronto”. Così Arturo Negri (foto al centro), proprietario della storica pizzeria a Pontecagnano, promuove l’attività svolta dalla banca di cui è direttore generale Antonio Marino.

ROCCADASPIDE

La Bcc Aquara per l’agricoltura

PER LO SPORT

«Grazie alla Bcc Aquara per il sostegno» La Bcc Aquara conferma la sua storica attenzione per l’agricoltura e, così, ha sostenuto il confronto svoltosi venerdì 10 luglio a Roccadaspide sul tema “Igp Marrone di Roccadaspide” a cui hanno preso parte Luigi Scorziello per Coldiretti, Marcello De Simone di Agroqualità, Filippo Diasco, direttore generale per le Politiche agricole della Regione Campania, e Girolamo Auricchio, sindaco di Roccadaspide. Numerosi gli operatori del comparto intervenuti ed a cui la Bcc Aquara offre servizi dedicati. Il Consorzio Vita Sa-

lernum Vites, presieduto da Luigi Scorziello, anche presidente della Bcc Aquara, è entrato ufficialmente nel novero degli organismi di tutela e valorizzazione avendo ottenuto il riconoscimento dal Ministero delle Politiche Agricoli Alimentari e Forestali come “Consorzio di Tutela per le DOP Cilento e Castel San Lorenzo e le IGP Paestum e Colli di Salerno. E la Bcc Aquara sin dalla sua costituzione ha sostenuto il Consorzio ritenendolo volano di sviluppo per il territorio salernitano ed i viticoltori, vinificatori, imbottigliatori della filiera produttiva dei vini che operano nella provincia salernitana.

La Bcc Aquara promuove lo sport. “Grazie alla Bcc Aquara che promuove lo sport mostrando notevole attenzione soprattutto per la cultura dei valori che esso sa generare”. Così Giampiero Scafuri, direttore editoriale della rivista “L’atleta”, giunta al sesto anno di pubblicazione anche grazie al contributo offerto dalla Bcc Aquara, giudica l’operato della banca di cui è direttore generale Antonio Marino. “Mi preme sottolineare che tutto ciò è anche grazie al Suo Istituto di Credito, che ci ha dato fiducia e aiutato a inseguire un sogno. La Redazione de l’Atleta e io siamo fieri di averLa al nostro fianco. - sottolinea il direttore editoriale - Grazie al Suo sostegno, contiamo oltre 60.000 contatti e riusciamo a coprire tutte le piattaforme mediatiche (carta stampata, web, tv, e dispositivi touch con App “mobile”). Oggi posso dire, a pieno titolo, che ha dato speranza a un gruppo di

giovani, che spinti dalla passione per questo lavoro, sperano di realizzare un progetto serio per il futuro, e nello stesso tempo, ha dato anche la possibilità di continuare a dare voce agli “altri sport”, abbandonati dai canali principali della comunicazione”. Bcc Aquara, inoltre, in campo nel campionato di serie A1 femminile di Pallamano e nella Coppa Europea sostenendo la formazione della Pdo Salerno. Ma la Bcc Aquara guarda con assoluta attenzione anche alle società del territorio che operano tra i dilettanti e non a caso ha sostenuto la squadra di calcio del Felitto sul cui abbigliamento spicca il logo della banca. “Un gesto molto apprezzato non solo dagli sportivi e che conferma come la Bcc Aquara continui a confermarsi vera banca del territorio” ha sottolineato Mario Oristanio.

SUL TERRITORIO

La Bcc Aquara presente a Felitto Installazioni, pittura, video arte, musica e reading protagonisti a Felitto dal primo al trenta agosto con l’iniziativa “Presenze indefinite” promossa da “La Scuderia sulle Gole” con il patrocinio del Comune ed il contributo della Bcc Aquara di cui è direttore generale Antonio Marino. Tutti gli eventi saranno accompagnati da degustazione di vini della Cantina Rizzo.


Attualità

ITALIA DOUBLE FACE DALL'ECCELLENZA AL DEGRADO di Giuseppe Lembo

L

’Italia è, purtroppo, un Paese assolutamente violento; un Paese sempre più violento. Dal Nord al Sud, la violenza è il peggiore male italiano. La cronaca della violenza italiana, a cui il nostro comunicare sempre meno autentico e sempre meno attento all’uomo del nostro tempo, è fortemente affezionato, registra un esponenziale di crescita allarmante; una crescita che preoccupa sempre più gli italiani per il clima violento in cui sono costretti a vivere. Una violenza che non dovrebbe assolutamente essere indifferente a chi governa questo nostro Paese che, per molti aspetti, ha raggiunto un degrado di vita veramente allarmante; da vero e proprio terzo mondo italiano. Gli episodi violenti dal Nord al Sud sono un campanello d’allarme; sarebbe un errore assolutamente grave, mettere il silenziatore, facendo finta di niente. È necessario intervenire; è necessario intervenire, non più e non solo occupandosi frettolosamente delle notizie che, purtroppo sono, sempre più notizie allarmanti e devono preoccupare, chi ha a cuore il futuro italiano; un futuro,purtroppo, incerto; un futuro confuso e senza quelle certezze che potrebbero essere date solo da condizioni esistenziali, se non umanamente ottimali, almeno normali. Tutto questo non c’è. L’Italia dal futuro confuso e senza certezze è, come evidenziato dai bollettini di guerra e dalle ripetute cronache di una violenza disumana che addirittura, va trasformando assurdamente i mariti, i padri, le madri, i fratelli, in assassini. Questo succede, sempre più, al Nord come al Sud d’Italia. Questo è un segnale forte di un clima non buono che si respira nel nostro Paese; un clima avvelenato che colpisce ovunque e ripetutamente nell’ormai incontrollabile ed incontrollato disastro Italia, un disastro, da troppo tempo annunciato che è 10

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ormai esploso; un disastro per il quale è assolutamente inutile mettere il silenziatore e/o ancora peggio voltarsi dall’altra parte, facendo finta di niente. È un campanello di allarme a cui è giusto, opportuno ed urgente, dare quell’attenzione che merita. Siamo di fronte ad una grave emergenza italiana. L’ultimo episodio in ordine di tempo è quello successo a Miano un quartiere della periferia Nord di Napoli. Un quartiere da tempo aduso alla violenza criminale per una crescente illegalità diffusa, cara, tanto cara alla “Gomorra” napoletana, con una situazione di umanità disumana che trasforma spesso, sempre più spesso, i luoghi di vita in luoghi di sparatorie e di morte. L’episodio di Miano è avvenuto nell’ambito di un mondo apparentemente normale; in una famiglia di periferia con un infermiere normale che improvvisamente è diventato assassino, causando una strage, con una sparatoria che ha seminato piombo e morte in ambito familiare e fuori di esso. Una strage con ben quattro morti di cui il fratello dell’assassino; oltre ai morti si contano anche sei feriti. Il direttore del Giornale del Mezzogiorno Marco de Marco, commentando il barbaro fatto di cronaca, ha definito il protagonista di tanta disumana violenza come Caino, perché ha ucciso il fratello e come Erode, perché si è scagliato contro un numero impressionante di innocenti del tutto estranei e sconosciuti. Perché tutto questo? Perché un fratello uccide il fratello? Perché la madre, il padre e/o un figlio uccidono sempre più spesso, nel nostro ormai barbaro Paese, i loro congiunti innocenti ed assolutamente inermi? C’è da chiedersi, come un padre o una madre può armare le mani assassine e uccidere il proprio figlio? Come può un figlio, uccidere il proprio padre? È pazzia? È purtroppo, disumana e feroce pazzia.

È questo il frutto di quella diffusa cultura della violenza che, come un tarlo colpisce i più deboli; rode ed esplode in una forma di violenza assurda e disumana, spesso senza una ragione; sempre più, non se ne sa capire il perché. C’è nell’aria italiana, purtroppo e sempre più, un clima avvelenato; un clima di intolleranza e di assoluta mancanza di rispetto dell’altro; dell’altro in quanto uomo, in tutti i suoi ambiti di vita. Dell’altro, scomodo e quindi da… eliminare. Dell’altro verso cui si inizia ad avere un atteggiamento di umana indifferenza; di dimenticanza e di silenzio e, sempre più spesso, di rancore non manifesto. Dell’altro di un mondo in cui si vive sempre più in solitudine, preferendo al calore umano, la compagnia degli invisibili del web, ormai compagni di viaggio di un mondo italiano sempre più indifferente nei confronti dei rapporti umani, fatti di amicizia e di cordialità, preferendo a questi, l’indifferenza o peggio ancora l’odio silenzioso che poi esplode in disumana e barbara violenza, di cui nessuno, psicologi compresi, sanno darsene una ragione e capirne il perché le menti umane apparentemente normali tutto assieme, subiscono una grave mutazione, trasformando così, una persona normale in violento assassino. Perché nel particolare di un territorio, di un paese e più in generale del mondo c’è questa visione sempre più violenta dell’uomo contro l’uomo? Perché c’è una diffusa volontà di mettere in discussione i rapporti umani da parte di uomini sempre più inquieti che, dall’alto della loro profonda ed amara inquietudine, mettono in discussione il mondo, a volte senza motivazioni e/o giustificati motivi? Da che cosa nasce la violenza nel mondo? Quali sono gli incubatori fertili? Prima di tutto alla base della violenza, c’è l’ignoranza; c’è la disumana indifferenza dell’altro in quanto uomo. C’è un profondo vuoto di cultura, che diventa anche vuoto dei valori ed è for-


temente prodotto dalla mancanza di conoscenza dell’altro; dalla mancanza di saperi e di idee che possono diventare idee condivise se c’è il dialogo, il confronto e la propria disponibilità al vivere insieme; al vivere la propria vita nel rispetto degli altri. Questi sono i migliori antidoti contro la violenza della persona che, oggi come non mai, non vive per niente tranquilla; non sa vivere tranquilla ed ha come solo modello di riferimento, una malasocietà in cui, tutti ma proprio tutti, vogliono essere nemici l’uno dall’altro; nemici da combattere e, in casi di estrema sofferenza umana della persona vittima spesso incolpevole, anche da uccidere, armando le proprie mani da Caino o da Erode che si macchiano così del sangue degli innocenti, parenti, amici e/o estranei che siano. Che fare? Non basta assolutamente il rigore delle leggi e/o la severità di regole alla base del rapporto umano, sempre più disumanamente indifferente all’uomo. Occorre, per cambiare, un intelligente ed attivo percorso di rigenerazione, partendo dalla cultura; dalla conoscenza e dai saperi per una cultura dei valori della vita di cui ciascuno deve diventarne padrone;

una buona scuola, non calata dall’alto, ma come veicolo di una cultura d’insieme costruita per la conoscenza ed i saperi, e non trasmessa, può venire dall’amore per la lettura e dal libro come strumento di utile rigenerazione delle coscienze confuse da un non sapere che uccide sempre più l’uomo del nostro tempo. Il progetto di una nuova condizione umana italiana ed oltre deve partire da noi; deve partire dalle nostre coscienze di uomini del sapere e della conoscenza; di uomini impegnati in un fare della cittadinanza attiva la sola che può garantire l’uomo nella sua integrità umana, rendendolo attivamente protagonista di mondi nuovi, di mondi dove possa ancora regnare la saggezza umana, un grande patrimonio, purtroppo, sempre più dimenticato, dai giusti della Terra; un mondo da scoprire, appropriandosene, percorrendo le vie del sapere, per diventarne parte, nel ruolo dei giusti che amano la pace e che sono contro tutte le disumane violenze del mondo, sia quelle nostrane che quelle universali, ben conosciute come olocausto, come guerre dimenticate e/o di feroci abusi che agiscono contro, come Caino e come Erode, uccidendo, violentando, organizzando traffici illeciti

di organi e/o di carne umana, sempre più considerata a valore zero e di proprietà assoluta di chi può con la violenza diventare padrone del mondo, violentando le coscienze ed infliggendo in modo disumano gravi sofferenze alla carne umana che per tanti trafficanti di morte non vale assolutamente niente, in quanto trattasi di carne umana plebea degli “ultimi della Terra” che possono anche scomparire; tanto non succede niente e nessuno, ma proprio nessuno, se ne accorge se vengono cancellati dal mondo, dagli scenari sempre più violenti e disumani. Giuseppe Lembo www.giuseppelemboscrittore.it lembo.giuseppe@alice.it

