"Italieni" di Paolo Vincenti da Besa

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Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Fondo Verri Luglio 2017

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Ecco gli “Italieni” di Paolo Vincenti


La copertina del libro edito da Besa nella collana Comete è illustrata da Paolo Piccione


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I vizi le debolezze del nostro popolo attraverso la lente della satira, del sarcasmo, della provocazione... Libri

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sce in questi giorni “ITALIENI”, il nuovo libro di Paolo Vincenti, pubblicato da Besa (2017). Si tratta dell’ideale prosecuzione del libro “L’osceno del villaggio”, pubblicato nel 2016. Ancora una raccolta di articoli (in gran parte pubblicati on line sul blog di Mauro Marino "Spagine.it") che fotografano, a volte impietosamente, vizi e debolezze del nostro popolo, gli “Italieni” del titolo, attraverso la lente della satira, del sarcasmo, della provocazione, a cui l’autore ci ha abituato con la sua scrittura. La copertina del libro e le vignette stavolta sono firmate da Paolo Piccione. Il libro si avvale di una Prefazione di Massimo Melillo e di una Postfazione di Maurizio Nocera. Si riporta lo scritto conclusivo di Nocera


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Libri

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Da “L’osceno del villaggio” a “Italieni”, in tutti e due i libri di Paolo Vincenti c'è un "convitato di pietra" per eccellenza: la televisione. E su di essa, sul suo attuale operato, sul suo profondo squilibrio istituzionale, l’autore dimostra di essere all'altezza di un McLuhan o, meglio, di un Karl Popper.

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Maurizio Nocera

a prima volta che incontrai Paolo Vincenti fu per A volo d'Arsapo. Note bio-bibliografiche su Maurizio Nocera (Il Raggio Verde, Lecce, 2008). Me lo vidi arrivare in casa con il suo esplicito desiderio di scrivere una bio-bibliografia sulla mia persona e su quanto ero andato scrivendo negli anni che mi separavano dalla perdita dolorosa dei miei amici poeti e artisti salentini. Li cito (in doveroso ordine alfabetico) perché non voglio dimenticarli mai: Edoardo De Candia, Anna Maria Massari, Claudia Ruggeri, Salvatore Toma, Antonio Leonardo Verri. Quando Paolo mi esplicitò il suo intento, rimasi quasi stupito, perché mai avrei pensato che ci potesse essere un tizio che aveva interesse alla mia persona e per di più a quanto ero andato scrivendo. Ho sempre creduto che scrivere per me sia stato, e sia ancora, una specie di hobby, un normale passatempo,

non avendo io altri interessi o "vizi". Verri sapeva bene quanto amassi scrivere tanto che, nelle diverse pubblicazioni a cui demmo vita in un quindicennio di passione letteraria, essendo i miei scritti non sempre amati da qualcuno (esclusi ovviamente Mario Marti, Donato Valli, Ennio Bonea, Giovanni Invitto, Donato Palazzo, qualche altro ancora che non cito perché vivente), escogitammo l'espediente di mascherare la mia firma con degli pseudonimi. Verri ci teneva a che io fossi presente nelle nostre "cose letterarie", non solo perché rispettava le mie elucubrazioni cultural-politiche, ma soprattutto perché, essendo io l'unico nel gruppo artistico-poetico a lavorare e a portare qualche soldino a casa, spesso mi facevo carico di una buona parte dei costi delle stesse pubblicazioni. Ecco, questo era il mio passato di "scrivitore" (appellativo datomi dal Verri per non farmi bersagliare dal bastian contrario quasi sempre presente ai nostri incontri let-


terari) quando Vincenti si presentò per dirmi di voler scrivere la bio-bibliografia sulla mia persona. Sia chiaro: nulla da eccepire sul pregevole lavoro di Vincenti, tuttavia considero quell'evento del tutto extra.

