Spagine poesia 04 coriano di carella e vincenti

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Spagine n째0 - Poesia 04 Lecce, ottobre 2013 - anno I

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Il mestiere delle parole Carella e Vincenti due letture per la poesia di Elio Coriano

GyoheiZaitsu, Butoh


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Lecce, ottobre 2013 - anno I

Il lamento dell’insonne

ndagare i percorsi della parola, incontrandola su binari che la restituiscano al suo rapporto col mondo, scrostandola dall’artificio, connaturandola ai semi della consapevolezza. Tutto questo in un libro, una raccolta poetica di Elio Coriano, Il lamento dell’insonne, uscita per Lupo Editore nel 2010. *** Destinatario: Il destinatario è talvolta preciso, definito in un "tu" distinto nella massa e selezionato, altre volte sembra far riferimento alla moltitudine più vasta possibile, al genere umano. Il che, lascia supporre sia lo stesso in entrambi i casi, l'Uomo che Coriano riconosce in persone incontrate, in esperienze vissute. Paesaggio: Il dato concreto, la realtà esteriore perde la consistenza del dato empirico a vantaggio di uno scenario arido, tessuto da poche immagini, ma investito dalla forza propulsiva della parola, dalla presenza della natura a cui Coriano è teso in un ritorno alla radice, con cui cerca continuamente un contatto. Coriano si guarda bene dal considerare la natura un rifugio in cui congedare la lotta e da cui guardare stoicamente il dramma che congela l'uomo. Non rinuncia infatti da buon Caravaggio a mettere in luce anche visioni aspre e realtà crude. Funzione della poesia: La parola deve farsi portavoce della condizione interiore di un uomo diviso tra il reale e il possibile, l'accaduto e il non-accaduto, deve nutrire le esperienze, penetrare le coscienze "dormienti", guidarle all'azione che redime dal silenzio e dalla passività. La parola che deve rivelare i mali, i limiti, le contraddizioni, è un'entità salvifica, e autonoma. La fede di Coriano è dunque nella Parola che genera l'azione, non nelle facili conclusioni, nelle soluzioni a portata di mano. Di qui, la

di Elisa Carella

Bisogna che l’uomo faccia i conti con l’uomo con la stanza buia della Storia

raccomandazione a non considerare le sue poesie come un discorso chiuso, sigillato ma come il passo di una ricerca in divenire. Struttura del discorso. Il discorso è strutturato in modo semplice, largamente fruibile. Il tono colloquiale, il linguaggio quotidiano sono preliminari ad una complessità nel ragionamento che corrisponde ad una profonda lucidità di pensiero. Il linguaggio in Coriano è uno specchio dell'azione, come a voler dire che il fatto deve essere dimostrato ("coerenza...."). Il poeta non ama sorprendere con artifici retorici ma con la trasparenza delle proprie intenzioni, con la chiarezza dei propri assunti. Temi. Ritornano ossessivamente alcuni temi, il viaggio (inteso come ricerca), le coppie di opposti paradiso-inferno, uomo-natura, uomodio, bene-male, parola-silenzio, essere-apparire. La poesia di Coriano, che vuole essere ritratto speculare del reale, sembra organarsi da una perspicace ed accorta dialettica. Di qualunque cosa il poeta non dimentica il suo contrario. Ma è esattamente l’incoerenza, la contraddittorietà, la frattura che separa la conoscenza dalla realtà a muovere l’inchiesta. Coriano vuole conoscere il volto unico, la voce monocorde della Verità nell’Uomo. Ed ecco un ulteriore chiarimento nei versi “se le verità fossero nei libri” è inutile aspettare che si solidifichi una qualche verità. Possedere una conoscenza certa è, praticamente, impossibile. Tutto è continuamente rimesso in discussione dal suo opposto. E quand’anche qualcosa di certo sia dato, Coriano non dimentica di ascoltarne il controcanto. Essere al mondo è appunto essere coscienti della vanità della ricerca e al contempo pronunciare questa vanità, lamentarla. Non allora per un semplice scatto d’orgoglio ma per una sofferta presa di coscienza Coriano abbandona gli archetipi del viaggio, Muse e

Coriano La copertina del libreo edito da Lupo

Dei. Bisogna che l’Uomo faccia i conti con l’Uomo, con la sua memoria, con la stanza buia, che ricostruisca la Storia attraverso il confronto, abbandonando il superfluo, l’inutile. L’uomo è il solo che può dire: allora DEVE dire. “che le vipere che si accoppiano sulla lingua dell’uomo si mordano tra loro per impotenza” … “ ogni parola è farcita di vita” “la parola è un miracolo” … “ Inchinarsi solo al lamento non è da Noi.”