Anche l’Artigianato diventa Digitale Cabel per i pagamenti I.P. s.c.p.a., Istituto di Pagamento, presenta alla Mostra Internazionale dell'Artigianato 2015 di Firenze il

un progetto tecnologicamente avanzato, creato per migliorare l’evoluzione dei sistemi di interazione e comunicazione a favore di privati ed imprese.

presenta

è uno sportello virtuale multiservizi, una sorta di strumento intermedio tra lo sportello tradizionale e le modalità “self-service”, che permette al cittadino di interagire con la Pubblica Amministrazione, le imprese, le banche e le public utilities. consiste in una postazione non presidiata, un vero e proprio totem multifunzione (con video, scrivania, stampante, connessione internet, pos), che, grazie all’assistenza da remoto di impiegati addetti ai vari servizi, collegati con un sistema evoluto di videoconferenza, ne permette l'erogazione sul territorio, anche lontano dalle sedi istituzionali. Questo strumento, coerente con le linee di sviluppo tecnologico della cosiddetta Smart City, permette la delocalizzazione degli uffici, limitando gli spostamenti dei soggetti interessati che svolgeranno la loro attività da remoto, con vantaggi evidenti in termini di dematerializzazione, economicità ed efficienza dei sottostanti processi, ma sempre assistiti in videoconferenza da personale specializzato in ogni passaggio delle attività da compiere.

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Economia & Finanza

IERI, OGGI, DOMANI: RIFLESSIONI ESTEMPORANEE SULL'EUROPA E SULL'ITALIA di Daniele Corsini

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i sentiamo di consigliare senza riserve un libro. Non è un libro divertente (parla di una grande tragedia), né facile (è un saggio storico), né veloce da leggere (consta di 700 pagine e per ora si trova solo nella versione originale inglese), ma è un'approfondita e innovativa ricostruzione storiografica di un evento determinante per noi europei: la prima guerra mondiale, di cui quest'anno ricorre, per l'Italia, il centenario della deflagrazione. Si intitola metaforicamente "The sleepwalkers", I sonnambuli e, esplicativamente, "How Europe went to war in 1914" di Christopher Clark, professore di storia a Cambridge. Accennavamo ad una originale storiografia. Infatti Clark non va, come più comunemente avviene, alla ricerca delle cause del conflitto, approccio che porta inevitabilmente alla individuazione di un colpevole. Egli fonda invece l'analisi sui molteplici eventi, maggiori e minori, che si susseguirono, intrecciarono, incrociarono, complicando oltre ogni limite il quadro di fondo, sempre più difficile da gestire mediante soluzioni negoziate e sempre più caratterizzato dalla progressiva inconsapevolezza dei governi del cammino verso la tragica soluzione finale. Insomma complessità dei fatti e inadeguatezza delle classi dominanti e quindi chiamata di corresponsabilità di tutti gli attori. Infatti, sostiene Clark, la crisi che porto' alla guerra nel 1914 fu il frutto di una cultura politica condivisa da tutti i protagonisti, ragione per la qualel'evento conclusivo non può essere assimilato ad un romanzo di Agatha Christie, dove si mira a smascherare l'assassino, magari con la pistola ancora fumante, perché, se di pistole fumanti si deve parlare, nel caso di specie ve ne fu una nelle mani di ciascuno dei grandi attori. Da questo punto di vista la guerra fu una tragedia, non un crimine da attribuire alla malevola volontà di uno o più stati. E quale fu 12

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questa cultura politica? Emerge dai tanti episodi succedutisi a partire dagli ultimi decenni del secolo precedente fino alla fatidica estate del 1914, tra cambiamenti di alleanze, riposizionamenti strategici, rischiose azioni belliche dagli esiti non calcolati, ambiguità, simulazioni e dissimulazioni di una diplomazia in perenne fibrillazione, antagonismi interni agli schieramenti politici e accordi trasversali anche tra paesi schierati su fronti diversi, lotta per il primato tra politica e classi militari, fino ai facili e interessati ottimismi di una guerra breve. Le politiche aggressive della Russia verso gli Stretti e l'interessata protezione della Serbia, l'avventura libica degli italiani che offri' il destro ai nazionalismi slavi per attaccare su altri fronti l'Impero Ottomano in disfacimento, l'alleanza con finalità aggressive tra Francia e Russia sono solo alcuni degli elementi in gioco. Insomma, per Clark, non furono solo le paranoie imperiali della Germania verso la Francia e la Russia e le mire espansive e vendicative verso i Balcani dell'Austria/ Ungheria, dopo l'attentato di Sarajevo, a scatenare il conflitto. È paradossale invece l'incomprensione di quanto alta fosse la posta in gioco, nonostante alcune riflessioni profetiche sullo scenario che si stava aprendo. E significative furono anche le manifestazioni di ottusità della stampa. Ecco perché i protagonisti andarono in guerra come sonnambuli, guardando, ma non vedendo, inseguendo i propri sogni di potenza, eppure ciechi nei riguardi dell'orrore che stavano portando nel mondo. A distanza di un secolo la domanda di come possa essere accaduto è ancora attuale, ma ciò che ci deve interessare, si chiede ancora Clark, è se quella intricata complessità faccia tuttora parte della presente scena politica europea, nella quale gli attori della crisi dell'Eurozona, pur consapevoli degli esiti catastrofici di una situazione estrema come il falli-

mento dell'euro, possano agire in favore di specifici e conflittuali interessi, senza calcolarne le conseguenze a causa di processi decisionali sempre più complessi, ma non ancora sufficientemente trasparenti. Va soprattutto evitato che i singoli attori si pongano nella posizione di sfruttare la possibilità della catastrofe finale, come leva per assicurarsi prefigurati vantaggi. Fortunatamente si devono cogliere anche le diversità rispetto ad allora, soprattutto avendo tutti i paesi più chiara l'essenza del problema e una maggiore fiducia reciproca, grazie alle istituzioni sovranazionali che all'epoca non esistevano. Ma ciò non basta se viene a mancare o a non esprimersi adeguatamente un'azione sistematica di compromesso tra gli interessi in contrapposizione. I rigori di un monetarismo non temperato della Germania e dei paesi nordici a fronte di una progressiva riduzione delle leve di politica economica dei paesi con maggiori squilibri economico/finanziari quali quelli del sud Europa non sono un terreno facile da governare. Ma non lo sono neanche politiche di annuncio che poi trovano difficoltà a realizzarsi o servono soltanto a comprare tempo e a creare illusioni. Salvo poi ritrovarsi di nuovo davanti al problema. E non lo sono nemmeno le polemiche, anche stizzite, di chi vuole dare lezioni agli altri e di chi quelle lezioni ne' vuole ne' può accettare. Non aiuta neanche il susseguirsi di previsioni economiche e di dati sfornati a raffica che, invece di aiutare, impediscono di valutare le decisioni in un contesto di più stabili conoscenze; anche questo è frutto degli eccessi della finanziarizzazione dell'economia che ha trasformato radicalmente il valore temporale delle informazioni. La minaccia più grave, e dagli effetti non calcolabili, dell'uscita dall'Euro della Grecia è stata finora tamponata, ma la sostenibilità di una crisi, che per alcuni paesi tra cui il nostro dura ormai da sette anni, rischia di allontanarli ulteriormente da


una media che si presume ancora gestibile. La più recente istituzione della Unione Bancaria rafforza la coesione d'ordine istituzionale, ma saranno le politiche concrete che la renderanno efficace. Nel 2014, la concentrazione di potere economico nelle mani della Banca Centrale Europea ha raggiunto livelli non paragonabili con nessun altra passata esperienza. Essa abbraccia ora la politica monetaria, con strumenti non convenzionali, la gestione diretta di piattaforme come Target 2 dove si scambiano flussi di pagamento interbancari a rischio sistemico, la sorveglianza sulla Single Euro Payment Area e, da pochi mesi, la vigilanza diretta sulle prime 130 banche e il potere di surrogarsi alle autorità nazionali nei confronti degli altri 6000 intermediari less significant. E tutto ciò senza che si senta parlare più di tanto di controlli e bilanciamenti. Policy adeguate a rendere meno marcate le profonde segmentazioni che contraddistinguono l' area di mercato europea è l'impegno indefettibile della BCE. È noto a tutti che si parte da situazioni molto diversificate per storia e cambiamenti intervenuti anche di recente, che hanno allontanato i vari sistemi bancari nazionali rispetto alle tre macro attività del credito, della finanza e del debito pubblico. Si tenga presente che il sistema bancario europeo continentale era identificato fino a qualche decennio fa come bancocentrico, mentre le divaricazioni intervenute in seguito ne hanno determinato profonde e rapide mutazioni. Le prime tre banche di Germania e Francia hanno assunto una struttura di bilancio più simile alle banche inglesi e americane, mentre quelle di Italia e Spagna fanno ancora perno sul credito e sull'assorbimento di titoli del debito pubblico. Soprattutto l'Italia ha fatto crescere in questi anni il proprio banco-centrismo, senza trarne le conseguenze in termini di riassetto dell'intero sistema. Adeguare le strutture finanziarie per una maggiore rispondenza alle esigenze dell'economia vuol dire adeguare il loro livello di patrimonializzazione, non sufficiente a fronteggiare gli accresciuti livelli di rischio. Si forma un circolo vizioso in quanto più credito è necessario alla ripresa dell'economia e alla riduzione dei rischi, ma la scarsità di patrimonio di molte banche ritarda la crescita degli impieghi, dato che gli stock in essere sono gravati da elevati default.