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Pensai che tutto finiva lì, che questo giovane interessato alla mia scrittura, avesse spento i suoi interessi letterari. Mi sbagliavo di grosso. Ma di quanto mi sbagliavo. Da quel momento in poi Paolo è divenuto un fiume in Paolo aveva già alle spalle una sua prima piena. D'inchiostro (è un eufemismo ormai), prova di scrittura [L’orologio a cucù (Good ovviamente. times)], che io stesso avevo pubblicato nella Collana "I poeti de L’uomo e il Mare" (Galli- Non so più quanti libri ha pubblicato, so inpoli, 2007), diretta assieme ad Augusto Bene- vece quanti articoli e saggi ha riversato su meglio. Di persona non lo conoscevo ancora, una serie di riviste, le più diverse, cartacee e almeno così ricordo ma, per via di quel suo on-line. Dei libri, credo che mi abbia sempre primo libro, c'erano stati fra di noi dei con- fatto dono, e so pure che in un posto preciso tatti per cui, alla sua candida proposta di scri- della mia biblioteca essi sono ora parchegvere su di me, francamente mi misi a ridere, giati dopo essere stati letti. Dei secondi ine tuttavia, vista la sua determinazione, co- vece, ho nella mente un preciso elenco in minciai a distoglierlo dall'intento. quanto l'autore, non appena sfornati dalla sua penna digitale, oppure non appena pubAll'inizio non gli diedi le informazioni giuste, blicati su questa o quell'altra rivista, me li ha poi, il lavoro bibliografico che lui andava co- inviati via e-mail. Questo per dire che non struendo, non appena me lo presentava, io pochi paragrafi di questa sua ultima fatica letglielo demolivo. Sono arrivato perfino a non teraria (Itali-e-ni), io li ho già ricevuti via edargli alcune indicazioni di miei articoli o sag- mail volta per volta. getti scritti su alcune riviste a Firenze o a Milano. Tant'è che essi non appaiono in quel Ma ora entriamo nel vivo di questo suo Italisuo saggio, e questo è un bene, perché si e-ni, col quale titolo Paolo definisce il popolo tratta di scritti espressamente politico-ideo- italiano quasi come un alieno venuto da un logici, che possono essere indicati in tutt'al- altro mondo. Ci dice pure che si tratta della tro ambito. continuazione di quell'altro suo libro, L'osceno del villaggio (argoMENTI Edizioni, Comunque, nonostante i miei sforzi a impe- 2016), titolo, a suo dire, ripreso dalla rubrica dirgli di andare avanti con la sua ricerca, egli televisiva Glob, l’osceno del villaggio, che ugualmente proseguì. Ha continuato per la «parafrasava quello di un’altra trasmissione sua strada, fino a che, grazie anche al contri- televisiva di grande successo, cioè Blob (tutbuto delle mie amiche della casa editrice "Il tora in onda su Raitre), e inoltre il modo di Raggio Verde" (Giusy Petracca e Antonietta dire “lo scemo del villaggio”, molto diffuso, Fulvio), quel suo saggio vide la luce appunto soprattutto in passato, per indicare un personel 2008. Dopo A volo d'Arsapo, nel 2010, naggio un po’ eccentrico, un disadattato, uno Paolo pubblicò un altro suo saggio [Maurizio, stravagante, presente nei piccoli paesini e Nocera e Maurizio (e altri arsapi volanti)] con spesso oggetto di derisione da parte degli un'introduzione, leggendo la quale, ancora abitanti». oggi, continuo a commuovermi.


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In tutto il libro c'è un "convitato di pietra" per eccellenza: la televisione. E su di essa, sul suo attuale operato, sul suo profondo squilibrio istituzionale, Paolo Vincenti dimostra di essere all'altezza di un McLuhan o, meglio, di un Karl Popper. Sono profondamente d'accordo con quanto egli scrive, anzi sento un pizzico di invidia per lui, autore di uno straordinario pezzo di pura sociologia durkaimeriana moderna: “L’oscena Italia”. Con questo pezzo, e anche con l’altro, “Decadenza”, Paolo è riuscito a scolpire in modo magistrale la caduta nella schifezza a precipizio della tv, un mezzo di fondamentale importanza per la comunicazione e la formazione di tutti, dalle vecchie (come la mia) alle nuove generazioni. Per questo mi associo al suo grido di "dolore" nella speranza che esso si trasformi in un potente urlo del popolo stanco di tante nefandezze. Nella sua spietata reprimenda, Paolo riversa sangue e dolore su quanti hanno ridotto la tv e con essa l'Italia intera alla schifezza che è, a partire dai quei marci politicanti ormai tutti dentro la logica antipopolare e subalterna a bassi interessi individualistici. Nella sua "dantesca" critica, non si salva nessuno degli squallidi personaggi malversatori, neanche il vasto e pur variegato mondo della Chiesa, mentre l'ex presidente del consiglio Matteo Renzi riceve in faccia non pochi schiaffoni (in senso satirico s'intende) per le sue tante stupide trovate e, poveri noi, per le sue insulse e antipopolari leggi. Neanche Paolo Gentiloni si salva, ripreso in extremis in uno degli ultimi brani. E che dire poi dei tanti, inutili fannulloni voltagabbana che siedono in Parlamento? Di molti di loro Vincenti scrive che non sono altro che dei "magna magna" a sbafo della povera gente.

