Spagine scritture 03 antonio zoretti di cose antiche

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Spagine n°0 - Scritture 03 Lecce, ottobre 2013 - anno I

Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A.Verri

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Vi racconterò di cose antiche Passeggiata a Lecce

di Antonio Zoretti

Ad illustrare Passato e presente di Maurizia Gentili (Collezione Vinarelli)


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Spagine n°0 - Scritture 03 Lecce, ottobre 2013 - anno I

da ieri a oggi

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a "Un dialogo in azione" di Carlo Sini: «C'è sempre qualcosa di più antico che occorre ritrovare per fare spazio al nuovo. Non per astratto desiderio di originalità o per superstizioso amore delle novità: gli spiriti autenticamente creativi non sono interessati al nuovo; (...) É l'enigma del reale che pone la domanda e che la rivolge al passato: bisogna ritrovare l'antico, recuperare l'origine, perchè l'estraneità del presente si illumini e renda praticabile il futuro. Solo i mediocri trovano pacifico il presente, sensato ciò che comunemente si dice e si fa, poco interessante il passato, sempre seducente il futuro. (...) Ecco che bisogna pronunciare un nome, che subito rievochi antichi possessori del medesimo, cioè antenati largamente sconosciuti; e poi bisognerà indicare luoghi e circostanze, raccontare vicende semi-naufragate nell'oblio, cause e ragioni avvolte nella nebbia dell'improbabile, insomma qualcosa che somiglia da vicino alla consistenza di un sogno e che pone a sua volta, di continuo, la domanda e la necessità di sprofondare sempre più indietro, sino ai confini estremi dell'immemorabile (...)». Ecco, "(...) il carretto passava e quell'uomo gridava: gelati (...)"; suonava così un tempo un vecchio motivo d'un cantante nostrano. Han provato a riprenderlo in città quest'estate su due carretti eleganti a mostrar le creme da offrire ai passanti ma... ahimé, non ha funzionato, quel tempo se n'è andato, non c'è più il clima, tutto è cambiato. Ci vuole

ben altro a far tornare il passato, che non torna, vien solo rimemorato da chi l'ha vissuto. Un tempo in via degli Ammirati, quando passavo, vedevo due signori chini a disporre le lettere nella piccola tipografia, lavoravano con pazienza certosina. Ora è divenuta un bar giovanile e moderno dove passan le serate le fanciulle del divenire, anch'esse chine sulle lettere ma del loro telefonino. Di fronte il MUST così diventato, ove un tempo pregavano le Clarisse in quel monastero di santa Chiara la cui chiesa adiacente adesso volge lo sguardo ad una piazza deprimente, ove le ragazze passan le serate senza far niente. Alzando lo sguardo il Duomo si staglia e il campanile si erge ad ammirar le stelle in una mole di silenzio, rotto soltanto dai "mercanti nel tempio": botteghe di pani, farine, bar, ristoranti atti solo a riempir la pancia degli inquilini mai stanchi di assaporar le sostanze di cui noi dovremmo pure esser degni, e per di più sazi. Questa routine godereccia e consolatoria s'inoltra, in un gran chiasso, per tutta via Paladini giungendo al Palmieri indispettito e stracco a veder quel bivacco cui ogni sera è sottoposto. In passato questo luogo s'attraversava in un bagno di silenzio rotto ogni tanto da tacchi eleganti o scampanellii eccitanti dove le porte s'aprivano all'istante, versando nell'aria dolci note di pianoforte. Le vie del centro non erano ancora state prese d'assalto dalle baraonde festanti di oggi pronte ad ammirar le varie colonie dei saltinbanchi, clown, giocolieri, cantanti e bande urlanti con giostre ambulan-

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di Antonio Zoretti ti e carrozzelle e trenini inquietanti. Il salotto di S. Oronzo prima era un incanto e da Santa Croce usciva un magico canto. Ora i più strani rumori fendono l'aria, feriscono l'ambiente, il frastuono è imperante, lasciando in noi solo la voglia di andarcene e non uscire più a quell'ora fugace. Sul Corso smacchiati e puliti i passeggianti come pavoni sfoggian le vesti; trattati e muniti gareggiano tutti ad esaltar i loro difetti. Ecco, direte, guardare indietro forse non serve, già, ma almeno ci difende da questi affanni domestici odierni cui siam sottoposti. Non v'è neanche condanna nel mio 'verbo' ma pura visione reale di cosa ci sia intorno e da cui siam travolti: sono i nostri tempi, purtroppo. Bisogna cercare silenzi e parole per trovare la propria dimensione. Viviamo asserragliati, imprigionati, senza nessuna via d'uscita. Apriamo una finestra, troviamo un contatto vero con l'esterno. Le parole e gli insegnamenti dei grandi maestri per trovare rifugio e fronteggiare la crisi. La ricerca di un silenzio quasi necessario rispetto al clamore delle cose. E concludo sempre con Carlo Sini: «Così come il mondo non è mai davanti a me, ma sempre mi circonda e mi attraversa, così come non faccio che vedere il mondo provenendo dal cuore del mondo, altrettanto accade alla parola. Essa non parla che dal silenzio del mondo: quel silenzio che la parola custodisce e che essa reca in sé; quel silenzio che è così raro e difficile saper ascoltare». Buona notte.


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