Ma c'è anche da chiedersi dove porteranno politiche di regolamentazione (EBA in testa) che puntano soprattutto ad aumentare i requisiti di capitale, per scongiurare ipotesi di crisi sistemiche, forse sventolate troppo spesso come spauracchio, cioè senza condivisi elementi di dimostrazione. Se comunque bisogna ricapitalizzare, c'è da chiedersi dove attingere le risorse, dato il basso livello di profittabilità rispetto al rischio delle nostre banche. Consapevolezza e azione diretta per risolvere il dilemma sono i necessari interventi strutturali, dopo le valutazioni non positive del comprehensive assessment di BCE e altri gap non trascurabili come quelli in ambito SEPA. In entrambi i casi siamo ultimi rispetto agli altri grandi paesi, nostri naturali concorrenti, e rappresentiamo un caso paradigmatico per noi stessi. E questo aspetto dei ritardi accumulati è il più preoccupante, perché se si protrae ulteriormente nel tempo può avere effetti financo sulla coesione sociale. Le opportunità dell’unione e della politica monetaria comune sono state finora solo in parte positive per l’Italia e restano da vedere le opzioni che ci restano, tra l'altro accompagnate dalle preoccupazioni per il peso delle nostre sofferenze sul totale europeo (190 mld su 900, pari a oltre il 20%, con il Pil italiano che assomma al 12% di quello UE). Le cinque direttrici per ammodernare il vetusto e frammentato sistema bancario italiano sono le seguenti: 1. Rapide operazioni di ristrutturazione e consolidamento dell'industria bancaria per ricostituire margini di capitale; 2. Forte impulso ai pagamenti elettronici, facendo anche leva sulla trasformazione digitale dell'economia; 3. Determinata azione di rinnovamento dei modelli di Governance e di controllo societario; 4. Netta riduzione della ipertrofia normativa sempre più costosa da sostenere. 5. Non rinviabile intervento di sistema in materia di bad bank. La mancata riuscita di questo programma, in cui il fattore tempo é diventato essenziale (ma di cui è palese anche la complessità) e che richiama non tanto le esigenze di riforma di uno specifico settore, quanto la rilevanza delle infrastrutture creditizie per la società e l'economia italiane anche nel confronto europeo, potrebbe addirittura allargare il divario sociale esistente. Bisogna anche evitare di reagire alla lun-

ghezza disgregante della crisi con forme di iperattivismo istituzionale, che può tradursi in deficit di coordinamento degli interventi necessari. Un rinnovato ottimismo conseguente alla effettività delle molteplici riforme avviate potrà definitivamente sconfiggere il clima di rassegnato declino che i dati macroeconomici non certo eclatanti del Pil, dell'occupazione e del debito continuano ad alimentare. I minimi segnali positivi, diciamocelo con franchezza, stentano a rassicurarci e a farci capire che le politiche più espansive della BCE, Quantitative Easing in primis, sono condizioni necessarie, ma non sufficienti per un rilancio strutturale di molte economie, compresa la nostra. Qualche commentatore inizia anche a prefigurare alcuni non irrilevanti effetti collaterali del Qe in salsa europea. L'acquisto della BCE per quote di titoli di stato di vari paesi sarebbe alla base dell'aumento dei prezzi dei Bund tedeschi, con la riduzione dei corrispondenti rendimenti. Ciò sarebbe la ragione dell'aumento dello spread di questi giorni tra Btp e Bund. Avanti tutta, anche per tentativi, ma non a passo di gambero, con il "fantasma greco" che, sempre più minaccioso, si è imprevedibilmente rimaterializzato a pochi giorni dall'avvio del QE medesimo. Il pericolo della deflagrazione dell'euro, fino a quando non saranno escogitate vere forme di assistenza strutturale ai paesi meno virtuosi, ma forse dovremmo chiamarli una volta per tutte soltanto più deboli, evitando qualsiasi etichetta d'ordine etico, è sempre dietro l'angolo a ricordarci che i rischi peggiori non sono affatto scomparsi. E che, ove si concretizzassero, farebbero ricadere le responsabilità, come per altre circostanze ha cercato di dimostrarci il professor Clark, su tutti gli attori (ma soprattutto sui maggiori), per non aver saputo promuovere e governare efficacemente il gioco cooperativo né dentro né fuori i rispettivi paesi. Ma volete mettere la soddisfazione di lasciare agli storici che verranno un così vasto campo di studi? Daniele Corsini CEO CABEL daniele.corsini@cabel.it www.cabel.it

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Economia & Finanza

PATTO FRA AZIENDE PER UN INCUBATORE D'IMPRESE DI NUOVA GENERAZIONE

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Assobusiness e Digital Industry SpA di Gorizia e Aria SpA di Zoppola (PN) uniti da un unico “desiderio”: mettere a disposizione delle nuove Aziende (startup) le proprie esperienze maturate e le proprie competenze, unitamente ad un bouquet di servizi innovativi e di elevato valore aggiunto!

arte da Gorizia e da Zoppola (PN) per trovare sede a Udine un’iniziativa che punta a sostenere le nuove imprese. Sulla trentennale esperienza maturata nel settore della consulenza finanziaria ed assicurativa, coadiuvato dalle Società Aria spa di Castions di Zoppola, e dalle Isontine Digital industry spa e Assobusiness, si é dato vita nei giorni scorsi al nuovo progetto EuroInkubator srl, incubatore di terza generazione che ai servizi tradizionali affianca quello della consulenza e che non si pone come competitor di altre organizzazioni similari, ma punta a stringere sinergie per completare il supporto già offerto alle nuove imprese da incubatori, associazioni di categoria e studi di consulenza commerciali e aziendali, il tutto con uno sguardo rivolto al mondo del web e, quindi, alle opportunità che il mercato dell’e-commerce può garantire soprattutto alle Start-Up. Secondo la definizione della Commissione europea, un incubatore d’impresa è un’organizzazione che accelera e rende sistematico il processo di creazione

di nuove imprese, fornendo loro servizi integrati che vanno dagli spazi fisici ai servizi di supporto al business e alle opportunità di integrazione e networking. L’obiettivo è quello di favorire la sopravvivenza e la crescita di nuove start up. Nel corso degli anni si sono sviluppate diverse metodologie di incubazione, inquadrabili in tre generazioni. La terza generazione degli incubatori d’impresa ha come clienti imprese neonate, spinoff e anche aziende mature, è caratterizzata dalla specializzazione dei servizi di supporto e punta a supportare la nascita e lo sviluppo di imprese tecnologiche e innovative. La nuova realtà troverà spazio in un immobile situato a Udine, in via Roma 60, vicino alla stazione ferroviaria, costituito da otto locali. La struttura ospiterà, oltre agli uffici di rappresentanza delle società promotrici del progetto, anche una serie di spazi (uffici attrezzati, sala riunioni, servizi di back-office) a disposizione delle aziende aderenti. I partner che hanno dato vita alla nuova realtà metteranno a disposizione delle Pmi le loro esperienze aziendali offrendo un programma di consulenza annuo

che spazia dal marketing all’organizzazione commerciale al reperimento di nuovi soci e ad altro ancora, favorendo le aggregazioni di più operatori e assistendoli sui mercati anche nelle trattative più complesse. Il core business dell’azienda sarà rappresentato principalmente dal servizio di domiciliazione per le Pmi al fine di poter garantire alle stesse tutti quei benefici misurabili grazie alla stipula di accordi e convenzioni con primari operatori nel settore bancario e assicurativo; il tutto arricchito dall’organizzazione di corsi e meeting e da una serie di programmi di consulenza al fine di poter soddisfare le diverse esigenze che gli “aderenti” andranno a manifestare. Luigi Romano Presidente - Assobusiness www.assobusiness.com

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Economia & Finanza

MUTUI: SARÀ VERA RIPRESA?

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iamo ancora molto lontani dai record di otto anni fa ma il 2015 sembra essere partito alla grande. Balzo del 42% delle nuove erogazioni a fine marzo con Lombardia e Lazio in testa per l’entità delle richieste. Negli ultimi anni era diventato quasi impossibile chiedere un mutuo finalizzato all’acquisto di una casa, figuriamoci per mutui connessi ad altre motivazioni (liquidità, ristrutturazioni). Oggi però sembra proprio il settore dei mutui un’ancora di salvezza per i disastrati bilanci delle banche ormai alle prese con un numero sempre maggiore di crediti inesigibili (oggi diventati 187 miliardi) il 17,8% in più dell’anno precedente, con un incidenza del 9,6% sul totale dei prestiti concessi. Secondo due diversi rapporti sulla povertà, uno dell’Istat e uno della Caritas, il 23,4% delle famiglie presenta almeno tre sintomi di disagio economico, uno dei quali l’accumulo di ritardi nel pagamento di mutui e prestiti. Con il 2015 sembra essere tornato il sereno e l’ultimo rapporto Findomestic (gruppo Bnp-Paribas) mette in luce come il 23% degli italiani è in procinto di chiedere un mutuo e la maggioranza 16

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di essi è convinto di riuscire a ottenerlo. Ottimismo confermato esaminando i dati della Crif, il mese di marzo ha fatto registrare un incremento impetuoso nel numero delle richieste di mutuo da parte delle famiglie italiane con un balzo del 49,4% rispetto al marzo 2014. Positivo anche il dato del primo trimestre 2015 che vede un incremento del 37,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Certo sarà difficile ripetere i dati degli anni pre-crisi che presentavano volumi tre volte superiori ad oggi. La media degli importi richiesti presenta oggi un notevole calo e ci assestiamo su una media a livello nazionale intorno ai 140.000 euro con importi maggiori nelle regioni più ricche (Lombardia e Lazio) e importi più contenuti al sud. Oggi si chiedono mutui con una durata sui 15/20 anni a differenza di qualche anno fa quando si optava per un lasso di tempo maggiore 25/30 anni. In pratica si cerca un mutuo di durata inferiore e per importi più contenuti per paura di non riuscire a fronteggiare l’esborso mensile complice il sentimento di precarietà e preoccupazione che attanaglia un po’ tutti. Negli ultimi tempi si è assistito a un forte ritorno al canale tradizionale (banca

di fiducia) nella richiesta del mutuo penalizzando agenti, broker, promotori e anche il canale on-line. In questo contesto le due banche maggiori si sono subito attrezzate con servizi personalizzati diventando agenti del mattone a 360°. Intesa e Unicredit hanno creato due strutture (Intesa Sanpaolo Casa e Unicredit Subito Casa) che se pur con organizzazioni interne diverse hanno l’obiettivo di dare un riferimento altamente professionale e credibile sia all’acquirente che al venditore. Giorgio Imparato giorgio.imparato1@virgilio.it