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Nel libro ci sono tanti nomi e tanti fatti di eccezionale rilievo, ma anche termini che leggo per la prima volta. Per esempio, non sapevo che Stromata fosse il titolo di un’opera dello scrittore cristiano Clemente Alessandrino, del II Secolo d. C. e che significasse “tappeti”, ad indicare l’estrema varietà di argomenti trattati.

Ad un certo punto del libro, Vincenti scrive una sorta di decalogo relativo ai comportamenti di una serie di «uomini falsi, ipocriti, meschini, furbi, imbroglioni, pedanti», che puntigliosamente elenca e che sono: il cortigiano, il vanaglorioso, il saputone, il politico di paese, l’invidioso, il fighetto, ma anche, dulcis in fundo, alcune donnone e donnine.

E non è tutto, perché l'autore scrive anche di cronaca, di libri, di cinema con attori che se ne vanno da questo mondo e di altri che arrivano alla ribalta, di santi e madonne, di feste e di sport, di politica e di sociale, di scandali e di tristi eventi, di storie altre, insomma di tanta varia umanità, mettendo sempre il tutto sotto la sua potente lente d'analisi critica. Paolo dimostra di avere un grande sostrato culturale, una sorta di struttura basilare di nozioni e formazione, su cui innerva la sua capacità di straordinario narratore dei nostri tempi. Non credo che in questo nostro malandato Paese, almeno a mia conoscenza, ci sia scrittore o giornalista che sia in grado di collegare la conoscenza del mondo antico con quello moderno attraverso un percorso fatto di lingue altre (soprattutto l'inglese, ma anche il greco e il latino), oppure di scrutare a fondo un evento che apparentemente potrebbe sembrare banale, ma che banale non è, soprattutto per uno scrittore come lui, che riesce sempre a sviscerarlo a tal punto da farti conoscere l'intima essenza della tematica trattata.


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Finora ho detto di essere d'accordo su molte considerazioni di Paolo su questo e su quell'altro evento o personaggio. Tuttavia, ci sono capitoli del libro sui quali mi piacerebbe soffermarmi un po' di più e chiacchierare con lui. Ad esempio, c'è un lungo capitolo relativo all'8 Marzo delle donne (scritto fresco fresco nel marzo scorso), nel quale l'autore descrive questa importante giornata come una «pelosa, anacronistica e molesta festa delle donne, fra mimose e scambi di auguri, molte donne d’Italia hanno messo in scena una protesta pacifica contro il “femminicidio”, cavallo di battaglia, già da qualche anno, del movimento "Se non ora, quando"». Vincenti scrive pure che «la causa certo è nobile ma mi chiedo cosa c’entri la violenza di genere con il folklore di chi scende in piazza per gridare, ballare e cantare».

Purtroppo, caro Paolo, non si tratta di folklore, ma di dolore e di sofferenza di un mondo altro, appunto quello delle donne. Noi uomini non riusciremo mai a capire la profondità di genere, o quanto meno, quando tale conoscenza si verificherà, le donne avranno fatto già altri passi di gigante in avanti.

Altra tematica affrontata da Vincenti e sulla quale non concordo è relativa al capitolo dedicato al 25 Aprile (attenzione: scrivo Aprile con la A maiuscola, ad indicare che si tratta di una data importante non solo per me ma una storia che è diventata ormai Dna del popolo italiano).

Riferendosi al 25 Aprile 2016, Vincenti scrive che si è trattato di «un 25 aprile sottotono [...] È mancato il pathos, quell’enfasi che è connaturata nella retorica di certi avvenimenti importanti come questo. Si starà forse perdendo il senso di una festa di popolo, che nel 2016 non

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è più così sentita com'era in passato». Caro Paolo, non è così che è andata la meravigliosa giornata del 25 Aprile 2016, che vide mobilitati milioni di antifascisti e democratici in tutta Italia in vista della campagna referendaria per la difesa della Costituzione (referendum del 4 dicembre 2016, vinto a stragrande maggioranza dal NO alla controriforma renziana). Purtroppo sì è vero, hai ragione quando ti riferisci a ciò che telegiornali e televisione in generale hanno mostrato di quell'evento. Ma non contraddirti: si tratta pur sempre di quella schifezza di televisione, che tu magistralmente hai saputo descrivere nei capitoli precedenti. Infine un'ultima nota, relativa al Primo Maggio (attenzione: anche in questo caso scrivo Primo con la P maiuscola e Maggio con la M maiuscola a significare che si tratta di una data fondamentale per il mondo del lavoro e tu, che sei anche un imprenditore, questo lo dovresti sapere). Scrivi: «Non è più il primo maggio di una volta, quando i cantanti si esibivano col pugno alzato e lanciavano dal palco messaggi impegnati, arrabbiati, a volte farneticanti, fra l’apocalittico e l’ideologico. Ormai gli artisti, dopo la loro performance, scendono dal palco mesti come ci sono saliti. Quest’anno [2016] sembrava un funerale, e in un funerale non è che si possa far baldoria più di tanto. L’umore dei partecipanti si acconcia al clima di mestizia dei tempi. Si piange la morte del lavoro, che ha abbandonato quasi del tutto il nostro Paese negli ultimi anni, ma anche la morte dei sindacati che vivono la stessa crisi dei partiti. Cgil Cisl e Uil hanno perso rappresentanza, anche perché sono strutture elefantiache, apparati complessi e costosi, costosissimi, incapaci come una volta di interpretare le esigenze della classe lavoratrice e di rispondere alle istanze della base».