Lecce, ottobre 2013 - anno I

poesia Elio Coriano è nato a Martignano nel 1955. Poeta ed operatore culturale, insegna italiano e storia presso l’Istituto Professionale “Egidio Lanoce” di Maglie. Con Conte Editore ha pubblicato “A tre deserti dall’ombra dell’ultimo sorriso” (Three deserts from the shadow of the last mechhanical smile – Premio Venezia Poesia 1996), nella collana Internet Poetry, fondata da Francesco Saverio Dodaro. Con le“Pianure del silenzio” tradotto in cinque lingue, ha inaugurato sempre per Conte Editore E 800 – European literature, collana diretta e ideata da Francesco Saverio Dodaro. Nel 2005 ha pubblicato per “I Quaderni del Bardo”, “Dolorosa Impotenza” e “Il Mestiere delle Parole”con dieci disegni di Maurizio Leo e la prefazione di Antonio Errico. Nel 2006 per Luca Pensa Editore, nella collana Alfaomega, ha pubblicato “Scitture Randagie”con la prefazione del filosofo cileno Sergio Vuskovic Rojo. Del 2007 è “H Letture Pubbliche (poesie 1996-2001)” Icaro editore. Nel 2004 fonda assieme a Stella Grande e Francesco Saverio Dodaro il gruppo di musica popolare Stella Grande e Anime Bianche di cui è curatore dei testi e direttore artistico. Inoltre, negli ultimi due anni, ha curato e messo in scena una sua orazione su Gramsci, chiamata FUR EWIG, accompagnato dal pianista Vito Aloisi. Le sue ultime pubblicazioni per Lupo editore “Il lamento dell’insonne” e “Fur Ewing 3” qui recensite, Il prossimo lavoro del poeta sarà dedicato alle tabacchine di Calimera che persero la vita il 13 giugno 1960 nel magazzino Villani e Pranzo, per un incendio scoppiato durante dei lavori di disinfestazione.


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“Cercare verità /dire verità”

na parte delle lettere che Gramsci scrisse nel periodo della sua prigionia furono rese pubbliche per la prima volta nel 1947, come scrive Paolo Spriano in prefazione al volume “Lettere dal carcere” pubblicato da “L’Unità” nel gennaio 1988, “nella fresca commozione per una testimonianza tanto eccezionale, si parlò di un capolavoro, e insieme ci si interrogò su un personaggio così singolare: un capo partito, ma anche un intellettuale che Benedetto Croce disse che “era dei nostri”, un uomo solo nella sua prigionia, eppure incredibilmente sereno”. Le prime lettere furono scritte nel 1926, allorquando Gramsci, trentacinquenne segretario del PC d’Italia, fu arrestato nonostante non avesse violato alcuna legge e fosse un parlamentare. Le ultime risalgono al 1937, anno della morte. Indirizzate alla madre e a due delle tre sorelle, Teresina e Grazietta, che vivevano a Ghilarza, nel paese natale; e ad alcuni componenti della famiglia acquisita: alla moglie Giulia Schucht, che gli aveva dato due bambini, Delio e Giuliano, e ad una sua sorella più grande, Tatiana, l’unica costante corrispondente del detenuto. Gramsci confessa in una lettera la sua “esigenza psicologica” di avere davanti un interlocutore per poter scrivere: “.. non mi piace tirar sassi nel buio; voglio sentire un interlocutore o un avversario in concreto”. E Tatiana rivestirà al meglio il ruolo dell‘interlocutrice ideale: culturalmente pronta, risponde alle esigenze del cognato, fa da tramite tra Antonio e la moglie, trasmette desideri, richieste pratiche e domande culturali all’altro personaggio vicino a Gramsci, Piero Sraffa. Economista che, in quegli anni, insegna a Cambridge, conosciuto ai tempi del settimanale “Ordine Nuovo”, a Torino. Le lettere furono scritte durante tutto l’arco della prigionia, dal confino ad Ustica, poi da