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Cultura & Benessere

CHE COS'È LA SALUTE di Elvira Serra

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he cos'è la salute? Pensando a questa domanda certamente a ognuno di noi verrà in mente una definizione per la parola "salute". Le nostre risposte sono condizionate dalla nostra cultura, dall'educazione che abbiamo ricevuto, dalle nostre convinzioni personali, dall'attività lavorativa che svolgiamo e dal contesto sociale in cui viviamo. È ovvio quindi che possiamo trovare diverse definizioni di salute, ma probabilmente la maggior parte di noi direbbe che la salute è uno stato di assenza di malattia e che, quindi, essere sano (cioè essere "in salute") vuol dire non avere malattie. Questo in parte è vero, perché di cer-

salute si è concentrata principalmente sul benessere fisico, senza tenere conto che per ottenere un buon livello di salute non basta combattere le malattie attraverso le cure e l'assistenza sanitaria. Servono invece anche altri "requisiti" fondamentali fra cui la pace, il cibo, l'istruzione, il reddito, un'adeguata abitazione in cui vivere, un ecosistema stabile, un uso sostenibile delle risorse, la giustizia e l'equità sociale. La nostra salute dipende, infatti, da diversi fattori che, in modo diretto o indiretto, possono proteggerci dalle malattie o al contrario causarle. Bisogna tenere presente poi che questi fattori non agiscono singolarmente, ma si intrecciano tra di loro, rendendo così il quadro ancora più complicato.

to chi soffre per una malattia non è in salute! Ma possiamo dire che una persona che non ha una casa o un lavoro, o che è seriamente preoccupata per il proprio futuro, o che affronta una situazione familiare stressante viva veramente in salute solo perché non è malata? Certamente no! Il concetto di salute, infatti, è molto più ampio e abbraccia diversi aspetti della nostra vita. La definizione data dall'Organizzazione Mondiale della Sanità può aiutarci a capire meglio: secondo l'O.M.S. la salute è "uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o infermità". Questa definizione risale al 1948 ma ha incontrato molte difficoltà a diffondersi o meglio a tradursi in politiche di salute che coprano il suo intero significato. Fino ad oggi, infatti, la maggior parte degli interventi per migliorare la

Pensiamo ad esempio a malattie come quelle del sistema circolatorio e ai tumori: esse sono definite malattie multifattoriali, vale a dire che non derivano da una singola causa ma da un insieme complesso di elementi tra cui gli stili di vita e le condizioni ambientali e socioeconomiche. È chiaro, quindi, che la tutela della salute richiede il contributo non solo del settore sanitario, ma anche di tutti i sistemi, le organizzazioni e le strutture che con il loro agire influenzano il benessere dell'individuo e della comunità. La salute è un diritto umano fondamentale e rappresenta una risorsa per la vita quotidiana che va difesa e sostenuta. Per arrivare a uno stato di completo benessere una persona (o un gruppo) deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni e di

modificare positivamente l'ambiente circostante o di farvi fronte; deve intraprendere, cioè, un processo di promozione della salute che la metta in grado di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Questi principi sono stati enunciati nella Carta di Ottawa (1986) dove si auspica che i cittadini assumano un ruolo attivo nella promozione della propria salute evitando di delegarne la tutela al sistema sanitario in modo passivo. ''Ma il tempo è denaro voi lo dimenticate'' disse il colonnello. "Che tempo! Certo tempo è cosi fatto che daresti via un mese intero per mezzo rublo, e altre volte non ci sono denari che accetteresti per mezz'ora" (L. Tolstoy, Anna Karenina). La rilevanza del tempo è in particolare nelle patologie coronariche acute è essenziale . Più tempo passa tra l'inizio dei sintomi e l'arrivo del paziente in un ambiente ospedaliero, tanto meno possibilità ci sono di sopravvivenza. Tanti anni fa, ero allora un giovane medico, partecipai insieme ad altri allo studio Gissi uno studio nel quale utilizzavamo farmaci innovativi e sperimentali e con emozione vedevamo migliorare i pazienti che tanto prima arrivavano alla nostra osservazione e iniziavano la terapia trombolitica tanto più la loro prognosi era migliore . L'esperienza ci dimostrava che il tempo precoronarico è miocardio salvato e così pure per il trattamento delle complicanze precoci. Il tempo e una struttura ospedaliera facilmente raggiungibile valgono certo molto più di mezzo rublo. Lo stile di vita, l'ambiente, gli strumenti che una società giusta mette a disposizione dei cittadini fa in modo che ognuno abbia una possibilità di sopravvivenza in più. Di fronte ad una vita perduta a cui abbiamo sottratto una possibilità, alla luce della chiara evidenza scientifica quel mezzo rublo in una tasca fa un rumore assordante.La salute è un diritto non una concessione. Dott.ssa Elvira Serra dottelviraserra@gmail.com

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Cultura & Benessere

TUMORE ALLA MAMMELLA: COME PREVENIRLO, COME CURARLO

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di Francesco Di Lorenzo

a mammella è formata da tre tipi di tessuto: adiposo (grasso), connettivo di sostegno e ghiandolare. Quest’ultimo è costituito da un insieme di lobuli in grado di produrre il latte che poi attraverso piccoli tubi chiamati dotti galattofori o lattiferi arrivano al capezzolo; aggregati di lobuli formano i lobi presenti in numero di 15-20 per mammella. La mammella si modifica durante il corso della vita e nelle diverse fasi del ciclo mestruale; nell’età fertile prevale la componente ghiandolare, mentre dopo la menopausa questa viene gradualmente sostituita da tessuto grasso. Alla base di ogni tumore c’è una mutazione di determinati geni proto-oncogeni, oncosoppressori o di altri geni coinvolti nella riparazione del DNA. I tumori sono causati da mutazioni del DNA che accendono i geni oncogeni e/o spengono i geni oncosoppressori. Il tumore alla mammella è una formazione di tessuto costituito da cellule che crescono in modo incontrollato e anomalo all’interno della ghiandola mammaria. Questo può essere: • non invasivo, quando le cellule crescono solo all’interno dell’organo (dotti, capezzoli etc.); in questo caso si parla di carcinoma in situ; • invasivo o infiltrante, quando le cellule riescono a diffondersi oltre il punto di origine; quest’ultimo è il tipo istologico più comune e rappresenta dal 70 all’80% di tutti i casi di tumore della mammella. Entrambi possono essere lobulari se hanno inizio dai lobi e duttali se iniziano dalle cellule dei dotti; molto raro il sarcoma che ha inizio dal tessuto adiposo, muscolare o dai vasi sanguigni. Possiamo classificare il tumore mammario in vari stadi da 0 a 4; lo stadio indica quanto la malattia sia estesa ed è molto utile ai fini terapeutici la classificazione TNM dove in linea di massima la T indica il tumore primario e le dimensioni; N i linfonodi coinvolti; M la presenza di metastasi a distanza. Il carcinoma mammario rappresenta il tumore più frequente nel sesso femminile, rappresentando il 29% di tutti i tu24

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mori che colpiscono la donna, con 41.000 nuovi casi/anno solo in Italia e risulta in crescita rispetto al passato colpendo 1 donna su 8, con picco d’ incidenza tra i 40 ed i 60 anni; nell’ uomo è abbastanza raro. È inoltre considerato la prima causa di mortalità per tumore nel sesso femminile con 11000 morti/anno solo in Italia. I principali fattori di rischio sono rappresentati da: • età: l’incidenza aumenta con gli anni, essendo raro prima dei 30 anni, con una probabilità di ammalarsi del 5% tra i 30 e i 40 anni, dopo i quali si assiste ad un progressivo incremento dell’incidenza; • familiarità: una parente prossima di chi abbia sviluppato un tumore mammario presenta una maggiore probabilità di ammalarsi rispetto alla popolazione generale; • pregresso tumore benigno; • ereditarietà dovuta a mutazioni a carico dei geni BRCA1 e 2; • esposizione a radiazioni ionizzanti (per esempio radioterapia eseguita nell’area toracica); • sovrappeso e obesità soprattutto post-menopausa e stile di vita sedentario; • abuso di alcolici e fumo di sigaretta; • menarca prima dei 12 anni oppure menopausa in tarda età dopo i 55 anni; • assenza di gravidanze o prima gravidanza dopo i 35 anni ; • terapia ormonale conservativa per contrastare l’osteoporosi e gli altri sintomi della menopausa; • uso di contraccettivi orali aumentano lievemente il rischio di tumore alla mammella; • popolazione di appartenenza: è diagnosticato più spesso nelle donne bianche piuttosto che in quelle latine, asiatiche o afro-americane. La visita senologica e l’ autopalpazione dovrebbero essere eseguite periodicamente da ogni donna, gli altri mezzi diagnostici sono la mammografia (che utilizza le radiazioni ionizzanti) e l’ecografia (che utilizza gli ultrasuoni), quest’ultima più specifica nelle donne più giovani a

causa del tessuto più denso, tuttavia è quasi sempre utile l’integrazione di entrambe gli esami. In alcuni casi può essere necessaria la risonanza magnetica la quale aiuta a definire meglio le dimensioni e l’estensione del tumore. Se a questi esami vengono riscontrate lesioni sospette è necessario eseguire una biopsia che consiste nel prelevare un campione di tessuto che viene poi esaminato al microscopio e fare eventuale diagnosi di cancro. I marcatori tumorali non sono utili per fare la diagnosi del tumore ma che possono esserlo nel monitorizzare l’ andamento della malattia e la risposta ai trattamenti, specifico per la mammella è il CA15-3 e il CEA. La prevenzione primaria è basata su una sana alimentazione (povera di grassi saturi e ricca di vegetali e pesce) e dall’ esercizio fisico costante; eliminando o riducendo le abitudini al fumo e alcol; avere la prima gravidanza in età giovanile e allattare per almeno sei mesi al seno. Considerato che la malattia nelle forme iniziali non provoca dolore né altri sintomi, la prevenzione secondaria attraverso una diagnosi precoce resta l’ arma più efficace contro il male perché aumenta la possibilità di sconfiggerlo. La mammografia attualmente è il metodo più efficace per una diagnosi precoce e lo screening di prevenzione prevede di effettuarla ogni 2 anni dopo i 50 anni fino ai 69 e quando dai 40 anni nei casi di familiarità; invece per le donne positive al test genetico BRCA è indicata una ecografia semestrale ed una RMN annuale, anche in giovanissima età. Per l’uomo non esiste uno screening preciso, essendo una patologia meno incidente sarebbe controproducente sottoporre la popolazione a radiazioni. La prevenzione secondaria inizia dai 25 anni attraverso l’ autopalpazione eseguita con regolarità, ogni mese, tra il 7° ed il 14° giorno pre-mestruale onde evitare confusioni e falsi allarmi ed un controllo clinico annuale che può essere eseguito anche dal ginecologo. L’ autopalpazione è una tecnica che consente alle donne di individuare precocemente eventuali trasformazioni del