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Il problema, caro Paolo, è appunto il lavoro, ma esso non è volato via dal nostro Paese come per incanto, ma per responsabilità di qualcuno. È stata forse responsabilità dei lavoratori (comunque e sempre subordinati alla volontà del capitale) se a un certo punto il sistema produttivo italiano è entrato in crisi a causa delle logiche neocapitalistiche statunitensi? Alla fine degli anni '80, l'economia degli Stati Uniti era in caduta verticale, poi i "neocom" (folli del neoliberismo selvaggio e disumano) si sono inventati l'economia del capitalismo spietato (cioè mandare all'altro mondo lo stato sociale di Keynes e far pagare tutto ai lavoratori). I governi e i politicanti italiani, servili fino all'inverosimile e che tu hai ben descritto nei capitoli precedenti, si sono accodati all'economia Usa, e di qui il patatrac critico finanziario. Sì, è vero, c'è mestizia nel mondo del lavoro, ma non per quello che tu scrivi, bensì per la difficoltà che i lavoratori e le loro organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil, e con loro anche altri sindacati di base) hanno nel cercare una soluzione possibile a sbloccare la tragica situazione del mondo del lavoro e della disoccupazione.

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Circus, Fabrizio De Andrè, Gianni Morandi, Pino Daniele, Gino Paoli, Max Pezzali, Fiorello, Daniele Silvestri, Dado, Max Gazzè, Sabrina Salerno, Zucchero.

Ho scritto in altre occasioni che. “Vincenti vuole scommettere al tavolo del giuoco delle parole scritte, quando in forma di prosa, quando in forma di versi, ora tagliando un senso di un autore antico, ora richiamando un moderno cantautore a lui caro, ora sforbiciando – come faceva il grandissimo ed eccellentissimo sarto di testi Umberto Eco – un testo di cui in molti hanno perduto memoria. Ma la sua penna non si perde nella vacuità. Affatto. Scarnifica il passato, soppesa il presente [...] Nella sua furiosa fase letteraria di poeta, giornalista, scrittore, Paolo Vincenti mi sembra che sia totalmente attratto dal richiamo filosofico della conoscenza, da un vortice fagocitante di un sapere sempre più vasto, che il buon Antonio L. Verri, chiamava fame di letterarietà. È questo l’aspetto che a me affascina di Paolo, che più m’intriga e che sempre più mi spinge a inseguirlo nelle sue avventure picaresche e per tanti versi, ma questo lo riservo in primo luogo a me stesso, Ma ora torno alle cose belle di questo tuo se- donchisciottesche”. condo libro, importantissimo soprattutto per quella parte di critica che hai saputo fare alle E il mio giudizio finale, per quel che può vastorture della politica e della cultura di que- lere, tu lo conosci già: i tuoi scritti, Paolo, sto nostro Paese. Ovviamente ti ringrazio per sono lampi di luce fendente in un mare di la bella "carrellata" di cantanti citati, le cui oscenità e meschinità. Non si tratta di saper canzoni piacciono anche a me. Li cito, perché mettere nero su bianco, ma di dipanare la sono stati e sono l'anima cantante di un po- matassa politico-culturale-sociale in modo polo che nonostante tutto riesce ancora ad comprensibile ai più. E questo tu dimostri di avere la testa ritta sulle spalle, grazie anche saperlo fare magistralmente. E poi, ma quea Pierangelo Bertoli, Francesco Guccini, Lit- sto già lo sai, mi piace quella tua indistruttifiba, Ivano Fossati, Enrico Ruggeri, Totò- bile auto-ironia: per uno scrittore è la parte Teddy Reno, Elio e le Storie Tese, Afterhours, più difficile. Grazie Paolo. Raffaella Carrà, Jovanotti, Adriano Celentano, Antonello Venditti, Edoardo Bennato, Niccolò Maurizio Nocera Fabi, Franco Battiato, Claudio Baglioni, Zen


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Paolo Vincenti


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