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di Alessandro Vincenti

Le lettere dal carcere di Antonio Gramsci ispirano la raccolta “Fur Ewing 3”

una cella nel carcere giudiziario di Milano o di Regina Coeli durante e dopo il processo tra il maggio e luglio del 1928, quindi dal penitenziario di Turi di Bari tra l’estate del 1928 e 1933, e in fine dai luoghi di cura in cui si trova in stato di detenzione tra la fine del 1933 e il 1935-37. Disincanto, soprusi, sofferenza per una detenzione incompatibile con uno stato di salute già precario; ma anche desideri, speranze, riflessioni, progetti di studio e, soprattutto, la grande voglia di resistere al duro regime carcerario; quando resistere assume il significato di combattere persino con la sola forza della propria presenza la ferocia di un regime dittatoriale come quello fascista. * ** Proprio le lettere di Gramsci fanno da ispirazione alla raccolta in versi “Fur Ewig 3” di Elio Coriano, edito da Lupo Editore. Io stesso titolo è ripreso da una delle lettere datata 19/3/1927: “[...]Sono assillato (è questo fenomeno proprio dei carcerati, penso) da quest’idea: che bisognerebbe far qualcosa “für Ewig”, secondo l’accezione di Goethe, che ricordo aver tormentato molto il nostro Pascoli [...]”, scrive Gramsci alla “Carissima Tania”. Mentre qualche riga più avanti, dichiara l’intenzione di riprendere argomenti da lui già superficialmente trattati in passato, quando era ancora impegnato nell’azione politica, e che vorrebbe farlo disinteressatamente, “für Ewig”, approfondendoli seppur nei limiti imposti dalla condizione carceraria. Scrivere “für Ewig” assume, allora, una doppia valenza per Gramsci: quella dell’indagine culturale, sistematica, scientifica, libera da quella frenesia degli anni di attività politica; e un modo per sfuggire alla monotonia della vita carceraria, “vorrei -scrive- secondo un piano prestabilito, occuparmi intensamente e sistematicamente di qualche soggetto che mi assorbisse e centralizzasse la mia vita interiore ”. La scrittura, insomma, come una nuova forma

di lotta contro il regime fascista che volle ridurlo al silenzio. Il “ Für ewig” -che significa letteralmente “per sempre”- di Coriano è una sorta di eco di quella drammatica stagione politica; versi di straordinaria intensità che ripercorrono l’intera vicenda carceraria di Gramsci, riscattandola idealmente dalla censura e dal controllo a cui era minuziosamente sottoposta. L’intero poema, composto da una serie di Haiku, appare come una fedele proiezione del pensiero e della tensione umana del pensatore sardo mediata dalla poetica di Elio Coriano, Così, ad esempio, recita l’Haiku n.62145: “La creta molle il popolo/ l’assurdo vasaio Mussolini / chi gli ha permesso di mettere le mani/ in quella motta informe/ e a fare il fascismo”; e, ancora, il H.62406: “In Italia i treni partono e arrivano in orario/ Mussolini sta facendo un buon lavoro/ sta mettendo la spina dorsale agli italiani/ peccato che stia togliendo loro il cervello/ più spina dorsale meno cervello/ pensare sta diventando l’attività più pericolosa/ non importa in Italia i treni partono in orario/ e arrivano in orario”. Oltre ai versi, come quelli sopra riproposti, incentrati sulla denuncia al regime, altri riflettono la condizione umana di isolamento o la rassegnazione per la perdita degli affetti più cari, in un continuo crescendo in cui la sovrapposizione Coriano/Gramsci, via via si perfeziona in una drammatica e ben riuscita compenetrazione tra la dimensione umana del pensatore sardo e quella del poeta di Martignano. “Cercare verità /dire verità/ arrivare insieme alla verità/ è un vero atto rivoluzionario/ più sai più puoi “, scrive Coriano. Dire la verità al potere come vocazione di un linguaggio che vuole mettere continuamente in discussione la realtà, senza rimanerne schiavo, questa è la lezione che Coriano vuole ribadire con questo suo lavoro.

Coriano


Lecce, ottobre 2013 - anno I

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Antonio Gramsci 1891-1937 Le foto dal Carcere di Turi e la copertina del libro edito da Lupo


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