proprio seno. Quest’ ultima si effettua attraverso l’ osservazione del proprio seno esaminandone la simmetria ed eventuali asimmetrie, forma, arrossamenti, ulcerazioni, ispessimenti, retrazioni ed eventuali cambiamenti, dimensione, eventuali rigonfiamenti e sporgenze che indicherebbero la possibilità di noduli e cisti. La palpazione, permette di individuare la presenza di noduli, cisti, esercitando inoltre una pressione sul capezzolo per verificare eventuali secrezioni di siero e/o sangue che in condizioni normali non dovrebbe avvenire. In linea di massima i noduli benigni appaiono rotondi con bordi regolari, mobili e morbidi al tatto; quelli maligni duri, ancorati, immobili, fissi, irregolari. Fortunatamente la maggior parte di cisti e noduli sono dovuti ad affezioni infiammatorie della mammella o ad altre forme benigne come: mastiti, mastopatie fibrocistiche, fibroadenomi, displasie mammarie benigne e papillomi intraduttali. Un tumore può avanzare, invadendo zone circostanti e diffondendosi ad altri organi, per continuità, contiguità o con presenza di metastasi; queste ultime sono localizzazioni secondarie a distanza di un tumore, attraverso una diffusione per via ematica, linfatica o canicolare. Le metastasi più frequenti dei tumori mammari sono al fegato, ai polmoni e alle ossa. La prognosi di questo tumore è data da molti fattori: diagnosi precoce, la dimensione e localizzazione, lo stadio, il grado di differenziazione, l’età e le condizioni generali della paziente. La terapia del tumore mammario naturalmente deve essere personalizzata. Le attuali opzioni terapeutiche comprendono la chirurgia (possibile solo negli stadi iniziali), la chemioterapia, la radioterapia, la terapia ormonale e le terapie biologiche mirate. La chirurgia ha compiuto progressi notevolissimi, passando dai primi interventi mutilanti a quelli cosiddetti conservativi ovvero mirati a preservare il più possibile l’integrità delle mammelle come la quadrantectomia che divide la mammella in quadranti e si asporta quello che circoscrive la neoformazione; quest’ultima è realizzabile in particolare quando il tumore è di piccole dimensioni mentre nel caso in cui ci sia un estensione della malattia alle ghiandole linfatiche, può essere necessario lo svuotamento ascellare. Tecnica diversa è la mastectomia radicale dove si asporta tutta la mammella. In questo caso, i progressi raggiunti in questo campo consentono inoltre di

ricostruire il seno già durante la mastectomia, evitando alla paziente lo stress di un nuovo intervento e garantendo un miglior recupero estetico. La radioterapia che usa radiazioni ionizzanti ed è utilizzata soprattutto per colpire cellule tumorali sfuggite al bisturi dopo interventi conservativi o anche contestualmente all’intervento chirurgico in una sola seduta (radioterapia intraoperatoria). Consiste in un trattamento localizzato e preciso che si protrae solitamente per 5 o 6 settimane mediante applicazioni di 3-5 secondi ripetute per 5 giorni a settimana. La chemioterapia prevede la combinazione di diversi farmaci con l’effetto di impedire la divisione e la riproduzione delle cellule tumorali e può essere indicata prima dell’intervento per ridurre le dimensioni e renderlo più facilmente asportabile o dopo l’ intervento per eliminare cellule tumorali eventualmente rimaste e quindi in via preventiva per abbassare il rischio di recidive. Purtroppo la somministrazione di tali farmaci compromette anche le cellule sane dell’organismo causando spiacevoli effetti collaterali. L’ormonoterapia prevede l’ utilizzo di farmaci che bloccano l’attività degli estrogeni ritenuti coinvolti nell’insorgenza e nello sviluppo di almeno un terzo delle neoplasie mammarie. Lo studio di alcuni aspetti delle cellule cancerose ha fornito nuove e preziose indicazioni per l’ideazione di farmaci che interferiscono direttamente con eventi-chiave della vita neoplastica, più selettivi per il tumore e meno tossici per l’organismo. Grazie a questi farmaci bersaglio (target) detti anche biologici perché selettivi, è possibile identificare e colpire i fattori responsabili della crescita e diffusione incontrollata delle cellule, della loro capacità di sopravvivere alla chemioterapia e alla radioterapia e di stimolare la produzione di nuovi vasi sanguigni. Le “target therapies” non sono efficaci per tutti i pazienti : proprio perché mirate, ottengono benefici solo contro certi tipi di tumore e in determinati stadi della malattia. È inevitabile che la lotta contro il cancro sia un evento doloroso, creando nell’individuo sentimenti e emozioni molteplici come la paura, i dubbi, i conflitti, la depressione, l’ansia, l’insonnia, nonchè sentimenti di vergogna, inadeguatezza, bassa autostima, perdita di fiducia nel futuro e nella progettualità. Ed è ancora più doloroso per la donna quando la malattia colpisce organi legati alla sfera sessuale o riproduttiva (come nel caso dei tumori

ginecologici e mammari). Il seno rappresenta il vero e proprio centro dell’immagine corporea femminile, e la donna spesso si identifica con questa parte del corpo, grande o piccolo che sia. Nonostante le tecniche di chirurgia conservativa, il tumore mammario colpisce inevitabilmente un simbolo della femminilità, della seduzione e della maternità. L’impatto traumatico con la diagnosi ed i relativi trattamenti hanno profonde conseguenze anche sulla sessualità determinando una rivoluzione nella percezione di sé. L’impatto estetico porta, inevitabilmente, un peggioramento di tutto ciò che concerne la sfera dell’ erotismo e del piacere con verosimili ripercussioni sulla vita di coppia. L’ 80% delle donne con diagnosi di carcinoma mammario hanno riferito una riduzione del piacere alla stimolazione mammaria e sentimenti di vergogna a mostrare le cicatrici in intimità. Inoltre la chemioterapia può tradursi in perdita dei capelli, invecchiamento cutaneo precoce, secchezza vaginale con dolore durante il coito; inoltre nausea, stanchezza che non aiutano nessuna donna a sentirsi sessualmente attraente. Anche se le reazioni alla malattia e ai trattamenti sono molto personali, esistono una serie di indicazioni che potrebbero essere utili per facilitare la vita di coppia: richiedere al medico informazioni relative agli effetti della malattia e delle terapie sull’attività sessuale; dialogare apertamente con il partner degli aspetti relativi alla sessualità e delle difficoltà riscontrate; avere un atteggiamento positivo e richiedere un supporto psicologico individuale o di gruppo. Prendersi cura di sé, con animo positivo, aiuta alla la ripresa della quotidianità e ricordarsi sempre che si può vivere bene anche con delle cicatrici con le quali non si perde, assolutamente, femminilità e fascino. Articolo svolto in collaborazione con la dott.sa Fabiana Vitiello medico chirurgo Specialista in Oncologia. CPS Francesco Di Lorenzo Casa di Cura Cobellis Francesco Di Lorenzo francescodl1979@gmail.com

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cala bianca

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Nell'estate 2013 "Cala Bianca" è stata eletta "spiaggia piÚ bella d'Italia. Non si tratta di un luogo che accoglie il turismo di massa, ma di un angolo di natura incontaminata che come tale deve essere apprezzato e rispettato.


LA SPIAGGIA PIÙ BELLA D'ITALIA!

È

Cala Bianca di Camerota, nel Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, che nell’estate del 2013 è stata eletta "spiaggia più bella d'Italia". Non si tratta di un luogo che accoglie il turismo di massa, ma di un angolo di natura incontaminata che come tale deve essere apprezzato e rispettato. E' possibile raggiungere la spiaggia via mare in pochi minuti dal porto di Camerota con barche per gite turistiche, ma il vero itinerario e quello che per circa 1 ora (consigliato in periodo non 28

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troppo caldi) ci conduce attraverso un sentiero, partendo dalla località "monte di Luna" di Marina di Camerota. La "Cala Bianca" è una spiaggetta di circa 70x30 mt. che deve il suo nome ai ciottoli rotondi e bianchi che la compongono. Si trova al termine della Baia del Pozzallo, che prende il nome dalla Grotta del Pozzallo e dalla spiaggia adiacente. Tra questa prima spiaggia e "Cala Bianca" si trova la Sorgente di S.Caterina: in una chiazza di acqua smeralda a ridosso di scogli acuminati, sfocia una sorgente di acqua dolce, che a detta di medici ed esperti contiene

virtù salutari. Di fronte alla spiaggia, a sud est, sorge il promontorio che chiude la Baia, sul quale si erge la Torre di Niballo (o Torre di cala Bianca). Proseguendo sul sentiero per altri 35 minuti si arriva alla Baia degli Infreschi (vedi scheda per percorsi di Trekking su "Cala Bianca"). La spiaggia votata via web per 'La più bella sei tu', il sondaggio di Legambiente 2013 lanciato per eleggere la spiaggia più bella insieme ad altre 15 spiagge memorabili in Puglia, Toscana, Sardegna, Sicilia, Calabria, Liguria, Lazio


e Marche per paesaggi indimenticabili, ecosistemi incontaminati e scrigni di biodiversità sul Mediterraneo. Per il popolo di internet affezionato al Cigno verde, la piccola spiaggia di sabbia bianca circondata dalla vegetazione selvaggia, incastonata nella costa cilentana, è la regina indiscussa definita: "unica e inimitabile", "un paradiso terrestre", "una spiaggia dove si può ritrovare la calma e la pace", "uno dei posti più belli dove poter fare il bagno nel Cilento". "Quelle che abbiamo raccolto in questa lista sono le spiagge del cuore di molti italiani – ha dichiarato Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente - alcune già molto conosciute, altre tutte da scoprire, in alcuni casi raggiungibili solo via mare o dopo estenuanti trekking o seguendo itinerari conosciuti solo da pochi. Ognuna ha una peculiarità, ma tutte hanno la caratteristica di aver conservato intatta tutta la loro bellezza. Alcune di loro sono veri e propri simboli di conservazione e tutela ambientale, a volte rappresentano un presidio di legalità, ma è la bellezza, la

qualità paesaggistica, il loro straordinario valore estetico, il dato che abbiamo voluto sottolineare in questo caso, un elemento unico che spesso solo in Italia troviamo con così tanta frequenza e che rappresenta la migliore caratteristica del nostro Paese”. Legambiente, grazie al contributo del popolo del web, le ha selezionate incrociando i dati della Guida Blu e con il parere una giuria di esperti tra cui Stefano Landi, esperto di turismo sostenibile docente dell’Università Luiss Carli di Roma, il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri e i responsabili dei circoli Legambiente sul territorio. Annalisa Botti La Redazione

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Turismo & Territorio

L’UOMO E LA TERRA

I

COME IL PASSATO, ANCHE IL PRESENTE E IL FUTURO HANNO BISOGNO DELLA TERRA

l futuro dell’uomo è intimamente legato alla madre Terra; alla Terra che in tante parti del mondo è sempre più ammalata di UOMO, che egoisticamente e con superficiale indifferenza, la maltratta, mutandone gran parte delle sue caratteristiche genetiche. Tanto, a tutto danno di se stesso, costretto a vivere, in condizioni di sfasciume e degrado, abitando sempre più in luoghi disumanamente innaturali, riducendo così ovunque anche le opportune potenzialità del vivere insieme per rifugiarsi in mondi separati nei quali al vivere reale si preferisce la vita virtuale ed il nutrirsi di cibo sempre più avvelenato, con caratteristiche di cibo spazzatura, funzionale non alla buona salute della gente, ma al solo godimento del proprio stomaco, che si sente appagato di una sazietà che non ha in sé i presupposti del gusto e tanto meno della buona salute. Il mondo, così come si comporta, va irrimediabilmente verso il disastro annunciato; un disastro che parte dalla Terra maltrattata ed inevitabilmente comprenderà la vita dell’uomo che non avrà più le condizioni necessarie per vivere, mancandogli, tra l’altro, anche il cibo spazzatura, necessario ad un sopravvivere che sarà sempre più maledettamente difficile. Ha ragione Pierre Rabhi, un naturalista che è tornato a coltivare la Terra, proprio come si coltivava una volta, quando nel suo film testimonianza “Au nome de la Terra”, conversando con un interlocutore ospite, afferma “quando mi siedo a tavola non dico buonappetito, ma buona fortuna”. Sono parole di un disperato messaggio antropico, che fa ben capire le gravi condizioni della vita dell’uomo sulla Terra; una vita, tra l’altro, avvelenata nelle coscienze degli uomini ed in modo tragico in quel che mangiamo, un cibo sempre meno naturale, sempre meno biologico, fortemente avvelenato dall’uomo che lo produce, pensando unicamente alla quantità a tutto danno della qualità di quel che si produce; di quel che si mette a tavola, purtroppo, sempre più estraneo alla buona salute. 32

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Nei decenni passati con comportamenti umanamente sbagliati, tutt’ora insieme, l’uomo a capofitto, dimenticandosi dell’essere, si è buttato nel mondo fantastico dell’apparire e del consumare comunque, creandosi dentro i dannati presupposti della propria autodistruzione. Il cibo, un bene di tutti gli uomini della Terra, è diventato bene di consumo sottoposto violentemente alle sole leggi di mercato, con possibilità concrete di acquisto solo per gli aventi le risorse monetarie necessarie ad acquistare ed a consumare, facendo così degli acquisti e dei consumi, il paradiso terrestre del falso piacere umano, tra l’altro, egoisticamente inteso come il tutto per sé. In questo particolare momento storico, l’uomo, il povero uomo della Terra, complice e vittima di se stesso, si fa male, facendo così male agli altri e facendo altrettanto male alla natura di cui diventa nemico ad un punto tale da doverla considerare ammalata grave di uomo. Nella sempre più diffusa pazzia del nostro tempo, si fa sempre più strada il libero convincimento di dover concentrare le risorse di cui ha bisogno l’uomo della Terra, nelle mani dei pochi che egoisticamente ne possono disporre l’uso per propri fini materiali di arricchimento fatto sulla pelle dei più deboli; degli esclusi, soprattutto per il rifiuto del cibo che ancora oggi interessa ben circa un miliardo di uomini, a cui viene innaturalmente negato il naturale diritto alla sopravvivenza, così garantendo a tutti il “pane della vita”; purtroppo, nelle mani violente degli sfruttatori dell’umanità, non è più un diritto, ma un

solo privilegio di chi ha; di chi ha risorse e può egoisticamente pensare a spenderle, pensando sempre più, solo a se stesso. La materialità del mondo, assunta come valore unico, è basata sulla centralità del denaro; ha in sé un valore universalmente condiviso e per il quale si accentuano i contrasti umani ed i conflitti, individuali e tra i popoli della Terra che, purtroppo, diventano sempre più conflitti insanabili; conflitti sempre più, aggressivi e violenti. Bisogna che l’uomo della Terra, la smetta

di imporre il suo egocentrismo deviante e deviato; la smetta con la centralità egoistica del tutto per sé, assumendo, per questo disumano ed inopportuno obiettivo, atteggiamenti di grande indifferenza per la vita ed il mondo degli altri. Non è più tollerabile che tanto succeda nella più assoluta indifferenza umana; l’uomo della Terra non è nato per vivere egoisticamente solo per sé; deve vivere e saper vivere rapportandosi opportuna-


mente agli altri; aprendosi e collaborando con gli altri, nel cui insieme c’è anche una parte di sé che rappresenta quell’insieme sociale a cui, dobbiamo, tutti noi della Terra, ricordarci di appartenere. Tanto, al fine di creare le condizioni umane per garantire la vita a tutti gli esseri umani, nessuno escluso, permettendo a ciascuno l’accesso al pane della vita ed a quei diritti umani da garantire, al fine da evitare che una parte dell’umanità, sia umanità esclusa e senza diritti; sia, inopportunamente, una parte di umanità dai diritti negati, contravvenendo così alle leggi naturali che vogliono l’uomo portatore di pari dignità e di pari cittadinanza, universalmente intesa, di fronte alla dignità umana dei diritti dell’uomo che, altri uomini, padri-padroni, si sentono autorizzati a negare; si sentono autorizzati a cancellare, per effetto della sola forza

di una prepotenza cieca e disumana che, oggi più che mai, non si ferma di fronte a niente ed a nessuno. Ma in che mondo viviamo? Perché l’uomo della Terra sa sempre meno rispettare i suoi simili e la Terra che usa, abusandone? Così facendo non fa forse male prima di tutto a se stesso? Non riduce la propria vita ad un vero e proprio inferno terreno da cui non usci-

rà vincitore, ma vittima sacrificale di un disastro senza ritorno, con vinti senza vincitori? L’uomo, soprattutto i potenti che si sentono padroni del mondo, devono fermarsi a riflettere; non possono pensare di andare avanti sfidando sempre più, l’impossibile; così facendo, non fanno altro che compromettere irrimediabilmente la vita sulla Terra e quindi la loro stessa vita. Siamo ad un punto senza ritorno; se ci si affida alla saggezza e si sa guardare all’umanità dei sapienti, ricchi dei saperi della Terra, ci si può anche salvare; se non si farà questo, così come da tempo annunciato, sarà la fine di tutto e per tutti. Tanto, per quella profonda crisi del pensiero e dei valori; tanto, per quel disastroso vuoto di idee; tanto, per quel rapporto sempre più rovinoso uomo-ambiente, uomo-natura, uomo-Terra. Tutto quanto sopra è determinato dal sempre più insufficiente e basso livello di cultura che caratterizza l’uomo del nostro tempo, soprattutto in determinate aree critiche del mondo, dove, purtroppo, in modo sempre più prevalente, avanza quel rovinoso vuoto di cultura e dei saperi che non promette niente di buono per l’umanità, oggi in condizioni di forte crisi, perché è fortemente in crisi l’uomo del nostro tempo. C’è, negli scenari del mondo, un rapporto sempre più squilibrato tra il passato con il suo carico di tradizioni ed il presente, con la sua crescente ed a volte eccessiva domanda di modernità. La modernità non deve né può significare annullamento del passato delle tradizioni che comprende, tra l’altro, il rapporto con la madre Terra, da rispettare, non snaturandone il legame e da conservare per evitare una crisi di futuro conseguente al cattivo rapporto passato, presente, futuro. L’uomo del nostro tempo in modo sem-

pre più suicida è indifferente al passato ed alle sue tradizioni; così facendo, certamente non agevola il cammino dell’umanità. Tanto, sia nel rapporto uomo-uomo, sempre più indifferente all’unità d’insieme, sia nel rapporto uomo-Terra, un rapporto sempre più violentemente squilibrato per la pretesa umana di usare la Terra, in quanto se ne sentono padroni assoluti e quindi naturali dominatori, a cui è consentito di fare tutto, abusandone senza limiti. Questi scenari tristi sono parte viva del nostro presente; rappresentano la nostra modernità che continua a cancellare inopportunamente le radici delle nostre tradizioni, fatte da un rapporto equilibrato ed armonico con la nostra madre Terra, una madre saggiamente benevola che l’uomo egoisticamente si ostina a maltrattare, facendo così male, prima di tutto, a se stesso. È un grave e rovinoso errore assumere comportamenti umanamente ostili nei confronti della madre Terra, sempre più abusata, sempre più violentata, sempre più usata per produzioni poco naturali e con scarse caratteristiche salutistiche, in quanto geneticamente modificate e/o avvelenate da prodotti chimici estranei a quel mondo naturale che va protetto e conservato per garantirsi umanamente nella tradizione, senza la quale proprio non c’è futuro per la modernità. Tutto questo ci viene dal saggio comportamento dei tanti che hanno conservato sapientemente un buon rapporto con la Terra. In nome della Terra pensano sapientemente ad un mondo nuovo; ad un mondo che per vivere bene deve sapersi rapportare alla cultura rurale utile al buon rapporto umano e prima ancora al buon rapporto con il cibo e la propria tavola, da cui dipende la buona salute e l’altrettanto buon vivere umano. È importante saper riconoscere i limiti propri della possibilità umana; sono tanti oggi che, nonostante la modernità cercano di andare sempre più oltre, indifferenti ai confini delle “Colonne d’Ercole” che nella tradizione venivano rispettati, evitando quell’inopportuno accanimento di andare oltre i limiti del possibile umanamente consentito. Un buon viatico per riscoprire i valori della buona Terra è nell’esperienza umana e culturale di Pierre Rabhi; un’esperienza che, se ben capita entusiasma oltre ogni limite e fa ben capire quanto sia imporMR. MAGAZINE | agosto 2015 33


tante la Terra, la buona Terra, così come per il passato, anche per il futuro dell’uomo. È la Terra al centro della vera vita dell’uomo; è la Terra che fa dire a Pierre Rabhi che non c’è modernità, né futuro possibile, se l’uomo non torna virtuosamente a coltivarla, amandola, rispettandola, mettendo nelle sue zolle naturalmente a dimora i semi naturali, per poi raccogliere i buoni frutti, che diventeranno poi il sano cibo della tavola dei sapori antichi e della buona salute. Grazie Pierre Rabhi per gli esempi che riesci a dare al mondo attraverso il tuo pensiero ed il tuo instancabile fare quotidiano, producendo quel cibo sano e genuino che può, sedendosi a tavola, far dire a tutti “buonappetito” e non più e sempre più “buona fortuna”, per i sempre più dannosi alimenti di un cibo spazzatura, un prodotto non più della buona Terra, ma dell’insaziabile mondo economico che oggettualizza tutto e tutto diventa solo business economico-finanziario. La mia cultura di provenienza fortemente radicata nel vecchio mondo contadino, mi ha accompagnato amorevolmente nel corso della vita in quel sacrale rispetto per la mia madre Terra, intesa come Terra da amare, da rispettare, da usare senza abusarne e senza pensare che vada usata come se ciascuno di noi fosse l’ultimo ad abitarla ed a viverla. Non è assolutamente così. Gli uomini che vivono sulla Terra sono custodi e non padroni della Terra; per questo, va usata con saggio rispetto, senza abusarne, in quanto, oltre ad essere un

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bene del presente, come ci insegna la storia millenaria è, anche e soprattutto, un grande bene per il futuro dell’umanità. Con grande forza antropica e culturale ho sempre pensato a costruire un rapporto saggiamente armonico tra il sapiente passato e la modernità, purtroppo, frettolosamente impegnata in cambiamenti fatti del solo apparire sempre più indifferenti all’essere ed alla saggezza dell’essere che interessa sempre meno; tanto, soprattutto da parte dell’indifferente umanità dell’Occidente, sempre più attenta al solo vivere terreno della materialità sempre più spinta. Convinto dell’importanza delle testimonianze, ho pensato all’importante mia funzione nel ruolo di operatore culturale attento conservatore della storia materiale del vecchio mondo contadino; a partire dagli anni sessanta, mi sono attivamente adoperato ad Ortodonico Cilento, per una concreta raccolta museale degli oggetti abbandonati del vecchio mondo contadino. Si tratta di oggetti, sempre più indifferenti ai più e prossimi a scomparire, pur rappresentando testimonianze della tradizione assolutamente necessarie alla modernità ed al saggio suo cammino nel futuro, da costruire insieme nel rispetto del passato. Sono contento di questo mio impegno prevalentemente antropico, realizzato ben oltre le mie caratteristiche professionali di sociologo, ma sicuramente nella mia giusta dimensione umana, dell’identità, dell’appartenenza e delle radici

profonde che da sempre mi legano alla madre Terra. In questa stessa dimensione di rispetto per il passato, inteso come tradizioni, come storia e come testimonianze, ho attivamente impegnato più e più anni della mia vita nel progetto di restauro e di recupero alla modernità di un’importante testimonianza del medio evo cilentano; la Torre Medievale di Ortodonico che, grazie al mio impegno unitamente a quello di mia moglie e della mia famiglia, fortemente contagiata dalla mia instancabile passione per la conservazione di importanti testimonianze del passato, oggi è un bene restaurato e ben conservato anche per il futuro di quelli che verranno. Il futuro del nostro Paese è, prima di tutto, nelle idee; nelle idee sia individuali che di insieme, finalizzate al fare. Se questo saggiamente accadrà, salveremo il Cilento, il Sud, l’Italia, l’Europa ed il mondo. Se questo accadrà come saggio impegno ed atto d’amore per la Terra, salveremo la Terra e non solo la Terra, ma anche l’uomo, anche quel suo fragile uomo che la abita, sentendosene inopportunamente padrone assoluto e maltrattandola con abusi che possono irrimediabilmente comprometterne il futuro ad un punto tale da farlo diventare negato per quelli che verranno. Giuseppe Lembo www.giuseppelemboscrittore.it lembo.giuseppe@alice.it


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a moda è un continuo riproporsi di tendenze e must passati e questo lo riscontriamo in moltissimi ambiti. Soffermiamoci sulle sneakers (o più comunemente scarpe da ginnastica) un must che da qualche mese ha coinvolto tutti, scarpe da indossare in qualsiasi occasione e sotto qualunque outfit che sia esso sportivo o elegante. Una nuova femminilità che supera il solito tacco a spillo o l'abito formale ma fa un tuffo nel passato ricordando la Sandy di Greese . Le Stan Smith e le Superstar sono tornate, arrivano dagli anni '90, sono state ai nostri piedi nei primi anni 2000 e adesso hanno invaso il globo! Perché tanto successo? I fattori sono vari, a quanto 38

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pare stanno bene con tutto, sono sicuramente comodissime e sono anche alla portata di tutti dato il loro costo che si aggira intorno ai 90 euro. Questo must ha coinvolto grandi e piccoli, uomini e donne dai gusti differenti data la sua vasta collezione si va dal minimal il total white al basic per arrivare al modello più particolare con decori fantasie e geometrie bizzarre. Siamo stati catapultati nel vortice Adidas, una vera e propria ossessione, forse una delle più intense in fatto di sneakers negli ultimi anni. Vi posso confermare che se iniziate a comprarne un paio non finirete più, le vorreste tutte data anche la vastissima gamma e le continue novità come quella più recente creata dal cantante/ stylist Pharrell Williams che un mesetto

fa ha dato vita alla capsule Superstar Supercolor. E un’esclusiva capsule collection che ripropone la Superstar in cinquanta coloratissime sfumature diverse. Oltre a Pharrell moltissime altre personalità dello spettacolo hanno collaborato con adidas, ricordiamo Kanye West o Rita Aora ed altri. Inoltre se il vostro desiderio è quello di distinguervi dalla massa e di dare alle vostre scarpe un tocco di originalità adidas propone anche l’adidas fai da te. Non ci resta dunque che dare una sguardo ai modelli più IN, quelli che nelle passerelle o per strada richiamano la nostra attenzione e soprattutto il desiderio di calzarle. Vivienne Imparato


La moda è un continuo riproporsi di tendenze e must passati e questo lo riscontriamo in moltissimi ambiti.

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Costume & Società

AL "VICO" DI AGROPOLI SI DIVENTA GEOMETRI di Emilio La Greca Romano

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ra i titoli di studio della scuola media di secondo grado, secondo la fonte Excelsior 2014, spiccano favorevolmente le scelte dei Diplomi da spendere nel terziario. La cittadina agropolese, oltre alle molteplici opportunità di studio, offre oggi ai giovani del territorio un nuovo percorso di formazione. Si tratta, in effetti, dell’indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio articolazione Geotecnico. Questa felice intuizione del Dirigente Scolastico Teresa Pane, in aggregazione ai corsi già consolidati dell’ITES “G. Vico”, ha lo scopo di

rare nel settore edile ecocompatibile nel rispetto della normativa sulla tutela dell’ambiente. Acuta e sensibile, in tal caso, si configura la visione della Pane, attenta a fornire una adeguata risposta alla istanza di un territorio a vocazione turistico-commerciale. Il secondo biennio e il monoennio conclusivo si costituiscono di trentadue ore settimanali complessive di lezione. Il Diploma che si consegue, a conclusione dell’iter di studio, è finalizzato, come accennato, alla formazione di tecnici con competenze nella conduzione dei cantieri per costruzioni in sotterraneo,

fortemente auspicato dalla fascinosa e arguta Pane, con l’apporto di professionisti del settore della progettazione e realizzazione edile concorre quindi a formare un tecnico destinato al ruolo sempre più importante e significativo nel panorama professionale. La scuola va dotandosi sempre più di una strumentazione all’avanguardia per consolidare e concretizzare il sapere e il saper fare dei discenti. Gli aspiranti Geometra vengono orientati ad effettuare esperienze sul campo, in laboratorio e in cantiere e assiduamente aggiornati dalle ultime tecnologie. Fra le attività e progetti di Teresa Pane, l’i-

formare professionisti capaci di intervenire nella gestione e manutenzione dei fabbricati, abili nella collaborazione progettuale, nella valutazione e realizzazione di organismi complessi, nonchè di selezionare materiale da costruzione adeguati e, infine, nell’ope-

nella ricerca e nel controllo per la determinazione della pericolosità idrogeologica e geomorfologica nella conduzione di bonifiche ambientali nei rilievi topografici e nella redazione cartografica. L’indirizzo di studio per Geometra, attivo presso l’ITES “G. Vico” di Agropoli,

stituzione dell’indirizzo Geometra, in un ampio bacino di utenza a vocazione turistico-commerciale, come quello agropolese, della Piana del Sele e del Cilento, si rappresenta un prezioso riscontro nel panorama dell’opportunità formativa della scuola secondaria. Sui

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banchi della scuola di Agropoli oggi si studiano i testi di Tecnologia delle Costruzioni, di Topografia, insieme a quelli di Diritto, di Inglese, di Scienze, di Chimica, di Disegno Tecnico, di Estimo, di Storia e di Italiano. Nelle aule e nei laboratori del “Vico” si gettano quotidianamente le basi per una solida formazione professionale. L’indirizzo di studio per Geometra oggi si rappresenta una valida realtà nella cittadina turisticocommerciale cilentana, se pure ancora connessa ai processi delle problematiche della fase iniziale. Conviene a tanti giovani del nostro territorio intraprendere questo percorso e specialmente in virtù dei molteplici cambiamenti strutturali e funzionali dei vari indirizzi professionali. Nel quadro del riparto delle competenze professionali dei tecnici dell’edilizia il profilo del tecnico Geometra verrà individuato nel quadro della formazione accademica. Ci si riferisce di fatto al “Geometra laureato”, a seguito di un percorso triennale dopo il diploma secondario. Niente di meglio, per quanti desiderosi di realizzare il sogno accademico, di intraprendere una tipologia d’indirizzo di studio in stretta attinenza a quella del percorso accademico professionalizzante. Oggi un considerevole numero di iscritti agli Albi dei Geometri ha conseguito la laurea triennale seguendo il corso universitario nelle classi indicate nel DPR 238/2001. L’art. 55 dello stesso DPR stabilisce che gli iscritti agli Albi dei Geometri che hanno conseguito delle lauree spetta il titolo professionale di “Geometra laureato”. Ecco, dunque, per l’appunto, alla luce di una maggiore qualificazione universitaria del profilo Geometra, l’importanza

e l’urgenza di questa fortunata scelta già nella scuola secondaria. E’ ovvio che, ai fini del campo di attività, il “Geometra laureato” ha sostanzialmente le stesse competenze del Geometra avendo conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione col semplice Diploma. Il Consiglio Nazionale dei Geometri e dei “Geometri laureati” così traccia il profilo professionale del sostituto del vecchio agrimensore: “La professione del geometra fu istituita in Italia nel 1929, secondo quanto disposto dal Regio Decreto n. 274. Alla nascente categoria – che sostituiva quella del perito agrimensore – furonoassegnate molteplici competenze tecniche soprattutto in ambito edilizio, topografico ed estimativo, legittimandone sin da subito il ruolo di professionista poliedrico e dal sapere multidisciplinare. La polivalenza di ieri è il sapere specialistico di oggi, frutto di una formazione continua di eccellenza e allineata agli standard qualitativi internazionali. L’elevata professionalità dei servizi offerti poggia prevalentemente su due punti di forza: la spiccata propensione all’uso delle nuove tecnologie e il forte radicamento sul territorio. La combinazione di questi elementi fa sì che il geometra sia identificato come il professionista tecnico maggiormente in grado di risolvere in maniera adeguata e tempestiva le esigenze dei cittadini e della pubblica amministrazione.

guito di un formativo percorso nell’ambito della scuola di ogni ordine e grado, novello ed entusiasta Dirigente nel grado della scuola media secondaria, con l’individuazione e la promozione di questo nuovo e innovativo percorso di studio, ancora una volta ha centrato l’obiettivo. Grazie alla pregevole scelta dell’indirizzo, a cura della Pane, il comprensorio territoriale della Piana del Sele, di Agropoli e del Cilento intero, oggi può attingere a questo nuovo sapere volto a costruire una figura professionale che agisce prevalentemente nel settore edilizio, topografico ed estimativo. Il nuovo indirizzo di studio è sicuramente una opportunità preziosa per la nuova generazione locale; una salutare proposta, di certo ben collocata nel tessuto socio economico della zona, una esaustiva risposta alle istanze del bacino territoriale. Emilio La Greca Romano lagrecaromano.emilio@virgilio.it

Inoltre, la necessità operativa di raccogliere e analizzare i dati del territorio lo rende testimone dell’evoluzione culturale ed etnografica dei luoghi in cui opera, e nei quali è da sempre considerato dai suoi abitanti interlocutore privilegiato e fidato”. Teresa Pane, a se-

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"Le forme della natura che non smettano mai di stupirci" Gli sono stati attribuiti infiniti significati, create leggende, per ogni suo colore un simbolo: sventura, successo, vivacità. E' il papavero. Quello rosso è simbolo di oblio e del sonno che ha in Morfeo il suo maggior "testimonial", raffigurato con un mazzo di papaveri cadenti tra le braccia. Persefone, figlia di Demetra, venne costretta da Ade a mangiare capsule di papavero contenente oppio, per tenerla segregata agli inferi e sposare lo zio. Durante la prima guerra mondiale si creavano corone e ghirlande di papaveri in onore dei caduti sul campo

di battaglia. Una delle più profonde e struggenti ballate di Fabrizio de Andrè, "La guerra di Piero" non celebra le rose o i tulipani, ma il papavero: "Non è la rosa non è il tulipano ...ma sono mille papaveri rossi". Ne “Il campo di papaveri” di Vincent Van Gogh sembra che danzino, mossi dal vento, quando li osserviamo nei campi di grano. “Danza di un papavero” Osservando l’immagine sembra che gli stami, mossi dal vento, stiano danzando come se fossero la gonna di una ballerina hawaiana che ha come copricapo lo stigma stellato. Il polline liberato contribuisce a creare movimento.

Fiore molto semplice, passato spesso inosservato, sembra insignificante, non è nobile, ma ha ricevuto notevoli attenzioni in leggende e credenze popolari. Celebrato nella struggente ballata “La guerra di Piero”, di Fabrizio de Andrè, impressionato ne “Il campo di papaveri” di Vincent Van Gogh, è passato attraverso la mitologia tra la braccia di Morfeo, è diventato il fiore in onore dei caduti in guerra. E' emozionante pensare che, dopo aver letto questo, chi guarderà un papavero non lo farà più con gli stessi occhi. I particolari evidenziati con la macro fotografia si mostrano all'occhio umano e con loro prendono vita le leggende, i


significati ed i simboli che nel corso dei secoli hanno visto i papaveri protagonisti e modelli in tutte le culture. Grazie alla macro fotografia scopriamo un mondo nel mondo, una vita nella vita che altrimenti, complice la nostra frenesia, non riusciremmo a conoscere. Testi e fotografie di Alessandra Piasecka Š

ALESSANDRA

PIASECKA PHOTOGRAPHER www.alessandrapiasecka.com All images included in this magazine have been created by ALESSANDRA PIASECKA and are the sole property of the author herself and therefore protected by international trademark laws. MR. MAGAZINE | agosto 2015 45


Cucina & Dintorni

SINFONIA DI CIPOLLE DI Francesco Di Vita

Al nostro grande UOMO e alla sua vittoria

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infonie di cipolle un ricettario, ma non un semplice libro di ricette. Sinfonie di Cipolle contiene una storia e una grande vittoria. La vittoria di chi ha vinto nonostante la malattia, di chi non vi si è arreso, di chi ha continuato a credere e a lottare. Ecco cosa ha significato per Francesco Di Vita la realizzazione di due ricettari, Sinfonie di Cipolle PRANZI e CENE di MARE, a cui presto seguirà la pubblicazione del terzo ricettario già in progetto CENE di TERRA. Ci ha lasciati un grande esempio di volontà di forza e audacia. Eppure ancora vive qui con noi in ogni sua espressio-

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di Giada Di Vita ne non soltanto culinaria. Un uomo, un giovane uomo, un giovane leone che ha ruggito senza mai indietreggiare, se non per darsi slancio per un salto ancor più grande, proprio come fa il leone prima di lanciarsi sulla perda indietreggia di tre passi per scagliarsi con maggior forza. Dignità è una delle tante preziosità che ha sempre avuto Francesco. La dignità nel suo sguardo, nelle sue azioni, nelle sue parole, la dignità di vivere una vita al cento per cento e ancora di più. Oltre ogni limite. La dignità della sfida, la dignità della malattia e della sfida nella malattia. Come due facce della stessa medaglia. Orgoglio, lui è stato un grande orgoglio, non solo

per come ha saputo sfruttare ogni sua capacità ma per come la sua vita ha inondato quella degli altri lasciandovi l'orgoglio di averne fatto parte adesso e per sempre. Riferimento, un grande punto di riferimento costante, sempre e costantemente presente, a se stesso e agli altri. Ironico, saggio, appassionato. Amante della buona cucina e non solo, ha combattuto per continuare ad assaporare cibi e a sentirne i profumi gli odori, nel suo continuo immaginario elaborava ricette quotidianamente appuntandole in mente e chissà quanto ancora avrà avuto da suggerirci, solo lui lo sa. Sinfonie di Cipolle, è il risultato tangibile e concreto di come la nostra


vita ha quel potenziale che aspetta solo di manifestarsi, di splendere e arrivare agli altri. Il suo lascito va oltre ogni misura ed è incalcolabile per il valore che ha. Non ci sono parole per esprimere quanto impegno, lavoro, voglia di farcela, convinzione, preparazione, sfida, e tanto amore vi sono tra le righe di queste ricette. Un dono che per noi tutti che dovrebbe essere fonte di ispirazione. Nella sua prefazione esprime le sue percezioni e considerazioni sull'alimentazione attuale, pone delle riflessioni su come invece potremmo curare il nostro corpo mangiando in modo salutare, al posto di danneggiarlo con non curanza, lui che di stare in armonia col proprio corpo ne sa davvero tanto. La sua esperienza conosceva bene il valore dello 'stare bene' attraverso il buon cibo e ha voluto dare un messaggio per ognuno di noi, che mi auguro arrivi ad infine orecchie e infiniti cuori. "Questo ricettario nasce da un'osmosi di passione e creatività. Cucinare per l'autore non è soltanto appagamento del gusto, dato che le sue condizioni fisiche non gli permettono di avventurarsi tra i fornelli, né di mangiare le sue stesse creazioni, creare ricette è per lui simile al processo di composizione di una sinfonia musicale. Così come su un pentagramma il compositore fa susseguire le note ascoltandone già i suoni e gli accordi, così Francesco scrivendo le sue ricette grazie al suo forte immaginario e il ricordo dei sapori dei cibi, ha creato connubi insoliti e originali… Le sue sinfonie culinarie. Quando Ludwig Van Beethoven arrivò alla sordità completa negli ultimi anni della sua vita non si arrese alla malattia e compose, grazie al suo immenso genio e la sua grandezza, una delle sue opere più celebri al mondo: la Nona Sinfonia con L'Inno alla gioia. Dunque credere nel potenziale umano sta soltanto a noi stessi, che siano sinfonie musicali o culinarie, tutto sta nel creare...". Questa la prefazione del suo primo ricettario, che fa capire in parte quanto sia stato sentito l'intento di portare a termine quello che richiede un forte impegno e non solo. Quello che mi viene in mente è che spesso non si dà il giusto rispetto a ciò che abbiamo nelle nostre vite e che bisognerebbe azzerare tutto soltanto per ristabilire i veri valori quelli prioritari, in virtù di questo tipo di rispetto, che non ha niente a che vedere con le moltitudini di illusioni

che ogni giorno ci fanno credere che non saremo mai felici, proprio perché non le vediamo per quello che sono. Francesco è sempre stato fautore di questo pensiero, ha stabilito in se' una condizione vitale che non aveva niente a che fare con un grande fetta del mondo dei suoi coetanei, lui sempre un passo avanti, una spanna in più, uno sguardo oltre la sola evidenza, oltre il limite. Il suo lavoro merita di essere valorizzato e di essere messo in pratica, fosse soltanto per il fatto che le ricette sono di una creatività unica, già solo per questo bisognerebbe dargliene atto, merita attenzione da parte di chi non ha mai tempo, merita lo scacco matto, lo metta tutto. Non ci sono parole se non un grande insegnamento da portare avanti. Il suo lavoro non è certo finito, anzi è appena iniziato e la sua continuazione non è altro che il frutto del seme che lui ha piantato. Tu Francesco se avessi

scritto di piante e fiori o di mare e conchiglie avresti saputo infondere allo stesso modo la tua essenza nel modo unico che ti appartiene, così per ogni cosa che ti ha appassionato, sei sempre arrivato dove volevi, e questo ti fa onore, ti rende la persona che sei. Io sono onorata di tutto questo, quindi il mio grande applauso va a te, a tutto di te, mi inchino a questa meravigliosa sinfonia che mi hai fatto ascoltare, per me fino ad ora insuperabile per grandezza. Sei un grande essere. Grazie Francesco Giada DI Vita giadadivita@virgilio.it

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Rubrica Cinematografica a cura di Danilo Perillo

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the hurricane basato su una storia vera USA 1999 Drammatico 2h 15' Norman Jewison Cast: Denzel Washington Deborah Unger John Hannah

Il 17 Giugno 1966 in un bar della cittadina di Paterson, nel New Jersey, due uomini armati uccidono due uomini e una donna. Un pugile, campione dei pesi medi, ed un suo giovane fan che si trovavano sul posto, interrogati dalla polizia vengono dichiarati al di fuori di ogni sospetto. Dopo un anno una giuria composta di soli "bianchi", condanna i due uomini a tre ergastoli per gli omicidi di quella notte. Ăˆ il round piĂš difficile e penoso quello che Rubin Carter (Denzel Washington) deve combattere contro la giustizia. Una giustizia che lo ha condannato non per prove valide o motivi evidenti, ma solo per pregiudizio, quello che all'epoca, e purtroppo non solo allora, accompagnava sempre gli uomini di colore.


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